ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/08393

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 607 del 13/04/2016
Firmatari
Primo firmatario: TRIPIEDI DAVIDE
Gruppo: MOVIMENTO 5 STELLE
Data firma: 13/04/2016
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
COMINARDI CLAUDIO MOVIMENTO 5 STELLE 13/04/2016
CIPRINI TIZIANA MOVIMENTO 5 STELLE 13/04/2016
DALL'OSSO MATTEO MOVIMENTO 5 STELLE 13/04/2016
CHIMIENTI SILVIA MOVIMENTO 5 STELLE 13/04/2016
PESCO DANIELE MOVIMENTO 5 STELLE 13/04/2016
ALBERTI FERDINANDO MOVIMENTO 5 STELLE 13/04/2016


Commissione assegnataria
Commissione: XI COMMISSIONE (LAVORO PUBBLICO E PRIVATO)
Destinatari
Ministero destinatario:
  • PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
  • MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
Ministero/i delegato/i a rispondere e data delega
Delegato a rispondere Data delega
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13/04/2016
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13/04/2016
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 28/04/2016
Stato iter:
12/05/2016
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 12/05/2016
Resoconto CASSANO MASSIMO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (LAVORO E POLITICHE SOCIALI)
 
REPLICA 12/05/2016
Resoconto TRIPIEDI DAVIDE MOVIMENTO 5 STELLE
Fasi iter:

MODIFICATO PER COMMISSIONE ASSEGNATARIA IL 13/04/2016

MODIFICATO PER MINISTRO DELEGATO IL 28/04/2016

DISCUSSIONE IL 12/05/2016

SVOLTO IL 12/05/2016

CONCLUSO IL 12/05/2016

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-08393
presentato da
TRIPIEDI Davide
testo di
Mercoledì 13 aprile 2016, seduta n. 607

   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO, CHIMIENTI, PESCO e ALBERTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali . — Per sapere – premesso che:
   in data 1o aprile 2016, sul sito online «lavoce.info», veniva pubblicato un articolo riguardante la qualità del lavoro in Italia;
   nell'articolo si faceva riferimento ad un'indagine OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ha permesso di delineare un quadro della qualità del lavoro in vari Paesi. Da questa indagine è risultato che l'Italia sia tra gli ultimi della classe, vicina alla media nelle remunerazioni, debole nelle condizioni dell'ambiente lavorativo e agli ultimi posti per la protezione nel mercato del lavoro;
   l'OCSE ha elaborato un quadro di analisi per misurare con indicatori oggettivi la qualità del lavoro secondo tre dimensioni quali la qualità delle remunerazioni, per misurare quanto i redditi da lavoro contribuiscano al benessere dei lavoratori considerando sia salari medi in parità di potere d'acquisto sia la loro distribuzione; la protezione nel mercato del lavoro, per misurare la probabilità di perdere il proprio posto di lavoro e nel caso ricevere un sussidio per attutire lo shock economico che ne consegue; la qualità dell'ambiente di lavoro, per misurare gli aspetti non economici, tra cui la natura e il contenuto del lavoro svolto, gli orari di lavoro e le relazioni lavorative. I risultati a cui si è giunti hanno mostrano una grande diversità tra i paesi OCSE. Considerando contemporaneamente i tre indicatori sopraindicati, i Paesi con una qualità del lavoro più elevata sono quelli scandinavi insieme a Germania, Austria, Svizzera e Australia. All'estremo opposto si trovano i Paesi dell'Est e del Sud dell'Europa, tra cui l'Italia. I fattori rilevanti di tali dati negativi per il nostro Paese sono dovuti, soprattutto, ad una scarsa protezione nel mercato del lavoro e ad una qualità non eccellente dell'ambiente lavorativo;
   più nel dettaglio, in Italia la qualità delle remunerazioni, a parità di potere d'acquisto, è vicina alla media OCSE. Nonostante salari medi inferiori, le disuguaglianze salariali sono relativamente più basse rispetto a molti altri Paesi. L'unione di questi ultimi due elementi, permette di collocare l'Italia nel gruppo intermedio, lontana dai Paesi scandinavi ma anche dai Paesi dell'Est Europa;
   per il nostro Paese, molto più debole risulta essere, invece, il livello di protezione nel mercato del lavoro. L'Italia è terzultima dopo Grecia e Spagna e allo stesso livello del Portogallo. Tale risultato è determinato da una probabilità elevata di perdere il posto di lavoro e non trovarne un altro in tempi brevi e da un sistema di sostegno al reddito per i disoccupati ancora parziale, dovuto anche al fatto che le recenti riforme non sono ancora entrate in vigore completamente. Più in generale, il risultato riflette il dualismo del mercato del lavoro italiano, cioè lo scarto che esiste tra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato e gli altri, non solo in termini di regole per il licenziamento ma anche di coperture previdenziali più basse;
   per ciò che riguarda la qualità dell'ambiente di lavoro, l'Italia è nella parte bassa della classifica dei Paesi dell'OCSE. Quasi la metà dei lavoratori italiani risulta essere «sotto pressione», cioè esposta a ritmi elevati e, in alcuni casi, a rischi per la salute non compensati da risorse adeguate per svolgere le mansioni richieste. Oltre a Grecia e Spagna, l'Italia fa meglio solo di alcuni Paesi dell'Est Europa;
   una conferma che emerge ulteriormente dall'indagine OCSR, è che la crisi ovviamente non ha migliorato la situazione. La qualità dei salari è diminuita, il grado di protezione è peggiorato sensibilmente (l'Italia risultava essere a due terzi della classifica OCSE, nel 2007 mentre ora è terzultima), la qualità dell'ambiente di lavoro è migliorata leggermente, in parte in conseguenza del fatto che i posti di lavoro più «sotto pressione» sono andati persi, con un effetto meccanicamente positivo sulla media generale;
   viene evidenziato inoltre che la qualità del lavoro in Italia varia di molto tra i diversi gruppi socio-economici. Infatti, i giovani e i lavoratori poco qualificati sono i più esposti a una bassa qualità del lavoro. Tali lavoratori risultano averi livelli di remunerazione in generale più bassi e con più dispersione. Il rischio di disoccupazione è più elevato ed è maggiore la difficoltà di accesso ai sussidi. Per le persone poco qualificate, esiste un maggiore stress lavorativo con i giovani che, però, a differenza della media OCSE sono meno sotto pressione degli adulti e dei senior;
   i lavoratori altamente qualificati hanno invece una qualità del lavoro relativamente elevata in tutte le dimensioni. Questo dimostra che il possedere un titolo di studio giova in termini sia di maggiori che di migliori opportunità lavorative;
   le donne italiane non solo soffrono ancora di una partecipazione nel mercato del lavoro molto più bassa degli uomini e della media OCSE, ma anche la qualità dei loro lavori è scarsa. La qualità dei redditi e dell'ambiente lavorativo risultano essere inferiori a quelle degli uomini, mentre in termini di protezione nel mercato del lavoro i risultati tra donne e uomini sono simili;
   dall'indagine effettuata risulta che, solo sulla carta, le nuove norme introdotte dal Jobs act fanno fare dei passi avanti all'Italia. Il contratto a tutele crescenti con l'esonero contributivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e il riordino dei sussidi di disoccupazione con l'estensione ai lavoratori parasubordinati, potranno contribuire ad aumentare la protezione nel mercato del lavoro. Le norme su conciliazione vita-lavoro o quelle su maternità, congedi parentali, telelavoro e sul welfare aziendale dovrebbero aiutare a migliorare la qualità dell'ambiente lavorativo. Il problema principale rimane, però, l'effettiva attuazione di queste norme così come di quelle volte a rilanciare investimenti, produttività e quindi la crescita non solo quantitativa ma anche qualitativa dei posti di lavoro;
   a giudizio degli interroganti, i dati emersi dalla sopraindicata indagine dell'OCSE risultano essere inquietanti e mettono a nudo le incapacità del Governo che in tre anni di riforme, criticate più e più volte dagli interroganti stessi perché considerate del tutto velleitarie e sterili per una reale ripresa del Paese, non sia riuscito ad attuare una seria politica di rilancio del mondo del lavoro e della qualità dei posti di lavoro;
   nell'indagine sopraindicata, vengono rilevati aspetti che gli interroganti hanno ribadito svariate volte al Governo in fase di discussione del Jobs act in ogni opportuna sede, ossia che la legge n. 183 del 2014 non abbia assolutamente tenuto conto di uno degli aspetti fondamentali per i lavoratori: la qualità dei posti di lavoro creati e di quelli esistenti –:
   a seguito dei dati che confermano una forte diminuzione della qualità del lavoro, se e quali politiche i Ministri interrogati abbiano previsto per la ripresa della qualità del lavoro nel nostro Paese;
   se abbiano considerato di dover assumere iniziative differenti e più efficaci rispetto a quelle sinora adottate dal Governo, visto che, come dimostrato dai fatti, tali politiche non hanno portato beneficio alcuno alla qualità dei posti di lavoro;
   per quanto rilevato dall'indagine dell'OCSE indicata in premessa, se non ritengano più che lacunosa la legge n. 183 del 2014 cosiddetto Jobs act anche per gli aspetti riguardanti la qualità dei posti di lavoro e quali iniziative di competenza intendano assumere, nello specifico della legge in questione, per porre rimedio a queste problematiche. (5-08393)

Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 12 maggio 2016
nell'allegato al bollettino in Commissione XI (Lavoro)
5-08393

  Con il presente atto parlamentare, gli onorevoli Tripiedi e altri fanno riferimento a un articolo, pubblicato su una testata giornalistica on-line, concernente gli esiti di una recente indagine avviata dall'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ed avente ad oggetto la qualità del lavoro nei Paesi ad essa aderenti. L'indagine, in particolare, ha preso in considerazione – quali indicatori oggettivi della qualità del lavoro – l'adeguatezza delle retribuzioni, la sicurezza nel mercato di lavoro e la qualità degli ambienti di lavoro.
  Al riguardo – fermo restando l'apprezzamento più volte mostrato dal Governo per le iniziative di organismi sovranazionali finalizzate a valutare le condizioni del mercato del lavoro in una prospettiva più ampia di quella meramente quantitativa – occorre evidenziare che il sistema di monitoraggio messo a punto dall'OCSE si basa – come peraltro riportato nello stesso articolo citato dagli interroganti – su dati raccolti da fonti statistiche non aggiornate alla data odierna.
  In particolare, per quanto attiene agli indicatori sulle remunerazioni e sul livello di sicurezza del mercato del lavoro, gli ultimi dati disponibili per l'Italia si riferiscono rispettivamente al 2012 e al 2013, mentre, per quanto attiene alla qualità dell'ambiente di lavoro, nell'articolo viene estrapolato un solo dato relativo al 2015 e cioè la percentuale dei lavoratori che riferiscono di lavorare sotto pressione.
  Una più completa conferma circa il grado e il livello di aggiornamento delle informazioni che stanno a base della ricerca dell'OCSE può aversi visitando l'apposita sezione dedicata agli indicatori in oggetto sul sito internet dell'OCSE stessa.
  È, quindi, del tutto evidente che il deterioramento della qualità del lavoro lamentato dai firmatari – e in parte ripreso dai dati OCSE – non può essere riconducibile all'azione di questo Governo e al Jobs Act.
  A tal proposito, mi pare opportuno ricordare che – in base agli ultimi dati forniti dall'INPS lo scorso 19 aprile – nel corso del 2015 il numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato nel settore privato, tra nuove assunzioni e trasformazioni di altre tipologie contrattuali, è stato pari a 2 milioni e 674 mila (un milione in più rispetto all'anno precedente). E ancora, sempre nel 2015, la variazione netta dei contratti di lavoro a tempo indeterminato (e cioè il numero delle attivazioni meno quello delle cessazioni) è stata positiva per oltre 911 mila unità, a fronte di un calo di 50 mila posizioni nel 2014. Anche considerando l'anticipo di assunzioni avvenuto a dicembre e legato alla diminuzione della decontribuzione prevista per il 2016, il saldo resta comunque ampiamente positivo.
  In termini percentuali, le misure adottate dal Governo hanno consentito di innalzare la quota dei nuovi contratti a tempo indeterminato, sul totale dei nuovi contratti, dal 15,6 per cento del 2014 al 22,8 per cento del 2015.
  Se si escludono poi dal computo i contratti a tempo determinato di durata inferiore a un mese – che rispondono a esigenze di brevissima durata e non sono evidentemente sostituibili con altre tipologie contrattuali – la quota di assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato è cresciuta in un solo anno dal 20,4 per cento al 29,8 per cento.
  Secondo i dati recentemente rilasciati dall'ISTAT, nel marzo 2016 si registrano 263 mila occupati in più, 274 mila disoccupati in meno e 125 mila inattivi in meno. E ancora nello stesso mese, il tasso di disoccupazione, pari all'11,4 per cento (-1,1 punti percentuali rispetto a marzo 2015), è ai minimi dal 2012.
  Positivo è anche il dato relativo al tasso di disoccupazione giovanile che, sebbene ancora troppo elevato (36,7 per cento), diminuisce di 5,4 punti rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
  In conclusione, mi sembra, dunque, che i dati aggiornati suggeriscono una risposta positiva al quesito contenuto nell'articolo citato dagli interroganti, e riguardante la qualità dei posti di lavoro creati a seguito del Jobs Act come indicatore del funzionamento del complesso delle norme varate dal Governo in materia di lavoro.

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC (Classificazione automatica provvisoria, in attesa di revisione):

retribuzione del lavoro

ambiente di lavoro

OCSE