XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3146



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MARAZZITI, ZAMPA, FAUTTILLI, SANTERINI, SBERNA

Disciplina organica del diritto di asilo e di altre forme di protezione internazionale

Presentata il 26 maggio 2015


      Onorevoli Colleghi! La tutela dei richiedenti protezione internazionale si pone quale sfida per il nostro Paese, frontiera di civiltà e di umanità. In seguito alla cosiddetta primavera araba e all'inasprimento di conflitti in Siria, in Iraq e nei Paesi dell'Africa subsahariana, in particolare nell'Eritrea e in Sudan, i flussi migratori sono notevolmente aumentati.
      Lo scorso 3 ottobre 2014, anniversario della tragica scomparsa in mare di oltre trecento persone richiedenti protezione internazionale e di recente riconosciuta quale Giornata di commemorazione delle vittime dell'immigrazione, il Presidente dell'Assemblea parlamentare della NATO, Hugh Bayley, ha ricordato l'impegno dell'Italia nell'operazione Mare nostrum, invitando l'Unione europea a un approccio più ampio e di cooperazione tra gli Stati, affermando «Italy has responded speedily and effectively to address this crisis as shown by its Operation Mare Nostrum, but the international community at large and the European Union in particular must formulate a broader, more cooperative approach. Europe as a whole must rise to its responsibilities, and the European Union should show solidarity with its members who are bearing the brunt of this crisis (...)».
      Nel mese di novembre 2014 l'agenzia europea Frontex ha disposto l'avvio dell'operazione Triton in sostituzione dell'operazione italiana Mare nostrum. L'Italia è stato l'unico Paese dell'Unione europea a dedicare una parte significativa della sua flotta navale alle operazioni di ricerca e di soccorso di migranti in mare. L'operazione

 

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Triton ha, invece, quale obiettivo il controllo delle frontiere e non il soccorso in mare di migranti in difficoltà, agendo esclusivamente in acque territoriali.
      La continua emergenza umanitaria, alla quale assistiamo quotidianamente, e una maggiore sensibilità della società civile nell'attribuzione della cittadinanza italiana ai minori stranieri che abbiano compiuto un ciclo scolastico nel nostro Paese portano alla considerazione che i tempi sono maturi per una compiuta disciplina della normativa in materia di asilo.
      Secondo i dati dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, in riferimento all'anno 2013, i rifugiati in Italia sono circa 78.061 e i richiedenti asilo sono circa 27.823. Secondo i dati dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, si è registrato un aumento del 28 per cento delle domande presentate nell'Unione europea nei primi otto mesi del 2014, rispetto ai dati degli stessi mesi del 2013, anno nel quale si era verificato un aumento complessivo delle domande del 30 per cento rispetto al 2012.
      Infatti i dati forniti dal Ministero dell'interno descrivono che nei mesi gennaio-settembre 2014 il numero dei richiedenti asilo si attestava a circa 44.000, con un aumento del 153 per cento a fronte dei dati del 2013 negli stessi mesi, pari a circa 17.387.
      Tale incremento è attribuibile all'aumento dei flussi migratori, in quanto l'Unione europea è soggetta a pressioni migratorie strutturali, conseguenti a cambiamenti sociali e politici negli Stati limitrofi.
      L'anno 2014 è stato particolarmente significativo per gli arrivi via mare di richiedenti protezione internazionale, raggiungendo il rilevante numero di 170.000 arrivi, quasi il triplo di quelli verificatisi nel 2011, anno della cosiddetta emergenza Nord Africa. Secondo i dati del Ministero dell'interno rielaborati dalla Fondazione Istituto per lo studio della multietnicità, le tre regioni che hanno assistito al maggior numero di arrivi sono la Sicilia (120.239), la Puglia (17.565) e la Calabria (22.673), mentre le nazionalità prevalenti sono state quella siriana (42.323, circa il 25 per cento), quella eritrea (34.329, circa il 20 per cento), quella maliana (9.908, circa il 6 per cento) e, infine, quella nigeriana (9.000, circa il 5,3 per cento).
      La crisi radicale che si è manifestata a seguito del più grande naufragio con vittime migranti nel Mediterraneo il 19 aprile 2015, e la crisi senza precedenti dei mesi aprile-giugno 2015, hanno reso improcrastinabile una decisa politica di asilo europea e la disciplina nazionale di un fenomeno, ormai non solo emergenziale, ma strutturale. È una domanda radicale alla qualità delle nostre democrazie occidentali, all'Europa, all'Italia come frontiera meridionale avanzata dell'Europa e come Paese fondatore dell'Unione europea.
      I dati numerici evidenziano l'esistenza di un fenomeno strutturale che richiede un'opportuna armonizzazione della normativa vigente spesso troppo frammentata, al fine di garantire identiche condizioni di accoglienza in tutto il territorio nazionale.
      Ricordando sia il principio di non discriminazione, sancito da numerosi strumenti internazionali, quali la Dichiarazione universale dei diritti umani, i due Patti delle Nazioni Unite sui diritti umani, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, la Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, sia il diritto di cittadinanza quale fondamento per il godimento e l'esercizio di altri diritti, si ritiene opportuno affermare l'attualità della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati e il coordinamento della politica europea di asilo con il sistema di Ginevra e con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950.
      La politica europea comune di asilo è stata disciplinata, per la prima volta, dal Trattato di Maastricht del 1992, che ha inserito la materia dell'asilo tra le questioni di interesse comune (articolo K.1) per la quale il Consiglio può adottare, in virtù del principio di sussidiarietà (articolo K.3), posizioni comuni. Lo stesso Trattato
 

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(articolo K.2) ribadisce che la materia dell'asilo deve essere rispettata alla luce della CEDU e della Convenzione di Ginevra del 1951. Così l'introduzione del terzo pilastro e il trasferimento di alcune materie (articolo K.9), nonché la Dichiarazione annessa al Trattato sul trasferimento della competenza in materia di asilo hanno reso la disciplina di tale materia una questione di primaria importanza. Il Trattato di Amsterdam del 1997, introducendo l'articolo 61 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea, ha accordato un particolare rilievo alla gestione delle politiche di asilo e immigrazione in quanto prevedeva che, entro cinque anni dall'entrata in vigore dello stesso Trattato di Amsterdam, il Consiglio, secondo quanto previsto dall'articolo 63, avrebbe adottato misure inerenti ai criteri per individuare lo Stato membro competente all'esame della domanda di asilo di un cittadino di un Paese terzo, nonché norme minime relative all'accoglienza di richiedenti asilo, all'attribuzione della qualifica di rifugiato a cittadini di Paesi terzi e, infine, norme relative alle procedure minime applicabili a rifugiati e sfollati negli Stati membri per la concessione o la revoca dello status di protezione internazionale.
      Sulla base del Trattato di Amsterdam erano state adottate le direttive «accoglienza» 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, «qualifiche» 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, e «procedure» 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, nonché il regolamento «Dublino II» (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, sui criteri e sui meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo. Con l'adozione del Trattato di Nizza nel 2001, è entrata a far parte del corpus giuridico dell'Unione europea la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che codifica il diritto di asilo (articolo 18) e sancisce il divieto di espulsioni collettive (articolo 19).
      Il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o gennaio 2009, ha contribuito al consolidamento del Trattato sull'Unione europea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TUEF), attraverso la fusione del sistema a pilastri, affermando nuovamente il rispetto dei diritti umani (articolo 2 del TUE), la libera circolazione delle persone in misura coerente con i controlli alle frontiere esterne, l'asilo e l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima (articolo 3 del TUE). Tali aspetti rientrano nel settore più ampio dello «spazio di libertà, sicurezza e giustizia», nel quale l'Unione ha competenza concorrente rispetto a quella degli Stati membri (articolo 4 del TUE). L'articolo 6 del TUE riconosce i princìpi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali di Nizza (adottata il 7 dicembre 2000 e riproclamata il 14 dicembre 2007), alla quale riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati (paragrafo 1), e stabilisce che l'Unione aderisce alla CEDU (paragrafo 2). Infine, il paragrafo 3 risulta di notevole importanza, in quanto riconosce che i diritti fondamentali che discendono dalla CEDU fanno parte del diritto dell'Unione in quanto «princìpi generali». L'articolo 78 del TUEF stabilisce che la politica comune dell'Unione in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea deve essere conforme alla Convenzione di Ginevra nel rispetto del principio di non respingimento. Al fine di una politica comune di asilo, il Parlamento europeo e il Consiglio deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria, adottando misure relative a un sistema comune di asilo, concernenti: 1) uno status uniforme e procedure comuni in materia di asilo e di protezione sussidiaria nei confronti dei cittadini degli Stati terzi, da applicare a tutta l'Unione europea; 2) un sistema comune finalizzato alla protezione temporanea degli sfollati in caso di afflusso massiccio; 3) criteri e meccanismi di individuazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di asilo o di protezione sussidiaria; 4) il partenariato e la cooperazione con i Paesi terzi al fine di una gestione comune dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea (articolo 78, paragrafo 2, lettere da a) a g)).
 

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      Infine, nel caso in cui uno Stato membro si trovi a dover affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di sfollati, il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione con il Parlamento, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro interessato (articolo 78, paragrafo 3). Il successivo articolo 79, paragrafo 1, afferma nuovamente la politica comune dell'Unione al fine di una gestione efficace dei flussi migratori nel rispetto di un «equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell'immigrazione illegale e della tratta di esseri umani».
      L'attuale disciplina delle materie concernenti l'asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea è contenuta nelle nuove direttive «accoglienza» 2013/33/UE e «procedure» 2013/32/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, e «qualifiche» 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, e nel regolamento «Dublino III» (CE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che integrano il cosiddetto Sistema europeo comune di asilo (CEAS). Lo scopo del regolamento Dublino III consiste nelle rapide determinazione e identificazione dello Stato membro competente a esaminare la richiesta di protezione internazionale e nella realizzazione di un CEAS fondato su criteri omogenei di riconoscimento della protezione internazionale. Tuttavia il fenomeno dell’asylum shopping è ancora assai diffuso e comporta un automatismo nella definizione dello Stato competente a esaminare la domanda di protezione internazionale, a prescindere dall'assicurazione del rispetto dei diritti umani. Il continuo rinvio alle norme interne degli Stati membri dell'Unione favorisce un'eterogeneità delle condizioni di accoglienza nei Paesi membri. Infatti il regolamento Dublino III si è rivelato, nella sua applicazione, inefficace: nonostante il principio di solidarietà sancito dall'articolo 80 del TFUE, la posizione geografica e geopolitica ha posto il nostro Paese in prima fila nell'accoglienza dei migranti, con costi anche umani molto elevati. I dati dell'Eurostat del 2013 evidenziano che a fronte di 435.000 domande di protezione internazionale è stato richiesto il trasferimento di 16.014 persone, ovvero il 3,7 per cento dei richiedenti protezione in tutta Europa.
      Premesso che il diritto di concedere l'asilo si configura quale un esercizio della sovranità territoriale dello Stato e non quale un obbligo dello stesso, si ritiene opportuno evidenziare la rilevanza del criterio del legame effettivo genuine link, introdotto dal celebre caso Nottebohm della Corte internazionale di giustizia e coerente nell'individuazione dello Stato competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale.
      Il carattere di urgenza di un opportuno intervento legislativo emerge anche dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Infatti la giurisprudenza della Corte europea si è espressa più volte con riferimento all'invio di richiedenti protezione internazionale in Paesi a rischio di subire trattamenti inumani e degradanti, in manifesta violazione dell'articolo 3 della CEDU, che introduce la norma, di carattere cogente, relativa al divieto di tortura, pene e trattamenti inumani e degradanti. Nei casi Hirsi e altri c. Italia (23 febbraio 2012) e Sharifi e altri c. Italia e Grecia (21 ottobre 2014), la Corte europea ha condannato l'Italia per il respingimento di richiedenti protezione verso Paesi a rischio, rilevando inoltre la mancata garanzia di un effettivo accesso alla procedura di protezione internazionale e all'ausilio di interpreti e di legali.
      La presente proposta di legge intende, pertanto, dare applicazione in modo organico alla citata Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, e al relativo Protocollo adottato a New York il 31 gennaio 1967, reso esecutivo dalla legge 14 febbraio 1970, n. 95, introducendo nell'ordinamento italiano la disciplina della protezione internazionale, attraverso il riconoscimento
 

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dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
      Essa si compone di 45 articoli, suddivisi in 3 titoli. Nel titolo I, «Disposizioni preliminari» si stabiliscono le finalità, cioè disciplinare il diritto alla protezione internazionale nel nostro ordinamento, e si esplicitano le relative definizioni utilizzate.
      Nel titolo II, «Protezione internazionale», si analizzano le condizioni di riconoscimento della protezione internazionale, le cause di esclusione, cessazione e revoca dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, nonché le procedure di riconoscimento di protezione internazionale, distinguendo la procedura di primo grado e quella di secondo grado, che prevede l'impugnazione di un eventuale diniego davanti al giudice ordinario.
      Nella sezione I del capo III, recante «Disposizioni generali», l'articolo 13 prevede tra le autorità competenti a ricevere e a esaminare la domanda, la polizia di frontiera, la questura nonché le ambasciate italiane, i consolati italiani presenti nel territorio dello Stato di origine o di dimora abituale in caso di presentazione della richiesta di accesso alla procedura internazionale dall'estero e il comandante di una nave italiana o di un aeromobile in navigazione.
      Negli articoli 14 e 15 si stabiliscono le competenze e la composizione della commissione territoriale e della Commissione nazionale per la protezione internazionale. Considerata la complessità del fenomeno migratorio, si è deciso di non inserire un elenco esaustivo delle città sedi delle commissioni territoriali. Infatti, in caso di eccezionale aumento del numero di richieste di protezione internazionale, il Ministero dell'interno ha facoltà di disporre l'apertura di nuove sezioni delle commissioni territoriali.
      Nella sezione II del capo III, recante «Diritti e garanzie», articoli da 16 a 23, si stabiliscono i diritti dei richiedenti. In merito alle garanzie per i richiedenti, una prima innovazione rispetto alla normativa vigente è contenuta nella disposizione che specifica che il richiedente è considerato tale dal momento in cui manifesta, in qualsiasi forma, la volontà di chiedere protezione, anticipando a tale fase il godimento delle garanzie ivi previste.
      In riferimento alle misure di accoglienza previste per i richiedenti e alle strutture destinate a questo scopo, la seduta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano del 10 luglio 2014 ha rilevato l'importanza di una strutturata e sistematica presa in carico dei richiedenti, distinguendo una fase di primo soccorso in centri situati nelle regioni di sbarco o limitrofe, una di prima accoglienza e qualificazione nei centri di accoglienza del sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati e una di seconda accoglienza in centri regionali o interregionali, in base a una delega al Governo che, d'intesa con il Ministero dell'interno e con la stessa Conferenza, distribuisce in quote i richiedenti o beneficiari di protezione internazionale tra le regioni italiane, secondo criteri di equità, di consistenza numerica della popolazione residente e dei livelli occupazionali di ogni regione.
      Nella sezione III del capo III, recante «Procedure di primo grado», il richiedente protezione internazionale presenta la domanda di protezione presso l'ufficio di polizia di frontiera ovvero presso la questura competente per il luogo di dimora.
      In alternativa, e al fine di evitare pericolosi viaggi, il richiedente può presentare domanda di protezione internazionale presso le ambasciate o i consolati italiani presenti nel territorio dello Stato in cui si trova. Tale modalità di presentazione della domanda di protezione, disciplinata dall'articolo 25, non inficia il diritto del richiedente che arriva in modo spontaneo in Italia per richiedere protezione internazionale.
      Nella procedura ordinaria di richiesta di protezione internazionale, entro tre giorni dalla ricezione della domanda, la questura è tenuta a redigere il verbale delle dichiarazioni del richiedente, al quale sono stati offerti un adeguato supporto linguistico e psicologico. Entro sei
 

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giorni dalla presentazione della domanda, si avviano le procedure per la determinazione dello Stato competente a esaminare la domanda, secondo quanto previsto dal regolamento Dublino III. Nell'attesa dell'individuazione dello Stato competente a ricevere e a esaminare la domanda di protezione internazionale, il questore invia il richiedente presso le strutture di accoglienza previste, dopo avergli rilasciato un attestato nominativo che certifichi la sua qualità di richiedente protezione internazionale. La decisione su ogni domanda deve essere assunta in modo individuale, obiettivo e imparziale.
      La procedura ordinaria di esame prevede che la commissione territoriale proceda al colloquio entro quindici giorni successivi alla presentazione della domanda e adotti la sua decisione entro ulteriori quindici giorni.
      La commissione territoriale adotta una delle seguenti decisioni: a) riconosce lo status di rifugiato o di beneficiario di protezione sussidiaria o di protezione umanitaria; b) rigetta la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale stabiliti dalla legge o ricorra una delle cause di cessazione o di esclusione dalla protezione internazionale; c) dichiara la richiesta manifestamente infondata.
      In caso di accoglimento della domanda di protezione internazionale, al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno della durata di cinque anni per lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria. Può altresì essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari la cui durata è stabilita da un apposito decreto del Ministero dell'interno.
      Il capo IV, recante «Procedure di secondo grado», disciplina l'impugnazione del provvedimento della commissione territoriale di rigetto della domanda di protezione internazionale davanti la Commissione nazionale. In caso di successivo diniego della Commissione nazionale, al richiedente ricorrente è consentito rivolgersi al giudice ordinario, anche qualora non abbia presentato istanza di revisione del provvedimento alla Commissione nazionale nel termine di dieci giorni dalla pronuncia di primo grado. Al fine di garantire un effettivo esercizio del diritto di accesso alla giustizia da parte del richiedente ricorrente, sono pertanto previsti due gradi di impugnazione e sono mantenuti i gradi di giudizio previsti dal nostro codice di procedura civile con possibilità anche di ricorrere alla procedura d'urgenza ai sensi dell'articolo 700 del citato codice.
      Il titolo III, recante «Disposizioni finali», modifica il testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e prevede una serie di abrogazioni, l'emanazione del regolamento di attuazione della legge, le disposizioni di carattere finanziario e l'entrata in vigore.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

TITOLO I
DISPOSIZIONI PRELIMINARI

Capo I
FINALITÀ E DEFINIZIONI

Art. 1.
(Oggetto e finalità).

      1. La presente legge disciplina il riconoscimento a favore dello straniero o dell'apolide dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione temporanea, nel rispetto della Costituzione, della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 e resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, del Protocollo relativo allo status dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e reso esecutivo dalla legge 14 febbraio 1970, n. 95, e della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Parigi il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.
      2. La presente legge è diretta ad attuare i princìpi di solidarietà sociale, di uguaglianza, di tutela della dignità umana e di integrazione sociale ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini di cui alla presente legge, si intende per:

          a) Convenzione di Ginevra, la convenzione relativa allo status dei rifugiati,

 

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firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 e resa esecutiva dalla legge 24 luglio 1954, n. 722, il Protocollo relativo allo status dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e reso esecutivo dalla legge 14 febbraio 1970, n. 95;

          b) Convenzione sui diritti umani: la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848;

          c) protezione internazionale, la protezione riconosciuta all'avente diritto di asilo, allo status di rifugiato o alla protezione sussidiaria;

          d) protezione temporanea, la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di persone sfollate provenienti da Paesi terzi che non possono rientrare nel Paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle stesse persone, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema di asilo non possa fare fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle medesime persone sfollate e di altre persone richiedenti protezione;

          e) beneficiario della protezione internazionale, la persona cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato o di beneficiario di protezione sussidiaria;

          f) afflusso massiccio, l'arrivo nel territorio dell'Unione europea di un numero considerevole di persone sfollate provenienti da uno Stato o da un'area geografica determinata, il cui arrivo avvenga spontaneamente o sia agevolato mediante un programma di evacuazione o altre procedure;

          g) atti di persecuzione, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3, sezione A), della Convenzione di Ginevra, gli atti che sono, per loro natura o frequenza, sufficientemente gravi da rappresentare una violazione dei diritti umani ovvero che costituiscono

 

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la somma di diverse misure, tra le quali la violazione dei diritti umani, con effetto analogo alla violazione dei diritti umani; gli atti di violenza fisica o psichica e sessuale; i provvedimenti legislativi, amministrativi, di polizia o giudiziari discriminatori per loro stessa natura o attuati in modo discriminatorio; le azioni giudiziarie o le sanzioni penali sproporzionate o discriminatorie; il rifiuto di accesso ai mezzi di ricorso giuridici e la conseguente sanzione sproporzionata o discriminatoria; le azioni giudiziarie o le sanzioni penali in conseguenza del rifiuto di prestare servizio militare in un conflitto quando questo comporterebbe la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nei motivi di esclusione dal riconoscimento di una forma di protezione internazionale previsti dalla presente legge; gli atti specificamente diretti contro un sesso o contro l'infanzia;

          h) straniero, il cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea;

          i) apolide, il soggetto privo di cittadinanza;

          l) richiedente, lo straniero o l'apolide che ha presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è stata presa una decisione definitiva;

          m) rifugiato, lo straniero al quale lo Stato ha riconosciuto lo status di rifugiato;

          n) status di beneficiario della protezione sussidiaria, il riconoscimento da parte dello Stato di uno straniero o di un apolide quale persona avente titolo alla protezione sussidiaria;

          o) domanda di protezione internazionale, la richiesta di protezione internazionale presentata secondo le procedure previste dalla presente legge e dal regolamento di cui all'articolo 43, diretta a ottenere il diritto di asilo, lo status di rifugiato o di beneficiario di protezione sussidiaria;

 

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          p) familiari, i seguenti soggetti appartenenti al nucleo familiare del beneficiario di protezione internazionale o sussidiaria:

              1) il coniuge del beneficiario;

              2) i figli minori del beneficiario, a condizione che siano non sposati, indipendentemente dal fatto che siano nati durante il matrimonio o fuori di esso ovvero che siano stati adottati;

              3) il padre, la madre o un altro soggetto maggiorenne responsabile, ai sensi dell'ordinamento italiano, del beneficiario, nei casi in cui questi sia minore e non coniugato ovvero persona vulnerabile;

              4) tutti gli altri familiari con esso conviventi;

          q) minore non accompagnato, il minore di età inferiore a diciotto anni che si trova, per qualsiasi causa, nel territorio nazionale, privo di assistenza e di rappresentanza legale, nonché il minore che è abbandonato dopo essere entrato nel territorio dello Stato;

          r) persona vulnerabile, i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le vittime di tratta degli esseri umani, le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali e le persone che hanno subìto torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, quali le vittime di mutilazioni genitali femminili;

          s) Stato d'origine, lo Stato di cui il richiedente è cittadino o, se apolide, lo Stato in cui aveva precedentemente la dimora abituale;

          t) permesso di soggiorno, il titolo rilasciato dalle autorità competenti dello Stato italiano che permette a uno straniero o a un apolide di soggiornare nel territorio dello Stato;

          u) ACNUR, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati istituito con risoluzione n. 428(V) del 14 dicembre 1950, dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra.

 

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TITOLO II
PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Capo I
CONDIZIONI PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Art. 3.
(Motivi di persecuzione).

      1. Ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato, gli atti di persecuzione devono essere riconducibili a quelli definiti ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera g).
      2. Nell'esaminare se il richiedente abbia un fondato timore di essere perseguitato è irrilevante che lo stesso possieda effettivamente le caratteristiche razziali, religiose, nazionali, sociali o politiche che provocano gli atti di persecuzione, purché una di tali caratteristiche gli sia attribuita dai responsabili delle persecuzioni.

Art. 4.
(Responsabili degli atti di persecuzione o di danni gravi).

      1. I responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere:

          a) lo Stato d'origine o di dimora abituale;

          b) i partiti o le organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato di cui alla lettera a) o una parte rilevante del suo territorio;

          c) soggetti non statali, compresi i gruppi etnici, se può essere dimostrato che i responsabili di cui alle lettere a) e b) possono e non vogliono fornire la protezione contro persecuzioni o danni gravi.

 

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Art. 5.
(Soggetti che offrono protezione).

      1. La protezione contro persecuzioni o danni gravi può essere offerta esclusivamente:

          a) dallo Stato;

          b) dai partiti o dalle organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte rilevante del suo territorio, a condizione che abbiano la volontà e la capacità di offrire protezione ai sensi del comma 2.
      2. La protezione contro persecuzioni o danni gravi è effettiva e non temporanea. Tale protezione è in generale fornita se i soggetti di cui al comma 1, lettere a) e b), adottano adeguate misure per impedire che possano essere inflitti atti persecutori o danni gravi, avvalendosi di un sistema giuridico che permetta di individuare, di perseguire penalmente e di punire gli atti che costituiscono persecuzione o danno grave e se il richiedente ha accesso a tale protezione.
      3. Per stabilire se un'organizzazione internazionale controlli uno Stato o una parte rilevante del suo territorio e se fornisca protezione ai sensi del comma 2 si tiene conto degli eventuali orientamenti dettati dall'Unione europea e, ove ritenuto opportuno, delle valutazioni di altre competenti organizzazioni internazionali e in particolare dell'ACNUR.

Capo II
CAUSE DI ESCLUSIONE, CESSAZIONE E REVOCA DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE.

Sezione I
CAUSE DI ESCLUSIONE, CESSAZIONE DELLO STATUS DI RIFUGIATO

Art. 6.
(Cause di esclusione dello status di rifugiato).

      1. Uno straniero o un apolide è escluso dallo status di rifugiato se:

          a) rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 1, paragrafo 1, sezione D),

 

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della Convenzione di Ginevra, relativo alla protezione o all'assistenza di un organo o di un'agenzia delle Nazioni Unite diversi dall'ACNUR. Quando tale protezione o assistenza cessa per qualsiasi motivo, senza che la posizione dello straniero o dell'apolide sia stata definitivamente stabilita in conformità delle pertinenti risoluzioni adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, la persona è immediatamente ammessa ai benefìci previsti dal presente titolo;

          b) le autorità competenti dello Stato nel quale ha stabilito la sua dimora abituale gli riconoscono i diritti e gli obblighi connessi al possesso della cittadinanza dello Stato stesso o diritti e obblighi equivalenti;

          c) si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai princìpi delle Nazioni Unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 e reso esecutivo dalla legge 17 agosto 1957, n. 848, di seguito denominato «Statuto delle Nazioni Unite».

      2. Uno straniero o un apolide è, altresì, escluso dallo status di rifugiato ove sussistano fondati motivi per ritenere che abbia commesso, istigato o altrimenti concorso alla commissione:

          a) di un crimine contro la pace, di un crimine di guerra o di un crimine contro l'umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

          b) al di fuori del territorio italiano, di un reato grave, prima del riconoscimento dello status di rifugiato, di atti particolarmente crudeli, anche se compiuti con un dichiarato obiettivo politico, che possono essere classificati quali reati gravi di diritto interno. La gravità del reato è valutata anche tenuto conto della pena, non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni di reclusione, prevista dalla legge italiana per il reato.

 

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Art. 7.
(Cause di cessazione dello status di rifugiato).

      1. Lo straniero o l'apolide cessa di essere un rifugiato qualora:

          a) si sia nuovamente avvalso, dopo il riconoscimento dello status di rifugiato, in maniera non occasionale, della protezione dello Stato d'origine o di dimora abituale;

          b) si sia ristabilito nello Stato che ha lasciato o in cui non ha fatto ritorno per timore di essere perseguitato;

          c) avendo perso la cittadinanza, l'abbia riacquistata;

          d) abbia acquistato la cittadinanza italiana o un'altra cittadinanza e goda della protezione effettiva dello Stato di dimora abituale;

          e) siano venute meno le circostanze che hanno determinato il riconoscimento dello status di rifugiato, fatta salva la possibilità di vedersi riconosciuta la protezione sussidiaria, se ne sussistono i presupposti. Il cambiamento delle circostanze deve avere una natura non temporanea ed essere tale da eliminare il fondato timore di persecuzioni.

      2. Il comma 1 , lettera e), non si applica al rifugiato che possa invocare l'esistenza di fondati motivi, derivanti da precedenti persecuzioni, tali da rifiutare di avvalersi della protezione dello Stato di cui ha la cittadinanza ovvero, se trattasi di apolide, dello Stato in cui aveva precedentemente la dimora abituale.

Sezione II
CAUSE DI ESCLUSIONE E CESSAZIONE DELLA PROTEZIONE SUSSIDIARIA

Art. 8.
(Cause di esclusione della protezione sussidiaria).

      1. Uno straniero o un apolide è escluso dalla qualifica di persona avente

 

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titolo allo status di beneficiario della protezione sussidiaria ove sussistano fondati motivi per ritenere che egli abbia commesso, istigato o altrimenti concorso alla commissione:

          a) di un crimine contro la pace, di un crimine di guerra o di un crimine contro l'umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

          b) di un reato grave, la cui gravità è valutata anche tenendo conto della pena, non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni di reclusione, prevista dalla legge italiana per il reato;

          c) di atti contrari alle finalità e ai princìpi delle Nazioni Unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite.

Art. 9.
(Cause di cessazione della protezione sussidiaria).

      1. Uno straniero o un apolide cessa di avere titolo allo status di beneficiario della protezione sussidiaria quando le circostanze che hanno indotto alla concessione dello status sono venute meno o mutate in misura tale da rendere la protezione non necessaria.
      2. Ai fini dell'applicazione del comma 1, le autorità competenti valutano che il mutamento delle circostanze sia di natura significativa e non temporanea tale da ritenere che la persona avente titolo allo status di beneficiario della protezione sussidiaria non sia più esposta a un rischio effettivo di danno grave.
      3. Il comma 1 non si applica al beneficiario dello status della protezione sussidiaria che possa invocare fondati motivi derivanti da precedenti danni gravi tali da rifiutare di avvalersi della protezione dello Stato di cui ha la cittadinanza ovvero, se trattasi di apolide, dello Stato in cui aveva precedentemente la dimora abituale.

 

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Sezione III
REVOCA DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Art. 10.
(Cause di revoca dello status di rifugiato e di beneficiario della protezione sussidiaria).

      1. Fatti salvi gli obblighi del rifugiato e del beneficiario della protezione sussidiaria di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso e di esporre tutti i fatti a essa correlati, la revoca dello status è adottata su base individuale, qualora, successivamente al riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria, è accertato che sussistono le condizioni di cui agli articoli 6 e 8.
      2. Lo status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria può essere revocato, successivamente al riconoscimento, anche quando:

          a) vi sono fondati motivi per ritenere che la persona costituisca un pericolo per la sicurezza pubblica;

          b) la persona è stata condannata con sentenza passata in giudicato per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale;

          c) il riconoscimento dello status è stato determinato, in modo esclusivo, da fatti presentati in modo erroneo o dalla loro omissione ovvero dal ricorso a una falsa documentazione dei medesimi fatti.

Sezione IV
REINSEDIAMENTO E RIMPATRIO VOLONTARIO E ASSISTITO

Art. 11.
(Reinsediamento).

      1. La Repubblica sostiene la politica migratoria dell'Unione europea e aderisce

 

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al Programma comune per favorire il reinsediamento dei rifugiati, di cui alla comunicazione della Commissione COM(2009)447 del 2 settembre 2009, indicato dal Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, adottato a Bruxelles il 24 settembre 2008, come parte integrante del regime comune europeo in materia di asilo.
      2. Le modalità per l'attuazione di quanto disposto dal comma 1 del presente articolo sono stabilite dal regolamento di cui all'articolo 43.

Art. 12.
(Rimpatrio volontario e assistito nello Stato d'origine).

      1. La Repubblica promuove azioni in favore dei beneficiari di protezione internazionale che chiedono assistenza per fare ritorno volontariamente nello Stato d'origine in condizioni di sicurezza.
      2. Le modalità di rimpatrio volontario e assistito sono disciplinate dal regolamento di cui all'articolo 43 della presente legge, in conformità a quanto disposto dal decreto del Ministro dell'interno 27 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011.

Capo III
PROCEDURE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Sezione I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 13.
(Autorità competenti a ricevere e a esaminare la domanda).

      1. La polizia di frontiera e la questura sono competenti, secondo i criteri e le modalità stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 43 e mediante uffici appositi, a ricevere la domanda di protezione internazionale e la relativa documentazione.

 

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      2. Sono, altresì, competenti a ricevere la domanda di protezione internazionale le ambasciate e i consolati italiani presenti nello Stato d'origine o di dimora abituale del richiedente, nonché il comandante di una nave o di un aeromobile italiano in navigazione, che avvisa la polizia di frontiera dell'avvenuta ricezione della domanda di protezione internazionale.
      3. Le autorità nazionali competenti all'istruttoria e all'esame delle domande di protezione internazionale sono le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale di cui all'articolo 14.
      4. L'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale, in applicazione del regolamento (CE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, è l'Unità Dublino, operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno.
      5. Nei casi soggetti alle procedure di cui al regolamento (CE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, la commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale sospende l'esame della domanda. Qualora sia stata determinata la competenza territoriale di un altro Stato, ai sensi del comma 4, la commissione territoriale dichiara l'estinzione del procedimento.

Art. 14.
(Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale).

      1. La commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di seguito denominata «commissione territoriale», istruisce ed esamina le domande di protezione internazionale ed è competente a decidere in primo grado sul riconoscimento della protezione internazionale.
      2. Avverso il provvedimento di diniego della commissione territoriale è esperibile

 

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ricorso dinanzi alla Commissione nazionale ai sensi dell'articolo 39.
      3. Le commissioni territoriali si avvalgono del supporto organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno e della prefettura – ufficio territoriale del Governo (UTG) del capoluogo, salvo diverse e ulteriori dotazioni stabilite dal regolamento di cui all'articolo 43.
      4. Le commissioni territoriali, nel rispetto del principio di parità di genere, sono composte da un rappresentante della prefettura – UTG del capoluogo, da un rappresentante dell'ACNUR in Italia e da personalità scelte per la loro competenza in materia, compresi i rappresentanti delle principali organizzazioni che si occupano di protezione internazionale. Le commissioni territoriali sono assistite da un interprete con meri compiti di traduzione e di interpretariato del colloquio. Per ciascun componente sono nominati i rispettivi supplenti e l'incarico di componente effettivo ha durata triennale, rinnovabile.
      5. Il regolamento di cui all'articolo 43 individua il personale competente per lo svolgimento di attività di supporto delle commissioni territoriali e stabilisce i criteri per l'elezione del presidente, che è eletto tra i componenti della commissione territoriale.
      6. Ai componenti, compreso il presidente, della commissione territoriale è erogato un rimborso delle spese certificato, liquidato ad ogni partecipazione alle sedute della commissione, per un importo massimo di 100 euro al giorno.
      7. In caso di eccezionale aumento del numero di domande di protezione internazionale, il Ministero dell'interno ha facoltà di disporre l'apertura di nuove sezioni delle commissioni territoriali.

Art. 15.
(Commissione nazionale per la protezione internazionale).

      1. La Commissione nazionale per la protezione internazionale, di seguito denominata

 

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«Commissione nazionale», è competente in materia di revoca e di cessazione della protezione internazionale. Essa inoltre ha compiti di:

          a) indirizzo e coordinamento delle commissioni territoriali;

          b) costituzione, tenuta e aggiornamento di una banca dati informatica contenente le informazioni sulle domande di protezione internazionale presentate e sulle situazioni sociali, politiche ed economiche degli Stati d'origine o di dimora abituale dei richiedenti;

          c) trasmissione alle commissioni territoriali e all'autorità giurisdizionale delle informazioni e della documentazione ricevute dalle organizzazioni internazionali;

          d) formazione e periodico aggiornamento dei propri componenti e di quelli delle commissioni territoriali, nonché degli interpreti di cui essa e le commissioni territoriali si avvalgono in sede di colloquio di cui all'articolo 27.

      2. La Commissione nazionale mantiene rapporti con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in merito all'attività svolta.
      3. La Commissione nazionale è competente a decidere, in secondo grado, sulle domande dichiarate inammissibili dalle commissioni territoriali.
      4. La Commissione nazionale è nominata, nel rispetto del principio della parità di genere, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno e del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. I componenti della Commissione nazionale sono scelti, in base ai criteri stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 43, tra i maggiori esperti della materia in ambito nazionale e internazionale, con l'integrazione di un rappresentante dell'ACNUR, del Ministero dell'interno e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Nel rispetto del principio di terzietà rispetto all'interesse della pubblica amministrazione, il numero dei componenti rappresentanti di pubblici uffici non può superare un terzo del

 

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totale. L'incarico ha durata triennale ed è rinnovabile. Il presidente è eletto tra i componenti effettivi. La Commissione nazionale si avvale del supporto organizzativo e logistico del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, salvo diverse e ulteriori dotazioni stabilite dal regolamento di cui all'articolo 43 per il corretto svolgimento delle funzioni della Commissione nazionale.
      5. La Commissione nazionale può avvalersi della collaborazione dell'ACNUR, delle maggiori organizzazioni nazionali e internazionali che si occupano di protezione internazionale, nonché delle ambasciate e dei consolati italiani presenti nello Stato d'origine o di dimora abituale del richiedente.

Sezione II
DIRITTI E GARANZIE

Art. 16.
(Garanzie per i richiedenti).

      1. Il richiedente è considerato tale dal momento in cui manifesta in qualsiasi forma, anche oralmente, la propria volontà di chiedere protezione internazionale.
      2. All'atto della presentazione della domanda di protezione internazionale, le autorità competenti a riceverla informano il richiedente, in una lingua che questi comprende o che è ragionevole ritenere possa comprendere:

          a) sulla procedura da seguire;

          b) sui diritti e sugli obblighi dello stesso richiedente durante il procedimento, compreso l'obbligo del rispetto delle leggi interne e della Costituzione italiana, nonché delle conseguenze di un eventuale mancato adempimento degli obblighi e della mancata cooperazione con le autorità;

 

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          c) sui tempi e sui mezzi a disposizione dello stesso richiedente per corredare la domanda degli elementi utili all'esame nonché sulle conseguenze del ritiro della domanda o della rinuncia implicita alla stessa.

      3. L'ufficio di polizia di frontiera o la questura competente consegna al richiedente l'opuscolo informativo, redatto dalla Commissione nazionale, secondo le modalità definite dal regolamento di cui all'articolo 43, che illustra:

          a) la Costituzione italiana;

          b) i principali diritti e doveri del richiedente durante la sua permanenza in Italia;

          c) le fasi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale;

          d) le prestazioni sanitarie e di accoglienza e le modalità per riceverle;

          e) l'indirizzo e il recapito telefonico dell'ACNUR e delle principali organizzazioni di tutela dei richiedenti;

          f) il diritto del richiedente all'assistenza legale durante tutte le fasi della procedura.

      4. Al richiedente è garantita, in ogni fase, la possibilità di comunicare con l'ACNUR o con un'altra organizzazione competente.
      5. In tutte le fasi del procedimento connesse alla presentazione e all'esame della domanda di protezione internazionale, il richiedente riceve, ove necessario, l'assistenza di un interprete della sua lingua o di un'altra lingua a lui comprensibile. Tale assistenza è in ogni caso garantita quando il richiedente è convocato per il colloquio personale di cui all'articolo 27.
      6. Al richiedente e, ove nominati, ai suoi avvocati o consulenti legali, è garantito l'accesso, in ogni fase del procedimento:

          a) alle informazioni aggiornate circa la situazione generale esistente nello Stato

 

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d'origine del richiedente e, ove occorra, negli Stati in cui questi ha transitato, fornite dall'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, dall'ACNUR o da altre organizzazioni internazionali per i diritti umani;

          b) alle informazioni fornite da eventuali esperti d'ordine medico, culturale, religioso, di genere o inerenti i minori.

      7. Il richiedente è tempestivamente informato sulla decisione e sugli eventuali mezzi di impugnazione. Quando il richiedente non sia assistito o rappresentato da un avvocato o da un consulente legale, le comunicazioni concernenti il procedimento e l'esito dello stesso sono a lui rese nella lingua da lui indicata. In mancanza di tale indicazione, le predette comunicazioni sono rese in una lingua a lui comprensibile.
      8. In caso di impugnazione della decisione in sede giurisdizionale, durante lo svolgimento del relativo giudizio sono assicurate allo straniero le garanzie di cui al presente articolo.

Art. 17.
(Diritto di rimanere nel territorio dello Stato durante l'esame della domanda).

      1. Per l'intera durata della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, fatti salvi i casi di esclusione previsti dal comma 2, il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato, ai fini dello svolgimento della stessa procedura.
      2. La disposizione del comma 1 non si applica nei confronti dello straniero o dell'apolide che deve essere:

          a) consegnato a un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo, ai sensi della decisione quadro n. 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002 e della legge 22 aprile 2005, n. 69;

          b) consegnato a una corte o a un tribunale penale internazionale;

 

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          c) accompagnato verso un altro Stato appartenente all'Unione europea competente per l'esame della domanda di protezione internazionale ai sensi della legislazione europea vigente.

      3. L'estradizione del richiedente verso uno Stato non appartenente all'Unione europea non può essere effettuata qualora l'autorità competente abbia motivo di ritenere che lo Stato richiedente non rispetti i divieti di respingimento e di espulsione previsti dagli obblighi dell'Unione europea e internazionali.

Art. 18.
(Visita medica).

      1. Al fine di accertare eventuali segni che potrebbero indicare persecuzioni fisiche o psichiche ovvero danni gravi subiti, la commissione territoriale, ai fini della valutazione della domanda di protezione internazionale, può sottoporre il richiedente, previo consenso espresso dello stesso, a visita medica. La mancanza di consenso da parte del richiedente non osta alla valutazione della domanda.
      2. Qualora la commissione territoriale non disponga alcuna visita medica, il richiedente può, su propria istanza, fruirne in ogni fase della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, a supporto della documentazione presentata o delle dichiarazioni rese durante il colloquio circa i segni che potrebbero indicare le persecuzioni fisiche o psichiche ovvero i danni gravi subiti.
      3. La visita medica di cui al comma 1 è effettuata da un medico e da uno psicologo componente della commissione territoriale integrati, se necessario, da uno specialista incaricato. Il certificato medico attestante l'esito della visita è trasmesso alla commissione territoriale.
      4. La commissione territoriale può sottoporre in ogni caso il richiedente a esami clinici per ragioni di sanità pubblica.

 

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Art. 19.
(Garanzie per i minori non accompagnati).

      1. L'interesse superiore del minore non accompagnato costituisce criterio fondamentale per l'attuazione della presente legge.
      2. Al minore non accompagnato che ha espresso la volontà di chiedere la protezione internazionale è garantita l'assistenza di un tutore, nominato ai sensi degli articoli 343 e seguenti del codice civile, in ogni fase della procedura per l'esame della domanda.
      3. Il tutore:

          a) svolge i suoi doveri in conformità del principio dell'interesse superiore del minore non accompagnato;

          b) informa il minore non accompagnato sul significato e sulle eventuali conseguenze del colloquio personale, informandolo su come prepararsi a esso;

          c) partecipa al colloquio personale e può porre domande o formulare osservazioni.

      4. Tutti i minori non accompagnati presenti nel territorio nazionale hanno diritto a ricevere informazioni sulla protezione internazionale in una lingua da essi conosciuta.
      5. Se sussistono dubbi in ordine all'età, il minore non accompagnato può, in ogni fase della procedura, essere sottoposto, previo consenso del tutore, ad accertamenti medico-sanitari in merito. Se gli accertamenti effettuati non consentono l'esatta determinazione dell'età il richiedente è considerato minore.
      6. Se vengono effettuate visite mediche, il minore non accompagnato deve essere informato, prima dell'esame della domanda di protezione internazionale e in una lingua che comprende o che è ragionevole supporre possa comprendere, della possibilità che la sua età può essere determinata attraverso visita medica, del tipo di visita e dell'incidenza della stessa ai fini dell'esame della domanda, nonché delle

 

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conseguenze discendenti dall'eventuale rifiuto a sottoporvisi. Il rifiuto, da parte del minore, di sottoporsi alla visita medica non incide negativamente sull'ammissibilità della domanda o sull'esito della decisione.

Art. 20.
(Obblighi del richiedente).

      1. Il richiedente ha l'obbligo di cooperare con la commissione territoriale ai fini di accertare la veridicità degli elementi e della documentazione allegati alla domanda di cui al comma 2 dell'articolo 31.
      2. Il richiedente ha, altresì, l'obbligo:

          a) di presentare, unitamente alla domanda di protezione internazionale, gli elementi e la documentazione essenziali, in suo possesso o comunque appena sono disponibili, a motivare la domanda, incluso il passaporto;

          b) di rendere noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;

          c) di comparire personalmente, se convocato, e senza indugio nel giorno e nel luogo stabiliti, davanti alla commissione territoriale per il colloquio personale;

          d) di informare tempestivamente la commissione territoriale, anche tramite la questura competente o la prefettura – UTG del capoluogo, in ordine a ogni mutamento della sua residenza o del domicilio;

          e) di agevolare, in tutte le fasi della procedura, il compimento degli accertamenti previsti dalla legislazione in materia di pubblica sicurezza;

          f) di sottoporsi ai rilievi fotodattiloscopici;

          g) di dare il consenso informato a registrazioni delle dichiarazioni rese oralmente;

          h) di sottoporsi ad accertamenti medici per motivi di sanità pubblica.

 

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      3. In caso di mancata osservanza della lettera d) del comma 2, eventuali comunicazioni concernenti il procedimento si intendono validamente effettuate presso l'ultimo domicilio di cui la commissione territoriale è a conoscenza. La mancata ricezione delle comunicazioni comporta la sospensione dell'esame della domanda e non incide negativamente sull'esito finale della stessa.

Art. 21.
(Diritto all'assistenza e alla rappresentanza legali).

      1. Nel caso di impugnazione delle decisioni in sede giurisdizionale, il richiedente è assistito da un avvocato ed è ammesso al gratuito patrocinio, ove ricorrano le condizioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In ogni caso per l'attestazione dei redditi prodotti all'estero si applica l'articolo 94 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002.
      2. Al richiedente o al suo legale rappresentante, nonché all'avvocato che eventualmente lo assiste, è garantito l'accesso a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle procedure di cui alla sezione III del presente capo e a quelle che potrebbero formare oggetto di giudizio in sede di ricorso avverso la decisione della commissione territoriale o della Commissione nazionale, secondo le modalità previste dai capi I, ad esclusione dell'articolo 2, comma 2, II, III, articoli 7, 8 e 10, IV-bis e V, dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

Art. 22.
(Misure di accoglienza).

      1. Il richiedente o il beneficiario della protezione internazionale privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita

 

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adeguata per la salute e il sostentamento suo e dei propri familiari ha accesso, con i suoi familiari, alle misure di accoglienza di cui al presente articolo.
      2. La valutazione dell'insufficienza dei mezzi di sussistenza, di cui al comma 1, riferita a un periodo non superiore a sei mesi, è effettuata dalla prefettura-UTG, in base ai criteri relativi al soggiorno per motivi di turismo, definiti dalla direttiva del Ministro dell'interno 1o marzo 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo 2000.
      3. L'accesso alle misure di accoglienza è disposto dal momento della manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale.
      4. In caso di richiedenti o di beneficiari della protezione internazionale vulnerabili comporta l'adozione di misure specifiche di assistenza e di accompagnamento nonché di adeguato sostegno psicologico.
      5. In caso di ricorso giurisdizionale avverso la decisione di rigetto della domanda di protezione internazionale, il richiedente, autorizzato a soggiornare nel territorio nazionale, ha accesso alle misure di accoglienza fino alla decisione definitiva.

Art. 23.
(Strutture di accoglienza).

      1. I richiedenti e i beneficiari della protezione internazionale privi di mezzi ai sensi dell'articolo 22 sono alloggiati in apposite strutture di accoglienza che garantiscono la tutela della vita, della salute, delle differenze di genere, di età e culturali nonché, ove possibile, della presenza nello stesso luogo del nucleo familiare.
      2. La durata della permanenza nelle strutture di accoglienza è fissata fino a un massimo di quindici mesi, sulla base di una valutazione individuale del responsabile della struttura in merito alla possibilità di uscita regolare del richiedente o del beneficiario finalizzata alla sua completa integrazione.

 

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      3. Le strutture di accoglienza sono costituite da:

          a) strutture statali deputate al primo soccorso e all'assistenza nelle regioni di sbarco o limitrofe, per alloggiare i richiedenti durante l'esame della domanda di protezione internazionale presentata alla frontiera o in zone di transito;

          b) centri di accoglienza del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39;

          c) centri di accoglienza regionali o interregionali. In caso di emergenza, il Ministro dell'interno, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede a trasferire i richiedenti o i beneficiari della protezione internazionale nelle diverse regioni sulla base di criteri di equità, di consistenza numerica della popolazione residente e di livelli occupazionali della stessa regione.

      4. I richiedenti e i beneficiari della protezione internazionale hanno diritto di comunicare e di ricevere, presso la struttura di accoglienza, visite dei familiari, dei loro rappresentanti legali, nonché dei rappresentanti dell'ACNUR e di altri organismi e organizzazioni non governative nazionali e internazionali.
      5. I trasferimenti dei richiedenti da una struttura di accoglienza a un'altra sono effettuati solo in caso di necessità. In tale caso, i richiedenti possono informare i propri rappresentanti legali del trasferimento e della nuova struttura di accoglienza a cui sono trasferiti.
      6. Gli operatori delle strutture di accoglienza sono formati in modo adeguato e sono tenuti all'obbligo di riservatezza in ordine alle informazioni di cui vengono a conoscenza nel corso della loro attività.
      7. L'indirizzo delle strutture di accoglienza è comunicato dal questore alla commissione territoriale e costituisce il

 

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luogo di residenza del richiedente o del beneficiario della protezione internazionale agli effetti della notifica delle comunicazioni degli atti relativi al procedimento di protezione internazionale.

Sezione III
PROCEDURE DI PRIMO GRADO

Art. 24.
(Presentazione della domanda).

      1. Ai sensi dell'articolo 13, la domanda di protezione internazionale è presentata all'ufficio di polizia di frontiera ovvero alla questura competente per il luogo di dimora, nonché presso le ambasciate o i consolati italiani presenti nel territorio dello Stato d'origine o di transito del richiedente o al comandante della nave italiana o dell'aeromobile italiano in navigazione. Nel caso di presentazione della domanda all'ufficio di frontiera, è disposto l'invio del richiedente presso la questura competente per territorio per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3. Il richiedente che abbia con sé figli minori o persone sotto la sua protezione è tenuto a indicarlo nella domanda di protezione internazionale.
      2. La questura, ricevuta la domanda di protezione internazionale, redige, entro tre giorni dalla presentazione della domanda, il verbale delle dichiarazioni del richiedente su appositi modelli predisposti dalla Commissione nazionale, a cui è allegata la documentazione prevista dall'articolo 31. Il richiedente, su sua domanda o se ritenuto necessario, usufruisce di un supporto linguistico e psicologico. Il verbale è approvato e sottoscritto dal richiedente, al quale ne è rilasciata copia unitamente a quella della documentazione allegata.
      3. Nei casi soggetti alla procedura di cui al regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo del Consiglio, del 26 giugno 2013, la questura, entro sei giorni dalla presentazione della domanda, avvia le procedure per la determinazione dello

 

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Stato competente per l'esame della domanda, secondo quanto previsto dall'articolo 13, comma 4, della presente legge.
      4. Il questore, nella ipotesi di cui agli articoli 22 e 23, dispone l'invio del richiedente nelle strutture di accoglienza ivi previste e rilascia allo stesso un attestato nominativo che certifica la sua qualità di richiedente presente nella struttura.

Art. 25.
(Presentazione della domanda).

      1. La domanda di protezione internazionale può essere presentata anche nello Stato d'origine del richiedente previo colloquio presso l'ACNUR o altri organismi e organizzazioni non governative nazionali e internazionali presenti nello Stato che, a seguito dell'esito positivo di tale colloquio, provvedono a inviare la domanda per via telematica all'ambasciata o al consolato italiano competente per territorio.
      2. Il richiedente, previo appuntamento, effettua presso l'ambasciata o il consolato italiano un colloquio in videochiamata con la Commissione nazionale ed è sottoposto a una visita medica.
      3. La Commissione nazionale adotta una decisione preliminare previa verifica dell'esistenza del fondato timore di persecuzione, dell'esclusione della garanzia di protezione offerta nello Stato d'origine del richiedente, dell'eventuale presenza di un legame con l'Italia basato sulla presenza di familiari o di conoscenti, di eventuali soggiorni precedenti e della conoscenza della lingua italiana. In caso di imminente pericolo e di particolare vulnerabilità del richiedente, non è previsto il requisito del legame con l'Italia.
      4. Se la decisione preliminare della Commissione nazionale è positiva e dopo espressa richiesta della stessa Commissione al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al richiedente è rilasciato, tramite l'ambasciata o il consolato italiano, un visto umanitario di ingresso in Italia della durata di quindici giorni.

 

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      5. In caso di indigenza e in assenza di un documento di viaggio, sul quale applicare il visto di cui al comma 4, al richiedente è rilasciato un lasciapassare, quale titolo di viaggio alternativo.
      6. In caso di comprovata impossibilità di affrontare le spese del viaggio, queste sono poste a carico del Fondo nazionale per la protezione internazionale di cui all'articolo 44.
      7. All'arrivo in Italia il richiedente presenta domanda di protezione internazionale e la Commissione nazionale è tenuta a decidere entro quindici giorni dall'arrivo in Italia.

Art. 26.
(Criteri applicabili all'esame delle domande).

      1. Le domande di protezione internazionale non possono essere respinte, né escluse dall'esame per il solo fatto di non essere state presentate ai sensi dell'articolo 32.
      2. La decisione su ogni domanda deve essere assunta in modo individuale, obiettivo e imparziale e sulla base di un esame effettuato ai sensi dell'articolo 31.
      3. La commissione territoriale, al fine dell'esame della domanda, acquisisce le informazioni precise e aggiornate elaborate dalla Commissione nazionale sulla base dei dati forniti dall'ACNUR, dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da organizzazioni internazionali o da ogni altra fonte ritenuta affidabile sulla situazione esistente nello Stato d'origine del richiedente e, ove occorra, in quelli in cui lo stesso è transitato.

Art. 27.
(Colloquio personale).

      1. Le commissioni territoriali dispongono l'audizione del richiedente dopo aver ricevuto comunicazione di avvenuta presentazione della domanda da parte della questura. Su domanda del richiedente, le

 

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commissioni territoriali e la Commissione nazionale svolgono il colloquio alla presenza di soli componenti dello stesso sesso del medesimo.
      2. La commissione territoriale può omettere l'audizione del richiedente quando ritiene di avere sufficienti motivi per accogliere la domanda di protezione internazionale in relazione agli elementi forniti dal richiedente ai sensi dell'articolo 31 e in tutti i casi in cui risulta certificata, attraverso la visita medica prevista dall'articolo 18, l'incapacità o l'impossibilità di sostenere un colloquio personale.
      3. Il colloquio può essere rinviato qualora le condizioni di salute del richiedente, certificate ai sensi del comma 2, non lo rendano possibile ovvero qualora l'interessato richieda e ottenga il rinvio per gravi motivi.
      4. Se il richiedente, benché regolarmente convocato, rinuncia al colloquio senza aver chiesto il rinvio, la commissione territoriale decide sulla base della documentazione disponibile.
      5. Qualora la convocazione non sia stata portata a conoscenza del richiedente non ospitato nelle strutture di accoglienza e non sia già stata emessa nei suoi confronti una decisione di accoglimento della domanda, la commissione territoriale sospende la procedura, disponendo, per una sola volta ed entro dieci giorni dalla cessazione della causa che non ha consentito lo svolgimento del colloquio, una nuova convocazione, secondo le modalità di cui al comma 1, al fine della riattivazione della procedura.
      6. Il colloquio si svolge in ambienti idonei, alla sola presenza di personale di sostegno linguistico e psicologico, nonché dell'avvocato eventualmente nominato dal richiedente ai sensi dell'articolo 21. La presenza di familiari del richiedente è ammessa solo se la commissione territoriale o la Commissione nazionale lo ritenga opportuno.
      7. Il colloquio del minore deve avvenire alla presenza del genitore che esercita la potestà. In caso di minori non accompagnati, il colloquio si svolge alla presenza
 

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del tutore nominato dalle competenti autorità giudiziarie.
      8. Le commissioni territoriali e la Commissione nazionale, nell'ambito delle rispettive procedure, adottano le misure idonee a garantire la riservatezza dei dati che riguardano l'identità e le dichiarazioni dei richiedenti.
      9. Il contenuto del verbale e della registrazione del colloquio personale e la raccolta di informazioni sui singoli casi sono disciplinati dal regolamento di cui all'articolo 43.

Art. 28.
(Esame prioritario della domanda).

      1. La commissione territoriale esamina in via prioritaria la domanda di protezione internazionale quando è presentata da una persona vulnerabile ovvero da un minore non accompagnato e privo di rappresentanza legale, fatte salve le garanzie di cui all'articolo 21, comma 2.
      2. Entro cinque giorni dalla data di ricezione della domanda, la commissione territoriale provvede all'audizione, salvo che non sia ritenuta necessaria. La decisione è adottata entro i successivi dieci giorni ed è trasmessa alla Commissione nazionale e al questore, la cui competenza è determinata in base al luogo in cui la domanda è stata presentata.

Art. 29.
(Domande inammissibili).

      1. La commissione territoriale dichiara inammissibile la domanda di protezione internazionale e non procede all'esame nei casi in cui il richiedente:

          a) dichiara o certifica di aver ottenuto protezione internazionale in un altro Stato firmatario della Convenzione di Ginevra e che può anche avvalersi di tale protezione;

          b) ha presentato un'identica domanda, dopo che è stata presa una decisione

 

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negativa da parte della commissione territoriale, senza addurre nuovi elementi che possano giustificare un riesame della stessa.

      2. La decisione di inammissibilità è adottata entro venti giorni dalla data di presentazione della domanda. Avverso tale provvedimento è ammesso il ricorso alla Commissione nazionale ai sensi dell'articolo 39. Decorso inutilmente il termine per l'impugnazione, si applica l'articolo 40.

Art. 30.
(Domande infondate).

      1. La commissione territoriale, fatto salvo che il richiedente ritiri la domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 36, dichiara che la domanda è infondata qualora il richiedente:

          a) nell'esposizione dei fatti, durante il colloquio, e nel modulo della domanda, abbia unicamente indicato questioni non connesse alla richiesta di protezione internazionale;

          b) abbia volontariamente indotto in errore la commissione territoriale presentando documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alle sue identità e cittadinanza;

          c) abbia distrutto documenti o fatto sparire il documento di identità o di viaggio, proprio o dei suoi familiari, che ne avrebbero permesso il riconoscimento o l'attribuzione della cittadinanza;

          d) abbia rilasciato dichiarazioni contraddittorie false o incoerenti rispetto alle informazioni verificate sul suo Stato d'origine che rendano non convincenti le sue affermazioni scritte sulla domanda o rilasciate durante il colloquio;

          e) abbia reiterato una domanda di protezione internazionale dichiarata inammissibile;

          f) abbia presentato la domanda di protezione internazionale al solo fine di

 

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ritardare o di impedire un provvedimento di allontanamento.

      2. La commissione territoriale dichiara infondata la domanda di protezione internazionale entro quindici giorni dalla data di presentazione della stessa. La decisione è impugnabile dinanzi alla Commissione nazionale ai sensi dell'articolo 39. Decorso inutilmente il termine per l'impugnazione, si applica l'articolo 40.

Art. 31.
(Esame dei fatti e delle circostanze).

      1. Il richiedente è tenuto a presentare, unitamente alla domanda di protezione internazionale o comunque appena disponibili, gli elementi e la documentazione a supporto della medesima domanda. L'esame è svolto in collaborazione con il richiedente e riguarda tutti gli elementi significativi della domanda.
      2. Gli elementi di cui al comma 1 comprendono le dichiarazioni e la documentazione in possesso del richiedente in merito alle sue identità, età, cittadinanza e condizione sociale, nonché a quelle dei suoi familiari se rilevanti ai fini del riconoscimento. Concorrono altresì a corredare la domanda le informazioni sugli Stati, sugli itinerari di viaggio e sui luoghi in cui il richiedente ha soggiornato in precedenza, nonché sulle eventuali domande di asilo già presentate.
      3. L'esame della domanda di protezione internazionale è effettuato su base individuale e prevede la valutazione:

          a) di tutti i fatti pertinenti che riguardano lo Stato d'origine al momento dell'adozione della decisione, comprese, ove possibile, le disposizioni legislative dello stesso Stato e le relative modalità di applicazione;

          b) delle dichiarazioni rese e della documentazione presentata dal richiedente al fine di valutare se, in base ad esse, gli atti a cui è stato o potrebbe essere

 

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esposto si configurano come persecuzioni o danni gravi;

          c) del certificato rilasciato da un medico qualificato che ha effettuato la visita ai sensi dell'articolo 18;

          d) delle circostanze personali del richiedente e, in particolare, della condizione sociale, del sesso e dell'età, al fine di valutare se, in base ad esse, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurano come persecuzioni o danni gravi;

          e) dell'eventualità che talune attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato lo Stato d'origine o di dimora abituale siano state mirate, esclusivamente o principalmente, a produrre le condizioni necessarie al fine della presentazione di una domanda di protezione internazionale.

      4. La commissione territoriale valuta come serio indizio di fondatezza del timore del richiedente di subire persecuzioni o del rischio effettivo di subire danni gravi, il fatto che lo stesso abbia già subìto persecuzioni o danni gravi o minacce dirette di persecuzioni o danni gravi, salvo vi siano ulteriori elementi o motivi per scongiurare tali rischi.
      5. Qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se la commissione territoriale ritiene che:

          a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per formulare in modo corretto e dettagliato la domanda di protezione internazionale;

          b) tutti gli elementi e documenti pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una valida motivazione dell'eventuale mancanza di altri elementi significativi;

          c) le dichiarazioni rese dal richiedente sono coerenti, plausibili e non contraddittorie con le informazioni di carattere generale e particolare, comunque pertinenti al caso in esame, in possesso della commissione territoriale;

 

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          d) il richiedente ha presentato la domanda di protezione internazionale entro cinque giorni dall'arrivo, a meno che egli non dimostri di aver avuto un giustificato motivo per ritardarla;

          e) dai riscontri effettuati il richiedente è, in generale, attendibile.

Art. 32.
(Procedura ordinaria di esame).

      1. L'esame della domanda di protezione internazionale è svolto dalle commissioni territoriali secondo i princìpi fondamentali e le garanzie di cui alla sezione II del presente capo.
      2. La commissione territoriale provvede al colloquio di cui all'articolo 27 entro quindici giorni dal ricevimento della domanda di protezione internazionale e adotta la relativa decisione entro i successivi quindici giorni.
      3. Qualora la commissione territoriale, per la sopravvenuta esigenza di acquisire nuovi elementi, non abbia adottato la decisione entro il termine di cui al comma 2, informa il richiedente e la questura competente dei motivi del ritardo e dei tempi previsti per la decisione, che non possono comunque superare i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al citato comma 2.
      4. I termini di cui al comma 2 possono essere prorogati di ulteriori trenta giorni, al fine di un adeguato e completo esame della domanda di protezione internazionale, qualora:

          a) il caso all'esame comporti la risoluzione di questioni complesse in fatto e in diritto;

          b) un numero considerevole di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi abbia presentato contemporanea domanda di protezione internazionale;

          c) il ritardo sia imputabile alla mancata osservanza dell'obbligo del richiedente

 

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di cui alla lettera d) del comma 2 dell'articolo 20.

      5. Qualora nel corso del procedimento emergano elementi sufficienti a far supporre che il richiedente possa essere vittima del traffico di esseri umani, la commissione territoriale sospende il procedimento e, informato il richiedente, investe del caso le autorità competenti e le associazioni di tutela impegnate nell'assistenza alle vittime del traffico di esseri umani, secondo modalità stabilite con il regolamento di cui all'articolo 43.
      6. Nel caso di vittime di tortura o di richiedenti che abbiano subìto altre gravi forme di sfruttamento, abusi o violenze psicologiche, fisiche o sessuali ovvero di richiedenti con vulnerabilità gravi la commissione territoriale può sospendere il procedimento e, con il consenso informato del richiedente, può chiedere la consulenza di psicologi o di esperti medici dello stesso sesso del richiedente.
      7. La commissione territoriale può rinviare la conclusione della procedura di esame qualora sia accertata una situazione di incertezza presumibilmente temporanea sulle condizioni dello Stato d'origine o di dimora abituale del richiedente. La commissione territoriale è tenuta in ogni caso ad adottare la decisione entro il termine massimo di quindici mesi.

Art. 33.
(Acquisizione di ulteriori dichiarazioni o di nuovi elementi).

      1. Il richiedente può inviare, in ogni fase del procedimento, alla commissione territoriale ulteriori dichiarazioni, rese esclusivamente in forma scritta, e ogni ulteriore documentazione indicando esplicitamente i fatti che possono produrre successivi elementi a supporto della domanda di protezione internazionale. La commissione territoriale esamina le ulteriori dichiarazioni e la documentazione nell'ambito della domanda, integrandola.

 

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      2. Qualora il richiedente reiteri la domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 35, la commissione territoriale può chiedere alla Commissione nazionale ulteriori informazioni o documentazione ovvero, mediante la stessa, richiedere all'ACNUR, nonché al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ulteriori elementi conoscitivi e documentali sulla situazione personale del richiedente e su quella del suo Stato d'origine o di dimora abituale.
      3. Il richiedente può presentare i documenti di cui al comma 1 anche nella fase di ricorso avverso il rigetto della domanda, al fine di produrre elementi che servono a corredare la domanda.

Art. 34.
(Decisione).

      1. Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 28, 29 e 35, la commissione territoriale adotta una delle seguenti decisioni:

          a) riconosce lo status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria o della protezione umanitaria, ai sensi di quanto previsto dalla presente legge;

          b) rigetta la domanda qualora non sussistano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale stabiliti dalla presente legge o ricorra una delle cause di cessazione o di esclusione dalla protezione internazionale;

          c) dichiara manifestamente infondata la domanda di protezione internazionale.

      2. In caso di accoglimento della domanda di protezione internazionale, al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno della durata di cinque anni per lo status di rifugiato e per lo status di beneficiario della protezione sussidiaria. Può altresì essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari la cui durata è stabilita con decreto del Ministro dell'interno.

 

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      3. I permessi di soggiorno di cui al comma 2 sono rinnovabili a seguito del perdurare delle condizioni previste per la loro concessione.

Art. 35.
(Reiterazione della domanda).

      1. In caso di reiterazione della domanda di protezione internazionale, la commissione territoriale è tenuta a riesaminare le dichiarazioni o gli elementi ulteriori presentati nell'ambito dell'esame della domanda pendente.
      2. Se dall'esame di cui al comma 1 non emergono elementi o risultanze nuovi, la domanda di protezione internazionale è dichiarata inammissibile.

Art. 36.
(Ritiro e rinuncia della domanda).

      1. Nel caso di ritiro della domanda di protezione internazionale prima dell'audizione, la commissione territoriale dichiara l'estinzione del procedimento. L'avvenuta estinzione non osta alla presentazione di una nuova domanda a seguito del ritiro della precedente.
      2. Nel caso in cui vi siano ragionevoli motivi per ritenere che il richiedente abbia implicitamente rinunciato alla domanda di protezione internazionale ai sensi del comma 3, la commissione territoriale dichiara l'estinzione del procedimento.
      3. Si presume che il richiedente abbia implicitamente rinunciato alla domanda di protezione internazionale quando è accertato che egli:

          a) non ha fornito informazioni essenziali per la domanda ai sensi dell'articolo 31;

          b) è fuggito o si è allontanato dal luogo in cui era trattenuto, senza autorizzazione della commissione territoriale;

          c) non ha ottemperato agli obblighi di cui all'articolo 20, comma 2.

 

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      4. La rinuncia implicita allo status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria determina la decadenza del medesimo status.
      5. Il richiedente ha il diritto di chiedere alla commissione territoriale la riapertura del procedimento estinto a seguito di implicita rinuncia quando dimostri, con valida documentazione, che le circostanze di cui al comma 3 non erano a lui imputabili.

Art. 37.
(Cessazione e revoca della protezione internazionale).

      1. Nel procedimento di cessazione dello status di rifugiato e di beneficiario della protezione sussidiaria di cui agli articoli 7 e 9, nonché di revoca dei medesimi ai sensi dell'articolo 10, l'interessato ha diritto a:

          a) essere informato in caso di riesame sullo status di rifugiato o di beneficiario della protezione internazionale;

          b) essere posto in condizione di tutelare i suoi diritti per iscritto o tramite colloquio.

Capo IV
PROCEDURE DI SECONDO GRADO

Art. 38.
(Disposizioni generali).

      1. Il richiedente è legittimato a impugnare le decisioni della commissione territoriale di primo grado dinanzi alla Commissione nazionale ai sensi dell'articolo 39.

Art. 39.
(Ricorso alla Commissione nazionale).

      1. Sono impugnabili dinanzi alla Commissione nazionale, decorsi dieci giorni dal

 

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relativo deposito, producendo anche nuova documentazione, le decisioni:

          a) sull'inammissibilità o sull'infondatezza della domanda di protezione internazionale emessa dalla commissione territoriale;

          b) sul rigetto della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato cui sia seguita l'ammissione alla protezione sussidiaria;

          c) sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato, emessa dalla Commissione nazionale ai sensi dell'articolo 15, comma 1.

      2. La Commissione nazionale, entro dieci giorni dalla presentazione del ricorso, adotta il provvedimento definitivo.

Art. 40.
(Ricorso all'autorità giudiziaria).

      1. Avverso la decisione della Commissione nazionale è ammesso ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria. Il ricorso è altresì ammesso nel caso in cui il richiedente non impugni, ai sensi dell'articolo 39, il provvedimento dinanzi alla Commissione nazionale. Le controversie sono regolate ai sensi del capo III-bis del titolo I del libro quarto del codice di procedura civile, ove non diversamente disposto dal presente articolo.
      2. È competente per territorio, in composizione monocratica, il tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello in cui ha sede la commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento impugnato.
      3. Il ricorso è presentato, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento, salvo diniego per motivi di ordine pubblico, di sicurezza dello Stato o di tutela delle relazioni internazionali.
      4. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati, a cura della cancelleria del tribunale di cui al comma 2, all'interessato e al Ministero dell'interno,

 

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presso la Commissione nazionale ovvero presso la commissione territoriale e sono comunicati al pubblico ministero.
      5. La proposizione del ricorso sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso è proposto:

          a) contro il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda ai sensi dell'articolo 29;

          b) avverso il provvedimento adottato dalla commissione territoriale che ha dichiarato infondata la domanda ai sensi dell'articolo 30.

      6. La sospensione è inoltre esclusa quando il ricorso fa seguito a un procedimento della commissione territoriale che ha dichiarato inammissibile la domanda perché il richiedente:

          a) ha già ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato da un altro Stato parte della Convenzione di Ginevra e può avvalersi di tale protezione;

          b) ha reiterato la domanda sulla quale la Commissione si è già pronunciata senza addurre nuovi elementi sulla sua situazione personale o sulla situazione del suo Stato d'origine.

      7. L'ordinanza che definisce il giudizio sul ricorso è provvisoriamente esecutiva. La stessa rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria ed è comunicata alle parti a cura della cancelleria di cui al comma 4.
      8. Nei casi previsti dai commi 5 e 6 l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa su istanza di parte qualora il richiedente abbia fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria egli sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile. In tali casi egli può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti di urgenza di cui all'articolo 700 del codice di procedura civile.

 

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      9. La commissione territoriale che ha adottato l'atto impugnato invia immediatamente copia della documentazione e di tutti gli atti in suo possesso al ricorrente e al tribunale di cui al comma 2 e può, tramite l'Avvocatura dello Stato, far depositare in cancelleria, almeno dieci giorni prima dell'udienza, ogni controdeduzione.
      10. Solo nel giudizio di primo grado, il Ministero dell'interno può stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di un rappresentante designato dalla commissione territoriale che ha adottato l'atto impugnato.
      11. Il giudice può procedere anche d'ufficio agli atti di istruzione necessari per la definizione della controversia.
      12. L'ordinanza che rigetta il ricorso è comunicata alla questura competente, che ne consegna una copia all'interessato, dispone il ritiro del permesso di soggiorno e intima allo stesso di lasciare il territorio dello Stato entro quindici giorni, osservando le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all'ufficio di frontiera.
      13. In caso di mancato rispetto degli obblighi di cui al comma 12, fatti salvi i casi di forza maggiore, il prefetto competente per territorio dispone l'espulsione dell'interessato con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
      14. La controversia è trattata in ogni grado in via di urgenza.

TITOLO III
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 41.
(Modifica dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

      1. Al comma 6 dell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, le parole: «salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di

 

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carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano» sono sostituite dalle seguenti: «salvo che non sussistano i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari».

Art. 42.
(Abrogazioni).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il decreto legislativo 7 aprile 2003, n. 85, è abrogato.
      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 43, sono abrogati:

          a) il decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;

          b) l'articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni.

Art. 43.
(Regolamento di attuazione).

      1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, con decreto del Presidente della Repubblica, sentite le competenti Commissioni parlamentari che esprimono, entro trenta giorni dalla trasmissione, il proprio parere, è emanato il regolamento di attuazione della presente legge.

Art. 44.
(Disposizioni di carattere finanziario).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, del Fondo nazionale per la protezione internazionale, di seguito denominato «Fondo», la cui dotazione è costituita da:

          a) le risorse destinate annualmente dal Ministero dell'interno;

 

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          b) le assegnazioni annuali del Fondo asilo, immigrazione e integrazione, di cui al regolamento (CE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014;

          c) i contributi e le donazioni eventualmente disposti da soggetti privati, enti e organizzazioni, anche internazionali, e da altri organismi dell'Unione europea.

      2. Le somme di cui al comma 1 , lettere b) e c), sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo.
      3. Il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre lo stanziamento di ulteriori risorse in favore del Fondo a copertura di eventuali e maggiori oneri derivanti dall'attuazione della presente legge.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 45.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.