CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 5 novembre 2013
116.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 9

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Martedì 5 novembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Roberta AGOSTINI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 14.40.

5-01323 Pilozzi: Gestione delle pratiche di cittadinanza presso la prefettura di Roma.

  Roberta AGOSTINI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

  Nazzareno PILOZZI (SEL), illustra l'interrogazione in titolo che rappresenta un ulteriore atto di sindacato ispettivo da lui presentato in merito alla gestione delle richieste di cittadinanza da parte di alcune prefetture.
  In particolare, l'interrogazione in titolo riguarda l'interpretazione che la prefettura di Roma dà della norma prevista dall'articolo 6 della legge n. 91 del 1992, che dispone che, decorso il termine di due anni, sia preclusa l'emanazione di un decreto di rigetto della domanda. La prefettura di Roma interpreta la norma nel senso non Pag. 10del silenzio-assenso, ma nel senso che, qualora non sussistano elementi per il rigetto, la pratica può essere avviata a decorrere dalla scadenza dei due anni. Ciò, unito alla carenza di personale di quella prefettura, determina, per veder esercitato un proprio diritto, un tempo di attesa che può arrivare anche fino a cinque anni.
  Ricorda che era stato garantito da parte del Ministro dell'interno un potenziamento della prefettura di Roma che in realtà non è avvenuto.
  Con l'interrogazione in titolo chiede, quindi, che il Governo intervenga sulla Prefettura di Roma per modificare la gestione delle domande di cittadinanza e per incrementarne il personale.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Nazzareno PILOZZI (SEL), replicando, ringrazia il sottosegretario sia per la risposta che per l'impegno nel campo oggetto dell'interrogazione.
  Si domanda, però, se non sia il caso che il Ministero dell'interno emani una circolare interpretativa della norma della legge n. 91 del 1992 che fughi ogni dubbio.
  A suo avviso la questione da lui posta è una questione di civiltà. Infatti, far trascorrere oltre due anni per evadere una richiesta di cittadinanza non solo crea un danno al soggetto richiedente, ma lo priva di un suo diritto.
  Comprende che la carenza di personale non è addebitabile al Ministro, ma chiede che sia fatto uno sforzo organizzativo sulla prefettura di Roma.
  Ritiene infine importante porre l'attenzione su questi temi. Va infatti incoraggiata e apprezzata la volontà manifestata da chi, sussistendone le condizioni, chiede di divenire cittadino italiano.

5-01324 Fiano: Emergenza legata all'afflusso di profughi siriani a Milano.

  Emanuele FIANO (PD) illustra l'interrogazione in titolo, che riguarda la situazione di emergenza in cui si trova la città di Milano a seguito dell'afflusso di un numero rilevante di profughi siriani, risaliti dal sud e dal centro Italia, in parte provenienti da Lampedusa, in parte dalla Calabria, e diretti verso i Paesi del Nord Europa, che sono fermi da giorni presso la stazione centrale di Milano e dove continuano a riversarsi.
  In base agli ultimi dati riportati da notizie a mezzo stampa, molte sono le persone in movimento, e circa 240 sono state accolte stabilmente in due strutture, in attesa della definizione di una Convenzione, con costi pari a 30 euro al giorno per ogni persona accolta.
  Fa presente che, nonostante la presenza sul campo di diverse organizzazioni di volontariato, la situazione sembra destinata a peggiorare anche alla luce del fatto che tutti questi profughi non dispongono di alcun titolo di viaggio, e sono dunque impossibilitati a muoversi, se non clandestinamente; da notizie a mezzo stampa sembrerebbe che la malavita abbia già in parte fiutato l'affare e si sarebbero verificati casi in cui sarebbero stati offerti passaggi in auto a pagamento per cifre elevate.
  Evidenzia, dunque, che con l'interrogazione in titolo si chiede al Governo, da una parte, di affrontare la questione specifica, testé evidenziata, che crea una situazione di grande instabilità, anche in considerazione del numero molto elevato delle persone coinvolte. Dall'altra parte, si chiede al Governo, più in generale, di attivarsi con forza per far sentire la voce del nostro Paese in sede europea affinché sia affrontata la questione e siano adottate le necessarie modifiche al Trattato di Dublino.
  Ricorda, infatti, come i profughi accampati alla stazione di Milano abbiano già, in gran parte, manifestato la volontà di varcare, appena possibile, la frontiera e raggiungere così i loro parenti che già da tempo vivono in Paesi come la Danimarca o la Svezia. La questione riguarda dunque possibili modifiche da apportare al trattato di Dublino e attiene alla possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo. La vicenda richiamata evidenzia Pag. 11dunque la questione in tutta la sua problematicità ed auspica che si giunga ad un intervento strutturale.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Emanuele FIANO (PD), replicando, ringrazia il sottosegretario per la risposta fornita, dalla quale emerge che i temi posti con l'interrogazione in titolo sono all'attenzione del Governo.
  Auspica, dunque, che si possa quanto prima adottare un idoneo intervento in sede europea, essendo sempre più evidente che l'Italia è divenuto «Paese tramite» per il raggiungimento dei familiari nel Nord Europa. Alla luce delle stime relative alle persone in movimento dalla Siria è dunque evidente che, dopo gli interventi che possono essere dati per fronteggiare le prime esigenze dei profughi, occorre far valere i diritti di un Paese come l'Italia, che rappresenta sempre più una via di transito o una tappa intermedia, considerato che altrimenti la situazione non potrà che aggravarsi anche viste le esigue risorse finanziarie a disposizione degli enti locali.

5-01325 Nuti: Utilizzo dei fondi europei per l'immigrazione.

  Riccardo NUTI (M5S) illustra l'interrogazione in titolo, ricordando come all'inizio di ottobre 2013 il commissario europeo per gli affari interni abbia riferito i dati relativi ai fondi europei creati con il «Programma generale solidarietà e gestione dei flussi migratori» per il periodo 2007-2013. Il programma quadro opera tramite quattro strumenti, ognuno dei quali dedicato a una specifica tematica legate all'immigrazione. In particolare, all'Italia sono stati erogati quasi 480 milioni di euro nell'intero periodo 2007-2013. Con l'interrogazione si chiede al Governo in quale misura i Fondi europei dedicati all'immigrazione siano stati effettivamente impiegati dall'Italia e quali soggetti ne abbiano usufruito e a quali fini. Sottolinea infatti come da inchieste giornalistiche risulti come i fondi in questione siano stati utilizzati in modo improprio o distorto.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Riccardo NUTI (M5S), replicando, ringrazia il rappresentante del Governo per la risposta resa. Nel rilevare che non è stato tuttavia chiarito quali siano le associazioni che hanno beneficiato dei fondi europei, sottolinea come l'organizzazione Save the children abbia denunciato come alcune organizzazioni non lucrative di utilità sociale ricevano risorse di importo esagerato a fronte dei servizi resi e come peraltro non sempre questi servizi siano effettivamente prestati. Quanto ai fondi destinati alla realizzazione di opere di interesse pubblico, dichiara che il suo gruppo vigilerà sull'effettivo completamento delle stesse.

  Roberta AGOSTINI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 15.15.

SEDE REFERENTE

  Martedì 5 novembre 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 15.15.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
Doc. XXII n. 13 Fioroni.

(Seguito dell'esame e conclusione).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 ottobre 2013.

Pag. 12

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
  Comunica quindi che sono pervenuti i pareri delle Commissioni Giustizia e Bilancio competenti in sede consultiva sul testo risultante dall'esame degli emendamenti.

  Emanuele COZZOLINO (M5S), dopo aver sottolineato come il suo gruppo abbia partecipato attivamente ai lavori della Commissione sul documento in esame, presentando emendamenti costruttivi e migliorativi del testo, alcuni dei quali sono stati accolti – in particolare l'emendamento teso ad una migliore formulazione della disposizione di copertura finanziaria del provvedimento, in vista di un contenimento dei costi della commissione di inchiesta – rimarca come il suo gruppo nutra d'altra parte alcune perplessità di fondo sul provvedimento, sia sotto il profilo del merito che del metodo. Quanto al merito, non si capisce per quali motivi e con quali aspettative si voglia tornare a indagare su un fatto accaduto trentacinque anni fa e che è stato già oggetto di inchiesta parlamentare per due volte senza che ciò abbia condotto a risultati di qualche rilievo. Quanto al metodo, non si capisce che senso abbia istituire una commissione di inchiesta della sola Camera dei deputati, quando anche il Senato è interessato all'inchiesta, al punto che si accinge a istituire una propria autonoma commissione di inchiesta. Ci saranno quindi due commissioni di inchiesta, le quali o lavoreranno parallelamente sulla stessa vicenda oppure lavoreranno congiuntamente. Ma se dovranno lavorare congiuntamente, sarebbe stato meglio istituire una Commissione bicamerale. È vero infatti che il lavoro congiunto delle due commissioni di inchiesta è consentito dall'articolo 143 del regolamento della Camera e dall'articolo 162 del regolamento del Senato, ma è altresì vero che si tratta di una modalità organizzativa farraginosa, come del resto dimostra il fatto che, quando in passato le Camere si sono trovate d'accordo nella volontà di svolgere un'inchiesta in comune, hanno sempre fatto ricorso allo strumento della commissione bicamerale istituita con legge.
  A questo proposito sottolinea come gli emendamenti Dadone 2.3 e Lombardi 3.3 presentati dal suo gruppo al documento in esame e dichiarati inammissibili dal presidente della Commissione fossero tesi per l'appunto a sollevare la questione politica dell'opportunità di istituire una commissione di inchiesta della sola Camera nel momento in cui il Senato mostrava interesse per una proposta di legge istitutiva di una Commissione di inchiesta sulla stessa vicenda. Preannuncia che il suo gruppo non ripresenterà in Assemblea gli emendamenti in questione – che sono stati giudicati inammissibili anche dalla Presidente della Camera – ma tornerà comunque a porre la questione politica in merito alla scelta di procedere con due distinte commissioni di inchiesta monocamerali, in quanto ritiene che si tratti di una scelta «pasticciata e assurda». Preannuncia inoltre che il suo gruppo chiederà che il provvedimento sia discusso dall'Assemblea della Camera, opponendosi all'esame in sede legislativa.

  Gianclaudio BRESSA (PD), relatore, replicando al deputato Cozzolino, sottolinea come il trasferimento dell'esame del documento in titolo alla sede legislativa non sia stato chiesto da nessuno e come non sia d'altra parte consentito, essendo il documento in questione un atto non legislativo che impegna la Camera dei deputati e dovendo come tale essere approvato necessariamente dall'Assemblea della Camera.
  Quanto ai motivi per istituire oggi una commissione di inchiesta sul caso Moro, osserva che la vicenda in questione non è stata in passato oggetto di un adeguato approfondimento in sede parlamentare. È vero infatti che del caso Moro si sono occupate due inchieste parlamentari, ma è anche vero che la prima fu svolta poco Pag. 13dopo i fatti, e quindi troppo a ridosso degli stessi, mentre la seconda si realizzò nell'ambito di un'inchiesta di portata più generale, vale a dire quella cosiddetta sulle stragi in Italia («Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi»).
  A parte questo, ritiene che tornare oggi sul caso Moro per una valutazione storica condotta per via di inchiesta parlamentare sia di grande utilità per definire il quadro storico-politico della vicenda e per definire le responsabilità storiche dell'accaduto.
  Rileva infine che, se davvero il Senato istituirà una propria commissione di inchiesta sul caso Moro, si tratterà di una scelta «eccentrica» che confermerà come il bicameralismo perfetto debba ormai essere abbandonato.

  Emanuele COZZOLINO (M5S), intervenendo per precisare il suo pensiero, sottolinea che, se la volontà della maggioranza fosse quella di indagare seriamente sul caso Moro, la strada da seguire dovrebbe essere quella di istituire una Commissione bicamerale come previsto dalla proposta di legge incardinata al Senato.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente che la proposta di legge depositata al Senato (S. 1030) istituisce una Commissione di inchiesta che non riguarda soltanto il caso Moro, ma, più in generale, il terrorismo in Italia e l'uccisione di Moro.

  La Commissione delibera di conferire al relatore, deputato Bressa, il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

  La seduta termina alle 15.20.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 5 novembre 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 15.20.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/51/UE che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale.
Atto n. 35.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, ricorda che lo schema di decreto legislativo in esame recepisce la direttiva 2011/51/UE che estende il diritto all'ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ai titolari di protezione internazionale attraverso la modifica della direttiva 2003/109/CE.
  La legge di delegazione europea 2013 (legge n. 96 del 2013) reca la delega per il recepimento della direttiva 2011/51, individuando alcuni criteri e principi direttivi che il legislatore delegato deve rispettare nell'attuazione della delega (articolo 6).
  Il termine per il recepimento della direttiva è scaduto il 20 maggio 2013 e la Commissione ha aperto una procedura di infrazione per mancato recepimento ai sensi dell'articolo 258 del Trattato (procedura n. 2013/0276 del 25 luglio 2013).
  L'articolo 1 introduce le opportune modifiche al decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il testo unico in materia di immigrazione, per il recepimento della direttiva.
  In particolare, l'articolo 9 del testo unico viene modificato dal comma 1, lettera a) come segue.Pag. 14
  Viene introdotto un comma 1-bis che prescrive la trascrizione di una apposita annotazione recante il riferimento dello Stato membro che ha concesso la protezione (attua l'articolo 1, n. 4, capoverso 4, della direttiva 2011/51/UE).
  Nel successivo nuovo comma 1-ter si prevede che non venga richiesta allo straniero titolare di protezione internazionale ed ai suoi familiari la documentazione relativa all'idoneità dell'alloggio che gli altri richiedenti il permesso di soggiorno UE sono tenuti ad esibire. Tuttavia, rimane fermo l'obbligo di indicare il luogo di residenza – come prescritto dal regolamento di attuazione del Testo Unico (decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, articolo 16, comma 2, lettera c)). Inoltre, per i soggetti vulnerabili (ossia minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori singoli con figli minori, persone per le quali è stato accertato che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale) la disponibilità di un alloggio concesso a titolo gratuito a fini assistenziali concorre, nella misura del 10 per cento, alla determinazione del reddito minimo (pari si ricorda all'assegno sociale annuo) la cui dimostrazione è prerequisito per la connessione del permesso di soggiorno.
  Medesima finalità agevolativa ha il comma 2-ter che esclude il titolare di protezione internazionale dal superamento del test di conoscenza della lingua italiana, richiesto per gli altri richiedenti il permesso di soggiorno.
  Tali disposizioni non traggono origine dal testo della direttiva, ma attuano un preciso criterio di delega presente nella legge di delegazione (articolo 6, comma 1, lettera c) che prevede, appunto, sia che la dimostrazione del reddito sufficiente costituisca l'unica condizione (con esclusione dunque dell'idoneità alloggiativa e del test linguistico), sia che il calcolo del reddito minimo tenga conto delle persone più vulnerabili.
  La modifica al comma 3 dell'articolo 9 è volta ad eliminare i titolari di protezione internazionale tra i soggetti ai quali non può essere concesso il permesso di soggiorno UE. L'esclusione permane per coloro che hanno fatto richiesta del riconoscimento dello status di rifugiato e sui quali non è stata ancora presa una decisione.
  Il comma 4-bis attua due distinte disposizioni dell'articolo 1 della direttiva: il punto n. 3, lettera a) e il punto 5 che modificano rispettivamente l'articolo 4 e l'articolo 9 della direttiva 2003/109.
  La prima disposizione prevede il rifiuto (obbligatorio), da parte dello Stato membro, del conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo nel caso di revoca, di cessazione o di diniego di rinnovo della protezione internazionale. È invece lasciata alla discrezione del legislatore nazionale la scelta di introdurre o meno la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo nelle medesime circostanze (revoca, cessazione o diniego di rinnovo della protezione internazionale). In altre parole, il legislatore comunitario ha voluto graduare le due fattispecie: mentre la perdita della protezione prima del conferimento del permesso UE viene considerata una causa ostativa insuperabile per il suo ottenimento, la perdita della protezione successivamente al conferimento del permesso di soggiorno può essere considerata più o meno decisiva per la perdita anche medesimo permesso. Nella direttiva, però, nulla viene disposto in ordine agli effetti della perdita della protezione sull'eventuale mantenimento del permesso di soggiorno UE che, come si è detto, implica alcune condizioni di favore.
  L'atto di recepimento in esame integra in questo senso la normativa comunitaria prevedendo, da un lato, il diniego obbligatorio anche nel caso di revoca della protezione (così come richiesto da uno dei principi direttivi della legge di delega: articolo 6, comma 1, a), e dall'altro, che, nel caso di mera cessazione del titolo di beneficiario di protezione internazionale, possa essere eventualmente rilasciato un nuovo permesso di soggiorno UE di lungo periodo senza l'annotazione di protezione internazionale (ed ovviamente decadono le Pag. 15condizioni agevolative viste sopra) oppure un permesso di soggiorno ad altro titolo. Eventualità, invece, escluse in caso di revoca della protezione internazionale per motivi di ordine pubblico o di sicurezza o per un vizio nella documentazione attestante i requisiti per la concessione della protezione.
  Per quanto riguarda il periodo di residenza utile al calcolo dei cinque anni necessari per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, il nuovo comma 5-bis dell'articolo 9 del test unico prevede che tale calcolo è effettuato a partire dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale, in modo che tutto il periodo di permanenza nel territorio nel corso dell'esame della domanda sia utile al computo finale, anche nel caso di ritardi da parte dell'amministrazione (ovviamente nel caso di conclusione positiva del procedimento). Anche in questo caso la disposizione recepisce un criterio contenuto nella norma di delega (articolo 6, comma 1, lettera b). Infatti, l'articolo 4 della direttiva 2003/109, così come modificata dalla direttiva 2011/51 (articolo 1 n. 3, lettera b), prevede che sia presa in considerazione almeno metà del periodo fra la data della domanda di protezione internazionale e quella del rilascio del permesso di soggiorno per status di rifugiato o di protezione sussidiaria ai sensi della direttiva qualifiche (articolo 24 della direttiva 2004/83 recepita nell'articolo 23 del decreto legislativo 251 del 2007). Se tale lasso di tempo supera i 18 mesi, esso sarà preso in considerazione per intero. La disposizione di delega, e la norma delegata in esame, invece introducono l'obbligo di considerare in ogni caso per intero il tempo intercorrente tra la presentazione dell'istanza e il rilascio del permesso di soggiorno, a prescindere se la durata di questo sia superiore o inferiore a 18 mesi.
  Il nuovo comma 10-bis, reca una norma di coordinamento in materia di espulsione, dal momento che questa è disciplinata in modo difforme se è disposta nei confronti del titolare di permesso di soggiorno UE (articolo 9 comma 10 del testo unico) o del titolare di protezione internazionale (articolo 20 del decreto legislativo 251 del 2007), prevedendo che prevalga quest'ultima.
  La disposizione, inoltre, attua l'articolo 1, n. 7, lettera a), della direttiva (che introduce un comma 3-quater nell'articolo 12 della direttiva 2003/109) che prevede la possibilità di allontanamento del soggiornante di lungo periodo in un Paese diverso da quello che ha concesso lo status di protezione internazionale solamente per gravi motivi.
  La lettera b) dell'articolo 1, comma 1, in esame riguarda coloro che hanno ottenuto il permesso di soggiorno UE in un altro Stato membro. A tal fine viene modificato in più punti l'articolo 9-bis del testo unico, in attuazione del punto 4, 7 e 8 della direttiva.
  In particolare, si prevede che: l'allontanamento dall'Italia del titolare di permesso di soggiorno UE rilasciato da altro Paese membro, che riporta l'annotazione di protezione internazionale, può essere effettuato, previa conferma del perdurare della protezione, solamente verso quello Stato (ma si veda sopra la deroga disposta dal nuovo comma 10-bis); il rilascio di un nuovo permesso di soggiorno UE da parte dell'Italia a coloro che sono già in possesso di analogo permesso rilasciato da altro Stato membro con l'annotazione che prova la titolarità di protezione internazionale deve riportare la medesima annotazione. Anche in questo caso il rilascio è subordinato alla conferma dello status di beneficiario di protezione; in caso di trasferimento all'Italia della responsabilità della protezione internazionale rilasciata in precedenza da altro Stato, l'annotazione nel permesso di soggiorno UE deve essere modificata di conseguenza; entro 30 giorni dalla richiesta, l'Italia deve fornire agli altri Stati membri le informazioni relative alla titolarità di protezione internazionale riconosciuta; entro 30 giorni dal riconoscimento o dal trasferimento della protezione internazionale, l'Italia chiede il riconoscimento o l'aggiornamento della relativa Pag. 16annotazione sul permesso di soggiorno UE rilasciato da altro Stato membro.
  L'articolo 2, attua l'articolo 1, n. 10, della direttiva 2011/51/UE, che prevede l'istituzione di un punto di contatto per lo scambio di informazioni ai fini dell'applicazione delle disposizioni sui permessi di soggiorno UE con gli uffici competenti degli altri Stati membri. Tale punto di contatto è individuato nel Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.
  L'articolo 3 reca una disposizione di aggiornamento testuale del testo unico e delle altre disposizioni in materia volta a sostituire la dizione «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo» con quella di «permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo».
  Infine, l'articolo 4 contiene la disposizione di neutralità finanziaria che esclude nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica nell'applicazione del provvedimento in esame.
  Quindi, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 5 novembre 2013.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.40 alle 16.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni.
C. 1408 Melilli e C. 1542 Governo.

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