XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3671



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro della giustizia
(ORLANDO)

di concerto con il ministro dello sviluppo economico
(GUIDI)

Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza

Presentato l'11 marzo 2016


      Onorevoli Deputati! Il presente disegno di legge prevede il conferimento della delega legislativa al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.

1. Premessa generale.
      Il disegno di legge di delega muove dalla considerazione che è divenuta ormai indifferibile una riforma organica dell'intera materia dell'insolvenza e delle procedure concorsuali ad essa relative. Anche solo dal punto di vista dell'immagine, appare assai singolare che la normativa di base sia ancora costituita dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (cosiddetta legge fallimentare), quando quasi tutti gli altri Stati dell'Unione europea si sono dotati di normative più recenti. È ben vero che la legge fallimentare italiana è stata ripetutamente modificata e che talvolta – soprattutto per effetto degli interventi normativi attuati con il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 – si è trattato di modifiche di ampio respiro che hanno interessato intere parti della legge, ma per certi versi ciò ha persino accentuato lo scarto tra le disposizioni riformate e quelle rimaste invariate, che ancora risentono di un'impostazione nata in un contesto temporale e politico ben lontano dall'attuale.
      D'altro canto, la frequenza degli interventi normativi che si sono succeduti negli ultimi tempi, interessando sovente disposizioni della legge fallimentare modificate appena qualche anno prima, ha generato rilevanti difficoltà applicative non solo per un certo grado di approssimazione nella formulazione tecnica delle norme, inevitabile quando si legifera sotto la spinta dell'urgenza,

 

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ma anche – e forse soprattutto – perché il continuo mutamento del dato normativo rende problematico il formarsi di indirizzi giurisprudenziali consolidati e stabili, accentuando l'incertezza del diritto, favorendo il moltiplicarsi delle controversie e, in definitiva, rallentando il corso delle procedure concorsuali. Da ciò l'esigenza, largamente avvertita da tutti gli studiosi e dagli operatori del settore, di un approccio di riforma non più episodico ed emergenziale, bensì sistematico e organico, in modo da ricondurre a linearità un sistema divenuto nel tempo troppo farraginoso.
      D'altronde non può certo ignorarsi che l'esigenza di una risistemazione complessiva della materia concorsuale è oggi resa ancora più impellente dalle sollecitazioni provenienti dall'Unione europea e in particolare dalla raccomandazione n. 2014/135/UE della Commissione, del 12 marzo 2014, oltre che dalla recente rifusione delle pertinenti disposizioni nel regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativo alle procedure di insolvenza. Né vanno trascurati i princìpi della model law, elaborati in tema di insolvenza dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL), cui hanno aderito molti Paesi anche in ambito extraeuropeo (tra cui gli Stati Uniti d'America), il cui recepimento, in regime di reciprocità, consente il riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali emessi nei rispettivi Paesi, con evidente vantaggio anche per gli imprenditori italiani operanti all'estero.
      Discende da ciò una prima fondamentale scelta: quella di disegnare un quadro normativo nel quale siano ben delineati i princìpi giuridici comuni al fenomeno dell'insolvenza, come tali idonei a fungere da chiari punti di riferimento per l'intera gamma delle procedure di cui si discute, sia pure con le differenziazioni di disciplina di volta in volta rese necessarie dalla specificità delle diverse situazioni in cui l'insolvenza può manifestarsi. L'imperativo della semplificazione e dell'armonizzazione delle procedure non deve infatti travolgere le esistenti peculiarità oggettive, da salvaguardare all'interno di percorsi secondari, ad esse appositamente dedicati.
      In quest'ottica è necessario definire in modo non equivoco alcune nozioni fondamentali nella materia in esame, a cominciare da quelle di «crisi» (che non equivale all'insolvenza in atto, ma implica un pericolo di futura insolvenza) e di «insolvenza» (che è peraltro una nozione già sufficientemente collaudata da molti decenni di esperienza giurisdizionale e quindi non sembra necessario modificarla rispetto all'attuale formulazione normativa).
      La profonda e generalizzata crisi economica degli ultimi tempi giustifica il ricorso a una nozione onnicomprensiva di insolvenza, come evento che può presentarsi a ogni livello di svolgimento dell'attività economica, sia essa in forma organizzata, professionale o personale: cambiano infatti le dimensioni del fenomeno e la natura degli strumenti per affrontarlo, ma l'essenza resta la stessa in ogni sua manifestazione.
      Sempre sul piano definitorio, si propone di abbandonare la pur tradizionale espressione di «fallimento» (e quelle da essa derivate), in conformità a una tendenza già manifestatasi nei principali ordinamenti europei di civil law (tra cui quelli di Francia, Germania e Spagna), volta a evitare l'aura di negatività e di discredito, anche personale, che storicamente a quella parola si accompagna; negatività e discredito non necessariamente giustificati dal mero fatto che un'attività d'impresa, cui sempre inerisce un corrispondente rischio, abbia avuto un esito sfortunato. Anche un diverso approccio lessicale può quindi meglio esprimere una nuova cultura del superamento dell'insolvenza, vista come evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un'impresa, da prevenire ed eventualmente regolare nel modo migliore, ma non da esorcizzare. Naturalmente la prospettata modifica terminologica dovrà comportare corrispondenti modifiche anche nelle varie disposizioni che oggi fanno riferimento al fallimento (o termini derivati), comprese quelle penali per assicurare la continuità della pretesa punitiva in presenza delle medesime condotte illecite.
 

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      La riconduzione della disciplina dell'insolvenza a un quadro sistematico, le cui linee generali risultino ben individuabili, non può non agevolare l'indispensabile opera di semplificazione delle regole processuali di volta in volta applicabili, riducendone le incertezze interpretative e applicative che molto nuocciono alla celerità delle procedure concorsuali. Opera di semplificazione, questa, alla quale il futuro eventuale legislatore delegato dovrebbe attendere con particolare cura, ovviamente avendo soprattutto riguardo ai nodi oggi non ancora del tutto risolti dalla giurisprudenza e utilizzando nella misura più ampia possibile le nuove opportunità offerte dalle tecniche digitali applicate al processo. Il risultato cui si mira è di dare maggior uniformità agli orientamenti giurisprudenziali: obiettivo essenziale per rispondere a imprescindibili esigenze di certezza del diritto, che postulano un sufficiente grado di prevedibilità della decisione del giudice, e per migliorare l'efficienza del sistema economico rendendolo più competitivo nel confronto internazionale.
      Occorre altresì farsi carico delle disfunzioni e dei disvalori delle procedure concorsuali, quali essi sono e vengono percepiti all'esterno, per evitare che, anche a causa di un uso non sempre controllato di istituti delicati, come quello della prededuzione, ci si trovi a dover constatare, a consuntivo, che una procedura è servita a nient'altro che ad assorbire le residue risorse disponibili dell'impresa.

2. Procedura di allerta e di composizione assistita della crisi.
      Tra i principali obiettivi della raccomandazione n. 2014/135/UE vi è quello di consentire alle imprese sane in difficoltà finanziaria di ristrutturarsi in una fase precoce, per evitare l'insolvenza e proseguire l'attività. La necessità dell'applicazione anticipata della procedura all'imprenditore in crisi è, d'altronde, un principio riconosciuto da tutti gli ordinamenti, a partire da quello statunitense, e fa parte dei princìpi elaborati dall'UNCITRAL e dalla Banca mondiale per la corretta gestione delle crisi d'impresa.
      L'importanza di questo obiettivo è quindi così evidente da non richiedere particolari sottolineature. È appena il caso di ricordare, infatti, che le possibilità di salvaguardare i valori di un'impresa in difficoltà sono direttamente proporzionali alla tempestività dell'intervento risanatore e che, viceversa, il ritardo nel percepire i prodromi di una crisi fa sì che, nella maggior parte dei casi, questa degeneri in vera e propria insolvenza sino a divenire irreversibile e a rendere perciò velleitari – e non di rado addirittura ulteriormente dannosi – i postumi tentativi di risanamento.
      L'urgenza di un intervento in questa direzione è attestata da recenti studi empirici, dai quali emerge un quadro allarmante sull'incapacità delle imprese italiane – per lo più medie o piccole imprese – di promuovere autonomamente processi di ristrutturazione precoce, per una serie di fattori che ne riducono la competitività (sottodimensionamento, capitalismo familiare, personalismo autoreferenziale dell'imprenditore, debolezza degli assetti di corporate governance, carenze nei sistemi operativi, assenza di monitoraggio e di pianificazione, anche a breve termine). Se a ciò si aggiunge che nel nostro Paese le procedure concorsuali sono ancora vissute dagli imprenditori come un male in sé, da allontanare nel tempo ad ogni costo, si comprende perché le imprese ammesse a concordato preventivo nel quadriennio 2009-2012 siano risultate per lo più in condizione di ormai irreversibile tracollo.
      È dunque impellente rispondere all'invito, rivolto dalla Commissione agli Stati membri dell'Unione europea, ad «offrire servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, consulenza per evitare i fallimenti e sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi», contenuto nel Piano d'azione imprenditorialità 2020 di cui alla comunicazione COM(2012) 795 final del 9 gennaio 2013, agendo sulle cause endemiche e culturali del ritardo con cui le imprese italiane si attivano per affrontare la crisi e fornendo loro un

 

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supporto esterno, anche in termini di consulenza. Ciò aiuterà a supplire al deficit di competenza e di organizzazione interna da cui spesso le imprese sono afflitte, consentendo una tempestiva rilevazione delle difficoltà finanziarie che preludono alla crisi e rendono probabile l'insolvenza, allo scopo di scongiurare la progressiva distruzione del valore aziendale per puntare invece a «massimizzarne il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l'economia in generale», come prevede l'obiettivo principale posto nella raccomandazione n. 2014/135/UE (1o considerando).
      A questo scopo si è proposto di introdurre una fase preventiva di «allerta», volta ad anticipare l'emersione della crisi meglio di quanto non siano riusciti a fare, sinora, gli istituti vigenti: intesa non tanto, o non solo, quale richiamo a connotazione meramente ammonitoria, quanto come strumento di sostegno, diretto in prima battuta a una rapida analisi delle cause del malessere economico e finanziario dell'impresa (intuibilmente soprattutto per le strutture imprenditoriali di minime dimensioni, meno attrezzate ad affrontare la crisi) e destinato a risolversi, all'occorrenza, in un vero e proprio servizio di composizione assistita della crisi, funzionale ai negoziati per il raggiungimento dell'accordo con i creditori o, eventualmente, anche solo con alcuni di essi (ad esempio con quelli meno conflittuali o più strategici).
      Si mira a creare un luogo d'incontro tra le contrapposte – ma non necessariamente divergenti – esigenze del debitore e dei suoi creditori, secondo una logica di mediazione e di composizione, non improvvisata e solitaria, bensì assistita da organismi professionalmente dedicati alla ricerca di una soluzione negoziata, con tutti i riflessi positivi che ne possono indirettamente derivare, anche in termini deflativi del contenzioso civile e commerciale. Il tribunale, naturalmente, resta sullo sfondo, pronto a fornire tutela giudiziale in chiave risolutiva dei possibili conflitti tra diritti e interessi, anche di terzi, siano essi potenziali o già in essere.
      La prospettiva di successo di una tale procedura dipende in gran parte dalla propensione degli imprenditori ad avvalersene tempestivamente. Perciò appare necessario configurare un sistema di incentivi per chi vi ricorra e di disincentivi per chi invece non vi ricorra pur quando sussistano le condizioni che lo consiglierebbero, fermo restando l'obbligo di segnalare i principali indizi di difficoltà finanziaria a opera dei principali creditori istituzionali (quale, ad esempio, l'Agenzia delle entrate) o a opera degli organi di controllo, se si tratta di un'impresa gestita in forma societaria.
      Anche le caratteristiche salienti delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi dovrebbero essere concepite in modo da incoraggiare l'imprenditore ad avvalersene. Perciò si è previsto che siano contrassegnate da confidenzialità e si è preferito collocarle inizialmente al di fuori del tribunale, per evitare il rischio che l'intervento del giudice possa essere percepito dal medesimo imprenditore o dai terzi quasi come l'anticamera di una successiva procedura concorsuale di insolvenza. Si è quindi scelto di affidarle a un'apposita sezione degli organismi di composizione della crisi, già oggi contemplati dalla normativa in tema di sovraindebitamento, i quali, naturalmente, dovrebbero essere adeguatamente rafforzati e resi idonei allo svolgimento di questo nuovo compito. In caso di richiesta di misure protettive, volte a impedire o a paralizzare eventuali aggressioni del patrimonio del debitore (o comunque dei beni facenti parte dell'impresa) da parte dei creditori nel periodo di tempo occorrente allo svolgimento della procedura e all'eventuale raggiungimento di accordi negoziali con i creditori medesimi, si rende necessario l'intervento del giudice anche in questa fase.
      È previsto però che nel caso in cui il debitore non partecipi, senza giustificato motivo, alla procedura ovvero non ponga in essere le misure, individuate dall'organismo, idonee a porre rimedio alla crisi, l'organismo ne dia comunicazione al presidente della sezione specializzata in materia
 

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di impresa del tribunale competente per il luogo ove ha sede l'imprenditore, il quale, convocato l'imprenditore medesimo, conferisce, ove occorra, a un professionista munito dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), della legge fallimentare l'incarico di verificare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell'impresa. Nel caso in cui dall'indagine svolta emerga una situazione di crisi, il presidente assegna all'imprenditore un termine per porre in essere le misure dirette a risolverla, spirato inutilmente il quale dispone la pubblicazione della relazione nel registro delle imprese, ai fini di una trasparente e completa informazione degli operatori di mercato.
      Muovendo da analoghe esigenze di monitoraggio sulla regolarità della gestione e tenuto conto che la grande maggioranza delle società commerciali iscritte nel registro delle imprese riveste la forma della società a responsabilità limitata (pari a 1.441.797 a fronte di circa 40.000 società per azioni), è prevista l'estensione al predetto tipo societario, anche se privo dell'organo di controllo, del procedimento di denunzia al tribunale per gravi irregolarità, di cui all'articolo 2409 del codice civile. Deve infatti escludersi l'equivalenza dei poteri attribuiti ai componenti la compagine della società a responsabilità limitata con la tutela assicurata dal citato articolo 2409: a ben vedere, invero, malgrado la possibilità di accesso dei soci alla conoscenza degli affari sociali (articolo 2476, secondo comma, del codice civile) e la riconosciuta esperibilità, in capo a ciascuno di essi, dell'azione sociale di responsabilità (articolo 2476, terzo comma) nonché di quella spettante in dipendenza di danni direttamente prodotti nel loro patrimonio da atti dolosi o colposi dell'amministratore (articolo 2476, sesto comma), l'area di operatività dell'articolo 2409, rispetto a questi mezzi, è comunque significativamente più ampia.
      Infatti, l'esercizio del rimedio risarcitorio, cui è legata la richiesta di revoca dell'amministratore con provvedimento di urgenza (articolo 2476 del codice civile), richiede un danno effettivo e non soltanto potenziale e cioè proprio quel pregiudizio che il procedimento di cui all'articolo 2409 del codice civile tende a evitare.
      In particolare la revoca dell'organo gestorio in via cautelare può ritenersi possibile solo quando la mancata tempestiva rimozione dello stesso rischia di aggravare a tal punto il pregiudizio da rendere aleatoria la possibilità di un successivo risarcimento a carico del patrimonio degli amministratori o da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza della società.
      Per altro verso, rimosso in via d'urgenza l'amministratore, la nomina di quello nuovo, in mancanza di previsione dell'intervento di un amministratore giudiziale, compete pur sempre alla maggioranza che ha assistito, inerte, alla cattiva gestione degli affari sociali, mentre, in caso di insanabile contrasto tra i soci, si realizza un'ipotesi di impossibilità di funzionamento della società e dunque una causa legale di scioglimento della stessa, ai sensi dell'articolo 2484, primo comma, numero 3), del codice civile.
      Infine, l'esame dei libri e dei documenti sociali a iniziativa e a spese del socio costituisce un rimedio costoso e potenzialmente inappagante, in quanto meno obiettivo rispetto all'ispezione condotta dall'ausiliario del giudice.

3. Piani attestati di risanamento e accordi di ristrutturazione.
      Nella fase stragiudiziale si collocano gli istituti dei piani attestati di risanamento e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, già presenti nella normativa vigente, da modificare e integrare ai fini di un migliore inserimento nel quadro sistematico che s'intende disegnare. Si tratta di istituti recenti, ma già ormai ben radicati nel panorama del diritto concorsuale, che necessitano sicuramente di una rivitalizzazione perché se ne possa apprezzare in maniera più evidente il proficuo utilizzo nella prassi.
      Ciò dicasi, in particolare, per gli accordi di ristrutturazione, che a dieci anni dalla loro introduzione nell'ordinamento non sembrano ancora aver incontrato il

 

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favore diffuso degli operatori. Allo scopo di renderli più duttili e meglio fruibili si è perciò proposta l'eliminazione della soglia del 60 per cento dei crediti, prevista dal vigente articolo 182-bis della legge fallimentare, purché sia attestata l'idoneità dell'accordo alla soddisfazione non solo integrale, ma anche tempestiva, dei creditori estranei alle trattative, a meno che il debitore intenda chiedere misure protettive, quali, ad esempio, la sospensione delle azioni esecutive o cautelari durante le trattative. Gli effetti dell'accordo, previo controllo da svolgere in sede di omologazione giudiziale secondo i parametri previsti dall'articolo 182-septies della legge fallimentare (introdotto dal decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012), dovrebbero invece potersi estendere anche ai creditori non aderenti appartenenti a categorie omogenee (anche diverse da quella dei creditori finanziari) – fermo restando ovviamente il loro diritto di impugnare l'omologazione – se l'accordo medesimo sia raggiunto con creditori che rappresentano una rilevante percentuale (almeno il 75 per cento) del totale dei crediti appartenenti alla medesima categoria.
      Ragioni di ordine sistematico suggeriscono, in caso di società con soci illimitatamente responsabili, di estendere gli effetti dell'accordo anche a tali soci, in coerenza con quanto accade per il concordato preventivo.

4. Procedimento di accertamento giudiziale della crisi e dell'insolvenza.
      In difetto di soluzioni stragiudiziali, o perché non attivate o perché non concluse positivamente, la crisi e l'insolvenza sono destinate necessariamente a trovare sbocco in ambito giudiziario. Ed è proprio in tale ambito che dovrebbe potersi attuare quell'opera di semplificazione e di chiarificazione della disciplina normativa cui già si è fatto cenno.
      La prospettata reductio ad unum della fase iniziale delle varie procedure esistenti, con la creazione di un unico «procedimento di accertamento giudiziale della crisi e dell'insolvenza», destinato a costituire una sorta di contenitore processuale uniforme di tutte le iniziative di carattere giudiziale fondate sulla prospettazione – e miranti alla regolazione – della crisi o dell'insolvenza, siano esse finalizzate alla conservazione o alla liquidazione dell'impresa o del patrimonio del debitore, quali che ne siano la natura (civile, professionale, agricola, commerciale), le dimensioni (piccola, media, grande) e la struttura (persone fisiche, persone giuridiche, gruppi di imprese, cooperative, associazioni, fondazioni, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, enti ecclesiastici, banche, assicurazioni, società partecipate pubbliche e società in house), con la sola esclusione degli enti pubblici, fatte salve le eventuali disposizioni speciali riguardanti l'una o l'altra di tali situazioni.
    Una volta individuata un'unica sede procedimentale, globalmente destinata all'esame delle situazioni di crisi o di insolvenza, attraverso strumenti di regolazione conservativa o liquidatoria, diventa naturale che in essa confluiscano tutte le domande e le istanze, anche contrapposte, di creditori, pubblico ministero e debitore, in vista dell'adozione o dell'omologazione, da parte dell'organo giurisdizionale competente, della soluzione più appropriata alle situazioni di crisi o di insolvenza accertate, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio su tutte le istanze avanzate.
      Siffatta impostazione agevola altresì la risoluzione dei problemi di coordinamento tra le molteplici procedure concorsuali attualmente in essere (fase prefallimentare, concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, dichiarazione di insolvenza degli imprenditori commerciali soggetti alle varie forme di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa, accordi e liquidazioni dell'imprenditore non assoggettabile a fallimento nonché del debitore civile, accordi, piani e liquidazione del consumatore), con particolare riferimento alla frequente sovrapposizione tra procedura di concordato preventivo e procedimento per la dichiarazione di fallimento, in ordine

 

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alla quale è intervenuta da ultimo anche la Corte di cassazione nella sua più autorevole composizione. In linea con tale recente insegnamento giurisprudenziale e con i princìpi affermati nella raccomandazione n. 2014/135/UE e nel regolamento (UE) 2015/848, anche in ambito processuale dovrà perciò darsi, finché possibile e avendo cura di scoraggiare comportamenti strumentali, la prevalenza agli strumenti negoziali di risoluzione della crisi d'impresa e di ristrutturazione rispetto a quelli meramente disgregatori.
      Il procedimento sarà suscettibile di diversi possibili esiti, a seconda del tipo di provvedimento richiesto al giudice e dell'accertamento positivo o negativo della sussistenza delle relative condizioni, e appare coerente con questa logica prevedere che un iniziale percorso concordatario, ove rivelatosi impraticabile, possa convertirsi automaticamente in un esito di tipo liquidatorio (corrispondente all'attuale fallimento), senza necessità di una nuova domanda – e dunque con risparmio di tempi e di costi – poiché l'iniziale domanda di regolazione della crisi sussume in sé tutti i prevedibili esiti del percorso giudiziale. Ovviamente ciò non comporta la reintroduzione in una diversa forma della fallibilità d'ufficio, già da tempo espunta dall'ordinamento, che anzi dev'essere espressamente ribadita mediante l'eliminazione dell'unica ipotesi in cui essa è tuttora contemplata dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 270 del 1999.
      L'unicità della procedura destinata alle situazioni di crisi o di insolvenza, attraverso strumenti di regolazione conservativa o liquidatoria, si accompagna all'esigenza che le diverse forme di soluzione negoziale della crisi offrano al debitore analoghe opportunità di evitare aggressioni del proprio patrimonio (o comunque dei beni facenti parte dell'impresa) che rischino di vanificare ogni possibilità di superamento della crisi nel tempo occorrente per mettere a punto la soluzione più adatta. Ciò ha suggerito di configurare un percorso protettivo identico per i diversi istituti che vengono di volta in volta in gioco, non automatico ma operante previa richiesta al giudice, e con identiche soluzioni quanto all'ambito oggettivo del divieto, alle conseguenze della violazione e alla durata della protezione.

5. Tribunale competente.
      Tema particolarmente delicato è quello dell'individuazione del tribunale competente a provvedere sulle procedure concorsuali.
      Non occorrono molte parole per evidenziare come la gestione di tali procedure e l'adozione dei provvedimenti a esse inerenti richiedano, in moltissimi casi, valutazioni giuridiche (ma non soltanto giuridiche) di natura spiccatamente specialistica. L'attuale conformazione della geografia giudiziaria non sembra invece consentire un sufficiente livello di specializzazione dei giudici addetti alla trattazione delle procedure concorsuali. È infatti fin troppo ovvio che soltanto in uffici giudiziari dotati di un organico adeguato è possibile assicurare un minimo di specializzazione dei magistrati addetti a una determinata materia, specie per quanto concerne la competenza collegiale (che nella materia concorsuale è molto estesa). Invece, esistono ancora una trentina di tribunali infra-provinciali, ottantotto tribunali con meno di trenta giudici in organico, quarantacinque con meno di venti giudici in organico e addirittura ventisette tribunali con un organico che va da quindici a soli sei giudici. I tribunali nei quali sono attualmente funzionanti sezioni specializzate in materia concorsuale sono solo una ventina, mentre, per il resto, nella maggior parte delle tabelle dei tribunali figurano solamente uno o due giudici delegati alle procedure concorsuali.
      Stando così le cose, la soluzione apparentemente più ovvia per risolvere il problema della specializzazione dei giudici che trattano le procedure concorsuali potrebbe apparire quella di assegnare in blocco tali procedure ai tribunali delle imprese (sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali e le corti di appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione), istituiti dall'articolo 2 del decreto-legge

 

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n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, che ha modificato il decreto legislativo n. 168 del 2003. Tuttavia una siffatta scelta, nella sua assolutezza, potrebbe non essere priva di inconvenienti sia per l'eccessivo carico di procedure che si concentrerebbe sulle sezioni specializzate, sia perché, almeno nel caso di procedure relative a imprese di minore dimensione o a consumatori e a debitori che non esercitano attività d'impresa, l'eventuale maggiore lontananza dell'ufficio giudiziario potrebbe aggravare ingiustificatamente gli oneri e le difficoltà pratiche nell'esercizio dei diritti da parte di soggetti non adeguatamente attrezzati. Anche l'alternativa costituita da un massiccio e generalizzato ricorso ad applicazioni infradistrettuali di magistrati esperti nella materia concorsuale non è parsa praticabile, trattandosi di un rimedio farraginoso, costoso e non esente da profili disfunzionali per gli uffici interessati. Si è quindi preferito optare per una soluzione mediana, prevedendo: che presso i tribunali delle imprese (con opportuno rafforzamento degli organici) siano concentrate le procedure di maggiori dimensioni; che quelle riguardanti i soggetti interessati solo dalle procedure di sovraindebitamento restino attribuite ai tribunali oggi esistenti secondo i normali criteri di competenza; che la trattazione delle rimanenti procedure sia invece ripartita tra un numero ridotto di tribunali, dotati di una pianta organica adeguata, scelti in base a parametri oggettivi da individuare (numero dei magistrati addetti all'ufficio, numero delle imprese operanti nel circondario, flussi di procedure registrati negli ultimi anni). Tutto ciò, comunque, in concomitanza con l'emanazione di disposizioni volte ad assicurare un maggiore grado di effettiva specializzazione dei giudici comunque chiamati a occuparsi delle procedure anzidette.

6. Concordato preventivo.
      È ormai opinione condivisa, tra gli studiosi e gli operatori del settore, quella che ravvisa in meccanismi di tipo negoziale – primo tra tutti il concordato preventivo – gli strumenti più efficaci, se correttamente adoperati, per risolvere positivamente le crisi d'impresa o per recuperare le potenzialità aziendali tuttora presenti in situazioni di insolvenza non del tutto irreversibile. Nell'ultimo decennio il legislatore si è perciò indirizzato a favorire, nei limiti del possibile, il ricorso all'istituto concordatario e nulla induce ora a sovvertire tale linea di condotta, pur con i contemperamenti che l'esperienza ha già mostrato essere necessari per evitare possibili abusi in danno dei creditori.
      La maggiore flessibilità che le riforme dell'ultimo decennio hanno assicurato all'istituto del concordato preventivo è certamente alla base del notevole incremento fatto registrare nel numero delle domande di ammissione a tale procedura. In molti casi, tuttavia, le proposte concordatarie hanno continuato ad assumere il tradizionale contenuto della cessione dei beni, che raramente rappresenta per i creditori una soluzione davvero più vantaggiosa, rispetto alla liquidazione fallimentare, e che neppure, ovviamente, salvaguarda in modo più efficace l'eventuale valore residuo dell'impresa. Il favore per l'istituto concordatario si giustifica, invece, principalmente quando esso valga a garantire la continuità aziendale e, attraverso di essa, ricorrendone i presupposti, riesca altresì ad assicurare nel tempo una migliore soddisfazione dei creditori.
      Muovendo da tale empirica constatazione, si è ritenuto di circoscrivere l'istituto alla sola ipotesi del cosiddetto concordato in continuità: quando cioè, versando l'impresa in situazione di crisi o anche di vera e propria insolvenza – ma reversibile –, la proposta preveda il superamento di tale situazione mediante la prosecuzione (diretta o indiretta) dell'attività aziendale, sulla base di un adeguato piano che sia consono anche al soddisfacimento, per quanto possibile, dei creditori. La proposta liquidatoria non è ammessa, salvo che questa componente del piano non sia, in termini sostanziali, tale da non compromettere la qualificazione della proposta rispetto alla continuità

 

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aziendale. Le soluzioni liquidatorie sono riservate alla procedura di liquidazione giudiziale. Quanto allo svolgimento della procedura, senza stravolgere in modo superiore al necessario l'attuale disciplina, sono stati dettati alcuni princìpi e criteri direttivi, enunciati nell'articolo 6 del disegno di legge, tra i quali merita una particolare sottolineatura quello [comma 1, lettera b)] che legittima anche i terzi a proporre domanda di concordato. Una simile possibilità, che evidentemente è funzionale a stimolare anche lo stesso debitore a formulare eventuali proposte concordatarie effettivamente appetibili, prima che lo scivolamento nell'insolvenza possa schiudere le porte a iniziative di estranei, è però limitata all'ipotesi in cui il debitore versi in stato di insolvenza e non di semplice crisi, perché solo in questa ipotesi appare giustificato un meccanismo che, in base a un piano proposto da soggetti terzi, potrebbe anche comportare la sottrazione dell'azienda al proprio originario titolare.
      La possibilità che l'accesso alla procedura concordataria sia preceduto dallo svolgimento di una procedura non giudiziale di allerta e di composizione assistita della crisi, nei termini già descritti, potrebbe in molti casi far venire meno le condizioni che oggi giustificano la proposizione di domande di concordato con riserva di successiva presentazione della proposta e del piano. Non si è però reputato di dover espungere tale possibilità dal sistema, non fosse altro perché non vi è una necessaria propedeuticità della procedura di allerta e di composizione assistita della crisi rispetto a quella concordataria e parrebbe eccessivo precludere i benefìci dalla proposizione della domanda di concordato con riserva a chi, per le più svariate ragioni, non abbia potuto avvalersi dell'anzidetta procedura stragiudiziale.
      È dubbio se, nel rinnovato quadro normativo che s'intende disegnare, conservi reale utilità la figura del professionista indipendente – ma pur sempre designato dallo stesso debitore – chiamato ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario (in aggiunta alle altre numerose ma eventuali funzioni attribuitegli nell'ambito della procedura di concordato dalla normativa vigente). Quanto meno nelle ipotesi in cui la domanda di concordato sia lo sbocco di una precedente procedura stragiudiziale di composizione assistita della crisi o di allerta, è ragionevole ipotizzare che la suddetta funzione attestatrice possa essere stata già adeguatamente assolta dal professionista designato a seguire tale procedura. Più in generale, del resto, l'esperienza di questi ultimi anni – specialmente dopo le modifiche introdotte nel sesto comma dell'articolo 161 della legge fallimentare dall'articolo 82, comma, 1, lettera b), del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, che ha consentito la nomina del commissario giudiziale anche nella fase di presentazione della domanda di concordato con riserva – sembra suggerire che le attestazioni del professionista sono quasi sempre destinate a successiva revisione a opera del commissario giudiziale, con il concreto rischio di una sostanziale duplicazione di attività, di conseguente spreco di tempo e di aumento finale dei costi per l'impresa. Siffatti dubbi hanno indotto a lasciare aperta la possibilità che il futuro legislatore delegato riveda l'attuale sistema di accertamento della veridicità dei dati aziendali e di attestazione della fattibilità del piano concordatario e, più in generale, chiarisca il contenuto dei poteri del tribunale, con particolare riguardo proprio alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo, in ogni caso, al giudice il potere di verificare, sin dalla fase di ammissione alla procedura, la realizzabilità economica dello stesso. È prevista l'obbligatoria suddivisione dei creditori in classi, tenuto conto che il sistema maggioritario strutturato sui crediti e non bilanciato da criteri di tipo capitario presuppone l'omogeneità delle posizioni dei votanti, garantita dalla ripartizione dei creditori in gruppi omogenei. Infatti, il raggruppamento dei creditori portatori di interessi diversi in un'unica collettività è, lo si
 

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ribadisce, contrario al principio maggioritario che rinviene la propria legittimazione in una premessa di fondo: la comunanza di interessi tra i componenti di un gruppo. Diversamente, la vincolatività della decisione della maggioranza nei confronti della minoranza non trova un'adeguata giustificazione: si pensi al caso, assai frequente nella pratica, in cui l'esposizione debitoria dell'imprenditore sia in sostanziale prevalenza nei confronti di istituti di credito garantiti da capienti fideiussioni personali dei soci o di altre società del medesimo gruppo, come tali incuranti della percentuale di soddisfazione loro garantita dalla proposta concordataria. Non meno importante è, però, che sia fissata la misura massima entro cui è consentito riconoscere il diritto al compenso per i professionisti designati dal debitore.
      Gli ulteriori princìpi e criteri direttivi di delega proposti con riguardo alla procedura concordataria non richiedono particolare commento, essendo in via generale rivolti a semplificare i principali passaggi della procedura e a favorire la risoluzione dei nodi interpretativi e applicativi posti più frequentemente in luce dall'esperienza pregressa. A questo scopo sono state fornite indicazioni concernenti il voto dei creditori, i crediti d'imposta per valore aggiunto, i rapporti pendenti, i finanziamenti interinali, la possibilità di procedere medio tempore all'affitto o alla vendita dell'azienda del debitore e le relative condizioni, la fase esecutiva del concordato e i suoi effetti esdebitatori nei riguardi di eventuali terzi garanti e dei soci illimitatamente responsabili.
      Qualche osservazione in più s'impone per l'ipotesi in cui il debitore in concordato abbia veste societaria: situazione, questa, alla quale la legge fallimentare dedica scarsa attenzione e che, invece, è quella più ricorrente nella pratica, onde appare opportuno che il legislatore se ne faccia espressamente carico.
      Ciò dicasi non solo con riguardo alla disciplina dell'esercizio delle azioni di responsabilità nei confronti di organi della società (disciplina che, nella logica del concordato in continuità, presumibilmente non dovrà discostarsi dalle linee di fondo dettate dal codice civile per siffatte azioni), ma anche e soprattutto con riferimento al funzionamento degli organi sociali nel corso della procedura concordataria e al regime, in tale fase, delle eventuali operazioni straordinarie (fusione, scissione e trasformazione della società, nonché aumento del capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione spettante ai soci). Situazioni, queste ultime, per le quali l'applicazione dell'ordinaria disciplina del codice civile non sempre risulta coerente con le esigenze di una società in concordato, che quelle medesime operazioni debba inserire in un piano da proporre all'approvazione dei creditori, né con le regole da cui è retta la medesima procedura concordataria (basti pensare alla disciplina codicistica dell'opposizione dei creditori alla fusione e alla scissione di società, oggi non coordinata con le norme che regolano l'approvazione a maggioranza della proposta concordataria e l'eventuale opposizione all'omologazione del concordato, nonché alla disciplina codicistica del recesso del socio, dal quale potrebbero derivare per la società oneri di rimborso non prevedibili al momento della formulazione della proposta di concordato).
      Inoltre, per scoraggiare comportamenti ostruzionistici (che potrebbero manifestarsi soprattutto nel caso in cui la proposta concordataria, approvata dai creditori, provenisse da un terzo), è parso opportuno introdurre la previsione di un'ipotesi di speciale e temporaneo commissariamento della società a opera del tribunale, al fine di dare comunque piena e tempestiva esecuzione alle operazioni contemplate nella proposta approvata e omologata, ferma restando ovviamente la necessità di darne adeguata informazione e di garantire agli interessati l'indispensabile tutela giurisdizionale, da esperire però all'interno della stessa procedura concordataria.
      Della disciplina del concordato riguardante gruppi di società si tratterà in seguito.
 

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7. Liquidazione giudiziale.
      La procedura di liquidazione giudiziale dovrebbe prendere il posto dell'attuale procedura di fallimento.
      I molteplici princìpi e criteri direttivi di delega enunciati dall'articolo 7 del disegno di legge, che sarebbe troppo lungo illustrare singolarmente, sono accomunati dall'intento di rendere la procedura più rapida e snella, pur senza stravolgerne gli attuali caratteri fondamentali. Vanno in questo senso le disposizioni volte a rafforzare i poteri del curatore, assicurandone al contempo una più elevata professionalità ma sancendone l'incompatibilità con eventuali incarichi già ricoperti in fasi procedurali precedenti relative alla stessa impresa, a snellire le modalità di apprensione dell'attivo e a eliminare forme di esecuzione speciale e di privilegio processuale che hanno ormai perso la loro ragion d'essere.
      Non è parso necessario prevedere modifiche di rilevante portata per quanto riguarda la disciplina delle azioni revocatorie (e, in generale, degli effetti dell'apertura della procedura concorsuale sugli atti precedentemente compiuti dal debitore), ferma restando in tutti i casi l'opportunità di una rivisitazione del vigente tessuto normativo al fine di renderlo più chiaro e coerente, eliminando i più frequenti dubbi interpretativi che si sono manifestati in proposito.
      Nemmeno la disciplina dei rapporti pendenti è destinata a essere rivoluzionata, rimanendo invariata l'idea di fondo per cui la funzione liquidatoria della procedura deve realizzarsi non soltanto attraverso la conversione in denaro dei diritti e dei beni (materiali o immateriali) del debitore, ma anche mediante la definizione dei rapporti giuridici patrimoniali derivanti da contratti da lui stipulati e tuttora pendenti quando la procedura prende avvio. La funzione liquidatoria della procedura concorsuale, in tali ipotesi, si manifesta, però, non in via diretta, e cioè come possibilità offerta agli organi della procedura di liquidare il rapporto contrattuale pendente come tale, ma in via indiretta, e cioè come criterio di orientamento delle scelte compiute dal curatore, oppure quale fondamento degli effetti voluti dalla legge sul singolo rapporto. Anche in quest'ambito è sembrato comunque opportuno sottolineare in modo esplicito l'esigenza di contenimento degli oneri in prededuzione, che sovente finiscono per frustrare oltre misura le legittime aspettative dei creditori. Ferma restando, dunque, la struttura di fondo dell'articolo 72 della legge fallimentare, si è ipotizzato di introdurre per i contratti caratterizzati da intuitus personae una norma simile a quella prevista in materia di appalto dall'articolo 81, secondo comma, della stessa legge, prevedendo una specifica disciplina per il contratto preliminare, con specifico riguardo agli immobili da costruire, per i quali si pongono peculiari esigenze di tutela dei promissari acquirenti.
      Anche per i rapporti di lavoro pendenti è parso necessario contemplare una disciplina a se stante. Si è considerato, infatti, che la maggior parte delle attuali procedure fallimentari è destinata a una chiusura rapida per inesistenza o per insufficienza dell'attivo da liquidare. In tali casi la necessità di speditezza contrasta con l'interesse dei dipendenti rimasti privi degli emolumenti o, peggio, non regolarizzati, i quali possono contare esclusivamente sul riconoscimento delle tutele del loro reddito che trovano fondamento nella Carta sociale europea, ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, nella direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, e nella direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, come interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea. Si è ritenuto perciò, nell'esplicitare la regola secondo cui l'avvio della procedura concorsuale non integra di per sé solo gli estremi di una causa legittima di licenziamento, di ipotizzare forme di semplificazione per la fruizione degli ammortizzatori sociali e di più efficace tutela delle reali esigenze del dipendente che abbia ormai concluso un rapporto di lavoro non più ripristinabile.
      Con specifico riferimento ai crediti da lavoro dipendente, ma in termini più generali
 

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anche per ogni altra categoria di crediti, si pone l'esigenza di meglio disciplinare e semplificare la procedura di accertamento del passivo, scandendone con maggior rigore le diverse fasi temporali (e adeguando la procedura agli strumenti telematici dei quali ci si dovrà servire). In questa logica si è anche discusso dell'eventualità di attribuire senz'altro al curatore il compito di formare lo stato passivo, riservando l'intervento del giudice alla fase delle eventuali successive contestazioni, ma è prevalsa la scelta di non modificare radicalmente in proposito l'assetto normativo della vigente legge fallimentare, pur lasciando aperta la possibilità di prevedere forme di accertamento semplificato per le domande di minor valore o complessità. Si è altresì preferito lasciare intatto l'attuale principio della valenza solo endoconcorsuale dell'accertamento del passivo, salva però la necessità di introdurre regole volte a garantire la stabilità delle decisioni sui diritti reali immobiliari per meglio salvaguardare l'esigenza di certezza dei terzi.
      Maggiori novità si vorrebbe introdurre nella fase della liquidazione dell'attivo, prevedendo l'adozione di un sistema di vendita dei beni che è frutto di una rivisitazione complessiva della relazione oggi esistente tra le procedure fallimentari e il mercato, tale da consentire, anche tramite l'adozione di moderne tecnologie telematiche, migliori prospettive di soddisfazione delle ragioni dei creditori. Si tratta del cosiddetto sistema common che si basa essenzialmente su tre elementi complementari: a) la creazione di un mercato telematico unificato a livello nazionale, per tutti i beni posti in vendita dalle procedure concorsuali, dotato di massima visibilità e che funge da piattaforma di formazione dei prezzi attraverso meccanismi d'asta differenziati, ampliando la platea dei potenziali acquirenti; b) la possibilità di acquisto di beni su tale mercato non solo con denaro corrente ma anche con appositi titoli, che incorporano un diritto speciale attribuito ai creditori delle procedure di cui sia certificata la concreta possibilità di soddisfazione, da parte di un organismo terzo, a un valore minimo prudenziale, a fronte di una garanzia formata dagli attivi più facilmente vendibili e di valore durevole; c) la costituzione di un fondo nel quale siano conferiti i beni rimasti invenduti, in vista della loro valorizzazione.
      A parte ciò, mette conto sottolineare che la liquidazione, secondo modalità in parte riconducibili a quelle già oggi praticate nell'esecuzione dei concordati preventivi liquidatori, dovrebbe essere essenzialmente affidata al curatore, sulla base del programma da lui in precedenza redatto e approvato dal giudice con un provvedimento destinato a segnare la conclusione della vera e propria fase giudiziale della procedura. Nella fase successiva eventuali interventi ulteriori del giudice resterebbero limitati alla risoluzione delle controversie che dovessero insorgere in corso di liquidazione.
      Analoga attribuzione di competenze, rispettivamente al curatore e al giudice, è ipotizzata per le operazioni di riparto, con la previsione della possibilità di una chiusura anticipata della procedura, al fine di consentire l'esdebitazione nei termini auspicati dalla citata raccomandazione europea, una volta ripartito l'attivo già realizzato, pur se pendano ancora procedimenti giudiziari ai quali il curatore potrà continuare a partecipare con piena legittimazione.
      Come già per la procedura di concordato preventivo, anche per quella di liquidazione giudiziale è parso opportuno dettare norme più specifiche riguardanti le società, in considerazione del fatto che, mentre l'attuale disciplina del fallimento è quasi interamente concepita con riferimento alla figura dell'imprenditore individuale e solo adattata, per alcuni limitati aspetti, alla fattispecie dell'impresa societaria, nella realtà è proprio quest'ultima fattispecie a essere di gran lunga la più frequente. Da ciò anche la necessità che la revisione della disciplina delle procedure concorsuali si accompagni ad alcuni interventi su disposizioni di «diritto societario della crisi» presenti nel codice civile.
 

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      Si rende perciò opportuno, anzitutto, verificare gli effetti che la dichiarazione di fallimento (per adoperare ancora la terminologia vigente) provoca sulla società e in particolare se essa costituisca una causa di scioglimento delle società di capitali, come è testualmente previsto per le società di persone (articolo 2308 del codice civile) ed era un tempo statuito – ma adesso non più – anche per le società di capitali (articolo 2448, ultimo comma, del codice civile nel testo anteriore alla riforma societaria del 2003). La differenza di trattamento che parrebbe oggi emergere, sotto questo profilo, fra società di persone e società di capitali non è agevole da giustificare, né è agevole definire la condizione degli organi sociali in pendenza della procedura fallimentare. Da ciò la scelta di introdurre una previsione normativa che espressamente disciplini tali situazioni, prevedendo che al termine della procedura sia lo stesso curatore a convocare l'assemblea e che questa sia posta in condizione di deliberare se revocare la liquidazione della società, eventualmente ricapitalizzandola o comunque verificando le condizioni per la sua successiva operatività, oppure cessare definitivamente l'attività sociale per addivenire alla conseguente cancellazione dal registro delle imprese.
      È del pari opportuno che sia integrata l'attuale disciplina delle azioni di responsabilità in pendenza della procedura concorsuale in esame. Ben note sono le incertezze che, con specifico riguardo alla disciplina della società a responsabilità limitata, sono sorte a seguito della riforma attuata con il decreto legislativo n. 6 del 2003, che non ha più espressamente previsto, per quel tipo di società, l'azione di responsabilità esperibile dai creditori sociali in base all'articolo 2394 del codice civile (disposizione, quest'ultima, che prima di tale riforma figurava tra quelle richiamate dal secondo comma dell'articolo 2487 dello stesso codice ed era, quindi, pacificamente applicabile alle società a responsabilità limitata). Tali incertezze si riflettono anche sulla possibilità che tra le azioni di responsabilità esercitabili dal curatore a norma del secondo comma dell'articolo 147 della legge fallimentare sia o no compresa, in caso di fallimento di una società a responsabilità limitata, anche la predetta azione dei creditori sociali. È opinione prevalente in dottrina che una differenza di disciplina tra le diverse società di capitali non sia, a questo proposito, sorretta da ragioni sufficienti e anche la giurisprudenza si è mostrata per lo più incline a condividere tale orientamento, che appare quindi opportuno tradurre in un'esplicita disposizione normativa idonea a far cessare ogni residua incertezza.
      Analoghe ragioni di opportunità suggeriscono di estendere la legittimazione del curatore, oggi prevista dal quarto comma dell'articolo 2497 del codice civile per la sola azione di responsabilità esercitabile dai creditori di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, anche all'azione esercitabile dai soci in caso di violazione delle regole di corretta gestione societaria e imprenditoriale imputabile all'ente capogruppo. Parrebbe opportuno altresì esplicitare che tale legittimazione del curatore sussiste anche per le azioni di responsabilità esercitabili nei confronti dell'amministratore di società di persone sottoposte a procedura di liquidazione giudiziale, qualora la procedura non sia estesa anche a queste.
      Viene demandato al legislatore delegato il compito di individuare i criteri, in relazione ai quali attualmente si registra un non univoco quadro giurisprudenziale, per la quantificazione del danno risarcibile nell'azione di responsabilità proposta contro gli organi sociali, fondata sulla violazione delle disposizioni dell'articolo 2486 del codice civile.
      È stata discussa anche l'eventualità di rivedere l'istituto dell'estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili (palesi od occulti) di società di persone e ai soci occulti di società occulte, quale previsto dall'articolo 147 della legge fallimentare; istituto che rappresenta una peculiarità del nostro ordinamento e che è stato oggetto, anche di recente, di riflessioni critiche e di proposte di abrogazione da parte della dottrina. Si è tuttavia preferito
 

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non formulare una proposta in tal senso. Hanno indotto a ciò, per un verso, la considerazione che il venire meno della qualifica di «fallito», con la connotazione anche socialmente negativa che si accompagna a questo termine, nonché delle conseguenze penalizzanti del fallimento sul piano personale dovrebbe valere a sdrammatizzare notevolmente la questione; per un altro verso, il fatto che l'eventuale abrogazione del suddetto istituto richiederebbe pur sempre la necessità di escutere il patrimonio dei soci illimitatamente responsabili, non appena aperta la procedura di liquidazione giudiziale della società, in base a regole coerenti con quelle proprie della medesima procedura concorsuale, verosimilmente attribuendo egualmente al curatore la relativa legittimazione ad agire, con il rischio, però, di notevoli complicazioni processuali e con l'effetto collaterale di rimettere in discussione consolidati orientamenti giurisprudenziali formatisi in questa materia nel corso degli anni.

8. Concordato liquidatorio.
      L'eventualità che la procedura di liquidazione giudiziale possa concludersi anche con un concordato, sulla falsariga dell'attuale istituto del concordato fallimentare, non può essere esclusa, ma presuppone che la proposta sia sostenuta da un apporto di ulteriori risorse, tali da rendere questa ipotesi più vantaggiosa per i creditori rispetto all'ordinaria liquidazione.
      Legittimati alla presentazione di una siffatta proposta, come già oggi per il concordato fallimentare, dovrebbero essere sia i creditori, sia i terzi interessati, sia lo stesso debitore.

9. Esdebitazione.
      L'istituto dell'esdebitazione è andato assumendo, negli ultimi anni, un'importanza crescente. Ne fanno fede il confronto internazionale e la particolare attenzione che vi dedica la citata raccomandazione n. 2014/135/UE, in cui si ricorda come sia dimostrato che «gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo una seconda volta» e se ne deduce l'opportunità di «adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo» (20o considerando).
      Muovendo da tali presupposti e tenendo conto di quanto più specificamente enunciato al punto IV della predetta raccomandazione, si è ritenuto di prevedere, per le insolvenze di minore portata, la possibilità di un'esdebitazione di diritto – che dunque non richiede la pronuncia di un apposito provvedimento del giudice – conseguente alla chiusura della procedura di liquidazione giudiziale, fatta salva la possibilità di un'eventuale opposizione da parte dei creditori i quali contestino la sussistenza delle prescritte condizioni, che il giudice sarà chiamato in tal caso a verificare. Per le insolvenze maggiori, invece, l'esdebitazione presupporrà che l'interessato presenti una domanda e che il giudice provveda positivamente su di essa. In considerazione del fatto che tali procedure maggiori potrebbero non avere durata breve, si è ipotizzato che la domanda possa essere avanzata non solo dopo la chiusura della procedura medesima, ma anche dopo il decorso di un triennio dalla sua apertura.
      Giacché la stessa raccomandazione precisa che l'ammissione al beneficio della liberazione dai debiti non è opportuna sempre e comunque, dovendosi evitare che ne risultino avvantaggiati gli imprenditori disonesti o che comunque se ne possa abusare, è stata ribadita la necessità di introdurre in proposito puntuali requisiti di meritevolezza.

10. Rapporto con provvedimenti di sequestro e di confisca penale.
      L'esperienza giudiziaria di questi anni ha posto in evidenza non poche difficoltà nel coordinamento della gestione delle procedure fallimentari con i procedimenti penali nel cui ambito siano intervenuti provvedimenti di sequestro o di confisca di beni appartenenti a imprenditori dichiarati

 

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falliti. Le difficoltà derivano essenzialmente dalla diversa logica sottesa all'apprensione dei medesimi beni: per le finalità pubblicistiche proprie del processo penale, da un lato, e per le finalità proprie della procedura concorsuale tesa al soddisfacimento dei creditori, dall'altro. Da ciò l'opportunità di prefigurare una disciplina che contemperi in modo equilibrato tali diverse esigenze e che sciolga in via definitiva i nodi processuali intorno ai quali la giurisprudenza, sia civile sia penale, ha dovuto finora affaticarsi.
      Si è perciò proposto di distinguere le differenti situazioni che si possono determinare quando i provvedimenti di confisca o di sequestro sono stati emessi in base alle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, e quando sono invece frutto dell'applicazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi da propri dirigenti o dipendenti. Nel primo caso sussistono, infatti, ragioni legate alla peculiarità della criminalità imprenditoriale mafiosa che giustificano la competenza specializzata del giudice della prevenzione penale, mentre nel secondo caso appare preferibile lasciare maggiore spazio all'operare degli organi della procedura concorsuale, pur con il necessario coordinamento con la vicenda penale e fermo restando il diritto dello Stato di far valere il proprio credito per le sanzioni da illecito amministrativo.

11. Crisi e insolvenza dei gruppi d'imprese.
      Un capitolo di notevole importanza nella prospettata riforma è certamente quello che riguarda i gruppi d'imprese, ai quali d'altronde si è già dovuto ripetutamente far cenno nelle pagine precedenti.
      È un capitolo importante perché si tratta di colmare una lacuna della legge fallimentare, che non solo – come già notato – dedica poca attenzione all'insolvenza delle imprese costituite in forma societaria, ma apparentemente ignora del tutto le peculiarità dell'insolvenza riguardante quei particolari conglomerati societari cui si è soliti riferirsi con l'espressione «gruppi» (d'imprese). Eppure è ben evidente che l'insolvenza e le eventuali possibilità di risolverla si presentano con connotati peculiari quando non una singola impresa (in veste individuale o societaria) bensì un gruppo d'imprese nella sua interezza ne viene colpito. Lo scenario europeo, e in particolare il citato regolamento (UE) 2015/848 sull'insolvenza transfrontaliera, ulteriormente sollecitano il legislatore nazionale – che dell'insolvenza dei gruppi d'imprese si è occupato finora solo dettando alcune incomplete disposizioni in tema di amministrazione straordinaria – a colmare al più presto tale lacuna. Lacuna che, del resto, è da tempo acutamente avvertita nella pratica soprattutto per quel che riguarda le procedure di concordato preventivo, nelle quali si sono spesso contrapposte l'esigenza di considerare unitariamente la realtà imprenditoriale del gruppo d'imprese soggette a procedura concorsuale e il vigente impianto normativo che impone, invece, di considerare separatamente ogni procedura riguardante singolarmente ciascuna impresa.
      A questo scopo si è anzitutto scelto di evitare una nozione o una definizione rigida di gruppo e comunque una nozione nuova e ulteriore rispetto a quella assunta dal codice civile ai fini della disciplina dettata nel 2003 con la riforma organica del diritto societario, che dovrebbe ormai costituire il punto di riferimento comune per ogni disciplina del fenomeno in parola.
      Quanto, poi, alla disciplina della crisi e dell'insolvenza, appare chiaro come il connotato tendenzialmente unitario del fenomeno di gruppo possa assumere una valenza maggiore nelle procedure concordatarie tese a garantire il più possibile la continuità aziendale rispetto alle procedure meramente liquidatorie, in cui è naturalmente destinata a prevalere la visione statica dei diversi patrimoni sui quali i creditori di ciascun soggetto societario hanno rispettivamente titolo per soddisfarsi.
      Ciò posto, sono state ipotizzate disposizioni volte a consentire lo svolgimento di

 

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una procedura unitaria per la trattazione dell'insolvenza delle plurime imprese del gruppo, individuando criteri di competenza territoriale idonei allo scopo e prevedendo, comunque, che anche in caso di procedure distinte che si svolgano in sedi giudiziarie diverse vi siano obblighi di reciproca informazione a carico degli organi di tali procedure.
      È stata altresì prevista la possibilità di proporre un unico ricorso sia per l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti dell'intero gruppo, sia per l'ammissione di tutte le imprese del gruppo alla procedura di concordato preventivo e per la successiva eventuale omologazione, anche con la presentazione di un piano concordatario unico o di piani tra loro collegati e interferenti. Ciò non dovrà comportare, evidentemente, il venire meno dell'autonomia delle masse attive e passive di ciascuna impresa costituita in forma di società dotata di propria personalità giuridica (né, quindi, varrà ad escludere la necessità di votazioni separate da parte dei creditori di ciascuna società), ma consentirà di tenere pienamente conto dei riflessi reciproci delle singole operazioni contemplate dal piano e delle eventuali operazioni organizzative intragruppo.

12. Procedura di sovraindebitamento.
      La revisione della disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento, quale attualmente prevista dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3, si rende necessaria per un duplice ordine di motivi.
      Anzitutto perché occorre armonizzarla con le modifiche che s'intende apportare alle procedure di regolamentazione dell'insolvenza e della crisi di impresa, nell'ottica, già ripetutamente richiamata, di una rivisitazione sistematica della complessiva disciplina, attualmente frammentaria e disorganica, che regola il fenomeno dell'insolvenza. Anche la regolazione del sovraindebitamento dovrebbe perciò rispondere a criteri generali il più possibile comuni alle altre procedure liquidatorie e conservative ed è quindi necessario che essa faccia riferimento, come tutte le altre, a un nucleo essenziale e comune di regole generali, da cui differenziarsi solo per gli aspetti che richiedono un indispensabile adattamento alle peculiarità della fattispecie. La scelta di predisporre un unico testo normativo, contenente tutte le discipline regolative della crisi e dell'insolvenza, richiede anche qui un'inevitabile opera di coordinamento.
      In secondo luogo, la necessità di intervenire sul corpo normativo attuale deriva dalla quasi totale disapplicazione dell'istituto, che in Italia – a differenza di quanto accade in altri Paesi europei ed extraeuropei – non sembra ancora aver incontrato il favore degli operatori e dei soggetti destinatari, fallendo così il suo obiettivo di concorrere, attraverso l'esdebitazione, alla ripresa dell'economia.
      Data per presupposta l'esigenza di armonizzazione con le altre discipline dell'insolvenza, il primo obiettivo che ci si dovrebbe proporre è quindi quello di semplificare il vigente testo normativo, per molti aspetti troppo complicato e farraginoso, facendo sì che la procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento risulti più agile e rapida, nonché meglio comprensibile per gli operatori nelle sue linee essenziali.
      Occorrerebbe altresì sforzarsi di eliminare i costi superflui della procedura e di renderla quanto più economica possibile, al fine di non ostacolare l'accesso ad essa per coloro che hanno un patrimonio modesto o addirittura irrisorio. Per ovviare alla scarsa conoscenza dell'istituto si dovrebbe altresì prevedere l'inserimento di una disposizione relativa agli oneri informativi e alle attività pubblicitarie a cura degli ordini professionali, delle associazioni dei consumatori e degli utenti, delle banche e delle società finanziarie.
      Infine, si è ritenuto di conferire maggiore peso al fenomeno esdebitatorio, che rappresenta il vero obiettivo perseguito dal soggetto destinatario della normativa, al fine di consentire nuove opportunità nel mondo del lavoro, liberando il debitore da un peso che rischia di divenire insostenibile e di precludergli ogni prospettiva futura.

 

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      Nel corso dell'istruttoria si è discusso su come configurare i requisisti di meritevolezza del debitore cui si applica la procedura di sovraindebitamento, al fine della sua possibile esdebitazione. A fronte di un'opinione che, paventando il rischio di troppo facile abuso dell'istituto, avrebbe preferito un regime più severo, è prevalso l'orientamento di chi, in linea con le legislazioni dei Paesi (anche extraeuropei) che vantano il più alto indice di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, ha scelto di non esigere per l'ammissione alla procedura in questione requisiti soggettivi troppo stringenti. A ciò ha indotto la considerazione, da un lato, dell'eterogeneità qualitativa dei soggetti destinatari (spesso privi di livelli culturali idonei per rendersi conto del loro progressivo sovraindebitamento) e, da un altro lato, dell'oggettiva difficoltà di individuare rigorosi criteri di meritevolezza sicuramente verificabili, in rapporto all'estrema varietà delle condizioni di vita che possono determinare situazioni individuali di grave indebitamento, senza rischiare di generare un contenzioso dalle proporzioni difficilmente prevedibili o senza, altrimenti, finire per restringere a tal punto la portata dell'istituto da frustrare sostanzialmente le finalità di politica economica ad esso sottese, consistenti, come già accennato, non tanto in una forma di premialità soggettiva, quanto piuttosto nel consentire una nuova opportunità a soggetti schiacciati dal peso di un debito divenuto insopportabile.
      In tale ottica, si è quindi optato per l'inserimento di requisiti negativi, ostativi ai benefìci di legge, individuati nella mala fede o nel compimento di atti di frode (la mala fede tendenzialmente rilevante nel momento della contrazione del debito, la frode normalmente operante nelle fasi precedenti o successive all'ammissione alla procedura). Al fine di temperare l'ampiezza dei requisiti soggettivi di meritevolezza, si sono ipotizzati però un limite temporale per la reiterazione della richiesta di esdebitazione (cinque anni) e un limite massimo alle richieste (in numero di tre, salvo che la precedente procedura non abbia apportato alcuna utilità ai creditori, nel qual caso l'effetto esdebitatorio non è più conseguibile).
      Tenendo conto dell'importanza che tuttora riveste l'istituto della famiglia e del fatto che le persone si indebitano spesso per sostenere l'attività di propri congiunti, è parsa opportuna la previsione di norme specifiche per la regolamentazione delle crisi della famiglia, attraverso la possibilità di presentazione di un unico piano congiunto ovvero mediante la trattazione unitaria delle procedure attivate da più membri dello stesso nucleo familiare.
      Infine, poiché alla determinazione di una situazione di sovraindebitamento del consumatore concorre spesso il creditore, mediante la violazione di specifiche regole di condotta, si è ipotizzata la necessità di responsabilizzare il soggetto concedente il credito attraverso la predisposizione di sanzioni, eventualmente anche di tipo processuale (limitando, ad esempio, le sue facoltà di opposizione).

13. Privilegi e garanzie mobiliari non possessorie.
      La disciplina dei privilegi si presenta oggi, effettivamente, assai frastagliata e, per molti aspetti, obsoleta. Una buona parte delle fattispecie al riguardo contemplate dal codice civile e specialmente molti dei cosiddetti privilegi speciali retentivi appaiono essere frutto di concezioni assai risalenti nel tempo, che hanno perso quasi completamente di attualità; mentre altre situazioni emergenti nel contesto evolutivo della società potrebbero magari oggi apparire altrettanto (o anche più) meritevoli di una considerazione privilegiata. D'altro canto, gli interventi che anche nella legislazione speciale hanno punteggiato questa materia, proprio al fine di adeguarla a nuove esigenze via via manifestatesi, scontano un grave deficit di sistematicità. Da ciò, appunto, l'esigenza di una rivisitazione complessiva, cui un futuro legislatore delegato dovrebbe poter attendere all'esito di una scrupolosa rassegna di tutte le figure di privilegio oggi esistenti nell'ordinamento.

 

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      Assume uno spiccato carattere di novità la previsione di un sistema di garanzie mobiliari non possessorie. Una novità rispetto al nostro ordinamento, ma non certo nel panorama internazionale (europeo e non solo), che già offre molteplici esempi al riguardo. Proprio per adeguarsi al confronto internazionale appare perciò necessario provvedere analogamente in ambito italiano, potendone derivare un evidente beneficio per le imprese in termini di più agevole accesso al credito.
      Facendo anche tesoro di precedenti progetti di legge già presentati in materia, si propone perciò di eliminare l'attuale regola generale, che prescrive lo spossessamento del costituente il pegno e sottrae così i beni oggetto di garanzia a un loro possibile ulteriore impiego nel processo produttivo, e di rendere assai più elastiche le norme volte a individuare l'oggetto della garanzia e il credito garantito. Ne dovrebbe risultare favorito l'uso di figure più agili, quali quella già nota del pegno rotativo o altre ad essa assimilabili, bilanciando la maggiore flessibilità del sistema con la creazione di un adeguato regime pubblicitario, in grado sia di soddisfare il bisogno di certezza, anche dei terzi, in ordine alla situazione giuridica dei beni offerti in garanzia, sia le esigenze inerenti alla graduazione dei privilegi spettanti ai creditori.
      Occorrerebbe altresì rivedere il tradizionale divieto di patto commissorio, la cui eccessiva rigidità rischia di risultare incompatibile con la moderna dinamica del sistema delle garanzie del credito, cercando invece di favorire forme più semplici e dirette di soddisfacimento del creditore sui beni che hanno formato oggetto di garanzia, sia pure con l'ovvio corredo di regole volte a impedire abusi – predeterminando in maniera oggettiva il valore dei beni in questione – e ad assicurare, comunque, le indispensabili forme di controllo giudiziario.

14. Liquidazione coatta amministrativa.
      La prospettata riforma della legge fallimentare non può non riguardare, ovviamente, anche l'istituto della liquidazione coatta amministrativa, oggi disciplinato nel titolo V della legge.
      Al di fuori dei settori soggetti a un particolare regime di vigilanza a opera di autorità pubbliche a tale fine specificamente istituite, quali il settore bancario, quello assicurativo e dell'intermediazione finanziaria, nell'ambito dei quali l'istituto risponde anche a esigenze sui generis che chiamano necessariamente in causa la peculiare competenza delle citate autorità di settore, non sembrano più sussistere ragioni che, per imprese diverse – tra cui segnatamente le cooperative – giustifichino una disciplina della crisi e dell'insolvenza dell'impresa divergente da quella tracciata in via generale dalle disposizioni che si sono finora illustrate.
      Lo sforzo di ricondurre a unità sistematica la normativa concorsuale, della cui importanza si è già detto ripetutamente, suggerisce quindi di riportare anche il fenomeno della crisi e dell'insolvenza delle imprese oggi soggette a liquidazione coatta nell'alveo della disciplina comune, circoscrivendo tale istituto speciale alle sole ipotesi in cui la necessità di liquidare l'impresa non discenda dall'insolvenza, ma costituisca lo sbocco di un procedimento amministrativo volto ad accertare e a sanzionare gravi irregolarità intervenute nella gestione.
      Quanto, in particolare, alle società cooperative svolgenti attività commerciale, si verrebbe così a superare anche il sistema del cosiddetto doppio binario, oggi previsto dall'articolo 2445-terdecies del codice civile, ossia il concorso, disciplinato in base al criterio della prevenzione, tra procedura di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa. Un sistema, questo, che non ha mancato di sollevare critiche e che appare in effetti poco funzionale sia perché rischia di produrre una sovrapposizione di competenze tra autorità governativa e autorità giudiziaria, sia perché è incoerente con una moderna concezione dell'insolvenza, che non necessariamente deve essere destinata a provocare la liquidazione dell'impresa.

 

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      È peraltro doveroso registrare, sul punto, un orientamento almeno in parte diverso manifestato nel corso dei lavori di elaborazione del testo favorevole, invece, a estendere le competenze del commissario governativo in ipotesi di crisi delle imprese oggi soggette al regime della liquidazione coatta amministrativa.

15. Amministrazione straordinaria.
      Un discorso certamente assai più complesso è quello riguardante l'istituto dell'amministrazione straordinaria, oggi frazionato in leggi diverse.
      Anche in questo caso sussistono, evidentemente, le medesime esigenze di coerenza sistematica e di regolazione il più possibile unitaria dell'insolvenza di cui ampiamente prima si è detto. Potrebbe aggiungersi che appare ormai almeno in parte superata una delle principali ragioni che sono state storicamente all'origine dell'istituto dell'amministrazione straordinaria, ossia la convinzione che le tradizionali procedure concorsuali fossero improntate a logiche di tipo prettamente punitivo e comunque essenzialmente liquidatorie, per ciò stesso non collimanti con la visione prospettica del risanamento delle grandi imprese in crisi, cui già la cosiddetta legge Prodi (decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95) era soprattutto ispirata. La profonda trasformazione che da un decennio a questa parte sta investendo tutte le procedure concorsuali (e che l'intervento di riforma organica al quale qui si sta lavorando intende portare a compimento) consente di affermare che oggi anche le procedure ordinarie sono prevalentemente orientate, quando ciò sia possibile, alla salvaguardia della continuità aziendale e sono perciò tese a considerare la liquidazione dell'impresa come un approdo soltanto residuale. Ciò indiscutibilmente avvicina questi due mondi un tempo così distanti e dissonanti dell'universo concorsuale – le procedure che si possono definire ordinarie e l'amministrazione straordinaria – rendendoli assai più agevolmente riconducibili a unità, quanto meno sul filo comune dei princìpi fondamentali che ora li ispirano. Tanto più che, nelle prefigurate procedure concorsuali ordinarie, come sopra visto, sta egualmente assumendo maggiore rilievo l'esigenza – avvertita anche a livello europeo – di salvaguardare per quanto possibile il profilo occupazionale: ciò che dischiude, legittimandole, opzioni normative più coraggiose rispetto alla pregressa logica liquidatoria e distributiva, posto che il mantenimento (se non addirittura la creazione) di posti di lavoro corre sulla stessa lunghezza d'onda della continuità aziendale, sia essa diretta o indiretta.
      Vi sono dunque tutti i presupposti per procedere a un riordino delle procedure in modo che anche l'amministrazione straordinaria graviti all'interno di un sistema concorsuale informato a princìpi e a tratti fondamentali comuni, solo così potendosi portare davvero a compimento il disegno organico che ispira la proposta riformatrice. Disegno nell'ambito del quale – giova aggiungere – l'amministrazione straordinaria perderebbe quei profili di anomalia che ancora in qualche misura la connotano nel raffronto europeo e internazionale.
      Questo, naturalmente, come già è stato ben chiarito, non implica certo la radicale soppressione dell'istituto dell'amministrazione straordinaria e il suo assorbimento nell'ambito delle procedure ordinarie di risoluzione della crisi e dell'insolvenza, ma suggerisce di considerare tale istituto come un ramo appartenente al tronco comune e quindi di rendere applicabili ad esso, quando non vi siano esigenze specifiche di segno contrario, le regole e i princìpi dettati in via generale.
      In questa logica dovrebbe risultare particolarmente evidente il carattere straordinario (peraltro denunciato già dalla sua stessa denominazione) della procedura di cui si tratta, che trova la sua peculiare ragion d'essere – e il fondamento delle speciali competenze che in essa sono riservate all'autorità amministrativa – in esigenze di tipo economico-sociale, derivanti dalla crisi di imprese la cui dimensione o la cui funzione sia tale da poter

 

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provocare gravi ripercussioni occupazionali o comunque da richiedere un intervento governativo per ragioni di pubblico interesse.
      Si è prospettata l'ipotesi che la procedura in esame possa essere riservata a imprese da taluno definite «strategiche», cioè tali da influire sugli assetti economici e occupazionali di intere aree, in base a una valutazione rimessa all'autorità amministrativa competente, ma questa soluzione non ha trovato sufficiente condivisione, nemmeno da parte dei rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, al quale sarebbe toccato il compito di individuare i requisiti di strategicità delle predette imprese. Si è invece preferito optare per la più tradizionale individuazione di requisiti unicamente dimensionali, legati al fatturato dell'impresa e al numero dei dipendenti. Non ci si può tuttavia nascondere che la conferma effettiva del carattere di straordinarietà della procedura dipenderà in larga misura dalla concreta definizione dei parametri dimensionali ai quali si è fatto cenno.
      L'equilibrio tra le competenze dell'autorità amministrativa, giustificate dalle accennate ragioni di pubblico interesse, e quelle dell'autorità giudiziaria, essenziali per la tutela dei diritti dei soggetti coinvolti, costituisce il punto cruciale della procedura e al raggiungimento di esso è stata dedicata particolare attenzione: ne è testimonianza il livello di dettaglio di alcune delle norme proposte, forse in qualche caso superiore a quello usuale in una legge di delega.
      Tralasciando, però, gli aspetti di dettaglio, giova porre in evidenza la principale scelta compiuta: tenere ferma, ma con il contemperamento di cui subito si dirà, la struttura cosiddetta bifasica della procedura oggi contemplata dal citato decreto legislativo n. 270 del 1999, che prevede una fase di osservazione solo all'esito della quale il tribunale dà corso all'amministrazione straordinaria, avendo verificato che ne ricorrono i presupposti e in particolare che sussistono le ipotizzate prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'attività imprenditoriale.
      In particolare, è prevista un'unica procedura, individuandone i presupposti di accesso nei seguenti elementi: i) lo stato di insolvenza; ii) un rilevante profilo dimensionale, da ancorare alla media del volume di affari degli ultimi tre esercizi; iii) un numero consolidato di dipendenti pari ad almeno 400 unità per la singola impresa e ad almeno 800 unità per le imprese appartenenti al medesimo gruppo; iv) concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali [articolo 15, comma 1, lettera b)].
      L’iter procedurale prende avvio con il decreto con cui il tribunale, accertati i primi tre requisiti, dichiara aperta la procedura, nomina il giudice delegato e conferisce a un professionista, iscritto nell'istituendo albo dei commissari straordinari, l'incarico di attestare la recuperabilità dell'impresa. Sulla base dell'attestazione del professionista e del piano del commissario straordinario – quest'ultimo nominato dal Ministro dello sviluppo economico – il tribunale, ove risultino comprovate le prospettive di recupero, ammette l'impresa all'amministrazione straordinaria.
      Per le società quotate, per le imprese con almeno 1.000 dipendenti e con un fatturato pari a un multiplo significativo di quello individuato per tutte le altre e per le imprese operanti nei servizi pubblici essenziali, il Ministro dello sviluppo economico può disporre, in via provvisoria, l'ammissione immediata alla procedura. In tal caso, il tribunale accerta lo stato di insolvenza e i requisiti dimensionali e conferma in tempi rapidi tale ammissione (cosiddetto accesso diretto).

 

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DISEGNO DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Oggetto della delega al Governo e procedure per l'esercizio della stessa).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui alla medesima legge, uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e della disciplina sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, per il riordino dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e delle misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, nonché per la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie.
      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 il Governo tiene conto della normativa dell'Unione europea e in particolare del regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, sulle procedure di insolvenza, della raccomandazione n. 2014/135/UE della Commissione, del 12 marzo 2014, nonché dei princìpi della model law elaborati in materia di insolvenza dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL); cura altresì il coordinamento con le disposizioni vigenti, anche modificando

 

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la formulazione e la collocazione delle norme non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di delega, in modo da renderle ad essi conformi, e adottando le opportune disposizioni transitorie.
      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e, quanto al riordino dell'amministrazione delle grandi imprese in crisi, del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Essi sono successivamente trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l'esercizio della delega, per l'espressione dei pareri delle rispettive Commissioni parlamentari competenti per materia e per gli aspetti finanziari, da rendere entro il termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale i decreti possono essere comunque emanati. Il termine per l'esercizio della delega è prorogato di sessanta giorni quando il termine per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari scade nei trenta giorni antecedenti la scadenza del termine di cui al comma 1 o successivamente.

Art. 2.
(Princìpi generali).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1 il Governo provvede a riformare in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali attenendosi ai seguenti princìpi generali:

          a) sostituire il termine «fallimento» e i suoi derivati con espressioni equivalenti, quali «insolvenza» o «liquidazione giudiziale», adeguando dal punto di vista lessicale anche le relative disposizioni penali, ferma restando la continuità delle fattispecie criminose;

 

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          b) eliminare l'ipotesi della dichiarazione di fallimento d'ufficio, di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;

          c) introdurre una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza, mantenendo l'attuale nozione di insolvenza di cui all'articolo 5 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

          d) adottare un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, in conformità all'articolo 15 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e con caratteristiche di particolare celerità, anche in fase di reclamo, prevedendo la legittimazione ad agire dei soggetti con funzioni di controllo e di vigilanza sull'impresa, ammettendo l'iniziativa del pubblico ministero in ogni caso in cui egli abbia notizia dell'esistenza di uno stato di insolvenza, specificando la disciplina delle misure cautelari, con attribuzione della relativa competenza anche alla corte di appello, e armonizzando il regime delle impugnazioni, con particolare riguardo all'efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura della procedura di liquidazione giudiziale ovvero di omologazione del concordato;

          e) assoggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un'attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici, disciplinando distintamente i diversi esiti possibili, con riguardo all'apertura di procedure di regolazione concordata o coattiva, conservativa o liquidatoria, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive e oggettive e in particolare assimilando il trattamento dell'imprenditore che dimostri di rivestire un profilo dimensionale inferiore a parametri predeterminati, ai sensi dell'articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, a quello riservato a debitori civili, professionisti e consumatori, di cui all'articolo 9 della presente legge;

 

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          f) recepire, ai fini della disciplina della competenza territoriale, la nozione di «centro degli interessi principali del debitore» definita dall'ordinamento dell'Unione europea;

          g) dare priorità di trattazione, fatti salvi i casi di abuso, alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche tramite un diverso imprenditore, riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non sia proposta un'idonea soluzione alternativa;

          h) uniformare e semplificare, in raccordo con le disposizioni sul processo civile telematico, la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;

          i) ridurre la durata e i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure;

          l) riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, al fine di favorirne il superamento, in coerenza con i princìpi stabiliti dalla presente legge;

          m) assicurare la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale, con adeguamento degli organici degli uffici giudiziari la cui competenza risulti ampliata:

              1) attribuendo ai tribunali sede delle sezioni specializzate in materia di impresa la competenza sulle procedure concorsuali e sulle cause che da esse derivano, relative alle imprese in amministrazione straordinaria e ai gruppi di imprese di rilevante dimensione;

              2) mantenendo invariati i vigenti criteri di attribuzione della competenza per le procedure di crisi o insolvenza del consumatore, del professionista e dell'imprenditore

 

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in possesso del profilo dimensionale ridotto di cui alla lettera e);

              3) individuando tra i tribunali esistenti, sulla base di parametri quantitativi, quali piante organiche, flussi delle procedure concorsuali e numero di imprese iscritte nel registro delle imprese, quelli competenti alla trattazione delle procedure concorsuali relative alle imprese diverse da quelle di cui ai numeri 1) e 2);

          n) istituire presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del tribunale, funzioni di gestione o di controllo nell'ambito delle procedure concorsuali, con indicazione dei requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza necessari per l'iscrizione;

          o) armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell'insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori che trovano fondamento nella Carta sociale europea, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata ai sensi della legge 9 febbraio 1999, n. 30, e nella direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, nonché nella direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, come interpretata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea.

      2. Per l'attuazione delle disposizioni del comma 1, lettera n), è autorizzata la spesa di euro 100.000 per l'anno 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della proiezione, per l'anno 2017, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

 

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Capo II
PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI PER LA RIFORMA DELLA DISCIPLINA DELLE PROCEDURE DI CRISI E DELL'INSOLVENZA

Art. 3
(Gruppi di imprese).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo si attiene, per la disciplina della crisi e dell'insolvenza dei gruppi di imprese, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere una definizione di gruppo di imprese modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli articoli 2497 e seguenti nonché di cui all'articolo 2545-septies del codice civile, corredata della presunzione semplice di assoggettamento a direzione e a coordinamento in presenza di un rapporto di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;

          b) prescrivere specifici obblighi dichiarativi nonché il deposito del bilancio consolidato di gruppo, ove redatto, a carico delle imprese appartenenti a un gruppo, a scopo di informazione sui legami di gruppo esistenti, in vista del loro assoggettamento a procedure concorsuali;

          c) attribuire all'organo di gestione della procedura il potere di richiedere alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) o a qualsiasi altra pubblica autorità informazioni utili ad accertare l'esistenza di collegamenti di gruppo, nonché di richiedere alle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni o sulle quote a esse intestate;

          d) prevedere per le imprese, in crisi o insolventi, del gruppo sottoposte alla giurisdizione dello Stato italiano la facoltà di proporre con unico ricorso domanda di omologazione di un accordo unitario di ristrutturazione dei debiti, di ammissione al concordato preventivo o di liquidazione giudiziale, ferma restando in ogni caso l'autonomia delle rispettive masse attive e

 

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passive, con predeterminazione del criterio attributivo della competenza, ai fini della gestione unitaria delle rispettive procedure concorsuali, ove le imprese abbiano la propria sede in circoscrizioni giudiziarie diverse;

          e) stabilire obblighi reciproci di informazione e di collaborazione tra gli organi di gestione delle diverse procedure, nel caso in cui le imprese insolventi del gruppo siano soggette a separate procedure concorsuali, in Italia o all'estero;

          f) stabilire il principio di postergazione del rimborso dei crediti di società o di imprese appartenenti allo stesso gruppo, in presenza dei presupposti di cui all'articolo 2467 del codice civile, fatte salve deroghe dirette a favorire l'erogazione di finanziamenti in funzione o in esecuzione di una procedura di concordato preventivo e di accordo di ristrutturazione dei debiti.

      2. Nell'ipotesi di gestione unitaria della procedura di concordato preventivo di gruppo devono essere previsti:

          a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico commissario giudiziale e il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia;

          b) la contemporanea e separata votazione dei creditori di ciascuna impresa;

          c) gli effetti dell'eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata;

          d) l'esclusione dal voto delle imprese del gruppo che siano titolari di crediti nei confronti delle altre imprese assoggettate alla procedura;

          e) gli effetti dell'eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata;

          f) i criteri per la formulazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo, eventualmente attraverso operazioni contrattuali e riorganizzative intragruppo funzionali alla continuità aziendale e al migliore soddisfacimento dei creditori,

 

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fatta salva la tutela in sede concorsuale per i soci e per i creditori delle singole imprese nonché per ogni altro controinteressato.

      3. Nell'ipotesi di gestione unitaria della procedura di liquidazione giudiziale di gruppo devono essere previsti:

          a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico curatore, ma di distinti comitati dei creditori per ciascuna impresa del gruppo;

          b) un criterio di ripartizione proporzionale dei costi della procedura tra le singole imprese del gruppo;

          c) l'attribuzione al curatore, anche nei confronti di imprese non insolventi del gruppo, del potere di:

              1) azionare rimedi contro operazioni antecedenti l'accertamento dello stato di insolvenza e dirette a spostare risorse a un'altra impresa del gruppo, in danno dei creditori;

              2) esercitare le azioni di responsabilità di cui all'articolo 2497 del codice civile;

              3) promuovere la denuncia di gravi irregolarità gestionali nei confronti degli organi di amministrazione delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale;

              4) nel caso in cui ravvisi l'insolvenza di imprese del gruppo non ancora assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale, segnalare tale circostanza agli organi di amministrazione e di controllo ovvero promuovere direttamente l'accertamento dello stato di insolvenza di dette imprese;

          d) la disciplina di eventuali proposte di concordato liquidatorio giudiziale, in conformità alla disposizione dell'articolo 7, comma 10, lettera d).

 

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Art. 4.
(Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo disciplina l'introduzione di procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, di natura non giudiziale e confidenziale, finalizzate a incentivare l'emersione anticipata della crisi e ad agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) attribuire la competenza a un'apposita sezione specializzata degli organismi di composizione della crisi, previsti dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3, e dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202, con opportuni adattamenti;

          b) porre a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione l'obbligo di avvisare immediatamente l'organo amministrativo della società dell'esistenza di fondati indizi della crisi e, in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare direttamente il competente organismo di composizione della crisi;

          c) imporre a creditori qualificati, come l'Agenzia delle entrate, gli agenti della riscossione delle imposte e gli enti previdenziali, l'obbligo, a pena di inefficacia dei privilegi accordati ai crediti di cui sono titolari, di segnalare immediatamente agli organi di controllo della società o, in mancanza, al competente organismo di composizione della crisi il perdurare di inadempimenti di importo rilevante, coordinando detti obblighi con quelli di informazione e di vigilanza spettanti alla CONSOB;

          d) stabilire che l'organismo di composizione della crisi, a seguito delle segnalazioni ricevute o su istanza del debitore, convochi immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore medesimo nonché, ove si tratti di società

 

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dotata di organi di controllo, anche i componenti di questi ultimi, al fine di individuare nel più breve tempo possibile, previa verifica della situazione patrimoniale, economica e finanziaria esistente, le misure idonee a porre rimedio allo stato di crisi;

          e) prevedere che l'organismo di composizione della crisi, su istanza del debitore, anche all'esito dell'audizione di cui alla lettera d), affidi a un soggetto scelto tra soggetti forniti di adeguata professionalità nella gestione delle crisi d'impresa, iscritti presso l'organismo stesso, l'incarico di addivenire a una soluzione della crisi concordata tra il debitore e i creditori, entro un congruo termine, prorogabile solo a fronte di positivi riscontri delle trattative e, in ogni caso, non superiore complessivamente a sei mesi, precisando altresì le condizioni in base alle quali gli atti istruttori della procedura possono essere utilizzati nell'eventuale fase giudiziale;

          f) consentire al debitore di chiedere al giudice l'adozione, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, delle misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso, disciplinandone durata, effetti, regime di pubblicità, competenza a emetterle e revocabilità, anche d'ufficio in caso di atti in frode ai creditori;

          g) prevedere misure premiali per l'imprenditore che ricorra tempestivamente alla procedura e ne favorisca l'esito positivo e misure sanzionatorie per l'imprenditore che ingiustificatamente la ostacoli o non vi ricorra, pur in presenza dei relativi presupposti, ivi compresa l'introduzione di un'ulteriore fattispecie di bancarotta semplice ai sensi degli articoli 217 e 224 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

          h) prevedere, in ogni caso, che, non oltre la scadenza del termine di cui alla lettera e), l'organismo di composizione della crisi attesti se l'imprenditore abbia messo in atto le misure idonee a porre rimedio alla crisi e, in caso negativo, ne dia comunicazione al presidente della sezione

 

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specializzata in materia di impresa del tribunale competente per il luogo in cui l'imprenditore ha sede; stabilire che a tale comunicazione si provveda anche quando l'imprenditore non partecipi, senza giustificato motivo, al procedimento innanzi all'organismo;

          i) prevedere che il presidente della sezione specializzata di cui alla lettera h) convochi immediatamente l'imprenditore e, quando occorra, affidi a un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, l'incarico di verificare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell'impresa; stabilire che, se dalla relazione depositata dal predetto professionista risulta che l'impresa versi in stato di crisi, il presidente assegni un termine per intraprendere le misure idonee a porvi rimedio, decorso inutilmente il quale disponga la pubblicazione della relazione medesima nel registro delle imprese.

Art. 5.
(Accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, al fine di incentivare gli accordi di ristrutturazione dei debiti, i piani attestati di risanamento e le convenzioni di moratoria nonché i relativi effetti, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) estendere la procedura di cui all'articolo 182-septies del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, all'accordo di ristrutturazione non liquidatorio o alla convenzione di moratoria conclusi con creditori, anche diversi da banche e intermediari finanziari, rappresentanti almeno il 75 per cento dei crediti di una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee;

          b) eliminare o ridurre il limite del 60 per cento dei crediti previsto nell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ove il debitore non proponga la moratoria del pagamento dei creditori estranei, di cui al primo comma del

 

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citato articolo 182-bis, né richieda le misure protettive previste dal sesto comma del medesimo articolo;

          c) assimilare la disciplina delle misure protettive degli accordi di ristrutturazione dei debiti a quella prevista per la procedura di concordato preventivo, in quanto compatibile;

          d) estendere gli effetti dell'accordo ai soci illimitatamente responsabili, alle medesime condizioni previste nella disciplina del concordato preventivo;

          e) prevedere che il piano attestato abbia forma scritta, data certa e contenuto analitico;

          f) imporre la rinnovazione delle prescritte attestazioni nel caso di successive modifiche, non marginali, dell'accordo o del piano.

Art. 6.
(Procedura di concordato preventivo).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per il riordino della disciplina della procedura di concordato preventivo, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere l'inammissibilità di proposte che, in considerazione del loro contenuto sostanziale, abbiano natura essenzialmente liquidatoria;

          b) stabilire la legittimazione del terzo a promuovere il procedimento nei confronti del debitore che versi in stato di insolvenza, nel rispetto del principio del contraddittorio e con l'adozione di adeguati strumenti di tutela del debitore, in caso di successivo inadempimento del terzo;

          c) procedere alla revisione della disciplina delle misure protettive, specialmente quanto alla durata e agli effetti, prevedendone la revocabilità, su ricorso degli interessati, ove non arrechino beneficio al buon esito della procedura;

 

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          d) fissare le modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali e di verifica della fattibilità del piano, nonché determinare l'entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore, da commisurare proporzionalmente all'attivo dell'impresa soggetta alla procedura;

          e) prevedere la suddivisione obbligatoria dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;

          f) determinare i poteri del tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla realizzabilità economica dello stesso;

          g) sopprimere l'adunanza dei creditori, previa regolamentazione delle modalità telematiche per l'esercizio del voto e la formazione del contraddittorio sulle richieste delle parti, nonché adottare un sistema di calcolo delle maggioranze anche «per teste», nell'ipotesi in cui un solo creditore sia titolare di crediti pari o superiori alla maggioranza di quelli ammessi al voto, con apposita disciplina delle situazioni di conflitto di interessi;

          h) disciplinare il diritto di voto dei creditori con diritto di prelazione, il cui pagamento sia dilazionato, e dei creditori soddisfatti con utilità diverse dal denaro;

          i) integrare la disciplina dei provvedimenti che riguardano i rapporti pendenti, con particolare riferimento: ai presupposti della sospensione e, dopo la presentazione del piano, anche dello scioglimento; al procedimento e al ruolo del commissario giudiziale; agli effetti, in relazione agli esiti possibili della procedura, nonché alla decorrenza e alla durata nell'ipotesi di sospensione; alla competenza per la determinazione dell'indennizzo e ai relativi criteri di quantificazione;

          l) prevedere una più dettagliata disciplina della fase di esecuzione del piano, anche con riguardo agli effetti purgativi e alla deroga alla solidarietà passiva di cui all'articolo 2560 del codice civile, con

 

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possibilità per il tribunale di affidare ad un terzo il compito di porre in essere gli atti necessari all'esecuzione della proposta concordataria;

          m) riordinare la disciplina della revoca, dell'annullamento e della risoluzione del concordato preventivo, prevedendo la legittimazione del commissario giudiziale a richiedere, su istanza di un creditore, la risoluzione del concordato per inadempimento;

          n) stabilire i presupposti per l'estensione degli effetti esdebitatori ai soci illimitatamente responsabili che siano garanti della società, con eventuale distinzione tra garanzie personali e reali;

          o) prevedere il riordino e la semplificazione delle varie tipologie di finanziamento alle imprese in crisi;

          p) disciplinare il trattamento del credito da imposta sul valore aggiunto nel concordato preventivo privo di transazione fiscale, tenendo conto anche delle pronunce della Corte di giustizia dell'Unione europea.

      2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, nel caso di procedura riguardante società, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) esplicitare presupposti, legittimazione ed effetti dell'azione sociale di responsabilità e dell'azione dei creditori sociali, in conformità ai princìpi dettati dal codice civile;

          b) imporre agli organi della società il dovere di dare tempestiva attuazione alla proposta omologata, stabilendo che, in caso di comportamenti dilatori od ostruzionistici, l'attuazione possa essere affidata ad un amministratore provvisorio, nominato dal tribunale, dotato dei poteri spettanti all'assemblea ovvero del potere di sostituirsi ai soci nell'esercizio del voto in assemblea, con la garanzia di adeguati strumenti d'informazione e di tutela, in sede concorsuale, dei soci;

 

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          c) prevedere che, in caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione poste in essere nel corso della procedura:

              1) l'opposizione dei creditori possa essere proposta solo in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della domanda concordataria;

              2) gli effetti delle operazioni siano irreversibili, anche in caso di risoluzione o di annullamento del concordato, salvo il diritto al risarcimento dei soci o dei terzi danneggiati, ai sensi degli articoli 2500-bis e 2504-quater del codice civile;

              3) non spetti ai soci il diritto di recesso in conseguenza di operazioni incidenti sull'organizzazione o sulla struttura finanziaria della società.

Art. 7.
(Procedura di liquidazione giudiziale).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la disciplina delle procedure di liquidazione giudiziale, il Governo si attiene ai princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo.
      2. Il Governo adotta misure dirette a rendere più efficace la funzione del curatore:

          a) integrando la disciplina sulle incompatibilità tra gli incarichi assunti nel succedersi delle procedure;

          b) definendo i poteri di accertamento e di accesso a pubbliche amministrazioni e a banche di dati, per assicurare l'effettività dell'apprensione dell'attivo, anche responsabilizzando il debitore;

          c) specificando il contenuto minimo del programma di liquidazione;

          d) chiarendo l'ambito dei poteri giudiziali di cui all'articolo 108, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in ipotesi di subentro del curatore nel contratto preliminare di vendita;

 

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          e) attribuendo al curatore, previa acquisizione delle prescritte autorizzazioni, i poteri per il compimento degli atti e delle operazioni riguardanti l'organizzazione e la struttura finanziaria della società, previsti nel programma di liquidazione, assicurando un'adeguata e tempestiva informazione dei soci e dei creditori della società nonché idonei strumenti di tutela, in sede concorsuale, degli stessi e dei terzi interessati.

      3. Al fine di semplificare la gestione delle procedure meno complesse, le funzioni del comitato dei creditori possono essere sostituite con forme di consultazione telematica del ceto creditorio, anche nelle modalità del silenzio-assenso.
      4. La procedura di liquidazione giudiziale è potenziata mediante l'adozione di misure dirette a:

          a) escludere l'operatività di esecuzioni speciali e di privilegi processuali, anche fondiari;

          b) far decorrere il periodo sospetto per le azioni di inefficacia e revocatoria, a ritroso, dal deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della liquidazione giudiziale, fermo restando il disposto dell'articolo 69-bis, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

      5. Ai fini dell'esercizio delle azioni di responsabilità, il Governo prevede la legittimazione del curatore a promuovere o a proseguire:

          a) per le società di capitali e per le società cooperative, l'azione sociale di responsabilità e l'azione dei creditori sociali prevista dall'articolo 2394 del codice civile, l'azione prevista dall'articolo 2476, settimo comma, del codice civile, le azioni di responsabilità previste dall'articolo 2497 del codice civile e le altre analoghe azioni di responsabilità contemplate da singole disposizioni di legge;

          b) l'azione sociale di responsabilità e l'azione dei creditori sociali prevista dall'articolo 2394 del codice civile, in caso di violazione delle regole di separatezza fra

 

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uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società e il patrimonio della società medesima;

          c) per le società di persone, l'azione sociale di responsabilità nei confronti del socio amministratore cui non sia stata personalmente estesa la procedura di liquidazione giudiziale.

      6. La disciplina dei rapporti giuridici pendenti è integrata:

          a) limitando la prededuzione, in ogni caso di prosecuzione o di subentro del curatore, compreso l'esercizio provvisorio e salva diversa previsione normativa, ai soli crediti maturati nel corso della procedura;

          b) prevedendo lo scioglimento dei contratti aventi carattere personale che non proseguano con il consenso della controparte;

          c) dettando un'autonoma regolamentazione del contratto preliminare, anche in relazione alla disciplina degli immobili da costruire.

      7. La disciplina degli effetti della procedura sui rapporti di lavoro subordinato è coordinata con la legislazione vigente in materia di diritto del lavoro, per quanto concerne il licenziamento, le forme assicurative e di integrazione salariale, il trattamento di fine rapporto e le modalità di insinuazione al passivo.
      8. Il sistema di accertamento del passivo è improntato a criteri di maggiore rapidità, snellezza e concentrazione, adottando misure dirette a:

          a) agevolare la presentazione telematica delle domande tempestive di creditori e terzi, anche non residenti nel territorio nazionale, restringendo l'ammissibilità delle domande tardive;

          b) introdurre preclusioni attenuate già nella fase monocratica;

          c) prevedere forme semplificate per le domande di minor valore o complessità;

          d) assicurare stabilità alle decisioni sui diritti reali immobiliari;

 

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          e) attrarre nella sede concorsuale l'accertamento di ogni credito opposto in compensazione ai sensi dell'articolo 56 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

          f) chiarire le modalità di verifica dei diritti vantati su beni del debitore che sia costituito terzo datore di ipoteca;

          g) adeguare i criteri civilistici di computo degli interessi alle modalità di liquidazione dell'attivo di cui al comma 9.

      9. L'obiettivo della massima trasparenza ed efficienza delle operazioni di liquidazione dell'attivo della procedura è perseguito:

          a) introducendo sistemi informativi e di vigilanza della gestione liquidatoria, caratterizzati da trasparenza, pubblicità e obblighi di rendicontazione;

          b) garantendo la competitività delle operazioni di liquidazione nell'ambito del mercato unitario telematico nazionale delle vendite, caratterizzato:

              1) dalla presenza di un ente che certifichi la ragionevole probabilità di soddisfazione dei crediti insinuati al passivo di ciascuna procedura aderente al sistema;

              2) dalla presenza di un operatore del sistema di regolamento e di compensazione;

              3) dal riconoscimento, ai creditori che ne facciano richiesta, di un titolo che li abiliti a partecipare alle vendite dei beni in misura proporzionale alla probabilità di soddisfazione del loro credito, certificata dall'ente di cui al numero 1);

              4) dalla presenza di uno o più fondi per la gestione dei beni invenduti.

      10. Al fine di accelerare la chiusura della procedura di cui al presente articolo, sono adottate misure dirette a:

          a) affidare la fase di riparto al curatore, fatta salva la facoltà degli interessati di proporre opposizione, ricorrendo al giudice;

 

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          b) integrare la disciplina della chiusura della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari, specificando che essa concerne tutti i processi nei quali è parte il curatore e definendone presupposti, condizioni ed effetti in rapporto alla loro diversa tipologia e all'eventuale natura societaria del debitore;

          c) prevedere che, alla chiusura della procedura relativa a società di capitali, nei casi di cui ai numeri 1) e 2) del primo comma dell'articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il curatore convochi l'assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell'attività o della sua cessazione, ovvero per la trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti una percentuale significativa del capitale sociale;

          d) disciplinare e incentivare le proposte di concordato liquidatorio giudiziale da parte di creditori e di terzi, nonché dello stesso debitore, ove questi apporti risorse che incrementino in modo apprezzabile l'attivo.

Art. 8.
(Esdebitazione).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la disciplina della procedura di esdebitazione all'esito della procedura di liquidazione giudiziale, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere per il debitore la possibilità di presentare domanda di esdebitazione subito dopo la chiusura della procedura e, in ogni caso, dopo tre anni dalla sua apertura, al di fuori dei casi di frode o di malafede e purché abbia collaborato con gli organi della procedura;

          b) introdurre particolari forme di esdebitazione di diritto riservate alle insolvenze minori, fatta salva per i creditori la possibilità di proporre opposizione dinanzi al tribunale;

 

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          c) prevedere anche per le società l'ammissione al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, previo riscontro dei presupposti di meritevolezza in capo agli amministratori e, nel caso di società di persone, in capo ai soci.

Art. 9.
(Sovraindebitamento).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la disciplina della procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, il Governo procede al riordino e alla semplificazione della disciplina in materia attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) specificare le categorie di debitori assoggettabili alla procedura, anche in base a un criterio di prevalenza delle obbligazioni assunte a diverso titolo, comprendendo le persone fisiche e gli enti non assoggettabili alla procedura di concordato preventivo e di liquidazione giudiziale nonché i soci illimitatamente responsabili, e individuando criteri di coordinamento nella gestione delle procedure per sovraindebitamento riguardanti più membri della stessa famiglia;

          b) disciplinare le soluzioni dirette a promuovere la continuazione dell'attività svolta dal debitore, nonché le modalità della loro eventuale conversione nelle soluzioni liquidatorie, anche ad istanza del debitore, e consentendo solo la soluzione liquidatoria, con esclusione dell'esdebitazione, nel caso in cui la crisi o l'insolvenza derivino da malafede o frode del debitore;

          c) consentire al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno futura, di accedere all'esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l'obbligo di pagamento del debito entro tre anni, laddove sopravvengano utilità;

 

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          d) precludere l'accesso alle procedure ai soggetti già esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda o che abbiano beneficiato dell'esdebitazione per due volte, ovvero nei casi di frode accertata;

          e) introdurre misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo, revocabili su istanza dei creditori, o anche d'ufficio in caso di atti in frode ai creditori;

          f) riconoscere l'iniziativa per l'apertura delle soluzioni liquidatorie, anche in pendenza di procedure esecutive individuali, ai creditori e, quando l'insolvenza riguardi l'imprenditore, al pubblico ministero;

          g) ammettere all'esdebitazione anche le persone giuridiche, su domanda e con procedura semplificata, purché non ricorrano ipotesi di frode ai creditori o di volontario inadempimento del piano o dell'accordo;

          h) prevedere misure sanzionatorie, eventualmente di natura processuale con riguardo ai poteri di impugnativa e di opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all'aggravamento della situazione di indebitamento;

          i) attribuire anche ai creditori e al pubblico ministero l'iniziativa per la conversione in procedura liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento.

Art. 10.
(Privilegi).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la revisione del sistema dei privilegi, il Governo procede al riordino riducendo le ipotesi di privilegio generale e speciale, con particolare riguardo ai privilegi retentivi, eliminando quelle non più attuali rispetto al tempo in cui sono state introdotte e adeguando in conformità l'ordine delle cause legittime di prelazione.

 

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Art. 11.
(Garanzie non possessorie).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la disciplina del sistema delle garanzie reali mobiliari, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) introdurre una forma di garanzia mobiliare senza spossessamento, avente ad oggetto beni, materiali o immateriali, anche futuri, determinati o determinabili, fatta salva la specifica indicazione dell'ammontare massimo garantito, eventualmente utilizzabile anche a garanzia di crediti diversi o ulteriori rispetto a quelli originariamente individuati, disciplinandone i requisiti, ivi compresa la necessità della forma scritta, e le modalità di costituzione, anche mediante iscrizione in apposito registro informatizzato, nonché le regole di opponibilità ai terzi e il concorso con gli altri creditori muniti di cause di prelazione;

          b) regolamentare forme, contenuto, requisiti ed effetti dell'iscrizione nel registro informatizzato, direttamente accessibile per via telematica secondo modalità che salvaguardino la protezione dei dati, al fine di consentire le operazioni di consultazione, iscrizione, annotazione, modifica, rinnovo ed estinzione delle garanzie, nonché la regolazione del concorso conseguente all'eventualità di plurime annotazioni; subordinare le operazioni di consultazione, iscrizione, modifica, annotazione e rinnovo al pagamento di un importo in denaro, determinato anche in via regolamentare, in modo da assicurare la copertura delle spese di gestione del registro;

          c) stabilire che, salvo diverso accordo delle parti, il soggetto costituente la garanzia abbia la facoltà di utilizzare, nel rispetto dei princìpi di buona fede e di correttezza e in ogni caso nel rispetto della destinazione economica, i beni oggetto di garanzia, anche nell'esercizio della propria attività economica, estendendo in tale caso la prelazione dai beni originari a quelli che risulteranno all'esito degli atti di disposizione, senza effetto novativo per la

 

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garanzia originariamente concessa, fatta salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso del costituente;

          d) consentire al creditore di escutere stragiudizialmente la garanzia anche in deroga al divieto del patto commissorio, a condizione che il valore dei beni sia determinato in maniera oggettiva, fatto salvo l'obbligo di restituire immediatamente al debitore, o ad altri creditori, l'eventuale eccedenza tra il valore di realizzo o assegnazione e l'importo del credito;

          e) prevedere forme di pubblicità e di controllo giurisdizionale dell'esecuzione stragiudiziale di cui alla lettera d), regolare i rapporti tra la stessa e le procedure esecutive forzate e concorsuali, adottare misure di protezione del debitore consumatore, nonché forme di tutela dei terzi che abbiano contrattato con il debitore non spossessato ovvero abbiano acquistato in buona fede diritti sul bene mobile oggetto del pegno, curando in ogni caso il coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni normative vigenti.

      2. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettera a), è autorizzata la spesa di euro 150.000 per l'anno 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione della proiezione, per l'anno 2017, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.

Art. 12.
(Rapporti tra liquidazione giudiziale e misure penali).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo adotta disposizioni

 

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di coordinamento con il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, stabilendo condizioni e criteri di prevalenza, rispetto alla gestione concorsuale, delle misure cautelari adottate in sede penale, anteriormente o successivamente alla dichiarazione di insolvenza.
      2. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo adotta disposizioni di coordinamento con la disciplina di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e in particolare con le misure cautelari previste dalla disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, nel rispetto del principio di prevalenza del regime concorsuale, salvo che ricorrano ragioni di preminente tutela di interessi di carattere penale.

Art. 13.
(Modifiche al codice civile).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il Governo procede alle modifiche delle seguenti disposizioni del codice civile rese necessarie per la definizione della disciplina organica di attuazione dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge, in particolare prevedendo:

          a) l'applicabilità dell'articolo 2394 alle società a responsabilità limitata e l'abrogazione dell'articolo 2394-bis;

          b) il dovere dell'imprenditore e degli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l'adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale;

          c) l'assoggettamento alla procedura di liquidazione giudiziale come causa di scioglimento

 

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delle società di capitali ai sensi dell'articolo 2484;

          d) la possibilità di sospensione dell'operatività della causa di scioglimento di cui all'articolo 2484, primo comma, numero 4), e all'articolo 2545-duodecies, nonché degli obblighi posti a carico degli organi sociali dagli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, 2482-ter e 2486, in forza delle misure protettive previste nell'ambito delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, degli accordi di ristrutturazione dei debiti e di regolazione concordata preventiva della crisi;

          e) i criteri di quantificazione del danno risarcibile nell'azione di responsabilità promossa contro l'organo di amministrazione della società fondata sulla violazione di quanto previsto dall'articolo 2486;

          f) l'applicabilità delle disposizioni dell'articolo 2409 alle società a responsabilità limitata, anche prive di organo di controllo.

Art. 14.
(Liquidazione coatta amministrativa).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per la riforma della liquidazione coatta amministrativa, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) applicare in via generale la disciplina concorsuale ordinaria anche alle imprese in stato di crisi o di insolvenza attualmente soggette alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, mantenendo fermo il relativo regime speciale solo nei casi previsti:

              1) dalle leggi speciali in materia di banche e imprese assimilate, intermediari finanziari, imprese assicurative e assimilate;

              2) dalle leggi speciali in materia di procedimenti amministrativi di competenza delle autorità amministrative di vigilanza,

 

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conseguenti all'accertamento di irregolarità e all'applicazione di sanzioni da parte delle medesime autorità;

          b) attribuire alle autorità amministrative di vigilanza le competenze in tema di segnalazione dell'allerta e le funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi nelle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi di cui all'articolo 4, anche al fine di individuare soluzioni di carattere conservativo, nonché la legittimazione alla domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale di cui all'articolo 7.

Art. 15.
(Amministrazione straordinaria).

      1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, per il riordino della disciplina delle amministrazioni straordinarie, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) introdurre un'unica procedura di amministrazione straordinaria, con finalità conservative del patrimonio produttivo, diretta alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese ovvero, alle condizioni indicate dall'articolo 81 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, di gruppi di imprese che, in ragione della loro notevole dimensione, assumano un rilievo economico-sociale di carattere generale, anche sotto il profilo della tutela occupazionale;

          b) individuare i presupposti di accesso alla procedura, con riguardo all'esistenza congiunta di:

              1) uno stato di insolvenza;

              2) un rilevante profilo dimensionale, da ancorare alla media del volume di affari degli ultimi tre esercizi;

              3) un numero di dipendenti pari ad almeno 400 unità per la singola impresa e ad almeno 800 unità, da calcolare cumulativamente, in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di

 

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più imprese appartenenti al medesimo gruppo di imprese;

              4) concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali;

          c) stabilire che l'intero procedimento si svolga, su domanda del debitore, dei creditori, del Ministero dello sviluppo economico o del pubblico ministero, dinanzi al tribunale sede della sezione specializzata in materia di impresa, all'esito di un'istruttoria improntata alla massima celerità, omessa ogni formalità non essenziale al rispetto dei princìpi del contraddittorio e del diritto di difesa;

          d) disciplinare l'operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo, a decorrere dalla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accertamento dei presupposti per l'ammissione alla procedura;

          e) prevedere che il tribunale, accertati i presupposti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b), disponga l'apertura della procedura per l'ammissione all'amministrazione straordinaria, nominando un giudice delegato e conferendo a un professionista, iscritto nell'istituendo albo dei commissari straordinari, l'incarico di attestare, entro un breve termine, la sussistenza dei presupposti per il recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, alla luce del piano predisposto dal commissario straordinario;

          f) stabilire che il Ministro dello sviluppo economico nomini con tempestività il commissario straordinario, ovvero, nei casi di eccezionale complessità, tre commissari straordinari, ai quali sono attribuite l'amministrazione e la rappresentanza dell'impresa insolvente, individuandoli tra gli iscritti nell'istituendo albo dei commissari straordinari, da regolamentare con predeterminazione dei requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità e trasparenza, prevedendo che gli stessi possano essere successivamente revocati, per giusta causa, dallo stesso Ministro, anche

 

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su istanza motivata del comitato di sorveglianza;

          g) prevedere che il tribunale, entro due mesi dal decreto di apertura della procedura per l'ammissione all'amministrazione straordinaria e previa acquisizione del parere favorevole del Ministero dello sviluppo economico, disponga con decreto l'ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria, ove risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, sulla base dell'attestazione del professionista nominato e del piano predisposto dal commissario straordinario; prevedere che, in alternativa, il tribunale dichiari aperta la procedura di liquidazione giudiziale;

          h) prevedere che per le società quotate in mercati regolamentati, per le imprese con almeno 1.000 dipendenti e un volume di affari pari a un multiplo significativo di quello individuato ai sensi della lettera b), numero 2), nonché per le imprese operanti nei servizi pubblici essenziali per le quali sussistano i presupposti di cui alla lettera b), il Ministro dello sviluppo economico possa direttamente disporre, in via provvisoria, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, con contestuale nomina del commissario straordinario secondo i criteri di cui alla lettera f), e che in tal caso il tribunale, accertata la sussistenza dei presupposti di cui ai numeri 1), 2) e 3) della lettera b), confermi entro breve termine l'ammissione alla procedura medesima;

          i) disciplinare le modalità di nomina del comitato di sorveglianza da parte del Ministro dello sviluppo economico e, per quanto riguarda i componenti da individuare tra i creditori, da parte del tribunale, nonché la sua composizione e i relativi poteri, specialmente con riguardo alla vigilanza sugli interessi dei creditori, sull'attuazione del programma e sulle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali;

          l) disciplinare le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario

 

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straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare:

              1) la sospensione ovvero lo scioglimento dei contratti pendenti;

              2) il pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto;

              3) l'esonero dalle azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall'imprenditore;

          m) definire i contenuti del programma di ristrutturazione sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, nonché la durata dei programmi di ristrutturazione e di cessione dei complessi aziendali, assicurandone la flessibilità in funzione delle caratteristiche dell'impresa e dei mercati di riferimento;

          n) legittimare il commissario straordinario e il comitato di sorveglianza a presentare al tribunale istanza di conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria, in caso di mancata realizzazione del programma ovvero di comprovata insussistenza o del venire meno delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico; attribuire analoga facoltà a una percentuale non irrisoria dei creditori, consentendone l'esercizio non prima di un congruo termine, in modo da garantire la stabilità della procedura, nella fase iniziale, e l'effettività della tutela dei creditori;

          o) disciplinare l'accesso delle imprese in amministrazione straordinaria al concordato, anche sulla base di proposte concorrenti, in armonia con i princìpi e criteri direttivi previsti dall'articolo 6;

          p) estendere alla procedura di amministrazione straordinaria riguardante i gruppi di imprese i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 3;

          q) prevedere, per quanto non altrimenti disciplinato e in particolare per quanto attiene all'esecuzione del programma,

 

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che trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sostituendo il fallimento con la liquidazione giudiziale, e che, entro i limiti consentiti dalla normativa dell'Unione europea, sia tenuta ferma la possibilità per lo Stato di garantire i debiti contratti dalle imprese in amministrazione straordinaria ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95.

Capo III
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 16.
(Disposizioni finanziarie).

      1. Dall'attuazione della presente legge e dei decreti legislativi da essa previsti, ad eccezione delle disposizioni dell'articolo 2, comma 1, lettera n), e dell'articolo 11, comma 1, lettera a), per le quali sono previste specifiche autorizzazioni di spesa, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Ad essa si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente.
      2. In considerazione della complessità della materia trattata e dell'impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schema di decreto legislativo di cui alla presente legge, la corrispondente relazione tecnica evidenzia gli effetti sui saldi di finanza pubblica. Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovino compensazione nel proprio ambito, si provvede ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.