XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3951



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

D'OTTAVIO, ERMINI, AMATO, ARLOTTI, BASSO, BERGONZI, BOCCUZZI, BORGHI, BRAGA, PAOLA BRAGANTINI, BRANDOLIN, CAPONE, CARRA, CARRESCIA, COVELLO, CULOTTA, DE MENECH, D'INCECCO, FABBRI, FERRARI, FIORIO, GARAVINI, GASPARINI, GRASSI, LA MARCA, MALPEZZI, MARANTELLI, MARCHI, MARIANI, MASSA, MONGIELLO, NARDUOLO, PATRIARCA, PICCIONE, PORTA, PREZIOSI, ROMANINI, ANDREA ROMANO, PAOLO ROSSI, TENTORI, TULLO, VENTRICELLI

Riconoscimento dell'inno di Mameli «Fratelli d'Italia» quale inno ufficiale della Repubblica

Presentata il 29 giugno 2016


      Onorevoli Colleghi! — Potrà la legislatura in corso, la XVII, essere quella che vedrà l'inno di Mameli perdere la sua condizione di non ufficialità e di provvisorietà? L'inno di Mameli fu adottato come semplice inno militare in sostituzione della Marcia reale sabauda, il 12 ottobre 1946 (quattro mesi dopo la partenza del re Umberto II per l'esilio), da un provvedimento d'urgenza del Governo di Alcide De Gasperi, e da allora l'inno è senza una definizione istituzionale precisa. Ci sono stati tentativi che non hanno concluso l’iter parlamentare sotto la spinta dell'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che molto si impegnò nel rivalutare il Risorgimento e i simboli dell'Unità nazionale e dello Stato. In seguito si è arrivati all'esame presso la Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica del disegno di legge in materia e la discussione comparve nell'ordine del giorno dello stesso Senato, per un'approvazione che poteva essere definitiva, alla

 

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vigilia dello scioglimento delle Camere. Ma altri provvedimenti erano ritenuti più urgenti e quello sull'inno di Mameli non fu concluso. Il «Canto degli italiani», questo il titolo all'origine, comincia a circolare nel dicembre 1847, stampato in fogli volanti, e qualche mese più tardi risuona sulle barricate durante le Cinque giornate di Milano. La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli. Siamo a Torino: «Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari – Del nuovo anno già l'alba primiera – al recentissimo del piemontese Bertoldi – Coll'azzurra coccarda sul petto – musicata dal Rossi. In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: – To’ gli disse; te lo manda Goffredo. – Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. – Una cosa stupenda! – esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. – Io sentii – mi diceva il Maestro nell'aprile del ’75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli – io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po’ in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia». Tutte le altre nazioni repubblicane hanno riconosciuto un posto speciale ai propri inni. Anche un'istituzione sovranazionale come l'Unione europea ha sentito la necessità di un simbolo musicale scegliendo formalmente come suo inno la musica della «Ode an die Freude» (Inno alla gioia) tratta dalla Neunten Symphonie di Ludwig van Beethoven, nell'adattamento del maestro Herbert von Karajan.
      L'Italia è rimasta indietro ed è doveroso per noi colmare questo vuoto giuridico, doveroso nei confronti del nostro passato e del nostro presente.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La Repubblica riconosce l'inno di Mameli, «Fratelli d'Italia», quale inno ufficiale della Repubblica.
      2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera ii), della legge 12 gennaio 1991, n. 13, sono riconosciuti il testo integrale e lo spartito musicale originale dell'inno della Repubblica italiana «Fratelli d'Italia» e i relativi adattamenti musicali e sono stabilite le modalità di esecuzione dell'inno nelle cerimonie ufficiali.