CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 19 |
Onorevoli Colleghi! Quando i Costituenti si riunirono per redigere la Carta costituzionale, l'Italia era un Paese distrutto dalla guerra e, dal punto di vista economico, quasi esclusivamente rurale. Vi era anche una minoritaria presenza di grandi complessi produttivi e anche, ovviamente, di piccole attività artigianali e commerciali. Fin dalla seconda metà dell'800, poi, si registrava anche una forte presenza di imprese cooperative in moltissimi settori, fino a quello del credito. Fu a seguito del cosiddetto boom economico degli anni cinquanta e sessanta che si registrò una vera e propria esplosione di imprenditoria diffusa, soprattutto nell'ambito produttivo (ma non solo in quello), tale da permettere al Paese di realizzare, anche con l'aiuto indispensabile del cosiddetto «Piano Marshall», quello che in tutto il mondo è noto come «miracolo italiano». Ma l'origine del miracolo italiano non furono le risorse degli americani: fu piuttosto la grandissima generosità di quelle generazioni che non vollero che chi veniva dopo di loro avesse a vivere la loro tremenda esperienza. La ritrovata libertà sprigionò la creatività e l'energia di milioni di italiani che si misero a costruire botteghe, laboratori, fabbriche e negozi, con una capacità di sacrificio se possibile maggiore di quella che avevano loro richiesto gli anni tremendi della guerra.
Per queste ragioni storiche il dettato costituzionale limita il riconoscimento di privilegi al sistema cooperativo, all'impresa artigiana e all'investimento azionario nella grande impresa industriale.
1. Al secondo comma dell'articolo 47 della Costituzione, le parole da: «e al diretto» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «, alla partecipazione nella proprietà delle piccole e medie imprese e all'investimento azionario diretto e indiretto nei complessi produttivi del territorio dell'Unione europea».