XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1993



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DURANTI, COSTANTINO, MELILLA, NICCHI, PIRAS, SCOTTO, ZAN

Disciplina della rappresentanza sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di polizia ad ordinamento militare

Presentata il 23 gennaio 2014


      Onorevoli Colleghi! La legge n. 382 del 1978, oggi confluita nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, ha introdotto per la prima volta nell'ordinamento militare la nozione di rappresentanza soggettiva del militare in relazione alla tutela dei soli diritti collettivi, nonché il principio che anche il militare è titolare di interessi legittimi che non possono ritenersi conclusi nell'ambito del rapporto gerarchico disciplinare.
      Con l'affermazione di questo principio di democrazia nasceva all'interno delle Forze armate italiane la «rappresentanza militare», un complesso di organismi elettivi, sostanzialmente articolato su tre livelli, con un sistema elettorale di secondo grado che solo in minima parte garantisce una reale rappresentatività delle istanze e delle aspirazioni del personale militare. Principio fondante della rappresentanza militare è quello di essere un organismo dell'organizzazione militare e, in quanto tale, inserito nel sistema gerarchico-disciplinare. Essa è, infatti, un mero organismo consultivo delle autorità di comando della quale avvalersi o meno a discrezione delle stesse.
      Ne conseguono alcune peculiarità strutturali, talvolta contraddittorie rispetto alla sua natura di organismo rappresentativo. Citiamo, tra quelle più discusse, la presidenza dei consigli della rappresentanza affidata ex jure al membro più alto in grado, l'impossibilità di una comunicazione autonoma con l'esterno dell'organizzazione, la rigida articolazione in comparti di categoria e di ruolo, la conseguente non corrispondenza tra consistenza della rappresentanza

 

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e dimensione della base rappresentata e, infine, la mancanza di un'adeguata tutela dei delegati nello svolgimento delle proprie funzioni rappresentative, spesso divergente e conflittuale con l'amministrazione, e pertanto potenzialmente soggetti a sanzioni derivanti da interpretazioni restrittive delle norme sulla disciplina militare o comunque ad azioni ritorsive dirette o indirette difficilmente rintracciabili nell'alveo del diritto.
      A oltre trenta anni da quella riforma, che fu certamente innovativa rispetto alle condizioni dell'epoca, il sistema della rappresentanza mostra tutti i suoi limiti.
      Fin dalla nascita della rappresentanza militare si sono scorti i suoi limiti, eppure le soluzioni prospettate nel corso degli anni sono state per lo più contraddittorie, quando non regressive rispetto alla condizione giuridica esistente.
      Tra quanti si sono posti concretamente, negli anni più recenti, la questione di quali soluzioni proporre per restituire al sistema della rappresentanza militare una reale capacità di interlocuzione, sia con la gerarchia che con la base rappresentata, è stato sempre ben presente l'interrogativo circa la natura formale e sostanziale di questo organismo. Il tema di confronto più rilevante è naturalmente relativo alla capacità reale di una struttura interna all'organizzazione militare di esprimere con sufficiente autorevolezza e autonomia contenuti propri di una dialettica che in altri settori della pubblica amministrazione assume naturalmente anche le forme conflittuali proprie della rappresentanza sindacale.
      Si può immaginare l'adozione, anche per le Forze armate, di un sistema di rappresentanza del personale con le forme proprie del sindacato, oppure la speciale natura dell'organizzazione gerarchica militare preclude questa possibilità? La domanda non è banale, né è semplice la risposta.
      È ben vero che bisogna distinguere, quando si parla di rappresentanza militare, tra i due comparti in cui sostanzialmente si articola: il comparto sicurezza, al quale appartengono l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza e il comparto difesa, del quale fanno parte le tre Forze armate, compreso il Corpo delle capitanerie di porto la cui natura ibrida non ne rende facile una classificazione.
      Questa distinzione evidenzia la principale contraddizione interna al sistema della rappresentanza militare, e cioè la rilevante differenza di condizione e di rappresentanza esterna che contraddistingue nel nostro Paese le Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato e Corpo della polizia penitenziaria) rispetto a quelle militarmente ordinate (Arma dei carabinieri, Corpo della guardia di finanza e, per alcuni aspetti, Corpo delle capitanerie di porto). Di fatto, cittadini che svolgono sostanzialmente il medesimo servizio di polizia, vivono diverse condizioni personali in virtù del permanere, nel nostro Paese, dell'anacronismo rappresentato da corpi di polizia a ordinamento militare che svolgono tuttavia compiti essenzialmente civili. Ciò è del tutto vero per il Corpo della guardia di finanza e lo è anche per l'Arma dei carabinieri, i cui compiti residui di polizia militare e di sicurezza riguardano forse meno del 15 per cento della forza organica.
      Nella trentennale esperienza di vita della rappresentanza militare sono anche intervenute sostanziali novità per quanto riguarda la struttura del nostro apparato militare, oltre che per le missioni affidategli.
      La più recente delle riforme, quella relativa alla professionalizzazione delle Forze armate, è anche quella che maggiormente impatta con la problematica della rappresentanza del personale.
      In effetti uno degli elementi sui quali era stato fondato il sistema della rappresentanza militare, così come voluto dal legislatore con la legge n. 382 del 1978, era costituito proprio dalla coesistenza all'interno delle Forze armate di un nucleo maggioritario di personale composto dai militari di leva, per i quali doveva essere garantita comunque una forma di espressione delle istanze collettive.
 

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      Con la fine del sistema di reclutamento ibrido e con la completa professionalizzazione delle Forze armate il problema della rappresentanza militare deve porsi necessariamente in termini diversi.
      Negli ultimi anni si è assistito allo sviluppo di una pletora di associazioni che a vario titolo si propongono di supplire alla carenza di tutele del personale militare senza chiaramente ottenere i risultati sperati per ovvi limiti giuridici e di legittimità.
      Nel 1999, la Corte costituzionale, investita del problema della legittimità costituzionale dell'articolo 8 della legge n. 382 del 1978, aveva dichiarato «non incostituzionale» il divieto per i militari di costituire associazioni professionali o sindacali.
      La stessa Corte, tuttavia, ribadiva nella sua sentenza come dovesse essere il legislatore a definire la disciplina associativa per i militari.
      La legittimità del divieto imposto ai militari di costituire associazioni professionali, almeno giuridicamente, è storia passata, in quanto superata dalla normativa europea.
      Nell'anno 2001, infatti, una riforma costituzionale ha stabilito che «La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» (articolo 117, primo comma, della Costituzione). Da allora, il diritto europeo ha acquisito una forza sempre più penetrante rispetto alle fonti nazionali.
      Alle fonti europee, infatti, è stata riconosciuta un'efficacia tale da prevalere non solo sulle leggi interne, ma anche sulle norme nazionali di rango costituzionale, mediante la diretta applicazione da parte dei giudici comuni.
      Una tale intrusione del diritto ultranazionale nell'ordinamento giuridico dei singoli Paesi membri ha modificato la collocazione gerarchica delle fonti normative, ma soprattutto l'equilibrio dei poteri di controllo sulle leggi nazionali. Si è aperta per il giudice nazionale comune la possibilità di sbrigliarsi dal giogo della Corte costituzionale con la possibilità di disapplicare le leggi nazionali che sono in contrasto con il diritto europeo. Cosa che qualche decennio fa era impossibile, a causa del disposto dell'articolo 134 della Costituzione. La vera svolta, però, è avvenuta il 1o dicembre 2009, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Esso ha recato importanti modifiche all'articolo 6 del Trattato dell'Unione europea (TUE) sul rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini europei. Il paragrafo 1 del Trattato riguarda la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza).
      In particolare, al paragrafo 1 si afferma che: «L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i princìpi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati». È a tutti evidente il diverso valore giuridico che viene ad assumere la Carta di Nizza a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il quale ha rafforzato la tutela all'interno dei singoli Paesi dei diritti fondamentali, attribuendo alla Carta di Nizza il medesimo valore giuridico dei trattati.
      La Carta di Nizza, acquisendo «lo stesso valore giuridico dei trattati», diviene diritto europeo e comporta tutte le conseguenze, in termini di prevalenza sugli ordinamenti nazionali. In altre parole, a seguito del Trattato di Lisbona, una legge interna che contrasta con una norma della Carta di Nizza potrà ben essere disapplicata dal giudice comune nazionale il quale è, pertanto, tenuto a dare applicazione diretta al diritto dell'Unione, di cui sospetta il contrasto con un diritto fondamentale, sancito sia dalla Corte europea dei diritti umani (CEDU) che dalla Carta di Nizza, in base al principio, fondato sull'articolo 11 della Costituzione, secondo cui «Le norme di diritto comunitario sono direttamente operanti nell'ordinamento interno».
      A seguito di tale modifica, che ha spostato in avanti i confini dei giudici nazionali, le prese di posizione da parte della giurisprudenza dei singoli Paesi membri non si sono fatte attendere. Il
 

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Consiglio di Stato, sezione IV, nella sentenza n. 1220 del 2010, ad esempio ha affermato che, i princìpi sulla effettività della tutela giurisdizionale discendibile dalla CEDU sono «divenuti direttamente applicabili nel sistema nazionale». L'affermazione, è stata ripresa e amplificata dalla giurisprudenza successiva di alcuni tribunali amministrativi regionali (TAR). Il TAR Lazio, sezione II, per esempio, in una rivoluzionaria sentenza, la n. 11984 del 2010, ha affermato che «fra le più rilevanti novità correlate all'entrata in vigore del Trattato [di Lisbona], vi è l'adesione dell'Unione alla CEDU», cui va ad aggiungersi la riformulazione della disposizione per cui i diritti fondamentali, quali garantiti dalla CEDU e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, «fanno parte del diritto dell'Unione in quanto princìpi generali» (articolo 6, paragrafo 3, del TUE). Ne deriva, a mente del TAR Lazio, che «le norme della Convenzione divengono immediatamente operanti negli ordinamenti nazionali degli Stati (...), e quindi nel nostro ordinamento nazionale, in forza del diritto comunitario, e quindi in Italia ai sensi dell'articolo 11 della Costituzione». Lo stesso TAR conclude affermando che al giudice comune si dà il potere «di procedere in via immediata e diretta alla disapplicazione (delle leggi statali contrastanti) in favore del diritto comunitario, previa eventuale pronuncia del giudice comunitario ma senza dover transitare per il filtro dell'accertamento della loro incostituzionalità sul piano interno».
      A tale proposito è bene ricordare il contenuto dell'articolo 1475 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010: «(limitazioni all'esercizio del diritto di associazione e divieto di sciopero).

      1. La costituzione di associazioni o circoli fra militari è subordinata al preventivo assenso del Ministro della difesa.
      2. I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali.
      3. I militari non possono aderire ad associazioni considerate segrete a norma di legge e a quelle incompatibili con i doveri derivanti dal giuramento prestato.
      4. I militari non possono esercitare il diritto di sciopero».

      Tuttavia l'articolo si trova in netto contrasto con l'articolo 12 della Carta di Nizza: «(libertà di riunione e di associazione).

      1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione a tutti i livelli, segnatamente in campo politico, sindacale e civico, il che implica il diritto di ogni individuo di fondare sindacati insieme con altri e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
      2. I partiti politici a livello dell'Unione contribuiscono a esprimere la volontà politica dei cittadini dell'Unione.»

      Com’è evidente, il contrasto tra la norma statale e il diritto europeo è talmente chiaro che non ammette alcuna possibilità d'interpretazione, a meno che non si voglia sostenere che i militari non sono individui. La lettera della norma non offre lo spunto per elaborazioni che consentano di esprimere giudizi di valore, né il pretesto per attribuire valore giuridico a opinioni prive di tale carattere.
      È giusto il caso di ricordare, prima delle conclusioni, che «la partecipazione a riunioni o manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, o lo svolgimento di propaganda a favore o contro partiti, associazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative», può essere punita con la consegna di rigore, ai sensi dell'articolo 751, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010. Si badi bene, la consegna di rigore, nell'ordinamento militare, implica la privazione della libertà personale fino a un massimo di 15 giorni, a seguito di un giudizio sommario da parte di un organo privo del requisito di terzietà e, per giunta, in assenza di un difensore abilitato, nonché sinonimo di carriera certamente compromessa, quando non un

 

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rischio concreto per la conservazione del posto di lavoro.
      In conclusione, la presente proposta di legge si pone come obiettivo principale il riconoscimento dei diritti associativi e sindacali secondo il diritto europeo anche per il personale militare alla stessa stregua di quanto già avviene in alcuni Paesi dell'Unione europea e, non ultimo, anche la Repubblica serba che, nonostante sia ancora alle prese con enormi difficoltà economiche per il recupero dell'apparato industriale distrutto dai bombardamenti della NATO del 1999, attua le riforme statali che chiede l'Europa per accedere alla candidatura per il suo ingresso nell'Unione, concedendo il sindacato autonomo all'esercito.
      I proponenti vogliono partire dal citato quadro normativo, ormai giurisprudenza in Europa, per garantire anche in Italia che le istituzioni deputate alla difesa del sistema democratico, le Forze armate, siano parte integrante della stessa democrazia che difendono ai sensi della Costituzione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Diritti sindacali).

      In attuazione degli articoli 39 e 52 della Costituzione gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare hanno il diritto di associarsi in sindacati.
      2. Gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare non possono iscriversi a sindacati diversi da quelli istituiti specificamente per il personale militare, né assumere la rappresentanza di altri lavoratori.
      3. I sindacati degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare possono tenere riunioni:

          a) in locali dell'amministrazione, messi a disposizione dalla stessa, che ne fissa le modalità d'uso;

          b) in luoghi aperti al pubblico.

      4. Possono tenersi riunioni, ai sensi del comma 3, durante l'orario di servizio nei limiti di dieci ore annue previo accordo con i comandanti delle unità o dei reparti interessati circa le modalità di tempo e di luogo per il loro svolgimento.
      5. I sindacati dei militari:

          a) trattano la tutela individuale e collettiva dei militari;

          b) formulano pareri e proposte su leggi e regolamenti;

          c) sono ascoltati dalle Commissioni parlamentari e dai Ministri di riferimento;

          d) si autofinanziano con il contributo dei propri iscritti, raccolto secondo le modalità previste dalla legge o dalla contrattazione nazionale;

 

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          e) possono fornire consulenza agli organismi delle rappresentanze unitarie di base, sia in fase di predisposizione delle piattaforme contrattuali, sia in fase di contrattazione e concertazione ai vari livelli.

Art. 2.
(Sindacati delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare).

      1. I sindacati delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare sono formati, diretti e rappresentati da appartenenti alle stesse Forze, in attività di servizio o comunque assoggettabili ad obblighi di servizio e ne tutelano gli interessi senza interferire nella direzione dei servizi o nei compiti operativi.
      2. I sindacati di cui al comma 1 non possono affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo con altre associazioni sindacali.
      3. I sindacati di cui al comma 1 sono regolati da statuti improntati a criteri di democraticità, trasparenza e partecipazione degli iscritti.

Art. 3.
(Divieto di esercizio di sciopero).

      1. Gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare non esercitano il diritto di sciopero né azioni ad esso sostitutive che, effettuate durante il servizio, possono pregiudicare le esigenze operative, di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria.

Art. 4.
(Modifiche al codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66).

      1. Al codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010,

 

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n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) L'articolo 1470 è sostituito dal seguente:

          «Art. 1470. – (Libertà di riunione). – 1. Sono vietate riunioni non di servizio nell'ambito dei luoghi militari o comunque destinati al servizio, salvo quelle previste per il funzionamento delle attività sindacali e delle rappresentanze unitarie di base;
      2. Fuori dai luoghi di cui al comma 1 sono vietate assemblee o adunanze di militari che si qualificano esplicitamente come tali o che sono in uniforme, salvo quelle previste per il funzionamento delle attività sindacali e delle rappresentanze unitarie di base»;

          b) i commi 1 e 2 dell'articolo 1475 sono abrogati;

          c) gli articoli da 1476 a 1482 sono abrogati.

Art. 5.
(Sindacati delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare).

      1. I sindacati nazionali delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare partecipano, nell'ambito dei comparti sicurezza e difesa, secondo quanto stabilito dagli articoli 7, 13 e 14, alle attività di concertazione e contrattazione. I sindacati territoriali e le rappresentanze unitarie di base delle medesime Forze partecipano alla concertazione delle materie di loro competenza con gli organismi di comando territoriale militare, a ciò delegati, e con le regioni e gli enti locali.

Art. 6.
(Categorie rappresentate).

      1. Le rappresentanze unitarie di base rappresentano unitariamente le seguenti categorie:

          a) categoria «A»: ufficiali;

          b) categoria «B»: marescialli, ispettori;

 

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          c) categoria «C»: sergenti, sovrintendenti;

          d) categoria «D»: volontari e assimilati in servizio permanente, appuntati e carabinieri dell'Arma dei carabinieri, appuntati e finanzieri del Corpo della guardia di finanza in servizio permanente effettivo;

          e) categoria «E»: volontari in ferma breve o prefissata pluriennale e assimilati;

          f) carabinieri e finanzieri in ferma quadriennale.

      2. Le rappresentanze unitarie di base sono costituite dai rappresentanti delle categorie di cui al comma 1 proporzionalmente al numero degli appartenenti alle singole categorie.
      3. La composizione numerica delle singole rappresentanze unitarie di base rispetta il criterio della proporzionalità del numero degli appartenenti alle singole categorie di personale ed è disciplinata dal regolamento previsto dall'articolo 20.

Art. 7.
(Modalità di elezione dei delegati delle rappresentanze unitarie di base).

      1. I rappresentanti componenti delle rappresentanze unitarie di base sono eletti nell'ambito dei comandi al livello stabilito per ciascuna Arma e Corpo dal regolamento di cui all'articolo 20.
      2. Le liste elettorali sono presentate dai sindacati costituiti, con atto legale, a livello nazionale, in forma unitaria o separata ovvero da militari del comando di riferimento secondo le modalità di cui al comma 4.
      3. I militari eleggibili sono votati in base a liste elettorali, formate da un numero almeno pari a quello dei delegati da eleggere.
      4. Per essere ammesse le liste devono essere depositate almeno quaranta giorni prima della data prevista per le elezioni e devono essere accompagnate dalla firma di almeno il 10 per cento del personale

 

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appartenente a ciascun comando interessato. Un militare può sottoscrivere una sola lista.
      5. Gli eletti durano in carica tre anni e sono rieleggibili per un ulteriore mandato. L'elezione per due mandati consecutivi è motivo di ineleggibilità per il mandato successivo.
      6. In caso di cessazione anticipata dal mandato, i militari sono sostituiti, per il periodo residuo, dai candidati che nelle votazioni effettuate seguono l'ultimo degli eletti nella graduatoria. Qualora non vi siano candidati con voti utili a subentrare si procede a elezioni straordinarie per le posizioni vacanti.
      7. L'elezione dei delegati ha luogo a scrutinio segreto con voto diretto e nominativo.
      8. L'espressione del voto è un diritto e un dovere cui gli aventi diritto hanno l'obbligo morale di non sottrarsi.
      9. Il numero degli eletti per ciascuna rappresentanza unitaria di base è di 3 ogni 200 militari in servizio, per tutte le categorie, per ogni unità con un organico fino a 200 addetti e di 3 ogni 300 o frazione di 300 per ogni unità da 201 a 3.000 addetti.
      10. Le procedure elettorali sono supervisionate da una commissione sindacale, espressione di tutte le liste ammesse alle elezioni, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 20.
      11. I risultati elettorali sono comunicati all'Agenzia per la rappresentanza negoziale nelle pubbliche amministrazioni (ARAN) dal presidente di ciascun seggio istituito presso ogni comando sede di elezioni da delegati, designati uno per ogni lista, dai rispettivi presentatori, entro ventiquattro ore dalla chiusura delle operazioni di scrutinio, che iniziano immediatamente dopo la chiusura del seggio. Presso l'ARAN è costituito un seggio centrale, presieduto da un magistrato della procura generale militare e composto dai rappresentanti delle liste presentate in almeno tre regioni per ogni Arma o Forza di polizia ad ordinamento militare.
      12. I risultati elettorali finali nazionali sono proclamati entro sette giorni dalla chiusura dei seggi.
 

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      13. Hanno diritto a partecipare alla concertazione e contrattazione nazionale e territoriale a tutti i livelli e alla presentazione delle liste, nella tornata elettorale successiva, i sindacati dei militari le cui liste hanno conseguito il 5 per cento dei voti, a livello nazionale, in ciascuna Arma o Forza di polizia ad ordinamento militare.

Art. 8.
(Sistema elettorale).

      1. L'elezione dei delegati delle rappresentanze unitarie di base avviene con il sistema proporzionale puro, con voto di lista e con l'espressione di preferenze fino a un massimo di un terzo degli eletti.

Art. 9.
(Propaganda elettorale).

      1. Per la propaganda elettorale e la presentazione dei candidati, i candidati nelle liste assistiti, su loro richiesta, dai sindacati nazionali o territoriali, convocano e presiedono apposite assemblee, organizzate per ciascun comando sede di elezioni.
      2. Alle assemblee di cui al comma 1 ogni candidato iscritto in una lista dichiarata valida ha diritto di presentare e di esporre il proprio programma elettorale e quello della lista che rappresenta.
      3. Le assemblee di base e le riunioni dei candidati sono svolte in orario di servizio.
      4. È vietato qualsiasi atto teso a influenzare o a limitare, attraverso l'autorità connessa agli incarichi di comando ovvero ai rapporti gerarchici connessi al grado, il libero esercizio del voto da parte dei militari o dei delegati nell'ambito dell'attività riferita alle attività di voto nonché all'esercizio della rappresentanza militare. Tali comportamenti sono considerati gravi atti di violazione disciplinare.
      5. È vietato qualsiasi atto discriminatorio verso candidati o delegati.

 

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      6. I candidati possono effettuare la propaganda attraverso mezzi di comunicazione diretta e siti internet, nonché attraverso i sindacati nazionali.

Art. 10.
(Organi delle rappresentanze unitarie di base).

      1. Le riunioni dei consigli delle rappresentanze unitarie di base sono presiedute dal presidente, che organizza e dirige i lavori e dà attuazione e pubblicità alle decisioni del consiglio. Il presidente è eletto nella prima riunione della rappresentanza unitaria di base, convocata dal delegato più anziano, che è colui che ha conseguito il maggior numero di preferenze. Il presidente è eletto con la maggioranza qualificata dei due terzi per le prime due votazioni; dalla terza votazione, per la sua elezione è sufficiente la maggioranza semplice. Il presidente può essere sfiduciato con il voto dei quattro quinti dei rappresentati del consiglio della rappresentanza unitaria di base.

Art. 11.
(Tutela e diritti).

      1. I militari componenti del sindacato nazionale o territoriale ovvero eletti delegati della rappresentanza unitaria di base non sono perseguibili disciplinarmente per le opinioni espresse nell'espletamento dei compiti connessi con l'esercizio del mandato.
      2. I dirigenti a tutti i livelli del sindacato o i delegati, all'atto della loro elezione, non possono essere trasferiti a un'altra sede o reparto ovvero sostituiti nell'incarico ricoperto al momento dell'elezione.
      3. L'attività svolta dai delegati della rappresentanza unitaria di base nell'espletamento delle loro funzioni è considerata attività di servizio.
      4. I delegati possono manifestare il loro pensiero in ogni sede, su tutte le questioni non classificate che riguardano la vita

 

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militare, nonché avere contatti con enti e associazioni di carattere sociale, culturale o politico anche estranei alle Forze armate e possono altresì partecipare a convegni e assemblee.
      5. I delegati possono svolgere attività di rappresentanza anche al di fuori degli organi di appartenenza a titolo personale o a nome del rispettivo consiglio, qualora da questo delegati. In tale attività deve essere garantita l'estraneità dalle competizioni elettorali delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare.
      6. I delegati hanno facoltà di distribuire proprie comunicazioni scritte al personale militare sulle materie di loro competenza, nonché di visitare le strutture e i reparti militari della loro base elettorale quando lo ritengono opportuno, dandone, almeno trentasei ore prima, avviso preventivo ai comandanti competenti.
      7. Sono vietati gli atti in qualsiasi modo diretti a condizionare l'esercizio del mandato degli organismi della rappresentanza unitaria di base o dei singoli membri.
      8. Nel periodo in cui il delegato rimane in carica è sospesa la normale redazione della documentazione caratteristica.
      9. L'aver svolto il ruolo di delegato della rappresentanza unitaria di base è motivo di merito da considerare nella valutazione dell'intero periodo del mandato svolto.

Art. 12.
(Facoltà e limiti del mandato).

      1. I membri delle rappresentanze unitarie di base devono essere messi in condizione di svolgere le funzioni per le quali sono stati eletti e avere a disposizione il tempo necessario.
      2. I delegati delle rappresentanze unitarie di base devono essere impegnati nei servizi in modo proporzionale al tempo in cui sono presenti presso i reparti di appartenenza.

 

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Art. 13.
(Convocazione delle rappresentanze unitarie di base).

      1. Le rappresentanze unitarie di base sono convocate almeno una volta al mese.
      2. I sindacati nazionali possono avere rapporti con organismi similari degli Stati membri dell'Unione europea, con associazioni nazionali professionali, con associazioni di militari in servizio o in congedo, o di pensionati e con le altre organizzazioni aventi fini morali o culturali, nonché con le organizzazioni sindacali del personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento civile.
      3. Le convocazioni delle riunioni delle rappresentanze unitarie di base sono comunicate con tre giorni di anticipo dal presidente della rappresentanza unitaria di base competente al rispettivo comando, che adotta le necessarie misure logistiche e amministrative volte a garantirne il regolare svolgimento, salvo che non ricorrano circostanze eccezionali.
      4. Le rappresentanze unitarie di base hanno facoltà di chiedere, qualora lo ritengano utile, la presenza, di dirigenti sindacali nazionali o territoriali alle proprie assemblee di base, di membri delle Commissioni competenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, di sottosegretari di Stato del settore interessato, di sindaci o di assessori comunali dei territori di appartenenza, previa comunicazione al comandante competente.

Art. 14.
(Assemblea di base).

      1. Per la consultazione e il confronto con la base rappresentata, le rappresentanze unitarie di base convocano assemblee generali dei militari dell'unità di base in orario di servizio, dandone comunicazione preventiva non meno di cinque giorni prima, almeno tre volte l'anno.
      2. L'assemblea di base può essere convocata anche su richiesta scritta di un

 

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quinto dei militari rappresentati e può essere organizzata anche limitatamente ad una o più categorie di base.
      3. Le assemblee di base sono presiedute dal presidente, che relaziona sugli argomenti all'ordine del giorno o designa a tal fine uno specifico delegato.
      4. Il presidente è responsabile delle relazioni interne ed esterne del consiglio e dei rapporti con i consigli dei vari livelli della rappresentanza unitaria di base.

Art. 15.
(Procedure di concertazione).

      1. I sindacati nazionali dei militari firmatari dei contratti nazionali e che hanno conseguito nelle elezioni delle rappresentanze unitarie di base il 5 per cento dei voti a livello nazionale, secondo quanto prescritto dall'articolo 7, comma 13, presentano, un mese prima della scadenza contrattuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dandone contestuale comunicazione al Ministro della difesa e al Ministro dell'economia e delle finanze, le proposte e le richieste relative alle sessioni di concertazione per la definizione e per il rinnovo dei contenuti economici e normativi del rapporto d'impiego del personale rappresentato.

Art. 16.
(Competenze dei sindacati nazionali dei militari).

      1. Le competenze dei sindacati nazionali dei militari riguardano tutte le materie che interessano il personale, ad eccezione dell'impiego operativo, e in particolare:

          a) la formulazione di pareri, di proposte e di richieste alle Commissioni parlamentari, ai Ministri competenti, allo Stato maggiore della difesa, agli Stati maggiori nonché ai Comandi generali su quanto attiene alla tutela collettiva e individuale

 

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dei militari rappresentati relativamente alle seguenti materie:

              1) trattamento economico fondamentale e accessorio;

              2) durata massima e articolazione dell'orario di lavoro;

              3) licenze ordinarie e straordinarie;

              4) aspettative;

              5) permessi;

              6) trattamento economico di missione e di trasferimento;

              7) criteri di massima per la formazione professionale;

              8) criteri per la gestione degli enti di assistenza del personale e partecipazione diretta alla gestione stessa mediante l'inserimento nel consiglio di amministrazione di almeno un delegato designato dall'assemblea;

              9) vigilanza sulla corretta applicazione del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, salubrità degli stessi e salute dei lavoratori;

              10) criteri generali per la mobilità del personale;

              11) criteri generali per l'attribuzione degli incarichi;

              12) gestione del rapporto d'impiego relativamente agli atti normativi e amministrativi di carattere generale relativi allo stato giuridico, previdenziale e assistenziale;

              13) misure generali concernenti l'organizzazione degli uffici e del lavoro;

              14) attuazione di programmi di formazione del personale;

          b) lo svolgimento del ruolo negoziale, attraverso la concertazione, in occasione delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro come previsto dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, sulle materie indicate dalla lettera a);

 

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          c) l'informazione preventiva con le modalità previste dall'articolo 25, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, per le materie indicate ai numeri 9) e 10) della precedente lettera a) del presente comma;

          d) l'informazione prevista dall'articolo 25, comma 1, lettera f), lettera g1), numero 3, per le materie indicate ai numeri 11 ), 12), 13) e 14) della lettera a) del presente comma;

          e) l'informazione alla base, come previsto dall'articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395, sulle materie indicate alla lettera a);

          f) la partecipazione a un interscambio informativo con gli organismi interessati alla concertazione e con quelli della contrattazione;

          g) gli incontri con gli altri organismi sindacali dei lavoratori dipendenti pubblici o privati, sui temi di comune interesse, riferiti alle materie di competenza, in circostanze anche diverse dalla partecipazione al contratto di lavoro;

          h) la consultazione periodica con i comandi su tutte le materie non di competenza che possono comunque avere riflessi sulla condizione, sul trattamento e sulla tutela del personale;

          i) la partecipazione a convegni e congressi nei limiti consentiti;

          l) l'attuazione di interventi di propria iniziativa su fatti specifici ai fini della tutela morale, giuridica, economica, previdenziale o culturale dei militari;

          m) l'esame delle richieste dei militari in congedo e dei cittadini su fatti specifici riguardanti la condizione, il trattamento o la tutela morale dei militari;

          n) l'esercizio del diritto d'accesso e partecipazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, in ordine alle procedure di avanzamento, di tutte le categorie rappresentate;

 

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          o) la partecipazione dei delegati ogni qual volta sono nominate commissioni cui sono demandate decisioni nell'ambito di materie di competenza dei sindacati nazionali dei militari.

      2. Sulle materie di cui al comma 1 i sindacati nazionali dei militari formulano pareri, proposte o richieste direttamente ai ministri e alle commissioni parlamentari competenti e sono incaricati della concertazione presso i Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, della difesa e dell'economia e delle finanze.
      3. I sindacati nazionali dei militari formulano pareri sui criteri per la gestione degli enti di assistenza del personale e partecipano attraverso loro delegati al consiglio di amministrazione degli enti stessi.
      4. I sindacati nazionali dei militari vigilano sull'applicazione degli accordi economici e normativi a livello nazionale, regionale e provinciale.

Art. 17
(Competenze specifiche delle rappresentanze unitarie di base)

      1. Le rappresentanze unitarie di base sono competenti a trattare materie concernenti la tutela e la condizione del personale militare nell'ambito della corrispondente unità. Possono formulare proposte e richieste sul trattamento economico e su tutte le materie di pertinenza della contrattazione nazionale e, in particolare, concertano sulla distribuzione delle risorse accessorie eventualmente attribuite all'ente periferico.
      2. Alle rappresentanze unitarie di base compete la vigilanza sull'applicazione degli accordi economici e normativi al livello di corrispondenza.
      3. Le rappresentanze unitarie di base sono altresì competenti a trattare con le regioni e con gli enti locali di riferimento le seguenti materie:

          a) edilizia residenziale;

 

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          b) trasporti, formazione e aggiornamento culturale e professionale;

          c) igiene del lavoro;

          d) antinfortunistica e applicazione della normativa vigente sui luoghi di lavoro;

          e) promozione umana e benessere del personale.

      4. Le competenze delle rappresentanze unitarie di base riguardano, inoltre, i seguenti settori:

          a) conservazione dei posti di lavoro durante il servizio militare, qualificazione professionale e all'inserimento nell'attività lavorativa di coloro che cessano dal servizio militare;

          b) provvidenze per gli infortuni subiti nonché per le infermità contratte in servizio e per causa di servizio;

          c) attività assistenziali, culturali, ricreative e di promozione sociale, anche a favore dei familiari dei militari;

          d) organizzazione delle sale per convegni e delle mense, nonché controllo delle condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza del lavoro dei luoghi militari;

          e) alloggi, con la partecipazione di rappresentanti delegati dall'assemblea a tutte le commissioni previste dai regolamenti per la gestione, l'assegnazione, o l'acquisto degli stessi;

          f) cura della puntuale, corretta e uniforme applicazione, in sede locale, delle disposizioni, economiche e normative introdotte dai contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 1;

          g) diritto d'informazione ai sensi dell'articolo 58 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 395;

          h) formulazione di pareri e proposte ai sindacati nazionali dei militari.

      5. Per i provvedimenti da adottare in materia di attività assistenziale, culturale, ricreativa e di promozione sociale anche a

 

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favore dei familiari dei militari, di cui al comma 4, lettera c), l'amministrazione concorda con il sindacato territoriale e con le rappresentanze unitarie di base la programmazione e lo sviluppo delle iniziative da intraprendere in collaborazione con le regioni, con le province e con i comuni, redigendo programmi trimestrali.

Art. 18.
(Informazione e pubblicità).

      1. Le delibere, le relazioni, i comunicati, i verbali, le votazioni, le dichiarazioni dei delegati e ogni notizia relativa all'attività degli organismi del sindacato ai vari livelli e delle rappresentanze unitarie di base possono essere resi pubblici, dai singoli dirigenti sindacali o delegati, attraverso qualsiasi mezzo di informazione.

Art. 19.
(Informazione ai militari).

      1. A ogni militare, all'atto dell'arruolamento nonché a ogni inizio di servizio presso un nuovo reparto, è consegnato, a cura dei comandi competenti, l'elenco dei nominativi e dei recapiti dei delegati della rappresentanza unitaria di base corrispondente. A tale elenco è allegata una comunicazione della rappresentanza unitaria di base, sul lavoro svolto e sulle iniziative assunte ovvero su importanti questioni attinenti al mandato.
      2. Nel periodo di prima istruzione presso le scuole militari, le accademie o i reparti addestrativi, i neoarruolati partecipano a un programma informativo sulla rappresentanza sindacale militare che si conclude con un incontro di discussione e di confronto con i delegati della rappresentanza unitaria di base di appartenenza, nella quale tutti i delegati hanno la facoltà di intervenire al fine di illustrare le problematiche inerenti alla rappresentanza sindacale.

 

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Art. 20.
(Regolamenti di attuazione).

      1. Il Ministro della difesa e il Ministro dell'economia e delle finanze entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano con proprio decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rispettivamente il regolamento di attuazione ed elettorale delle rappresentanze unitarie di base in conformità alle disposizioni della presente legge e in attuazione di un apposito accordo con le organizzazioni sindacali dei militari, da concludere entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L'accordo reca norme adeguate per il conseguimento del diritto di sottoscrizione di delega, da parte del singolo militare per l'iscrizione e per il contemporaneo finanziamento del sindacato nazionale dei militari prescelto. I regolamenti di attuazione di cui al presente comma sono successivamente sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
      2. Il regolamento elettorale di cui al comma 1, stabilisce, in particolare, il numero delle rappresentanze unitarie di base in funzione dell'unità minima compatibile e dell'autorità gerarchica preposta alla gestione delle materie d'interesse delle rappresentanze sindacali militari, nonché la composizione delle rappresentanze unitarie di base, garantendo un'equilibrata presenza per ciascuna categoria.
      3. Il regolamento elettorale stabilisce, altresì, i procedimenti elettorali e le dotazioni, le strutture organiche e il materiale necessari per il funzionamento del sindacato e delle rappresentanze unitarie di base ai vari livelli.