ATTO CAMERA

MOZIONE 1/00372

scarica pdf
Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 17
Seduta di annuncio: 189 del 13/03/2014
Abbinamenti
Atto 1/00348 abbinato in data 20/03/2014
Atto 1/00362 abbinato in data 20/03/2014
Atto 1/00363 abbinato in data 20/03/2014
Atto 1/00386 abbinato in data 20/03/2014
Firmatari
Primo firmatario: MELONI GIORGIA
Gruppo: FRATELLI D'ITALIA
Data firma: 13/03/2014
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
MAIETTA PASQUALE FRATELLI D'ITALIA 13/03/2014
TAGLIALATELA MARCELLO FRATELLI D'ITALIA 13/03/2014
TOTARO ACHILLE FRATELLI D'ITALIA 13/03/2014


Stato iter:
26/03/2014
Partecipanti allo svolgimento/discussione
INTERVENTO PARLAMENTARE 20/03/2014
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto LIBRANDI GIANFRANCO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
 
PARERE GOVERNO 26/03/2014
Resoconto ZANETTI ENRICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE GOVERNO 26/03/2014
Resoconto ZANETTI ENRICO SOTTOSEGRETARIO DI STATO - (ECONOMIA E FINANZE)
 
DICHIARAZIONE VOTO 26/03/2014
Resoconto DI GIOIA LELLO MISTO-PARTITO SOCIALISTA ITALIANO (PSI) - LIBERALI PER L'ITALIA (PLI)
Resoconto BUTTIGLIONE ROCCO PER L'ITALIA
Resoconto GUIDESI GUIDO LEGA NORD E AUTONOMIE
Resoconto LIBRANDI GIANFRANCO SCELTA CIVICA PER L'ITALIA
Resoconto MARCON GIULIO SINISTRA ECOLOGIA LIBERTA'
Resoconto PALESE ROCCO FORZA ITALIA - IL POPOLO DELLA LIBERTA' - BERLUSCONI PRESIDENTE
Resoconto NESCI DALILA MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto CARIELLO FRANCESCO MOVIMENTO 5 STELLE
Resoconto MARCHI MAINO PARTITO DEMOCRATICO
Fasi iter:

DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 20/03/2014

DISCUSSIONE IL 20/03/2014

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 20/03/2014

NON ACCOLTO IL 26/03/2014

PARERE GOVERNO IL 26/03/2014

DISCUSSIONE IL 26/03/2014

RESPINTO IL 26/03/2014

CONCLUSO IL 26/03/2014

Atto Camera

Mozione 1-00372
presentato da
MELONI Giorgia
testo presentato
Giovedì 13 marzo 2014
modificato
Mercoledì 26 marzo 2014, seduta n. 198

   La Camera,
   premesso che:
    il Trattato sull'Unione europea firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, e da allora noto semplicemente come «Trattato di Maastricht», costituiva il fondamento per l'unione monetaria da realizzarsi nel 1999 e conteneva i cosiddetti parametri economici di convergenza, che ciascun Paese avrebbe dovuto rispettare per passare alla fase finale della stessa unione;
    i parametri da rispettare per l'accesso all'euro erano un tasso di inflazione non più alto di 1,5 punti rispetto ai 3 Paesi con il tasso d'inflazione più basso, un deficit statale non superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo, un debito pubblico non superiore al 60 per cento del prodotto interno lordo, la stabilità del tasso di cambio nei due anni precedenti l'ingresso nell'unione monetaria, l'applicazione di tassi d'interesse di lungo termine non superiori di oltre due punti rispetto a quello dei tre Paesi dai tassi più bassi;
    nella realtà, alcuni di questi criteri non sono mai stati applicati, come quello sul debito, mentre altri hanno perso rilevanza con la creazione dell'euro, come, ad esempio, le decisioni sui tassi d'interesse, ormai sottratte alle singole politiche nazionali ed affidate alla Banca centrale europea a Francoforte;
    nel 1997 i Paesi membri dell'Unione Europea hanno stipulato e sottoscritto il Patto di stabilità e crescita (psc) inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all'unione economica e monetaria dell'Unione europea (eurozona) e, quindi, rafforzare il percorso d'integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht;
    in base al il Patto di stabilità e crescita, gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l'euro, devono continuare a rispettare nel tempo quelli relativi al bilancio dello stato, ossia un deficit pubblico non superiore al 3 per cento del prodotto interno lordo (rapporto deficit/prodotto interno lordo inferiore al 3 per cento) e un debito pubblico al di sotto del 60 per cento del prodotto interno lordo, o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro (rapporto debito/prodotto interno lordo inferiore al 60 per cento);
    a tale scopo, il Patto di stabilità e crescita ha implementato la procedura di deficit eccessivo di cui all'articolo 104 del Trattato di Maastricht, la quale nello specifico consta di tre fasi: avvertimento, raccomandazione e sanzione;
    in particolare, se il deficit di un Paese membro si avvicina al tetto del 3 per cento del prodotto interno lordo, la Commissione europea propone – ed il Consiglio dei ministri europei, in sede di Ecofin, approva – un avvertimento preventivo (early warning), al quale segue una raccomandazione vera e propria in caso di superamento del tetto; se, a seguito della raccomandazione, lo Stato interessato non adotta sufficienti misure correttive della propria politica di bilancio, esso viene sottoposto ad una sanzione che assume la forma di un deposito infruttifero, da convertire in ammenda dopo due anni di persistenza del deficit eccessivo; l'ammontare della sanzione presenta una componente fissa pari allo 0,2 per cento del prodotto interno lordo ed una variabile pari ad un decimo dello scostamento del disavanzo pubblico dalla soglia del 3 per cento ed è comunque previsto un tetto massimo all'entità complessiva della sanzione pari allo 0,5 per cento del prodotto interno lordo; se invece lo Stato adotta tempestivamente misure correttive, la procedura viene sospesa fino a quando il deficit non ritorna sotto il limite del 3 per cento, ma se le misure si rivelano inadeguate la procedura viene ripresa e la sanzione irrogata;
    in alternativa, il superamento del valore del 3 per cento per il disavanzo pubblico può essere considerato un fatto eccezionale e, quindi, esulare dalla procedura sanzionatoria, laddove sia determinato da un evento inconsueto non soggetto al controllo dello Stato membro interessato che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione, oppure sia determinato da una grave recessione economica;
    il superamento del valore di riferimento è considerato temporaneo se le previsioni di bilancio elaborate dalla Commissione europea indicano che il disavanzo diminuirà al di sotto del valore di riferimento dopo che siano cessati l'evento inconsueto o la grave recessione economica;
    la procedura per i disavanzi eccessivi è solo uno dei due elementi di cui si compone il Patto di stabilità e crescita, mentre l'altro è a carattere preventivo ed impone agli Stati membri di presentare ogni anno, insieme al programma nazionale di riforma, un programma di stabilità (per i Paesi dell'area dell'euro) o di convergenza (per gli altri Paesi dell'Unione europea), nell'ambito del quale ciascuno Stato membro illustra come intenda mantenere o ristabilire una sana situazione delle proprie finanze pubbliche nel medio termine, e in relazione al quale la Commissione europea può formulare raccomandazioni (a giugno, nell'ambito del semestre europeo) ed eventualmente invitare il Consiglio a emettere un avvertimento per deficit eccessivo;
    al fine di consentire il raggiungimento dei più generali obiettivi di finanza pubblica assunti dal nostro Paese in sede europea con l'adesione al Patto europeo di stabilità e crescita, ogni anno vengono adottate le regole del Patto di stabilità interno, funzionali al conseguimento degli obiettivi finanziari fissati per le regioni e gli enti locali;
    la definizione delle regole del Patto di stabilità interno avviene durante la predisposizione ed approvazione della manovra di finanza pubblica, momento in cui si analizzano le previsioni sull'andamento della finanza pubblica e si decide l'entità delle misure correttive da porre in atto per l'anno successivo e la tipologia delle stesse;
    dal 1999 ad oggi il Patto di stabilità interno è stato formulato esprimendo gli obiettivi programmatici per gli enti territoriali ed i corrispondenti risultati ogni anno in modi differenti, alternando principalmente diverse configurazioni di saldi finanziari a misure sulla spesa per poi tornare agli stessi saldi;
    come sin qui esaminato, il mancato rispetto del limite del 3 per cento nel rapporto tra indebitamento netto della pubblica amministrazione e prodotto interno lordo può far scattare una procedura d'infrazione, trasformando un Paese in vigilato speciale e così lanciando segnali d'allarme e di instabilità ai mercati, fino a quando, in esito a severe terapie di austerity, il Paese oggetto della procedura non rientri nell'ambito dei parametri previsti dalla legislazione europea;
    nel corso degli anni sono state proposte delle modifiche per rafforzare il Patto di stabilità e crescita, volte a consentire all'elemento correttivo di tenere più conto del legame tra debito e deficit, specie nei Paesi che presentano un debito pubblico elevato (superiore al 60 per cento del prodotto interno lordo), accelerare la procedura per i disavanzi eccessivi e rendere l'imposizione delle sanzioni agli Stati membri semiautomatica e definire meglio il quadro di riferimento per i bilanci nazionali, affrontando questioni contabili e statistiche, nonché di tecnica di previsione;
    al contrario, soprattutto nell'ultimo decennio, da più parti si è sottolineata l'eccessiva rigidità delle regole di politica fiscale derivanti dal Patto di stabilità e crescita e la necessità di applicarlo considerando l'intero ciclo economico e non un singolo bilancio di esercizio, anche in considerazione dei rischi involutivi derivanti dalla politica degli investimenti troppo limitata che esso comporta;
    inoltre, molte critiche mosse al vincolo del 3 per cento affermano che la sua rigorosa applicazione non promuoverebbe né la crescita né la stabilità e che, anzi, le procedure promosse dall'Unione europea nei confronti dei Paesi inadempienti danneggerebbero ulteriormente sistemi economici che già versano in stato di sofferenza;
    peraltro, considerato che la procedura per disavanzo eccessiva richiamata dal Patto di stabilità e crescita non è obbligatoria, appare evidente come sia difficile far valere i suoi vincoli nei confronti dei «grandi» dell'Unione europea, come dimostrato anche dal fatto che il Consiglio non è riuscito ad applicare le sanzioni in esso previste contro la Francia e la Germania, malgrado ne sussistessero i presupposti;
    in Italia, già nel 1998 l'economista Luigi Pasinetti, in un saggio pubblicato sul Cambridge Journal of Economics nel 1998 (un anno prima della nascita dell'euro) attaccò duramente «mito e follia del 3 per cento», contestando una soglia deficit/prodotto interno lordo «la cui validità non è mai stata dimostrata» e stigmatizzando il fatto che «nessuno è mai riuscito a dare una spiegazione plausibile sul perché quelle cifre furono scelte»;
    nel primo quindicennio di vigenza del Patto di stabilità e crescita, i Paesi dell'area euro hanno registrato il tasso di crescita medio più basso tra le principali aree economiche mondiali dopo quella dell'America latina, e nello stesso periodo il deficit del bilancio pubblico è più che raddoppiato, passando dall'1,3 per cento del 1998 al 2,7 per cento del 2003;
    nel 2012, dei diciassette Paesi appartenenti all'eurozona solo cinque avevano un indice deficit/prodotto interno lordo inferiore al 3 per cento, ai quali va aggiunta l'Italia, assestata esattamente su quel valore;
    nell'ultimo quinquennio, da quando l'economia europea è entrata in una fase di perdurante stagnazione e recessione, i dubbi e le perplessità nei confronti delle regole del Patto di stabilità e crescita si sono rafforzati ed estesi;
    sulla capacità delle politiche di austerity di rimettere in equilibrio la zona euro, lo scetticismo sembra ormai prevalente, come segnalato anche dal «monito degli economisti», pubblicato sul Financial Times nel settembre 2013, nel quale esponenti delle più diverse scuole di pensiero economiche concordano nel ritenere che le attuali politiche di rigore stiano in realtà pregiudicando la sopravvivenza dell'Unione europea;
    persino il Fondo monetario internazionale ha espresso perplessità in merito alla pretesa di riequilibrare l'eurozona, puntando tutto su pesanti dosi di austerity a carico dei Paesi debitori;
    sia nel caso della Grecia sia in quello del Portogallo, infatti, il Fondo monetario internazionale ha ammesso i limiti delle politiche di austerity confessando – nel caso greco – di aver sottostimato i danni all'economia greca causati dalle rigidità imposte nel piano di aiuti, mentre, con riferimento al caso portoghese, nel settembre del 2013 è stato pubblicato un rapporto interno del Fondo monetario internazionale nel quale si legge non solo che l’austerity deve avere un «limite di velocità», ma anche che alcune delle politiche imposte hanno presentato rischi di «autodistruzione» per l'economia locale;
    volendosi allontanare dalla dimensione solo teorica del dibattito, non va dimenticato che negli Stati Uniti, nel pieno della recessione del 2009, il neopresidente Barack Obama ha intrapreso una politica di investimenti pubblici che, dopo aver inizialmente portato il rapporto deficit/prodotto interno lordo a sfiorare il 12 per cento, ha determinato una spettacolare ripresa del prodotto interno lordo di oltre il tre per cento;
    nel nostro Paese, pur avendo il dogma del 3 per cento avuto tanti sostenitori in buona fede – perché applicare la disciplina dell’austerity sembra un vincolo esterno salvifico per impedire all'Italia di praticare vizi nazionali distruttivi quali spese pubbliche parassitarie, clientelari, fonti di sprechi e corruzione – appare sempre più evidente il fatto che esso impedisce un risanamento che passi attraverso una politica di investimenti e possa, quindi, determinare una ripresa dell'economia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di un temporaneo scostamento dalla soglia massima nel rapporto deficit/prodotto interno lordo prevista dal Patto di stabilità e crescita, al fine di realizzare una consistente riduzione della pressione fiscale sul lavoro che possa restituire potere d'acquisto alle famiglie e rilanciare la crescita, nonché con riferimento alla realizzazione di infrastrutture strategiche, a misure per l'innovazione tecnologica e all'azzeramento del digital divide, alle politiche di sostegno al reddito, alle politiche di sostegno alla famiglia, alle misure volte a ridurre la pressione fiscale a carico delle imprese e di tutte le realtà produttive, alle misure in materia di protezione civile, per la messa in sicurezza dei territori e la prevenzione dei rischi idrogeologici, alla gestione dei flussi migratori, all'edilizia scolastica ed all'edilizia carceraria, al rilancio della competitività del tessuto produttivo nazionale, attraverso politiche di sostegno alle industrie e alle imprese e alle misure in favore della ricerca e dello sviluppo tecnologico;
   ad adottare le iniziative necessarie affinché il Patto di stabilità interno preveda adeguati meccanismi premiali in favore degli enti locali e delle regioni che si siano dimostrate virtuose;
   a promuovere nelle competenti sedi a livello europeo un confronto sulle regole del Patto di stabilità e crescita, che ne permetta un'eventuale revisione nell'ottica di fornire risposte più efficaci, sotto il profilo delle politiche economiche e fiscali, alla perdurante situazione di crisi e stagnazione che affligge parte delle economie dell'eurozona, al fine di consentire l'applicazione di misure che favoriscano un reale rilancio di tali economie.
(1-00372) «Giorgia Meloni, Maietta, Taglialatela, Totaro».

Classificazione EUROVOC:
EUROVOC :

zona euro

politica d'investimento

disavanzo di bilancio

politica di sostegno

recessione economica

rilancio economico

debito pubblico