XVII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 190



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PISICCHIO

Introduzione dell'articolo 613-bis del codice penale, concernente il reato di manipolazione mentale

Presentata il 15 marzo 2013


      Onorevoli Colleghi! Le scienze che studiano la psiche umana hanno approfonditamente analizzato il fenomeno della manipolazione mentale realizzata a danno di soggetti in particolari condizioni – temporanee o permanenti – di fragilità. Il fenomeno, noto alla pubblica opinione come «lavaggio del cervello», implica l'interazione di due soggetti, uno dominante e manipolativo e l'altro debole e soccombente: quest'ultimo subirà la sopraffazione del soggetto dominante percorrendo un itinerario esistenziale che, attraverso fenomeni noti alla psicologia e che vanno dalla «trappola della razionalizzazione» alla «dissonanza cognitiva», lo condurrà a compiere atti che, in condizioni di piene autodeterminazione e consapevolezza, non avrebbe mai compiuto. Atti che possono sfociare nel gesto estremo del suicidio o dell'omicidio. Questo schema, che descrive il dramma dell'adepto delle sette pseudoreligiose sempre più diffuse nel nostro Paese, non trova oggi una fattispecie giuridica idonea a contenerlo dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 96 del 1981, che dichiarò incostituzionale l'articolo 603 del codice penale (plagio).
      Era stato proprio il codice Rocco nel 1930 ad introdurre, sulla spinta delle nuove frontiere aperte dagli studi di psicologia sociale, la fattispecie di plagio all'articolo 603, che prevedeva la punizione di «Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione». L'Alta Corte «cancellò» il reato nel 1981, criticando l'eccessiva latitudine di discrezionalità che una formulazione così ampia avrebbe potuto concedere al giudice.
      Alla cancellazione del reato tuttavia non corrisponde certamente la negazione del plagio sul piano fenomenico. Se, dunque, la fattispecie scomparsa si prestava

 

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effettivamente a obiezioni relative alla sua vaghezza, offrendo il fianco a possibili errori in sede giudiziaria, non si può non riconoscere che nel nostro ordinamento si è aperto da troppi anni un vuoto di tutela della personalità rispetto alle dinamiche plagiarie, vuoto che appare tanto più pericoloso quanto più numerose e drammatiche si presentano le situazioni che la cronaca quotidiana fa emergere denunciando episodi di totale e illimitata soggezione di persone ad altre, al pari della riduzione in schiavitù, ma senza l'elemento caratterizzante quest'ultima fattispecie, rappresentato dalla costrizione fisica.
      L'aspetto più problematico della mancanza di previsione specifica volta a tutelare la personalità da condizionamenti di tipo plagiario è rappresentato dall'impossibilità di adottare in modo soddisfacente l'allargamento delle fattispecie limitrofe più generali, come appunto la riduzione in schiavitù o la circonvenzione di incapace o il sequestro di persona o la violenza privata, fattispecie che evocano una diversa peculiarità dell'oggetto di tutela.
      L'urgenza di una nuova fattispecie penale volta a tutelare la libertà di autodeterminazione dell'individuo al riparo da ogni manipolazione volta al compimento di un atto o di un'omissione gravemente pregiudizievole è stata avvertita anche dal Senato della Repubblica già nella XIV legislatura, con la discussione e l'approvazione in sede di Commissione Giustizia di un disegno di legge volto a colmare tale vuoto normativo (atto Senato n. 1777, XIV legislatura), superando in modo coerente con i principi costituzionali il delicato problema dello scrimine relativo alle condotte suscettibili di creare condizionamenti della psiche umana, al fine di individuare un impianto normativo che rispondesse al requisito della tassatività.
      La presente proposta di legge, che tiene conto del lavoro compiuto dall'altro ramo del Parlamento nella XIV legislatura, si propone di colmare un vuoto normativo pericoloso che ha visto negli ultimi anni crescere in modo allarmante casi di manipolazione mentale ad opera di leader di sette pseudoreligiose che aggrediscono soprattutto – ma non solo – le giovani e le giovanissime generazioni. Le associazioni delle famiglie delle vittime delle sette, che ormai riuniscono decine di migliaia di soggetti, hanno da tempo manifestato l'improcrastinabile urgenza di un intervento che metta le autorità di polizia e la magistratura in condizione di contrastare efficacemente fenomeni che oggi possono essere interpretati e colpiti soltanto adottando fattispecie penali limitrofe ma non adeguate.
      Per queste ragioni, pertanto, appare necessario colmare una pericolosa lacuna normativa individuando una fattispecie penale che ispiri compiutamente la sua funzione punitiva al principio di legalità. A tali requisiti si informa la proposta di legge che è sottoposta alla vostra attenzione.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Nella sezione III del capo III del titolo XII del libro secondo del codice penale, dopo l'articolo 613 è aggiunto il seguente:

      «Art. 613-bis. – (Manipolazione mentale). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minacce ovvero mediante tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione, pone taluno in uno stato di soggezione tale da escludere la capacità di giudizio e la capacità di sottrarsi alle imposizioni altrui, escludendo la libertà di autodeterminazione, è punito con la reclusione da quattro a otto anni.
      Se il fatto è commesso nell'ambito di un gruppo che promuove o pratica attività finalizzate a creare o a sfruttare la dipendenza psicologica o fisica delle persone che vi partecipano, ovvero se il colpevole ha agito al fine di commettere un reato, le pene di cui al primo comma sono aumentate da un terzo alla metà».