XVII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3660
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato PISICCHIO
Introduzione dell'articolo 52-bis del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di disciplina del referendum per la revoca del mandato del sindaco
Presentata il 7 marzo 2016
Onorevoli Colleghi! Il deficit fiduciario che colpisce i governanti nelle democrazie contemporanee trova un molcimento negli strumenti di controllo e di partecipazione democratica disponibili negli ordinamenti orientati, secondo l'efficace lettura di Bernard Manin, a definire le linee portanti della «democrazia del pubblico». Tra questi strumenti inclusivi della partecipazione popolare, atti a consentire forme di democrazia diretta, trovano spazio certamente le procedure intrapartitiche delle elezioni primarie, chiamate a designare le candidature in occasione di elezioni, le petizioni, le proposte di legge di iniziativa popolare e i referendum, istituti presenti in molti ordinamenti democratici contemporanei, europei e no. Noto, invece, soprattutto alla cultura giuridica nordamericana, ma diffuso anche fuori dall'area, è l'istituto del «recall», la procedura con cui si rende possibile la revoca del mandato di rappresentanza da parte dei cittadini elettori. Il recall è una forma di «democrazia continua», poiché, pur inerendo alle forme della delega insite nella rappresentanza, tuttavia non considera esaustivo l'atto del rinnovo delle assemblee elettive dal punto di vista del controllo del corpo elettorale, ma prevede una procedura che può svolgersi in un momento qualsiasi dell'intervallo tra un'elezione e l'altra, causando la revoca del mandato per il venire meno del rapporto fiduciario. Con la possibilità dell'esercizio del recall, dunque, si intende declinare un'efficace dimensione della partecipazione democratica, che non si
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esaurisce nel momento elettorale, ma stimola una cittadinanza attiva esercitata con il controllo dell'attività degli eletti, esigendo da loro una più alta attenzione ai doveri di rappresentanza. L'origine di questo istituto, che la dottrina prevalente colloca nella sua fase prodromica addirittura nel XVII secolo a opera dei Pilgrim fathers, gli emigranti puritani inglesi sbarcati nel nuovo mondo, fece il suo ingresso nell'ordinamento locale statunitense nel comune di Los Angeles nel 1903. In realtà esistono importanti precedenti che appartengono all'esperienza giuridica europea e che hanno generato effetti significativi sul piano degli ordinamenti dei Paesi del vecchio continente. La prima procedura di recall nel vecchio continente, infatti, va ricercata nell'esperienza della Comune di Parigi del 1871, in un contesto di rappresentanza che consegnava ai cittadini il potere di revoca dei pubblici ufficiali. Precedente di grande interesse perché, proprio facendo riferimento all'esperienza comunarda, Karl Marx e dopo di lui anche Lenin argomentarono per affermare, in contrasto con le teorie del libero mandato parlamentare accolte dalla dottrina liberale dell'epoca, la necessità del mandato imperativo, che trovò accesso nelle Costituzioni della Repubblica socialista sovietica a partire dal 1918 fino al 1977. Nell'esperienza del regime comunista sovietico, dunque, l'istituto del recall trovò accoglimento in un contesto rovesciato rispetto a quello che ne aveva stimolato la nascita in Europa e in America: una sorta di eterogenesi dei fini, infatti, consegnò lo strumento nelle mani del partito unico sottraendolo a quelle dei cittadini elettori, trasmutandone la vocazione di controllo democratico dal basso in controllo autoritario dall'alto. Ampia è la diffusione oggi nel mondo di questo istituto di democrazia diretta, che si scosta dalle procedure di impeachment e da altre forme di sanzioni amministrative e penali previste dagli ordinamenti, in quanto si caratterizza come esercizio della funzione di controllo politico da parte del corpo elettorale nei confronti dell'eletto, che può portare alla revoca del mandato elettivo a causa della disapprovazione delle condotte da quest'ultimo perseguite nel corso del sua esperienza di rappresentante, in ragione della rottura del vincolo fiduciario che lega l'eletto all'elettore. Forme applicative di recall sono previste, pertanto, negli ordinamenti di alcuni Paesi dell'America latina, come il Venezuela e la Bolivia, in Canada, in Svizzera, in Polonia, in Cina, nei länder tedeschi, e di 36 Stati dell'America del nord. La diffusione del recall negli ordinamenti di common law – ma non in Gran Bretagna, dove però un iter legis volto alla sua introduzione ha iniziato il suo percorso nel 2011 – e in quelli, come il sud America, caratterizzati da princìpi di democrazia diretta, è dovuta all'assenza un esplicito divieto di mandato imperativo, presente invece nella maggioranza delle Costituzioni europee.
Tuttavia, se l'istituto della revoca popolare del mandato elettivo appare di difficile compatibilità con le Costituzioni europee di civil law con riferimento alla rappresentanza parlamentare, lo stesso istituto non sembra avere ragioni di contrasto con i mandati locali, nei quali si verifica non così raramente che il rapporto di fiducia tra capo dell'amministrazione locale, investito nel ruolo monocratico dal voto popolare, e corpo elettorale non sia più sintonico. In molti casi, peraltro, accade che lo spezzarsi del rapporto fiduciario con il popolo non riesca a risolversi con il naturale ricorso anticipato alle urne a causa della resistenza da parte delle assemblee che finiscono, in una logica di autoconservazione, per creare condizioni paradossali di tutela al sindaco. E quanto diffusa sia questa situazione, che concorre a dipingere con tinte fosche la classe politica italiana, lo si attinge dalla cronaca anche recentissima, da quella delle grandi città come Roma, a quella delle città medie come Quarto.
La presente proposta di legge, pertanto, tende a colmare una lacuna nel rapporto tra popolo sovrano e rappresentanza destinataria di un'investitura popolare diretta, come nel caso del sindaco, recuperando, attraverso l'istituto del referendum per la revoca del mandato,
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un sano principio di democrazia diretta: diretta è l'investitura, diretta potrà essere la revoca.
Naturalmente la proposta di legge si fa carico di evitare la strumentalità di petizioni di revoca, che non possono essere considerate la partita di recupero per le liste e per i partiti politici sconfitti alle elezioni: per questo stabilisce che decorra un tempo adeguato, valutato in diciotto mesi, dalle elezioni alla proponibilità della petizione. Stabilisce, inoltre, che sia almeno il 15 per cento degli elettori nell'ultima tornata elettorale a sottoscrivere la petizione per la presentazione del referendum, collocando la giornata per lo svolgimento del referendum, dopo otto settimane, al fine di garantire un periodo adeguato per la presentazione delle ragioni pro e contro. Un'attenzione particolare è riservata alla chiarezza del quesito e, in caso di un mancato raggiungimento del quorum di validazione, si prevede l'attivazione da parte del Ministro dell'interno delle procedure per le nuove elezioni entro i tre mesi successivi. Gli oneri per il referendum sono posti a carico del governo locale.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Dopo l'articolo 52 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è inserito il seguente:
«Art. 52-bis. – (Referendum per la revoca del mandato del sindaco). – 1. È ammesso un referendum popolare per la revoca del mandato del sindaco del comune.
2. Il referendum di cui al comma 1 può essere proposto, attraverso una petizione popolare, non prima che siano decorsi diciotto mesi dallo svolgimento delle elezioni, da un numero di sottoscrittori pari ad almeno il 15 per cento dei votanti nell'ultima tornata elettorale. Il referendum può essere svolto non prima di otto settimane dalla presentazione della petizione.
3. Il referendum reca il seguente quesito: «Vuole revocare (nome) dalla carica di sindaco?» e lo spazio relativo all'opzione «si» o «no».
4. Non è stabilito un quorum di partecipazione per la validazione del referendum.
5. Nel caso di prevalenza di voti favorevoli alla richiesta contenuta nel referendum, il sindaco è revocato.
6. Nel caso di cui al comma 5, il Ministro dell'interno indice nuove elezioni entro i tre mesi successivi. Le attività relative all'ordinaria amministrazione nel periodo di vacatio sono esercitate secondo le modalità previste dalla legge.
7. Gli oneri relativi allo svolgimento del referendum e delle nuove elezioni conseguenti alla revoca del mandato del sindaco sono posti a carico del governo locale.
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8. La competenza relativa alla verifica delle firme e alle procedure relative al referendum è attribuita alla corte d'appello del capoluogo della provincia in cui è situato il comune il cui sindaco è oggetto del referendum».