ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00525

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 256 del 03/07/2014
Abbinamenti
Atto 1/00524 abbinato in data 07/07/2014
Atto 1/00526 abbinato in data 07/07/2014
Atto 1/00527 abbinato in data 07/07/2014
Atto 1/00528 abbinato in data 07/07/2014
Atto 1/00529 abbinato in data 07/07/2014
Atto 1/00530 abbinato in data 07/07/2014
Atto 1/00532 abbinato in data 10/07/2014
Firmatari
Primo firmatario: FRATOIANNI NICOLA
Gruppo: SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Data firma: 03/07/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014
MATARRELLI TONI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014
BORDO FRANCO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014
DURANTI DONATELLA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014
QUARANTA STEFANO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014
MELILLA GIANNI SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014
RICCIATTI LARA SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA' 03/07/2014


Stato iter:
10/07/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
ILLUSTRAZIONE 07/07/2014
Resoconto FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
 
INTERVENTO GOVERNO 07/07/2014
Resoconto CALENDA CARLO VICE MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
PARERE GOVERNO 10/07/2014
Resoconto CALENDA CARLO VICE MINISTRO - (SVILUPPO ECONOMICO)
 
DICHIARAZIONE VOTO 10/07/2014
Resoconto LACQUANITI LUIGI MISTO-LIBERTA' E DIRITTI - SOCIALISTI EUROPEI (LED)
Resoconto CORSARO MASSIMO ENRICO FRATELLI D'ITALIA-ALLEANZA NAZIONALE
Resoconto FITZGERALD NISSOLI FUCSIA PER L'ITALIA
Resoconto ALLASIA STEFANO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto FERRARA FRANCESCO DETTO CICCIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto LIBRANDI GIANFRANCO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto GAROFALO VINCENZO NUOVO CENTRODESTRA
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto FANTINATI MATTIA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto SENALDI ANGELO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 07/07/2014

DISCUSSIONE IL 07/07/2014

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 07/07/2014

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 10/07/2014

ACCOLTO IL 10/07/2014

PARERE GOVERNO IL 10/07/2014

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 10/07/2014

DISCUSSIONE IL 10/07/2014

APPROVATO IL 10/07/2014

CONCLUSO IL 10/07/2014

Atto Camera

Mozione 1-00525
presentato da
FRATOIANNI Nicola
testo presentato
Giovedì 3 luglio 2014
modificato
Giovedì 10 luglio 2014, seduta n. 261

   La Camera,
   premesso che:
    in questi ultimi anni, il Parlamento è intervenuto diffusamente in materia di tutela del made in Italy;
    le innovazioni più significative sono state introdotte dalla legge del 23 luglio 2009, n. 99, meglio conosciuta come «legge sviluppo», che ha introdotto importanti requisiti per la tutela della proprietà industriale e del made in Italy, riformulando alcuni articoli del codice penale. Il provvedimento ha assicurato la tracciabilità dei prodotti, introducendo un sistema di etichettatura obbligatoria che evidenzi il luogo di origine della produzione. L'uso dell'indicazione made in Italy è stato consentito per i prodotti le cui fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano. Bisogna evidenziare che per usare il termine made in Italy non occorre che il prodotto sia interamente realizzato in Italia, ma è sufficiente che l'ultima trasformazione sostanziale del prodotto sia avvenuta in Italia, Il decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, prevede che l'uso della dicitura «interamente realizzato in Italia» o «100 per cento made in Italy» sia consentito solamente per quei prodotti per i quali il disegno, la progettazione, la lavorazione e il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano;
    con la legge n. 55 del 2010, sono state introdotte disposizioni in materia di commercializzazione di prodotti tessili, di pelletteria e di calzature. In particolare, la legge ha istituito, in questi settori, un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti, che evidenzi il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione, assicurando così la tracciabilità dei prodotti stessi;
    la legge n. 8 del 2013 ha dettato le nuove regole per la definizione, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti di cuoio, pelle e pelliccia, ove si prevede che, per i prodotti ottenuti da lavorazioni in Paesi esteri che comunque utilizzano la dicitura italiana dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia», l'etichetta debba indicare lo Stato di provenienza;
    per il settore agroalimentare il discorso è diverso. La legge n. 283 del 1962 vieta espressamente di impiegare, nella preparazione o distribuzione per il consumo, sostanze alimentari mescolate ad altre sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo tale da variarne la composizione naturale: in altre parole, sono vietate le adulterazioni e le variazioni compositive degli alimenti. Con il decreto legislativo n. 297 del 2004, sono state previste sanzioni amministrative pecuniarie per la contraffazione e l'usurpazione di dop e igp regolarmente registrate: la sanzione amministrativa prevista è di 50.000 euro. La successiva legge n. 99 del 2009 apporta numerose modifiche anche in campo agroalimentare: nello specifico, il nuovo articolo 517-quater prevede l'introduzione del delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni d'origine dei prodotti agroalimentari, punito con la reclusione fino ad anni due e con multa fino a 20.000 euro;
    per quanto attiene alle pene previste nei confronti dell'acquirente il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, all'articolo 1, comma 7, prevede, «salvo che il fatto costituisca un reato», una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro fino a 10.000 euro per chi acquista o accetta merce, senza averne prima accettata la legittima provenienza. La sanzione aumenta se l'acquisto viene effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall'acquirente finale: questa volta si parte da un minimo di 20.000 fino a un milione di euro. Inoltre, in alcuni casi, chi acquista cose di sospetta provenienza può essere punito con l'arresto fino a sei mesi o con ammenda, come sancisce l'articolo 712 del codice penale, che sanziona penalmente «chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che per la loro qualità o per condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da un reato»;
    il tema della proiezione delle produzioni italiane di qualità e strettamente legato a quello della lotta alla contraffazione, tanto che si potrebbe dire che la più autentica ed efficace difesa dei prodotti made in Italy è proprio costituita dall'innalzamento del livello di protezione contro la contraffazione di marchi, brevetti, design, diritto d'autore e denominazioni d'origine protette;
    la contraffazione nel nostro Paese rappresenta, secondo gli studi condotti dal Censis e le risultanze derivanti dalle indagini eseguite dalla Guardia di finanza, una vera e propria economia parallela che ogni anno fattura miliardi di euro, con conseguenti ingentissime perdite per il bilancio dello Stato in termini di mancate entrate fiscali e contributive e migliaia di posti di lavoro sottratti all'economia regolare;
    il fenomeno della contraffazione, inoltre, si avvale di metodi sempre più sofisticati e risulta in aumento nel nostro Paese. L'Italia, infatti, è uno dei Paesi a maggiore rischio di perdita di competitività a causa dello sviluppo del mercato del falso, sia perché caratterizzata da un tessuto produttivo composto in gran parte da piccole e medie imprese, che sovente riscontrano enormi difficoltà nel contrastare adeguatamente il fenomeno, sia perché l'Italia vanta una significativa quota di produzione e di export nel settore dei beni di lusso che corrisponde a uno di quei settori maggiormente esposti alla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti;
    il fenomeno della contraffazione si presenta come un insieme complesso di violazioni a leggi, norme, regolamenti, vincoli contrattuali che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere ed è caratterizzato dalla presenza in Italia di due realtà particolarmente massicce: le merci contraffatte, ovvero le merci che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato, e le merci usurpative, cioè quelle merci che costituiscono riproduzioni illecite di prodotti coperti da copyright;
    attorno a queste due tipologie predominanti, esiste un'ulteriore realtà di vari fenomeni illeciti, o al limite del lecito, che costituiscono un habitat favorevole alla contraffazione, alla pirateria e a ogni altra attività criminale ad esse connessa. Fra questi si menzionano: le sovrapproduzioni illegittime approntate da licenziatari di produzione infedeli e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in violazione del contratto di licenza; le produzioni destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro pertinenza; la produzione di prodotti che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa e confusiva l'aspetto;
    i disastri prodotti dalla contraffazione si configurano come l'esatto opposto dei benefici prodotti dalla sana concorrenza, in cui i produttori competono l'uno contro l'altro per il favore del consumatore sulla base della qualità e del prezzo. Lo scopo del contraffattore è, invece, quello di realizzare guadagni attraverso l'inganno, assumendo fraudolentemente l'identità di un produttore famoso e affidabile, in modo da evitare gli investimenti necessari per creare prodotti autenticamente di buona qualità. Il contraffattore non ha, quindi, nessun interesse ad investire nella buona qualità dei materiali impiegati, nei sistemi di controllo qualità degli oggetti prodotti, nella ricerca e sviluppo volta alla continua innovazione e, infine, nello sviluppo di tecniche di comunicazione e vendita volte a proporre i propri prodotti;
    la contraffazione, che nell'immaginario collettivo continua ad essere considerata un trascurabile fenomeno di «microcriminalità» più folcloristica che preoccupante, presenta, invece, le caratteristiche di un vero e proprio cancro che aggredisce progressivamente la società in tutto il suo insieme;
    con riferimento alla contraffazione, si rileva, infatti, la mancanza di una generale percezione dell'intrinseca pericolosità delle condotte ad essa collegate che si sostanziano: nell'arricchimento illecito della criminalità organizzata, con i conseguenti effetti distorsivi dell'economia e della libera concorrenza; nei pericoli diretti ed immediati, assolutamente sottostimati, derivanti dall'uso di farmaci, alimenti, giocattoli, indumenti contraffatti e prodotti senza il rispetto delle rigorose procedure di controllo poste a tutela della salute dei consumatori; nel pregiudizio causato alle aziende interessate, specie per quelle titolari di marchi di elevata qualità all'interno del cosiddetto italian style, che, a causa della contraffazione, subiscono danni all'immagine, diminuzione del fatturato, incremento delle spese per la protezione del marchio e per il contenzioso che le stesse sono costrette ad intraprendere sia come attori per tutelare i loro prodotti, sia in qualità di convenuti per provare la loro estraneità ai reati imputati ai reali contraffattori (tale danno investe, naturalmente, anche gli interessi delle case di distribuzione, le quali si trovano a concorrere con un mercato parallelo che agisce sopportando minori costi e lucrando sul mancato versamento delle imposte); nella distorsione del mercato del lavoro, che si traduce in una perdita di posti regolari, nell'incremento della manodopera clandestina in nero e nei mancati investimenti di produttori stranieri, non interessati ad investire in Paesi in cui il fenomeno della contraffazione è dilagante per non mettere a rischio i propri diritti di proprietà intellettuale; nelle perdite per l'erario, con riferimento al mancato versamento delle imposte sui redditi e dell'iva;
    recentissimamente, un'indagine realizzata dal Censis, pubblicata il 12 maggio 2014, su incarico della direzione generale lotta alla contraffazione-Uibm del Ministero dello sviluppo economico, basata su un campione di giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni, intervistati a Roma nei mercati di Porta Portese, via Sannio e Villaggio Olimpico, ha evidenziato che la grande maggioranza dei giovani romani (il 74,6 per cento) acquista merce contraffatta. Al primo posto della classifica dei prodotti più venduti del mercato romano del falso ci sono i capi d'abbigliamento (67,3 per cento), seguiti da cd e dvd (48,3 per cento), accessori come cinture, portafogli, borse (45,3 per cento), scarpe (37,5 per cento), occhiali da sole (31,6 per cento), orologi e bigiotteria (20,1 per cento), prodotti elettronici (20,1 per cento), prodotti informatici (18,2 per cento), profumi e cosmetici (16,1 per cento);
    i luoghi privilegiati per l'acquisto di merce contraffatta sono la strada, con le sue bancarelle (indicata dall'81,2 per cento dei giovani acquirenti), e i mercati (segnalati dal 48 per cento). Altro luogo deputato all'acquisto di merce contraffatta è la spiaggia (32,7 per cento). Il 22,8 per cento trova prodotti falsi nei negozi. Solo il 16,6 per cento dei giovani romani li compra su internet. E il 7,5 per cento persino all'interno di case private;
    l'acquisto è il risultato di una scelta intenzionale: solo l'11 per cento era convinto di acquistare un prodotto autentico. Ed è guidato in primo luogo dalla volontà di risparmiare (69,6 per cento), poi di possedere qualcosa di poco impegnativo (29,8 per cento) o di cui si aveva effettivamente bisogno (28 per cento). Comprare contraffatto dà soddisfazione, anche perché permette di «punire» le griffe amate e desiderate, ma allo stesso tempo odiate a causa dei prezzi troppo elevati: è di questa opinione il 76,1 per cento degli intervistati. Poco importa se la qualità del falso è inferiore rispetto a quella dell'originale: chi compra merce contraffatta sa a cosa va incontro, senza aspettarsi e pretendere troppo in termini di qualità, durata e riuscita complessiva del prodotto. È comunque pienamente (34,7 per cento) o in parte soddisfatto (57,7 per cento) di quello che ha acquistato;
    l'acquisto di merce contraffatta è, quindi, un atto socialmente accettato, che fanno tutti: la pensa così il 66,5 per cento dei giovani romani. Anche quando c’è la percezione che la contraffazione è un reato, viene comunque considerato un illecito di lieve entità, che non merita una particolare attenzione da parte delle forze dell'ordine (lo crede il 63,9 per cento degli intervistati);
    a poco vale, dunque, che la normativa attuale preveda pene consistenti, tanto per chi vende merce contraffatta, quanto per chi l'acquista;
    appare, invece, del tutto evidente l'esigenza di intervenire nella lotta alla contraffazione, anche e soprattutto attraverso un cambiamento della cultura e della percezione da parte del consumatore della merce che acquista;
    sul piano europeo, una prima proposta di regolamento relativa all'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti industriali (come viti, bulloni, utensileria, tubi e rubinetterie, pneumatici, ceramica, tessili) importati da Paesi terzi era stata presentata dalla Commissione europea il 16 dicembre 2005 (COM(2005)661). Tale proposta, tuttavia, non è mai stata discussa dal Consiglio;
    inoltre, il Parlamento europeo in sessione plenaria, in data 11 dicembre 2007, ha adottato una dichiarazione nella quale si ribadiva il diritto dei consumatori europei ad un accesso immediato alle informazioni relative agli acquisti; il 25 novembre 2009 ha votato una risoluzione sul marchio d'origine nella quale, tra l'altro, invitava la Commissione europea e il Consiglio a istituire meccanismi di vigilanza e di lotta contro la frode in campo doganale; il 21 ottobre 2009 ha approvato una risoluzione volta a prevedere che alcuni beni importati da Paesi extra Unione europea indichino chiaramente il Paese d'origine per aiutare i consumatori a compiere una scelta informata, che vengano erogate sanzioni in caso di violazione delle norme e che si utilizzi l'inglese sulle etichette ovunque nell'Unione europea;
    il 23 ottobre 2012 la Commissione europea, nell'adottare il programma di lavoro per il 2013, tenendo conto dell’impasse, che da anni si registrava in Consiglio, ha indicato tra le proposte legislative pendenti da ritirare quella sul made in. Il 17 gennaio 2013, quindi, il Parlamento europeo in sessione plenaria ha approvato un'ulteriore risoluzione sull'indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati da Paesi terzi nell'Unione europea, in cui si afferma che l'Unione europea deve rendere obbligatorio l'uso del marchio d'origine per tali beni importati nell'Unione europea, quali abiti, scarpe e gioielli, richiedendo, altresì, la presentazione da parte della Commissione europea di una nuova proposta legislativa;
    successivamente, il 13 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato due proposte di regolamento sulla sicurezza dei prodotti. La prima proposta riguarda la sicurezza dei prodotti di consumo ottenuti, sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea, mediante un processo di fabbricazione. Contiene norme volte ad assicurarne la piena tracciabilità mediante l'obbligatorietà dell'indicazione di origine, nonché tramite la fissazione di regole specifiche per produttori, importatori e distributori;
    in base a tale proposta per i beni prodotti in Europa, l'impresa avrebbe potuto scegliere se indicare genericamente made in Europe o, più specificamente, ad esempio: made in Italy o made in Germany o made in Slovakia o made in France;
    la seconda proposta riguarda la sorveglianza del mercato dei prodotti e punta ad un maggiore ed efficace coordinamento tra le autorità di sorveglianza, anche rispetto ai risultati delle diverse attività di controllo;
    da ultimo, in data 15 aprile 2014 il Parlamento europeo ha approvato le norme per rendere obbligatorie le etichette made in sui prodotti non alimentari venduti sul mercato comunitario;
    in particolare, il Parlamento europeo ha approvato l'obbligo di indicazione di origine controllata contenuto nella proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti. In questo modo si definiscono nuove disposizioni in materia di made in per garantire la piena tracciabilità del prodotto, come già avviene nei principali Paesi aderenti all'Organizzazione mondiale del commercio (ad esempio Usa, Giappone, Canada e Corea). In base alle disposizioni approvate lunedì 15 aprile 2014 a Bruxelles, tutti i prodotti dovranno, quindi, presentare il marchio made in sulla propria etichetta per essere immessi nel mercato;
    si tratta questo di un passo decisivo per la tutela dell'origine dei prodotti italiani e per valorizzare il patrimonio manifatturiero italiano, rappresentato da 596.230 imprese con 16.274.335 addetti, di cui il 47,2 per cento in micro imprese sotto i 9 addetti, il 58,1 per cento in micro e piccole imprese fino a 20 addetti e il 67,9 per cento in piccole imprese sotto i 50 addetti;
    dette disposizioni colgono, infatti, molteplici obiettivi: ovverosia quello di valorizzare il patrimonio manifatturiero dell'artigianato e dell'impresa diffusa, difendere il diritto dei consumatori a una corretta informazione sull'origine dei beni acquistati e, infine, combattere il fenomeno della contraffazione;
    nel settore alimentare il processo di costituzione e consolidamento dell'unificazione europea si è accompagnato a una giurisprudenza della Corte di giustizia che ha ritenuto incompatibile con il mercato unico la presunzione di qualità legate alla localizzazione nel territorio nazionale di tutto o di parte del processo produttivo di un prodotto alimentare. A tale principio hanno fatto eccezione solo le regole relative alle denominazioni di origine (dop) e alle indicazioni di provenienza (igp). Per i restanti prodotti alimentari è stato sinora fissato il principio che l'indicazione del luogo d'origine o di provenienza possa essere resa obbligatoria solo nell'ipotesi che l'omissione dell'indicazione stessa possa indurre in errore il consumatore circa l'origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare (articolo 3 della direttiva 2000/13/CE, recepito dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 109 del 1992). Il principio è stato confermato anche con il regolamento (CE) n. 1169 del 2011, che, in sostituzione della precedente direttiva, ha tuttavia esteso a talune carni l'obbligo di indicarne l'origine (articolo 26, paragrafo 2) e che si applicherà a partire dal 13 dicembre 2014;
    il Parlamento italiano ha approvato all'unanimità la legge n. 4 del 2011 che individua nell'indicazione in etichetta del luogo di origine del prodotto lo strumento idoneo ad informare correttamente il consumatore e nella stessa direzione vanno le norme del decreto-legge n. 83 del 2012, che consentono di indicare anche l'origine dei prodotti della pesca. Pur tuttavia, esistono ancora particolari criticità che riguardano il coordinamento tra l'obbligo stabilito in Italia e la normativa europea, che prevede sul punto regimi di carattere facoltativo,

impegna il Governo:

   ad adottare gli opportuni provvedimenti tesi a potenziare le campagne informative nelle scuole di istruzione primaria e secondaria sulla gravità del fenomeno della contraffazione, rafforzando, al contempo, gli strumenti di sensibilizzazione dei consumatori italiani utilizzati sino ad oggi dalle istituzioni pubbliche;
   ad assumere ogni possibile iniziativa volta a potenziare il controllo della diffusione delle merci contraffatte su internet;
   ad adottare con urgenza ogni iniziativa di competenza, anche presso le competenti sedi europee, volta ad arginare il dirompente fenomeno della contraffazione, che minaccia i consumatori e le imprese del nostro Paese;
   ad adottare ogni atto di competenza volto a dotare le dogane e l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari italiani di strumenti tecnologici adeguati al controllo qualitativo delle merci, al fine di individuare la presenza di sostanze vietate per legge e pericolose per la salute pubblica;
   ad individuare specifici indirizzi per sostenere e tutelare il made in Italy, promuovendo l'immagine dell'Italia all'estero, anche attraverso l'implementazione di strumenti efficaci a contrastare gli abusi di mercato e la contraffazione a garanzia delle imprese e a tutela dei consumatori;
   a valutare l'opportunità di incrementare le risorse finanziarie, attualmente previste a legislazione vigente, per sostenere la lotta alla contraffazione nell'ambito dei capitoli di spesa relativi alla competitività e allo sviluppo delle imprese;
   a potenziare i sistemi di vigilanza e di repressione dei fenomeni di contraffazione dell'agroalimentare, del made in Italy, ovvero dell’Italian sounding, che ha raggiunto livelli intollerabili, a tutela della qualità e della sicurezza agroalimentare, in linea con le politiche pubbliche che attribuiscono ai prodotti di qualità un'importanza strategica per accrescere la capacità di penetrazione nei mercati internazionali;
   a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata, nel contesto della Presidenza italiana del semestre europeo, a far approvare in via definitiva le disposizioni del regolamento del made in già approvate dal Parlamento europeo in data 15 aprile 2014;
   a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a garantire la piena attuazione della citata legge n. 4 del 2011 attraverso l'emanazione di disposizioni nazionali sulle indicazioni obbligatorie complementari, come previsto dall'articolo 39 del Regolamento UE n. 1169/2011 in materia di etichettatura.
(1-00525)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Fratoianni, Ferrara, Matarrelli, Franco Bordo, Duranti, Quaranta, Melilla, Ricciatti».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

denominazione di origine

importazione comunitaria

contraffazione

informazione del consumatore

protezione del consumatore

sicurezza del prodotto

traffico illecito

marcatura