XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3651



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VENITTELLI, MORETTO, DE MENECH, ZOGGIA, CRIVELLARI

Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di modalità di pagamento e criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme dovute per gli aiuti di Stato dichiarati incompatibili con la normativa europea, concessi sotto forma di sgravio, nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia

Presentata il 2 marzo 2016


      Onorevoli Colleghi! Con sentenza del 17 settembre 2015 (Commissione c. Italia, C-367/14), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia al pagamento di una penalità semestrale di 12 milioni di euro e di una somma forfetaria di 30 milioni di euro quale sanzione per non aver adottato le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 6 ottobre 2011 (Commissione c. Italia, C-302/09), relativa al mancato recupero degli aiuti concessi alle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia recanti sgravi degli oneri sociali, di cui ai decreti-legge n. 669 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1997, e n. 96 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 206 del 1995, dichiarati incompatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato con la decisione 2000/394/CE del 25 novembre 1999.
      La vicenda ha avuto origine negli anni ’90 quando l'Italia ha notificato alla Commissione europea il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 5 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, relativo ai criteri per l'attribuzione degli sgravi degli oneri sociali previsti dall'articolo 59 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978,

 

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n. 218, che dettava una disciplina speciale per lo sgravio degli oneri sociali dovuti dai datori di lavoro all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nel Mezzogiorno, tra il 1994 e il 1996. Con la decisione 95/455/CE del 1o marzo 1995 relativa alle disposizioni in materia di sgravi degli oneri sociali nel Mezzogiorno a carico delle imprese e di fiscalizzazione di alcuni di tali oneri, la Commissione europea ha dichiarato il regime di sgravi degli oneri sociali compatibile con il mercato comune, con alcune condizioni: in particolare si prevedeva che le autorità italiane dovessero comunicare alla Commissione le disposizioni adottate per l'attuazione del piano di smantellamento progressivo del programma di aiuti, disposto dalla stessa decisione.
      Con il decreto-legge n. 96 del 1995, è stato esteso, per gli anni 1995 e 1996, il regime di aiuti previsto dal citato decreto ministeriale 5 agosto 1994 alle imprese del territorio di Venezia insulare e di Chioggia. Il decreto-legge n. 669 del 1996 ha poi previsto l'applicazione di tale regime, per il 1997, in favore delle imprese situate sia nelle regioni del Mezzogiorno sia nel territorio di Venezia insulare e di Chioggia. È da notare che l'articolo 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994 prevede uno sgravio sull'intero ammontare dei contributi dovuti dai datori di lavoro; l'articolo 2 dispone, invece, un'esenzione dagli oneri sociali per i nuovi posti di lavoro creati nelle imprese per un periodo di un anno dalla data di assunzione di un lavoratore disoccupato. Secondo i dati forniti dall'INPS, tra il 1995 e il 1997 sono stati concessi sgravi dei contributi sociali a imprese situate nel territorio di Venezia e di Chioggia, in applicazione dell'articolo 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, per un ammontare medio annuo di 73 miliardi di lire (l'equivalente di 37,7 milioni di euro), di cui hanno beneficiato 1.645 imprese. Gli sgravi concessi ai sensi dell'articolo 2 dello stesso decreto sono stati pari a 567 milioni di lire (292. 831 euro) all'anno, di cui hanno beneficiato 165 imprese situate nel territorio di Venezia insulare o di Chioggia. Con lettera del 10 giugno 1997, le autorità italiane hanno notificato alla Commissione europea la legge n. 30 del 1997, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 669 del 1996, conformemente alle disposizioni della decisione 95/455/CE, che aveva dichiarato il regime di sgravi degli oneri sociali compatibile con il mercato comune. Con lettera del 1o luglio 1997, seguita da un sollecito del 28 agosto 1997, la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni riguardo all'estensione dell'ambito di applicazione del regime di sgravi degli oneri sociali in favore delle imprese di Venezia e Chioggia. In assenza di risposta, la Commissione, con lettera del 17 dicembre 1997, ha comunicato all'Italia la decisione di avviare il procedimento previsto dall'articolo 88, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità economica europea, di seguito «Trattato CE», relativamente agli aiuti disposti dalle leggi n. 206 del 1995 e n. 30 del 1997, che estendevano l'ambito di applicazione degli sgravi degli oneri sociali previsti per il Mezzogiorno ai territori di Venezia insulare e di Chioggia. È da rilevare che le autorità italiane hanno sospeso il regime di sgravi degli oneri sociali a partire dal 1o dicembre 1997. Il comitato «Venezia vuole vivere», un'associazione che raggruppa le principali organizzazioni di operatori industriali e commerciali di Venezia costituito a seguito dell'avvio del procedimento di indagine della Commissione europea per coordinare le azioni dirette a rimediare alla situazione svantaggiosa degli operatori stabiliti a Venezia, ha presentato le sue osservazioni con una lettera del 17 marzo 1998 e ha fornito una memoria, corredata di uno studio svolto dal Consorzio per la ricerca e la formazione (COSES) del marzo 1998, che segnalava le difficoltà delle imprese operanti nella laguna rispetto alle imprese situate sulla terraferma. Il 18 maggio 1998 anche il comune di Venezia ha presentato una serie di osservazioni, corredate di un primo studio elaborato dal COSES sul medesimo argomento del febbraio 1998, segnalando, tra l'altro, che
 

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tra i beneficiari degli sgravi vi erano anche le imprese municipalizzate, incaricate della prestazione di un servizio pubblico di interesse generale; per tali imprese il comune chiedeva l'applicazione dell'articolo 86, paragrafo 2, del Trattato CE.
      Le autorità italiane hanno presentato le loro osservazioni con una lettera del 23 gennaio 1999; con una lettera successiva del 10 giugno 1999 hanno manifestato alla Commissione europea la loro piena adesione alle osservazioni del comune di Venezia. Nella decisione 2000/394/CE, la Commissione ha dichiarato aiuti compatibili con il mercato comune gli sgravi degli oneri sociali di cui alle leggi n. 30 del 1995 e n. 206 del 1997, che rinviano all'articolo 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, quando tali sgravi sono accordati a imprese, insediate nei territori di Venezia e Chioggia, che sono qualificabili come piccole e medie imprese (PMI) ai sensi della disciplina europea degli aiuti di Stato alle PMI vigente nel 1996, che sono imprese insediate in una zona legittimata a beneficiare della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato CE o che sono imprese che assumono categorie di lavoratori con particolari difficoltà d'inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro, secondo gli orientamenti europei in materia di occupazione. La stessa decisione ha dichiarato invece aiuti incompatibili con il mercato comune quelli previsti dall'articolo 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, accordati a imprese che non sono PMI e che sono localizzate al di fuori delle zone legittimate a godere della deroga prevista dal citato articolo 87, paragrafo 3, lettera c), nonché gli aiuti di Stato che prevedono uno sgravio sull'intero ammontare dei contributi dovuti dai datori di lavoro ai sensi dell'articolo 1 del decreto ministeriale 5 agosto 1994; ha invitato pertanto l'Italia a recuperare presso i beneficiari gli aiuti dichiarati incompatibili.
      La decisione della Commissione è stata oggetto di numerosi ricorsi; con sentenza del 28 novembre 2008, il Tribunale di primo grado delle Comunità europee ha respinto i ricorsi di annullamento della decisione; le impugnazioni proposte contro tale sentenza sono poi state respinte dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (9 giugno 2011). Contestualmente la questione ha sollevato un contenzioso davanti ai giudici italiani; in particolare, il tribunale civile di Venezia, competente in materia trattandosi di sgravi contributivi e previdenziali, ha adottato numerose misure cautelari di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti diretti al recupero degli aiuti illegittimi.
      Nel 2009 la Commissione europea ha presentato un ricorso per inadempimento contro l'Italia per non aver adottato, entro i termini prescritti, tutte le misure necessarie al recupero degli aiuti. Con la citata sentenza del 6 ottobre 2011 la Corte, accertato che l'Italia non aveva provveduto al recupero degli aiuti imposto dalla decisione della Commissione, ha sottolineato che le autorità nazionali avevano l'obbligo di esaminare caso per caso se i benefìci concessi fossero in grado di falsare la concorrenza e di incidere sugli scambi all'interno dell'Unione europea.
      Sulla questione è intervenuta la legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) che all'articolo 1, commi da 351 a 356, ha disposto norme in merito all'attività istruttoria – da svolgere a cura dell'INPS – necessaria ad accertare l'idoneità dell'agevolazione a falsare o a minacciare la concorrenza e a incidere sugli scambi europei; il recupero degli aiuti si presentava infatti molto complesso, sia per il numero elevato di beneficiari, sia perché la Commissione europea richiedeva l'esame dell'eventuale illegittimità degli aiuti concessi per ogni singolo caso.
      Dopo l'istruttoria, in base al comma 354 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012, l'INPS avrebbe dovuto notificare alle imprese beneficiarie degli aiuti illegali un provvedimento motivato con avviso di addebito e con intimazione di pagamento dei contributi non versati (per effetto del regime agevolativo) e dei relativi interessi, calcolati al saggio di interesse individuato sulla base delle disposizioni del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione,
 

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del 21 aprile 2004, maturati dalla data in cui l'impresa aveva fruito dell'agevolazione e sino alla data del recupero effettivo.
      L'articolo 11 del regolamento (CE) n. 794/2004 dispone che «Il tasso di interesse è applicato secondo il regime dell'interesse composto fino alla data di recupero dell'aiuto. Gli interessi maturati l'anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi».
      Occorre però sottolineare che il regolamento si applica a tutte le decisioni di recupero notificate dopo il 20 maggio 2004 (data di entrata in vigore del regolamento). La decisione 2000/394/CE sugli aiuti concessi sotto forma di sgravio nel triennio 1995-1997 alle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia è del 25 novembre 1999: gli interessi sulle somme da recuperare per tale agevolazione avrebbero dovuto pertanto essere calcolati ai sensi degli articoli 1282 e 1284 del codice civile, come già disposto per casi analoghi notificati prima del 20 maggio 2004. Gli interessi dovrebbero inoltre essere dovuti solo dalla data dell'avviso di addebito dell'INPS (emanato a seguito dell'istruttoria volta ad accertare l'illegittimità degli aiuti) e sino alla data del recupero effettivo. L'articolo 1283 del codice civile, nello stabilire il divieto di anatocismo, chiarisce infatti che «gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza [cc 1282], e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi».
      Per rendere possibile la verifica «caso per caso» imposta dalla pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea, il comma 356 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 ha inoltre stabilito l'estinzione ope legis dei processi pendenti alla data di entrata in vigore della legge. Successivamente, l'articolo 49 della legge n. 234 del 2012 ha modificato il procedimento contenzioso in materia di aiuti di Stato attribuendo la competenza in via esclusiva al giudice amministrativo sulle controversie in esecuzione di una decisione di recupero.
      Nel luglio 2014, come già rilevato, la Commissione europea, ritenendo che l'Italia non avesse adottato le misure necessarie per ottemperare alla sentenza di inadempimento, in quanto la maggior parte degli aiuti concessi, dichiarati incompatibili con il mercato interno, non erano stati recuperati, con ricorso proposto ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), ha chiesto la condanna dell'Italia al pagamento di una penalità e di una somma forfetaria (al momento della presentazione del ricorso – 25 luglio 2014 – secondo la Commissione doveva essere recuperato ancora circa l'81 per cento degli aiuti, secondo il Governo italiano circa il 70 per cento).
      È da notare che la Commissione, riconoscendo le difficoltà che lo Stato italiano avrebbe incontrato nel recupero degli aiuti presso un gran numero di beneficiari, ha proposto alla Corte di giustizia dell'Unione europea che la penalità fosse calcolata in forma decrescente tenendo conto dei progressi realizzati dall'Italia nel corso dell'esecuzione, ovvero dell'entità degli aiuti il cui recupero era provato. In particolare, l'importo della penalità si sarebbe dovuto stabilire ogni sei mesi, moltiplicando l'importo giornaliero della penalità di 187.264 euro (importo individuato dalla Commissione sulla base di particolari criteri di calcolo) per 182,5 giorni – per riflettere la periodicità semestrale – e per la percentuale degli aiuti ancora da recuperare alla scadenza del semestre rispetto all'importo degli aiuti da recuperare all'inizio del periodo considerato. La Corte non ha tenuto conto della proposta formulata dalla Commissione nel ricorso del luglio 2014 e ha condannato lo Stato italiano al pagamento, oltre che di una somma forfetaria di 30 milioni di euro, di una penalità di 12 milioni di euro per ogni semestre di ritardo dal giorno di pronuncia della sentenza fino all'esecuzione della sentenza del 2011. Una penalità che non tiene conto del fondamentale principio di proporzionalità, che prevede che una sanzione sia commisurata all'inadempimento accertato e che la stessa penalità sia
 

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applicata in misura decrescente, su base semestrale o annuale, a misura dell'avanzamento nell'esecuzione della sentenza di accertamento (Corte di giustizia dell'Unione europea sentenza C-278/01 del 23 novembre 2003).
      Considerando che il principale obiettivo delle istituzioni dell'Unione europea è «garantire l'esecuzione più rapida possibile della sentenza» che ha fatto seguito a un inadempimento e che è interesse dell'Italia – com’è evidente – accelerare, per quanto possibile, il recupero degli aiuti illegali (anche per evitare l'applicazione – per lungo tempo – di sanzioni draconiane), con la presente proposta di legge si interviene per rendere possibile e rapido il recupero di tali aiuti presso i beneficiari, anche in relazione al fatto che sono trascorsi quasi quattro anni dalla pronuncia della sentenza di accertamento e più di quindici anni dalla decisione con cui la Commissione europea ha qualificato come incompatibile con il mercato interno il regime di aiuti in esame; senza dire che la chiusura della vicenda permetterebbe allo Stato italiano di non incorrere nel pagamento delle penalità semestrali previste dalla sentenza del 17 settembre 2015.
      Vi è inoltre da considerare che le perentorie richieste da parte dell'INPS – dopo l'istruttoria che ha accertato l'illegittimità di parte degli aiuti concessi – non hanno sortito alcun risultato: gli addebiti per il recupero degli aiuti raggiungono infatti somme elevatissime, di milioni di euro, in particolare perché i relativi interessi – calcolati secondo le disposizioni della citata legge n. 228 del 2012 – rappresentano i due terzi del debito complessivo.
      Alcune imprese hanno versato – anche nel corso del 2014 – le somme relative al capitale, ma non gli interessi, particolarmente onerosi perché la legge n. 228 del 2012 ha stabilito, come già ricordato, che gli interessi siano calcolati ai sensi del capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 e quindi in base al regime dell'interesse composto. Le imprese, e segnatamente le cooperative di pesca, non possono pagare perché sono prive di mezzi finanziari propri e perché andrebbero incontro al dissesto; il versamento dell'ammontare totale – per capitale e interessi – delle somme dovute potrebbe determinare la crisi di molte imprese nei settori coinvolti – in particolare turismo, industria, vetro, servizi e pesca – di Venezia e Chioggia, comprese anche importanti aziende controllate dal comune di Venezia, con effetti pesanti in termini occupazionali e con ricadute – indirette – sull'INPS e sul bilancio dello Stato per i necessari interventi con ammortizzatori sociali e con politiche attive del lavoro.
      È importante notare che la recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 settembre 2015 in merito ai criteri di determinazione degli interessi relativi al recupero di aiuti incompatibili con il mercato comune, nel caso in cui la decisione di recupero sia stata notificata anteriormente all'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 794/2004 (è il caso di Venezia e Chioggia, per le quali la decisione è stata notificata nel 1999), ha rinviato al diritto nazionale la determinazione dei criteri da applicare per il calcolo degli interessi sulle somme da recuperare.
      Considerando che lo Stato membro, destinatario di una decisione che gli impone di recuperare aiuti illegittimi, è tenuto, ai sensi dell'articolo 260 del TFUE, ad adottare ogni misura idonea a un recupero effettivo e immediato degli aiuti, dando così tempestiva esecuzione alle sentenze di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea, la presente proposta di legge interviene per rendere sostenibile – e quindi possibile – il recupero degli aiuti concessi alle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia, sia modificando i criteri di calcolo e di decorrenza degli interessi sulle somme da recuperare sia ammettendo la compensazione delle medesime somme con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell'INPS.
      L'articolo 1 modifica il comma 354 dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012 per definire nuovi criteri di calcolo degli interessi sulle somme da recuperare: saggio
 

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di interesse semplice e non composto (ai sensi dell'articolo 1282 del codice civile) applicato dalla data dell'avviso di addebito dell'INPS – che ha emesso tale addebito dopo l'istruttoria volta ad accertare l'illegittimità degli aiuti – e sino alla data del recupero effettivo.
      Inoltre si prevede che le somme dovute per gli aiuti concessi sotto forma di sgravio nel triennio 1995-1997 e i relativi interessi possano essere compensati con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell'INPS.
      L'articolo 2 prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze attivi il procedimento di rivalsa a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali, come espressamente previsto dal comma 3 dell'articolo 43 della legge n. 234 del 2012.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Calcolo e decorrenza e regime di compensazione degli interessi sulle somme dovute per gli aiuti di Stato dichiarati incompatibili con la normativa europea, concessi sotto forma di sgravio nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia).

      1. Al comma 354 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, le parole: «nonché degli interessi, calcolati sulla base delle disposizioni di cui al Capo V del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione del 21 aprile 2004, maturati dalla data in cui si è fruito dell'agevolazione e sino alla data del recupero effettivo» sono sostituite dalle seguenti: «nonché degli interessi, calcolati sulla base delle disposizioni dell'articolo 1282 del codice civile, maturati dalla data della notifica dell'avviso di addebito e fino alla data del recupero effettivo. Le somme dovute e i relativi interessi possono essere compensati con crediti certi, liquidi ed esigibili delle medesime imprese nei confronti dell'INPS».

Art. 2.
(Diritto di rivalsa dello Stato per oneri derivanti da violazioni del diritto dell'Unione europea).

      1. A fronte dei pagamenti effettuati per gli oneri derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea, il Ministero dell'economia e delle finanze attiva il procedimento di rivalsa a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi aventi finalità strutturali.