CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 dicembre 2017
925.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 29

INTERROGAZIONI

  Giovedì 7 dicembre 2017. — Presidenza della presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Gennaro Migliore.

  La seduta comincia alle 9.40.

5-12869 Ferraresi: Su iniziative del Governo in materia di misure alternative alla detenzione e di sicurezza degli istituti carcerari.

  Il sottosegretario Gennaro MIGLIORE risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Andrea COLLETTI (M5S), nel ringraziare il rappresentante del Governo per la risposta resa, con riferimento all'edilizia penitenziaria, rammenta che già a inizio legislatura, nel corso di alcune audizioni svolte in Commissione, era emersa la necessità, non solo di ristrutturare le carceri esistenti al fine di garantire una maggiore sicurezza delle stesse e maggior tutela del personale penitenziario, ma anche quella della costruzione di un nuovo istituto carcerario nella regione Campania. Fa presente, inoltre, che sebbene sia apprezzabile l'intervento normativo che ha consentito all'Amministrazione della giustizia di attingere alle graduatorie già esistenti per avviare le procedure finalizzate all'assunzione di oltre 800 unità che andranno a colmare il vuoto organico del corpo di polizia penitenziaria, tali assunzioni non risultano comunque sufficienti a far fronte Pag. 30alle carenze della pianta organica che risulta essere in deficit.

  Donatella FERRANTI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 9.45.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 7 dicembre 2017. — Presidenza della presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Gennaro Migliore.

  La seduta comincia alle 9.45.

Modifica dell'articolo 656 del codice penale e altre disposizioni in materia di pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose.
C. 4552 De Maria.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Walter VERINI (PD), relatore, fa presente che la proposta di legge all'esame della Commissione persegue l'espresso obiettivo di introdurre misure di «contrasto della manipolazione e della distorsione dell'informazione», con particolare riferimento al fenomeno delle c.d. fake news (notizie false). La diffusione delle notizie risulta enormemente potenziata dal ricorso – quali mezzi di comunicazione di massa – a Internet e ai social media ivi presenti. Dalla rapidità di circolazione e dalla enorme quantità di informazioni in rete deriva l'impossibilità di controllarne in tempi rapidi provenienza e genuinità. La possibilità di condivisione delle informazioni tra utenti consente di riprodurre e divulgare all'infinito tali informazioni, anche nel caso in cui siano palesemente false. Tali notizie risultano talora veicolate sul web a fini di lucro da siti specializzati proprio in fake news, che ottengono profitti dallo sfruttamento economico dei banner pubblicitari presenti sul sito che pubblica scientemente notizie false.
  Evidenzia che la diffusione di notizie false può comportare anche conseguenze penali, derivanti dalla loro pubblicazione e diffusione a un numero indeterminato di persone. In particolare, la pubblicazione in rete di una notizia falsa può essere certamente idonea a determinare la lesione dell'onore di una persona, così come la diffusione di notizie false potrebbe procurare allarme sociale. Nel primo caso può essere integrata la fattispecie delittuosa della diffamazione a mezzo stampa; nella seconda – che, per caratteristiche della fattispecie, si avvicina più alle fake news – potrebbero ricorrere gli estremi del reato contravvenzionale di cui all'articolo 656 c.p.
  Rammenta che tale disposizione – se il fatto non costituisce un più grave reato – sanziona con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a 309 euro chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico. La condotta illecita consiste quindi nella diffusione, anche mediante pubblicazione, di una notizia così qualificata; quest'ultima è penalmente rilevante quando non del tutto svincolata da oggettivi punti di riferimento che consentano l'identificazione degli elementi essenziali di un fatto e ne rendano possibile l'identificazione, e si differenzia quindi dalla «voce», caratterizzata da vaghezza e incontrollabilità (Cass., Sez. IV, sentenza 11 gennaio 1977).
  Segnala che la Corte costituzionale (sentenza n. 19 del 1962) ha affermato che l'espressione «notizie false, esagerate e tendenziose» va letta come «una forma di endiadi, con la quale il legislatore si è proposto di abbracciare ogni specie di notizie che, in qualche modo, rappresentino la realtà in modo alterato»; in particolare, ha precisato che le «notizie tendenziose» sono quelle che, pur riferendo cose vere, le presentino tuttavia in modo che chi le apprende possa avere una rappresentazione alterata della realtà (perché sono riferiti solo una parte degli Pag. 31accadimenti, o perché l'esposizione è tale da determinare confusione fra la notizia e il commento). In relazione all'elemento soggettivo, la contravvenzione è punibile sia a titolo di dolo che di colpa: all'attribuzione soggettiva del reato, pertanto, non è necessario che l'agente sia stato consapevole della falsità della notizia, ove l'abbia ignorata per colpa. La pubblicazione appare come una specie della più ampia condotta di diffusione; l'articolo 656, dunque, pare sanzionare la trasmissione di notizie false, esagerate o tendenziose a un numero indeterminato di persone in qualunque forma.
  Evidenzia che, come si evince chiaramente sia dalla formulazione dell'articolo 656 che dalla sua collocazione sistematica nel codice penale, il bene tutelato non è la verità cronistica della notizia bensì l'ordine pubblico. Quello punito dall'articolo 656 è un reato di pericolo, sicché nulla rileva, ai fini della sua esclusione, il fatto che non si sia effettivamente verificato alcun turbamento dell'ordine pubblico, essendo sufficiente che vi fosse un'astratta possibilità che un tale turbamento in effetti si verificasse (Cassazione, Sez. I, sentenza n. 9475 del 1996). Il più serio limite alla perseguibilità penale dell'articolo 656 appare proprio l'accertamento dell'effettiva idoneità della falsa notizia a creare tale turbativa. Non è sanzionata, infatti, la divulgazione di notizie false inidonee a esporre l'ordine pubblico a pericolo.
  Rammenta che l'articolo 656 del codice penale tutela l'ordine pubblico in senso lato e generico; in virtù della clausola di sussidiarietà espressamente prevista («se il fatto non costituisce più grave reato»), la diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose le quali espongano a pericolo o turbino l'ordine pubblico in qualche suo speciale aspetto, particolarmente tutelato dalla legge penale, integra il solo reato specifico, sempre che esso sia più grave della contravvenzione in esame; quest'ultima, ad esempio, risulta assorbita dai reati previsti dagli artt. 265 (disfattismo politico), 267 (disfattismo economico), 269 (attività antinazionale del cittadino all'estero), 501 (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio), 661 (abuso della credulità popolare).
  Segnala che nella giurisprudenza della Corte costituzionale, la nozione di ordine pubblico ha assunto diverse accezioni in relazione ai diversi valori tutelati dall'ordinamento. Particolarmente controverso è il rapporto fra l'incriminazione ai sensi dell'articolo 656 per turbamento dell'ordine pubblico e la tutela costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero (articolo 21 Cost.) alla quale deve ricondursi l'attività di informazione. D'altro canto, all'articolo 21 Cost. non è previsto alcun limite oltre al buon costume (ultimo comma), nonostante molte delle condotte costitutive della manifestazione del pensiero siano idonee a ledere l'ordine pubblico. In particolare, in relazione alla libertà tutelata dall'articolo 21 Cost., la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare (C. Cost, sent. n. 19/1962) la natura implicita e (in qualche modo) generalizzata del limite dell'ordine pubblico, inteso quale «bene collettivo, che non è dammeno della libertà di manifestazione del pensiero». L'ordine pubblico, da intendersi come «ordine legale su cui poggia la convivenza sociale» costituisce «un bene inerente al vigente sistema costituzionale» ed è indubbio che «il mantenimento di esso – nel senso di preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale, instaurate mediante le leggi, da ogni attentato a modificarle o a renderle inoperanti mediante l'uso o la minaccia illegale della forza – sia finalità imminente del sistema costituzionale Sempre in relazione al rapporto con l'articolo 21 Cost., la stessa Corte costituzionale ha affermato che «la garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo diventerebbe illusoria per tutti, se ciascuno potesse esercitarli fuori dell'ambito delle leggi, della civile regolamentazione, del ragionevole costume. Anche diritti primari e fondamentali [...] debbono venir contemperati con le esigenze di una tollerabile convivenza». In questo senso, l'ordine pubblico deve essere inteso quale «ordine pubblico costituzionale [...] che deve essere assicurato appunto Pag. 32per consentire a tutti il godimento effettivo dei diritti inviolabili dell'uomo» (C. Cost, sent. n. 168/1971).
  Fa presente che, stante la pervasività della rete, ben può essere che la pubblicazione o diffusione delle notizie false, esagerate o tendenziose che possano turbare l'ordine pubblico avvenga tramite la rete Internet. Tale aspetto pone la questione, da tempo dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza, dei limiti della responsabilità dell'Internet provider per i contenuti illeciti da esso veicolati sul web.
  Evidenzia che la disciplina di riferimento in materia è contenuta nel decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, di attuazione della direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico. La responsabilità del provider – più che in relazione alla tipologia dei diversi operatori – risulta graduata sulla base dell'attività da questi concretamente esercitata.
  Rileva che, premesso che il provider risponde penalmente e civilmente – come chiunque – dei contenuti di cui sia esso stesso fornitore (content provider: si pensi soprattutto ai giornali online, ai motori di ricerca, alle Enciclopedie online), il d.lgs. 70/2003 stabilisce che il provider non è responsabile: per il semplice trasporto delle informazioni, cioè per la semplice fornitura dell'accesso a Internet o per la trasmissione in rete di informazioni caricate da altri; si tratta dell'access provider, l'operatore telefonico che fornisce la connessione alla rete o di chi trasmette solo le informazioni senza intervenire in alcun modo (articolo 14); per l'attività di memorizzazione temporanea di informazioni (cioè la memorizzazione, su una rete di comunicazione, di informazioni fornite da un destinatario di un servizio), di memorizzazione automatica (non richiede intervento di un operatore), intermedia (nella trasmissione, il provider agisce come mero intermediario) e temporanea di tali informazioni, effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta. L'esonero della responsabilità del provider (in tal caso, si parla di caching provider) opera a condizione che questi: non modifichi le informazioni, si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni, si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore, non interferisca con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego delle informazioni, agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione (articolo 15).
  Fa presente che il provider non è altresì responsabile per l'attività di memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio (hosting) cioè l'attività più diffusa ed eterogenea (hosting provider) consistente per lo più nell'offrire ospitalità a un sito internet – gestito da altri in piena autonomia – sui propri server; tale attività può comprendere la gestione tecnica dei siti degli utenti, con conservazione dei data-log, la tenuta degli archivi del cliente nei propri server, la fornitura di servizi di varia natura e durata, lo sviluppo di software ecc. Il provider non è responsabile a condizione che: non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione; non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso (articolo 16).
  Rammenta che in tutte e tre le tipologie di attività indicate, l'articolo 17 del decreto legislativo n. 70 del 2003 ha escluso Pag. 33espressamente: sia la sussistenza di un obbligo generale di sorveglianza del provider sulle informazioni veicolate o memorizzate sia un obbligo di ricerca attiva di fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
  Evidenzia che non risultano suffragate dalla giurisprudenza sia le interpretazioni che ravvisano una responsabilità oggettiva a carico del provider, sia il tentativo di applicare modelli di responsabilità soggettiva aggravata, come quelli dell'editore o del direttore responsabile. Il provider è, comunque, tenuto alla collaborazione con le autorità competenti. In particolare, deve: informare senza indugio l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio Internet; fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l'identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite.
  Rileva che l'articolo 17, comma 3, prevede espressamente la responsabilità civile del provider «nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l'autorità competente».
  Rammenta che il decreto legislativo n. 70 del 2003 prevede che l'autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza possano esigere, anche in via d'urgenza, che il provider impedisca o ponga fine alle violazioni commesse da terzi (artt. 14, 15 e 16). Si prevede, quindi, un doppio binario, giudiziale e amministrativo volto alla tutela inibitoria, che si concreta con l'oscuramento di siti, blog e pagine web. Sul versante giudiziario, la magistratura può emettere (ex articolo 321 c.p.p.) un decreto di sequestro preventivo dei siti web ospitati su server italiani che contengano contenuti illeciti, imponendo al provider interessato l'adozione dei necessari accorgimenti tecnici che impediscano l'accesso al sito o alla pagina web. Tale possibilità è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza. L'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), con un comunicato del 9 febbraio 2017, in occasione del Workshop organizzato alla Camera dei deputati per il Safer Internet Day, ha reso noto che si sta interessando al fenomeno delle fake news, con un proprio Osservatorio, coinvolgendo Facebook, Twitter, Google e tutti gli operatori di comunicazione e ha annunciato l'avvio di un tavolo tecnico per osservare gli effetti delle misure di autoregolamentazione. In occasione dello stesso Workshop, il Presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha annunciato che, contro il fenomeno delle bufale in rete, l'Antitrust sta lavorando sulla estensione del diritto di rettifica dalla stampa al web.
  Ciò premesso, nel soffermarsi sui contenuti della proposta di legge in discussione, segnala che l'articolo 1 sostituisce l'articolo 656 del codice penale, trasformando l'attuale contravvenzione (punita con arresto o ammenda) in un delitto (punito con la reclusione). Inoltre, rispetto alla normativa vigente, la proposta di legge: aggiunge, tra le modalità della condotta di diffusione o pubblicazione delle notizie, l'utilizzo della rete telefonica, di strumenti telematici o informatici; si tratta di una delle possibili modalità di diffusione («anche mediante l'utilizzo...») e non della sola modalità che caratterizza la condotta illecita; configura il reato non solo nel caso in cui le notizie possano turbare l'ordine pubblico, ma anche quando siano «atte» a turbare l'ordine pubblico ovvero ad arrecare un danno ingiusto alle persone; l'illecito viene dunque commesso sia nel caso di notizie atte a turbare l'ordine pubblico sia nel caso di notizie atte ad arrecare danno ingiusto alle persone; è integrata conseguentemente la rubrica dell'articolo 656 c.p.; punisce la condotta con la pena della reclusione da 3 Pag. 34mesi a 5 anni (come si è visto, oggi è prevista la pena dell'arresto fino a 3 mesi o l'ammenda fino a euro 309). L'entità della pena consente in astratto l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere (ex articolo 280 c.p.p.); prevede una fattispecie aggravata – pena aumentata fino a un terzo, ex articolo 64 c.p. – quando il fatto è commesso per fini di lucro, quando le notizie riguardano atti di violenza a sfondo razziale, sessuale, o «comunque» di natura discriminatoria.
  Rileva che l'articolo 2 disciplina la procedura per ottenere la rimozione delle notizie false, esagerate o tendenziose, prevedendo che: il Garante per la privacy, su segnalazione da parte di terzi o di propria iniziativa, individua una condotta inquadrabile come delitto ai sensi dell'articolo 656 c.p. Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 331 c.p.p., i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di un reato perseguibile d'ufficio, devono farne denuncia, senza ritardo, al PM o alla polizia giudiziaria, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito; il Garante per la privacy invia al gestore del sito internet, del social media, del servizio di messaggistica istantanea o di qualsiasi rete di comunicazione e trasmissione telematica (che siano stati utilizzati per la pubblicazione o diffusione della notizia falsa) una richiesta di rimozione delle notizie false, esagerate o tendenziose (comma 1).
  Ricorda che una definizione del «gestore del sito internet» è stata fornita dalla recente legge 29 maggio 2017, n. 71 (Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo) che lo qualifica – ai fini di tale legge – come «il prestatore di servizi della società dell'informazione, diverso da quelli di cui agli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, che, sulla rete internet, cura la gestione dei contenuti di un sito in cui si possono riscontrare le condotte» di cyberbullismo.
  Evidenzia, inoltre, che se il soggetto che riceve la richiesta del Garante non provvede entro 24 ore, alla rimozione provvede direttamente il Garante ai sensi degli articoli 143 e 144 del Codice della privacy (Decreto Legislativo n. 196 del 2003), che informa della rimozione l'autorità giudiziaria (comma 2).
  In proposito ricorda che il Codice per la protezione dei dati personali prevede all'articolo 154, tra i compiti del Garante, anche quelli di: «esaminare i reclami e le segnalazioni e provvedere sui ricorsi presentati dagli interessati o dalle associazioni che li rappresentano» e di «vietare anche d'ufficio, in tutto o in parte, il trattamento illecito o non corretto dei dati o disporne il blocco ai sensi dell'articolo 143, e di adottare gli altri provvedimenti previsti dalla disciplina applicabile al trattamento dei dati personali».

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al codice di procedura civile e al codice di procedura penale in materia di assenza del difensore nonché di legittimo impedimento del difensore d'ufficio o in regime di patrocinio a spese dello Stato nel periodo di maternità.
C. 4000 Di Lello e C. 4058 Rossomando.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dei provvedimenti in titolo.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione della relatrice, onorevole Rossomando, impossibilitata a partecipare alla seduta odierna, fa presente che a Commissione è chiamata ad esaminare le abbinate proposte di legge Di Lello C. 4000 e Rossomando C. 4058 che intervengono sulla disciplina del legittimo impedimento dell'avvocato, in particolare dettando specifiche disposizioni volte alla tutela della maternità delle donne che esercitano la professione forense.Pag. 35
  In proposito, segnala che l'ordinamento stabilisce, in relazione alle sole lavoratrici dipendenti il divieto di essere adibite al lavoro nel periodo di maternità compreso tra i due mesi prima della data presunta del parto e tre mesi dopo il parto (articolo 16 del decreto legislativo n. 151 del 2001, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità). Nel citato periodo, le lavoratrici hanno diritto al cd. congedo di maternità e ad una indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione. Lo stesso Testo unico (articolo 20) prevede la flessibilità del congedo, potendo le lavoratrici dipendenti optare per un periodo diverso di assenza dal lavoro ovvero 1 mese prima della data presunta del parto e 4 mesi dopo il parto (a condizione che vi sia adeguata certificazione medica che attesti che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro). La legge, invece, non prevede analoga disposizione con riguardo all'attività di lavoro per le donne professioniste e lavoratrici autonome. In particolare, mentre alle donne avvocato è riconosciuto il diritto all'indennità di maternità (articolo 70 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001) erogata dalla cassa Forense, il loro stato di gravidanza avanzato non è riconosciuto come legittimo impedimento a comparire in udienza.
  Rileva che, perdurando l'assenza di una normativa generale in materia, numerosi sono stati i protocolli che gli uffici giudiziari sul territorio hanno stipulato con gli ordini degli avvocati per riconoscere la gravidanza avanzata delle professioniste come legittimo impedimento a comparire alle udienze civili e penali. Non esiste tuttavia un protocollo unico valido su tutto il territorio nazionale e la sua vincolatività potrebbe, in ogni caso, non essere uniformemente garantita come può fare una disposizione di legge.
  Fa presente che la disciplina dell'impedimento dell'avvocato, pur qualificando l'impedimento come «legittimo», cioè conforme alla legge, non individua concretamente le cause idonee ad integrarlo. Una lunga elaborazione della giurisprudenza è intervenuta a colmare il vuoto legislativo, ricercando nei parametri costituzionali le linee guida a cui ispirarsi e individuando tra le principali cause giustificatrici della legittima impossibilità di comparire, un precedente e concomitante impegno professionale ovvero ostacoli di carattere fisico o sanitario o eventi imprevisti. La giurisprudenza, sul punto che qui interessa, ha più volte ribadito la posizione secondo cui, per la donna che eserciti la professione forense, «il solo stato di avanzata gravidanza non può di per sè costituire, anche per nozione di comune esperienza, causa di legittimo impedimento in mancanza di specifiche attestazioni sanitarie ... indicative del pericolo derivante dall'espletamento delle attività ordinarie e/o professionali».
  Nel passare ad una sintetica illustrazione del contenuto delle due proposte di legge, evidenzia che la proposta A.C. 4000 (Di Lello e altri) consta di 4 articoli e interviene su entrambi i codici di rito, riconoscendo in particolare una specifica ipotesi di legittimo impedimento della donna avvocato impegnata nella difesa d'ufficio o prestata in regime di gratuito patrocinio. L'articolo 1 modifica la disciplina del processo penale aggiungendo, dopo il comma 3, cinque nuovi commi all'articolo 420 del codice di procedura penale. Tale disposizione, relativa alla costituzione delle parti all'udienza preliminare in camera di consiglio, prevede in tale sede la partecipazione necessaria sia dell'imputato che del difensore. In particolare: il comma 3-bis dell'articolo 420 prevede, anzitutto, l'applicazione della citata disciplina del comma 3 anche quando l'assenza dell'avvocato all'udienza preliminare per la costituzione delle parti sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento (da comunicare in cancelleria, senza indugio, anche a mezzo di posta elettronica certificata); il secondo periodo del comma 3-bis precisa che il legittimo impedimento non comporta la nomina di un difensore d'ufficio quando l'imputato è assistito da un altro avvocato iscritto all'albo del circondario del tribunale procedente o quando Pag. 36sia lo stesso imputato a chiedere di procedere in assenza del difensore impedito; il comma 3-ter – in caso di difesa d'ufficio o gratuito patrocinio – introduce come causa di legittimo impedimento a partecipare all'udienza camerale per la costituzione delle parti la circostanza che il difensore si trovi nel periodo di maternità compreso tra i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi al parto; in tal caso, il giudice procede al rinvio dell'udienza, la cui data deve tenere conto della scadenza naturale del legittimo impedimento, cioè il terzo mese dopo il parto. Il comma 3-quater prevede, anche in tal caso, che il legittimo impedimento non giustifica il rinvio dell'udienza quando l'imputato è assistito da un altro avvocato iscritto all'albo del circondario del tribunale procedente o quando sia lo stesso imputato a chiedere di procedere in assenza del difensore; il comma 3-quinquies precisa che, durante il periodo di legittimo impedimento per maternità del difensore, sono sospesi sia il corso della prescrizione del reato sia i termini di custodia cautelare dell'imputato, in deroga, rispettivamente, a quanto previsto dagli articoli 159, primo comma, n. 3 del codice penale e 303 del codice di procedura penale. La citata disposizione dell'articolo 159 prevede che, ove il processo sia sospeso per impedimento del difensore, l'udienza non può essere differita oltre 60 giorni dopo la prevedibile cessazione dell'impedimento dovendosi, in caso contrario, avere riguardo al tempo dell'impedimento aumentato di 60 giorni; l'articolo 303 stabilisce diversi termini di durata massima della custodia cautelare in relazione alla diverse fasi in cui può trovarsi il processo penale (c.d. termini di fase). Il comma 3-sexies mira a consentire all'imputato in custodia cautelare piena libertà di scelta nell'acconsentire o meno alla sospensione dei termini di fase (che comporterebbe un allungamento del periodo di detenzione); in tali casi, il difensore – prima di chiedere il rinvio – deve informare l'imputato delle conseguenze che l'accoglimento del legittimo impedimento produrrebbe sulla sospensione del termine di durata della misura cautelare (termine dipendente dalla fase in cui si trova il procedimento penale); solo, dopo aver avuto l'assenso dell'imputato, l'impedimento del difensore può, quindi, essere considerato legittimo.
  Fa presente che l'articolo 2 della proposta di legge C. 4000 introduce nel processo civile una disciplina analoga a quella introdotta dall'articolo 1 nel processo penale. In particolare, tale articolo introduce nel codice di rito civile (nel Libro I, titolo III, capo II, tra le disposizioni relative ai difensori) una disciplina generale del legittimo impedimento del difensore. Il nuovo articolo 84-bis del codice di procedura civile stabilisce (primo comma) che il giudice, richiesto dal difensore che attesti il legittimo impedimento, rinvia anche d'ufficio con ordinanza ad altra udienza. Anche qui non sussiste il legittimo impedimento ove sia stato nominato un secondo difensore iscritto nell'albo degli avvocati del circondario del tribunale procedente (manca, come nel processo penale, il riferimento alla richiesta della parte a procedere in assenza del difensore, stante la diversità degli interessi in gioco). Il secondo comma dell'articolo 84-bis, analogamente a quanto previsto dal comma 3-ter dell'articolo 420 del codice di procedura penale (introdotto dall'articolo 1 della proposta di legge), stabilisce che il difensore che presti l'ufficio in regime di gratuito patrocinio è legittimamente impedito a partecipare all'udienza che cada nel periodo di maternità compreso tra i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi al parto. L'impedimento va comunicato in cancelleria tempestivamente («senza indugio») anche a mezzo PEC con allegata la certificazione sanitaria.
  Rammenta che l'articolo 3 della proposta in esame integra con due nuovi commi il contenuto del citato articolo 115 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, relativo al rinvio, da parte del collegio, dell'udienza di discussione della causa per grave impedimento del difensore. Sono introdotti un terzo e un quarto comma che appaiono avere natura di coordinamento con l'articolo Pag. 3784-bis e che prevedono: l'ordinanza del collegio, di rinvio dell'udienza di discussione della causa, per richiesta di legittimo impedimento attestato dal difensore; si procede, invece, con l'udienza se risulti nominato un secondo difensore iscritto nell'albo degli avvocati del circondario del tribunale presso cui il giudizio è pendente; che costituisce legittimo impedimento a partecipare all'udienza di discussione della causa la donna avvocato che presti l'ufficio in regime di gratuito patrocinio quando si trovi nel periodo di maternità compreso tra i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi al parto.
  Osserva, in fine, che l'articolo 4 della proposta di legge disciplina l'entrata in vigore del provvedimento, che deve avere luogo il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale.
  Con riferimento all'articolo unico della proposta di legge Rossomando C. 4058, evidenzia che la stessa interviene sulla sola disciplina del legittimo impedimento nel processo penale. Viene a tal fine integrato con quattro nuovi commi, dopo il comma 5, l'articolo 420-ter del codice di procedura penale. In particolare: il comma 5-bis precisa che costituisce legittimo impedimento alla partecipazione all'udienza il periodo di maternità per i due mesi antecedenti al parto e i tre mesi successivi al parto. Anche in tal caso è necessario che lo stato di gravidanza della professionista sia avallato da documentazione medica, da depositare (o inviare tramite PEC) in cancelleria entro tre giorni dalla richiesta di legittimo impedimento. Il conseguente rinvio ad altra udienza da parte del giudice deve tener conto della scadenza naturale dell'impedimento, ma la data di rinvio non può comunque andare oltre i 30 giorni dalla cessazione dell'impedimento stesso; i commi 5-ter e 5-quater coordinano la citata disciplina del legittimo impedimento (che comporta la sospensione della prescrizione e dei termini cautelari) con riferimento ai procedimenti penali con imputati in custodia cautelare; sono introdotte, a tal fine, disposizioni identiche a quelle di cui ai commi 3-quinquies e 3-sexies dell'articolo 420 del codice di procedura penale, con particolare riferimento agli obblighi informativi nei confronti del detenuto e alla necessità che il legittimo impedimento sia validato solo in caso di suo consenso; il comma 5-sexies, infine, conferma che quanto previsto dai commi 5-bis e 5-ter (la nuova ipotesi di legittimo impedimento e le relative conseguenze sulla sospensione della prescrizione e dei termini di custodia cautelare) non si applica: se l'imputato risulta assistito da altro difensore non impedito che sia iscritto all'albo degli avvocati del circondario di tribunale procedente; se l'imputato chiede che si proceda al giudizio anche in assenza del difensore impedito.

  Marco DI LELLO (PD), rileva dall'esame delle proposte di legge in titolo sarà possibile sicuramente elaborare un testo unico che potrà costituire un'utile base di partenza per avviare nuovamente l'esame della materia oggetto delle stesse all'inizio della prossima legislatura.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche all'articolo 5 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile.
C. 4605 Ferranti.

(Esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente e relatrice, rammenta che è appena scaduto il termine per la presentazione di emendamenti alla proposta di legge in titolo e fa presente che sono pervenute alcune proposte emendative (vedi allegato 2), che saranno esaminate nel corso della seduta del 13 dicembre prossimo. Nel ringraziare i soggetti auditi nel corso dell'indagine conoscitiva e i professori che hanno voluto Pag. 38inviare proposte emendative su un testo che ha avuto ampia condivisione, rileva l'opportunità, ove concordino i gruppi parlamentari, che la proposta di legge in titolo, conclusa la sede referente, sia esaminata dalla Commissione in sede legislativa. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Sui lavori della Commissione.

  Donatella FERRANTI, presidente, rammenta che nel corso della prossima settimana la Commissione sarà convocata mercoledì 13 dicembre per esaminare, congiuntamente con la XIII Commissione lo schema di decreto legislativo recante disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica e, congiuntamente alla III Commissione, il disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione internazionale degli adulti, fatta all'Aja il 13 gennaio 2000, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno. Rammenta, altresì, che la Commissione, nella medesima giornata, procederà ad esaminare le proposte emendative riferite alla proposta di legge C. 4605 in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile, nonché quelle riferite alla proposta di legge C. 4073, in materia di rateizzazione del debito per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura.
  Fa presente, altresì, che nella medesima settimana si svolgeranno audizioni nell'ambito delle indagini conoscitive in merito all'esame delle proposte di legge Ferraresi C. 3592 ed abbinate, recanti Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale, e altre disposizioni in materia di tutela degli animali; della proposta di legge Maestri C. 3996 in materia di spostamento di comuni dalla circoscrizione di tribunale di Napoli Nord a quella di Napoli e della proposta di legge Ferranti C. 4512, recante modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di equilibrio tra i sessi nella rappresentanza dei magistrati presso il Consiglio superiore della magistratura.
  Fa presente, in fine, che, qualora non fosse possibile svolgere tutte le audizioni relative alle citate indagini conoscitive, sarà possibile prevederne lo svolgimento anche nella settimana dal 18 al 21 dicembre prossimo.

  La seduta termina alle 10.05.

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