CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3575 |
Onorevoli Colleghi! La frattura tra coloro che assimilano l'interruzione dell'accanimento terapeutico all'omicidio e coloro che difendono l'esistenza di un diritto di morire quando e come lo si desidera ha per anni impedito al legislatore di affrontare in modo sereno alcune delle questioni fondamentali che riguardano la vita e la morte di ognuno di noi. Talvolta ci si è dilaniati invocando norme e valori universali senza interrogarsi su come una persona malata possa «riappropriarsi» della propria morte. Talvolta si è utilizzato in modo forse superficiale il termine «eutanasia» senza fare alcuna distinzione tra il concetto di lasciar morire e quello di far morire. Talvolta si è dato per scontato che il medico sappia sempre e comunque meglio di chiunque altro ciò che si debba fare o non fare in determinate circostanze. Così si è dimenticando progressivamente che il dramma della fine della vita ci riguarda tutti, e che tutti, un giorno o l'altro, ci ritroveremo in tali condizioni, sentendoci forse impotenti di fronte alle decisioni che altri vorranno prendere al nostro posto, cercando disperatamente di essere rispettati almeno un'ultima volta, soprattutto quando non c’è più niente da fare.
Nei «Fratelli Karamazov», Dostoevskij scriveva: «Ama la vita più del senso, e anche il senso troverai». Ma quando niente è più possibile, quando si sopravvive solo perché attaccati ad un respiratore, nutriti con una sonda gastrica e
1. Ogni persona, dopo essere stata informata in modo chiaro, imparziale, completo e appropriato dal personale medico delle conseguenze della propria decisione, ha il diritto:
a) di rifiutare l'inizio o la prosecuzione di qualsiasi trattamento sanitario, compresi il sostegno vitale e l'alimentazione e idratazione artificiali;
b) nel caso in cui si trovi nella fase terminale di una malattia incurabile o di particolare gravità, di ricevere tutti i trattamenti necessari alla diminuzione delle proprie sofferenze, anche quando tali trattamenti possano avere come effetto secondario quello di accelerarne la morte.
2. Il personale medico e sanitario è tenuto a eseguire la volontà del paziente ai fini dell'esercizio dei diritti di cui al comma 1 quando tale volontà è espressa:
a) direttamente da un paziente maggiorenne capace di intendere e di volere e dotato della facoltà di comunicare;
b) per i pazienti minorenni, da chi esercita la responsabilità genitoriale o dal tutore;
c) in caso di incapacità permanente o di perdita definitiva della facoltà di comunicare del paziente, da una persona di sua fiducia da lui a tal fine designata con atto scritto e autenticato dall'ufficiale dello stato civile del comune di residenza o di domicilio, ovvero, in sua mancanza, unanimemente dai parenti entro il secondo grado e dal coniuge.
3. La condotta del personale medico e sanitario che esegue la volontà del paziente ai sensi del comma 2, in caso di morte del paziente stesso, non configura i reati di cui agli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale.
1. La Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri adotta le disposizioni deontologiche necessarie per l'attuazione della presente legge, con particolare riferimento:
a) ai contenuti e alle forme delle informazioni che il personale medico deve fornire ai pazienti ai fini di cui all'articolo 1, comma 1, alinea;
b) all'individuazione delle condizioni in cui una malattia deve essere considerata incurabile o di particolare gravità ai fini di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b).
2. In sede di prima attuazione della presente legge, le disposizioni di cui al comma 1 sono adottate entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge stessa.