CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3765-A-bis |
Onorevoli Colleghi! L'Accordo bilaterale italo-giordano sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto un anno e mezzo fa a Roma, mira a sostituire, adeguandone le previsioni ai mutati scenari, una preesistente intesa risalente al 2002 e scaduta nell'estate del 2014.
Le modalità di manifestazione della collaborazione sono peraltro quelle usuali in questa tipologia di intese, comprendendo lo scambio di esperienze, le visite di delegazioni ufficiali, la promozione di esercitazioni congiunte e l'apertura dei siti di alta formazione militare agli ufficiali della controparte, con l'obiettivo finale di accrescere le capacità difensive delle due Parti e la comprensione dei rispettivi punti di vista in materia di sicurezza.
Nel primo decennio di questo millennio, il Regno hashemita di Giordania, che dal 1994 è uno dei due soli Stati arabi ad essere anche formalmente in pace con Israele, ha dovuto fronteggiare la sfida jihadista di al Qaeda, subendo anche gravi attentati sul proprio territorio. Proveniva tra l'altro proprio da un oscuro villaggio giordano il famigerato Abu Musab al Zarqawi, il sanguinario terrorista che, prima di essere ucciso, tanto filo da torcere diede agli americani in Iraq dopo la caduta del regime di Saddam Hussein.
In tempi più recenti, la Giordania è stata invece impegnata soprattutto nel contenimento del sedicente Stato Islamico sorto a cavallo tra Siria e Iraq nel 2014. A questo proposito è utile ricordare come fosse proprio un ufficiale dell'aeronautica militare hashemita il pilota catturato dai seguaci del Califfo e barbaramente arso vivo in una gabbia. Proprio quel brutale assassinio fu alla base di una massiccia campagna aerea di rappresaglia nei confronti del Daesh, che ebbe straordinaria intensità e riuscì a stabilire un'efficace dissuasione nei confronti di esso. Pare quindi opportuno che il nostro Paese sfrutti quanto i giordani hanno appreso finora nella lotta al terrorismo, utilizzando al massimo gli strumenti offerti da questo Accordo bilaterale all'esame del Parlamento per coinvolgere più generosamente nelle iniziative che si conta di mettere in campo, almeno per quanto concerne la parte italiana, i settori e le individualità, presenti nel nostro sistema militare, che sono stati maggiormente coinvolti nella lotta al jihadismo.
Gli oneri connessi alla gestione di questa nuova intesa sono in effetti troppo modesti, specialmente in rapporto a quanto si potrebbe trarre in informazioni e valutazioni da una collaborazione con Amman che fosse più approfondita.
Da queste considerazioni consegue l'invito, che si rivolge all'Assemblea, a ponderare l'opportunità di prevedere lo stanziamento di risorse aggiuntive rispetto a quelle attualmente previste, anche allo scopo di permettere ad un più ampio novero di persone di beneficiare dell'Accordo: 2.178 euro annui, per giunta ad anni alterni, sembrano infatti davvero pochi per una cooperazione che potrebbe rivelarsi molto proficua in tempi anche brevissimi.
Per questo motivo, mentre si raccomanda la sollecita approvazione del presente disegno di legge, si formula l'auspicio che il provvedimento possa essere opportunamente corretto e migliorato, in modo da rendere coerenti aspirazioni enunciate e fondi effettivamente messi a disposizione per soddisfarle.
Gianluca PINI,
Relatore di minoranza