ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08444

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 610 del 20/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: GINEFRA DARIO
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 20/04/2016


Commissione assegnataria
Commissione: X COMMISSIONE (ATTIVITA' PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO delegato in data 20/04/2016
Stato iter:
20/07/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 20/07/2016
Resoconto SCALFAROTTO IVAN SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
REPLICA 20/07/2016
Resoconto GINEFRA DARIO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 20/04/2016

DISCUSSIONE IL 20/07/2016

SVOLTO IL 20/07/2016

CONCLUSO IL 20/07/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-08444
presentato da
GINEFRA Dario
testo di
Mercoledì 20 aprile 2016, seduta n. 610

   GINEFRA. — Al Ministro dello sviluppo economico . — Per sapere – premesso che:
   il 17 aprile 2016 si è svolto il cosiddetto referendum sulle trivelle; il quesito aveva ad oggetto la durata delle concessioni relative alle attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi già in corso ed effettuate entro le 12 miglia marine dalle coste italiane che, secondo la legislazione vigente, terminano con l'esaurimento del giacimento;
   si trattava dell'unico quesito – rispetto ai sei proposti inizialmente dalle regioni promotrici – che non era stato superato attraverso l'inserimento di alcune norme nella legge di stabilità per il 2016, che, hanno riconsiderato il ruolo degli enti territoriali nelle decisioni sullo sfruttamento di gas e petrolio;
   sul mancato raggiungimento del quorum, che ha vanificato l'espressione di voto dei 15.806.788 cittadini che si sono recati alle urne, ha pesato, ad avviso dell'interrogante, la volontà di caricare il risultato di questa consultazione di significati politici assolutamente estranei rispetto al merito del quesito che investiva indirettamente il problema strategico della scelta delle politiche energetiche più adatte a consentire lo sviluppo del paese;
   proprio per questa ragione non si possono ignorare alcune criticità che la disciplina vigente lascia irrisolte e che meriterebbero, in ogni caso, di essere affrontate;
   in primo luogo, una estensione delle concessioni dalla durata indefinita potrebbe confliggere con la (direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 novembre 2014, poiché, le proroghe « sine die» hanno l'effetto di impedire l'ingresso ad altri soggetti potenzialmente interessati al settore, negando loro opportunità che invece dovrebbero essere riconosciute in un regime di libera concorrenza;
   in secondo luogo, deve essere tenuto in forte considerazione l'aspetto relativo alla sicurezza degli impianti; se le concessioni, anziché prorogate « sine die», riprendessero a essere soggette a rinnovo, lo Stato potrebbe consentire la rinegoziazione del regime delle aliquote destinate alla produzione petrolifera, le cosiddette « royalties», tornando altresì ad avere maggiori poteri di verifica sull'adeguatezza delle piattaforme e sul loro effettivo impatto;
   da ultimo, una proroga della concessione accordata fino al totale sfruttamento del giacimento, rischia di avere effetti distorsivi: a causa degli alti costi comportati dalle operazioni di smantellamento, potrebbe paventarsi il pericolo che, con l'approssimarsi della fase dell'esaurimento dei pozzi, le imprese concessionarie preferiscano rallentare l'estrazione se non addirittura lasciare inattive le piattaforme, con le gravi e nocive conseguenze che si possono immaginare e che sarebbero prodotte dall'assenza di manutenzioni e dai mancati smantellamenti;
   le preoccupazioni sul fronte ambientale sono supportate anche da un recente dossier del WWF sul tema. In questo dossier viene documentato uno stato delle cose in cui, ben il 47,7 per cento delle piattaforme offshore comprese nella fascia delle 12 miglia, non è mai stato sottoposto a valutazione d'impatto ambientale, e il 48 per cento delle concessioni ha oltre i 40 anni. Sempre in tale rapporto, emergono seri e fondati campanelli d'allarme dallo screening delle 8 piattaforme non operanti e delle 31 piattaforme non eroganti;
   è dunque necessario interrogarsi sugli scenari e sulle prospettive che il Paese si può e si deve dare in tema di ambiente, di politica industriale e di gestione delle risorse per iniziare a disegnare uno scenario più ampio e di più lungo respiro –:
   atteso l'esito referendario, quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di:
    a) dar seguito alle disposizioni di legge in materia di proroga sino ad esaurimento giacimenti evitando che l'eventuale conflitto con la direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 novembre 2014 possa dar luogo a procedure di infrazione;
    b) valutare l'eventualità di una rinegoziazione delle royalty;
    c) affrontare la questione relativa ai controlli, in particolar modo sulle piattaforme inattive;
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sulla possibilità – visti gli alti costi di messa in sicurezza e di bonifica degli impianti a fine giacimento – di prevedere nel rilascio delle concessioni un deposito cauzionale per evitare che eventuali interruzioni dell'estrazione a fine scorte ovvero il fallimento delle imprese possano far gravare sullo Stato gli oneri di bonifica. (5-08444)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 20 luglio 2016
nell'allegato al bollettino in Commissione X (Attività produttive)
5-08444

  In merito alle premesse riportate dall'Onorevole interrogante rappresento che in base alle nuove disposizioni della Legge di stabilità 2016, confermate anche dall'esito referendario dello scorso 17 aprile, nelle aree marine protette nonché nelle 12 miglia da tali aree e dalla linea di costa lungo l'intero perimetro nazionale sono vietate le nuove attività upstream, fatta eccezione per le attività correlate ai titoli minerari già conferiti, consentite per la durata di vita utile del giacimento.
  La legge di stabilità 2016 è da intendersi, dunque, come norma di principio in base alla quale, nelle aree interdette ai nuovi titoli minerari, sono consentite le sole attività da svolgere nell'ambito dei titoli abilitativi esistenti, fino alla scadenza originaria di tale titolo o eventualmente oltre, qualora ciò sia necessario per portare a compimento le attività («per la vita utile del giacimento»), sino al naturale esaurimento del giacimento e al ripristino ambientale finale. Ciò in piena coerenza con il dettato della direttiva europea 94/22/CE (Art. 4 l.b), in base alla quale le autorizzazioni per le attività in parola devono essere rilasciate per «il periodo necessario a portare a buon fine le attività per le quali essa è stata concessa. Tuttavia le autorità competenti possono prorogare la durata dell'autorizzazione se la durata stabilita non è sufficiente per completare l'attività in questione e se l'attività è stata condotta conformemente all'autorizzazione, (...omissis)».
  Da un punto di vista amministrativo le nuove disposizioni nazionali si traducono nella possibilità per il Ministero dello Sviluppo economico di prorogare le concessioni esistenti, sulla base della normativa vigente in materia, che non risulta infatti né abrogata né modificata dalla legge di stabilità 2016. Le concessioni esistenti potranno essere quindi prorogate, una prima volta per dieci anni e le successive volte per cinque anni (secondo la vigente normativa di settore: d.lgs. 625/1996 e l. 9/1991), non all'infinito ma fino a che il giacimento sia ancora coltivabile, nel rispetto delle condizioni richieste dall'ordinamento e previe le necessarie verifiche tecniche che usualmente vengono svolte sugli impianti. Tali verifiche, ai fini del rilascio delle proroghe, dovranno ora includere anche la valutazione sul potenziale residuo del campo.
  Neppure le nuove norme introdotte dalla legge di stabilità 2016 possono considerarsi distorsive della concorrenza sui mercati internazionali data la limitata produzione di gas e petrolio in Italia; la stessa Commissione UE non ha rilevato alcuna potenziale violazione delle regole di concorrenza né eventuali presupposti per l'apertura di procedure di infrazione, essendo la normativa nazionale coerente con il quadro normativo europeo.
  Con riferimento ai controlli sulle piattaforme evidenzio che il Ministero dello sviluppo economico, attraverso i propri uffici, nell'ambito della costante attività di controlli, monitoraggi e ispezioni sul campo, sia degli impianti che delle operazioni in materia di idrocarburi, effettua verifiche periodiche anche sulle strutture non più produttive presenti nell'offshore italiano, valutandone costantemente lo stato di manutenzione e di sicurezza, al fine di garantire il rispetto dei più alti standard di sicurezza e di salvaguardia anche ambientale. Tali attività di controllo e verifica sono ulteriormente rafforzate, a seguito del recepimento della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza offshore.
  Il MiSE procede, inoltre, periodicamente ad effettuare la ricognizione delle strutture esistenti, ad individuare quelle che possono essere dismesse nel breve periodo, in quanto giunte al termine della propria vita produttiva, e quelle che invece richiedono ulteriori valutazioni, per poi definire i relativi programmi di decommissioning, tenendo conto della normativa nazionale ed europea esistente in materia. In passato sono state già effettuate diverse campagne di dismissione delle strutture in mare (negli anni 1990, 1995 e 2000 e 2005) e l'Amministrazione sta ora lavorando per l'adozione di un nuovo programma di decommissioning, che tenga conto dell'attuale situazione dei mari italiani.
  In merito ai controlli effettuati, nell'anno 2015 sono state svolte dagli Uffici UNMIG le seguenti attività ispettive e di verifica: 198 accertamenti di produzione, che hanno consentito la verifica delle produzioni di idrocarburi ottenute nelle concessioni di coltivazione anche finalizzati alla verifica del gettito delle royalties; 5.767 verifiche su apparecchiature a pressione, apparati di sollevamento, impianti di messa a terra; 456 visite ispettive su impianti di perforazione/produzione; 60 visite ispettive con altre finalità (es. pubblica utilità, occupazione d'urgenza, linee elettriche, infortuni, etc.). Risulta evidente che il settore, proprio in quanto sottoposto a disciplina speciale, risulta strettamente controllato.
  Infine, con riferimento alla richiesta formulata dall'interrogante in merito alla possibilità di prevedere il deposito di cauzioni al momento del rilascio delle concessioni in modo da evitare che i costi di bonifica possano ricadere sullo Stato, si rappresenta che sono già previste a legislazione vigente misure adeguate per coprire i costi del ripristino ambientale finale e tali costi sono a carico degli operatori. In particolare, in base al decreto ministeriale 25 marzo 2015 ed al relativo Decreto Direttoriale di attuazione del 15 luglio 2015 gli operatori, al momento della realizzazione delle opere, sono tenuti a prestare idonee garanzie fideiussorie ed assicurative commisurate al valore delle opere di recupero ambientale. Con specifico riferimento alle operazioni offshore, il decreto legislativo n. 145/2015, di recepimento della Direttiva europea 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, prevede invece specificatamente che «I richiedenti, all'atto della presentazione della istanza per il rilascio della licenza, presentano idonea documentazione (...) che dimostra che hanno adottato misure adeguate per coprire le responsabilità potenziali derivanti dalle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi (...).

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

politica energetica

fallimento

produzione di petrolio