CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3497 |
Onorevoli Colleghi! La riforma delle pensioni del 1995 (legge 8 agosto 1995, n. 335), introducendo per le persone che hanno iniziato l'attività lavorativa dal 1996 in poi un sistema di calcolo delle pensioni esclusivamente contributivo, ha realizzato il concetto di trasformazione in pensione dei contributi accumulati durante la vita lavorativa, al fine di garantire l'equilibrio e la sostenibilità del sistema previdenziale. Nel contempo ha abolito il diritto all'integrazione al trattamento minimo che era stato un intervento attraverso il quale veniva garantito ai lavoratori un trattamento pensionistico ritenuto indispensabile per vivere in presenza di requisiti precisi e di condizioni reddituali definite. La mancata previsione dell'integrazione al trattamento minimo per le pensioni liquidate con il calcolo contributivo doveva essere compensata dall'introduzione della previdenza integrativa, secondo pilastro, prevista però su adesione volontaria, con l'obiettivo di garantire ai futuri pensionati un reddito ulteriore che andava a sommarsi alla pensione di base come primo pilastro.
A oltre venti anni dall'entrata in vigore della legge di riforma si stanno verificando e diventano di grande rilevanza sociale le
Articolo 1: viene introdotto il diritto, per le pensioni calcolate esclusivamente con il sistema di calcolo contributivo specificate negli articoli successivi, a un'integrazione di tali trattamenti fino al minimo vitale di 7.000 euro (7.000 euro annui corrispondono circa alla media dei redditi individuati dall'Istituto nazionale di statistica nei vari territori italiani), al di sotto dei quali si considerano le persone in povertà assoluta, da rivalutare annualmente.
Articolo 2: rientrano nel diritto all'integrazione le prestazioni di invalidità di cui alla legge 12 giugno 1984, n. 222:
quando la prestazione è corrisposta in condizioni reddituali personali inferiori a 7.000 euro complessivi, al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali;
quando la prestazione è corrisposta in condizioni di reddito coniugale inferiore a 14.000 euro complessivi, al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali.
In ogni caso l'integrazione è corrisposta in misura tale da non consentire il superamento delle soglie di reddito indicate.
L'integrazione viene comunque erogata in presenza, nel nucleo familiare, di figli minori o inabili, individuati dall'articolo 13 della legge 4 aprile 1952, n. 218, come sostituito dalla legge 21 luglio 1965, n. 903.
Articolo 3: rientrano nel diritto all'integrazione, le pensioni ai superstiti a condizione che il coniuge percettore sia in situazione di indigenza con reddito inferiore a 7.000 euro complessivi, al netto delle trattenute fiscali e previdenziali. L'integrazione viene corrisposta in misura tale da non superare la misura della soglia reddituale. L'integrazione viene comunque erogata in presenza, nel nucleo familiare superstite, di figli minori o inabili aventi diritto alla pensione, individuati ai sensi del citato articolo 13 della legge n. 218 del 1952.
Articolo 4: sono individuate le tipologie reddituali rilevanti ai fini del diritto all'integrazione in base alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140: redditi di qualsiasi natura compresi i redditi esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. È esclusa dal novero dei redditi rilevanti la casa di abitazione.
1. Per i trattamenti pensionistici di cui agli articoli 2 e 3 della presente legge, calcolati con il sistema esclusivamente contributivo, determinato dall'articolo 1, commi 6 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, è istituita l'integrazione al minimo vitale, erogata in misura da consentire che l'ammontare dei trattamenti stessi non sia inferiore all'importo annuo di 7.000 euro. Tale importo è annualmente rivalutato in base alla variazione del costo della vita accertata dall'Istituto nazionale di statistica.
1. Le prestazioni di cui alla legge 15 giugno 1984, n. 222, il cui importo annuo, al lordo delle ritenute fiscali, è inferiore a 7.000 euro, sono integrate nel limite del minimo vitale di cui all'articolo 1 della presente legge, in presenza delle seguenti condizioni:
a) se il titolare della prestazione non è coniugato, il reddito personale non deve superare, al netto delle trattenute fiscali e previdenziali, l'importo complessivo annuo di 7.000 euro;
b) se il titolare è coniugato, il reddito coniugale non deve superare, al netto delle trattenute fiscali e previdenziali, l'importo complessivo annuo di 14.000 euro.
2. Nel caso in cui il reddito personale, o coniugale sia inferiore alle soglie reddituali indicate dalle lettere a) e b) del comma 1, l'integrazione al minimo vitale è corrisposta in misura da non superare la misura di tali soglie.
3. L'integrazione al minimo vitale è comunque corrisposta in caso di presenza
1. La pensione ai superstiti il cui importo annuo, al lordo delle ritenute fiscali, è inferiore a 7.000 euro, è integrata nel limite del minimo vitale di cui all'articolo 1, a condizione che il titolare della pensione sia percettore di un reddito annuo non superiore, al netto delle trattenute fiscali e previdenziali, all'importo complessivo di euro 7.000.
2. Nel caso in cui il reddito personale sia inferiore alla soglia reddituale indicata dal comma 1, l'integrazione al minimo vitale è corrisposta in misura da non superare la misura di tale soglia.
3. L'integrazione al minimo vitale è comunque corrisposta in presenza nel nucleo familiare di figli classificati ai sensi dell'articolo 13 della legge 4 aprile 1952, n. 218.
1. Ai fini della valutazione dei redditi di cui agli articoli 2 e 3 della presente legge, si considerano i redditi previsti dall'articolo 1, comma 3, della legge 15 aprile 1985, n. 140, con esclusione del reddito della casa di abitazione.
1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in 51 milioni di euro, si provvede con le risorse del fondo istituito dal comma 709 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.