CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 agosto 2017
866.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
Pag. 95

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 2 agosto 2017.

Audizione di Federico Giammusso, presidente, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge n. 163 del 2016, del Comitato per gli indicatori BES, nell'ambito dell'esame dello Schema di decreto ministeriale recante individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile. Atto n. 428.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.45 alle 15.25.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 2 agosto 2017. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA. — Intervengono il Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paola Baretta.

  La seduta comincia alle 15.25.

Schema di decreto ministeriale recante individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile.
Atto n. 428.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione Pag. 96– Parere favorevole con condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, e osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto ministeriale in oggetto, rinviato nella seduta del 18 luglio 2017.

  Francesco BOCCIA, presidente e relatore, rammenta che nella precedente seduta il rappresentante del Governo si era riservato di intervenire nel prosieguo dell'esame del provvedimento e che sullo stesso, come convenuto in sede di ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha quindi successivamente avuto luogo uno specifico ciclo di audizioni. Anche alla luce delle indicazioni emerse nel corso della predetta attività conoscitiva, ritiene pertanto di poter formulare la seguente proposta di parere:
   «La V Commissione bilancio, tesoro e programmazione,
   esaminato lo Schema di decreto ministeriale recante individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile (atto n. 428),
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 10-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, come modificata dalla legge 4 agosto 2016, n. 163, ha previsto che – in apposito allegato al Documento di economia e finanza predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT – siano riportati l'andamento nell'ultimo triennio degli indicatori di benessere equo e sostenibile, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma;
    il successivo comma 10-ter del medesimo articolo 10 ha stabilito che – con apposita relazione predisposta dal Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, da presentare alle Camere entro il 15 febbraio di ciascun anno – sia evidenziata l'evoluzione dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso;
    a tal fine, l'articolo 14, comma 1, della menzionata legge n. 163 del 2016 ha previsto l'istituzione presso l'ISTAT – da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze – del Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, cui è affidato il compito di selezionare e definire, sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale e internazionale, i predetti indicatori;
    in attuazione del citato articolo 14, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 novembre 2016 è stato quindi istituito il suddetto Comitato, insediatosi in data 28 novembre 2016;
    all'esito dell'attività svolta, il Comitato ha elaborato una Relazione finale in data 20 giugno 2017, nella quale è stato evidenziato, con riguardo alle esperienze nazionali e internazionali, che in Italia l'ISTAT e il CNEL hanno congiuntamente avviato nel 2010 il progetto sul Benessere equo e sostenibile (BES), che a seguito di un ampio processo di consultazione pubblica – che ha coinvolto rappresentanze sociali, esperti e rappresentanti del mondo accademico – ha condotto alla definizione di un insieme di 130 indicatori organizzato in 12 domini;
    come emerge dalla medesima Relazione, l'insieme di questi indicatori presenta alcune importanti caratteristiche – quali l'organicità dell'impianto concettuale, la robustezza teorica degli stessi, la garanzia della qualità della misurazione statistica, la selezione fondata su un processo partecipativo esteso, la capacità di cogliere le specificità del caso italiano – che hanno indotto il Comitato a ritenere il predetto insieme di indicatori un valido punto di partenza ai fini della individuazione degli indicatori di benessere equo e Pag. 97sostenibile di cui all'articolo 10, comma 10-bis, della citata legge n. 196 del 2009;
    per svolgere tale processo di selezione, il Comitato ha fissato alcuni criteri generali, non gerarchici, tra cui la sensibilità alle politiche pubbliche, la parsimonia, la fattibilità e tempestività, l'estensione e frequenza delle serie temporali;
    il Comitato, dopo un'attenta disamina, sulla base dei criteri indicati ha individuato 12 indicatori, tra i 130 compresi nel Rapporto BES 2016 elaborato dall'ISTAT – uno dei quali è stato ottenuto aggregando tre indicatori del BES –, ossia il reddito medio disponibile aggiustato pro capite, l'indice di diseguaglianza del reddito disponibile, l'indice di povertà assoluta, la speranza di vita in buona salute alla nascita, l'eccesso di peso, l'uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, il tasso di mancata partecipazione al lavoro, il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli, l'indice di criminalità predatoria, l'indice di efficienza della giustizia civile, le emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti, l'indice di abusivismo edilizio;
    come emerge dalla predetta Relazione, il paniere finale di indicatori è articolato in modo da cogliere, da un lato, una misurazione del benessere attuale, della sua distribuzione e del suo grado di sostenibilità nel tempo, dall'altro, una rappresentazione in cui rientrino tanto dimensioni monetarie del benessere più prossime alla condizione di vita delle famiglie di quanto sia il PIL, quanto dimensioni non monetarie del benessere;
    il Comitato ha elaborato, a conclusione della Relazione, talune raccomandazioni, tra cui quella di prevedere una revisione periodica, a cadenza pluriennale, dell'insieme degli indicatori selezionati, affinché la sua composizione resti sempre la più adeguata a tenere conto dell'evoluzione economica e sociale del Paese e possa incorporare gli eventuali sviluppi in campo statistico e metodologico;
    in questo quadro, il Comitato ha altresì espresso l'auspicio che il Governo arricchisca il monitoraggio dell'evoluzione del benessere nel triennio passato con l'uso di ulteriori indicatori, a fianco di quelli previsti dalla legge;
    ritenuto che:
    in riferimento alla revisione a cadenza pluriennale degli indicatori di benessere equo e sostenibile non siano ravvisabili ostacoli dal punto di vista legislativo, posto che la ratio stessa della norma istitutiva del Comitato per gli indicatori BES è nel senso di definire tali indicatori sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale e internazionale, il che implica di per sé che possa esservi una revisione periodica degli stessi proprio alla luce dell'esperienza nel frattempo maturata, fermo restando che tale revisione dovrebbe aver luogo con la medesima procedura prevista per l'introduzione degli indicatori, ossia con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previo parere delle Commissioni parlamentari competenti;
    in questo quadro, si potrebbe prevedere, in sede di revisione periodica degli indicatori, la trasformazione dell'indice di abusivismo edilizio in un indice di più ampia portata – al momento non ancora realizzabile – ossia l'indice di consumo del suolo;
    occorre tener conto, nella fase di applicazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile, dell'avvio della sperimentazione per l'adozione di un bilancio di genere, di cui all'articolo 38-septies della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine di una coerente valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sugli uomini e sulle donne;
    in considerazione del rilievo che per il nostro Paese rivestono il paesaggio e il patrimonio culturale, si potrebbe altresì valutare la possibilità di inserire nell'ambito degli indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati ai sensi del presente schema di decreto anche un indicatore Pag. 98concernente il paesaggio e il patrimonio culturale, peraltro già incluso in uno dei 12 domini individuati nel citato Rapporto BES 2016;
    risulta necessario sopprimere la clausola di neutralità finanziaria di cui all'articolo 2 dello schema di decreto in oggetto, giacché essa risulta già contenuta nella norma istitutiva del Comitato, ed in particolare all'articolo 14, commi 3 e 4, della legge n. 163 del 2016;
    valutato positivamente l'auspicio espresso dal Comitato affinché il Governo arricchisca il monitoraggio dell'evoluzione del benessere nel triennio passato con l'uso di ulteriori indicatori, a fianco di quelli previsti dalla legge,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE
  con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   Sopprimere l'articolo 2.
  e con le seguente osservazioni:
   1) si valuti la possibilità di trasformare, in sede di revisione periodica degli indicatori, l'indice di abusivismo edilizio in un indice di più ampia portata, ossia l'indice di consumo del suolo;
   2) si tenga conto, in sede di applicazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile, dell'avvio della sperimentazione per l'adozione di un bilancio di genere, di cui all'articolo 38-septies della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine di una coerente valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sugli uomini e sulle donne;
   3) si valuti la possibilità di inserire nell'ambito degli indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati ai sensi del presente schema di decreto anche un indicatore concernente il paesaggio e il patrimonio culturale.».

  Il Viceministro Enrico MORANDO esprime parere favorevole sulla proposta di parere testé formulata dal relatore, anche in riferimento alla puntuale condizione apposta ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione ed alle specifiche osservazioni in essa contenute. Osserva tuttavia che sarebbe a suo giudizio opportuno prevedere, ove possibile, anche un'articolazione per aree territoriali degli indicatori di benessere equo e sostenibile, ciò perlomeno in relazione a taluni dei predetti indicatori. Intende al riguardo fare particolare riferimento all'indice di efficienza della giustizia civile, posto che i risultati conseguiti dai singoli uffici giudiziari nello svolgimento dei compiti ad essi assegnati e nella trattazione delle pratiche di propria competenza, pur a fronte di dotazioni di personale a volte sostanzialmente equivalenti, si presentano assai differenziati su base territoriale, con la inevitabile conseguenza che l'individuazione di un valore medio elaborato su scala nazionale non potrebbe rendere pienamente ragione delle specifiche realtà territoriali.

  Giulio MARCON (SI-SEL-POS) si associa alle considerazioni da ultimo svolte dal Viceministro Morando, convenendo circa l'opportunità, ove possibile, di prevedere un'articolazione per aree territoriali degli indicatori di benessere equo e sostenibile.

  Maino MARCHI (PD) condivide anch'egli l'opportunità di prevedere un'articolazione per aree territoriali degli indicatori di benessere equo e sostenibile, ritenendo in proposito auspicabile porre particolare attenzione alle aree situate nel Mezzogiorno, che più di altre potrebbero beneficiare, in termini di elaborazione di politiche pubbliche efficaci, di una corretta interpretazione ed applicazione degli indicatori di benessere. Intende infine lasciare a verbale l'opportunità di garantire per il futuro una composizione del Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile effettivamente rispettosa del principio dell'equilibrio di genere, come peraltro già evidenziato dalla collega Cenni nel corso delle audizioni, posto che in questa prima Pag. 99fase attuativa il predetto Comitato risulta formato da personalità esclusivamente di genere maschile.

  Francesco BOCCIA, presidente e relatore, preso atto dell'orientamento diffusamente emerso nel corso del presente dibattito circa l'opportunità di prevedere, ove possibile, un'articolazione per aree territoriali degli indicatori di benessere equo e sostenibile, con particolare riguardo al Mezzogiorno, presenta una nuova formulazione della proposta di parere:
   «La V Commissione bilancio, tesoro e programmazione,
   esaminato lo Schema di decreto ministeriale recante individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile (atto n. 428),
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 10-bis, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, come modificata dalla legge 4 agosto 2016, n. 163, ha previsto che – in apposito allegato al Documento di economia e finanza predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT – siano riportati l'andamento nell'ultimo triennio degli indicatori di benessere equo e sostenibile, nonché le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma;
    il successivo comma 10-ter del medesimo articolo 10 ha stabilito che – con apposita relazione predisposta dal Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, da presentare alle Camere entro il 15 febbraio di ciascun anno – sia evidenziata l'evoluzione dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile, sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso;
    a tal fine, l'articolo 14, comma 1, della menzionata legge n. 163 del 2016 ha previsto l'istituzione presso l'ISTAT – da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze – del Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, cui è affidato il compito di selezionare e definire, sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale e internazionale, i predetti indicatori;
    in attuazione del citato articolo 14, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 novembre 2016 è stato quindi istituito il suddetto Comitato, insediatosi in data 28 novembre 2016;
    all'esito dell'attività svolta, il Comitato ha elaborato una Relazione finale in data 20 giugno 2017, nella quale è stato evidenziato, con riguardo alle esperienze nazionali e internazionali, che in Italia l'ISTAT e il CNEL hanno congiuntamente avviato nel 2010 il progetto sul Benessere equo e sostenibile (BES), che a seguito di un ampio processo di consultazione pubblica – che ha coinvolto rappresentanze sociali, esperti e rappresentanti del mondo accademico – ha condotto alla definizione di un insieme di 130 indicatori organizzato in 12 domini;
    come emerge dalla medesima Relazione, l'insieme di questi indicatori presenta alcune importanti caratteristiche – quali l'organicità dell'impianto concettuale, la robustezza teorica degli stessi, la garanzia della qualità della misurazione statistica, la selezione fondata su un processo partecipativo esteso, la capacità di cogliere le specificità del caso italiano – che hanno indotto il Comitato a ritenere il predetto insieme di indicatori un valido punto di partenza ai fini della individuazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile di cui all'articolo 10, comma 10-bis, della citata legge n. 196 del 2009;
    per svolgere tale processo di selezione, il Comitato ha fissato alcuni criteri generali, non gerarchici, tra cui la sensibilità alle politiche pubbliche, la parsimonia, Pag. 100la fattibilità e tempestività, l'estensione e frequenza delle serie temporali;
    il Comitato, dopo un'attenta disamina, sulla base dei criteri indicati ha individuato 12 indicatori, tra i 130 compresi nel Rapporto BES 2016 elaborato dall'ISTAT – uno dei quali è stato ottenuto aggregando tre indicatori del BES –, ossia il reddito medio disponibile aggiustato pro capite, l'indice di diseguaglianza del reddito disponibile, l'indice di povertà assoluta, la speranza di vita in buona salute alla nascita, l'eccesso di peso, l'uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione, il tasso di mancata partecipazione al lavoro, il rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli, l'indice di criminalità predatoria, l'indice di efficienza della giustizia civile, le emissioni di CO2 e altri gas clima alteranti, l'indice di abusivismo edilizio;
    come emerge dalla predetta Relazione, il paniere finale di indicatori è articolato in modo da cogliere, da un lato, una misurazione del benessere attuale, della sua distribuzione e del suo grado di sostenibilità nel tempo, dall'altro, una rappresentazione in cui rientrino tanto dimensioni monetarie del benessere più prossime alla condizione di vita delle famiglie di quanto sia il PIL, quanto dimensioni non monetarie del benessere;
    il Comitato ha elaborato, a conclusione della Relazione, talune raccomandazioni, tra cui quella di prevedere una revisione periodica, a cadenza pluriennale, dell'insieme degli indicatori selezionati, affinché la sua composizione resti sempre la più adeguata a tenere conto dell'evoluzione economica e sociale del Paese e possa incorporare gli eventuali sviluppi in campo statistico e metodologico;
    in questo quadro, il Comitato ha altresì espresso l'auspicio che il Governo arricchisca il monitoraggio dell'evoluzione del benessere nel triennio passato con l'uso di ulteriori indicatori, a fianco di quelli previsti dalla legge;
   ritenuto che:
    in riferimento alla revisione a cadenza pluriennale degli indicatori di benessere equo e sostenibile non siano ravvisabili ostacoli dal punto di vista legislativo, posto che la ratio stessa della norma istitutiva del Comitato per gli indicatori BES è nel senso di definire tali indicatori sulla base dell'esperienza maturata a livello nazionale e internazionale, il che implica di per sé che possa esservi una revisione periodica degli stessi proprio alla luce dell'esperienza nel frattempo maturata, fermo restando che tale revisione dovrebbe aver luogo con la medesima procedura prevista per l'introduzione degli indicatori, ossia con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previo parere delle Commissioni parlamentari competenti;
    in questo quadro, si potrebbe prevedere, in sede di revisione periodica degli indicatori, la trasformazione dell'indice di abusivismo edilizio in un indice di più ampia portata – al momento non ancora realizzabile – ossia l'indice di consumo del suolo;
    occorre tener conto, nella fase di applicazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile, dell'avvio della sperimentazione per l'adozione di un bilancio di genere, di cui all'articolo 38-septies della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine di una coerente valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sugli uomini e sulle donne;
    risulta opportuno prevedere, ove possibile, un'articolazione per aree territoriali degli indicatori di benessere equo e sostenibile, con particolare riguardo al Mezzogiorno;
    in considerazione del rilievo che per il nostro Paese rivestono il paesaggio e il patrimonio culturale, si potrebbe altresì valutare la possibilità di inserire nell'ambito degli indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati ai sensi del presente schema di decreto anche un indicatore concernente il paesaggio e il patrimonio Pag. 101culturale, peraltro già incluso in uno dei 12 domini individuati nel citato Rapporto BES 2016;
    risulta necessario sopprimere la clausola di neutralità finanziaria di cui all'articolo 2 dello schema di decreto in oggetto, giacché essa risulta già contenuta nella norma istitutiva del Comitato, ed in particolare all'articolo 14, commi 3 e 4, della legge n. 163 del 2016;
    valutato positivamente l'auspicio espresso dal Comitato affinché il Governo arricchisca il monitoraggio dell'evoluzione del benessere nel triennio passato con l'uso di ulteriori indicatori, a fianco di quelli previsti dalla legge,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE
  con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   sopprimere l'articolo 2.
  e con le seguente osservazioni:
   1) si valuti la possibilità di trasformare, in sede di revisione periodica degli indicatori, l'indice di abusivismo edilizio in un indice di più ampia portata, ossia l'indice di consumo del suolo;
   2) si tenga conto, in sede di applicazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile, dell'avvio della sperimentazione per l'adozione di un bilancio di genere, di cui all'articolo 38-septies della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine di una coerente valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sugli uomini e sulle donne;
   3) si valuti la possibilità di prevedere, ove possibile, un'articolazione per aree territoriali degli indicatori di benessere equo e sostenibile, con particolare riguardo al Mezzogiorno;
   4) si valuti la possibilità di inserire nell'ambito degli indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati ai sensi del presente schema di decreto anche un indicatore concernente il paesaggio e il patrimonio culturale».

  Il Viceministro Enrico MORANDO esprime parere favorevole sulla proposta di parere come testé riformulata dal relatore.

  La Commissione approva quindi la proposta di parere del relatore, come riformulata.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà.
Atto n. 430.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e conclusione – Parere favorevole con condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Gianni MELILLA (MDP), relatore, fa presente che lo schema di decreto legislativo in esame, recante disposizioni per l'introduzione di una misura unica a livello nazionale di contrasto della povertà, vale a dire il reddito di inclusione (ReI), è adottato in attuazione dell'articolo 1, comma 1, lettera a), e commi 2 e 5 della legge n. 33 del 2017, evidenziando che il relativo testo è corredato di relazione tecnica, verificata positivamente dalla Ragioneria generale dello Stato. Passando all'esame delle norme considerate dalla relazione tecnica, nonché delle altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario, segnala quanto segue.
  Circa gli articoli da 1 a 4, concernenti il reddito di inclusione (ReI), rileva che le disposizioni in esame istituiscono, a decorrere dal 1o gennaio 2018, il ReI quale misura unica a livello nazionale di contrasto alla povertà. Evidenzia che tale misura non è compatibile con la fruizione, da parte di qualsiasi componente il nucleo Pag. 102familiare, di ammortizzatori sociali per la disoccupazione involontaria e che il ReI è altresì ridotto del valore mensile degli altri trattamenti assistenziali eventualmente percepiti, esclusi quelli non sottoposti alla prova dei mezzi.
  Tanto premesso, rileva che la relazione tecnica prevede oneri lordi derivanti dall'istituzione del ReI nella misura di 1.780 milioni di euro per l'anno 2018, 1.656 milioni per il 2019 e 1.567 a decorrere dal 2020 e che, tenendo conto dei risparmi relativi al SIA e al bonus bebè, la predetta spesa, indicata dalla relazione tecnica, si riduce a 1.335 milioni di euro per l'anno 2018, 1.567 milioni per il 2019, 1.536 milioni per il 2020 e 1.567 milioni a decorrere dal 2021.
  A fronte di tali stime, osserva che l'articolo 20 riconosce l'erogazione del beneficio entro limiti di spesa indicati in 1.482 milioni di euro nel 2018 e in 1.568 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. Tali limiti di spesa riguardano benefici che la norma individua quali «livelli essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, nel limite delle risorse disponibili nel Fondo Povertà» (articolo 2, comma 13, del provvedimento in esame).
  Tanto premesso, pur evidenziando che il limite di spesa indicato dalle norme è conforme alla stima riportata dalla relazione tecnica e che è prevista in ogni caso una procedura per la rideterminazione del beneficio nel caso in cui si verifichino condizioni di non compatibilità con le risorse stanziate, ritiene che andrebbero acquisiti ulteriori elementi a conferma della compatibilità della previsione di limiti di spesa nonché del predetto meccanismo di rideterminazione (suscettibile di differenziare l'ammontare percepito da diversi soggetti beneficiari, in possesso dei medesimi requisiti) rispetto alla configurazione del ReI quale livello essenziale delle prestazioni.
  Per quanto attiene più direttamente alla quantificazione operata dalla relazione tecnica, segnala che la stessa fornisce indicazioni riguardo ai dati, ai parametri e al percorso logico utilizzati ai fini della stima. In particolare, la platea potenziale dei nuclei familiari interessati a usufruire della misura viene complessivamente quantificata in oltre 657 mila nuclei familiari. Il dato è frutto di un'elaborazione sulla base di un campione di dichiarazioni ISEE (pari al 2 per cento della popolazione ISEE). In proposito prende atto di tali indicazioni della relazione tecnica, non essendo riportati nella relazione tecnica i dati di dettaglio utili per una verifica della stima fornita. Il dato sui nuclei familiari interessati è quindi disaggregato nelle diverse categorie in possesso dei requisiti prescritti dalle norme.
  Giudica inoltre utile acquisire chiarimenti sull'importo medio del beneficio utilizzato ai fini della stima dell'onere lordo, atteso che, elaborando i dati di cui alla Tabella 3 della relazione tecnica, il relativo importo medio per i nuclei con 5 o più componenti (circa 308 euro mensili) risulterebbe lievemente inferiore a quello riferito ai nuclei con 4 componenti (circa 327 euro mensili).
  Considera opportuni ulteriori chiarimenti riguardo alle modalità di quantificazione dell'onere a regime. Infatti, le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, prevedono che il beneficio economico del ReI (ottenuto moltiplicando il valore di euro 3.000 per il parametro della scala di equivalenza corrispondente alla specifica composizione del nucleo familiare) sia a sua volta moltiplicato, in sede di prima applicazione, al 75 per cento, non potendo eccedere, sempre in sede di prima applicazione, il limite dell'ammontare su base annua dell'assegno sociale. Non sono invece esplicitati dalla normativa né indicati dalla relazione tecnica i parametri utilizzati per la stima riferita all'erogazione dell'agevolazione una volta esaurita la fase di prima applicazione, la cui durata non viene peraltro precisata. Anche a tal proposito reputa utili elementi di valutazione.
  Per quanto riguarda lo sviluppo temporale della spesa evidenzia che le informazioni riportate nella relazione tecnica non consentono di ricostruire le modalità di calcolo delle percentuali applicate per definire l'andamento annuo della spesa.Pag. 103
  La relazione tecnica specifica altresì che, stante la non compatibilità del ReI con altri ammortizzatori sociali riferiti alla disoccupazione involontaria e con altre misure assistenziali, dall'introduzione delle norme in esame derivano una serie di risparmi connessi agli oneri già programmati e relativi alla fruizione del Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) e del bonus bebè (quantificati complessivamente dalla RT in 445 milioni nel 2018, 89 nel 2019 e 31 nel 2020). Ulteriori risparmi (per 55 milioni nel 2018 e 93 milioni dal 2019) derivano dalla riduzione della platea che usufruirà della carta acquisti e dal superamento dell'ASDI (50 milioni nel 2018 e 80 milioni dal 2019). In proposito, prende atto delle quantificazioni fornite dalla relazione tecnica (che appaiono congrue rispetto ai dati e ai parametri esposti), rimandando per ulteriori considerazioni alle schede riferite agli articoli 17 e 18, relative al superamento della SIA e dell'ASDI.
  Considera infine utile acquisire chiarimenti circa i maggiori oneri connessi ai nuclei con minori in possesso dei requisiti della carta acquisti che opteranno per il ReI (oneri stimati in circa 69 milioni di euro, che si ottengono moltiplicando una platea di 144.000 nuclei per l'onere annuo della carta acquisti pari a 480 euro): la relazione tecnica aggiunge il predetto onere alla stima complessiva, ottenuta utilizzando l'intera platea potenziale dei nuclei familiari in possesso dei requisiti richiesti per il ReI.
  Poiché tuttavia l'articolo 19, comma 1, dispone che per i nuclei già beneficiari della carta acquisti il ReI è erogato «assorbendo integralmente» il beneficio della stessa carta eventualmente già riconosciuto, non ritiene evidenti le ragioni alla base del predetto incremento dell'onere complessivo di 69 milioni. In proposito reputa utile acquisire elementi di valutazione dal Governo.
  Circa l'articolo 5, concernente i punti per l'accesso al ReI e la valutazione multidimensionale, prende atto di quanto affermato nella relazione tecnica, secondo la quale gli adempimenti cui le amministrazioni debbono provvedere sono già previsti a legislazione vigente. Ritiene che andrebbero peraltro acquisiti ulteriori elementi volti a confermare la neutralità delle disposizioni con riferimento all'effettivo stato di attuazione della legge n. 328 del 2000 e alle relative prassi applicative esistenti sul territorio nazionale. Reputa tali chiarimenti necessari anche con riguardo alla costituzione di équipe multidisciplinari, tenuto conto che la neutralità di tale previsione appare condizionata dalle attuali modalità di effettiva applicazione dei principi generali di coordinamento ed integrazione degli interventi sanitari, di istruzione, di formazione e reinserimento lavorativo, enunciati dalla legge n. 328 del 2000.
  Ritiene che andrebbe quindi evidenziato l'impegno finanziario effettivo volto ad assicurare ciascuno dei livelli di prestazione in questione, precisando in quale misura esso risulti già coperto sulla base delle attività svolte in attuazione della legge n. 328 del 2000 e in quale misura debba invece essere coperto mediante utilizzo della quota del Fondo povertà di cui all'articolo 7, comma 2.
  In ordine all'articolo 6, in materia di progetto personalizzato, prende atto di quanto affermato nella relazione tecnica, secondo la quale gli adempimenti, i sostegni e i servizi da prestare sono già previsti a legislazione vigente. Richiama peraltro le considerazioni già svolte con riferimento all'articolo 5, riguardo alla necessità di disporre di ulteriori elementi di valutazione volti a verificare che lo stato di realizzazione effettiva delle azioni in questione, sulla base della vigente legislazione, sia idoneo ad assicurare l'erogazione dei servizi sul territorio nazionale, secondo i parametri richiesti in ragione della configurazione degli stessi quali livelli essenziali delle prestazioni.
  Ritiene che a tal fine andrebbe quantificato il possibile impegno finanziario connesso all'attuazione delle norme in esame, precisando in quale misura tale impegno risulti già garantito dai servizi e dalle attività esistenti e in quale misura sia Pag. 104invece coperto a valere sulla quota del Fondo povertà di cui all'articolo 7, richiamata dalla relazione tecnica.
  Con riguardo all'articolo 7, concernente gli interventi e i servizi sociali per il contrasto alla povertà, prende atto di quanto affermato dalla relazione tecnica circa la congruità delle risorse aggiuntive stanziate a valere sul Fondo povertà, anche in considerazione del fatto che le stesse, secondo la stessa relazione tecnica, eccedono di gran lunga quelle destinate specificamente ai servizi per la lotta alla povertà a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), strumento previsto dalla legge n. 328 del 2000 (articolo 20) per l'attuazione dei livelli essenziali. In proposito, nel richiamare le considerazioni già svolte con riferimento agli articoli 5 e 6, evidenzia l'opportunità di acquisire dati relativi ai livelli di servizi e di spesa attualmente registrati per attività riconducibili a quelle indicate alle disposizioni in esame nonché una stima dell'eventuale fabbisogno aggiuntivo connesso all'attuazione della nuova disciplina. Ciò al fine di verificare in quale misura a tale fabbisogno possa farsi fronte, per ciascun servizio individuato, a valere sulle risorse di cui all'articolo in esame.
  In merito ai profili di copertura finanzia, fa presente che il comma 3 dell'articolo 7 destina una quota del Fondo povertà, pari, in sede di prima applicazione, a 262 milioni di euro per il 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali di cui al comma 2 del medesimo articolo. Una parte delle menzionate risorse, pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, è riservata dal comma 9 del predetto articolo a interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora.
  Il comma 8 dell'articolo 7 attribuisce alle regioni risorse pari a 212 milioni di euro per l'anno 2017, a valere sul Fondo povertà, al fine di permettere un'adeguata implementazione del Reddito di inclusione – ReI e di garantirne la tempestiva operatività.
  Al riguardo, fa presente che l'articolo in esame prevede che il Fondo povertà sia destinato:
   per una quota pari, in sede di prima applicazione, a 262 milioni di euro per il 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali di cui al comma 2 del medesimo articolo; tale quota include le risorse riservate, in misura pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2018, a interventi e servizi in favore di persone in condizione di povertà estrema e senza dimora;
   per un importo pari a 212 milioni di euro per l'anno 2017, alle regioni, al fine di permettere loro un'adeguata implementazione del ReI e di garantirne la tempestiva operatività.

  Al riguardo ricorda preliminarmente che il Fondo povertà è stato istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (capitolo 3550) dall'articolo 1, comma 386, della legge n. 208 del 2015, con una dotazione di 600 milioni di euro per il 2016 e di 1.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2017, al fine di garantire l'attuazione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale.
  Per effetto di successive modificazioni legislative, la citata autorizzazione di spesa relativa al Fondo povertà è divenuta pari a 1.139 milioni di euro per il 2017 e a 1.704 milioni di euro annui a decorrere dal 2018.
  Tali risorse sono ora incrementate dalle seguenti disposizioni dello schema di decreto in esame:
   dall'articolo 18, comma 2, che stabilisce che a decorrere dal 2019 l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto legislativo n. 22 del 2015, per la concessione dell'assegno di disoccupazione – ASDI, confluisca integralmente nel Fondo povertà per un importo pari a 48 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 (capitolo 2401 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali);Pag. 105
   dall'articolo 18, comma 3, che, sulla base dalla previsione secondo la quale l'ASDI non è più concesso dal 1o gennaio 2018, rimuove ogni altro accantonamento disposto a legislazione vigente sul Fondo povertà a partire dal 2018, salva una quota di 15 milioni per l'anno 2018 da destinare agli aventi diritto che abbiano maturato entro il 1o gennaio 2018 i requisiti richiesti per l'ASDI; per effetto del predetto disaccantonamento l'importo netto dell'incremento del Fondo povertà è di 50 milioni di euro per il 2018 e di 32 milioni di euro per il 2019;
   dall'articolo 19, comma 2, che, in relazione alla non cumulabilità del ReI con la carta acquisti, incrementa il Fondo povertà di 55 milioni di euro per il 2018 e di 93 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 156, della legge n. 190 del 2014, destinata al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini meno abbienti (capitolo 1639 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze).

  In conclusione, tenendo conto delle disposizioni dello schema di decreto in esame, la dotazione del Fondo povertà rimane pari a 1.139 milioni di euro per il 2017, mentre aumenta a 1.759 milioni di euro per il 2018 (di cui 15 milioni di euro accantonati per l'erogazione dell'ASDI) e a 1.845 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, come indicato anche dall'articolo 20, comma 1, primo periodo, dello schema di decreto.
  Osserva quindi che il Fondo povertà reca le risorse necessarie per far fronte agli oneri derivanti dal rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, pari a 262 milioni di euro per il 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, anche tenendo conto delle risorse destinate, ai sensi dell'articolo 20, comma 1, all'erogazione del ReI (articolo 7, comma 3).
  Le disponibilità del Fondo povertà non sembrerebbero invece sufficienti a garantire la copertura degli oneri derivanti dall'attribuzione alle regioni delle risorse necessarie ad assicurare un'adeguata implementazione del ReI e a garantirne la tempestiva operatività, pari a 212 milioni di euro per l'anno 2017 (articolo 7, comma 8). Infatti le risorse residue del Fondo sembrerebbero interamente destinate a garantire il Sostegno per l'inclusione attiva – SIA per l'anno 2017, giacché l'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto interministeriale 16 marzo 2017, sulla base di quanto previsto dall'articolo 1, comma 239, della legge n. 232 del 2016, ha destinato, tra le altre, le medesime risorse, nella misura di 1.139 milioni di euro per l'anno 2017, alla definizione dei nuovi criteri di accesso proprio per il SIA.
  A questo riguardo evidenzia peraltro che la relazione tecnica allegata allo schema di decreto in esame riferisce che, in esito alla ricognizione delle risorse finalizzate alla definizione dei nuovi criteri di accesso per il SIA, ai sensi del citato articolo 3 del decreto interministeriale 16 marzo 2017, è risultato che dette risorse ammontano, nel loro complesso, a circa 1.710 milioni di euro, mentre la spesa prevista per il SIA per l'anno 2017 è stimata pari a 1.342 milioni di euro su base annua. Vi sarebbe quindi, sempre secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, capienza per il finanziamento di 212 milioni di euro per il 2017 da destinare alle regioni ai sensi dell'articolo 7, comma 8, in commento. Sul punto ritiene necessario acquisire una conferma da parte del Governo.
  In relazione all'articolo 8, riguardante il piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, non ha osservazioni da formulare nel presupposto che le attività di monitoraggio delle erogazioni previste dal testo in esame siano comunque idonee a garantire il rispetto dei limiti di spesa del Fondo povertà. Sul punto rinvia al successivo articolo 20, commi 2 e 3.Pag. 106
  In merito all'articolo 9, concernente richiesta, riconoscimento ed erogazione del ReI, prende atto che, in base a quanto indicato dal comma 12, le attività previste dalla norma in esame sono effettuate dalle amministrazioni interessate utilizzando le risorse disponibili a legislazione vigente. Ritiene che andrebbero peraltro acquisiti elementi di valutazione volti a confermare l'effettiva possibilità per le medesime amministrazioni di far fronte ai predetti adempimenti nei limiti delle risorse esistenti.
  Tanto premesso, rileva la necessità di acquisire informazioni in merito agli effetti finanziari connessi all'applicazione delle disposizioni contenute nei commi 8, 10 e 11, che potrebbero comportare l'ampliamento dell'ambito applicativo di alcune agevolazioni o benefici, in quanto riconosciuti in via automatica ai possessori della Carta ReI.
  Circa gli articoli da 10 a 12, relativi ad ISEE precompilato, compatibilità con redditi da lavoro e regime sanzionatorio, prende atto delle indicazioni della relazione tecnica, che precisa, tra l'altro, che è già attivo lo scambio di informazioni tra l'Agenzia delle entrate e l'INPS. Poiché l'utilizzo riguarda anche informazioni nella disponibilità di enti diversi, ritiene che anche per questi ultimi andrebbe acquisita una valutazione in merito alla possibilità di dare effettiva attuazione alle disposizioni sulla base delle dotazioni, anche informatiche, e delle risorse già esistenti a legislazione vigente.
  Con riferimento all'articolo 13, concernente le funzioni dei comuni e degli ambiti territoriali per l'attuazione del reddito di inclusione, evidenzia che le disposizioni in esame fanno in parte riferimento a funzioni già previste a legislazione vigente e, in parte, costituiscono attuazione di precedenti articoli del provvedimento in esame, da finanziare a valere sulla quota del Fondo povertà di cui all'articolo 7, commi 2 e 3. In proposito rinvia alle considerazioni già svolte con riferimento agli articoli 5, 6 e 7.
  Osserva che le norme sono altresì finalizzate a favorire la partecipazione di tutti i soggetti interessati o coinvolti dal ReI ai processi di progettazione e realizzazione degli interventi. A tal proposito ritiene che sarebbe necessario acquisire elementi di valutazione idonei a verificare se l'ampliamento della partecipazione a soggetti esterni alla pubblica amministrazione (enti del terzo settore, forze produttive, parti sociali, nuclei familiari beneficiari del ReI) sia suscettibile di costituire un aggravio per lo svolgimento delle attività amministrative con conseguenti eventuali riflessi di carattere finanziario.
  In ordine all'articolo 14, riguardante le funzioni delle regioni e delle province autonome per l'attuazione dei ReI, non hanno osservazioni da formulare per quanto riguarda le attività pianificatorie e le ulteriori attività poste in capo alle regioni e alle province autonome, considerato quanto chiarito dalla relazione tecnica e nel presupposto della possibilità di farvi fronte anche mediante l'utilizzo dell'apposita quota del Fondo povertà.
  Non formula inoltre osservazioni in merito alla possibilità per i predetti enti territoriali, a valere su risorse proprie, di incrementare la platea dei beneficiari o l'ammontare del beneficio in favore dei rispettivi residenti, considerato che tali previsioni operano comunque nel quadro dei vincoli di finanza pubblica cui restano assoggettati gli enti territoriali, i quali potranno pertanto provvedervi solo in presenza di adeguati spazi finanziari.
  Circa l'articolo 15, concernente le funzioni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per l'attuazione del ReI, rileva che, a fronte dei compiti attribuiti, in via obbligatoria e permanente, al Ministero del lavoro, il comma 6 stabilisce, da un lato, che il Ministero vi provveda nei limiti delle risorse disponibili e senza nuovi e maggiori oneri, dall'altro, che esso possa avvalersi di due ulteriori fonti di finanziamento (disponibilità del Fondo povertà che residuano dopo gli impieghi per il ReI e risorse del PON «Inclusione»), che rivestono peraltro carattere eventuale, in quanto impiegabili ove effettivamente disponibili e, nel caso del PON, «ove compatibili».Pag. 107
  Ciò posto, ritiene che sarebbe necessario acquisire elementi volti a verificare se le amministrazioni interessate possano effettivamente provvedere agli adempimenti previsti dall'articolo 15 ad invarianza di oneri anche nell'ipotesi in cui le predette risorse aggiuntive non dovessero risultare disponibili. Ciò con particolare riferimento, tra l'altro, alla costituzione dell'apposita sezione «Banca dati ReI».
  Ritiene che andrebbe inoltre confermato che gli adempimenti per i quali l'amministrazione intende avvalersi delle predette risorse di carattere eventuale possano essere programmati con congruo anticipo, anche nell'ipotesi di progetti di durata pluriennale, facendo riferimento ad una previsione circa l'attesa disponibilità delle risorse in questione.
  Con riferimento all'articolo 16, recante disposizioni in materia di Comitato per la lotta alla povertà e Osservatorio sulla povertà, evidenzia che la norma rinvia ad un decreto ministeriale sia la composizione che la modalità di funzionamento dell'Osservatorio. Non si evincono pertanto dal testo e dalla relazione tecnica indicazioni che consentano di verificare che le attività di tale struttura ed il suo funzionamento possano effettivamente essere garantiti nel quadro delle risorse esistenti. Pertanto, pur prendendo atto che ai componenti non sarà corrisposto alcun emolumento, andrebbero acquisiti ulteriori elementi di valutazione a sostegno dell'assunzione di neutralità finanziaria, con particolare riferimento alla prevista partecipazione di esperti.
  In merito ai profili di copertura finanziaria, evidenzia che il comma 7, stabilisce che dall'istituzione e dal funzionamento del Comitato per la lotta alla povertà e dell'Osservatorio sulle povertà non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che ai componenti di detti organi non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o altro emolumento comunque denominato. Al riguardo, segnala l'opportunità di formulare più correttamente la clausola di invarianza di cui al primo periodo dell'articolo 16, comma 7, prevedendo che: «Dalla istituzione e dal funzionamento del Comitato e dell'Osservatorio di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Per quanto riguarda l'articolo 17, recante Sostegno per l'inclusione attiva (SIA), non ha osservazioni da formulare atteso che, come segnalato dalla relazione tecnica, gli effetti relativi alle disposizioni in esame sono già inclusi nella stima relativa all'articolo 4, inerente al complesso degli oneri relativi all'istituzione del ReI.
  Con riferimento all'articolo 18, recante disposizioni in materia di Assegno sociale di disoccupazione (ASDI), osserva che la quantificazione in esame relativa alla coda di erogazioni stimata per l'anno 2018 appare congrua rispetto ai parametri fissati dalla relazione tecnica (platea al termine del 2017 pari a circa 7.500 unità e erogazione mensile media pari a 511 euro).
  In merito all'articolo 19, recante disposizioni in materia di Carta acquisti, osserva che la quantificazione appare congrua rispetto ai dati e ai parametri forniti dalla relazione tecnica. In mancanza dei dati di riferimento, non è invece possibile sottoporre a verifica l'ipotesi – peraltro ritenuta prudenziale dalla relazione tecnica – della ricorrenza dei requisiti per l'accesso al ReI nel 45 per cento dei nuclei familiari con minori beneficiari della carta acquisti.
  Con riferimento all'articolo 20, recante disposizioni finanziarie, in merito al meccanismo di rideterminazione del beneficio, rinvia alle considerazioni già svolte nella parte relativa agli articoli da 1 a 4, tenuto conto della configurazione del beneficio in esame quale livello essenziale delle prestazioni. In merito alla possibilità di utilizzo nell'esercizio successivo delle somme del Fondo povertà eventualmente non impegnate nell'esercizio di competenza, ritiene che andrebbe acquisito l'avviso del Governo sugli eventuali effetti di cassa, anche in considerazione del fatto che la norma non prevede una procedura di previa verifica della compatibilità con i saldi di finanza pubblica.Pag. 108
  In merito ai profili di copertura finanziaria, evidenzia che l'articolo in esame individua le risorse destinate all'erogazione del ReI, che costituiscono limite di spesa entro il quale il beneficio economico può essere concesso, e stabilisce la procedura per assicurare che il limite di spesa non venga superato. Si stabilisce che le risorse non impegnate nell'esercizio di competenza possono esserlo in quello successivo, mentre, fermo il rispetto dei limiti di spesa, si prevede che le risorse non utilizzate per la concessione del beneficio economico, né per le finalità di rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali di cui all'articolo 7, comma 3, possano essere destinate ad altre finalità, espressamente previste.
  Al riguardo, fa presente che le risorse destinate all'erogazione del ReI, secondo quanto stabilito dal secondo periodo del comma 1 dell'articolo 20, ammontano a 1.482 milioni di euro per il 2018 e a 1.568 milioni di euro annui a decorrere dal 2019. Tale somma, che rappresenta il limite di spesa per l'erogazione del beneficio economico, è costituita dall'importo del Fondo povertà, al netto degli importi da utilizzare per il rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, ai sensi dell'articolo 7, comma 3, e della somma di 15 milioni per l'anno 2018, accantonata per l'erogazione dell'ASDI. Non ha pertanto osservazioni da formulare.
  Per quanto riguarda l'articolo 21, recante disposizioni in materia di Rete della protezione e dell'inclusione sociale, prende atto di quanto affermato dalla relazione tecnica, secondo la quale le norme razionalizzano attività pianificatorie già previste a legislazione vigente. Rileva che, come previsto dalla disposizione (comma 10) e ribadito dalla relazione tecnica, dalla costituzione della Rete della protezione e dell'inclusione sociale e dalla sua articolazione in tavoli regionali e territoriali non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e ai componenti della Rete e agli altri eventuali partecipanti ai lavori di tale organismo non possono essere corrisposti emolumenti ad alcun titolo. Sia il testo che la relazione tecnica, tuttavia, non forniscono indicazioni idonee a verificare che le attività di tale struttura ed il suo funzionamento possano effettivamente essere garantiti nel quadro delle risorse esistenti. In proposito appare quindi necessario acquisire i relativi dati ed elementi di valutazione. Andrebbero inoltre acquisiti elementi idonei a confermare l'effettiva possibilità per la Direzione generale per la lotta alla povertà e alla programmazione sociale di svolgere i propri compiti amministrativi e di supporto, relativi all'applicazione della disciplina del ReI – inclusi quelli di segreteria tecnica della Rete della protezione e dell'inclusione sociale – nel quadro delle risorse già esistenti.
  In merito ai profili di copertura finanziaria, fa presente che il comma 10 stabilisce che dalla costituzione della Rete della protezione e dell'inclusione sociale e dalla sua articolazione in tavoli regionali e territoriali non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che per la partecipazione ai lavori della Rete, anche a livello regionale e territoriale, non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o altro emolumento comunque denominato. Al riguardo, segnala l'opportunità di formulare più correttamente la clausola di invarianza di cui al terzo periodo dell'articolo 21, comma 10, prevedendo che: «Dalla costituzione della Rete e della sua articolazione in tavoli regionali e territoriali non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
  Con riferimento all'articolo 22, in materia di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, evidenzia che la norma istituisce presso il Ministero del lavoro la Direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale, con il trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali della Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali di cui viene disposta la soppressione. L'assetto organizzativo della nuova direzione generale viene strutturato in aderenza con quello vigente – una posizione dirigenziale generale e cinque non dirigenziali relative alla soppressa Pag. 109direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali – con il trasferimento, inoltre, di un ufficio dirigenziale di livello non generale dagli uffici di diretta collaborazione del Ministro del lavoro. Sul punto, non ha osservazioni da formulare per i profili di quantificazione, tenuto conto che, ai fini della definizione del summenzionato nuovo assetto organizzativo, la norma fa espressamente salvi i limiti della dotazione organica vigente nonché i limiti del personale in servizio presso il medesimo Ministero.
  Per quanto riguarda l'articolo 23, in materia di coordinamento dei servizi territoriali e gestione associata dei servizi sociali, non ha osservazioni da formulare avendo le disposizioni carattere ordinamentale ed essendo le stesse finalizzate, come precisato dalla relazione tecnica, a disciplinare le modalità di coordinamento tra i diversi soggetti istituzionali responsabili della gestione dei servizi sociali.
  In ordine all'articolo 24, recante disposizioni sul Nuovo sistema informativo dei servizi sociali, evidenzia che la disposizione istituisce il Nuovo sistema informativo dei servizi sociali (NSISS) che costituisce uno strumento di attuazione del ReI. La disposizione è altresì finalizzata a sostituire il sistema informativo dei servizi sociali ed il casellario dell'assistenza con la loro integrazione nel NSISS, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 2). Al riguardo, pur prendendo atto di quanto riferito dalla relazione tecnica – secondo la quale il NSISS rappresenta una razionalizzazione ed un'evoluzione di quanto già previsto a legislazione vigente – rileva che non si evincono dalla stessa relazione tecnica gli interventi di carattere tecnico necessari ad adeguare le procedure, le strutture e le strumentazioni attualmente esistenti alle specifiche esigenze del ReI e ai compiti previsti dalla disciplina in esame. In considerazione della complessità del sistema prefigurato e della necessità per l'INPS, come precisato dalla norma, di integrare le informazioni sul ReI con le altre informazioni sui beneficiari disponibili nel NSISS, nonché con le informazioni disponibili in altri sistemi informativi, andrebbero acquisiti dati di maggior dettaglio volti a suffragare l'effettiva possibilità di attuare i predetti adempimenti nel quadro delle risorse esistenti.
  In merito all'articolo 25, recante Disposizioni transitorie e finali, con riferimento al versamento per un bimestre supplementare del beneficio relativo al sostegno di inclusione attiva (SIA) per i soggetti che ne hanno esaurito la fruizione al 1o dicembre, prende atto degli elementi forniti dalla relazione tecnica. Ritiene, peraltro, che andrebbero precisati i tempi effettivi di erogazione di tale beneficio supplementare, che, stante il dettato del comma 3, dovrebbe decorrere dal 1o dicembre 2017.
  Qualora le erogazioni avvengano anche nell'esercizio successivo, potrebbero prodursi effetti sui saldi di cassa, in considerazione dello slittamento della spesa rispetto all'anno di competenza. In proposito andrebbero quindi acquisiti chiarimenti dal Governo. Per quanto attiene alla previsione che le amministrazioni pubbliche provvedano agli adempimenti previsti a legislazione vigente nell'ambito delle risorse disponibili, rinvia alle considerazioni già svolte con riferimento a diversi articoli del testo che prevedono adempimenti a carico di pubbliche amministrazioni, da realizzare nel quadro delle risorse esistenti.
  Con riferimento all'articolo 26, recante disposizioni in materia di abrogazioni, non ha osservazioni da formulare atteso che gli effetti finanziari connessi alla soppressione dell'ASDI sono stati analizzati in relazione ai precedenti articoli 4 e 18.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA, in ordine alle questioni evidenziate dal relatore con riguardo ai profili di carattere finanziario del provvedimento, fa presente che la previsione dei limiti di spesa relativi al reddito di inclusione (ReI) è compatibile sia con la disciplina del medesimo istituto sia con quanto espressamente previsto dalla legge delega e che, in questo quadro, l'adozione del meccanismo di eventuale rideterminazione del beneficio, ai fini del rispetto dei predetti limiti di spesa, opera in modo uniforme sulle erogazioni successive Pag. 110alla eventuale rideterminazione del beneficio stesso. Rileva inoltre che tra i beneficiari stimati del ReI, il numero di nuclei familiari con persona con disabilità è di circa 31 mila unità, pari al 6,3 per cento del totale.
  Osserva che il lieve contenimento dell'importo medio per i nuclei con 5 o più componenti, rispetto ai nuclei con 4 componenti, è in buona parte da ascrivere alla concomitanza dell'istituto dell'assegno familiare per i nuclei con almeno 3 figli minori erogato dall'INPS per conto dei comuni. Inoltre fa presente che la percentuale del 75 per cento applicata al beneficio economico in oggetto vale anche a regime oltre che in sede di prima applicazione dell'istituto, come previsto dal provvedimento in esame, e che tale percentuale potrà essere modificata con la procedura di cui all'articolo 8, solo in presenza di ulteriori risorse nell'ambito del Fondo povertà e del relativo finanziamento.
  Evidenzia che ai fini del calcolo dell'onere annuo lordo, alla somma di 1.711 milioni di euro è stata aggiunta la somma di 69 milioni di euro annui derivante dall'assorbimento della Carta acquisti per i soggetti interessati, in quanto la riduzione della relativa autorizzazione di spesa, computata prudenzialmente per il primo anno di applicazione, rappresenta una fonte di copertura ai fini del necessario incremento del Fondo povertà, come illustrato nelle diverse sezioni della relazione tecnica.
  Fa presente che con riferimento alle attività connesse all'accesso al ReI, alla valutazione multidimensionale e alla costituzione delle équipe multidisciplinari, di cui all'articolo 5, non sono disponibili elementi informativi che permettano in maniera puntuale di quantificare, in relazione alla spesa locale, l'impegno finanziario già coperto dall'attuazione della legge n. 328 del 2000, e che a questo riguardo, l'ultima indagine Istat sulla spesa sociale dei comuni, relativa al 2012, individua in oltre 537 milioni di euro la spesa locale per prestazioni di contrasto alla povertà, di cui circa 175 milioni per interventi e servizi, mentre le restanti risorse sono destinate a trasferimenti monetari e a strutture.
  Osserva inoltre che, con riferimento alla quota del Fondo politiche sociali a tal fine dedicata, la relazione tecnica quantifica in circa il 30 per cento di quanto trasferito alle regioni l'ammontare degli interventi e servizi per il contrasto alla povertà, posto che nel 2016 sono stati trasferiti alle regioni poco meno di 280 milioni di euro, e che l'attivazione del Fondo povertà, comunque, sia nella parte del sostegno economico che in quella di sostegno ai servizi, permetterà di riorientare la spesa locale per meglio aderire al dettato normativo e alla fissazione di livelli essenziali. L'invarianza finanziaria è in ogni caso garantita dai meccanismi di programmazione (un piano nazionale, piani regionali e locali) che devono assicurare che i livelli delle prestazioni vengano definiti nei limiti delle risorse disponibili.
  Con riferimento alle risorse destinate, ai sensi dell'articolo 7, al finanziamento nel 2017 dei servizi territoriali, conferma quanto indicato nella relazione tecnica circa la congruità delle risorse aggiuntive stanziate a valere sul Fondo povertà.
  Con riferimento alla gestione amministrativa del ReI, di cui all'articolo 9, conferma che trattasi dell'ordinario sviluppo di attività già implementate dalle amministrazioni interessate con il Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) previsto a legislazione vigente.
  Assicura inoltre che il Fondo povertà reca le risorse necessarie alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 262 milioni di euro per il 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, nonché dell'importo di 212 milioni di euro per l'anno 2017 da attribuire alle regioni, di cui all'articolo 7, comma 8.
  Osserva che, ai fini della precompilazione dell'ISEE, di cui all'articolo 10, non si ravvisa la presenza di ulteriori oneri informativi rispetto a quelli previsti a legislazione vigente in capo ad enti diversi Pag. 111dall'INPS o dall'Agenzia delle entrate, giacché le informazioni su saldi e giacenze medie sono già acquisiti dall'Agenzia delle entrate per il tramite degli intermediari finanziari e sono già utilizzate per il rilascio corrente dell'ISEE.
  Assicura che i maggiori compiti assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali possono essere svolti senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica dalla costituenda Direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale, peraltro rafforzata rispetto alla Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali, ai sensi dell'articolo 22.
  Assicura altresì che l'Osservatorio sulle povertà potrà operare senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, giacché nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali già operano organismi analoghi e con analoghi compiti – peraltro con un maggior numero di componenti – che non comportano oneri per la finanza pubblica, come ad esempio l'Osservatorio per l'infanzia.
  Fa presente inoltre che, all'articolo 19, la stima dei beneficiari della Carta acquisti che risultano in possesso anche dei requisiti previsti per il ReI – pari al 49 per cento del totale dei beneficiari della Carta acquisti – è effettuata sulla stessa base dati utilizzata per la stima degli oneri del ReI, ossia un campione delle Dichiarazioni Sostitutive Uniche (DSU) presentate a fini ISEE nel 2016, statisticamente rappresentativo, corrispondente al 2 per cento dell'intera popolazione ISEE, pari a oltre 90 mila nuclei familiari.
  Conferma che la possibilità di utilizzo nell'esercizio successivo delle risorse del Fondo povertà eventualmente non impegnate nell'esercizio di competenza non determina effetti peggiorativi né sul saldo di cassa né sull'indebitamento netto atteso il vincolo del rispetto per ogni anno del limite di spesa programmato ai sensi di quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 20 e in coerenza con le previsioni della legge delega (articolo 1, comma 3, lettera d), della legge n. 33 del 2017).
  Conferma altresì che il funzionamento della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, di cui all'articolo 21, potrà aver luogo nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, come evidenziato dalla relazione tecnica, e che l'istituzione della Banca dati ReI nell'ambito dei sistemi informativi esistenti, di cui all'articolo 24, non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, giacché si tratta di una evoluzione di strumenti già previsti a legislazione vigente.

  Gianni MELILLA (MDP), relatore, formula quindi la seguente proposta di parere:
   «La V Commissione bilancio, tesoro e programmazione,
   esaminato lo Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto della povertà (atto n. 430);
   preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo, da cui si evince che:
    la previsione dei limiti di spesa relativi al reddito di inclusione (ReI) è compatibile sia con la disciplina del medesimo istituto sia con quanto espressamente previsto dalla legge delega;
    in questo quadro, l'adozione del meccanismo di eventuale rideterminazione del beneficio, ai fini del rispetto dei predetti limiti di spesa, opera in modo uniforme sulle erogazioni successive alla eventuale rideterminazione del beneficio stesso;
    tra i beneficiari stimati del ReI, il numero di nuclei familiari con persona con disabilità è di circa 31 mila unità, pari al 6,3 per cento del totale;
    il lieve contenimento dell'importo medio per i nuclei con 5 o più componenti, rispetto ai nuclei con 4 componenti, è in buona parte da ascrivere alla concomitanza dell'istituto dell'assegno familiare per i nuclei con almeno 3 figli minori erogato dall'INPS per conto dei comuni;Pag. 112
    la percentuale del 75 per cento applicata al beneficio economico in oggetto vale anche a regime oltre che in sede di prima applicazione dell'istituto, come previsto dal provvedimento in esame;
    tale percentuale potrà essere modificata con la procedura di cui all'articolo 8, solo in presenza di ulteriori risorse nell'ambito del Fondo povertà e del relativo finanziamento;
    ai fini del calcolo dell'onere annuo lordo, alla somma di 1.711 milioni di euro è stata aggiunta la somma di 69 milioni di euro annui derivante dall'assorbimento della Carta acquisti per i soggetti interessati, in quanto la riduzione della relativa autorizzazione di spesa, computata prudenzialmente per il primo anno di applicazione, rappresenta una fonte di copertura ai fini del necessario incremento del Fondo povertà, come illustrato nelle diverse sezioni della relazione tecnica;
    con riferimento alle attività connesse all'accesso al ReI, alla valutazione multidimensionale e alla costituzione delle équipe multidisciplinari, di cui all'articolo 5, non sono disponibili elementi informativi che permettano in maniera puntuale di quantificare, in relazione alla spesa locale, l'impegno finanziario già coperto dall'attuazione della legge n. 328 del 2000;
    a questo riguardo, l'ultima indagine Istat sulla spesa sociale dei comuni, relativa al 2012, individua in oltre 537 milioni di euro la spesa locale per prestazioni di contrasto alla povertà, di cui circa 175 milioni per interventi e servizi, mentre le restanti risorse sono destinate a trasferimenti monetari e a strutture;
    con riferimento alla quota del Fondo politiche sociali a tal fine dedicata, la relazione tecnica quantifica in circa il 30 per cento di quanto trasferito alle regioni l'ammontare degli interventi e servizi per il contrasto alla povertà, posto che nel 2016 sono stati trasferiti alle regioni poco meno di 280 milioni di euro;
    l'attivazione del Fondo povertà, comunque, sia nella parte del sostegno economico che in quella di sostegno ai servizi, permetterà di riorientare la spesa locale per meglio aderire al dettato normativo e alla fissazione di livelli essenziali;
    l'invarianza finanziaria è in ogni caso garantita dai meccanismi di programmazione (un piano nazionale, piani regionali e locali) che devono assicurare che i livelli delle prestazioni vengano definiti nei limiti delle risorse disponibili;
    con riferimento alle risorse destinate, ai sensi dell'articolo 7, al finanziamento nel 2017 dei servizi territoriali, è confermato quanto indicato nella relazione tecnica circa la congruità delle risorse aggiuntive stanziate a valere sul Fondo povertà;
    con riferimento alla gestione amministrativa del ReI, di cui all'articolo 9, è confermato che trattasi dell'ordinario sviluppo di attività già implementate dalle amministrazioni interessate con il Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) previsto a legislazione vigente;
    il Fondo povertà reca le risorse necessarie alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali, di cui all'articolo 7, comma 3, pari a 262 milioni di euro per il 2018 e a 277 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, nonché dell'importo di 212 milioni di euro per l'anno 2017 da attribuire alle regioni, di cui all'articolo 7, comma 8;
    ai fini della precompilazione dell'ISEE, di cui all'articolo 10, non si ravvisa la presenza di ulteriori oneri informativi rispetto a quelli previsti a legislazione vigente in capo ad enti diversi dall'INPS o dall'Agenzia delle entrate, giacché le informazioni su saldi e giacenze medie sono già acquisiti dall'Agenzia delle entrate per il tramite degli intermediari finanziari e sono già utilizzate per il rilascio corrente dell'ISEE;
    i maggiori compiti assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali possono essere svolti senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica dalla Pag. 113costituenda Direzione generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale, peraltro rafforzata rispetto alla Direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali, ai sensi dell'articolo 22;
    l'Osservatorio sulle povertà potrà operare senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, giacché nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali già operano organismi analoghi e con analoghi compiti – peraltro con un maggior numero di componenti – che non comportano oneri per la finanza pubblica, come ad esempio l'Osservatorio per l'infanzia;
    all'articolo 19, la stima dei beneficiari della Carta acquisti che risultano in possesso anche dei requisiti previsti per il ReI – pari al 49 per cento del totale dei beneficiari della Carta acquisti – è effettuata sulla stessa base dati utilizzata per la stima degli oneri del ReI, ossia un campione delle Dichiarazioni Sostitutive Uniche (DSU) presentate a fini ISEE nel 2016, statisticamente rappresentativo, corrispondente al 2 per cento dell'intera popolazione ISEE, pari a oltre 90 mila nuclei familiari;
   la possibilità di utilizzo nell'esercizio successivo delle risorse del Fondo povertà eventualmente non impegnate nell'esercizio di competenza non determina effetti peggiorativi né sul saldo di cassa né sull'indebitamento netto atteso il vincolo del rispetto per ogni anno del limite di spesa programmato ai sensi di quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 20 e in coerenza con le previsioni della legge delega (articolo 1, comma 3, lettera d), della legge n. 33 del 2017);
    il funzionamento della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, di cui all'articolo 21, potrà aver luogo nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, come evidenziato dalla relazione tecnica;
     l'istituzione della Banca dati ReI nell'ambito dei sistemi informativi esistenti, di cui all'articolo 24, non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, giacché si tratta di una evoluzione di strumenti già previsti a legislazione vigente;
  ritenuto che:
     risulta necessario formulare più correttamente la clausola di invarianza finanziaria riferita all'istituzione e al funzionamento del Comitato per la lotta alla povertà e dell'Osservatorio sulla povertà, di cui all'articolo 16, comma 7, primo periodo;
     risulta necessario formulare più correttamente la clausola di invarianza riferita alla costituzione della Rete della protezione e dell'inclusione sociale e alla sua articolazione in tavoli regionali e territoriali, di cui all'articolo 21, comma 10, terzo periodo,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE
  con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione:
   1) All'articolo 16, comma 7, sostituire il primo periodo con il seguente: Dalla istituzione e dal funzionamento del Comitato e dell'Osservatorio di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.;
   2) All'articolo 21, comma 10, sostituire il terzo periodo con il seguente: Dalla costituzione della Rete e della sua articolazione in tavoli regionali e territoriali non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.».

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA concorda con la proposta di parere testé formulata dal relatore.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 15.45.

Pag. 114

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 2 agosto 2017. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA. — Intervengono il Viceministro dell'economia e delle finanze, Enrico Morando, e il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paola Baretta.

  La seduta comincia alle 15.45.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), tra Italia, Francia e Principato di Monaco, fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003.
C. 4475 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Francesco BOCCIA, presidente, in sostituzione del relatore, in merito ai profili di quantificazione prende atto di quanto precisato dalla relazione tecnica, secondo la quale l'attuale stanziamento di bilancio è sufficiente a coprire tutte le esigenze collegate alla ratifica dell'Accordo in titolo. Peraltro, considerato il nuovo meccanismo di determinazione dei contributi previsto dal testo – basato su quote volontarie sottoposte ad approvazione del Comitato e quote ordinarie stabilite direttamente dalla Commissione, in luogo della proposta da parte della stessa Commissione delle modalità di determinazione dei contributi – ritiene opportuno acquisire una conferma circa il fatto che lo stesso meccanismo non sia suscettibile di comportare, nel tempo, la necessità di incrementare gli stanziamenti di bilancio destinati alle finalità in esame.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA assicura che il meccanismo di determinazione dei contributi previsto dall'Accordo in esame – basato su quote volontarie sottoposte ad approvazione del Comitato direttivo della Commissione RAMOGE e quote ordinarie stabilite direttamente dalla Commissione – non è suscettibile di determinare un incremento degli stanziamenti di bilancio.

  Francesco BOCCIA, presidente, in sostituzione del relatore, formula quindi la seguente proposta di parere:
   «La V Commissione,
   esaminato il progetto di legge C. 4475 Governo, recante Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla protezione dell'ambiente marino e costiero di una zona del Mare Mediterraneo (Accordo RAMOGE), tra Italia, Francia e Principato di Monaco, fatto a Monaco il 10 maggio 1976 ed emendato a Monaco il 27 novembre 2003;
   preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo, da cui si evince che il meccanismo di determinazione dei contributi previsto dall'Accordo in esame – basato su quote volontarie sottoposte ad approvazione del Comitato direttivo della Commissione RAMOGE e quote ordinarie stabilite direttamente dalla Commissione – non è suscettibile di determinare un incremento degli stanziamenti di bilancio,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE».

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA concorda con la proposta di parere testé formulata dal relatore.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Norme in materia di domini collettivi.
C. 4522, approvato dal Senato.
(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Pag. 115

  Simonetta RUBINATO (PD), relatrice, fa presente che la proposta di legge in esame, approvata con modifiche dal Senato, reca norme in materia di domini collettivi e che il relativo testo è corredato di relazione tecnica, pervenuta nel corso dell'esame in prima lettura al Senato.
  Passando all'esame delle norme considerate dalla relazione tecnica e le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario, segnala quanto segue.
  In merito agli articoli da 1 a 3, recanti norme in materia di domini collettivi, evidenzia che il provvedimento appare finalizzato al riconoscimento formale dei domini collettivi quali ordinamenti giuridici primari di comunità originarie ed enti esponenziali di collettività titolari di diritto d'uso civico e/o di proprietà collettive. Rileva che, con riguardo all'impianto generale del provvedimento, la relazione tecnica ne evidenzia la natura ordinamentale e l'assenza di effetti sulla finanza pubblica, precisando che le categorie di beni immobili su cui si esercitano i domini collettivi rientrano, in ogni caso, nelle fattispecie che già godono a normativa vigente di un regime di esenzione dall'imposta municipale propria e che, pertanto, il riconoscimento dei domini collettivi non determinerebbe effetti finanziari negativi connessi ad un eventuale un ampliamento della platea dei beni beneficiari di tale regime di esenzione.
  Pur prendendo atto di quanto affermato dalla relazione tecnica, ritiene comunque opportuno acquisire chiarimenti in merito ai seguenti profili, al fine di escludere effetti finanziari, sia pur di carattere indiretto ed eventuale.
  Rileva preliminarmente che il testo attribuisce personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria agli enti esponenziali delle collettività titolari dei diritti di uso civico, senza tuttavia precisarne l'assetto organizzativo e le relative forme di finanziamento. In proposito reputa utili chiarimenti anche ai fini di una più puntuale configurazione dei soggetti in questione.
  Osserva inoltre che, tra i «beni di proprietà collettiva» e i beni gravati da usi civici che saranno sottoposti, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, all'amministrazione dei predetti enti sono inclusi anche beni di proprietà pubblica. Ritiene che andrebbe quindi acquisita la valutazione del Governo riguardo ad eventuali riflessi per la finanza pubblica derivanti dall'affidamento dei predetti beni a soggetti di natura privatistica. Giudica tali elementi necessari anche con riferimento al regime dei controlli e delle responsabilità in caso di eventuali danni arrecati ai beni in questione.
  Evidenzia inoltre che, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i beni collettivi, con talune eccezioni, costituiscono «patrimonio civico» o «demanio civico», segnalando che occorrerebbe chiarire se resta comunque inalterata l'imputazione di tali beni ai soggetti pubblici che ne hanno attualmente la titolarità, precisando inoltre le specificità del regime agli stessi applicabile rispetto al patrimonio e al demanio statali o regionali.
  Riguardo invece ai beni privati che saranno ricompresi nel patrimonio o nel demanio civico, ritiene che andrebbero escluse eventuali conseguenze per la finanza pubblica derivanti da tale qualificazione.
  Infine, sempre con riferimento ai beni attualmente nella titolarità di soggetti pubblici, ritiene che andrebbe chiarito se la disciplina in esame possa comportare un'estensione di vincoli di disponibilità dei beni, rispetto a quelli già esistenti, con conseguenti riflessi sulle potenzialità di valorizzazione dei beni medesimi.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA deposita agli atti della Commissione una nota predisposta dal Ministero della giustizia (vedi allegato), osservando tuttavia come siano ancora in corso le necessarie verifiche da parte della Ragioneria generale dello Stato sui profili di carattere finanziario. In considerazione di ciò, ritiene pertanto utile un rinvio dell'esame del provvedimento.

Pag. 116

  Francesco BOCCIA, presidente, non essendovi obiezioni, rinvia quindi l'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Mercoledì 2 agosto 2017.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 15.55.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE CONSULTIVA

Misure per favorire l'invecchiamento attivo attraverso attività di utilità sociale e di formazione permanente.
Testo unificato C. 104 e abb.

Pag. 117