XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4505



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(GENTILONI SILVERI)

di concerto con il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
(ALFANO)

con il ministro della giustizia
(ORLANDO)

con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOAN)

con il ministro dell'interno
(MINNITI)

con il ministro della salute
(LORENZIN)

con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
(DELRIO)

con il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
(GALLETTI)

e con il ministro per gli affari regionali
(COSTA)

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2017

Presentato il 19 maggio 2017
 

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      Onorevoli Deputati! — Con il presente disegno di legge europea 2017 il Governo, nell'adempiere a quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, sottopone alle Camere le misure occorrenti, per l'anno in corso, allo scopo di adeguare la normativa italiana agli obblighi imposti dall'Unione europea.
      Nella Gazzetta Ufficiale n.158 dell'8 luglio 2016 è stata pubblicata la legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016), con la quale sono state definite 16 procedure avviate dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia, tra cui 4 procedure di infrazione, 10 casi di pre-contenzioso (EU-Pilot), una procedura di cooperazione per aiuti di Stato esistenti e una procedura in materia di aiuti di Stato.
      Poiché residuano ancora procedure di pre-contenzioso e di contenzioso e sussiste la necessità di adottare in tempi brevi norme che consentano di adempiere agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, occorre fare ricorso nuovamente allo strumento legislativo fornito dalla legge n. 234 del 2012, al fine di conseguire l'obiettivo prioritario del Governo di ridurre ulteriormente il numero delle procedure di infrazione tuttora aperte nei confronti dell'Italia.
      Sinteticamente, con il presente provvedimento il Governo intende:

          chiudere 3 procedure di infrazione e 3 casi EU-Pilot;

          superare una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito di un caso EU-pilot;

          garantire la corretta attuazione di due direttive già recepite nell'ordinamento.

      Si illustrano di seguito i contenuti del disegno di legge, disposti in conformità alla struttura del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

      Il capo I contiene norme in materia di libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi.
      L'articolo 1 reca disposizioni riguardanti l'iscrizione degli «avvocati stabiliti» nell'albo speciale degli avvocati patrocinanti innanzi alle giurisdizioni superiori.
      Gli «avvocati stabiliti» sono coloro che conseguono il proprio titolo abilitativo in un altro Stato membro ed esercitano stabilmente la professione in Italia.
      La disposizione qui proposta si rende necessaria a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, introdotta dalla legge n. 247 del 2012. L'attuazione della riforma forense ha prodotto un sostanziale disallineamento della disciplina relativa all'iscrizione nell'albo speciale per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori applicabile agli avvocati che abbiano conseguito in Italia il titolo abilitativo ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 247 del 2012, rispetto alla disciplina prevista per l'iscrizione nel medesimo albo speciale dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo n. 96 del 2001, applicabile agli avvocati stabiliti, iscritti nella sezione speciale dell'albo degli avvocati.
      Allo stato attuale, i requisiti per l'iscrizione nell'albo speciale sono differenziati, essendo previsto per gli avvocati che abbiano conseguito in Italia il titolo abilitativo, sulla base del disposto dell'articolo 22 della legge n. 247 del 2012, che l'iscrizione nell'albo speciale possa essere richiesta al Consiglio nazionale forense (CNF) da chi sia iscritto in un albo ordinario circondariale da almeno cinque anni e abbia superato l'esame di abilitazione presso le giurisdizioni superiori, al quale sono ammessi gli avvocati iscritti all'albo, e da chi, avendo maturato un'anzianità di otto anni di iscrizione all'albo, successivamente abbia lodevolmente

 

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e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal CNF. Differenti requisiti sono previsti al fine dell'iscrizione nell'albo speciale per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori per gli avvocati stabiliti, per i quali si prevede che l'iscrizione alla sezione speciale dell'albo speciale per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori possa essere richiesta al CNF semplicemente dimostrando di avere esercitato la professione di avvocato per almeno dodici anni in uno o più degli Stati membri dell'Unione europea, tenuto conto anche dell'attività professionale eventualmente svolta in Italia.
      L'omesso raccordo tra le due differenti discipline, rispettivamente riguardanti l'avvocato stabilito e l'avvocato che abbia conseguito il titolo abilitativo in Italia, ha così prodotto una disparità di trattamento che determina una discriminazione in danno degli avvocati italiani, i quali non possono iscriversi all'albo speciale se non dopo aver esercitato la professione di avvocato per almeno dodici anni.
      L'intervento normativo previsto al comma 1, che modifica l'articolo 9 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, recante «Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale», che regola specificamente l'ipotesi di patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, propone, come requisito per l'iscrizione nella sezione speciale dell'albo speciale per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori, l'esercizio della professione di avvocato per almeno otto anni (e non più dodici) in uno o più Stati membri, introducendo, al contempo, l'ulteriore requisito della proficua frequenza della Scuola superiore dell'avvocatura.
      In tal modo la norma realizza l'allineamento dei tempi di esercizio della professione a otto anni, estendendo anche agli avvocati stabiliti i requisiti previsti dall'articolo 22 della legge n. 247 del 2012 per gli avvocati che abbiano conseguito il titolo abilitativo in Italia.
      La disposizione è conforme a quanto previsto dall'articolo 5, paragrafo 3, secondo periodo, della direttiva 98/5/CE, secondo il quale «Ciononostante, per assicurare il buon funzionamento della giustizia, gli Stati membri possono stabilire norme specifiche di accesso alle Corti supreme, quali il ricorso ad avvocati specializzati».
      Al comma 2 è stato altresì previsto un regime transitorio facendo salvi sia le iscrizioni alla sezione speciale dell'albo speciale intervenute precedentemente alla data di entrata in vigore della legge, sia il diritto all'iscrizione di chi, alla medesima data, abbia maturato i requisiti previsti dalla normativa previgente.
      Nel complesso, tale intervento si è reso necessario tenendo conto dell'esigenza di assicurare il buon andamento della giustizia italiana mediante la promozione di competenze e di requisiti di specifica professionalità, strumentali al funzionamento corretto ed efficiente degli uffici giudiziari interessati e al contenimento del numero dei ricorsi inammissibili.
      Sul piano delle conseguenze finanziarie, si rileva che la formazione presso la Scuola superiore dell'avvocatura è disciplinata autonomamente con regolamento del CNF e che la frequenza è subordinata al pagamento di una quota da parte dell'avvocato interessato alla formazione specificamente destinata all'iscrizione nell'albo speciale, a totale copertura delle spese connesse all'organizzazione dei corsi formativi.
      Pertanto, dalle disposizioni concernenti la materia degli avvocati stabiliti non discendono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica poiché le eventuali attività amministrative e di comunicazione di competenza del Ministero della giustizia potranno essere svolte attraverso l'utilizzo delle ordinarie risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
      L'articolo 2 reca norme in materia di tracciabilità dei farmaci veterinari, la cui introduzione comporta modifiche al decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193.
      In particolare, con la lettera a) del comma 1 si intende provvedere all'informatizzazione dei meccanismi di registrazione dei
 

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dati relativi alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione dei medicinali veterinari, mediante la previsione dell'obbligo, a carico dei soggetti coinvolti, come titolari di autorizzazioni all'immissione in commercio dei medicinali veterinari, farmacisti, grossisti e altri, di registrare i dati inerenti alle diverse fasi della filiera del farmaco veterinario all'interno della banca dati attualmente funzionante presso il Ministero della salute per i farmaci destinati all'uso umano, rendendoli in tal modo disponibili e costantemente aggiornati e garantendone, al contempo, la sicurezza e la riservatezza.
      Il sistema di tracciabilità proposto consente, attraverso il ricorso alle tecnologie informatiche, una riduzione notevole dei tempi, dei processi e dei costi di gestione, nonché una semplificazione delle procedure di registrazione finora eseguite su supporto cartaceo.
      Tale meccanismo, inoltre, avrà l'effetto di rendere più efficiente il sistema di controllo, contribuendo a una maggiore tutela della salute pubblica, del benessere degli animali e della sicurezza alimentare.
      L'attuale normativa di riferimento in materia di medicinali ad uso veterinario di cui al decreto legislativo n. 193 del 2006, diversamente da quanto previsto per i farmaci ad uso umano, non contempla un sistema di tracciabilità informatizzato. Ciò determina che le informazioni in ordine alle fasi della produzione, distribuzione e commercializzazione dei medicinali ad uso veterinario, attualmente reperite attraverso un sistema di registrazione cartaceo, non siano disponibili immediatamente né, comunque, in modo esaustivo e completo, con ripercussioni negative sul livello di tutela della salute pubblica.
      Il sistema informatizzato di registrazione dei dati relativi alla produzione, alla commercializzazione e alla distribuzione dei medicinali veterinari agevola il conseguimento degli obiettivi di tutela della salute pubblica previsti dalla direttiva 2001/82/CE, recante un codice comunitario dei medicinali veterinari, ed è conforme a quanto da essa previsto; in più punti, infatti, la direttiva prescrive l'obbligo di registrazione, proprio al fine di assicurare una maggiore tutela della sanità pubblica (in particolare, i «considerando» 2) e 23) e gli articoli 65, paragrafo 3, 66, paragrafo 2, 68, paragrafo 2, 69, paragrafi primo e secondo, 70, lettera f), e 75).
      La banca dati, già funzionante presso il Ministero della salute, istituita per la tracciabilità dei farmaci destinati all'uso umano, è stata ampliata e attualmente prevede un settore dedicato alla raccolta dei dati relativi ai medicinali veterinari, che fino ad ora è stato alimentato su base volontaria. L'obbligo che si prevede d'introdurre consentirà una riduzione notevole dei tempi dei processi e dei costi di gestione nonché una semplificazione delle procedure di registrazione, anche mediante l'eliminazione della modalità cartacea, attualmente prevista per assolvere agli oneri informativi nei riguardi del Ministero.
      Il meccanismo indicato non solo renderà più efficiente il sistema di controllo, contribuendo a un maggiore livello di tutela della salute pubblica, del benessere degli animali e della sicurezza alimentare, ma costituirà anche un vantaggio per le imprese, che potranno ottenere i servizi richiesti in tempi ridotti e certi.
      Il sistema in questione offre un applicativo totalmente gratuito per i diversi operatori del processo di digitalizzazione della filiera del medicinale veterinario, che funziona su tutti i tipi di dispositivi elettronici (PC, tablet, smartphone) e anche off-line.
      Inoltre, tale strumento è inserito nell'Agenda per la semplificazione 2015-2017 con l'intento di «responsabilizzare le imprese riducendo gli adempimenti e di ottimizzare le procedure di controllo ufficiale a maggiore garanzia per gli utenti».
      Infine, con la lettera b) del medesimo comma 1, che modifica l'articolo 118 del decreto legislativo n. 193 del 2006, si introduce una norma che consente la sostituzione del modello cartaceo, attualmente previsto, con un modello informatizzato di ricetta medico-veterinaria. Ciò permetterà di tracciare per via telematica l'intera filiera del farmaco veterinario, incrociando i dati relativi alla fase della produzione e
 

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commercializzazione con quelli relativi al consumo e all'utilizzo.
      Il Ministero della salute sta portando a compimento il progetto «ricetta elettronica veterinaria», che concorre alla realizzazione dell'obiettivo di miglioramento del controllo della circolazione dei medicinali e completamento della tracciabilità, definito dalla direttiva generale per l'attività amministrativa e la gestione per l'anno 2015.
      L'Agenda per la semplificazione 2015-2017 prevede come impegno del Governo l'adozione della suddetta ricetta elettronica veterinaria (5.11 – Azioni mirate in materia di sanità veterinaria e sicurezza degli alimenti tramite la digitalizzazione), per superare, a regime, l'attuale onere di compilazione e trasmissione delle ricette cartacee.
      Attualmente il sistema è in via di sperimentazione in due regioni e molte altre regioni hanno fatto richiesta di accedere alla fase sperimentale.
      Tale progetto, senza oneri aggiuntivi a carico del Ministero della salute, si avvale del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) elaborato in collaborazione con l'Istituto zooprofilattico sperimentale di Abruzzo e Molise, che sarà interoperabile con la citata banca dati centrale dei farmaci e consentirà di rilevare i dati relativi al consumo di medicinali veterinari, al fine di assicurare un più efficace sistema di farmaco-sorveglianza. Ciò fornirà un quadro molto più preciso del consumo di antibiotici che, con particolare riguardo agli allevamenti di animali produttori di alimenti, rappresenta uno strumento essenziale per il contrasto del fenomeno della resistenza agli antibiotici.
      L'adesione a entrambi i sistemi descritti è attualmente volontaria e sperimentale, in quanto manca la base normativa per rendere obbligatoria la trasmissione informatizzata dei dati e la modalità di emissione della ricetta elettronica.
      Con la presente modifica normativa si consente al Ministro della salute di sostituire il modello di ricetta cartaceo con quello elettronico secondo tempi, casi e procedure che saranno individuati, in particolare, modulandone l'entrata in vigore in funzione dello sviluppo della fase sperimentale che si concluderà, secondo l'impegno assunto dal Governo nell'Agenda per la semplificazione, entro il 2017.
      Il presente articolo si inserisce nel più vasto progetto di ristrutturazione degli applicativi ministeriali disponibili nel portale www.vetinfo.sanita.it, che prevede l'introduzione di soluzioni informatiche innovative nella pratica quotidiana dei servizi veterinari al fine di ridurne e semplificarne l'operatività, attraverso la dematerializzazione nell'adempimento di obblighi normativi e l'utilizzo di una nuova generazione di applicativi per periferiche mobili (smartphone e tablet).
      Risulta evidente che, a regime, la digitalizzazione delle procedure comporterà una notevole riduzione degli oneri per i soggetti coinvolti e un risparmio di risorse umane ed economiche per i servizi veterinari e le autorità competenti deputate al controllo ufficiale e all'attività di farmaco-sorveglianza.

      Il capo II contiene due disposizioni in materia di giustizia e sicurezza.
      L'articolo 3 reca disposizioni di attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia, volte a sanare il caso EU-Pilot 8184/15/JUST avviato dalla Commissione europea per incompleto recepimento di una decisione quadro che obbliga gli Stati membri a combattere e a sanzionare penalmente alcune forme ed espressioni di razzismo e di xenofobia al fine di contrastare in modo efficace il fenomeno, in allarmante aumento, dei comportamenti perpetrati per motivi di odio razzista (cosiddetto «hate speech»), concretantisi nella negazione di fatti storici incontrovertibili, anche mediante la diffusione per via telematica nella rete internet.
      In particolare, il comma 1 interviene sulle fattispecie criminose individuate dall'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, al fine di punire espressamente le condotte di grave minimizzazione e di apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra,

 

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come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.
      Il comma 2 introduce nel decreto legislativo n. 231 del 2001 la responsabilità amministrativa delle società e degli enti in relazione a tali fattispecie criminose e, in generale, ai reati di razzismo e xenofobia previsti dall'articolo 3, comma 3-bis, della legge n. 654 del 1975.
      Le misure previste non intendono limitare la libertà di espressione, peraltro ampiamente difesa nel nostro ordinamento ai sensi dell'articolo 21 della Costituzione, bensì punire l'incitamento all'odio nei casi previsti dallo Human Rights Council dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) in materia di protezione del diritto alla libera espressione.
      L'articolo 1 della citata decisione quadro prevede che ciascuno Stato membro adotti le misure necessarie al fine di rendere punibili comportamenti discriminatori volti a propagandare e a diffondere idee fondate sull'odio razziale, etnico o religioso.
      Con tale decisione si è ribadito che razzismo e xenofobia costituiscono violazioni dirette dei princìpi di libertà, di democrazia e di rispetto dei diritti dell'uomo, sollecitando i singoli Stati membri a uniformare le proprie disposizioni regolamentari e a favorire una più efficace cooperazione giudiziaria per il contrasto dei gravi fenomeni in questione.
      La stessa Unione europea ha stabilito che norme del tipo di quelle previste dalla citata decisione quadro 2008/913/GAI rispettano i diritti fondamentali e sono conformi ai princìpi riconosciuti dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea e, comunque, dalle Convenzioni poste a tutela dei diritti umani e di libertà.
      L'Italia peraltro, come gli altri Stati membri, è impegnata dalla decisione n. 9/09 Combating Hate Crimes dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) a riconoscere e a sanzionare i crimini dell'odio in quanto tali, cioè basati su motivi razzisti o xenofobi.
      Le fonti normative italiane che sanzionano questo tipo di comportamenti fanno riferimento alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, che recepisce la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1966, e al decreto-legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993 (cosiddetto «decreto Mancino»), che sanziona l'incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché al decreto legislativo n. 215 del 2003, di attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
      La legge n. 654 del 1975 prevede specifiche e ulteriori sanzioni anche per coloro che partecipano ad associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
      Tuttavia si è reso necessario aggiornare queste misure in relazione ad ulteriori condotte criminose contemplate dalla decisione quadro in esame.
      Al fine di sanare il suddetto caso EU-Pilot, recentemente è stata anche approvata la legge 16 giugno 2016, n. 115, recante modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.
      L'articolo 4 reca la disciplina transitoria per l'accesso alle prestazioni del fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, al fine di estendere le disposizioni della legge 7 luglio 2016, n. 122 (legge europea 2015-2016), alle fattispecie precedenti alla sua entrata in vigore.
      Con gli articoli da 11 a 16 della citata legge sono state introdotte norme volte a risolvere la procedura di infrazione n. 2011/4147, avviata dalla Commissione europea per il non corretto recepimento della direttiva 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato. La Commissione ha contestato all'Italia di non aver adottato un sistema generale di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti. Infatti, il decreto legislativo n. 204 del 2007, che ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva
 

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2004/80/CE, ha previsto l'indennizzo a carico dello Stato solo con riferimento a reati che diano origine a forme di elargizione a titolo di ristoro contemplate da leggi speciali (ad esempio per le vittime di azioni di terrorismo o di criminalità organizzata, di richieste estorsive o di usura).
      Le disposizioni della legge europea 2015-2016 – facendo salve le provvidenze già previste da altre disposizioni di legge per determinati reati, se più favorevoli – hanno riconosciuto il diritto all'indennizzo a carico dello Stato in favore delle vittime di reati dolosi commessi con violenza alla persona e, comunque, del reato di intermediazione illecita e di sfruttamento del lavoro, ad eccezione dei reati di percosse e lesioni semplici. Sono state fissate le condizioni per l'accesso all'indennizzo, si è previsto che l'indennizzo sia destinato a rifondere le sole spese mediche e assistenziali – ad eccezione dei casi di violenza sessuale e di omicidio, in cui esso è comunque elargito – e si è stabilito che il relativo onere finanziario gravi sul Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, appositamente ridenominato ed esteso alle vittime dei reati intenzionali violenti.
      Nonostante l'adozione della nuova disciplina, la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza dell'11 ottobre 2016, pronunciata a seguito del ricorso proposto dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 258 del TFUE (C-601/14), ha statuito che l'Italia, non avendo adottato tutte le misure per garantire, nelle situazioni transfrontaliere, un sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi nel proprio territorio, è venuta meno all'obbligo ad essa incombente in forza dell'articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE. La Corte non ha potuto tenere conto delle nuove norme di attuazione della direttiva, contenute nella legge europea, in quanto intervenute successivamente alla proposizione del ricorso, mentre l'inadempimento è stato accertato con l'adozione del parere motivato. Le disposizioni della legge europea 2015-2016 sono attualmente al vaglio della Commissione europea, alla quale sono state ritualmente notificate, al fine della valutazione circa la chiusura della procedura di infrazione.
      Con il presente articolo si intende completare l'adeguamento della normativa nazionale alle previsioni della direttiva 2004/80/CE per quanto riguarda l'ambito di operatività ratione temporis della nuova disciplina. Invero, la disciplina dettata dalla legge europea 2015-2016 è applicabile alle fattispecie successive alla sua entrata in vigore (23 luglio 2016), mentre la direttiva 2004/80/CE fa obbligo agli Stati membri di applicare le disposizioni almeno ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005 (articolo 18). Pertanto, con la presente disposizione si estende la disciplina relativa all'accesso al fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti a chiunque sia stato vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno 2005 (comma 1).
      Il comma 2 prevede un termine di decadenza pari a centoventi giorni dall'entrata in vigore della legge per la proposizione della domanda di indennizzo e richiama le medesime condizioni e modalità di accesso all'indennizzo previste dalla legge n. 122 del 2016.
      Il comma 3 prevede che gli oneri derivanti dall'applicazione della disposizione, stimati in 26 milioni di euro per l'anno 2017, gravino sul fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
      Poiché il diritto all'indennizzo è soggetto, ai sensi dell'articolo 2946 del codice civile, all'ordinario termine di prescrizione di dieci anni, l'onere è stato previsto considerando i dieci anni (2006-2015) precedenti all'entrata in vigore della legge n. 122 del 2016 e tenendo conto della stima annuale degli oneri, che già in occasione della legge europea 2015-2016 era stata determinata in euro 2.600.000, sulla base dei dati dell'Istituto nazionale di statistica concernenti le vittime di delitti intenzionali violenti.
      Il comma 4 richiama l'applicazione delle disposizioni previste dalla legge n. 196 del
 

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2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) per la copertura finanziaria delle leggi e, in particolare, quelle relative al monitoraggio degli oneri e alle misure per gli eventuali scostamenti.
      Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

      Il capo III reca disposizioni in materia di fiscalità.
      L'articolo 5 modifica la disciplina dei rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), al fine di determinare l'archiviazione della procedura di infrazione 2013/4080 allo stadio di messa in mora ai sensi dell'articolo 258 del TFUE. Con tale atto la Commissione europea aveva contestato alla Repubblica italiana il mancato rispetto degli obblighi imposti dall'articolo 183, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE, come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, sostenendo che l'Italia facesse correre eccessivi rischi finanziari ai soggetti passivi in occasione del rimborso dell'imposta in eccesso. La portata delle contestazioni risulta ridimensionata a seguito delle modifiche apportate alla disciplina dei rimborsi dell'IVA, in occasione della legge di delega fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23, in attuazione della quale, con l'articolo 13 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, è stato modificato l'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).
      Tuttavia, per le ipotesi residue in cui il soggetto che chiede il rimborso presenta profili di rischio e continua a essere tenuto a prestare una garanzia a tutela delle somme erogate, è necessario prevedere il versamento di una somma a titolo di ristoro delle spese sostenute, da effettuare quando sia stata definitivamente acclarata la spettanza del rimborso.
      Il comma 1 riconosce una somma a ristoro forfetario dei costi sostenuti dai soggetti passivi che, ai sensi delle nuove disposizioni contenute nel comma 4 dell'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, prestano garanzia a favore dello Stato in relazione a richieste di rimborso dell'IVA.
      Tale ristoro è fissato in misura pari allo 0,15 per cento dell'importo garantito per ogni anno di durata della garanzia.
      Nella norma proposta si stabilisce che detta somma sia versata quando sia stato definitivamente accertato che al contribuente spettava il rimborso dell'imposta; nel caso di mancata emissione di un avviso di rettifica o di accertamento ciò si verifica alla scadenza del termine per l'emissione.
      Per quanto riguarda la decorrenza della disposizione, il comma 2 prevede che la medesima si applichi a partire dalle richieste di rimborso fatte con la dichiarazione annuale dell'IVA relativa all'anno 2017 e dalle istanze di rimborso infrannuale relative al primo trimestre del 2018.
      La copertura degli oneri derivanti dalla disposizione è garantita mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
      L'articolo 6, relativo alla disciplina dell'IVA nelle cessioni all'esportazione, intende ricondurre nell'ambito del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, la disciplina sulla non imponibilità dell'IVA nelle cessioni effettuate nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125, che provvedono al trasporto e alla spedizione dei beni all'estero in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo.
      In particolare, con il comma 1 si propone di modificare l'articolo 8, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con l'inserimento della lettera b-bis), al fine di stabilire, per tali cessioni, una disciplina similare a quella già vigente per le cessioni all'esportazione con trasporto o spedizione a cura del cessionario non residente, di cui alla precedente lettera b) dello stesso comma, con un termine, tuttavia, esteso a centottanta giorni. Viene altresì esteso anche alle

 

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cessioni in questione quanto previsto in tema di sanzioni dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (comma 2). È conseguentemente abrogato il comma 5 dell'articolo 26 della legge 11 agosto 2014, n. 125, il cui contenuto è stato trasposto nelle nuove disposizioni.
      In base alla disciplina che si andrebbe a stabilire, il cessionario ha centottanta giorni di tempo per effettuare l'esportazione e produrre la relativa documentazione nei confronti del cedente. La prova dell'avvenuta esportazione dei beni è data dalla documentazione doganale. In mancanza, entro trenta giorni dalla scadenza del predetto termine, il cedente stesso, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, deve emettere una nota di variazione per addebitare l'imposta che non era stata applicata al momento della cessione.
      Con riferimento all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, mentre la lettera b) del primo comma prevede la non imponibilità per le cessioni all'esportazione con trasporto o spedizione fuori del territorio dell'Unione europea a cura del cessionario non residente, la lettera b-bis), di nuova introduzione, prevede la non imponibilità delle cessioni all'esportazione nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo operanti in attuazione di finalità umanitarie.
      Inoltre, in coerenza con la risoluzione dell'Agenzia delle entrate n. 98/E del 10 novembre 2014, il regime di non imponibilità, proprio delle esportazioni, sarebbe comunque applicabile nel caso in cui l'esportazione avvenga dopo il decorso del termine di centottanta giorni previsto dalla citata nuova lettera b-bis) introdotta nel primo comma dell'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972; ne consegue che sarà comunque possibile recuperare l'IVA nel frattempo versata ai sensi del citato articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 emettendo una nota di credito ai sensi dell'articolo 26, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ovvero inoltrando una richiesta di rimborso ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.
      Conformemente all'articolo 30, comma 3, lettere a) e c), della legge n. 234 del 2012, la disposizione mira a garantire l'attuazione della direttiva 2006/112/CE e il conseguente rispetto degli obblighi indicati dall'articolo 1 della stessa legge.
      L'articolo 26, comma 5, della legge n. 125 del 2014, in conformità alla direttiva 2006/112/CE e in particolare all'articolo 146, paragrafo 1, lettera c), ha disposto la non imponibilità delle cessioni di beni effettuate nei confronti delle amministrazioni dello Stato e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo, destinati a essere trasportati o spediti fuori dall'Unione europea in attuazione di finalità umanitarie, e demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità attuative. La normativa citata non è allo stato efficace in quanto, prima di adottare tale decreto ministeriale, si è ritenuto indispensabile dettare una disciplina sanzionatoria per il caso in cui i beni in questione non dovessero essere effettivamente esportati, in frode alla legge. Da qui la norma inserita nel presente articolo.
      L'articolo 7, relativo al regime fiscale delle navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo (SEE), estende il vigente regime fiscale agevolato relativo ai soggetti esercenti navi iscritte nel Registro internazionale italiano (RII) anche nei confronti di soggetti residenti e non residenti con stabile organizzazione in Italia che utilizzano navi iscritte in registri di Stati dell'Unione europea o dello SEE.
      La disposizione è finalizzata alla chiusura del caso EU-Pilot 7060/14/TAXU, nell'ambito del quale la Commissione europea ha ravvisato l'incompatibilità con il diritto europeo delle disposizioni agevolative di natura fiscale connesse all'utilizzo di navi iscritte nel RII. Tale incompatibilità, ad avviso della Commissione, deriva dal fatto che i regimi di favore sono preclusi ai soggetti che utilizzano navi non battenti bandiera italiana, essendo immatricolate nei registri navali di altri Stati membri
 

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dell'Unione europea o dello SEE. In particolare, il contrasto si pone con i princìpi del diritto dell'Unione concernenti la libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, quali garantiti dalle disposizioni del TFUE e dell'accordo sullo SEE.
      La norma, pertanto, elimina il requisito dell'immatricolazione della nave nel RII ai fini della concessione dei benefìci fiscali, estendendone l'applicazione all'utilizzo di navi di Stati membri dell'Unione europea o dello SEE alle stesse condizioni previste dall'articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998, per le navi iscritte nel citato Registro che effettuano servizi di cabotaggio.
      Al fine di riconoscere alle navi di bandiera di Stati europei le medesime condizioni operative previste per le navi nazionali iscritte nel RII, si fa richiamo, nell'articolato, alle seguenti norme:

          articolo 1, comma 5, del citato decreto-legge n. 457 del 1997 (istituzione del RII), il quale stabilisce le modalità di svolgimento dei servizi di cabotaggio delle navi italiane adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali; con il richiamo si parificano le fattispecie qui indicate estendendo ad esse il medesimo trattamento sussistente per le navi di bandiera;

          articolo 3 del citato decreto-legge n. 457 del 1997 (legge regolatrice del contratto di arruolamento – contrattazione collettiva): il richiamo è finalizzato a estendere alle navi di bandiera di Stati europei, utilizzate dai soggetti di cui alla presente norma, le medesime condizioni per la determinazione dei contratti di arruolamento e dei contratti collettivi applicabili ai marittimi imbarcati sulle navi italiane adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali;

          articolo 317 del codice della navigazione (composizione e forma minima dell'equipaggio) e articolo 426 del regolamento per l'esecuzione del medesimo codice (potere del comandante di porto): il richiamo di tali disposizioni serve ad assicurare che gli equipaggi delle navi di bandiera di Stati europei, utilizzati dai soggetti di cui alle stesse norme abbiano la medesima consistenza numerica del personale prescritto per le navi di bandiera italiana impiegate per i traffici commerciali internazionali.

      La copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni è garantita mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

      Il capo IV reca disposizioni in materia di lavoro.
      L'articolo 8, relativo al trattamento economico degli ex lettori di lingua straniera in servizio presso le università statali, intende risolvere il caso EU-Pilot 2079/11/EMPL relativo alla ricostruzione di carriera dei lettori assunti nelle università statali prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236, con il quale è stata introdotta nell'ordinamento nazionale la nuova figura del «collaboratore esperto linguistico», regolata dal contratto collettivo nazionale di lavoro del personale tecnico-amministrativo delle università.
      La Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenze del 26 giugno 2001 (causa C-212/99) e del 18 luglio 2006 (causa C-119/04), ha stabilito che i lettori avessero diritto al trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, commisurato all'impegno orario effettivamente assolto, con attribuzione di scatti stipendiali a decorrere dalla data della presa di servizio e tenendo conto che l'impegno a tempo pieno corrisponde a 500 ore. I lettori attualmente in servizio nelle università statali sono circa 500, di cui circa 260 hanno un contenzioso pendente con gli atenei dai quali dipendono.
      Il comma 1, applicando il giudicato europeo e quanto stabilito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 2 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2004, stanzia risorse aggiuntive sul fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO), da destinare al cofinanziamento degli atenei per superare il contenzioso in

 

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atto e prevenire l'instaurazione di nuovo contenzioso.
      Il comma 2 prevede, altresì, che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotti con decreto lo schema tipo dei contratti integrativi di sede che dovranno essere definiti da ciascun ateneo entro il mese di dicembre 2017. Tale decreto conterrà anche i criteri di ripartizione dell'importo di cui al comma 1 a titolo di cofinanziamento, con riferimento soltanto alle università che, entro la predetta scadenza del 31 dicembre 2017, avranno perfezionato i suddetti contratti integrativi.
      Tale norma, nel subordinare la ripartizione del citato fondo tra le università alla circostanza che le stesse abbiano provveduto a perfezionare i contratti integrativi di sede, sul modello dello schema tipo predisposto dal citato decreto ministeriale ed entro la scadenza stabilita, è finalizzata a definire in modo uniforme a livello nazionale l'applicazione delle predette sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea e, conseguentemente, attraverso i contratti integrativi di lavoro, il trattamento economico da riconoscere agli ex lettori di lingua straniera.
      Infatti, secondo quanto chiarito anche dalla Corte di cassazione in recenti pronunce, per effetto delle norme in tema di rapporti di lavoro dei lettori di lingua straniera succedutesi nel tempo (articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 e articolo 4, comma 2, del citato decreto-legge n. 120 del 1995), agli ex lettori sarà almeno attribuito, proporzionalmente all'impegno orario assolto, tenendo conto che l'impegno pieno corrisponde a 500 ore, un trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla data di prima assunzione. Tale equiparazione è disposta ai soli fini economici ed esclude l'esercizio di qualsiasi funzione docente da parte dei predetti collaboratori linguistici.
      Riconoscendo agli ex lettori il trattamento economico che la giurisprudenza ha ritenuto loro spettante in base alle disposizioni vigenti, la norma ha l'obiettivo di permettere la chiusura dei contenziosi attuali, con conseguente risparmio delle spese legali, nonché di scongiurare o comunque limitare eventuali ulteriori contenziosi che in futuro potrebbero instaurarsi con le università italiane.
      Per il futuro adeguamento degli stipendi, si prevede un onere complessivo pari a euro 8.705.000 annui: il costo pro capite massimo dell'adeguamento stipendiale, da moltiplicare per le 260 unità interessate, è infatti pari a euro 33.480 (differenza tra l'onere minimo di un collaboratore ed esperto linguistico assunto dopo il 1995, pari a euro 21.600, e il costo massimo, comprensivo degli scatti di anzianità, del ricercatore confermato a tempo definito a tempo pieno, pari a euro 55.080).
      Il comma 3 prevede quindi che le università provvederanno alla copertura finanziaria di tali oneri a regime con lo stanziamento aggiuntivo sul FFO autorizzato dal presente disegno di legge e con le ulteriori risorse eventualmente occorrenti disponibili nei propri bilanci.
      La copertura dell'onere aggiuntivo derivante dall'incremento del FFO è garantita mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234; per il solo anno 2018 si provvede, in parte, mediante riduzione del predetto fondo e, in parte, mediante riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

      Il capo V reca disposizioni in materia di tutela della salute.
      L'articolo 9, riguardante la sicurezza dei prodotti alimentari a base di caseina, prevede disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli

 

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Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio. Tali disposizioni sono finalizzate all'archiviazione della procedura di infrazione n. 2017/0129, allo stadio di messa in mora ai sensi dell'articolo 258 del TFUE, avviata dalla Commissione europea nello scorso febbraio per mancato recepimento della direttiva entro il prescritto termine (22 dicembre 2016).
      L'articolo 21 della legge di delegazione europea 2014 (legge n. 170 del 2016) aveva autorizzato il Governo a dare attuazione alla citata direttiva mediante regolamento. Tuttavia, considerata l'esigenza di dettare anche una disciplina sanzionatoria, si è ritenuto necessario adottare un provvedimento di rango primario.
      Le caseine e i caseinati destinati all'alimentazione umana sono una categoria di lattoproteine ossia di proteine ottenute dalla coagulazione del latte.
      Nel settore alimentare sono utilizzate come coadiuvanti tecnologici in molti alimenti, ad esempio nel vino, nei dolciumi e nelle caramelle, e vengono altresì impiegate quali ingredienti nei salumi dove fungono da collante.
      Nel panorama caseario europeo è consentito l'utilizzo di caseine e di caseinati, come alternativa al latte, nella produzione di formaggi, nel limite massimo del 10 per cento dell'intera produzione.
      La caseina è prodotta solo quando il latte viene lavorato per la produzione di burro e sono pochi, quindi, i produttori che possono permettersi impianti completi.
      L'uso della caseina è esteso anche a una larga parte dell'industria, per la sua proprietà di eccellente collante ecologico: si utilizza, ad esempio, nella produzione di gomma, guarnizioni, fuochi artificiali e patinatura di carta.
      Fino a pochi anni fa, la Commissione europea finanziava i produttori di caseina e caseinati per gli alti costi di produzione; attualmente, invece, tali finanziamenti non vengono più erogati.
      I caseinati sono invece quei prodotti ottenuti mediante essiccazione delle caseine non neutralizzanti.
      I produttori utilizzano i caseinati perché il loro costo è più basso rispetto al latte, in quanto i caseinati vengono prodotti in paesi come l'Argentina, la Nuova Zelanda e l'Australia, ove il costo del latte è inferiore di quello europeo e tale, dunque, da rendere più conveniente un prodotto per ottenere il quale occorre sostenere costi industriali rilevanti: acidificazione del latte, separazione ed essiccazione delle caseine.
      Già la direttiva 83/417/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1983, recepita con il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 180, prevedeva il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per talune lattoproteine (caseine e caseinati) destinate all'alimentazione umana.
      Tale direttiva armonizzava, a livello europeo, le caratteristiche di composizione e di fabbricazione delle caseine al fine di fornire una regolamentazione uniforme delle stesse.
      Dalla data di entrata in vigore della direttiva sono tuttavia intervenuti vari cambiamenti, in particolare lo sviluppo di un ampio quadro normativo nel settore del diritto alimentare e l'adozione di una norma relativa ai prodotti alimentari a base di caseina da parte della Commissione, di cui occorre tenere conto.
      Il 20 marzo 2014 la Commissione europea ha proposto, dunque, di abrogare e sostituire la direttiva 83/417/CEE con la vigente direttiva (UE) 2015/2203 con il preciso scopo di:

           allineare i poteri conferiti alla Commissione dalla nuova distinzione introdotta dal TFUE; la proposta è intesa a delineare il conferimento dei poteri alla Commissione nel nuovo contesto giuridico creato dal Trattato di Lisbona;

           tenere conto della nuova legislazione adottata nel frattempo, segnatamente per quanto riguarda l'alimentazione umana (la direttiva 2000/13/CE, il regolamento (CE) n. 178/2002, il regolamento (CE) n. 882/2004, il regolamento (CE) n. 1332/2008 e il regolamento (CE) n. 1333/2008);

           adeguare i requisiti di composizione dei prodotti interessati alle norme internazionali

 

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pertinenti adottate dal Codex Alimentarius. Tale adeguamento implica due modifiche: il tenore massimo di umidità della caseina alimentare aumenta dal 10 per cento al 12 per cento e il tenore massimo di grassi del latte della caseina acida alimentare è ridotto dal 2,25 per cento al 2 per cento.

      Obiettivo della direttiva oggetto di recepimento è dunque quello di facilitare la libera circolazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana, garantendo, al contempo, un elevato livello di tutela della salute, nonché di uniformare le disposizioni vigenti nei singoli Stati alla legislazione generale dell'Unione e a quella internazionale.
      Il presente articolo adegua la normativa vigente alle nuove disposizioni attualmente in vigore, anche in tema di etichettatura, contenute nel regolamento (UE) n. 1169/2011.
      La disposizione proposta, per quanto riguarda gli allegati, rinvia al contenuto degli allegati alla direttiva, considerato che gli articoli 5 e 6 della direttiva stessa prevedono che, al fine di tenere conto dell'evoluzione delle norme internazionali applicabili e del progresso tecnico, la Commissione ha il potere di adottare atti delegati al fine di modificare le norme contenute negli allegati I e II, i quali stabiliscono, in particolare, i fattori essenziali di composizione delle caseine, i contaminanti, le impurità, i coadiuvanti tecnologici, le colture batteriche, gli ingredienti autorizzati e le caratteristiche organolettiche delle caseine.
      Con l'articolo in esame, inoltre, si introduce una disciplina sanzionatoria al fine di adeguare l'importo delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 180 del 1988.
      Il comma 1 definisce l'ambito oggettivo di applicazione della norma, ossia la produzione e la commercializzazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana nonché delle loro miscele.
      Quanto al contenuto specifico dell'articolo, si rappresenta che il comma 2 introduce, secondo le indicazioni della direttiva, le definizioni di «caseina acida alimentare», di «caseina presamica alimentare» e di «caseinati alimentari».
      Il comma 3 descrive le indicazioni obbligatorie che i prodotti qui contemplati devono riportare su imballaggi, recipienti o etichette in caratteri ben visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
      Il comma 4 individua le indicazioni che devono figurare in lingua italiana, potendo anche essere riportate in altra lingua.
      Il comma 5 prevede, come indicato nella direttiva, la possibilità di deroga per alcune delle indicazioni obbligatorie (quali l'indicazione del tenore di proteine per le miscele contenenti caseinati alimentari, la quantità netta di prodotto espressa in chilogrammi, il nome o la ragione sociale dell'operatore del settore alimentare e l'indicazione del Paese di origine nel caso di provenienza da un Paese terzo), che potrebbero essere inserite solo nel documento di accompagnamento.
      Il comma 6 prevede che, quando risulta superato il tenore minimo di proteine del latte, stabilito all'allegato I, sezione I, lettera a), punto 2, all'allegato I, sezione II, lettera a), punto 2, e all'allegato II, lettera a), punto 2, della direttiva (UE) 2015/2203, è possibile indicarlo in modo adeguato sugli imballaggi, sui recipienti o sulle etichette dei prodotti.
      Il comma 7 detta una disposizione riguardante lo smaltimento delle scorte, prevedendo che i lotti di prodotto, fabbricati anteriormente all'entrata in vigore della legge e le etichette non conformi a quanto sancito dalla stessa potranno essere commercializzati fino al 31 dicembre 2018.
      I commi 8, 9, 10 e 11 e 12 introducono norme sanzionatorie riguardanti le prescrizioni in materia di sicurezza e di commercializzazione di tali prodotti, prevedendo tre ipotesi di illecito amministrativo, facendo salve le ipotesi in cui le condotte descritte integrino una fattispecie di illecito penale.
      Si prevede, in particolare, che integri un illecito amministrativo la condotta di chi:

          1) utilizza, per la preparazione di alimenti, caseine o caseinati che non rispondono ai requisiti previsti dalla direttiva: in tal caso è comminata la sanzione amministrativa

 

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pecuniaria da euro 1.000 a euro 10.000;

          2) denomina le caseine o i caseinati, commercializzati per usi diversi, in modo tale da indurre in errore il consumatore sul loro effettivo uso: in tal caso è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000;

          3) pone in commercio, con le denominazioni indicate nel comma 2 ovvero con altre denominazioni similari che possono indurre in errore l'acquirente, prodotti non rispondenti ai requisiti stabiliti: in tal caso è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000;

          4) pone in commercio i prodotti di cui al comma 2, aventi i requisiti stabiliti, con una denominazione comunque diversa da quelle prescritte: in tal caso è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 2.500;

          5) viola le disposizioni stabilite nel comma 3 relative alle indicazioni obbligatorie che devono essere apposte su imballaggi, recipienti, etichette o documenti: in tal caso è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a euro 5.000.

      I commi 13 e 14 individuano le autorità competenti ad accertare le violazioni e a irrogare le sanzioni previste. A livello nazionale, le autorità competenti a effettuare tali attività sono il Ministero della salute, per la parte relativa alla sicurezza alimentare, e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per la parte relativa ai controlli qualitativi e quantitativi. A livello territoriale, le autorità competenti sono le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le aziende sanitarie locali. Le amministrazioni svolgeranno tali attività con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
      Il comma 15 reca la clausola di invarianza finanziaria.
      Il comma 16 dispone l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 180, con il quale era stata recepita la direttiva 83/417/CEE, ora abrogata dalla direttiva (UE) 2015/2203.

      Il capo VI reca disposizioni in materia di tutela dell'ambiente.
      L'articolo 10, in materia di tutela delle acque, reca modifiche all'articolo 78-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che definisce i requisiti minimi di prestazione per i metodi di analisi delle acque.
      La disposizione è finalizzata a superare una delle contestazioni mosse dalla Commissione europea nell'ambito del caso EU-Pilot 7304/15/ENVI relative alla non corretta applicazione, a livello nazionale, della direttiva 2009/90/CE, che stabilisce, conformemente alla direttiva 2000/60/CE, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque. Detta direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 10 dicembre 2010, n. 219.
      L'intervento è volto ad assicurare l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico (previsto all'articolo 3 della direttiva 2000/60/CE), dei dati di monitoraggio delle sostanze chimiche e, di conseguenza, dello stato ecologico e chimico dei corpi idrici superficiali.
      Il decreto legislativo n. 219 del 2010, che integra l'articolo 78 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ha attribuito alle regioni, attraverso le agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente (ARPA e APPA), la facoltà di scelta delle migliori tecniche disponibili (mtd) per il monitoraggio delle sostanze chimiche. In alcuni casi, però, l'applicazione di diversi metodi di analisi sullo stesso corpo idrico comune a più regioni ha portato a risultati diversi e incoerenti tra le diverse regioni ricadenti nel medesimo distretto. Pertanto la norma prevede che le autorità di bacino distrettuali promuovano intese con le regioni e le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l'uniformità nei metodi di analisi utilizzati e l'intercomparabilità dei dati del monitoraggio.
      A tale fine, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) dovrà rendere disponibile, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, l'elenco dei laboratori del sistema agenziale presso i quali le regioni e le province autonome dovranno far analizzare i dati del

 

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monitoraggio delle sostanze prioritarie conformi ai requisiti stabiliti.
      L'attività conoscitiva, di controllo, di monitoraggio e di valutazione con riferimento alla tutela delle acque rientra, infatti, tra i compiti istituzionali dell'ISPRA, secondo quanto previsto all'articolo 2, comma 1, dello statuto dello stesso Istituto.
      Detta attività viene svolta dall'ISPRA anche in collaborazione con il sistema nazionale delle agenzie (ARPA e APPA).
      L'ISPRA, inoltre, ai sensi del comma 4 del citato articolo 2, garantisce, attraverso il coordinamento del sistema delle agenzie, anche l'accuratezza delle misurazioni e il rispetto degli obiettivi di qualità e di convalida dei dati, provvedendo, fra l'altro, all'approvazione di sistemi di misurazione, all'adozione di linee guida e all'accreditamento dei laboratori.
      L'elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche analitiche conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8-bis dell'allegato 1 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, verrà reso disponibile mediante la pubblicazione dello stesso in una sezione dedicata del sito dell'ISPRA, attraverso il sistema informativo nazionale per la tutela delle acque italiane (SINTAI).
      I soggetti destinatari dell'attività informativa dell'ISPRA sono, in base alle rispettive competenze istituzionali:

          il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, responsabile dell'attività di indirizzo e di coordinamento effettuata anche attraverso l'emanazione della normativa tecnica di settore;

          le regioni e le province autonome, responsabili dell'attività di monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee ricadenti nel territorio di loro competenza;

          le autorità di bacino distrettuali, responsabili dell'attività di pianificazione dei distretti idrografici e dell'adozione del piano di gestione.

      Dalla norma proposta non discendono nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto le attività da porre in essere a seguito delle intese che le autorità di bacino distrettuali sono tenute a promuovere con le regioni e le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza rientrano nelle competenze istituzionali dei soggetti interessati dalla disposizione in esame.
      L'articolo 11, in materia di acque reflue urbane, modifica la tabella 2 dell'allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la quale fissa limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili.
      La disposizione è finalizzata a garantire una corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE in materia di acque reflue urbane, che, all'articolo 5, paragrafo 2, stabilisce: «Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all'articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10.000 a.e.». Secondo la direttiva, dunque, per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili, l'elemento discriminante per l'applicazione dei limiti di emissione previsti non è la potenzialità dell'impianto, bensì il carico inquinante generato dall'agglomerato, espresso in abitanti equivalenti (a.e.).
      Nella tabella in questione si fa attualmente riferimento, ai fini dell'applicazione dei limiti di emissione – fosforo totale o azoto totale, alla «potenzialità impianto in a.e.» Pertanto, ad oggi, tali limiti si applicano soltanto agli impianti di depurazione aventi una potenzialità a partire da 10.000 a.e.
      Il riferimento, nella Tabella 2, alla «potenzialità impianto in a.e.», contestato solo informalmente dalla Commissione europea nell'ambito delle procedure di infrazione avviate sulle acque reflue urbane (procedure di infrazione nn. 2004/2034, 2009/2034 e 2014/2059), ha determinato, in diversi casi, una non corretta applicazione della direttiva 91/271/CE.
      Pertanto con il presente articolo si sostituisce l'intestazione della predetta tabella, al fine di monitorare i limiti di emissione indicati per l'azoto totale o il fosforo

 

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totale con riferimento al carico generato dell'agglomerato in a.e., anziché alla potenzialità dell'impianto in a.e., con la conseguenza di estendere i controlli sulla qualità degli scarichi alla totalità degli impianti di depurazione al servizio degli agglomerati superiori a 10.000 a.e., i cui scarichi recapitano in aree sensibili.
      L'attuazione della norma proposta potrebbe comportare, pertanto, limitatamente ad alcune situazioni territoriali, ossia agglomerati con carico generato maggiore di 10.000 a.e. e con scarico in area sensibile, un aumento del numero degli impianti di depurazione da sottoporre a monitoraggio, nell'ambito dei periodici controlli eseguiti sugli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane, così come previsto dalla norma. Ciò si tradurrebbe in un aumento del numero di campioni da prelevare e sottoporre ad analisi per verificare il rispetto dei valori limite di emissione per azoto e fosforo.
      Gli eventuali oneri derivanti dall'attuazione della presente disposizione, trattandosi di attività che rientrano nella gestione degli impianti di depurazione, saranno coperti con i proventi derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato, a norma dell'articolo 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che stabilisce che «la tariffa (...) è determinata (...) in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”».

      Il capo VII contiene disposizioni di altra natura.
      L'articolo 12 modifica la disciplina prevista dalla legge n. 234 del 2012, al fine di garantire il corretto e tempestivo recepimento degli atti delegati dell'Unione europea di cui all'articolo 290 del TFUE e di assicurare una maggiore partecipazione del Parlamento nazionale alla fase ascendente di formazione di tali atti.
      Con la lettera a) del comma 1 si modifica l'articolo 29, comma 7, della legge n. 234 del 2012, relativo ai contenuti della relazione illustrativa che correda la legge di delegazione europea, con l'obiettivo di fornire al Parlamento un'informativa sulle direttive che attribuiscono alla Commissione europea il potere di adottare atti delegati (cosiddette «direttive deleganti»).
      Considerato che il Parlamento è escluso dal circuito informativo europeo di approvazione dei successivi atti delegati, in quanto essi non sono atti legislativi europei e, quindi, non sono trasmessi ai Parlamenti nazionali ai sensi dei protocolli 1 e 2 allegati ai Trattati sull'Unione europea, l'informativa prevista nella relazione illustrativa della legge di delegazione europea potrà costituire il presupposto per individuare, con il necessario anticipo, gli ambiti più rilevanti in cui occorrerà rafforzare la collaborazione tra il Governo e il Parlamento nella fase ascendente degli atti delegati adottati dalla Commissione europea. La modifica consentirà, inoltre, al Parlamento di indicare al Governo quali, tra le direttive delegate che saranno successivamente adottate sulla base degli atti deleganti indicati nella predetta relazione illustrativa, dovranno essere recepite nell'ordinamento nazionale con decreto legislativo, nel rispetto dei tempi e delle procedure previsti dall'articolo 31 della legge n. 234 del 2012.
      Con la lettera b) si integra l'articolo 31, comma 6, della legge n. 234 del 2012, al fine di prevedere che gli atti delegati, qualora abbiano un contenuto meramente tecnico, possano essere recepiti con decreto ministeriale.
      Attualmente l'articolo 31, comma 6, stabilisce che il recepimento degli atti delegati avvenga mediante decreti legislativi integrativi e correttivi dei decreti legislativi già adottati per il recepimento delle direttive deleganti, con una procedura che prevede anche l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.
      Tuttavia tale iter procedurale appare, in molti casi, eccessivamente oneroso e non consente di rispettare il termine di recepimento fissato nelle singole direttive delegate.
      Infatti, ai sensi del citato articolo 290 del TFUE, gli atti delegati integrano o modificano determinati elementi non essenziali di precedenti atti legislativi e, quindi, il loro contenuto è molto spesso meramente tecnico, limitandosi a una modifica

 

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degli allegati di precedenti atti; il loro termine di recepimento, peraltro, è, in tali casi, molto breve (in media 7 mesi, talvolta anche solo 15 giorni), e, dunque, è incompatibile con il meccanismo della delega legislativa, che necessita di tempo per il suo esercizio (in media 6 mesi). Peraltro, qualora scadesse il termine di 24 mesi per l'adozione delle disposizioni integrative e correttive di cui al citato articolo 31, occorrerebbe conferire una nuova delega legislativa per attuare gli atti delegati, con tempi certamente molto lunghi.
      Per tali ragioni, la presente disposizione, analogamente a quanto già stabilito dall'articolo 36 della legge n. 234 del 2012, prevede la possibilità di recepire gli atti delegati, se aventi contenuto meramente tecnico, con decreto del Ministro competente per materia e, dunque, con uno strumento più semplice e rapido rispetto al decreto legislativo. Resta fermo, negli altri casi, il recepimento degli atti delegati con decreto legislativo.
      L'articolo, nel suo complesso, ha dunque un duplice obiettivo: da un lato, soddisfare la legittima esigenza del Parlamento nazionale di essere più coinvolto nella fase ascendente della formazione degli atti delegati, al fine di arginare in tempo gli ampi poteri attribuiti alla Commissione europea nella predisposizione di atti non legislativi che, pur non essendo sottoposti a un forte controllo del Parlamento europeo e del Consiglio, hanno comunque la capacità di modificare alcuni elementi di un precedente atto legislativo e di incidere quindi su fattispecie di particolare rilevanza; dall'altro lato, soddisfare l'esigenza comune del Governo e del Parlamento nazionale di contenere al massimo i rischi di avvio di procedure di infrazione per mancato rispetto dei termini di recepimento delle direttive delegate, lasciando al Governo la possibilità di abbreviare, attraverso l'adozione di decreti ministeriali, i tempi di recepimento delle direttive delegate dal contenuto meramente tecnico e di ottenere con il dovuto anticipo dal Parlamento nazionale le deleghe per il recepimento delle direttive delegate che invece non hanno contenuti prettamente tecnici.
      L'articolo 13 disciplina il trattamento economico del personale estraneo alla pubblica amministrazione che partecipa a iniziative e missioni del Servizio di azione esterna dell'Unione europea (come le missioni istituite nell'ambito della Politica di sicurezza e difesa comune o gli uffici dei Rappresentanti speciali dell'Unione europea).
      Il comma 1 prevede che l'indennità corrisposta al predetto personale, ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, sia calcolata conformemente all'articolo 5, commi 2, 3, 4 e 6, della legge 21 luglio 2016, n. 145.
      La disposizione è funzionale all'attuazione delle attività disposte da decisioni del Consiglio dell'Unione europea a norma del titolo V del Trattato sull'Unione europea, specialmente dell'articolo 42, paragrafi 3 e 4. Il paragrafo 3 del predetto articolo stabilisce che: «Gli Stati membri mettono a disposizione dell'Unione, per l'attuazione della Politica di sicurezza e difesa comune, capacità civili e militari per contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio».
      L'intervento è reso necessario dal nuovo regime normativo di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, introdotto dalla predetta legge n. 145 del 2016. Sino al 2016, il trattamento economico degli esterni alla pubblica amministrazione è stato disciplinato, di anno in anno, tramite i decreti-legge di proroga delle missioni (da ultimo il decreto-legge 16 maggio 2016, n. 67). L'indennità riconosciuta è stata calcolata nella misura dell'80 per cento dell'indennità determinata ai sensi dell'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, recante ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.
      Le disposizioni richiamate della legge n. 145 del 2016 stabiliscono che l'indennità è calcolata sulla diaria giornaliera prevista per la località di destinazione, nella misura del 98 per cento o intera, incrementata del 30 per cento, se il personale non usufruisce a qualsiasi titolo di vitto e alloggio gratuiti (comma 2); con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri può essere disposto
 

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per quali teatri operativi, in ragione del disagio ambientale, l'indennità è calcolata sulla diaria giornaliera prevista per una località diversa da quella di destinazione, facente parte dello stesso continente (comma 3); durante i periodi di riposo e di recupero, previsti dalle normative di settore, fruiti fuori del teatro di operazioni e in costanza di missione, al personale è corrisposta un'indennità giornaliera pari alla diaria di missione estera percepita; non si applica l'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
      Il comma 2 prevede che la corresponsione del trattamento di missione previsto dal comma 1 sia subordinata all'effettiva autorizzazione della partecipazione alle iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna dell'Unione europea con le procedure previste dagli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145. Secondo tali articoli la suddetta partecipazione è deliberata dal Consiglio dei ministri e autorizzata dalle Camere con atti di indirizzo.
      L'articolo 14 reca una clausola di invarianza finanziaria per tutte le disposizioni del disegno di legge, fatta eccezione per l'articolo 4 (disciplina transitoria del fondo per l'indennizzo delle vittime di reato), l'articolo 5 (disciplina dei rimborsi dell'IVA), l'articolo 7 (agevolazioni fiscali per le navi iscritte nel Registro internazionale di altri Stati membri) e l'articolo 8 (trattamento economico degli ex lettori di madrelingua straniera).
      Sul disegno di legge è stato acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il parere, reso nella sessione europea del 6 aprile 2017, è stato favorevole senza osservazioni.
 

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PARTE I. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO

1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

      L'intervento normativo ha come obiettivo quello di adeguare l'ordinamento nazionale al diritto dell'Unione europea, conformemente a quanto prescritto dall'articolo 29 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
      È necessario provvedere sia per risolvere 3 procedure di infrazione e 3 casi pilota, avviati dalla Commissione europea nei confronti dello Stato italiano, sia per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea e prevenire così contestazioni sulla non conformità della legislazione nazionale con il diritto europeo.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.

      L'intervento normativo s'inquadra nell'ambito degli strumenti previsti per consentire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea, in esecuzione dell'obbligo posto dall'articolo 117, primo comma, della Costituzione.

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

      Il disegno di legge modifica e integra talune vigenti disposizioni di livello primario al fine di adeguarne i contenuti al diritto dell'Unione europea, intervenendo, in particolare, nei seguenti settori:

          1) libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi (articoli 1 e 2);

          2) giustizia (articoli 3 e 4);

          3) fiscalità (articoli 5, 6 e 7);

          4) lavoro (articolo 8);

          5) salute (articolo 9);

          6) ambiente (articoli 10 e 11).

      Esso reca anche altre disposizioni.
      L'articolo 12 modifica la legge 24 dicembre 2012, n. 234, per quanto riguarda il recepimento degli atti delegati dell'Unione europea di cui all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
      L'articolo 13 reca norme in materia di trattamento economico del personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna.

 

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4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

      Il provvedimento è stato predisposto nel rispetto delle norme costituzionali, sia in relazione all'adempimento degli obblighi derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea sia in relazione al riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni.

5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli enti locali.

      Le disposizioni contenute nel disegno di legge sono compatibili con il riparto delle competenze legislative fra lo Stato e le regioni, di cui all'articolo 117 della Costituzione, come di seguito specificato.
      L'articolo 1, relativo agli avvocati stabiliti, non presenta aspetti di incompatibilità con le competenze costituzionali e le funzioni delle regioni, in quanto incide sulla materia delle professioni, di competenza legislativa concorrente, individuando i requisiti per l'iscrizione all'albo professionale e, quindi, nei limiti riservati allo Stato, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale.
      L'articolo 2, recante norme in materia di tracciabilità dei farmaci veterinari, è compatibile, in quanto è predisposto per assicurare un maggior livello di tutela della salute pubblica e risponde a esigenze di uniformità della disciplina a livello nazionale.
      L'articolo 3, relativo alle fattispecie criminose concernenti il razzismo e la xenofobia, è compatibile, in quanto attiene all'ordinamento penale, materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
      L'articolo 4, che concerne la disciplina transitoria di accesso al fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, è compatibile, in quanto afferisce alla materia dell'ordinamento civile e penale, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
      L'articolo 5, che reca disposizioni in materia di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), è compatibile con il riparto di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
      L'articolo 6, relativo al regime di non imponibilità ai fini dell'IVA delle cessioni all'esportazione, è compatibile con il riparto di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
      L'articolo 7, che reca agevolazioni fiscali per le navi iscritte nei Registri dei Paesi dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, è anch'esso compatibile con il riparto di competenza concorrente tra lo Stato e le regioni sul coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
      L'articolo 8, che reca disposizioni relative al riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera, è compatibile, in

 

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quanto attiene all'ordinamento civile, materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
      L'articolo 9, che reca disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana, non presenta aspetti di incompatibilità con le competenze costituzionali e le funzioni delle regioni. Esso verte, oltre che in materia di tutela della salute, di legislazione concorrente (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), anche in materia di tutela della concorrenza, riservata alla competenza esclusiva statale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione); detta, inoltre, la disciplina sanzionatoria, rispondendo ad esigenze di uniformità a livello nazionale, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni per quanto riguarda le attività di controllo.
      L'articolo 10, relativo alla tutela delle acque dei corpi idrici superficiali, è compatibile in quanto riguarda la tutela dell'ambiente, materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
      L'articolo 11, in materia di acque reflue urbane, è compatibile in quanto anch'esso riguarda la tutela dell'ambiente, materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
      L'articolo 12, che reca modifiche alla legge n. 234 del 2012 per quanto riguarda il recepimento degli atti delegati dell'Unione europea, è compatibile, in quanto concerne i rapporti dello Stato con l'Unione europea, materia di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione.
      L'articolo 13, che reca disposizioni in materia di trattamento economico del personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna, è compatibile, in quanto attiene all'ordinamento civile, materia di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

      Le norme contenute nel provvedimento sono compatibili con i princìpi richiamati dall'articolo 118 della Costituzione.

7) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

      Nel disegno di legge non sono contenute norme di delegificazione.

 

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8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

      Con riguardo alla materia oggetto dell'articolo 3, concernente la lotta contro il razzismo e la xenofobia, risultano all'esame del Parlamento i seguenti progetti di legge:

          - atto Senato n. 2471, recante «Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, riguardante la criminalizzazione degli atti di razzismo e xenofobia commessi a mezzo di sistemi informatici, fatto a Strasburgo il 28 gennaio 2003», di iniziativa governativa, approvato in prima lettura alla Camera dei deputati (atto Camera n. 3084) in data 6 luglio 2016 e trasmesso il 12 luglio 2016 al Senato della Repubblica, ove non è ancora iniziato l'esame;

          - atto Camera n. 1301, recante «Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, recante ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale», di iniziativa parlamentare (Santerini ed altri), il cui esame alla Camera dei deputati non è ancora iniziato.

      Con riguardo alla materia di cui all'articolo 11, relativo alle acque reflue urbane, è stata recentemente approvata dal Parlamento la legge 27 febbraio 2017, n. 18, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 49 del 28 febbraio 2017, recante «Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, recante interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno», che all'articolo 2 reca disposizioni per la risoluzione delle procedure di infrazione europee n. 2004/2034 e n. 2009/2034 in tema di realizzazione e adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione.
      Quanto ai restanti articoli, non sussistono progetti di legge, attualmente all'esame del Parlamento, vertenti su materie analoghe.

9) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

      Con riguardo all'articolo 1, il tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio, con ordinanza del 29 dicembre 2016, ha sollevato questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 22, comma 2, della legge n. 247 del 2012, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, in ragione della disparità di trattamento dell'avvocato che abbia conseguito in Italia il titolo abilitativo rispetto all'avvocato stabilito, essendo al primo preclusa la possibilità, prevista per il secondo, di iscriversi all'albo speciale dopo dodici anni di attività.
      Quanto ai restanti articoli non risultano pendenti giudizi di costituzionalità sull'oggetto del disegno di legge.

PARTE II. CONTESTO NORMATIVO EUROPEO E INTERNAZIONALE

10) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.

      Il provvedimento è finalizzato all'adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea.

 

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11) Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

      Di seguito si elencano le procedure d'infrazione e i casi EU-Pilot che il disegno di legge è deputato a risolvere:

Art.

Rubrica

Infrazione o pre-infrazione

3

      Disposizioni per la completa attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale

Caso EU-Pilot 8184/15/JUST

4

      Disciplina transitoria di accesso al fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti

Procedura di infrazione n. 2011/4147

5

      Disposizioni in materia di rimborsi IVA

Procedura di infrazione n. 2013/4080

7

      Agevolazioni fiscali per le navi iscritte nei Registri dei Paesi dell'Unione europea o dello SEE

Caso EU-Pilot 7060/14/TAXU

8

      Disposizioni relative al riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera

Sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 26 giugno 2001, causa C-212/99 e del 18 luglio 2006, causa C-119/04
Caso EU-Pilot 2079/11/EMPL

9

      Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/2203

Procedura di infrazione n. 2017/0129

10

      Disposizioni in materia di tutela delle acque. Monitoraggio delle sostanze chimiche

Caso EU-Pilot n. 7304/15/ENVI

12) Analisi della compatibilità dell'intervento con gli obblighi internazionali.

      Il provvedimento è compatibile con gli obblighi internazionali.
      L'articolo 3 reca disposizioni di attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia, che obbliga gli Stati membri a combattere e a sanzionare penalmente alcune forme ed espressioni di razzismo e di xenofobia al fine di contrastare in modo efficace il fenomeno, in allarmante aumento, dei comportamenti perpetrati per motivi di odio razzista (cosiddetto «hate speech»), concretantisi nella negazione di fatti storici incontrovertibili, anche mediante la diffusione per via telematica sulla rete internet.
      Le misure previste intendono punire l'incitamento all'odio nei casi previsti dallo Human Rights Council dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) in materia di protezione del diritto alla libera espressione.
      La stessa Unione europea ha stabilito che norme del tipo di quelle previste dalla citata decisione rispettano i diritti fondamentali e sono conformi ai princìpi riconosciuti dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea (TCE) e, comunque, dalle Convenzioni poste a tutela dei diritti umani e di libertà.
      L'Italia peraltro, come gli altri Paesi membri, è impegnata a riconoscere e a sanzionare i crimini dell'odio in quanto tali, cioè basati

 

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su motivi razzisti o xenofobi, dalla decisione n. 9/09 «Combating Hate Crimes» dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
      Le fonti normative italiane che sanzionano questo tipo di comportamenti fanno riferimento alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, che recepisce la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale del 1966 e al decreto–legge n. 122 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 205 del 1993 (cosiddetto «decreto Mancino»), che colpisce l'incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, nonché al decreto legislativo n. 215 del 2003, di attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

13) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

      Con riferimento all'articolo 4, relativo alla disciplina transitoria di accesso al fondo per le vittime di reati intenzionali violenti, si segnala che la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza dell'11 ottobre 2016, pronunciata a seguito del ricorso proposto dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 258 del TFUE (C-601/14), ha statuito che l'Italia, non avendo adottato tutte le misure per garantire l'esistenza, nelle situazioni transfrontaliere, di un sistema di indennizzo delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti commessi sul proprio territorio, è venuta meno all'obbligo a essa incombente in forza dell'articolo 12, paragrafo 2, della direttiva 2004/80/CE. La Corte non ha potuto tenere conto delle nuove norme di attuazione della direttiva, contenute nella legge europea 2015-2016 (legge n. 170 del 2016), in quanto intervenute successivamente alla proposizione del ricorso, mentre l'inadempimento si è cristallizzato con l'adozione del parere motivato.
      Con riferimento all'articolo 8, la Corte di giustizia delle Comunità europee, nelle sentenze del 26 giugno 2001 (causa C-212/99) e del 18 luglio 2006 (causa C-119/04, ai sensi dell'articolo 228 del TCE) ha stabilito che gli ex lettori di lingua straniera hanno diritto al trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, commisurato all'impegno orario effettivamente assolto, con attribuzione di scatti stipendiali a decorrere dalla data della presa di servizio e tenendo conto che l'impegno a tempo pieno corrisponde a 500 ore. La Corte ha condannato l'Italia per non aver adottato entro i termini prescritti i provvedimenti necessari per assicurare il riconoscimento agli ex lettori dei diritti acquisiti.
      Con la sentenza del 15 maggio 2008, resa nella causa di rinvio pregiudiziale C-276/07, la Corte di giustizia ha affermato che, nell'ambito della sostituzione di un contratto di lavoro a tempo determinato come lettore di scambio con un contratto di lavoro a tempo indeterminato come collaboratore ed esperto linguistico di lingua madre, non può essere negato il riconoscimento dei diritti acquisiti sin dalla data della sua prima assunzione.

 

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      La questione ha dato luogo a un vasto contenzioso interno, proposto dagli ex lettori di lingua straniera, contenzioso che in alcuni casi si è risolto con pronunce sfavorevoli per le università (Cassazione, sezione lavoro 28 settembre 2016, n. 19190; Cassazione sezione lavoro 15 ottobre 2014, n. 21831; Cassazione, sezione lavoro 5 luglio 2011, n. 14705). Poiché con l'articolo 26, comma 3, della legge n. 240 del 2010 (cosiddetta riforma Gelmini) è stata adottata una norma di interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 2 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2004, intesa a chiarire che l'attribuzione agli ex lettori di madre lingua straniera – poi inquadrati nella nuova figura del collaboratore esperto linguistico (CEL) – di un trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, si applica esclusivamente per il periodo compreso fra la data di prima assunzione quali lettori di madre lingua straniera e l'instaurazione del nuovo rapporto di lavoro quali collaboratori esperti linguistici (1994), con estinzione del contenzioso promosso dagli ex lettori divenuti CEL, molti ex lettori hanno avviato cause nei confronti degli atenei dai quali dipendono, reclamando il diritto di conservare, anche per i periodi successivi al 1994, una retribuzione e una progressione economica pari a quelle dei ricercatori confermati. I lettori attualmente in servizio nelle università statali sono circa 500, di cui circa 260 hanno un contenzioso pendente con gli atenei dai quali dipendono.
      Il presente articolo è finalizzato al definitivo superamento del contenzioso in atto e a prevenire quello futuro.
      Non pendono, al momento, innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea giudizi inerenti alle materie trattate dal disegno di legge in esame.

14) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

      Non risultano pendenti giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo in ordine alle materie oggetto delle disposizioni contenute nel disegno di legge.

15) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

      Non sono emerse indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sui medesimi oggetti da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

PARTE III. ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO

1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

      L'articolo 9, relativo alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana, introduce, in conformità alla direttiva (UE) 2015/2203,

 

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le definizioni di «caseina acida alimentare», «caseina presamica alimentare» e «caseinati alimentari».

2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

      Sono stati verificati i riferimenti normativi contenuti nel disegno di legge ed essi risultano corretti e corrispondenti alla versione vigente dei testi.

3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

      Si è fatto ricorso alla tecnica della novella legislativa per la maggior parte delle disposizioni del disegno di legge.

4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

      Non si ravvisano effetti abrogativi impliciti nelle disposizioni del disegno di legge.
      L'articolo 9, comma 16, in materia di caseine e caseinati destinati all'alimentazione umana, abroga espressamente il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 180, recante «Attuazione della direttiva CEE n. 83/417 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative a talune lattoproteine (caseine e caseinati) destinate all'alimentazione umana, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183».

5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetto retroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

      L'articolo 4 ha effetti retroattivi in quanto estende la disciplina relativa all'accesso al fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti, prevista dagli articoli da 11 a 16 della legge n. 122 del 2016 (legge europea 2015-2016) alle fattispecie precedenti all'entrata in vigore di tale legge e, dunque, consente di ottenere l'indennizzo a chiunque è stato vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente al 30 giugno 2005.
      Non sussistono nel disegno di legge altre disposizioni aventi effetto retroattivo né disposizioni derogatorie rispetto alla normativa vigente.

6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

      Non risulta la presenza di deleghe aperte sulle materie oggetto del disegno di legge.

 

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7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

      L'articolo 7, relativo alle agevolazioni fiscali per le navi iscritte nei Registri dei Paesi dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, prevede, al comma 3, che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, siano stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni in esso contenute.
      L'articolo 8, recante disposizioni relative al riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera, prevede, al comma 2, che con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge, è predisposto uno schema tipo per la definizione, a livello di singolo ateneo, di contratti integrativi di sede, nonché per la determinazione dei criteri di ripartizione del fondo di cui al comma 1 a titolo di cofinanziamento, a copertura dei relativi oneri, esclusivamente tra le università che entro il 31 dicembre 2017 avranno perfezionato i relativi contratti integrativi.
      I termini previsti dalle suddette disposizioni risultano congrui.
      Le altre disposizioni contenute nel disegno di legge non richiedono l'adozione di successivi atti attuativi di natura normativa.

8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche, con correlata indicazione nella relazione tecnica della sostenibilità dei relativi costi.

      Per la predisposizione dell'intervento normativo sono stati utilizzati, nei diversi settori d'intervento, dati e riferimenti statistici già disponibili presso amministrazioni ed enti pubblici.

 

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DISEGNO DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI, DELLE PERSONE E DEI SERVIZI

Art. 1.
(Disposizioni in materia di avvocati stabiliti. Completo adeguamento alla direttiva 98/5/CE).

      1. Il comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, è sostituito dal seguente:

          «2. L'iscrizione nella sezione speciale dell'albo indicato al comma 1 può essere richiesta al Consiglio nazionale forense dall'avvocato stabilito che dimostri di aver esercitato la professione di avvocato per almeno otto anni in uno o più degli Stati membri, tenuto conto anche dell'attività professionale eventualmente svolta in Italia, e che successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal Consiglio nazionale forense, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 247».

      2. Coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge sono iscritti nella sezione speciale dell'albo di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96, conservano l'iscrizione. Possono altresì chiedere di essere iscritti nella stessa sezione speciale coloro che alla data di entrata in vigore della presente legge abbiano maturato i requisiti per l'iscrizione secondo la normativa vigente prima della medesima data.

 

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Art. 2.
(Disposizioni in materia di tracciabilità dei medicinali veterinari per il conseguimento degli obiettivi della direttiva 2001/82/CE).

      1. Al decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 193, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 89, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

          «2-bis. I produttori, i depositari, i grossisti, le farmacie, i titolari delle autorizzazioni alla vendita diretta e al dettaglio di medicinali veterinari nonché i medici veterinari attraverso la prescrizione del medicinale veterinario inseriscono nella banca dati centrale finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo, istituita con decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2005, le seguenti informazioni, secondo le modalità definite con decreto del Ministro della salute:

          a) l'inizio dell'attività di vendita, ogni sua variazione intervenuta successivamente e la sua cessazione;

          b) i dati concernenti la produzione e la commercializzazione dei medicinali veterinari.

          2-ter. L'attività di tenuta e di aggiornamento della banca dati di cui al comma 2-bis è svolta senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente»;

          b) all'articolo 118, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

          «1-bis. In alternativa al modello di cui al comma 1, la prescrizione dei medicinali veterinari, ove obbligatoria, può essere redatta secondo il modello di ricetta elettronica disponibile nella banca dati di cui all'articolo 89, comma 2-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2018, la prescrizione dei medicinali veterinari è redatta esclusivamente secondo il predetto modello di ricetta elettronica».

 

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Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GIUSTIZIA E SICUREZZA

Art. 3.
(Disposizioni per la completa attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale – Caso EU-Pilot 8184/15/JUST).

      1. Al comma 3-bis dell'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, dopo le parole: «si fondano in tutto o in parte sulla negazione» sono inserite le seguenti: «, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia».
      2. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo l'articolo 25-duodecies è inserito il seguente:

          «Art. 25-terdecies. – (Razzismo e xenofobia). – 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui all'articolo 3, comma 3-bis, della legge 13 ottobre 1975, n. 654, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote.

          2. Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno.

          3. Se l'ente o una sua unità organizzativa è stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati nel comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3».

Art. 4.
(Disciplina transitoria dell'accesso alle prestazioni del Fondo per l'indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti. Procedura di infrazione n. 2011/4147).

      1. L'indennizzo previsto dal capo III, sezione II, della legge 7 luglio 2016, n. 122, spetta anche a chi è vittima di un reato intenzionale violento commesso successivamente

 

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al 30 giugno 2005 e prima della data di entrata in vigore della medesima legge.
      2. La domanda di concessione dell'indennizzo ai sensi del comma 1 del presente articolo è presentata, a pena di decadenza, entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle condizioni e secondo le modalità di accesso all'indennizzo previste dagli articoli 11, 12, 13, comma 1, e 14, della legge 7 luglio 2016, n. 122.
      3. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, valutati in 26 milioni di euro per l'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
      4. Per il monitoraggio degli oneri valutati di cui al comma 3 del presente articolo si applica l'articolo 17, commi da 12 a 12-quater, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
      5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA
DI FISCALITÀ

Art. 5.
(Disposizioni in materia di rimborsi dell'imposta sul valore aggiunto. Procedura di infrazione n. 2013/4080).

      1. Ai soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) di cui all'articolo 38-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che richiedono un rimborso dell'IVA prestando la garanzia richiesta dallo stesso comma, è riconosciuta, a titolo di ristoro forfetario dei costi sostenuti per il rilascio della garanzia stessa, una somma pari allo 0,15 per cento dell'importo garantito per ogni anno di durata della garanzia. La somma è versata alla scadenza del termine per l'emissione dell'avviso di rettifica o di

 

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accertamento ovvero, in caso di emissione di tale avviso, quando sia stato definitivamente accertato che al contribuente spettava il rimborso dell'imposta.
      2. Le disposizioni del comma 1 si applicano a decorrere dalle richieste di rimborso fatte con la dichiarazione annuale dell'IVA relativa all'anno 2017 e dalle istanze di rimborso infrannuale relative al primo trimestre dell'anno 2018.
      3. Agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 7,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.
(Modifiche al regime di non imponibilità ai fini dell'IVA delle cessioni all'esportazione, in attuazione dell'articolo 146, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112/CE).

      1. All'articolo 8, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo la lettera b) è inserita la seguente:

          «b-bis) le cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio dell'Unione europea entro centottanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario o per suo conto, effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125, in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo. La prova dell'avvenuta esportazione dei beni è data dalla documentazione doganale».

      2. All'articolo 7, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre

 

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1997, n. 471, le parole: «lettera b)» sono sostituite dalle seguenti: «lettere b) e b-bis)».
      3. Il comma 5 dell'articolo 26 della legge 11 agosto 2014, n. 125, è abrogato.

Art. 7.
(Agevolazioni fiscali per le navi iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. Caso EU-Pilot 7060/14/TAXU).

      1. Dal periodo d'imposta a decorrere dal quale entra in vigore il decreto di cui al comma 3 del presente articolo, le disposizioni dell'articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, dell'articolo 12, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e dell'articolo 155, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano anche ai soggetti residenti e ai soggetti non residenti aventi stabile organizzazione nel territorio dello Stato che utilizzano navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali iscritte nei registri degli Stati dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo.
      2. Le disposizioni del comma 1 del presente articolo si applicano a condizione che sia rispettato quanto previsto dagli articoli 1, comma 5, e 3, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, dall'articolo 317 del codice della navigazione e dall'articolo 426 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione (navigazione marittima), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328.
      3. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 2.
      4. Agli oneri derivanti dal comma 1, valutati in 20 milioni di euro per l'anno

 

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2018 e in 11 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI LAVORO

Art. 8.
(Disposizioni relative agli ex lettori di lingua straniera. Caso EU-Pilot 2079/11/EMPL).

      1. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università è incrementato di euro 8.705.000 a decorrere dall'anno 2017, finalizzati, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2004, n. 63, al superamento del contenzioso in atto e a prevenire l'instaurazione di nuovo contenzioso nei confronti delle università statali italiane da parte degli ex lettori di lingua straniera, già destinatari di contratti stipulati ai sensi dell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
      2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è predisposto uno schema tipo per la definizione di contratti integrativi di sede, a livello di singolo ateneo. Con il medesimo decreto sono altresì stabiliti i criteri di ripartizione dell'importo di cui al comma 1 a titolo di cofinanziamento, a copertura dei relativi oneri, esclusivamente tra le università che entro il 31 dicembre 2017 perfezionano i relativi contratti integrativi.
      3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a euro 8.705.000 annui a decorrere dall'anno 2017, si provvede, quanto

 

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a euro 8.705.000 per l'anno 2017, a euro 5.135.000 per l'anno 2018 e a euro 8.705.000 a decorrere dall'anno 2019, mediante corrispondente riduzione del fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, e, quanto a euro 3.570.000 per l'anno 2018, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per il medesimo anno, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Capo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SALUTE

Art. 9.
(Disposizioni di attuazione della direttiva (UE) 2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio. Procedura di infrazione n. 2017/0129).

      1. Il presente articolo disciplina la produzione e la commercializzazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana e delle loro miscele.
      2. Ai fini del presente articolo si intende per:

          a) «caseina acida alimentare»: il prodotto del latte ottenuto mediante separazione, lavaggio ed essiccatura del coagulo acido precipitato del latte scremato o di altri prodotti ottenuti dal latte, di cui all'allegato I, sezione I, della direttiva (UE)

 

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2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015;

          b) «caseina presamica alimentare»: il prodotto del latte ottenuto mediante separazione, lavaggio ed essiccatura del coagulo del latte scremato o di altri prodotti ottenuti dal latte; il coagulo è ottenuto dalla reazione del presame o di altri enzimi coagulanti, di cui all'allegato I, sezione II, della direttiva (UE) 2015/2203;

          c) «caseinati alimentari»: i prodotti del latte ottenuti dall'azione della caseina alimentare o dal coagulo della cagliata della caseina alimentare con agenti neutralizzanti, seguita da essiccatura, di cui all'allegato II della direttiva (UE) 2015/2203.

      3. I prodotti disciplinati dal presente articolo, fermo restando quanto stabilito dal regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, devono riportare sugli imballaggi, sui recipienti o sulle etichette le seguenti indicazioni in caratteri ben visibili, chiaramente leggibili e indelebili:

          a) la denominazione stabilita per i prodotti lattiero-caseari ai sensi del comma 2, lettere a), b) e c), del presente articolo, seguita, per i caseinati alimentari, dall'indicazione del catione o dei cationi elencati all'allegato II, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2203;

          b) per i prodotti commercializzati in miscele:

              1) la dicitura «miscela di», seguita dall'indicazione dei vari prodotti di cui la miscela è composta, in ordine ponderale decrescente;

              2) per i caseinati alimentari, un'indicazione del catione o dei cationi elencati all'allegato II, lettera d), della direttiva (UE) 2015/2203;

              3) il tenore di proteine per le miscele contenenti caseinati alimentari;

          c) la quantità netta dei prodotti espressa in chilogrammi o in grammi;

 

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          d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del settore alimentare con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore del settore alimentare non è stabilito nell'Unione europea, dell'importatore nel mercato dell'Unione;

          e) per i prodotti importati da Stati terzi, l'indicazione dello Stato d'origine;

          f) l'identificazione della partita dei prodotti o la data di produzione.

      4. Le diciture di cui al comma 3, lettere a), b), e) e f), devono essere riportate in lingua italiana; le stesse indicazioni possono essere altresì riportate anche in altra lingua.
      5. Possono essere riportate soltanto sui documenti di accompagnamento le indicazioni di cui al comma 3, lettere b), numero 3), c), d) ed e).
      6. Quando risulta superato il tenore minimo di proteine del latte stabilito nell'allegato I, sezione I, lettera a), punto 2, nell'allegato I, sezione II, lettera a), punto 2, e nell'allegato II, lettera a), punto 2, della direttiva (UE) 2015/2203, è consentito indicarlo in modo adeguato sugli imballaggi, sui recipienti o sulle etichette dei prodotti.
      7. I lotti di prodotti fabbricati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e le etichette non conformi a quanto stabilito dal presente articolo possono essere commercializzati fino alla data del 31 dicembre 2018 purché siano conformi alla normativa previgente.
      8. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque utilizza per la preparazione di alimenti le caseine e i caseinati che non soddisfano le norme stabilite nell'allegato I, sezione I, lettere b) e c), nell'allegato I, sezione II, lettere b) e c), o nell'allegato II, lettere b) e c), della direttiva (UE) 2015/2203 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 10.000.
      9. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque denomina ed etichetta le caseine e i caseinati, legalmente commercializzati per usi non alimentari, in modo da indurre l'acquirente in errore sulla loro natura o qualità o sull'uso al quale sono destinati è

 

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soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000.
      10. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in commercio, con le denominazioni indicate al comma 2 ovvero con altre denominazioni similari che possono indurre in errore l'acquirente, prodotti non rispondenti ai requisiti stabiliti dal presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000.
      11. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in commercio i prodotti di cui al comma 2 con una denominazione comunque diversa da quelle prescritte dal presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 2.500.
      12. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di violazione delle disposizioni stabilite dal comma 3, relative alle indicazioni obbligatorie che devono essere apposte su imballaggi, recipienti, etichette o documenti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000.
      13. Il Ministero della salute, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le aziende sanitarie locali, nell'ambito della propria organizzazione, provvedono, nelle materie di rispettiva competenza, all'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni di cui al presente articolo.
      14. Per l'accertamento delle violazioni e l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie da parte delle autorità competenti ai sensi del comma 13 si applicano, in quanto compatibili con il presente articolo, le disposizioni contenute nella sezione II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689.
      15. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      16. Il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 180, è abrogato.
 

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Capo VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI TUTELA DELL'AMBIENTE

Art. 10.
(Disposizioni in materia di tutela delle acque. Monitoraggio delle sostanze chimiche. Caso EU-Pilot 7304/15/ENVI).

      1. All'articolo 78-sexies, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Le autorità di bacino distrettuali promuovono intese con le regioni e con le province autonome ricadenti nel distretto idrografico di competenza, al fine di garantire l'intercomparabilità, a livello di distretto idrografico, dei dati del monitoraggio delle sostanze prioritarie di cui alle tabelle 1/A e 2/A e delle sostanze non appartenenti alla lista di priorità di cui alla tabella 1/B dell'allegato 1. A tale fine, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'ISPRA rende disponibile mediante pubblicazione nel proprio sito internet istituzionale l'elenco dei laboratori del sistema delle agenzie dotati delle metodiche di analisi disponibili a costi sostenibili, conformi ai requisiti di cui al paragrafo A.2.8-bis dell'allegato 1».

Art. 11.
(Corretta attuazione della direttiva 91/271/CEE in materia di acque reflue urbane, con riferimento all'applicazione dei limiti di emissione degli scarichi idrici).

      1. Nella tabella 2 dell'allegato 5 alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili», le parole: «Potenzialità impianto in A.E.» sono sostituite dalle seguenti: «Carico generato dall'agglomerato in A.E.».
      2. Le eventuali ulteriori attività derivanti da quanto previsto dalla disposizione di cui al comma 1 sono svolte con le risorse disponibili a legislazione vigente, nei limiti delle disponibilità di bilancio degli organi

 

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di controllo e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Capo VII
ALTRE DISPOSIZIONI

Art. 12.
(Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 234).

      1. Alla legge 24 dicembre 2012, n. 234, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 29, comma 7, dopo la lettera e) è inserita la seguente:

          «e-bis) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea che delegano alla Commissione europea il potere di adottare gli atti di cui all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea»;

          b) all'articolo 31, comma 6, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Resta ferma la disciplina di cui all'articolo 36 per il recepimento degli atti delegati dell'Unione europea che recano meri adeguamenti tecnici».

Art. 13.
(Trattamento economico del personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna).

      1. L'indennità di missione corrisposta dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al personale estraneo alla pubblica amministrazione selezionato per partecipare a iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna è calcolata ai sensi dell'articolo 5, commi 2, 3, 4 e 6, della legge 21 luglio 2016, n. 145.
      2. La corresponsione del trattamento di missione previsto dal comma 1 è subordinata all'effettiva autorizzazione della partecipazione alle iniziative e missioni del Servizio europeo di azione esterna dell'Unione europea con le procedure previste

 

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dagli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145.

Art. 14.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, ad esclusione degli articoli 4, 5, 7 e 8, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dalla medesima legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.