CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 ottobre 2017
900.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 28

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 26 ottobre 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.20.

Indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 4605 Ferranti, recante modifiche all'articolo 5 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento del matrimonio o dell'unione civile.
Audizione di Enrico Quadri, professore di istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II», di Arnaldo Morace Pinelli, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata», di Gianfranco Dosi, direttore della rivista «Lessico di diritto di famiglia», di rappresentanti del Consiglio nazionale forense (CNF) e di rappresentanti dell'Organismo congressuale forense (OCF).

(Svolgimento e conclusione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Ne dispone, pertanto, l'attivazione. Introduce, quindi, l'audizione.
  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione Enrico QUADRI, professore di istituzioni di diritto privato presso l'Università degli studi di Napoli «Federico II», Arnaldo MORACE PINELLI, professore di diritto privato presso l'Università degli studi di Roma «Tor Vergata», Gianfranco DOSI, direttore della rivista «Lessico di diritto di famiglia», Anna LOSURDO, consigliere nazionali del Consiglio Pag. 29nazionale forense (CNF) e di Luigi SINI, componente dell'Organismo congressuale forense (OCF).

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 26 ottobre 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 15.30.

Modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, concernenti l'obbligazione solidale per il pagamento delle quote a carico del subentrante nei diritti del condomino e il conferimento di delega all'amministratore di condominio.
C. 4560 Zan.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione del relatore, onorevole Zan, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare la proposta di legge C. 4560, recante modifiche alle disposizioni per l'attuazione del codice civile in materia di condominio.
  Rammenta che tale proposta è diretta a modificare l'articolo 63 e ad abrogare l'articolo 67, quinto comma, delle disposizioni di attuazione del codice civile (regio decreto n. 318 del 1942), intervenendo su due tematiche in materia di diritto del condominio (oggetto di riforma ad opera della legge n. 220 del 2012): la responsabilità solidale per la morosità nel pagamento delle quote condominiali; la possibilità del condomino di delegare l'amministratore per le assemblee.
  In relazione al primo dei profili indicati, rammenta che l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile prevede (primo comma) che l'amministratore del condominio, per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione della spesa approvato dall'assemblea condominiale, e senza bisogno di autorizzazione dell'assemblea stessa, può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I contributi ai quali si riferisce il primo comma sono le quote gravanti sui singoli condomini delle spese condominiali in genere, contemplate nell'articolo 1123 del codice civile (Cassazione, sent. n. 8676/2001), cioè quelle necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell'edificio e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Ricordo che, in base all'articolo 1129 del codice civile, l'azione per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati (entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso) costituisce uno specifico obbligo dell'amministratore e l'avere omesso di curare diligentemente l'azione di riscossione e la conseguente esecuzione coattiva costituisce grave irregolarità e, in quanto tale, motivo di revoca dall'incarico.
  Rileva che il cospicuo incremento delle azioni esecutive verso i condòmini inadempienti ha comportato – come rileva la relazione illustrativa della proposta di legge – «costi annuali legali e lunghi tempi di evasione» con per di più «la certezza che le possibilità di recupero del credito condominiale sono nulle essendo chirografaro». Come noto, quest'ultima è una categoria di crediti il cui soddisfacimento risulta penalizzato rispetto ai crediti assistiti da privilegio e garanzie reali, che godono di prelazione. Ne deriva che, in Pag. 30caso di inadempienza al decreto ingiuntivo eventualmente ottenuto dal giudice, l'azione esecutiva da parte del condominio (con la notifica del precetto e il successivo pignoramento) non porta quasi mai al recupero delle somme dovute per morosità.
  In relazione ai creditori del condominio (si pensi ai crediti inevasi di imprese che hanno effettuato lavori di ristrutturazione dell'immobile condominiale), rammenta che l'articolo 63, secondo comma, prevede che questi possono agire nei confronti dei singoli condòmini in regola con i pagamenti solo in caso di escussione negativa nei confronti dei condòmini morosi.
  Precisa che tale responsabilità solidale dei condòmini (introdotta con la citata riforma del 2012) è una responsabilità c.d. parziaria, facente capo a questi ultimi solo nei limiti della quota millesimale di comproprietà; non sarà possibile, quindi, al creditore rifarsi su un singolo condòmino per l'intero importo dovuto.
  Sul punto, segnala la sentenza n. 9148/2008 delle Sezioni Unite della Cassazione, – oggetto di recente conferma (Cassazione, sez. II. sent. n. 199/2017) – secondo cui «conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condòmini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno»). La principale possibilità di recuperare le quote non pagate (o almeno parte di esse) risulta essere per il condominio la vendita della casa da parte del condomino moroso; in tale ipotesi, il quarto comma del citato articolo 63 delle disposizioni di attuazione sancisce la responsabilità solidale tra il condomino inadempiente e il nuovo proprietario. Il citato quarto comma stabilisce, in particolare, che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e a quello precedente (sono esclusi i «riporti» degli esercizi precedenti, il cui pagamento può essere richiesto esclusivamente al precedente proprietario dell'immobile). Integra tale previsione il contenuto del quinto comma dell'articolo 63, che precisa che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto. Il compratore, per tutelarsi, dovrebbe chiedere al venditore di farsi rilasciare dall'amministratore di condominio una certificazione con cui si attesti che, alla data della vendita della casa, sono state integralmente pagate le spese condominiali maturate fino a quel momento.
  Segnala che il riferimento del quinto comma ai «contributi» riguarda sia le «spese ordinarie» del condominio, di solito derivanti dalla gestione ordinaria, ossia al contributo periodico che bisogna versare per contribuire alle spese di amministrazione e tenuta delle cose comuni (pulizia scale, luce, ascensore, giardino, ecc.) sia le spese straordinarie per lavori di manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni deliberate prima della vendita.
  Fa presente che il codice civile stabilisce quindi che: per le spese relative all'anno in cui è avvenuto il passaggio di proprietà e per quelle dell'anno precedente, l'amministratore può chiedere l'integrale versamento della somma ancora dovuta sia al venditore che all'acquirente (tenuti, in virtù della responsabilità in solido); se intimato a pagare è l'acquirente, questi potrà rivalersi sul venditore chiedendo il rimborso di quanto ha dovuto versare; per le spese relative agli anni pregressi resta responsabile solo il venditore; per le spese successive alla vendita è obbligato solo l'acquirente.
  Rileva che può tuttavia darsi il caso che le citate spese straordinarie deliberate dal condominio prima della vendita abbiano esecuzione (e relativo onere economico) successivamente al rogito. Per tali ipotesi, non infrequente nella pratica, nulla prevede la legge sulla ripartizione delle spese. Secondo la giurisprudenza (Cassazione, II sez., sentenza n. 24654 del 2010), in mancanza di diverso accordo tra venditore e compratore su tale ripartizione, deve sopportarne i costi il proprietario dell'immobile Pag. 31al momento della delibera assembleare che abbia disposto l'esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate prima della stipula del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente; l'acquirente ha diritto di rivalersi sul venditore di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all'articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Al contrario, secondo la Cassazione, per le spese condominiali ordinarie di manutenzione, la nascita dell'obbligazione coincide con l'effettiva esecuzione dei lavori; non avendo valore costitutivo dell'obbligazione la delibera assembleare di approvazione del preventivo annuale comprensivo dei lavori (pur se avvenuta prima della compravendita), sarà il compratore a dover sopportare le spese.
  Rammenta che la relazione illustrativa della proposta di legge ricorda come la crisi economica degli ultimi anni abbia notevolmente aumentato la morosità condominiale.
  Nel passare all'esame del contenuto della proposta di legge, segnala che l'articolo 1 – per finalità di trasparenza dei rapporti economici tra venditore e acquirente nonché per facilitare il recupero delle morosità insolute, evitando dispendiose e spesso inutili procedure esecutive – detta una nuova formulazione del quarto comma dell'articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile che, confermando l'obbligo di chi subentra nei diritti del condòmino al pagamento in solido delle quote già maturate: fa retroagire tale onere fino ai 5 anni precedenti la data di trascrizione dell'atto di acquisto dell'immobile sui registri immobiliari; il termine corrisponde a quello di prescrizione per i crediti ai sensi dell'articolo 2948, n. 4, c.c. (spese fisse periodiche); precisa che l'attestazione dello stato dei pagamenti delle quote condominiali e delle eventuali liti in corso (che l'amministratore, ex articolo 1130, n. 9, c.c. deve, a richiesta, fornire al condòmino) debba essere allegata all'atto di trasferimento della proprietà dell'immobile. La quantificazione delle spese condominiali insolute, infatti, incide anche sulla determinazione del valore di mercato dell'immobile (articolo 568, comma 2, c.p.c.).
  Fa presente che l'articolo 2 della proposta in esame interviene in materia di delega all'amministratore della rappresentanza in assemblea condominiale. La possibilità per ogni condomino di delegare per iscritto un rappresentante per partecipare all'assemblea è prevista, entro determinati limiti, dallo stesso articolo 67, primo comma, delle disposizioni di attuazione al c.c.: se i condòmini sono più di 20, il delegato non può, infatti, rappresentare più di un quinto del totale dei condomini e del valore proporzionale (cioè del totale dei millesimi). Tale disciplina – dopo la riforma del 2012 – non è, però, applicabile all'amministratore; il quinto comma dell'articolo 67 vieta che l'amministratore possa essere delegato a rappresentare il condòmino in qualunque assemblea. La previsione del quinto comma dell'articolo 67 ha, chiaramente, inteso evitare potenziali conflitti d'interesse non consentendo, ad esempio, all'amministratore di votare a proprio favore nelle questioni che lo riguardano più direttamente (approvazione del bilancio, conferma o revoca dall'incarico, ecc.). L'eventuale conflittualità in cui si può trovare l'amministratore è pertanto risolta dalla riforma in termini assoluti mediante il divieto di delega. Nonostante la legge non indichi espressamente le conseguenze della violazione di tale divieto (nullità o annullabilità della delibera, nullità della riunione assembleare), è indubbio che, ai sensi dell'articolo 1137 c.c., la relativa delibera dell'assemblea può essere impugnata da ogni condòmino chiedendone l'annullamento all'autorità giudiziaria. L'articolo 2 della proposta di legge ripristina la disciplina ante riforma del 2012, disponendo l'abrogazione del quinto comma dell'articolo 67 delle disposizione di attuazione e così consentendo al condòmino, pur nei limiti numerici indicati Pag. 32dal primo comma dell'articolo 67, di delegare l'amministratore a partecipare alle assemblee condominiali.
  Rammenta che, secondo la relazione illustrativa della proposta di legge, l'impossibilità di delegare l'amministratore «non trova fondamento in alcun principio di diritto né in ragioni di opportunità». A sostegno della validità della proposta di abrogazione sono sottolineate le difficoltà che tale previsione comporta, in particolare, nei supercondomini (articolo 1117-bis del codice civile) e nelle case vacanza site in località turistiche – cui la legge n. 220 del 2012 ha esteso l'ordinaria disciplina civilistica del condominio – dove maggiori sono le difficoltà di raggiungere il numero legale per la validità dell'assemblea. Faccio presente che rileva la relazione alla proposta di legge che, in tali casi, i condòmini «abitano lontano dal fabbricato e hanno quindi difficoltà e disagi oggettivi a partecipare alle assemblee e, contemporaneamente, conoscono solo l'amministratore, non sussistendo i consueti rapporti di vicinato con gli altri condòmini, come invece può accadere negli immobili siti in città».
  Ricorda, peraltro, che nei supercondomini, ai sensi dell'articolo 1117-bis del codice civile, quando i partecipanti sono complessivamente più di 60, ciascun condominio deve designare il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Sembrerebbe che il problema sollevato riguardi solo i supercondomini con meno di 60 appartamenti.
   Segnala che il divieto previsto dal quinto comma dell'articolo. 67 sembrerebbe, inoltre, estraneo alla logica del mandato, cui l'amministrazione del condominio è assimilato in virtù dell'espresso rinvio di cui all'articolo 1129, quindicesimo comma, del codice civile. Anche assemblee di particolare rilievo in cui il condòmino abbia delegato l'amministratore a rappresentarlo (come quelle citate, in cui all'ordine del giorno ci sia l'approvazione del bilancio o la conferma o la revoca dell'amministratore stesso) non sembrerebbero comportare – sempre secondo la citata relazione – situazioni di incompatibilità per conflitto di interessi dato che lo stesso conferimento della rappresentanza all'amministratore costituirebbe implicitamente voto favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.35.