XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 184



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PISICCHIO

Modifiche all'articolo 64 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incompatibilità tra le cariche di consigliere comunale e provinciale e di assessore nella rispettiva giunta

Presentata il 15 marzo 2013


      Onorevoli Colleghi! La riforma dell'ordinamento degli enti locali – avviata con gli interventi legislativi dei primi anni novanta e portata a compimento solo nel 2000 con l'adozione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 – ha configurato un assetto degli equilibri istituzionali certamente compatibile con le moderne esigenze di governabilità degli enti stessi.
      L'esperienza degli anni successivi alla riforma, infatti, ci ha confermato nel giudizio positivo sui meccanismi volti a garantire la stabilità dei governi locali offerti dalla nuova legislazione. È stato l'impianto di questa riforma, oltretutto, a ispirare interventi legislativi intervenuti successivamente per ammodernare altri importanti livelli istituzionali, come quello regionale, facendo registrare nel mondo politico e nella dottrina giudizi positivi sull'efficienza del nuovo sistema.
      Nel catalogo delle innovazioni introdotte dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 esistono, tuttavia, accanto alle indubbie positività, anche alcuni aspetti di criticità che andrebbero opportunamente corretti. Ci si riferisce, in particolare, alla carenza di rappresentatività politica dei membri dell'esecutivo municipale e provinciale, nei confronti dei quali, com’è noto, è stabilita una ragione di incompatibilità assoluta con il mandato elettivo nei consigli comunale e provinciale.

 

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      Con la riforma, infatti, si è inteso separare rigorosamente il momento dell'esercizio del governo, devoluto alla giunta comunale e provinciale, dal momento dell'esercizio dell'indirizzo politico generale, devoluto al consiglio. In via di principio, le ragioni di tale separazione tra le due funzioni sono comprensibili, anche se non necessariamente condivisibili: si è inteso, così, evitare la commistione dei ruoli, peraltro pienamente operante ad altri livelli istituzionali, come ad esempio la regione e lo stesso governo centrale.
      Ciò che la nuova regola sembra avere preterintenzionalmente prodotto, tuttavia, sovrasta, in termini di negatività e di sottrazione di ambiti di rappresentanza, di gran lunga ciò che in termini di apporto positivo è stata in grado di provocare. Divaricando, infatti, la rappresentanza dalla gestione del governo cittadino e provinciale ha «illanguidito» la funzione degli assessori, riducendola a quella di meri esecutori di tecniche e rafforzando, oltre ogni ragionevole misura, la responsabilità politica del sindaco e del presidente della provincia, centri di imputazione esclusivi dell'attività di governo oltre che detentori del destino di ogni singolo assessore, chiamato per ciò stesso a esercitare un ruolo acriticamente subalterno, pena l'esclusione dalla giunta.
      L'incompatibilità tra mandato consiliare e mandato di giunta ha prodotto il paradosso delle dimissioni di non pochi consiglieri eletti, costretti a rinunciare alla propria rappresentatività politica suffragata dal voto popolare, per assumere la dimensione tecnica di esecutori della volontà del sindaco o del presidente della provincia: laddove viene a riverberarsi massimamente il bisogno di corrispondere, con l'esercizio di un ruolo di governo consapevole e forte della propria rappresentanza, all'esigenza del consenso popolare, ecco che viene chiesto al consenso di restare fuori dall'aula della giunta, attribuendo esclusivamente al sindaco e al presidente della provincia la somma della rappresentanza. Più che a sindaci e a presidenti, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a podestà!
      Con la presente proposta di legge, pertanto, si intendono correggere gli errori di una riforma, per altri aspetti eccellente, offrendo anche ai consiglieri comunali e provinciali, ai destinatari, cioè, di un suffragio personale verificato con il voto di preferenza, la possibilità di esercitare il ruolo di governo con l’animus di chi è titolare di un consenso popolare e non mero esecutore tecnico di scelte compiute dal capo dell'esecutivo. Ciò non significa che è preclusa la possibilità di fruire dei talenti e delle professionalità di persone, non elette in consiglio comunale o in consiglio provinciale, in grado di offrire il proprio contributo tecnico al migliore governo: la proposta di legge non esclude la possibilità di «assessori tecnici» ma, semplicemente, non vuole inibire l'accesso al governo ai legittimi rappresentanti del popolo, oggi esclusi.
      La proposta di legge consta di un solo articolo, che abroga i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 64 del citato testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 64 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) i commi 1, 2 e 3 sono abrogati;

          b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Divieti di nomina nella giunta comunale e provinciale».