CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 39 |
Onorevoli Colleghi! La storia del diritto penale e della pena, come affermato dal grande storico del diritto Rudolf von Jhering, «è una continua abolizione». Le pene inumane e atroci dei secoli passati sono state via via abolite e la pena di morte, inizialmente ammessa dall'articolo 27 della Costituzione solo nei casi previsti dalle leggi militari di guerra, è stata abolita con la legge 13 ottobre 1994, n. 589, e definitivamente cancellata dal nostro ordinamento con l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 1 del 2007, che ha modificato il predetto articolo 27 della Costituzione.
Se, peraltro, tale scelta appare assolutamente condivisibile, per gli altri tipi di pena occorre, invece, cercare di non travolgere i fondamenti del patto sociale. Questo patto stipulato tra i cittadini e lo Stato si fonda, tra l'altro, da un lato sull'assunzione di responsabilità da parte del secondo, che si impegna a riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo, primo tra tutti il diritto alla vita, all'integrità personale e alla sicurezza contro il crimine, e dall'altro sulla fissazione di limiti precisi da imporre all'autorità dello Stato nell'attività repressiva del crimine stesso. L'impegno a garantire la sicurezza dei cittadini contro il crimine si accompagna all'esistenza di un monopolio statale dell'uso della forza, il che, giustamente, impedisce al cittadino di farsi giustizia da solo (ne cives ad arma ruant), salva l'ipotesi in cui ricorra la fattispecie della legittima difesa.
Ebbene, gli ultimi decenni hanno visto una crescente attenzione delle forze politiche, del mondo universitario e dei giuristi verso l'individuazione di sempre maggiori vincoli cui lo Stato è assoggettato nell'esercizio dell'attività repressiva del crimine. Al contrario, la parte del patto
a) che sia stata liberata per la concessione dell'amnistia, dell'indulto, della grazia, della liberazione condizionale o della sospensione condizionale della pena nei cinque anni successivi all'applicazione del beneficio;
b) ammessa a una misura alternativa alla detenzione durante l'esecuzione della misura;
c) ammessa al permesso o ad altro beneficio penitenziario che comporti il godimento di libertà durante l'esecuzione della pena.
La norma prevede sia che, per aver diritto al risarcimento del danno, la persona danneggiata debba prima infruttuosamente agire in giudizio contro il colpevole e le persone civilmente responsabili, sia che lo Stato possa rivalersi sul colpevole e sulle persone civilmente responsabili, secondo le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia.
1. La vittima del reato e la persona danneggiata dal reato sono tutelate dallo Stato nei modi e nelle forme previsti dalla legislazione vigente.
1. Dopo l'articolo 187 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 187-bis. – (Risarcimento da parte dello Stato). – Il danno patrimoniale o non patrimoniale cagionato dal reato è risarcito dallo Stato quando il fatto sia stato commesso da persona che sia stata:
a) liberata per la concessione dell'amnistia, dell'indulto, della grazia, della liberazione condizionale o della sospensione condizionale della pena nei cinque anni successivi all'applicazione del beneficio;
b) ammessa a una misura alternativa alla detenzione durante l'esecuzione della misura;
c) ammessa al permesso o ad altro beneficio penitenziario che comporti il godimento di libertà durante l'esecuzione della pena.
Lo Stato provvede al risarcimento del danno ai sensi del primo comma quando la persona danneggiata abbia agito in giudizio contro il colpevole e le persone civilmente responsabili e sia rimasta, anche in parte, insoddisfatta.
Lo Stato recupera dal colpevole e dalle persone civilmente responsabili le somme erogate ai sensi del presente articolo. Si applicano le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia».
1. Il patrocinio a spese dello Stato nel processo penale per la difesa della persona offesa da reato e del danneggiato che intenda costituirsi parte civile, nonché nel processo civile per le stesse persone, previsto dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nei casi indicati dall'articolo 187-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, è assicurato a tutti senza tenere conto dei limiti di reddito previsti dal citato testo unico.
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede mediante l'utilizzo, in via prioritaria rispetto ad altre destinazioni di bilancio, delle somme e dei beni confiscati dallo Stato ai sensi del codice penale e delle leggi penali speciali.
1. Le disposizioni della presente legge e dell'articolo 187-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 2 della presente legge, hanno effetto a decorrere dal 1o agosto 2006.