CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 259-262-1312-1324-1581-1769-1902-2155-A-bis |
Onorevoli Colleghi! Il testo alternativo che presentiamo all'attenzione del Parlamento nasce dalla necessità di impegnare le Camere in una riflessione rigorosa rispetto a diversi e gravi aspetti inerenti al testo unificato delle proposte di legge n. 259 e abbinate, recante: «Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario», approvato dalla Commissione Affari Sociali.
È una assunzione di responsabilità di cui riteniamo di doverci far carico, anche per rendere chiare all'opinione pubblica le scelte delle forze politiche rappresentate in Parlamento.
Bisogna però fare una prima riflessione: è aberrante che tale provvedimento che sin dall'inizio ma sempre più nel suo prosieguo ha investito ed investe principalmente il tema giuridico della responsabilità medica nonché la tutela e l'affidamento del paziente non sia stato assegnato in sede referente anche alla Commissione Giustizia della Camera.
Che il tema della responsabilità professionale nell'ambito sanitario sia un tema rilevante lo si evince sia dalle cronache che quotidianamente parlano di errori, purtroppo spesso mortali, in campo sanitario, ma anche documenti ufficiali come la relazione della Commissione di inchiesta sugli errori in campo sanitario che concluse i lavori a ridosso della fine della scorsa legislatura. Infatti la Commissione, con una relazione approvata il 22 gennaio 2013, registrò che erano quattrocento pazienti morti da aprile 2009 a dicembre 2012 per presunti casi di malasanità, su un totale di 570 casi segnalati.
Numerose sono le «ombre» della sanità italiana, sia pubblica che privata, che la Commissione d'inchiesta ha posto in evidenza, tra le quali le incongruenze relative al rapporto tra posti letto e personale medico.
In Italia, le regioni dove si spende di più per il servizio sanitario sono anche quelle in cui lo stesso è di peggiore qualità. Emerge uno scarto regionale tra Nord e Sud che parla di un Paese diviso da una sanità ancora disomogenea e dove si registra una forte migrazione da Sud verso Nord. Al Sud si ravvisano responsabilità organizzative e politiche che andrebbero meglio indagate ed eventualmente perseguite.
Il quadro dei dati totali riportati dall'Annuario statistico del Ministero della salute riporta che i medici in strutture pubbliche ed equiparate sono circa 100.000, le aziende sanitarie locali (ASL) 148, le strutture di ricovero pubbliche 638 e le case di cura 603, mentre i posti letto pubblici risultano 202.845, gli accreditati 48.178 e quelli effettivamente utilizzati 212.144.
Numerosi sono i casi in cui presso le aziende si lavora senza copertura assicurativa; casi in cui l'assicurazione ha esaurito il massimale e l'ASL è costretta a difendersi da sola. Ciò avrebbe dovuto indicare la necessità di modalità assicurative per la responsabilità civile verso terzi, secondo un modello che prevede l'autogestione interna alle aziende per i sinistri al di sotto dei 500.000 euro e l'accensione di polizze con compagnie assicurative per quelli superiori, i cosiddetti «danni catastrofali».
In diversi casi si è riscontrato che i grandi gruppi assicurativi abbandonano gli ospedali e le ASL italiani, ritenuti un mercato non conveniente e troppo rischioso
a) prodotto particolari benefici in capo ai medici (innanzitutto in termini di maggiore serenità);
b) diminuito la prescrizione di esami diagnostici e quindi i costi della sanità;
c) scongiurato il verificarsi di eventi avversi per i pazienti (il numero dei sinistri è lungi dall'essere decrementato): semplicemente è venuta a ribassarsi la tutela accordata alle vittime della sanità.
Oltreoceano si è pervenuti recentemente alle seguenti conclusioni: «Nel corso del dibattito sulla riforma della sanità, la medicina difensiva è diventata la causa colpevole della crescita dei costi, in particolare per la crescita dei premi derivanti da casi di malasanità. Definita in modo vago la frase “medicina difensiva” è impiegata per spiegare che i medici prendono decisioni più per evitare possibili controversie, invece che pensare alla salute e alla sicurezza dei loro pazienti. Sulla base di questa sola affermazione, alcuni politici iniziarono a discutere su come limitare il diritto degli americani ad intentare una causa per risarcimento dei danni per la malasanità...anche se i sostenitori della riforma della malasanità non avevano prove convincenti che il contenzioso illecito contro i medici li incoraggiasse a prendere decisioni mediche che non avrebbero fatto altrimenti. S. A. SHAPIRO, T. O., MCGARITY, N. W. VIDARGAS, J. GOODWIN, The Truth About Torts: Defensive Medicine and the Unsupported Case for Medical Malpractice “Reform” (February 1, 2012), Center for Progressive Reform White Paper No. 1203, 1, rinvenibile all'indirizzo http://ssrn.com/abstract=2139682. I fatti dimostrano che la “medicina difensiva” è in gran parte un mito, sostenuto da chi ha interesse a limitare l'accesso dei cittadini alla giustizia per i casi meritevoli, lasciando i pazienti gravemente feriti senza nessuna possibilità per ottenere la giustizia che meritano. Questi cambiamenti potrebbero limitare l'effetto deterrente di controversie civili e diminuire la sospensione delle licenze professionali da parte del sistema giudiziario, determinando più errori medici. Questa restrizione delle cause potrebbe salvare i medici ed una quantità trascurabile di premi “malasanità”, ma la stragrande maggioranza degli eventuali risparmi riempirà le tasche delle compagnie di assicurazione che hanno chiesto queste restrizioni.
Da un altro lato, questo avrà conseguenze molto reali e pericolose. Consentendo agli avversari della giustizia civile di far passare questo come una significativa riforma sanitaria ci distrae dal fare le cose che devono essere fatte per migliorare il sistema, evitando i 98.000 decessi causati da errori medici prevenibili ogni anno e riducendo il numero inaccettabile di americani non assicurati».
Osservandosi la casistica delle controversie in materia, emerge come in realtà in tutta una serie di casi, i sanitari, più preoccupati per le reprimende sugli accertamenti disposti che per il rispetto dei doveri deontologici verso gli assistiti, abbiano semmai difettato nel disporre esami ed approfondimenti pur assolutamente necessari ed imposti dalle sintomatologie riferite dai pazienti; in varie occasioni hanno mandato a casa persone di qualsiasi età (soprattutto persone anziane) nonostante affette da sintomi senz'altro meritevoli di più accurate indagini diagnostiche e specialistiche, se non direttamente di interventi ictu oculi improrogabili. In questi casi – purtroppo frequenti – evidentemente il problema non è quello della «medicina difensiva»: la vera questione è quella della crescente contrazione degli investimenti dello Stato e delle sue articolazioni sul servizio sanitario nazionale tale da porre medici e strutture in gravi difficoltà a partire da una corretta impostazione della fase diagnostica, dovendosi pure rimarcare come, l'omissione di approfondimenti sulle sintomatologie accusate dai pazienti, spesso sia il frutto di vere e proprie condotte imperite.
È del tutto evidente come il «mito» della «medicina difensiva» venga richiamato nell'esasperata ed incolta ricerca di risparmi sulla spesa sanitaria.
Dunque, prima di approdare all'approvazione di nuove disposizioni, sarebbe opportuno chiedersi se sia davvero la diminuzione delle tutele penali e di quelle risarcitorie dei cittadini danneggiati da medical malpractice a poter costituire la soluzione ottimale, la vera panacea per arginare i risvolti negativi della «medicina difensiva»; perlomeno se questa sia la via «giusta», dovendosi a quest'ultimo riguardo considerare che la tutela dei diritti di chi abbia riportato la lesione di un bene
Andrea COLLETTI,
Relatore di minoranza.
1. La sicurezza dell'atto sanitario è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell'interesse dell'individuo e della collettività.
2. La sicurezza dell'atto sanitario si realizza anche mediante l'insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all'erogazione dell'atto stesso.
3. Per atto sanitario si intendono tutte le attività di prevenzione, diagnosi, assistenza e riabilitazione del paziente, sia svolte autonomamente dalle singole professioni sanitarie, che in modo coordinato, subordinato o in équipe, anche mediante personale a qualunque titolo operante.
4. Presupposto fondante della liceità dell'atto sanitario è il consenso del paziente.
5. L'esecuzione dell'atto sanitario comporta pertanto rischi intrinseci di danno al paziente che rappresentano statisticamente il possibile esito o coesito negativo delle prestazioni sanitarie rese e pertanto – nel caso di prestazioni sanitarie erogate nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA) nazionali e regionali – sono da considerarsi interne ai LEA e quindi comunque riconducibili alla responsabilità del Servizio sanitario nazionale (SSN).
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano affidano all'ufficio del Difensore civico la funzione di Garante per il diritto alla salute e ne disciplinano la struttura organizzativa, che prevede la rappresentanza delle associazioni dei pazienti e il supporto tecnico.
2. Il Difensore civico, nella sua funzione di Garante del diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione, anche anonima, di disfunzioni del sistema dell'assistenza sanitaria.
3. Il Difensore civico acquisisce gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, agisce a tutela del diritto leso.
(*) Nel presente testo è evidenziato, ove ricorra, con apposita indicazione in calce, il carattere alternativo dell'articolo rispetto a quello corrispondente del testo della Commissione. Gli articoli privi di indicazioni in calce devono considerarsi aggiuntivi rispetto al testo della Commissione. Il testo presuppone la soppressione dell'articolo 12 del testo della Commissione.
4. In ogni regione, presso il Garante, è istituito il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie i dati regionali sul contenzioso e sugli errori sanitari e li trasmette all'Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità, di cui all'articolo 4 della presente legge.
5. Al fine di permettere l'effettiva disponibilità e trasmissibilità dei dati e delle segnalazioni sul contenzioso, a ciascun ufficio regionale del Garante del diritto alla salute è garantito l'accesso in formato digitale alle banche dati dei contenziosi dei tribunali del territorio di riferimento.
1. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l'Osservatorio nazionale sulla sicurezza in sanità, di seguito denominato «Osservatorio».
2. L'Osservatorio acquisisce digitalmente dai Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente di cui all'articolo 2 della presente legge i dati regionali relativi agli errori sanitari nonché alle cause, all'entità, alla frequenza e all'onere finanziario del contenzioso. L'Osservatorio, sulla base dei dati acquisiti, promuove le buone pratiche clinico assistenziali e le raccomandazioni evidence based per la pratica clinica secondo le regole definite dal sistema nazionale per le linee guida (SNLG) dell'Istituto Superiore di Sanità nonché percorsi per la formazione e l'aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie.
3. Il Ministro della salute trasmette con cadenza annuale al Parlamento la relazione sull'attività svolta dall'Osservatorio.
4. L'Osservatorio, nell'esercizio delle sue funzioni, si avvale del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali in data 11 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 gennaio 2010, n. 8.
1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche, private o in regime convenzionale sono soggette all'obbligo di trasparenza, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
2. Entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli aventi diritto, la direzione sanitaria della struttura fornisce telematicamente o in formato digitale la documentazione clinica relativa al paziente.
3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono altresì disponibili, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell'ultimo quinquennio, verificati nell'ambito dell'esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario di cui all'articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
1. Il medico deve informare il paziente, in modo completo e comprensibile, sulla diagnosi, sulla prognosi, sullo scopo e sulla natura del trattamento sanitario proposto, sulla sua portata ed estensione, sui rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche, sui risultati conseguibili, sugli eventuali effetti collaterali, sulla possibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso altri interventi o trattamenti sanitari e sui relativi rischi nonché sulle conseguenze del rifiuto al trattamento sanitario.
2. Le prestazioni sanitarie devono essere erogate con il consenso informato, scritto, esplicito ed attuale del paziente, salvo i casi stabiliti dalla legge.
1. Dopo l'articolo 590-bis del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 590-ter – (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). – L'esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona la morte o la lesione personale della persona assistita, non è punibile per colpa lieve.».
2. L'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, è soppresso.
1. La struttura sanitaria e l'esercente la professione sanitaria rispondono delle loro obbligazioni nei confronti del paziente ai sensi degli articoli 1218, 1223 e 1228 del codice civile.
1. L'articolo 696-bis del codice di procedura civile è sostituito dal seguente: «Art. 696-bis. – (Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite). – L'espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell'articolo 696, ai fini dell'accertamento della responsabilità e della relativa determinazione dei danni o dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696.
Si applicano gli articoli da 191 a 203 in quanto compatibili. Su istanza di parte il giudice può ordinare l'esibizione di prove ai sensi dell'articolo 210.
Su istanza di parte, da depositare entro venti giorni dal deposito della relazione finale di cui all'articolo 195, terzo comma, il giudice fissa l'udienza di comparizione per la discussione sulla relazione stessa.
Il giudice, qualora ne ravvisi la necessità, può disporre la comparizione del consulente per chiarimenti in un'apposita udienza, concedergli un termine per integrare la relazione ovvero applicare l'articolo 196.
In mancanza del deposito dell'istanza di cui al quarto comma, il consulente, dopo il deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell'espropriazione e dell'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.
Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.».
2. Il verbale di conciliazione di cui all'articolo 696-bis, comma sei, del codice di procedura civile è esente dal pagamento dell'imposta di registro.
1. L'azione di rivalsa della struttura sanitaria pubblica nei confronti dell'esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.
2. Se il danneggiato, nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria, non ha convenuto anche l'esercente la professione sanitaria, la struttura sanitaria può esercitare l'azione autonoma di rivalsa nei confronti di quest'ultimo soltanto successivamente al risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale. In ogni caso, l'azione di rivalsa deve essere esercitata, a pena di decadenza, entro due anni dall'avvenuto risarcimento.
3. La struttura sanitaria pubblica esercita azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria nella misura massima di un quinto della retribuzione mensile ovvero sino alla copertura del massimale di polizza dell'assicurazione dell'esercente la professione sanitaria. Per i cinque anni successivi al passaggio in giudicato della decisione pronunciata nel giudizio di rivalsa, l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche, non può avere assegnazione di incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti né può partecipare a pubblici concorsi per incarichi superiori.
4. Nel giudizio di rivalsa il giudice può desumere argomenti di prova dal materiale probatorio acquisito nel giudizio instaurato dal paziente nei confronti della struttura sanitaria.
5. L'esercizio dell'azione erariale da parte della procura presso la Corte dei conti rende improcedibile la domanda di rivalsa in sede civile della struttura sanitaria pubblica.
1. Le aziende del Servizio sanitario nazionale, le strutture e gli enti privati operanti in regime autonomo o accreditato con il Servizio sanitario nazionale che erogano prestazioni sanitarie a favore di terzi, pena l'impossibilità di svolgere la propria attività, devono essere provvisti di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile verso terzi e per la responsabilità civile verso prestatori d'opera, ai sensi dell'articolo 27, comma 1-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, per danni cagionati dal personale a qualunque titolo operante presso l'azienda, la struttura o l'ente. Tale disposizione si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramuraria nonché attraverso la telemedicina, purché svolte nell'ambito delle strutture sanitarie.
2. Per l'esercente la professione sanitaria che svolga la propria attività al di fuori di una struttura di cui al comma 1, resta fermo
3 Le aziende, le strutture e gli enti di cui al comma 1 rendono nota, mediante pubblicazione sul proprio sito internet, la denominazione dell'impresa che presta la copertura assicurativa, indicando per esteso i contratti, le clausole assicurative ovvero le altre analoghe misure che determinano la copertura assicurativa.
4. Con decreto da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute, definisce i criteri e le modalità di vigilanza e controllo che l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) è tenuto ad effettuare sulle compagnie assicuratrici che intendano contrarre polizze con le strutture di cui al comma 1 e con gli esercenti la professione sanitaria.
5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della salute e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti l'IVASS, l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA) nonché le associazioni di tutela dei pazienti, sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie.
1. Colui che ha subito danni derivanti da responsabilità medico-sanitaria, per i quali vige l'obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione.
2. Per l'intero massimale di polizza l'impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, né clausole che prevedano l'eventuale contributo dell'assicurato al risarcimento del danno. L'impresa di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa verso l'assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione.
3. L'azione diretta che spetta al danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l'azione verso il responsabile.
4. Il responsabile civile è tenuto ad informare il danneggiato relativamente agli estremi del proprio contratto di assicurazione vigente all'anno del sinistro.
5. L'assicuratore che riceve richiesta di risarcimento dal danneggiato, entro novanta giorni dalla richiesta, deve comunicare la somma offerta ovvero indicare i motivi per i quali non ritiene di fare alcuna
6. Fermo restando quanto previsto per l'accesso ai singoli dati personali dal codice in materia di protezione dei dati personali, le imprese di assicurazione esercenti l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da responsabilità civile medico-sanitaria sono tenute a consentire ai contraenti ed ai danneggiati il diritto di accesso agli atti a conclusione dei procedimenti di valutazione, constatazione e liquidazione dei danni che li riguardano. Se, entro sessanta giorni dalla richiesta scritta, l'assicurato o il danneggiato non è messo in condizione di prendere visione degli atti richiesti ed estrarne copia a sue spese, può inoltrare reclamo all'IVASS anche al fine di veder garantito il proprio diritto.
1. Con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, di concerto con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite e le rappresentanze delle imprese assicuratrici, previo parere delle competenti commissioni parlamentari è istituito il Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria.
2. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1, costituito presso la Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. (CONSAP), risarcisce i danni cagionati da responsabilità sanitaria nei casi in cui: a) il danno sia di importo eccedente rispetto ai massimali previsti dai contratti stipulati dalla struttura sanitaria ovvero dall'esercente la professione sanitaria; b) la struttura sanitaria ovvero l'esercente la professione sanitaria risultano assicurati presso un'impresa che al momento del sinistro si trovi in stato di insolvenza o di liquidazione coatta o vi venga posta successivamente.
3. Il Fondo di garanzia di cui al comma 1 provvede al risarcimento del danno per una somma pari all'importo eccedente i massimali previsti dai contratti stipulati, fatto salvo il caso di cui alla lettera b, comma 2 del presente articolo nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie del Fondo stesso.
4. Le imprese autorizzate all'esercizio delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati da responsabilità sanitaria sono tenute a versare annualmente alla CONSAP – gestione autonoma del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria, con le modalità stabilite dal decreto di cui al comma 1, un
5. La misura del contributo è determinata e aggiornata con cadenza annuale, con regolamento da adottare secondo la procedura di cui al comma 1.
6. Per la determinazione del contributo di cui al precedente comma la CONSAP – gestione autonoma del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria, è tenuta a trasmettere ogni anno al Ministero dello sviluppo economico un rendiconto della gestione riferito all'anno precedente, secondo le disposizioni stabilite dal regolamento di cui al comma 1.
7. Con il regolamento di cui al comma 1 sono disciplinati, altresì, il funzionamento, le modalità di intervento i massimali da prevedere nei contratti da stipulare in relazione a tabelle di invalidità percentuale e di indennizzo ed il regresso del Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria nei confronti del responsabile del sinistro.
8. La Consap invia una relazione annuale alle competenti commissioni parlamentari sullo stato di attuazione di quanto previsto dal presente articolo in particolare sulle risorse disponibili del Fondo di cui al comma 1 e sul numero e gli importi dei risarcimenti del danno erogati in relazione ai casi di cui alle lettere a) e b del comma 2 del presente articolo, l'elenco delle imprese assicuratrici che hanno contribuito al Fondo e gli importi versati.»
9. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai sinistri denunciati per la prima volta dopo l'entrata in vigore della presente legge.
1. Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria implicanti la valutazione di problemi di particolare complessità e che riguardano materie di differenti specializzazioni medico-cliniche, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico legale e a uno specialista, senza maggiori oneri per le parti o per lo Stato.
2. Negli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di attuazione del codice di procedura penale di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere indicate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina.
3. Gli albi dei periti di cui all'articolo 67 delle norme di attuazione del codice di procedura penale di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e gli albi dei consulenti di cui all'articolo 13 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile di cui al regio
1. Al primo comma dell'articolo 192 del codice di procedura civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e con l'avvertimento che costituisce causa di astensione o di ricusazione l'avere, negli ultimi cinque anni, intrattenuto rapporti personali o professionali continuativi con taluna delle parti o con soggetti a essi riferibili. Di tali circostanze il consulente deve darne conoscenza alle parti e al giudice a mezzo di posta elettronica certificata e con dichiarazione depositata in cancelleria almeno tre giorni prima dell'udienza di comparizione. Il consulente, nominato nelle cause di responsabilità medico-sanitaria, deve altresì dichiarare se sussiste rapporto di collaborazione e/o consulenza continuata con compagnie di assicurazione ovvero con una delle parti.».
2. All'articolo 193 del codice di procedura civile è aggiunto alla fine il seguente periodo: «L'adempimento della funzione comporta il divieto per il consulente di assumere incarichi professionali per conto di alcuna delle parti nei 12 mesi successivi al giuramento».
3. All'articolo 193 del codice di procedura civile, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Il consulente deve dare inizio alle operazioni peritali non prima di sette giorni e, comunque, non oltre trenta giorni dalla data dell'udienza in cui ha prestato il giuramento».
4. All'articolo 195 del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La relazione deve essere depositata in cancelleria entro il termine fissato dal giudice; che non può essere superiore, salvo casi di speciali difficoltà nell'esecuzione delle operazioni peritali, a novanta giorni»;
b) il terzo comma è sostituito dai seguenti:
«Le parti possono formulare proprie osservazioni alla relazione con atto da depositare in cancelleria non oltre trenta giorni dal deposito della relazione. Nei successivi trenta giorni il consulente deposita un supplemento di relazione in risposta alle osservazioni formulate dalle parti. Ai fini del decorso dei predetti termini, la cancelleria comunica ai soggetti interessati l'avvenuto deposito il giorno stesso in cui viene effettuato.
Il termine per il deposito della relazione può essere prorogato dal giudice su istanza del consulente motivata da comprovate e gravi esigenze. Il giudice provvede con ordinanza prorogandolo per un tempo non superiore alla metà di quello fissato ai sensi del secondo comma e dispone obbligatoriamente, tranne nei casi di causa non imputabile al consulente, la riduzione nella misura di un terzo
Se non ritiene di provvedere alla revoca, il giudice concede un'ulteriore proroga per un tempo non superiore alla metà di quello fissato ai sensi del secondo comma e riduce obbligatoriamente il compenso di ulteriori due terzi dell'importo rideterminato ai sensi del quarto comma».