CAMERA DEI DEPUTATI
Venerdì 28 luglio 2017
863.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Venerdì 28 luglio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 12.

DL 91/2017: Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno.
C. 4601 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 20 giugno 2017, n. 91, recante «Disposizioni urgenti per la crescita economica del Mezzogiorno» (A.C. 4601), trasmesso dal Senato il 27 luglio scorso.
  In riferimento ai profili di stretta competenza della Commissione giustizia, segnala che l'articolo 8 del provvedimento, al comma 1, prevede l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge n. 347/2003, anche in assenza dei requisiti dimensionali previsti dall'articolo 1, comma 1 dello stesso decreto, per le società cessionarie di complessi aziendali acquisiti da società sottoposte ad amministrazione straordinaria ai sensi del predetto decreto-legge n. 347/2003, ferma restando la sussistenza del presupposto dello stato di insolvenza. La deroga è prevista nel caso in cui le predette società siano destinatarie di domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento del contratto di cessione o di dichiarazione, da parte della società cedente, di avvalersi di clausola risolutiva espressa del contratto di cessione dei complessi aziendali acquisiti.
  Rammenta che il comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca una norma di interpretazione autentica dell'articolo 3, comma 1-ter del decreto-legge n. 347/2003, disponendo che esso si interpreta nel senso che nella categoria dei crediti prededucibili ai sensi dell'articolo 111 della legge fallimentare, rientrano quelli delle imprese di autotrasporto che consentono le attività ivi previste e la funzionalità degli impianti produttivi dell'ILVA.
  Osserva che le misure previste dall'articolo in esame si applicano, anche su istanza del commissario straordinario della società cedente, nei confronti delle società alle quali siano stati ceduti complessi aziendali, facenti capo a società sottoposte ad amministrazione straordinaria, nei casi in cui le stesse si rendano gravemente inadempienti rispetto alle obbligazioni contrattualmente assunte all'atto della cessione. Ciò nei casi in cui tali società siano destinatarie di: domanda giudiziale di risoluzione per inadempimento del contratto di cessione; dichiarazione, da parte della società cedente, di avvalersi di clausola risolutiva espressa del contratto di cessione dei complessi aziendali acquisiti.
  Fa presente che l'articolo 9-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca una disciplina volta alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero, allo scopo di attuare la direttiva (UE) 2015/720. A tale riguardo, segnala che le disposizioni riproducono quelle contenute nello schema di decreto legislativo (Atto del Governo n. 357), che non è stato definitivamente adottato.
  In particolare, tale articolo, al comma 1, lettera h), novellando l'articolo 261 del d.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell'ambiente), stabilisce le sanzioni comminate a chi violi le disposizioni contenute negli articoli 226-bis e 226-ter di nuova introduzione. In particolare, è prevista l'aggiunta di tre commi all'articolo 216 del Codice: il nuovo comma 4-bis, che prevede l'introduzione di una sanzione amministrativa pecuniaria in caso di violazione delle disposizioni in materia di commercializzazione delle borse di plastica (articolo 226-bis) o di riduzione della commercializzazione delle borse in materiale ultraleggero (articolo 226-ter). In particolare, si prevede il pagamento di una somma da 2.500 a 25.000 euro, sulla scorta di quanto prevede il comma 4 dell'articolo 2 del decreto-legge 2/2012, che viene abrogato dal comma 3 dell'articolo in esame; il nuovo comma 4-ter, ai sensi del quale la sanzione amministrativa (di cui al comma precedente) è aumentata fino al quadruplo del massimo se la violazione del divieto riguarda ingenti quantitativi di buste di plastica oppure un valore di queste ultime superiore al dieci per cento del fatturato del trasgressore. La medesima sanzione è prevista qualora i produttori usino diciture o altri mezzi finalizzati ad eludere gli obblighi posti dagli articoli 226-bis e 226-ter; il comma 4-quater specifica che le sanzioni introdotte nei due commi precedenti sono Pag. 24applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 e che gli organi di polizia amministrativa, d'ufficio o previa denunzia, provvedono all'accertamento delle violazioni. Viene esplicitamente fatto salvo il disposto dell'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981.
  Rammenta che l'articolo 9-sexies, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, reca misure volte a rafforzare gli interventi per il contrasto del fenomeno degli incendi boschivi dolosi impedendo lo sfruttamento successivo dei terreni incendiati. Più nel dettaglio il comma 1, modificando il comma 1 dell'articolo 10 della legge n. 353 del 2000, prevede che i contratti costituenti diritti reali di godimento, o i contratti di affitto e di locazione di aree e immobili situati nelle zone incendiate, stipulati nei due anni successivi al rogo, siano trasmessi, a cura dell'Agenzia delle entrate entro trenta giorni dalla registrazione, al prefetto e al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente. Il comma 2, inserisce, poi, un ulteriore comma nell'articolo 10 della legge n. 353, il quale esclude l'applicazione della disposizione che prevede l'impossibilità per 15 anni di dare una diversa destinazione ai terreni interessati da incendi, qualora il proprietario del fondo sia stato vittima del reato, anche tentato, di estorsione, accertato con sentenza definitiva, quando la violenza o la minaccia è consistita nella commissione di uno dei reati di cui agli articoli 423-bis (incendio boschivo) e 424 (danneggiamento seguito da incendio) c.p. e a condizione che la richiesta estorsiva sia stata riferita all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria dalla vittima.
  Rileva che l'articolo 11-quater, inserito nel corso dell'esame al Senato, reca stanziamenti per la progettazione, la ristrutturazione, l'ampliamento e la messa in sicurezza di strutture giudiziarie nelle regioni Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. In particolare, il comma 1 prevede i seguenti stanziamenti: 20 milioni per il 2017; 30 milioni per il 2018; 40 milioni per il 2019. A tali oneri si provvede, secondo il comma 2, mediante corrispondenti riduzioni del fondo speciale di parte capitale presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze, recato, per gli anni 2017-2019, dalla Tabella B della legge di bilancio n. 232 del 2016. Il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  Ciò premesso, propone di esprime sul provvedimento in titolo parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta del relatore.

Ratifica ed esecuzione degli emendamenti all'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base del 27 giugno 1980, adottati a L'Aja l'11 dicembre 2014.
C. 4470 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge di Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti all'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base del 27 giugno 1980, adottati a L'Aja l'11 dicembre 2014 (A.C. 4470).
  Rammenta che il Fondo comune dei prodotti di base (Common Fund for Commodities-CFC), con sede ad Amsterdam, è un organismo finanziario intergovernativo il cui accordo istitutivo, negoziato in seno all'UNCTAD (United Nation Conference on Trade and Development) tra il 1976 ed il 1980, fu firmato a Ginevra il 27 giugno 1980 ed è in vigore dal 19 giugno 1989. L'Italia ne ha autorizzato la ratifica con legge 6 agosto 1984, n. 584. Fanno parte del predetto Fondo 113 componenti: 103 Paesi, 12 dei quali appartenenti all'Ue (oltre all'Italia, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Irlanda, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia) Pag. 25e 10 organizzazioni internazionali tra le quali l'Unione Europea, l'Unione Africana, il Mercato Comune dei Caraibi (CARICOM), il Mercato Comune per il Sud-Est dell'Africa (COMESA) e la Comunità Economica Eurasiatica (EAEC).
  Evidenzia che finalità primaria del Fondo è il consolidamento dello sviluppo socio-economico dei Paesi in via di sviluppo (PVS) e dei Paesi meno avanzati (PMA) produttori di materie prime, attraverso il finanziamento o cofinanziamento di progetti pilota nel settore delle materie prime destinati al miglioramento della produzione e del commercio di tali prodotti, rilevanti per le economie dei Paesi produttori.
  Rammenta che in esito a discussioni svoltesi nel corso di circa sei anni in seno al Consiglio esecutivo – l'organismo incaricato di deliberare sul finanziamento dei progetti e su tutte le tematiche di natura finanziaria e amministrativa, nonché su eventuali rinnovi dell'Accordo istitutivo – e ai Working Group appositamente istituiti, nel corso della 26a sessione del Consiglio dei Governatori, tenutasi a L'Aja il 10-11 dicembre 2014, è stata raggiunta l'intesa definitiva sugli emendamenti all'Accordo istitutivo che implicano una modifica dei capitoli I, II, III, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e XIII e dell'appendice, nonché l'eliminazione dal testo originario dell'intero capitolo IV.
  Fa presente che gli emendamenti al testo dell'Accordo istitutivo del Fondo, rispondono all'esigenza di porre il Fondo Comune per i Prodotti di Base in condizione di reperire risorse presso la comunità dei donatori su base volontaria, dal momento che si sono esaurite le contribuzioni degli Stati membri.
  Rileva che la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento originario presentato al Senato (AS 2674) evidenzia, inoltre, che da tempo gli Stati membri, in particolare i Paesi OCSE, tra cui l'Italia, avevano manifestato l'indisponibilità ad ulteriori contribuzioni in assenza di una riforma globale del Fondo, della sua configurazione e dei suoi obiettivi. Gli emendamenti in questione, prosegue la relazione, non comportano versamenti da parte degli Stati membri, prevedendo, al contrario, la cancellazione delle 10.000 payable shares (azioni esigibili) e dei corrispondenti debiti contratti per la loro sottoscrizione da parte dei Membri: per l'Italia, in particolare, si tratta della cancellazione di azioni per 2.723.930 unità di conto che comporta l'eliminazione di un onere potenziale per il nostro Paese.
  Con riferimento al contenuto, segnala che il testo dell'Accordo istitutivo del Fondo comune dei prodotti di base, come risultante dall'adozione degli emendamenti, consta di un preambolo, 58 articoli organizzati in 12 capitoli e 6 allegati.
  Sulla base delle informazioni desumibili dalla relazione illustrativa, tra gli aspetti di stretta competenza della Commissione Giustizia, segnala tra le più rilevanti modifiche, la previsione di una nuova procedura più stringente per l'aumento delle quote di capitale, che implica l'approvazione della decisione a maggioranza qualificata da parte del Consiglio dei Governatori e l'entrata in vigore della decisione solo a seguito dell'accettazione della stessa da parte di tutti gli Stati membri. Viene trasferita dal Comitato esecutivo al Consiglio dei Governatori la facoltà di decidere a maggioranza qualificata il versamento delle quote di capitale sottoscritte dai Membri al momento dell'adesione al Fondo (articolo 10). È eliminata la previsione di concedere doni («grants»). Il Fondo potrà accettare risorse finanziarie messe a disposizione su base volontaria da uno o più membri allo scopo di stabilire Fondi fiduciari per la realizzazione degli obiettivi del Fondo; le risorse destinate ai Trust Funds dovranno essere gestite separatamente dalle altre risorse del CFC, sulla base delle decisioni del Consiglio esecutivo e di appositi accordi siglati caso per caso (Capitoli I, IV e V).
  Con riferimento al contenuto del disegno di legge di ratifica, segnala che lo stesso consta di tre articoli che ineriscono, rispettivamente, all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2) ed all'entrata in vigore del Pag. 26testo a far data dal giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta ufficiale (articolo 3).
  Ciò premesso, propone di esprimere sul provvedimento in discussione parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a L'Aja con risoluzione ICC n. 2 del 26 novembre 2015.
C. 4471 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge di Ratifica ed esecuzione dell'emendamento all'articolo 124 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato a L'Aja con risoluzione ICC n. 2 del 26 novembre 2015 (A.C. 4471).
  Segnala che la decisione di riesaminare l'articolo 124 era stata presa nel corso della sessione dell'Assemblea degli Stati Parte, tenutasi a New York nel dicembre 2014: a seguito del lavoro da parte del Working Group sugli Emendamenti del Bureau dell'Assemblea degli Stati Parte, la proposta di emendamento dell'articolo 124 è giunta allo stato di decisione in plenaria nel novembre dell'anno successivo.
  A tale riguardo, rammenta che la Corte penale internazionale è un tribunale chiamato a giudicare i responsabili di crimini particolarmente efferati, che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, come il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione. La Corte ha un proprio Statuto, stipulato a Roma il 17 luglio del 1998, che ne definisce in dettaglio la giurisdizione ed il funzionamento. In particolare, lo Statuto costituisce lo strumento normativo primario per disciplinare le finalità, la struttura ed il funzionamento della Corte penale internazionale; esso individua i principi posti alla base dell'attività giurisdizionale in materia e disciplina le procedure di cooperazione tra la Corte e gli Stati ai fini dello svolgimento di atti di indagine sul territorio di uno Stato nonché il ruolo degli Stati nell'esecuzione delle pene irrogate dalla Corte.
  Rileva che lo Statuto istitutivo della Corte Penale Internazionale, entrato in vigore il 1o luglio 2002, inserisce il genocidio (Articolo 6), i crimini contro l'umanità (Articolo 7) e i crimini di guerra (Articolo 8) nella competenza della stessa Corte penale internazionale.
  Rammenta che la Corte penale internazionale è la prima giurisdizione penale sovranazionale indipendente, permanente e con competenza non retroattiva. A differenza dei due tribunali ad hoc istituti degli anni Novanta (per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda), la Corte penale internazionale – ICC (International Criminal Court) non è un organo delle Nazioni Unite, ma un soggetto autonomo, dotato di una propria personalità giuridica internazionale. La Corte è composta da 18 giudici, scelti tra persone in possesso dei requisiti di nomina ai più alti uffici giudiziari nei paesi di provenienza L'Assemblea degli Stati parti è composta da un rappresentante per ciascun Paese membro e, oltre al potere di eleggere giudici e Procuratore, ha importanti compiti nell'amministrazione e nella gestione finanziaria della struttura. Essa ha poi ha anche una importante funzione nel procedimento di revisione dello Statuto, perché può approvare modifiche da sottoporre poi alla ratifica degli Stati membri
  Osserva che, come è noto, l'Italia ha ratificato l'atto fondatore di questa nuova giurisdizione internazionale con la legge n. 232 del 1999. Il nostro è stato il primo Paese europeo a ratificare lo Statuto, mediante la legge 12 luglio 1999, n. 232. Le norme di adeguamento dell'ordinamento Pag. 27interno alle disposizioni recate dallo Statuto – in assenza delle quali era impossibile cooperare con la Corte, ad esempio consegnandole gli autori (o i presunti autori) di gravi crimini internazionali che in Italia avessero cercato rifugio – sono state adottate dalla legge n. 237 del 2012.
  Segnala che l'articolo 124 dello Statuto di Roma contiene una disposizione transitoria secondo la quale «uno Stato che diviene parte del presente Statuto può, nei sette anni successivi all'entrata in vigore dello Statuto nei suoi confronti, dichiarare di non accettare la competenza della Corte per quanto riguarda la categoria di reati di cui all'articolo 8 quando sia allegato che un reato è stato commesso sul suo territorio o da suoi cittadini. Tale dichiarazione può essere ritirata in qualsiasi momento...».
  Ricorda che l'articolo 8 dello Statuto di Roma riguarda i «crimini di guerra» e contiene un elenco degli atti violativi del diritto internazionale che integrano tali fattispecie.
  Osserva che con l'entrata in vigore dell'emendamento in esame, pertanto, precisa l'Analisi tecnico-normativa che correda il disegno di legge presentato al Senato (AS 2709, approvato dall'Assemblea il 4 maggio 2017), verrà meno la facoltà, per gli Stati che accedono allo Statuto, di sospendere per sette anni la giurisdizione della Corte per i crimini di guerra. Tale facoltà costituisce l'unica eccezione all'inammissibilità dell'apposizione di riserve allo Statuto, che è principio sancito dall'articolo 120 dello Statuto di Roma; di essa si sono avvalse soltanto Francia e Colombia. La clausola di «opt out» dell'articolo 124, infatti, era stata inserita nel corso dei negoziati precedenti l'adozione dello Statuto di Roma, come disposizione di compromesso finalizzata a favorire un maggior numero di adesioni allo Statuto. La clausola è espressione delle preoccupazioni manifestate da diversi Stati, e in particolare dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, per l'assenza di previsioni che consentissero agli Stati di limitare la giurisdizione della Corte. Francia e Stati Uniti, in particolare, avevano lamentato l'assenza di garanzie nei confronti di possibili incriminazioni delle truppe impegnate all'estero in missioni di peace keeping. Con l'eliminazione di tale disposizione dall'articolato dello Statuto di Roma, sottolinea la relazione illustrativa, l'Assemblea degli Stati Parte risponde all'obiettivo dell'integralità del testo fondatore della Corte Penale Internazionale, in quanto tutti gli atti previsti dallo Statuto e integranti una fattispecie criminosa saranno imputabili, senza possibili eccezioni rispetto ai crimini di guerra.
  Rammenta che l'emendamento in esame, in conformità con quanto previsto dal paragrafo 4 dell'articolo 121 dello Statuto di Roma, entrerà in vigore nei confronti di tutti gli Stati parti un anno dopo che sette ottavi di tali Stati abbiano depositato i loro strumenti di ratifica o di accettazione presso il Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
  Rammenta, altresì, che alla data di oggi l'emendamento risulta ratificato da cinque Paesi, Finlandia, Norvegia, Slovacchia, Olanda e Portogallo, su 124 Stati parti dello Statuto di Roma.
  Con riferimento al contenuto del disegno di legge di ratifica, segnala che lo stesso si compone di 3 articoli che dispongono, rispettivamente, in merito all'autorizzazione alla ratifica (articolo 1), all'ordine di esecuzione (articolo 2) ed all'entrata in vigore, che è stabilita per il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (articolo 3).
  Ciò premesso, propone di esprimere sul provvedimento in titolo parere favorevole.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta del relatore.

  La seduta termina alle 12.10.

SEDE REFERENTE

  Venerdì 28 luglio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 12.10.

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Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate.
C. 1039-1138-1189-2580-2737-2786-2956-B approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 26 luglio 2017.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che nell'ultima seduta è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 15 di lunedì 18 settembre prossimo, prevedendo comunque la possibilità di svolgere alcune mirate audizioni nel corso della settimana precedente. A tale proposito non posso non ricordare che il provvedimento viene esaminato in seconda lettura dalla Camera (complessivamente in terza lettura dal Parlamento) e che su di esso sono stati già compiuti approfondimenti istruttori attraverso articolate audizioni da parte dei due rami del Parlamento. Si deve tenere conto, inoltre, che in precedenza una ulteriore approfondita indagine sui medesimi temi era stata già effettuata dalla Commissione antimafia e che tale indagine ha poi portato alla presentazione della proposta di legge C. 2737 Bindi, confluita nel testo unificato approvato dalla Camera, ed alla presentazione di una serie di emendamenti, alcuni dei quali approvati in prima lettura.
  Per quanto attiene all'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione Giustizia della Camera in prima lettura, ricorda che sono stati sentiti in ordine cronologico (le qualifiche si riferiscono alla carica ricoperta al momento dell'audizione): Flavio Monteleone, Consigliere della Corte di appello di Roma; Silvana Saguto, Presidente della Sezione misure di prevenzione presso il Tribunale di Palermo; Francesca La Malfa, Presidente della Sezione misure di prevenzione presso il Tribunale di Bari; Guglielmo Muntoni, Presidente della terza Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Roma; Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma; Francesco Menditto, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lanciano; Antonio Balsamo, Presidente della Corte di Assise e della Sezione misure di prevenzione presso il Tribunale di Caltanissetta; Giovanbattista Tona, Consigliere della Corte d'appello presso il Tribunale di Caltanissetta e consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, e anche straniere; rappresentanti dell'Associazione bancaria italiana (ABI); rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE); rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e rappresentanti dell'Istituto nazionale amministratori giudiziari, Giuliana Merola, Consulente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere e Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Fa presente che il Senato, in seconda lettura, ha audito: Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, il Colonnello Letizi della Guardia di finanza, i magistrati Catello Maresca, Antonio Balsamo, Raffaello Maggi e Ilda Boccassini, la dott.ssa Antonella De Miro, prefetto di Palermo, il dott. Michele Di Bari, prefetto di Reggio Calabria, la dott.ssa Paola Basilone, prefetto di Roma, i professori Visconti e Alberto De Chiara, i rappresentanti dell'Agenzia nazionale amministrazione e destinazione beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, del Consiglio nazionale dottori commercialisti ed esperti contabili, dell'Associazione nazionale costruttori edili, dell'Unione camere penali italiani e della Confindustria Reggio Calabria.
  Rileva che tutti i resoconti ed i documenti depositati dagli auditi sono a disposizione dei deputati.Pag. 29
  Considerato che i temi oggetto del provvedimento in esame sono stati già approfonditi nelle precedenti letture, non ritiene utile procedere ad una ulteriore indagine conoscitiva strutturata secondo le modalità adottate in prima lettura, che hanno portato a sentire anche singoli magistrati, esperti della materia ovvero rappresentanti di associazioni che operano nei settori disciplinati dal provvedimento.
  A tale proposito, rileva che l'approccio che deve caratterizzare l'esame di un provvedimento in terza lettura deve essere necessariamente diverso da quello utilizzato in prima lettura, quando l'approfondimento delle questioni e delle tematiche trattate da un provvedimento deve essere ancora effettuato. Solo in prima lettura si giustificano ampie indagini conoscitive che vedono coinvolti singoli esperti della materia, come ad esempio magistrati e docenti universitari. In una terza lettura, invece, le questioni dal punto di vista tecnico-giuridico sono state già approfondite, per cui rimangono da prendere unicamente le scelte di natura politica sull'approvazione o modificazione di un testo. Di queste scelte vi deve essere una assunzione di responsabilità politica da parte dei gruppi, che non può essere riversata su una particolare posizione di un determinato soggetto che viene audito quale esperto della materia, il quale è portatore unicamente di un proprio punto di vista su una determinata questione.
  Non ritiene, quindi, di accogliere la richiesta di audizioni formulata nelle precedenti sedute dal gruppo Movimento 5 Stelle né le richieste specifiche dei deputati Nuti e Dambruoso trasmesse alla Presidenza, che sono state formulate secondo i criteri adottati in prima lettura per individuare i soggetti da audire. Rileva che in questa fase si sarebbe potuto sentire eventualmente, per il particolare ruolo istituzionale rivestito in relazione alle tematiche affrontate dal testo, il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, qualora non fosse stato già audito sia dalla Camera che dal Senato.

  Davide MATTIELLO (PD), relatore, si associa alle considerazioni della presidente, ribadendo come anche la Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e delle altri associazioni criminali abbia effettuato una approfondita indagine conoscitiva sulla materia, all'esito della quale è stata approvata all'unanimità una «relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata». Rammenta, inoltre, che sull'argomento siano stati approvati alcuni atti di indirizzo. Sottolineando, quindi, come la materia sia stata già oggetto di ampia riflessione, ritiene che sia venuto il momento che la politica si assuma le sue responsabilità.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, ricorda che è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 15 di lunedì 18 settembre prossimo e rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati.
C. 4574 Berretta.

(Esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 4575 Berretta).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, fa presente che la proposta di legge C. 4574 intende garantire all'avvocato, nei rapporti con clienti diversi dai consumatori il diritto a percepire un compenso equo.
  A tale riguardo, rammenta che nel nostro ordinamento, il compenso del professionista è stato, fino ad un recente passato, commisurato in base a un sistema tariffario obbligatorio. Sulla materia – nell'ambito di una politica di liberalizzazioni – è intervenuta la cd. legge Bersani (legge n. 248 del 2006, di conversione del decreto-legge n. 223 del 2006) che, all'articolo 2, in conformità al principio comunitario Pag. 30di libera concorrenza e a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono l'obbligatorietà dei minimi tariffari. Il definitivo superamento del sistema tariffario è stato successivamente opera dell'articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012, che ha previsto l'abrogazione definitiva delle tariffe delle professioni regolamentate (oltre ai minimi, vengono meno anche i massimi tariffari), introducendo una nuova disciplina del compenso professionale: il professionista può liberamente pattuire qualunque compenso con il cliente, purché adeguato all'importanza dell'opera.
  Rammenta, inoltre, che l'articolo 9 del decreto-legge n. 1 del 2012 ha confermato l'obbligo di pattuizione del compenso al momento del conferimento dell'incarico «nelle forme previste dall'ordinamento» (anziché sempre in forma scritta) prevedendo: l'obbligo del professionista di predisporre «un preventivo di massima» che renda nota in anticipo al cliente la misura del compenso; è confermato l'obbligo del professionista di informare il cliente della complessità dell'incarico e degli oneri ipotizzabili dall'inizio del mandato fino alla sua conclusione; che la misura del compenso deve essere, in ogni caso, adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi; nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, la determinazione del compenso professionale con riferimento a parametri tariffari stabiliti con decreto del ministro vigilante.
  Con particolare riferimento alla professione forense, osserva che la legge professionale (legge n. 247 del 2012, articolo 13) ha stabilito per i compensi la possibile pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione. A richiesta, l'avvocato è altresì tenuto a comunicare in forma scritta al cliente la prevedibile misura del compenso, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.
  Rileva che l'articolo 13 della legge professionale forense ha previsto l'aggiornamento ogni 2 anni dei parametri per la liquidazione dei compensi indicati nel decreto ministeriale giustizia, su proposta del Consiglio nazionale forense.
  Oggi si fa riferimento al decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247): tale decreto si compone di una parte normativa, che detta i criteri generali per la determinazione dei compensi, e di tabelle parametriche, una per ogni tipo di procedimento civile e per il processo penale, con la indicazione del parametro di valore medio. Ciascuna tabella è divisa nelle 4 fasi procedimentali (studio della controversia, attività istruttoria, attività dibattimentale e decisione) e per scaglioni di valore che replicano quelli ministeriali per il pagamento del contributo unificato. Per la professione forense, i parametri trovano applicazione: quando il giudice liquida le spese al termine dei giudizi; quando avvocato e cliente non hanno determinato il compenso in forma scritta; quando avvocato e cliente non hanno determinato il compenso consensualmente. In mancanza di accordo tra avvocato e cliente, ciascuno di essi può rivolgersi al consiglio dell'ordine affinché esperisca un tentativo di conciliazione. In mancanza di accordo, il consiglio, su richiesta dell'iscritto, può rilasciare un parere sulla congruità della pretesa dell'avvocato in relazione all'opera prestata.
  Rammenta che, oltre al compenso per la prestazione professionale, all'avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione Pag. 31contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell'interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfettarie, la cui misura massima è determinata dal decreto ministeriale, unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive.
  Rileva che sul ruolo dei parametri forensi nella determinazione del compenso degli avvocati si è espresso in più occasioni anche l'Autorità «Antitrust». In particolare, nell'audizione al Senato (28 ottobre 2015) sul disegno di legge AS 2085, «Legge annuale per il mercato e la concorrenza», il Presidente dell'Autorità ha sottolineato che «nonostante la ormai piena liberalizzazione delle tariffe professionali, nell'attuale legge forense si prevede che, in caso di mancato accordo tra cliente e avvocato, si applichino i parametri stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia sentito il Consiglio Nazionale Forense. Gli avvocati sono quindi chiamati ad applicare nei rapporti con i loro clienti parametri che nelle altre professioni sono invece destinati esclusivamente alla determinazione della liquidazione giudiziale dei compensi. Di fatto, quindi, i parametri forensi sono suscettibili di tradursi in valori di riferimento per i professionisti nella determinazione del compenso e si prestano a svolgere lo stesso ruolo delle «tariffe», abrogate dalle precedenti misure di liberalizzazione, comprimendo ingiustificatamente il principio di libera pattuizione del compenso affermato anche dalla stessa legge forense». L'Autorità, ancora una volta valorizzando l'autonomia dei rapporti economici tra avvocati e clienti rispetto agli ordini di appartenenza, ha auspicato l'eliminazione di ogni ruolo degli ordini circondariali nella determinazione del compenso nelle controversie tra clienti e avvocati (in particolare, il loro ruolo di conciliatori nonché il compito di emettere pareri sulla congruità dei compensi richiesti dai professionisti). Ciò al fine di non ingenerare nei clienti la convinzione che il compenso individuato dall'ordine costituisca il giusto compenso dell'attività professionale, allorché in capo allo stesso ordine sussista un palese conflitto di interessi».
  Ciò premesso, nel passare ad esaminare il contenuto della proposta di legge in titolo, segnala che l'articolo 1 specifica e delinea l'oggetto della proposta stessa e definisce il concetto di equo compenso. In particolare, in base al comma 1, obiettivo della proposta di legge è tutelare l'equità del compenso corrisposto all'avvocato da clienti diversi dai consumatori e dagli utenti. La proposta richiama la definizione di consumatori e utenti di cui all'articolo 3, lett. a), del decreto legislativo n. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo); il campo d'applicazione del provvedimento è dunque quello dei rapporti professionali tra l'avvocato e tutti i clienti diversi dalle persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. La relazione illustrativa del provvedimento chiarisce che l'obiettivo dell'intervento è quello di tutelare il professionista a fronte di «clienti cosiddetti forti, come banche e assicurazioni». La individuazione in negativo dei committenti porta a ricomprendervi anche amministrazioni ed enti pubblici. Il comma 2 definisce equo il compenso dell'avvocato quando è «proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto» – come già richiesto in via generale dall'articolo 36 della Costituzione – nonché «al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale», anche tenendo conto dei parametri determinati dal decreto del Ministro della Giustizia per la determinazione del compenso dell'avvocato per ogni ipotesi di mancata determinazione consensuale e liquidazione giudiziale.
  Fa presente che l'articolo 2 qualifica come «clausole vessatorie» le clausole contrattuali che, nei rapporti tra l'avvocato e il cliente diverso dal consumatore e dall'utente, determinano un eccessivo squilibrio tra le parti, a svantaggio dell'avvocato, per il quale è previsto un compenso non equo (comma 1). Questa clausola vessatoria è nulla (comma 2).Pag. 32
  Osserva che la proposta di legge, dunque, non si limita a garantire il contraente debole – che in questo caso è ritenuto essere l'avvocato – prevedendo una specifica sottoscrizione della clausola vessatoria, per espressa accettazione (come richiesto dall'articolo 1341, secondo comma, del codice civile), né richiede che le clausole vessatorie siano oggetto di trattativa individuale (come richiesto dall'articolo 34, comma 4, del Codice del consumo nei rapporti professionista/consumatore), ma qualifica comunque tali clausole come contra legem e dunque nulle, delimitando l'autonomia contrattuale delle parti e impedendo al professionista di sottoscrivere contratti che comportino un compenso ritenuto dalla legge non equo. La proposta intende così scongiurare la corsa al ribasso nella determinazione del compenso per l'attività forense, corsa al ribasso che pregiudicherebbe la qualità del servizio professionale offerto. La nullità riguarda la sola clausola vessatoria e non coinvolge l'intero contratto.
  In proposito, ricorda che in base all'articolo 1419 del codice civile «la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità». Il secondo comma della disposizione aggiunge che «la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative». L'articolo 36 del Codice del consumo prevede, al comma 1, che «Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto» e specifica al comma 3 che «La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice».
  Osserva che la proposta di legge presume la natura vessatoria di alcune clausole, che vengono elencate. La presunzione fa sì che spetti alle parti fornire la prova contraria, cioè dimostrare che quella disposizione contrattuale non viola il principio dell'equo compenso. Si presumono vessatorie, con conseguente nullità, le disposizioni del contratto che: riservano al committente la prestazione professionale la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto; consentono al committente di recedere dal contratto senza un congruo preavviso; attribuiscono al committente la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto; attribuiscono al committente la facoltà di pretendere prestazioni aggiuntive che l'avvocato deve esercitare a titolo gratuito; prevedono che l'avvocato debba anticipare le spese della controversia; consentono all'avvocato la rinuncia al rimborso delle spese; prevedono il pagamento del compenso professionale con un termine superiore ai 60 giorni dalla fattura; prevedono, nell'ipotesi di liquidazione delle spese di lite in favore del committente, che all'avvocato sia riconosciuto solo il minor importo previsto nella convenzione, anche nel caso che le spese liquidate siano state in tutto o in parte corrisposte o recuperate dalla parte; prevedono, in caso di nuova convenzione tra l'avvocato e il precedente committente, che i compensi più bassi pattuiti nel nuovo contratto si applichino anche agli incarichi pendenti.
  In merito a tali ipotesi segnala che la proposta di legge riproduce in parte quanto già affermato – per tutti i lavoratori autonomi – dai commi 1 e 2 dell'articolo 3 (Clausole e condotte abusive) della recente legge n. 81 del 2017 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato), ai sensi del quale «1. Si considerano abusive e prive di effetto le clausole che attribuiscono al committente la facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto o, nel caso di contratto avente ad oggetto una prestazione continuativa, di recedere da esso senza congruo preavviso nonché le clausole mediante le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a sessanta giorni dalla data del ricevimento da parte del committente della fattura o della richiesta di pagamento. Pag. 332. Si considera abusivo il rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta».
  Segnala, infine, che l'articolo 3, contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  Propone, quindi, che alla proposta di legge in titolo sia abbinata la proposta di legge Berretta C. 4575, recante «Disposizioni in materia di equo compenso nell'esercizio delle professioni regolamentate», poiché vertente su materia analoga.

  Andrea COLLETTI (M5S) ritiene che sarebbe preferibile, anziché approvare un testo del tutto autonomo, novellare direttamente la legge professionale forense (legge n. 247 del 2012).

  Donatella FERRANTI, presidente, dopo aver rilevato che le osservazioni del collega Colletti potranno essere oggetto di riflessione da parte del relatore e della Commissione ed aver preso atto della condivisione della Commissione in merito alla proposta di abbinamento del relatore, dispone l'abbinamento della proposta di legge C. 4575 Berretta alla proposta di legge C. 4574 Berretta. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.25.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.25 alle 12.30.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Venerdì 28 luglio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 12.30.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-11984 Maestri: Sulla carenza di organico del Corpo della polizia penitenziaria e del personale addetto alle misure alternative alla detenzione presso il carcere San Michele di Alessandria.

  Andrea MAESTRI (SI-SEL-POS) rinuncia ad illustrare l'atto di sindacato ispettivo in titolo.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Andrea MAESTRI (SI-SEL-POS), nel ringraziare il sottosegretario Baretta per la risposta resa, si dichiara della stessa parzialmente soddisfatto. Pur esprimendo apprezzamento sul nuovo regime di vigilanza dinamica, diretto a favorire la risocializzazione, la responsabilità e l'autonomia del detenuto, in linea con i parametri costituzionali, ritiene che lo stesso debba necessariamente coniugarsi con adeguate dotazioni sia strutturali sia di personale, favorendo, altrimenti, il rischio di evasioni. Per tali ragioni, pur prendendo atto degli impegni assunti dall'Esecutivo, si riserva di monitorare attentamente la questione rappresentata nel suo atto di sindacato ispettivo.

5-11985 Businarolo: Sulla libertà di stampa e la vicenda relativa ad un giornalista de Il Fatto quotidiano.

  Francesca BUSINAROLO (M5S) rinuncia ad illustrare l'atto di sindacato ispettivo in corso.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

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  Francesca BUSINAROLO (M5S), nel ringraziare il rappresentante del Governo per la risposta resa, si dichiara, tuttavia, insoddisfatta della stessa, sottolineando la gravità della vicenda rappresentata nel suo atto di sindacato ispettivo. A tale riguardo, ritiene grave e singolare che sia stata effettuata una perquisizione ai danni di una persona, Marco Lillo, giornalista de «Il Fatto Quotidiano», attualmente non indagata. A suo avviso, si tratta, infatti, in tutta evidenza, di una operazione dai connotati intimidatori. Nell'evidenziare, quindi, come tutta la vicenda sia sensibilmente allarmante, anche alla luce del fatto che anche altri giornalisti avrebbero subito atti di intimidazione, auspica che il Governo assuma rapidamente iniziative di carattere normativo dirette a garantire la libertà di informazione.

  Donatella FERRANTI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 12.45.

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