XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3365



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BUSINAROLO, AGOSTINELLI, FERRARESI, SARTI

Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato

Presentata il 15 ottobre 2015


      Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge è diretta principalmente a perfezionare la disciplina riguardante uno strumento di tutela della legalità ancora poco conosciuto in Italia, il cosiddetto whistleblowing, termine anglosassone mancante di corrispondenza nella lingua italiana, che letteralmente significa «soffiare nel fischietto», con il quale sostanzialmente si indica la segnalazione di un illecito, riscontrato in ambito lavorativo, lesivo dell'interesse pubblico. La denuncia di un illecito dovrebbe costituire un dovere civico per ogni cittadino, prima ancora che un diritto: si tratta infatti di una pratica di civiltà e di rispetto per la legalità, molto diffusa all'estero, soprattutto nei Paesi anglosassoni e scandinavi, che nel nostro Paese non soltanto resta ancora poco diffusa ma è spesso osteggiata, poiché sovente confusa con la delazione, trattandosi invece di due realtà assolutamente non sovrapponibili.
      Il whistleblowing nasce negli anni Novanta come pratica promossa da poche imprese virtuose, ma soltanto da poco tempo è stato riconosciuto quale importante strumento giuridico per prevenire e combattere comportamenti illeciti o irregolari perpetrati all'interno di istituzioni e imprese, di particolare rilevanza nell'ambito di un'effettiva ed efficace lotta alla corruzione.
      Alla base dell'esigenza di un intervento legislativo vi è la constatazione che chi denuncia casi di corruzione non soltanto non è protetto, ma rischia lavoro e futuro. Qualche passo avanti è stato fatto con l'emanazione delle Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, illustrate dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e pubblicate

 

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nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 14 maggio 2015, e con la piattaforma «Alac-Allerta Anticorruzione» realizzata da Transparency International Italia che, a distanza di circa un anno dalla sua attivazione, ha raccolto già centoquindici segnalazioni. Analogamente, l'Agenzia delle entrate ha attivato un sistema di denuncia a disposizione dei dipendenti che vogliano segnalare irregolarità o anomalie individuati sul posto di lavoro.
      Per quanto concerne le Linee guida, l'obiettivo è di offrire agli enti pubblici italiani una disciplina applicativa delle disposizioni di principio introdotte dalla legge n. 190 del 2012, recante: «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione» (cosiddetta «legge anticorruzione»), volte ad incoraggiare i dipendenti pubblici a denunciare gli illeciti di cui vengano a conoscenza nell'ambito del rapporto di lavoro, «contemporaneamente garantendo ad essi – che coraggiosamente si espongono in prima persona – la tutela della riservatezza e la protezione contro eventuali forme di ritorsione che si possano verificare sempre in ambito lavorativo».
      Come è ricordato nel documento dell'ANAC, l'introduzione di un'adeguata tutela del dipendente (pubblico e privato) che segnala condotte illecite dall'interno dell'ambiente di lavoro è prevista in convenzioni internazionali (ONU, OCSE, Consiglio d'Europa) ratificate dall'Italia, oltre che in raccomandazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, talvolta in modo vincolante, altre volte sotto forma di invito ad adempiere. La legge n. 190 del 2012 ha recepito tali sollecitazioni, sia pure limitatamente all'ambito della pubblica amministrazione, con la disposizione dell'articolo 1, comma 51, che introduce l'articolo 54-bis nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (recante «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»), prevedendo che: «Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia».
      La stessa norma disciplina poi, nei successivi commi, il tendenziale divieto di rivelazione del nome del segnalante nei procedimenti disciplinari, il controllo che il Dipartimento della funzione pubblica deve esercitare su eventuali procedimenti disciplinari discriminatori, la sottrazione delle segnalazioni dal diritto di accesso di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (recante «Nuove norme sul procedimento amministrativo»). Ancora nelle Linee guida dell'ANAC si legge che la disposizione richiamata delinea esclusivamente una protezione generale e astratta; essa per più versi deve essere completata con concrete misure di tutela del dipendente, il quale – per effettuare la propria segnalazione – deve poter fare affidamento su una protezione effettiva ed efficace che gli eviti l'esposizione a misure discriminatorie. Si segnala inoltre che l'attuale Piano nazionale anticorruzione (PNA), al paragrafo 3.1.11, riconduce espressamente la tutela del dipendente che segnala condotte illecite tra le azioni e le misure generali finalizzate alla prevenzione della corruzione, in particolare fra quelle obbligatorie in quanto disciplinate direttamente dalla legge che, quindi, le amministrazioni pubbliche devono porre in essere e attuare. Nello specifico, il Piano prevede che le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 siano tenute ad adottare i necessari accorgimenti tecnici per dare attuazione alla tutela del dipendente che effettua le segnalazioni di cui all'articolo 54-bis del predetto decreto. L'adozione delle iniziative necessarie deve essere prevista nell'ambito del Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC) come
 

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intervento da realizzare con tempestività. È importante ricordare inoltre che in materia è intervenuto il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, che, da un lato ha modificato, con l'articolo 31, il testo del citato articolo 54-bis individuando l'ANAC quale soggetto destinatario delle segnalazioni, dall'altro, con l'articolo 19, comma 5, ha stabilito che l'ANAC «riceve notizie e segnalazione di illeciti, anche nelle forme di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».
      L'ANAC, pertanto, è incaricata di gestire le segnalazioni che i dipendenti di altre amministrazioni possono indirizzarle ai sensi del richiamato articolo 54-bis. In quest'ambito sono state emanate le Linee guida di cui si è detto. Un intervento legislativo nuovo, pertanto, non si sovrappone alle Linee guida, ma serve ad integrare la legislazione vigente laddove essa è carente.
      In Italia si è parlato per la prima volta ufficialmente di whistleblowing con l'emanazione della legge anticorruzione ma, soprattutto, si è cominciato a conoscere il fenomeno del whistleblowing a seguito di scandali che hanno avuto un'eco e ripercussioni mondiali (come nei casi della Enron e della Worldcom negli Stati Uniti e, in Italia, delle indagini legate alla scalata della Banca Antonveneta o del dissesto della Parmalat). Tuttavia sono molteplici i limiti di questa forma di protezione: innanzitutto la norma si applica soltanto al settore pubblico, non protegge con l'anonimato le denunce e non offre una ricompensa per chi denuncia, né prevede vere forme di tutela contro possibili ritorsioni da parte del datore di lavoro. Finalmente, dopo qualche anno, qualcosa è tuttavia cambiato e infatti oggi è possibile ritrovare meccanismi interni di whistleblowing nelle istituzioni europee e, a livello italiano, in enti quali il comune di Milano e l'Agenzia delle entrate che si sono adoperati in tal senso.
      Quella del whistleblowing è una questione culturale e di diritto, della responsabilizzazione dei cittadini onesti, nello specifico i lavoratori, perché non restino testimoni silenziosi quando ravvisano abusi e comportamenti illeciti nei luoghi di lavoro. La necessità di una disciplina organica in materia di prevenzione e contrasto della corruzione si evidenzia sia considerando quanto la corruzione incida negativamente sul prodotto interno di ogni Stato, sia sulla base di alcuni dati statistici, come quelli forniti da Transparency International per quanto riguarda il livello di percezione della corruzione, in cui l'Italia, anche nel 2014, si conferma nei gradini più bassi, al sessantanovesimo posto nel mondo.
      Anche in un recente convegno organizzato dall'università LUISS di Roma in materia di whistleblowing sono state messe a confronto la realtà americana e quella italiana: nel corso del suo intervento, l'ambasciatore americano John R. Philips ha dichiarato che lo strumento del whistleblowing permette oggi al Governo americano di recuperare l'85 per cento delle somme in materia di frodi, previste nella cornice del «False claim act», a fronte di un 15 per cento che è tornato nelle casse del Tesoro statunitense attraverso l'azione messa in campo dal Ministero della giustizia. All'incontro ha partecipato anche il presidente dell'ANAC Raffaele Cantone, che ha sottolineato quanto spesso accada che il segnalatore venga considerato in un'accezione negativa, paragonato ad un delatore, e come occorra dunque incentivare un cambio culturale per far sì che denunziare reati e illeciti possa avere un valore positivo.
      In questa prospettiva si inserisce la presente proposta di legge che, principalmente, è incentrata su due punti fondamentali: la protezione dell'autore della segnalazione e l'incentivo economico per la denuncia di reati contro lo Stato nell'interesse pubblico. L'obiettivo principale è quello di ridurre drasticamente reati molto gravi come la frode fiscale e la corruzione che, anche alla luce dei recenti scandali che hanno coinvolto personaggi
 

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della politica e dell'imprenditoria, non avviene soltanto in occasione della realizzazione di grandi opere pubbliche ma si annida anche in ambiti lavorativi più circoscritti, di dimensioni ovviamente minori.
      La proposta di legge si compone di quindici articoli.
      L'articolo 1 definisce l'oggetto e la finalità della legge, ossia la tutela degli autori della segnalazione di illeciti o reati in ambito lavorativo, i cosiddetti whistleblower.
      L'articolo 2 definisce la nozione di «segnalazione» ed elenca, a titolo esemplificativo, alcuni dei casi in cui rientrano tali segnalazioni e quelli che restano invece esclusi.
      L'articolo 3 estende il novero dei possibili autori della segnalazione: non soltanto dunque i dipendenti pubblici, ma anche i lavoratori privati, i collaboratori, i consulenti e i soggetti che svolgono attività di apprendistato o tirocinio o sono assunti con contratto di formazione e lavoro.
      L'articolo 4 individua i destinatari della segnalazione, anche se in ogni caso il segnalante può sempre effettuare una segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione, alla Corte dei conti, all'autorità giudiziaria e agli organi di polizia, eccettuati i casi previsti dagli articoli 361 e 362 del codice penale: in ambito pubblico il destinatario è rappresentato dal responsabile per la prevenzione della corruzione nominato dall'ente a cui appartiene il segnalante, mentre in ambito privato la segnalazione deve essere rivolta all'organo di vigilanza preposto. La disciplina prevista per gli enti di diritto pubblico si applica anche agli enti di diritto privato controllati o partecipati, direttamente e indirettamente, da pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici non economici, in conformità alla legge 6 novembre 2012, n. 190.
      L'articolo 5 prevede la possibilità di effettuare le segnalazioni in forma anonima. I destinatari della segnalazione hanno l'obbligo di esaminarla soltanto se è adeguatamente documentata.
      L'articolo 6 prevede che ogni ente privato o pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, individui un ufficio competente a ricevere le segnalazioni, composto da personale adeguatamente formato, in misura non superiore a quattro unità. Qualora non sia dato riscontro, da parte del suddetto ufficio, entro trenta giorni dalla ricezione della segnalazione, è prevista l'applicazione di misure sanzionatorie.
      L'articolo 7 prescrive che l'ANAC istituisca più forme per la ricezione delle segnalazioni, tra cui almeno uno che permetta anche l'invio di segnalazioni anonime. All'ANAC spetta anche il compito di raccogliere dati e statistiche sulle segnalazioni ricevute da parte dei responsabili per la prevenzione della corruzione.
      L'articolo 8 è diretto alla tutela della riservatezza del segnalante, la cui identità non può essere rivelata senza il suo consenso, mentre i destinatari delle segnalazioni, che hanno l'obbligo di tutelare la riservatezza dello stesso, in caso di violazione sono soggetti a provvedimenti di natura disciplinare. Si presume sempre la buona fede del segnalante e la tutela della sua riservatezza è assicurata anche nel caso in cui i reati o illeciti segnalati risultino inesistenti.
      Fuori dei casi di calunnia e diffamazione, l'identità del segnalante è tutelata in ogni tempo successivamente alla segnalazione e, in caso di processo penale, fino al dibattimento.
      L'articolo 9 prevede alcune limitazioni al diritto di accesso agli atti previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, per cui il documento contenente la segnalazione non può essere visionato né possono esserne estratte copie, salvo che il dolo del segnalante sia stato riconosciuto con sentenza passata in giudicato.
      L'articolo 10 dispone il divieto di discriminazione nei confronti del segnalante, che non può, a causa della denuncia, essere sanzionato, licenziato, adibito a mansioni inferiori o trasferito. Ogni eventuale atto di ritorsione perpetrato nei confronti del segnalante è punibile con l'applicazione di sanzioni disciplinari.
      L'articolo 11 stabilisce che spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto
 

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di natura ritorsiva effettuato nei confronti del segnalante è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.
      L'articolo 12 prevede l'attribuzione di una somma, a titolo di premio, di importo compreso tra il 15 e il 30 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva della Corte dei conti, per il segnalante che denunci reati o irregolarità che comportano un danno erariale o all'immagine della pubblica amministrazione.
      Il premio è escluso per i dipendenti pubblici a cui è affidato il controllo di eventuali segnalazioni relative a condotte illecite oggetto della ricompensa; per gli avvocati che detengono le informazioni in virtù del rapporto di fiducia con il cliente; per coloro che consapevolmente forniscono informazioni false; per i soggetti condannati per concorso nella realizzazione degli illeciti; per coloro che vengano a conoscenza di un illecito attraverso l'esecuzione di controlli e verifiche previsti dalla legge. In questi ultimi due casi il diritto alla ricompensa sussiste a condizione che sia dimostrato che la segnalazione alle autorità è stata necessaria per prevenire un significativo danno alla collettività o quando l'ente pone in atto condotte illecite idonee ad impedire la scoperta dell'illecito.
      L'articolo 13 prevede che ogni procedimento disciplinare avviato nei confronti di un soggetto indicato nella segnalazione debba essere fondato su elementi certi e documentati.
      L'articolo 14 reca il divieto di apporre clausole limitative al potere di effettuare segnalazioni. In caso di violazione, anche indiretta, del divieto, le clausole sono nulle.
      Infine l'articolo 15 dispone alcune abrogazioni, tra cui quelle dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 20 marzo 2011, n. 165, e dell'articolo 19, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 24 giugno 2014, n. 90, e una modifica all'articolo 52-bis, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto e finalità).

      1. La presente legge tutela coloro che nell'interesse pubblico segnalano illeciti o altri atti o fatti pregiudizievoli dei quali sono venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato.
      2. A tale fine la presente legge:

          a) individua le segnalazioni e i segnalanti cui l'ordinamento riconosce tutela;

          b) definisce le modalità e i destinatari delle segnalazioni;

          c) appresta forme di tutela del segnalante.

Art. 2.
(Segnalazioni).

      1. Per segnalazione si intende la comunicazione di possibili reati o illeciti, tali da provocare un danno all'interesse pubblico, alla concorrenza, alla tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti nonché al buon andamento della pubblica amministrazione, di cui il segnalante sia venuto a conoscenza nell'ambito o in occasione del rapporto di lavoro pubblico o privato, anche se la segnalazione non riguarda il datore di lavoro o il committente.
      2. La segnalazione può riguardare, a titolo esemplificativo, azioni od omissioni, commesse o tentate, che appartengono ad almeno una delle seguenti categorie:

          a) fatti o condotte penalmente rilevanti;

          b) fatti o condotte posti in essere in violazione dei Codici di comportamento o di altre disposizioni aziendali sanzionabili in via disciplinare;

 

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          c) fatti o condotte posti in essere in violazione di leggi e regolamenti;

          d) fatti o condotte suscettibili di arrecare un pregiudizio patrimoniale all'amministrazione o all'ente pubblico o privato presso cui il segnalante svolge la sua attività;

          e) fatti o condotte suscettibili di arrecare un danno alla salute o alla sicurezza dei dipendenti, utenti e cittadini o di arrecare un danno all'ambiente;

          f) fatti o condotte suscettibili di arrecare un pregiudizio agli utenti o ai dipendenti o ad altri soggetti che svolgano la propria attività presso l'azienda.

      3. Non costituiscono segnalazione, ai fini della presente legge, le doglianze di carattere personale del segnalante né le rivendicazioni o istanze che rientrano nella disciplina del rapporto di lavoro o i rapporti con il superiore gerarchico, la cui competenza spetta agli organismi appositi.

Art. 3.
(Segnalanti).

      1. Per segnalante si intende il lavoratore che, essendo venuto a conoscenza di possibili reati o illeciti nell'ambito o in occasione di un rapporto di lavoro, effettua la segnalazione ai sensi dell'articolo 2.
      2. Sono considerati segnalanti tutti i lavoratori, compresi, a titolo esemplificativo, i dipendenti e gli ex dipendenti pubblici o privati, i collaboratori, i consulenti e i soggetti che svolgono attività di apprendistato o tirocinio o sono assunti con contratto di formazione e lavoro.

Art. 4.
(Destinatari della segnalazione).

      1. Il segnalante può effettuare la segnalazione al destinatario specificamente individuato all'interno dell'ente o dell'amministrazione

 

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di cui è dipendente, secondo i seguenti criteri:

          a) in ambito pubblico tale soggetto è individuato nel responsabile per la prevenzione della corruzione nominato dall'amministrazione o dall'ente a cui la segnalazione si riferisce;

          b) in ambito privato la segnalazione deve essere fatta, ove previsto, all'organo di vigilanza preposto;

          c) fuori dei casi di cui agli articoli 361 e 362 del codice penale, il segnalante può sempre effettuare una segnalazione all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), alla Corte dei conti, all'autorità giudiziaria o agli organi di polizia.

      2. La disciplina prevista per gli enti di diritto pubblico si applica anche agli enti di diritto privato controllati o partecipati, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici non economici, ai sensi della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190.
      3. Il segnalante può effettuare la segnalazione del reato o illecito all'autorità di regolamentazione del settore interessato, qualora ricorra una delle seguenti ipotesi:

          a) il destinatario di cui al comma 1 non è stato specificamente identificato dall'amministrazione o ente;

          b) la segnalazione effettuata al destinatario di cui al comma 1 è stata oggetto di valutazione negativa senza motivato parere;

          c) il destinatario di cui al comma 1 non offre, a parere del segnalante, adeguate garanzie di neutralità e indipendenza nel giudizio.

      4. Ferme restando le tutele previste dagli articoli da 10 a 13, le segnalazioni di reati o illeciti effettuate al pubblico, anche attraverso i mezzi di comunicazione o di informazione, godono delle tutele di cui

 

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agli articoli 8 e 9 della presente legge solo nel caso in cui esse siano state già effettuate ai sensi dei commi 1 e 3 del presente articolo o siano state oggetto di valutazione negativa senza motivato parere.

Art. 5.
(Segnalazioni anonime).

      1. La segnalazione di cui all'articolo 1 può essere effettuata anche in forma anonima.
      2. Nel caso di cui al comma 1 i destinatari della segnalazione hanno l'obbligo di esaminarla soltanto ove sia adeguatamente documentata.

Art. 6.
(Ufficio per la ricezione delle segnalazioni).

      1. Presso gli enti privati e le pubbliche amministrazioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, è individuato, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, l'ufficio competente a ricevere le segnalazioni.
      2. All'ufficio di cui al comma 1, composto di personale in numero non inferiore a due e non superiore a quattro unità, scelte tra dipendenti aventi adeguate competenze e formazione, spetta il compito di ricevere le segnalazioni di reati o illeciti di cui all'articolo 2, comma 1, e di accertarne la fondatezza.
      3. Qualora da parte dell'ufficio di cui al comma 1 non sia dato riscontro della ricezione della segnalazione entro trenta giorni dalla stessa, al responsabile dell'omissione si applicano le pertinenti sanzioni disciplinari.

Art. 7.
(Attività dell'ANAC per la gestione delle segnalazioni).

      1. L'ANAC istituisce più forme per la trasmissione delle segnalazioni ad essa

 

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dirette, tra cui almeno una che permetta la presentazione di segnalazioni in forma anonima. L'ANAC coordina e controlla l'adempimento degli obblighi relativi alle procedure di segnalazione da parte dei responsabili per la prevenzione della corruzione.
      2. L'ANAC raccoglie dati e statistiche sulle segnalazioni ricevute da parte dei responsabili per la prevenzione della corruzione.

Art. 8.
(Tutela della riservatezza del segnalante).

      1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, e delle ipotesi in cui l'anonimato non sia opponibile per legge, l'identità del segnalante è tutelata in ogni tempo successivamente alla segnalazione e, in caso di processo penale, fino al dibattimento.
      2. L'identità del segnalante non può essere rivelata senza il suo consenso; i destinatari della segnalazione sono tenuti a tutelare la riservatezza di tale informazione.
      3. La violazione dell'obbligo di riservatezza è fonte di responsabilità disciplinare, fatte salve ulteriori forme di responsabilità previste dall'ordinamento.
      4. Si presume la buona fede del segnalante. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano alle segnalazioni di possibili reati o illeciti anche nel caso in cui essi risultino successivamente inesistenti, salvo quanto previsto dal medesimo comma 1.

Art. 9.
(Limitazioni al diritto di accesso).

      1. Ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla segnalazione di reati o illeciti non si applica il diritto di accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della medesima legge.
      2. Il documento contenente la segnalazione non può essere oggetto di visione né

 

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di estrazione di copia, salvo che il dolo del segnalante sia stato accertato con sentenza passata in giudicato.

Art. 10.
(Divieto di discriminazione nei confronti del segnalante).

      1. Il segnalante è protetto e non può essere sanzionato, licenziato, adibito a mansioni inferiori, trasferito o sottoposto ad altre misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione.
      2. Per misure discriminatorie si intendono le azioni disciplinari ingiustificate, le molestie e minacce sul luogo di lavoro o esercitate al di fuori dell'ambito lavorativo e ogni altra forma di ritorsione, che determini condizioni di lavoro intollerabili.
3. Ogni eventuale atto di ritorsione esercitato al di fuori dell'ambito lavorativo e direttamente riconducibile, attraverso elementi certi e fondati, allo stesso, è considerato tra le misure discriminatorie di cui al comma 2 ed è punibile attraverso l'applicazione di sanzioni disciplinari.
      4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 non si applicano ai casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, accertate con sentenza passata in giudicato.

Art. 11.
(Inversione dell'onere della prova).

      1. Spetta al datore di lavoro dimostrare che ogni atto di ritorsione, effettuato nei confronti del segnalante successivamente alla segnalazione di un reato o di un illecito, è motivato da ragioni estranee alla segnalazione stessa.

Art. 12.
(Premio).

      1. Al segnalante che denunci reati o irregolarità che comportino un danno erariale

 

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o all'immagine della pubblica amministrazione è attribuita una somma di denaro, a titolo di premio, di importo compreso tra il 15 e il 30 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva del responsabile da parte della Corte dei conti.
      2. La segnalazione deve essere ricompensata soltanto se l'informazione:

          a) deriva da una conoscenza o analisi indipendente;

          b) non è conosciuta dall'autorità competente tramite altra fonte, a meno che il segnalante sia la fonte originaria di tale informazione;

          c) non deriva esclusivamente da una segnalazione effettuata nel corso di un procedimento civile, penale o amministrativo o dalle notizie diffuse attraverso i mezzi d'informazione, a meno che il segnalante sia la fonte della segnalazione o della notizia.

      3. Il premio di cui al presente articolo è escluso:

          a) per i dipendenti pubblici a cui è attribuito il compito di controllare le eventuali segnalazioni relative a condotte illecite oggetto della ricompensa;

          b) per gli avvocati che detengono le informazioni in virtù del rapporto di fiducia con il cliente;

          c) per coloro che consapevolmente forniscono informazioni false;

          d) per i soggetti condannati per concorso nell'esecuzione dei reati o degli illeciti segnalati;

          e) per coloro che vengano a conoscenza di un illecito attraverso la realizzazione di controlli e verifiche previsti dalla legge;

          f) per coloro che vengano a conoscenza di un illecito attraverso altri soggetti o sistemi di controllo interno previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

 

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      4. Nei casi di cui alle lettere e) e f) del comma 3 i segnalanti hanno diritto alla ricompensa qualora dimostrino che la segnalazione alle autorità è necessaria per prevenire un significativo danno alla collettività o quando l'ente pone in atto condotte idonee ad impedire la scoperta dell'illecito.

Art. 13.
(Sanzioni disciplinari).

      1. Ogni procedimento disciplinare avviato nei confronti di un soggetto indicato nella segnalazione di reati o illeciti deve essere fondato su elementi certi e documentati.
      2. Fatte salve le azioni civili e penali consentite dalla legislazione vigente in caso di violazione delle disposizioni della presente legge, possono essere applicate le previsioni sanzionatorie contenute nel contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al settore o comparto di appartenenza.

Art. 14.
(Divieto di clausole limitative).

      1. Il potere di effettuare segnalazioni ai sensi della presente legge non può essere limitato con accordi contrattuali.
      2. Sono nulle le clausole contrattuali che violano, anche indirettamente, la disposizione del comma 1.

Art. 15.
(Abrogazioni e disciplina transitoria).

      1. Sono abrogati o soppressi:

          a) l'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

          b) la lettera a) del comma 5 dell'articolo 19 del decreto legislativo 24 giugno 2014, n. 90;

 

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          c) le parole: «o quando la conoscenza sia indispensabile per la difesa del segnalato» del comma 4 dell'articolo 52-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge:

          a) è abrogata ogni norma di legge o regolamento, la quale preveda l'obbligo o il potere di rivelare l'identità del segnalante senza il suo consenso, ad eccezione delle disposizioni attuative di obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea o di obblighi internazionali;

          b) è nulla di diritto ogni previsione di contratti, anche collettivi, la quale disponga taluna delle limitazioni vietate all'articolo 14 della presente legge o stabilisca obblighi o poteri di cui alla lettera a) del presente comma.

      3. In sede di prima applicazione, la presente legge si applica anche alle segnalazioni in corso alla data della sua entrata in vigore.