CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 luglio 2017
855.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 37

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 19 luglio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.

Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate.
C. 1039-1138-1189-2580-2737-2786-2956-B approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione del relatore, onorevole Mattiello, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, fa presente che il provvedimento all'esame della Commissione è composto da 38 articoli, la gran parte dei quali riformano in più punti la disciplina del Pag. 38Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011). La proposta di legge è divisa in sette Capi: Capo I, Misure di prevenzione personali; Capo II, Misure di prevenzione patrimoniali; Capo III, Amministrazione, gestione e destinazione di beni sequestrati e confiscati; Capo IV, Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali; Capo V, Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; Capo VI, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legislazione complementare. Deleghe al governo per la disciplina del regime di incompatibilità relativo agli uffici di amministratore giudiziario e di curatore fallimentare e per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate; Capo VII, Disposizioni di attuazione e transitorie.
  Tra i punti più qualificanti del provvedimento segnala: l'ampliamento dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali agli indiziati del reato di assistenza agli associati e di associazione a delinquere finalizzata a numerosi reati contro la pubblica amministrazione; la trattazione prioritaria del procedimento di prevenzione patrimoniale; il passaggio della competenza per l'adozione delle misure di prevenzione dal tribunale del capoluogo della provincia al tribunale del distretto; l'istituzione, in sede distrettuale, di sezioni o collegi giudicanti specializzati per le misure di prevenzione; l'introduzione di limiti di eccepibilità dell'incompetenza territoriale e della competenza dell'organo proponente la misura; le modifiche procedimentali alla disciplina delle misure di prevenzione; la revisione della disciplina dell'amministrazione giudiziaria; la dettagliata disciplina del controllo giudiziario dell'azienda; le norme sulla trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari; le disposizioni in tema di sgombero e liberazione di immobili sequestrati; le forme di sostegno volte a consentire la ripresa delle aziende sequestrate, la loro continuità produttiva e le misure a tutela dei lavoratori; la revisione della disciplina sulla tutela dei terzi di buona fede; la riorganizzazione e il potenziamento dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati, con competenza nell'amministrazione e destinazione dei beni solo dalla confisca di secondo grado; l'estensione della cosiddetta confisca allargata e la sua assimilazione alla disciplina della confisca di prevenzione antimafia.
  Rammenta che la prima parte della riforma modifica la disciplina sulle misure di prevenzione contenuta negli articoli da 4 a 8 del Codice antimafia. In particolare, l'articolo 1 – nel testo approvato dalla Camera – modifica l'articolo 4 del Codice ampliando il catalogo dei possibili destinatari delle misure di prevenzione personali (e patrimoniali, in forza del rinvio di cui all'articolo 16, comma 1, lett. a), del Codice). Il testo trasmesso al Senato ha previsto che tali misure possano essere applicate anche a coloro i quali: fuori dei casi di concorso e favoreggiamento, sono indiziati di prestare assistenza agli associati alle organizzazioni a delinquere e mafiose (articolo 418 del codice penale); sono indiziati di una serie di reati contro la pubblica amministrazione. Rispetto al testo approvato dalla Camera dei deputati, il Senato ha ulteriormente esteso l'ambito soggettivo di applicazione delle misure di prevenzione, ricomprendendovi anche: gli indiziati di uno dei delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo (articolo 51, comma 3-quater, c.p.p.); coloro che, isolatamente o in gruppi, pongano in essere «atti esecutivi» diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato mediante la commissione di una serie di delitti (i delitti di comune pericolo mediante violenza, tra cui strage, incendio, disastro aviatorio o ferroviario, naufragio; insurrezione armata contro i poteri dello Stato; devastazione, saccheggio e strage; guerra civile; banda armata; epidemia; avvelenamento di acque o di sostanze alimentari; sequestro di persona, anche a scopo di estorsione); terrorismo, anche internazionale; coloro che partecipino a conflitti in territorio estero a sostegno di organizzazioni terroristiche internazionali (cosiddetti foreign fighters); attualmente il Codice fa riferimento ai soli atti preparatori; coloro che Pag. 39compiano atti esecutivi (a legislazione vigente sono previsti unicamente gli «atti preparatori») diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della «legge Scelba» (legge 654/1952); gli indiziati per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (articolo 640-bis c.p.); gli indiziati del delitto di atti persecutori, cd. stalking (articolo 612-bis c.p.).
  Per quanto riguarda gli indiziati di una specifica serie di reati contro la pubblica amministrazione, rammenta che una modifica approvata dal Senato ha introdotto il collegamento di tali delitti con il reato associativo; ha escluso dal catalogo dei delitti contro la p.a. il peculato d'uso, già individuato dal testo della Camera dei deputati (articolo 314, secondo comma, c.p.). Le misure di prevenzione personali e patrimoniali potranno quindi essere applicate nei confronti degli indiziati di associazione a delinquere (articolo 416 c.p.) finalizzata alla commissione di taluno dei seguenti delitti contro la pubblica amministrazione: peculato (articolo 314, primo comma), peculato mediante profitto dell'errore altrui (articolo 316), malversazione a danno dello Stato (articolo 316-bis), indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (articolo 316-ter), concussione (articolo 317), le diverse ipotesi di corruzione (artt. 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis), induzione indebita a dare o promettere utilità (319-quater). Si tratta, sostanzialmente, dello stesso catalogo di reati contro la p.a. alla cui condanna consegue la confisca allargata di cui all'articolo 12-sexies del DL 306/1992.
  Segnala che l'articolo 2 della proposta di legge modifica gli articoli da 5 a 8 del Codice relativi al procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali. La disposizione: all'articolo 5 del Codice prevede – a seguito delle novelle introdotte dal Senato – che: le funzioni e le competenze del procuratore della Repubblica presso il tribunale capoluogo del distretto sono attribuite «anche» al procuratore della Repubblica del tribunale del circondario (il testo della Camera prevedeva che l'attribuzione avesse luogo in esclusiva al procuratore della Repubblica presso il tribunale circondariale); tali funzioni e competenze, relative alla titolarità della proposta di misure di prevenzione personale, riguardi anche gli indiziati di associazione finalizzata alla commissione dei citati reati contro la pubblica amministrazione, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e atti persecutori; la proposta debba essere adottata previo coordinamento con il procuratore della Repubblica del capoluogo del distretto (il testo-Camera prevedeva la sola comunicazione). Sempre all'articolo 5 modifica la competenza del giudice delle misure di prevenzione, che appartiene attualmente al tribunale del capoluogo di provincia del territorio ove la persona proposta dimora (articolo 5, comma 4, del Codice); la competenza viene ora trasferita a livello di tribunale del distretto. In base ad altra modifica introdotta dal Senato all'articolo 5, si prevede una eccezione alla nuova regola generale secondo cui la proposta di misura di prevenzione antimafia debba essere depositata presso le cancellerie delle istituende sezioni o dei collegi speciali per le misure di prevenzione del tribunale distrettuale nel territorio del quale la persona dimora (sezioni e collegi istituiti dal successivo articolo 31 della p.d.l.); infatti, tali sezioni e collegi sono istituiti anche presso i tribunali circondariali di Trapani e Santa Maria Capua Vetere, dove quindi andranno proposte le misure (anziché presso i tribunali distrettuali di Palermo e Napoli). All'articolo 6 del Codice, si prevede che il divieto di soggiorno possa essere applicato anche in relazione a una o più regioni (anziché a più province). All'articolo 7 del Codice il Senato ha previsto, rispetto al testo Camera, che il tribunale, dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti, ammette le prove rilevanti escludendo quelle vietate dalla legge o superflue e che anche il legittimo impedimento del difensore costituisce motivo di rinvio dell'udienza.
  Sempre con riguardo al giudizio di primo grado, rammenta che l'articolo 2 introduce sette nuovi commi all'articolo 7 Pag. 40del Codice. Più nel dettaglio i nuovi commi 10-bis, 10-ter e 10-quater recano un'articolata regolamentazione delle questioni concernenti la competenza territoriale, il 10-quinquies sulle spese processuali, mentre commi 10-sexies, 10-septies e 10-octies hanno per oggetto i termini processuali. Infine, la disposizione in esame modifica l'articolo 8 del Codice, coordinandone il contenuto con le modifiche all'articolo 6, comma 2, del Codice, in modo da prevedere che il decreto del tribunale possa contenere, tra le prescrizioni, il divieto di soggiorno in una o più regioni; è poi previsto che la decisione del tribunale debba essere comunicata anche al difensore del proposto. L'articolo 3 interviene sui commi 1 e 3 dell'articolo 10 del Codice, in materia di impugnazione delle misure di prevenzione personali, permettendo la proposizione del ricorso in appello e in Cassazione anche al difensore dell'interessato (attualmente tale facoltà compete al solo legittimato).
  Osserva che nel corso dell'esame al Senato sono stati aggiunti nuovi commi all'articolo 10: – il comma 1-bis, che prevede in capo al PM obblighi di rapida trasmissione al PG presso la corte d'appello del proprio fascicolo nel quale, al termine del procedimento di prevenzione di primo grado, deve inserire tutti gli eventuali elementi di prova sopravvenuti dopo la decisione del tribunale (da portare a conoscenza delle parti); – il comma 2-bis, che stabilisce l'annullamento del decreto di primo grado in caso di incompetenza del tribunale, riproposta in appello; si precisa tuttavia la validità degli elementi acquisiti nonostante la declaratoria di incompetenza; – il comma 2-ter, che stabilisce che si applicano le citate disposizioni del comma 2-bis anche se la proposta sia stata avanzata da soggetti che non ne avevano la titolarità in base all'articolo 5 del Codice e l'eccezione di incompetenza sia stata riproposta con il gravame; – il comma 3-bis, che prevede, in caso di ricorso per cassazione, l'applicazione delle indicate disposizioni di cui ai nuovi commi 2-bis e 2-ter. L'articolo 4 integra con due commi aggiuntivi (2-bis e 2-ter) l'articolo 14 del Codice, relativo a decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. La disciplina sulla sorveglianza speciale viene, in particolare, adeguata alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza n. 291 del 2013). Ai sensi del nuovo comma 2-bis, l'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto alla misura della custodia cautelare. Il termine di durata della misura di prevenzione continua a decorrere dal giorno nel quale è cessata la misura cautelare, con redazione di verbale di sottoposizione agli obblighi. Il comma 2-ter, modificato dal Senato – oltre a prevedere che l'esecuzione della sorveglianza speciale resta sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a detenzione per espiazione di pena – stabilisce che il tribunale, dopo la cessazione della detenzione ove protratta per almeno due anni, debba verificare la pericolosità anche sentendo il PM che ha esercitato le relative funzioni nel corso della camera di consiglio. Il Senato ha inoltre precisato che a tal fine sono assunte informazioni anche presso gli organi di polizia giudiziaria, oltre che presso l'amministrazione penitenziaria e l'autorità di P.S. Se la pericolosità sociale è cessata, il Tribunale emette decreto con cui revoca la misura di prevenzione; se, invece, persiste la pericolosità sociale, il Tribunale emette decreto con cui ordina l'esecuzione della misura di prevenzione, il cui termine di durata continua a decorrere dal giorno in cui il decreto stesso è comunicato all'interessato. L'articolo 5 della proposta di legge modifica la disciplina del Codice sul procedimento di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali.
  Più nel dettaglio, segnala che il comma 1 dell'articolo interviene, attraverso modifiche all'articolo 17 del Codice, sulla titolarità della proposta di misura, precisando che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo è comunque titolato a proporre la misura di prevenzione patrimoniale (indipendentemente dall'esercizio dei poteri di impulso e coordinamento delle procure distrettuali antimafia, previsti dall'articolo Pag. 41371-bis, c.p.p.). Una modifica introdotta al Senato ha poi previsto che – nel caso di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali a persone indiziate per alcuni dei reati indicati dall'articolo 1 della proposta di legge (articolo 4 del Codice) – truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, atti preparatori alla ricostituzione del partito fascista, reati associativi contro la pubblica amministrazione, agevolazione alle manifestazioni di violenza nel corso di manifestazioni sportive, atti persecutori – le funzioni di coordinamento spettanti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del distretto sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale. In questi stessi casi, per coordinamento, le funzioni di PM nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione, possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente. Infine la disposizione aggiunge un comma 3-bis all'articolo 17 del Codice, che prevede che il procuratore della Repubblica presso il tribunale distrettuale, attraverso il raccordo con il questore e il direttore della DIA, curi che l'applicazione delle misure patrimoniali non rechi intralcio ad altre indagini in corso. Per evitare i citati, possibili intralci a indagini parallele, in capo al questore competente e al direttore della DIA sono in tal senso assegnati dal comma 3-bis precisi obblighi di informazione, comunicazione e aggiornamento nei confronti del citato procuratore della Repubblica distrettuale. Tali obblighi informativi, nel testo trasmesso dalla Camera, dovevano invece essere assolti nei confronti del procuratore della Repubblica circondariale competente per territorio. Il comma 2 dell'articolo 5 della proposta di legge modifica poi il comma 4 dell'articolo 19 del Codice in materia di indagini patrimoniali, consentendo senza ulteriori oneri per la finanza pubblica (comma 3) – alle autorità titolari del potere di proposta sulle misure di prevenzione patrimoniali (PM circondariale, distrettuale, procuratore nazionale antimafia, questore, direttore della DIA) di accedere anche al Sistema di interscambio flussi dati (SID) dell'Agenzia delle entrate e richiedere quanto ritenuto utile ai fini della indagini. Il comma 4 dell'articolo 5 modifica l'articolo 20 del Codice precisando, anzitutto, che il tribunale ordina con decreto il sequestro dei beni di cui la persona «nei cui confronti è stata presentata la proposta» risulta poter disporre. Attualmente il Codice prevede che il sequestro colpisce i beni della persona «nei cui confronti è iniziato il procedimento». La precisazione conferma la prassi giudiziaria (v. Cass,. sent. n. 37263/2014), dell'ammissibilità del sequestro da parte del tribunale «inaudita altera parte» cioè prima dell'udienza davanti al tribunale; diversamente, parte della dottrina ritiene che solo dalla fissazione dell'udienza il procedimento può dirsi iniziato. Il nuovo articolo 20 prevede inoltre che, oltre al sequestro di valori ingiustificati ritenuti probabile frutto di attività illecita, il decreto del tribunale può disporre anche l'amministrazione giudiziaria di aziende nonché di beni strumentali all'esercizio delle relative attività economiche (articolo 34 del Codice) e il controllo giudiziario dell'azienda (articolo 34-bis, introdotto nel Codice dalla proposta di legge in esame). La disposizione prevede, inoltre, che il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie si estende ex lege a tutti i beni aziendali e che, nel decreto di sequestro, il tribunale debba indicare i conti correnti e i beni aziendali a cui si estende la misura ablativa. Altra disposizione aggiuntiva (nuovo comma 2 dell'articolo 20) stabilisce l'obbligo del tribunale, prima di ordinare il sequestro (o, a seguito di un'integrazione del Senato, le altre misure dell'amministrazione o controllo giudiziario dell'azienda) e fissare la relativa udienza, di restituire gli atti all'autorità che propone la misura ove ritenga necessarie ulteriori indagini anche patrimoniali per verificarne i requisiti di applicazione. Il comma 3 dell'articolo 20 (ex comma 2) è integrato con una precisazione in base a cui: – il tribunale ordina le trascrizioni e annotazioni Pag. 42sul registro delle imprese, libri sociali e pubblici registri conseguenti all'eventuale revoca del sequestro; – sia il sequestro che la sua eventuale revoca, anche parziale, devono essere comunicati anche in via telematica all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (da ora in poi: «l'Agenzia nazionale»). Il comma 5 dell'articolo 5 interviene sulla disciplina dell'esecuzione del sequestro di cui all'articolo 21 del Codice. La disposizione inverte, anzitutto, le competenze in materia di apprensione dei beni sequestrati tra ufficiale giudiziario e polizia giudiziaria, stabilendo che all'immissione dell'amministratore giudiziario nel loro possesso provvede la polizia giudiziaria (anziché l'ufficiale giudiziario), con l'eventuale assistenza dell'ufficiale giudiziario («ove opportuno»).
  Rammenta che una modifica introdotta dal Senato interviene sulla disciplina dello sgombero degli immobili sequestrati. Viene previsto che spetti – anziché al tribunale (come attualmente) – al giudice delegato alla procedura (nominato dal tribunale ai sensi dell'articolo 35 del Codice), sentito l'amministratore giudiziario e previa valutazione delle circostanze, l'onere di provvedere allo sgombero con l'ausilio della forza pubblica degli immobili occupati senza titolo ovvero sulla scorta di titolo privo di data certa anteriore al sequestro. Il testo-Camera prevedeva la competenza dello stesso tribunale su proposta del giudice delegato. Sono stati soppressi dal Senato i nuovi commi da 2-bis a 2-quinquies dell'articolo 21 del Codice che prevedevano: l'ipotesi di sgombero di immobili occupati dal proposto alla misura di prevenzione (o dai suoi familiari o conviventi) nonché le diverse ipotesi di differimento della misura (2-bis); la trasmissione al questore del provvedimento di sgombero per l'esecuzione e la relativa comunicazione al prefetto (comma 2-ter); la possibile opposizione allo sgombero (comma 2-quater); l'applicazione della disciplina dell'articolo 41 del Codice in caso di sequestro di aziende. Il comma 6 dell'articolo 5 della proposta di legge interviene sull'articolo 22 del Codice prevedendo, al comma 2, che il decreto che dispone il sequestro urgente perde efficacia se non è convalidato dal tribunale entro 30 gg. (attualmente, entro 10 gg.). Ai fini del termine per la convalida del sequestro, si tiene conto delle cause di sospensione previste dall'articolo 24, comma 2, del Codice (accertamenti peritali, eventuale richiesta di ricusazione). Il Senato ha soppresso la previsione del testo-Camera che stabiliva, per il sequestro ex articolo 20 (anticipato e d'urgenza), la disciplina procedimentale di cui all'articolo 7 del Codice (ove compatibile), dimezzando il termine per l'avviso di fissazione dell'udienza (5 giorni anziché 10). Il comma 7 interviene sul procedimento di prevenzione patrimoniale di cui all'articolo 23 del Codice prevedendo, con riguardo all'udienza per l'applicazione della misura, anche il possibile intervento dei terzi che vantino sul bene in sequestro diritti reali di garanzia (attualmente l'intervento è possibile ai titolari di diritti reali o personali di godimento sul bene). Il comma 8 dell'articolo 5 modifica l'articolo 24 del Codice, in materia di confisca, escludendo che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale. Viene poi introdotta, con un nuovo comma 1-bis dell'articolo 24, una disposizione analoga a quella relativa al sequestro di prevenzione relativo a partecipazioni sociali totalitarie (cfr nuovo articolo 20 del Codice): è stabilito che la confisca di tali beni si estenda anche ai beni aziendali; anche in tal caso vanno precisati i conti correnti e i beni aziendali a cui si estende la confisca. Il comma 2 dell'articolo 24 del Codice conferma in un anno e sei mesi dalla data d'immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario il termine per l'emissione del decreto di confisca da parte del Tribunale, pena la perdita di efficacia del sequestro. Una modifica è introdotta all'attuale disciplina in caso d'indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti: mentre attualmente il Codice prevede una possibile Pag. 43proroga con decreto motivato del tribunale per periodi di sei mesi e per non più di due volte, la nuova formulazione del comma 2 stabilisce una sola proroga semestrale. Ai fini del computo dei termini suddetti si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previste dal codice di procedura penale, in quanto compatibili. Analoga sospensione è confermata ove siano necessari accertamenti peritali sui beni del soggetto proposto alla misura di prevenzione; detta sospensione viene però limitata a un periodo massimo di 90 giorni. Il termine stabilito per il deposito del decreto di sequestro da parte del tribunale resta altresì sospeso anche per il tempo decorrente dalla morte del proposto alla citazione degli eredi o aventi causa ai sensi dell'articolo 18, comma 2, dello stesso Codice; il Senato ha integrato la disciplina della sospensione dei termini, prevedendola anche durante la pendenza dei termini previsti dai commi 10-sexies, 10-septies e 10-octies dell'articolo 7 del Codice. Sempre nel corso dell'esame al Senato: è stata soppressa la disposizione che, in caso di annullamento del decreto di confisca con rinvio al tribunale, prevedeva che il nuovo termine di 18 mesi decorresse dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso; è stata aggiunta una disposizione (comma 2-bis) che ha stabilito che con il provvedimento di revoca o di annullamento definitivi del decreto di confisca venga ordinata la cancellazione di tutte le trascrizioni e le annotazioni.
  Il comma 9 dell'articolo 5 della proposta di legge riformula integralmente l'articolo 25 del Codice, apportando significative modifiche alla disciplina relativa a sequestro e confisca per equivalente, attualmente possibile ove il proposto distrae, occulta o svaluta i beni allo scopo di eludere le misure. L'adozione della misura, nel nuovo testo, anzitutto prescinde dalle finalità di dispersione e occultamento dei beni. Si prevede che, ogni qualvolta dopo la presentazione della proposta non risulti possibile procedere al sequestro dei beni, perché il proposto non ne ha la disponibilità, diretta o indiretta, anche ove trasferiti legittimamente in qualunque epoca a terzi in buona fede, il sequestro e la confisca hanno a oggetto altri beni di valore equivalente, di cui viene precisata la legittima provenienza, dei quali il proposto ha la disponibilità anche per interposta persona. È, inoltre, ampliato l'ambito di applicazione degli istituti anche ai soggetti nei cui confronti prosegue o inizia il procedimento con riferimento a beni di legittima provenienza loro pervenuti dal proposto. L'articolo 6 interviene sull'articolo 27 del Codice, apportando numerose modifiche alla disciplina delle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali. In particolare, rispetto alla normativa vigente, si prevede l'impugnabilità: – del decreto che dispone o nega il sequestro (attualmente si può impugnare solo la revoca del sequestro); – del rigetto della richiesta di confisca anche qualora non sia stato ancora disposto il sequestro (tale previsione risolve un contrasto in giurisprudenza sull'appellabilità di tale provvedimento o della sola proponibilità del ricorso per cassazione). Il Senato ha soppresso i tre nuovi commi che il testo-Camera aveva aggiunto all'articolo 27 (commi 2-bis, 2-ter e 2-quater), al fine di coordinare il regime delle impugnazioni con l'introduzione dei commi 10-bis e seguenti dell'articolo 7 del Codice; le disposizioni prevedevano la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, da parte della corte di appello, nel caso di accoglimento della questione di incompetenza territoriale riproposta in secondo grado. In base alle nuove norme la corte di appello annulla il decreto di primo grado e ordina la restituzione degli atti all'organo competente non solo qualora riconosca che il tribunale era incompetente e l'incompetenza sia stata riproposta nei motivi di impugnazione (nuovo comma 2-bis), ma anche qualora la proposta non sia stata avanzata dal procuratore della Repubblica o dal questore o dagli altri soggetti legittimati ai sensi dell'articolo 5 e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di appello (nuovo comma 2-ter). Se il Pag. 44decreto impugnato è confermato, anche solo in parte, il pagamento delle spese processuali è posto a carico di chi ha proposto il gravame (nuovo comma 2-quater).
  Fa presente che l'articolo 6 della proposta di legge introduce, ancora, un nuovo comma 3-bis all'articolo 27 che contempla la possibilità di sospendere, nelle more del giudizio di Cassazione, la decisione con cui la corte d'appello, in riforma del decreto di confisca emesso dal tribunale, abbia disposto la revoca del sequestro (analogamente a quanto già previsto per i provvedimenti del tribunale). Il Senato ha soppresso la disposizione del comma 4-bis introdotta dalla Camera, in materia di trasmissione del fascicolo da parte del procuratore della Repubblica al Procuratore generale presso la corte d'appello, nell'ipotesi in cui, al termine del procedimento di primo grado, è proposta impugnazione; in base al comma 4-bis il fascicolo avrebbe dovuto contenere anche nuovi elementi investigativi e probatori eventualmente sopravvenuti dopo la decisione di primo grado (atti da portare a conoscenza delle parti mediante deposito nella segreteria del PG). Il Senato ha confermato l'introduzione di un comma 6-bis concernente il decorso del termine di un anno e sei mesi per l'emissione del decreto di confisca, in caso di annullamento dell'originario decreto con rinvio al tribunale; il termine decorre nuovamente dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso. È stata soppressa dal Senato la modifica del comma 6 dell'articolo 27 del Codice. Il testo della Camera aveva previsto la perdita immediata di efficacia del provvedimento di confisca in caso di appello; il bene non avrebbe, quindi, potuto essere destinato, rimanendo tuttavia soggetto a sequestro. Dall'applicazione dell'articolo 24, comma 2, del Codice, derivava – in caso di mancata pronuncia sull'appello entro 18 mesi – il venir meno anche del sequestro. Con la conferma del testo vigente del Codice da parte del Senato, è mantenuta la perdita di efficacia della confisca se la corte d'appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso (in tale periodo, quindi, il bene può anche essere destinato). Anche in tal caso, dall'applicazione dell'articolo 24, comma 2, consegue la perdita di efficacia anche del sequestro.
  Rammenta che l'articolo 7 interviene sull'articolo 28, comma 1, del Codice prevedendo che la revocazione della confisca sia richiesta, nelle forme previste dagli articoli 630 e ss. c.p.p., in quanto compatibili. La novità introdotta riguarda la corte di appello competente, che viene individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11 c.p.p. Attraverso una modifica al comma 4 dell'articolo 28 si attribuisce alla stessa corte di appello, nel caso in cui accolga la richiesta di revocazione, di provvedere direttamente ai sensi dell'articolo 46 con la restituzione per equivalente, evitando che gli atti siano trasmessi per questa incombenza al Tribunale.
  Osserva che l'articolo 8 interviene sulla disciplina prevista nel caso di misure di prevenzione antimafia disposte su beni già sequestrati nel corso di un procedimento penale (articolo 30 del Codice). La proposta di legge stabilisce che, in caso di revoca del sequestro o della confisca di prevenzione, il giudice del procedimento penale, anziché nominare (come ora) un nuovo custode, può confermare quello nominato nel procedimento di prevenzione. L'articolo inoltre prevede che, se la sentenza di condanna definitiva in sede penale che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale, se ha già disposto il sequestro ed è ancora in corso il procedimento di prevenzione, dichiara, con decreto, che la confisca è stata già eseguita in sede penale (attualmente, invece, nella stessa ipotesi, il tribunale dichiara la confisca già eseguita in sede penale solo quando disponga la confisca di prevenzione).
  Evidenzia che l'articolo 9 interviene in materia di cauzione e garanzie reali a carico del proposto (articolo 31 del Codice), prevedendo che il Tribunale possa «disporre, in relazione alle condizioni economiche della persona sottoposta alla misura di prevenzione, che la cauzione sia pagata in rate mensili». Pag. 45
  Segnala che l'articolo 10 della proposta di legge riscrive l'articolo 34 del Codice in materia di amministrazione giudiziaria di attività economiche e aziende. Nel dettaglio, il nuovo comma 1 dell'articolo 34 riguarda le ipotesi in cui, anche a seguito delle verifiche disposte ai sensi dell'articolo 213 del nuovo Codice dei contratti pubblici dall'Autorità nazionale anticorruzione – oltre che, come ora, a seguito delle indagini patrimoniali (articolo 19) o di quelle compiute per verificare i pericoli di infiltrazione mafiosa (articolo 92) – sussistano sufficienti indizi per ritenere che il libero esercizio di determinate attività economiche, comprese quelle a carattere imprenditoriale, sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni di assoggettamento o condizionamento mafioso o possa agevolare l'attività di persone nei confronti delle quali è stata proposta o applicata una delle misure di prevenzione personale o patrimoniale. In tali ipotesi, il tribunale competente, su proposta del PM presso il tribunale del capoluogo di distretto ove dimora la persona, dal procuratore nazionale antimafia, dal questore o dal direttore della DIA, dispone l'amministrazione giudiziaria delle aziende o dei beni utilizzabili, direttamente o indirettamente, per lo svolgimento delle predette attività economiche. A seguito del trasferimento al comma 1 del contenuto del vigente comma 2 dell'articolo 34, si prevede che analoga misura è disposta quando, non ricorrendo i presupposti per l'applicazione delle misure di prevenzione (si precisa: «patrimoniali»), il tribunale ritenga che il libero esercizio delle stesse attività economiche possa agevolare l'attività di persone sottoposte a procedimento penale per una serie di delitti, considerati spia di infiltrazione mafiosa; a quelli già previsti sono aggiunti ulteriori delitti: quelli di cui all'articolo 4, comma 1, lett. a), b) e i-bis), del Codice (per i quali cfr. ante articolo 1 della proposta di legge); il delitto di caporalato (articolo 603-bis c.p.). Il comma 2 del nuovo articolo 34 stabilisce che l'amministrazione giudiziaria è adottata per un periodo non superiore a un anno (ora è di sei mesi), prorogabile di ulteriori sei mesi per un periodo non superiore complessivamente a due anni (ora è un anno), a richiesta del PM (è aggiunta la possibile adozione d'ufficio). Integrando il testo-Camera, il Senato ha previsto che la misura debba essere disposta a seguito di relazione dell'amministratore giudiziario che evidenzi la necessità di completare il programma di sostegno e di aiuto alle imprese amministrate e la rimozione delle situazioni di fatto e diritto che avevano determinato la misura (il testo approvato dalla Camera si limitava a prevedere che la proroga potesse essere prevista solo nel caso in cui persistessero le condizioni in base alle quali la misura era stata adottata la prima volta). Confermando che, con l'emanazione del provvedimento di amministrazione straordinaria, sono nominati il giudice delegato e l'amministratore giudiziario, la formulazione del comma 3 (corrispondente all'attuale comma 4) dell'articolo 34, è integrata prevedendosi: che l'amministratore esercita tutte le facoltà spettanti ai titolari dei diritti sui beni e sulle aziende oggetto della misura; che, nel caso di imprese esercitate in forma societaria, questi – senza percepire ulteriori emolumenti – può esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e agli altri organi sociali secondo le modalità stabilite dal tribunale, tenuto conto delle esigenze di prosecuzione dell'attività di impresa. Il nuovo comma 4 dell'articolo 34 prevede che il provvedimento di amministrazione giudiziaria è eseguito sui beni aziendali con l'immissione in possesso dell'amministratore e con l'iscrizione nel registro tenuto dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso il quale è iscritta l'impresa. Confermando il contenuto dell'attuale comma 5, la proposta di legge prevede che, qualora oggetto della misura siano beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il provvedimento deve essere trascritto presso i pubblici registri. Ai sensi del comma 5, l'amministratore giudiziario adempie agli obblighi di relazione e segnalazione di cui all'articolo 36, comma 2, anche nei confronti del PM. Una nuova Pag. 46disposizione, per garantire la corretta gestione dei beni in questione, al fine di salvaguardare, in vista di un risanamento, tanto le potenzialità produttive quanto i livelli occupazionali dell'azienda, rinvia in quanto applicabili ai meccanismi previsti dal codice antimafia per l'amministrazione e gestione dei beni sotto sequestro. Il comma 6 stabilisce che, entro la data di scadenza dell'amministrazione giudiziaria dei beni o del sequestro (attualmente, 15 gg. prima di tale data), il tribunale, qualora non opti per il rinnovo del provvedimento, sceglie tra tre opzioni. Il procedimento si svolge con le modalità previste, in quanto compatibili, per il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali da parte dell'autorità giudiziaria con udienza camerale. Alla camera di consiglio partecipano il giudice delegato (la cui presenza diventa obbligatoria) e il PM. Le tre diverse tipologie di decisioni da parte del tribunale sono le seguenti: la revoca della misura; la confisca dei beni; la revoca della misura con contestuale applicazione del controllo giudiziario (tale ultima previsione è contenuta nel vigente comma 8 dell'articolo 34, che risulta soppresso dalla proposta di legge). Il tribunale dispone la revoca della misura quando sono venuti meno i pericoli di agevolazione descritti. Alla revoca può seguire il controllo giudiziario (v. ultra, articolo 34-bis), quando il pericolo dell'agevolazione non sia completamente escluso e non sussistano i presupposti della confisca. Il tribunale dispone invece la confisca dei beni quando ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego (comma 6). Sempre nell'ambito della c.d. fase cautelare, l'articolo 34, comma 7, stabilisce la possibilità di adottare il sequestro dei beni in amministrazione giudiziaria qualora sussista il concreto pericolo che detti beni vengano dispersi, sottratti o alienati; rispetto al testo vigente, si prevede che la misura è applicata anche quando si abbia motivo di ritenere che i beni siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego. Il sequestro è possibile fino alla scadenza del termine stabilito ai sensi del comma 2 (un anno rinnovabile fino ad un massimo di ventiquattro mesi).
  Fa presente che l'articolo 11 della proposta di legge introduce, con il nuovo articolo 34-bis del Codice, l'istituto del «controllo giudiziario», destinato a trovare applicazione in luogo della «amministrazione giudiziaria» nei casi in cui l'agevolazione dell'attività delle persone proposte o soggette a misure di prevenzione conseguente all'esercizio dell'attività aziendale «risulta occasionale e sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose» idonee a condizionare l'attività di impresa (comma 1 dell'articolo 34-bis). L'adozione della misura risulta quindi condizionata dall'occasionalità dell'agevolazione e dall'accertamento delle circostanze che fanno presumere il condizionamento dell'impresa. Si tratta di una misura non inedita ma con caratteristiche proprie rispetto al controllo giudiziario che, ai sensi del vigente articolo 34, comma 8, del Codice, segue, in alcuni casi, l'amministrazione giudiziaria dell'azienda. Tale misura non determina lo spossessamento della gestione dell'impresa dando luogo, per un periodo minimo di un anno e massimo di tre anni, ad un intervento meno invasivo, di «vigilanza prescrittiva» affidata ad un commissario giudiziario nominato dal tribunale, con il compito di monitorare dall'interno dell'azienda l'adempimento delle prescrizioni dell'autorità giudiziaria.
  Rammenta che l'articolo 12 della proposta di legge, al comma 1, introduce il capo V-bis nel titolo II del libro I del Codice antimafia, consistente nel solo articolo 34-ter, con cui si garantisce la trattazione prioritaria dei procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. Più nel dettaglio, il comma 1 del nuovo articolo 34-ter sancisce la priorità assoluta nella trattazione dei procedimenti di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali. Al fine di assicurare la trattazione e definizione prioritaria di tali procedimenti e il rispetto dei termini previsti, i dirigenti degli uffici Pag. 47giudicanti e requirenti adottano i provvedimenti organizzativi necessari. Tali provvedimenti sono tempestivamente comunicati al Consiglio giudiziario e al Consiglio superiore della magistratura. Con cadenza annuale, il dirigente dell'ufficio è tenuto a comunicare al Consiglio superiore della magistratura e al Ministero della giustizia i dati sulla durata dei relativi procedimenti, sulla base delle indicazioni del Consiglio superiore della magistratura. Detto organo valuta gli effetti dei provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici sulla trattazione prioritaria, sulla durata e sul rispetto dei termini dei procedimenti. La norma prevede inoltre che il Ministro della giustizia, in occasione delle annuali comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, riferisca al Parlamento anche in merito alla trattazione prioritaria dei procedimenti di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali (comma 2 dell'articolo 34-ter). È stato soppresso dal Senato il comma 2 dell'articolo 12. Integrando l'articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p., il comma estendeva le ipotesi di partecipazione al dibattimento a distanza al procedimento applicativo delle misure di prevenzione personali o patrimoniali, quando l'interessato fosse detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne facesse tempestiva richiesta.
  Osserva che l'articolo 13 della proposta di legge interviene sulle norme del Codice antimafia che definiscono i criteri per la scelta degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e regolano gli adempimenti connessi alla cessazione del loro incarico. Sono introdotte nell'articolo 35 del Codice un complesso di disposizioni che mira a superare le difficoltà connesse alla mancata operatività dell'Albo degli amministratori giudiziari, nonostante l'adozione del DM attuativo del 2013 . Il comma 1 dell'articolo – recependo una prassi giudiziaria già esistente – modifica l'articolo 35 del Codice sulla nomina e revoca dell'amministratore giudiziario prevedendo che: qualora la gestione dei beni in sequestro sia particolarmente complessa, il tribunale può nominare più amministratori giudiziari, eventualmente stabilendo se possono operare disgiuntamente (comma 1 dell'articolo 35). Il comma 2 dell'articolo 35, come modificato dalla proposta in esame, prevede che l'amministratore giudiziario di beni immobili sequestrati venga scelto, nell'ambito degli iscritti all'apposito albo, secondo criteri di trasparenza, di rotazione degli incarichi e di corrispondenza tra i profili professionali del professionista individuato e la tipologia e l'entità (requisito quest'ultimo inserito dal Senato) dei beni appresi in via cautelare. L'individuazione dei criteri di nomina degli amministratori giudiziari e dei coadiutori viene demandata a un successivo decreto del Ministro della giustizia (di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dello sviluppo economico) che comunque deve tenere conto del numero degli incarichi aziendali in corso, comunque non superiore a tre. A tale decreto è, altresì, demandata l'individuazione dei casi in cui è vietato il cumulo degli incarichi contraddistinti dalla particolare complessità o dall'eccezionalità del valore del patrimonio immobiliare da amministrare. L'amministratore giudiziario è nominato con decreto motivato e al momento della nomina è tenuto a comunicare al tribunale l'eventuale titolarità di altri incarichi di analoga natura. Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 35 precisa che l'incarico di amministratore giudiziario di aziende sequestrate deve essere scelto fra i soggetti iscritti nella nell'apposita sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. Il Senato ha introdotto un ulteriore comma 2-ter dell'articolo 35 del Codice, che prevede che l'amministratore giudiziario può essere anche nominato tra il personale dipendente dell'Agenzia nazionale. In tale caso l'amministratore giudiziario per lo svolgimento dell'incarico non ha diritto a emolumenti aggiuntivi, ad eccezione del rimborso spese (l'articolo 35 della proposta di legge prevede che l'Agenzia nazionale debba adottare i criteri per l'individuazione di detto personale; v. ultra). Il comma 3 dell'articolo 35 amplia le cause ostative all'assunzione dell'incarico Pag. 48di amministratore giudiziario (nonché di coadiutore dello stesso nell'attività di gestione). Alle cause già previste sono aggiunte le seguenti: – l'essere incorso nelle pene accessorie previste dalla legge fallimentare; – l'avere svolto attività lavorativa o professionale in favore del proposto o delle sue imprese; – l'essere in rapporto di coniugio, parentela (fino al quarto grado) o affinità (entro il secondo grado) con il magistrato che conferisce l'incarico nonché essere conviventi o commensali abituali di quest'ultimo. Potrebbe essere opportuno, al comma 3, aggiungere tra le cause ostative alla nomina l'essere parte dell'unione civile con la persona nei cui confronti è disposto il sequestro. Si segnala che analoga previsione è contenuta all'articolo 34, comma 3, lett. b), della proposta di legge. Il Senato ha aggiunto tra coloro che sono incompatibili con la nomina ad amministratore giudiziario: i creditori e i debitori del magistrato (che conferisce l'incarico), di sua moglie o dei suoi figli; le persone legate da collaborazione professionale stabile con il coniuge o i figli del magistrato; i prossimi congiunti, i conviventi, i creditori o debitori del dirigente di cancelleria che assiste il magistrato. Anche in tal caso, recependo una prassi già esistente, il comma 4 dell'articolo 35 prevede che l'amministratore giudiziario può organizzare, su autorizzazione del giudice delegato, un proprio ufficio di coaudizione; i compiti di conservazione dei beni sequestrati in capo all'amministratore giudiziario debbono essere da questi esercitati anche nel corso degli eventuali giudizi di impugnazione, sotto la direzione del giudice delegato. L'amministratore giudiziario riveste la qualifica di pubblico ufficiale e deve adempiere con diligenza ai compiti del proprio ufficio. Egli ha il compito di provvedere alla gestione, alla custodia e alla conservazione dei beni sequestrati anche nel corso degli eventuali giudizi di impugnazione, sotto la direzione del giudice delegato, al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi (comma 5). Con una modifica del comma 8 dell'articolo 35, si prevede che l'amministratore giudiziario che, anche nel corso della procedura, cessa dal suo incarico, è tenuto a rendere il conto della gestione ai sensi dell'articolo 43 (come modificato dall'articolo 17 della p.d.l. Il comma 2 dell'articolo 13 della p.d.l. introduce nel Codice un nuovo articolo 35-bis, relativo alla responsabilità nella gestione e controlli della P.A. In particolare si prevede che, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave, sono esenti da responsabilità civile l'amministratore giudiziario, il coadiutore nominato ai sensi dell'articolo 35 e l'amministratore nominato per gli atti di gestione compiuti durante la vigenza del provvedimento di sequestro. Il comma 3 dell'articolo 13 della proposta di legge modifica l'articolo 36 del Codice sulla relazione dell'amministratore giudiziario. In particolare, in relazione alle novità introdotte: si prevede che la relazione debba indicare anche i provvedimenti da adottare per la liberazione dei beni sequestrati; si stabilisce l'indicazione delle forme di gestione più idonee e redditizie dei beni da parte dell'amministratore giudiziario anche ai fini delle determinazioni che saranno assunte dal tribunale; è disciplinato il procedimento concernente il deposito della relazione dell'amministratore giudiziario, la possibilità di visionarla ed estrarne copia nonché le modalità per le eventuali contestazioni delle parti sul valore di mercato dei beni, che deve essere quindi accertato dal tribunale con perizia. Il comma 4 dell'articolo 13 della proposta di legge interviene sull'articolo 37, comma 3, del Codice, relativo ai compiti dell'amministratore giudiziario, demandando a un decreto del Ministro dell'economia (di concerto con i ministri della giustizia e dell'interno) l'individuazione di disposizioni per la gestione dei ricavi derivanti dall'amministrazione dei beni immobili. Il comma 5 reca modifiche all'articolo 38 del Codice, relativo a ruolo e compiti che l'Agenzia nazionale svolge nel corso del procedimento. In particolare: l'attività di supporto dell'Agenzia nazionale nei confronti dell'autorità giudiziaria è prorogata fino al decreto di confisca di secondo grado (e non più, come ora, di primo Pag. 49grado) emesso dalla corte di appello nei procedimenti di prevenzione; le competenze esclusive sull'amministrazione dei beni sono, però, conferite all'Agenzia nazionale solo «dopo» che la confisca è divenuta definitiva (attualmente, invece, l'Agenzia esercita tale competenza già dopo la confisca di primo grado) e permane fino all'emissione del provvedimento di destinazione. L'Agenzia nazionale si avvale, per la gestione, di un coadiutore che deve essere individuato nell'amministratore giudiziario nominato dal tribunale, salvo che ricorrano le ipotesi di incompatibilità previste o che non sussistano altri giusti motivi (attualmente, invece, la scelta dei coadiutori è rimessa all'Agenzia e la nomina dell'amministratore giudiziario è solo eventuale); l'incarico va comunicato al tribunale e dura fino alla destinazione del bene, salvo che non intervenga revoca espressa (attualmente è di durata annuale, tacitamente rinnovabile); si precisa che le l'Agenzia nazionale è tenuta a effettuare le comunicazioni con l'autorità giudiziaria in via telematica attraverso il proprio sistema informativo, inserendo tutti i dati necessari (la mancata comunicazione comporta responsabilità dirigenziale); l'amministratore giudiziario, divenuta irrevocabile la confisca, provvede agli adempimenti relativi a spese, compensi e rimborsi e all'approvazione del rendiconto della gestione giudiziale dinanzi al giudice delegato; per l'amministrazione condotta sotto la direzione dell'Agenzia nazionale, il coadiutore predisporrà separato conto di gestione; l'Agenzia nazionale, entro un mese dalla comunicazione del deposito del provvedimento di confisca di secondo grado, deve pubblicare nel proprio sito Internet l'elenco dei beni immobili confiscati definitivamente al fine di facilitare la richiesta di utilizzo da parte degli aventi diritto (a oggi l'Agenzia nazionale, operando fino al decreto di confisca di primo grado, doveva pubblicare l'elenco dei beni immobili entro sei mesi da tale decreto). Infine, il comma 6 dell'articolo 13 della proposta di legge inserisce un comma all'articolo 39 del Codice, relativo all'assistenza legale all'amministratore giudiziario, da parte dell'Avvocatura dello Stato, nelle controversie relative a beni sequestrati Il nuovo comma 1-bis prevede che, dopo che il giudice delegato lo ha autorizzato a stare in giudizio, l'amministratore giudiziario inoltri richiesta per via telematica all'Avvocatura dello Stato; qualora l'Avvocato generale dello Stato non si esprima entro cinque giorni, il giudice delegato può autorizzare la nomina di un libero professionista.
  Rileva che l'articolo 14 della proposta di legge modifica la disciplina della gestione di beni e aziende sequestrati. Più nel dettaglio, il comma 1 della disposizione interviene sull'articolo 40 del Codice al fine di consentire, in primo luogo, l'utilizzo per fini sociali e istituzionali dei beni immobili e delle aziende fin dalla fase del sequestro, con l'ausilio dell'Agenzia nazionale (comma 1 dell'articolo 40 del Codice). Ai sensi del nuovo comma 2-bis dell'articolo 40, se oggetto del sequestro è la casa di proprietà della persona sottoposta alla procedura, il tribunale, con decreto revocabile in ogni momento, dispone che lo sgombero possa essere differito non oltre la confisca definitiva. Il beneficiario, pena la revoca del provvedimento, è tenuto a corrispondere l'indennità eventualmente determinata dal tribunale e a provvedere a sue cure alle spese e agli oneri inerenti all'unità immobiliare. I successivi commi dell'articolo 40, come modificati dalla proposta di legge, mirano a disciplinare l'attività del Tribunale e del giudice delegato in ordine alla gestione dei beni. Con riguardo ai beni immobili sequestrati, tre nuovi commi prevedono che: – autorizzato dal giudice delegato, l'amministratore giudiziario può dare in locazione o in comodato i beni immobili, prevedendo la cessazione non oltre la data di confisca definitiva (comma 3-bis); stante detta cessazione, in via prioritaria i beni immobili liberi ovvero liberati (in seguito alla esecuzione dello sgombero ovvero per la cessazione della locazione o del comodato) possono essere concessi in comodato agli enti territoriali (comma 3-ter) fino alla confisca definitiva; se non si è già provveduto, Pag. 50il tribunale dispone l'esecuzione immediata dello sgombero revocando, ove necessario, il decreto di differimento della misura già adottato; – nel caso di locazione o comodato con data certa anteriore al sequestro, l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, pone in essere gli atti necessari per ottenere la cessazione dei contratti alla scadenza naturale (comma 3-quater). La proposta di legge modifica poi il comma 4 dell'articolo 40 del Codice in materia di reclamo degli atti dell'amministratore giudiziario posti in essere in assenza di autorizzazione scritta del giudice delegato. La disposizione come modificata prevede che il PM, il proposto e ogni altro interessato possano avanzare reclamo nel termine perentorio di 15 giorni dalla data in cui ne hanno avuto effettiva conoscenza al giudice delegato che, entro i 10 giorni successivi, provvede ai sensi dell'articolo 127 c.p.p. Per quel che riguarda, invece, i beni mobili sequestrati, sono introdotte disposizioni più stringenti finalizzate a non perpetuare costose, inutili custodie di beni privi di redditività. La riforma interviene su diversi aspetti: disciplinando più precisamente i compiti dell'amministratore giudiziario, soprattutto in relazione alla possibile prosecuzione dell'attività d'impresa; prevedendo specifiche forme di sostegno con appositi fondi; modificando la disciplina dei crediti anteriori al sequestro dell'azienda; delegando il Governo all'adozione di normative volta a tutelare i lavoratori delle aziende. Di notevole rilievo appare il contenuto del comma 1-ter dell'articolo 41 del Codice, che testimonia la centralità della decisione inerente alla prosecuzione dell'attività d'impresa. Si intende, infatti, permettere al tribunale una valutazione ponderata imponendo all'amministratore giudiziario l'obbligo di allegare alla proposta di prosecuzione o di ripresa dell'attività una specifica documentazione. Si segnalano, tra gli obblighi documentali previsti: quello di distinguere tra beni personali del proposto e beni aziendali (così da permettere gestioni separate dei beni e impedire commistioni con il patrimonio personale dell'imprenditore); l'elenco dei creditori dell'impresa; l'elenco dei lavoratori impiegati; le proposte di prosecuzione dell'attività avanzate da sindacati interni all'azienda.
  Rammenta che l'articolo 15, comma 1, della proposta di legge introduce nel Codice l'articolo 41-bis, che prevede strumenti finanziari volti al sostegno e alla valorizzazione delle aziende sequestrate, necessari per la legalizzazione delle attività non irreversibilmente inquinate dai capitali o dai metodi illeciti. La disposizione è stata profondamente modificata dal Senato in quanto gran parte dell'articolo 41-bis, nella formulazione approvata dalla Camera dei deputati, era stato trasfuso in alcune disposizioni della legge di stabilità 2016 (i commi da 192 a 198 (escluso il 194) dell'articolo 1 della legge 208 del 2015). L'articolo 41-bis, come riformulato, prevede in primo luogo che l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia e del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 1, comma 196, della legge di stabilità 2016 deve essere richiesto dall'amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato o dall'Agenzia, dopo l'adozione dei provvedimenti di prosecuzione dell'attività dell'azienda, adottati dal Tribunale sulla base delle concrete prospettive di ripresa (comma 1). Il comma 196 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha previsto l'istituzione di: – un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie, erogate in favore di imprese sequestrate o confiscate (3 milioni di euro annui); – un'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle medesime imprese (7 milioni di euro annui). Il comma 2 dell'articolo 41-bis stabilisce che i crediti derivanti dai finanziamenti agevolati erogati a valere sull'apposita sezione del Fondo per la crescita sostenibile hanno privilegio sugli immobili, sugli impianti e su ogni loro pertinenza, sui macchinari e sugli utensili dell'impresa. Il privilegio è annotato presso gli uffici dei registri immobiliari e gli uffici Pag. 51tavolari competenti in relazione al luogo in cui si trovano i beni nonché (ex articolo 1524 c.c.) nel registro tenuto presso la cancelleria del tribunale competente in relazione al luogo ove ha sede l'impresa finanziata (comma 5). Dopo la data di annotazione, il privilegio può essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sugli stessi beni. Nell'ipotesi in cui non sia possibile fare valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo (comma 3). Il privilegio è preferito a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, anche se preesistente alle annotazioni, fatta eccezione per i privilegi per spese di giustizia e per quelli per crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società o enti cooperativi e delle imprese artigiane (comma 4). Ai sensi del comma 6 dell'articolo 41-bis del Codice, il Tribunale, anche su proposta dell'Agenzia, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'attività dell'azienda sequestrata (o confiscata), può impartire le direttive per la sua ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese. Dopo la confisca definitiva, provvede nello stesso modo l'Agenzia nazionale. Il comma successivo (comma 7) reca poi norme «speciali» per l'amministrazione relativa a sequestro (o confisca) di «aziende di straordinario interesse socio-economico, tenuto conto della consistenza patrimoniale e del numero degli occupati, o aziende concessionarie pubbliche o che gestiscono pubblici servizi», individuate sulla base dei criteri adottati dall'Agenzia nazionale. In tali casi l'amministratore giudiziario può essere nominato tra gli iscritti nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, indicati dalla società INVITALIA s.p.a. tra i suoi dipendenti. L'amministratore giudiziario, dipendente della società INVITALIA Spa, per lo svolgimento dell'incarico non ha diritto a emolumenti aggiuntivi rispetto al trattamento economico in godimento. I dipendenti della società INVITALIA s.p.a. che abbiano svolto, nei tre anni antecedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, attività di gestione diretta di aziende in crisi possono iscriversi, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, alla sezione dell'Albo degli amministratori giudiziari. Il dipendente della società INVITALIA s.p.a., nominato amministratore giudiziario, svolge le proprie funzioni sotto la direzione del giudice delegato, avvalendosi dell'organizzazione della società INVITALIA s.p.a. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore dell'articolo 15 in esame, l'Agenzia nazionale, con delibera del Consiglio direttivo adotta i criteri per l'individuazione delle aziende sequestrate e confiscate di straordinario interesse socio-economico e per la definizione dei piani di valorizzazione (comma 8). Il comma 2, dell'articolo 15 della proposta di legge, infine, integra il comma 2 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 83 del 2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese), inserendo fra le finalità del Fondo per la crescita sostenibile anche la definizione e l'attuazione dei piani di valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata.
  Fa presente che l'articolo 16 introduce nel Codice il nuovo articolo 41-ter con il quale, presso le prefetture, debbono essere istituiti tavoli permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate, alla cui attuazione le amministrazioni provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente (comma 5 dell'articolo 41-ter). Di tali tavoli la disposizione disciplina analiticamente le funzioni e la composizione. Il prefetto, su richiesta di una delle associazioni dei datori di lavoro o delle organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative sul piano nazionale interessate, può convocare apposite riunioni tra le medesime associazioni e organizzazioni sindacali e l'amministratore giudiziario. Le parti sono tenute a operare nel rispetto delle norme in materia di diritto del lavoro e di relazioni sindacali. Il medesimo comma 1 dell'articolo 16 della proposta di legge introduce poi nel Codice l'ulteriore articolo 41-quater, il quale, con l'obiettivo di assicurare ulteriori opportunità alle Pag. 52aziende sequestrate, prevede che l'amministratore giudiziario, sentito il competente tavolo provinciale permanente, previa autorizzazione del giudice delegato, e l'Agenzia nazionale (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto tecnico, a titolo gratuito, di imprenditori attivi nel medesimo settore o in settori affini a quelli in cui opera l'azienda sequestrata o non definitivamente confiscata, specificando presupposti e criteri. L'effettivo e utile svolgimento dell'attività di supporto tecnico risultante dalla relazione dell'amministratore giudiziario, per un periodo non inferiore a dodici mesi, determina l'attribuzione agli imprenditori del diritto di prelazione da esercitare, a parità di condizioni, al momento della vendita o dell'affitto dell'azienda e altri benefici. Inoltre l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione scritta del giudice delegato, e l'Agenzia (dopo la confisca di secondo grado) possono avvalersi del supporto tecnico delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per favorire il collegamento dell'azienda sequestrata o confiscata in raggruppamenti e in reti d'impresa.
  Evidenzia che l'articolo 17 del provvedimento modifica gli articoli 43 e 44 del Codice, relativi, rispettivamente: al rendiconto di gestione che l'amministratore dovrà presentare al giudice delegato; alla gestione dei beni confiscati da parte dell'Agenzia. Più nel dettaglio, all'articolo 43 del Codice, il Senato ha modificato il comma 1 (comma 1 dell'articolo 17 della proposta di legge): – ripristinando, come dettato dal testo vigente, al momento successivo alla confisca di primo grado (e non alla confisca di secondo grado, come previsto dal testo della Camera) l'obbligo per l'amministratore giudiziario di presentare il conto della gestione al giudice delegato. – introducendo un termine di sessanta giorni dal deposito del citato provvedimento per la presentazione del conto. Un nuovo comma 5-bis dell'articolo 43 prevede, poi, che, se il sequestro è revocato, è l'Agenzia nazionale, subentrata nell'amministrazione, a provvedere al rendiconto. In ogni altro caso, l'Agenzia trasmette al giudice delegato una relazione sull'amministrazione dei beni, esponendo anche le spese sostenute per consentire la determinazione del limite di garanzia patrimoniale previsto dall'articolo 53 (il 60 per cento del valore dei beni, v. ultra, articolo 20 della proposta di legge); il giudice delegato, all'esito degli eventuali chiarimenti richiesti, prende atto della relazione. Il comma 2 dell'articolo 17 della p.d.l. modifica invece il primo periodo del comma 1 dell'articolo 44 del Codice in materia di gestione dei beni confiscati. In particolare, si prevede che: – in coordinamento con le modifiche introdotte, la gestione dei beni confiscati da parte dell'Agenzia nazionale decorre dalla confisca pronunciata in secondo grado (anziché in primo grado); – la gestione avvenga in base alle linee guida adottate dall'Agenzia nazionale con delibera del Consiglio direttivo, previo parere del Comitato consultivo di indirizzo (organo di nuova istituzione, v. ultra, articolo 29 della p.d.l., di modifica dell'articolo 111 del Codice)
  Segnala che l'articolo 18 interviene sulla disciplina in materia di destinazione dei beni confiscati. Viene, a tal fine, introdotto nel Codice un nuovo articolo e sono modificati gli articoli da 46 a 48. Più nel dettaglio, il comma 1 dell'articolo 18, modificato dal Senato, inserisce nel Codice l'articolo 45-bis che disciplina la liberazione e lo sgombero degli immobili ancora occupati nonostante la confisca definitiva. La disposizione prevede che l'Agenzia, con provvedimento revocabile in ogni momento, può differire l'esecuzione dello sgombero o dell'allontanamento ovvero qualora lo ritenga opportuno in vista dei provvedimenti di destinazione da adottare. La norma coordina il testo con la soppressione delle disposizioni sullo sgombero degli immobili confiscati previste all'articolo 21 del Codice (articolo 5, comma 5, della p.d.l.). Il comma 2 dell'articolo 18 della proposta in esame modifica l'articolo 46 del Codice prevedendo la possibile restituzione per equivalente di beni confiscati; anche quando i beni medesimi sono stati assegnati per finalità istituzionali o sociali, per fini di giustizia o di Pag. 53ordine pubblico o di protezione civile (la norma vigente prevede le sole finalità istituzionali). La disposizione inoltre modifica il comma 2 dell'articolo 46 del Codice nella parte in cui prevede l'applicazione della restituzione anche per equivalente quando il bene sia stato venduto. Il comma 3 dell'articolo 18 interviene sull'articolo 47 del Codice, relativo al procedimento di destinazione, disponendo che, se si attivano le procedure a salvaguardia dei terzi o dei creditori, l'Agenzia deve adottare il provvedimento di destinazione entro 90 giorni dalla comunicazione del progetto di pagamento dei crediti (termine prorogabile di ulteriori 90 gg. in caso di operazioni molto complesse). Consistenti modifiche sono apportate dal comma 4 dell'articolo 18 della proposta di legge all'articolo 48 del Codice in materia di destinazione dei beni e delle somme. Le principali modifiche riguardano: – le condizioni per la vendita delle partecipazioni societarie e la destinazione dei relativi beni immobili; – l'attribuzione al Presidente del Consiglio – in luogo del Ministro dell'interno – del potere di autorizzare il mantenimento al patrimonio dello Stato dei beni immobili; – le modalità e i presupposti per il trasferimento dei beni agli enti territoriali; – l'alienazione di beni mobili di terzi rinvenuti in immobili confiscati; – la possibilità di affidare i beni aziendali in comodato; – la destinazione a finalità istituzionali delle aziende. Il Senato ha soppresso l'originario articolo 19 della p.d.l. che introduceva nel Codice l'articolo 48-bis. Tale disposizione prevedeva la possibilità che i beni immobili mantenuti al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile potessero essere dati in locazione dall'amministrazione assegnataria dell'immobile, su proposta dell'amministrazione di appartenenza del dipendente, a personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si ricorda che il vigente articolo 48 del Codice prevede, al comma 6, che cooperative edilizie formate da personale delle Forze armate e di polizia abbia diritto di priorità sull'acquisto degli immobili confiscati da destinare alla vendita.
  Osserva che l'articolo 19 interviene sull'articolo 51 del Codice, concernente il regime fiscale dei beni sequestrati per specificare, con più puntuale formulazione, che se il sequestro si protrae oltre il periodo d'imposta in cui ha inizio, il reddito derivante dal bene è determinato dall'amministratore giudiziario in via provvisoria, ai soli fini fiscali.
  Rileva che l'articolo 20 della proposta di legge interviene sugli articoli da 52 a 56 del Codice in materia di tutela dei terzi. Le modifiche sono volte a superare alcune criticità esistenti, con particolare riguardo alla liquidazione dei crediti aziendali. La novella rende più severe le condizioni per la tutela dei diritti dei terzi rispetto alla disciplina vigente: quest'ultima infatti prevede che il creditore possa opporre il suo credito nei confronti dello Stato dimostrando soltanto la propria buona fede, anche ove il credito sia stato strumentale all'attività illecita del debitore.
  Fa presente che l'articolo 21 detta disposizioni relative all'accertamento dei diritti dei terzi, modificando gli articoli da 57 a 61 del Codice e che l'articolo 22 della proposta di legge in esame reca disposizioni in materia di rapporti con le procedure concorsuali.
  Osserva che l'articolo 23 apporta modifiche all'articolo 71 del Codice che prevede un'aggravante di pena (aumento da un terzo alla metà) per un catalogo di delitti commessi da chi è sottoposto in via definitiva a una misura di prevenzione personale durante il periodo di applicazione e fino ai tre anni successivi all'esecuzione della misura. Ai delitti già previsti dall'articolo 71, il Senato ha aggiunto quelli di scambio elettorale politico mafioso (articolo 416-ter c.p.) e di assistenza agli associati (articolo 418 c.p.) nonché una serie di delitti contro la pubblica amministrazione. L'elenco dei delitti contro la P.A. introdotto nell'articolo 71 corrisponde – (esclusa, all'articolo 314, la limitazione del peculato d'uso) – a quello previsto dall'articolo 4, comma 1, lett. Pag. 54i-bis) del Codice (v. articolo 1 della p.d.l.), che fa conseguire la possibile applicazione delle misure di prevenzione al collegamento di tali delitti con l'associazione a delinquere.
  Rammenta che l'articolo 24 della proposta di legge modifica l'articolo 76 del Codice: – sostituendo il comma 6, conferma la sanzione della pena della reclusione da uno a quattro anni e la confisca dei beni acquistati e dei pagamenti ricevuti per cui è stata la comunicazione per coloro che – sottoposti a controllo giudiziario della propria azienda – omettono di adempiere ai doveri informativi nei confronti dell'amministratore giudiziario previsti dal nuovo articolo 34-bis, comma 2, lett. a) (non si fa più rinvio al soppresso articolo 34, comma 8); si tratta dell'obbligo di comunicare gli atti di disposizione, gli acquisti e pagamenti effettuati, quelli ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, ecc. (v. ante, articolo 11 della p.d.l.); – aumentando da 5 a 6 anni il limite massimo di pena per il sorvegliato speciale che contravviene al divieto di svolgere propaganda elettorale.
  Rileva che i successivi articoli del provvedimento riguardano la disciplina sulla documentazione antimafia. L'articolo 25 interviene sull'articolo 83 del Codice relativo all'ambito di applicazione della documentazione antimafia. In particolare: – è più specificamente formulato il comma 1 in relazione all'obbligo di acquisire detta documentazione da parte dei concessionari di lavori o di servizi pubblici prima di stipulare, autorizzare o approvare contratti o subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici; – al comma 3, relativo all'esonero dalla richiesta di documentazione antimafia, viene soppresso il riferimento alle erogazioni il cui valore complessivo non superi i 150.000 euro; – è introdotto un nuovo comma 3-bis che prevede sempre l'obbligo di acquisire la documentazione antimafia per le concessioni di terreni agricoli e zootecnici demaniali di qualunque valore che ricadano nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscano di fondi europei. L'articolo 26 della proposta di legge interviene sull'articolo 84 del Codice, attribuendo valore significativo di una situazione di pericolo di infiltrazione mafiosa anche al coinvolgimento in procedimenti penali per il reato di caporalato, di cui all'articolo 603-bis del codice penale. L'articolo 27, introdotto dal Senato, modifica l'articolo 85 del Codice, precisando che la documentazione antimafia per le società di capitali anche consortili deve riferirsi, in ogni caso, a ciascuno dei consorziati (sono, in particolare, eliminati dalla disposizione vigente i riferimenti ai limiti numerici di partecipazione al consorzio). L'articolo 28, anch'esso introdotto dal Senato, interviene sull'articolo 91 del Codice, stabilendo l'obbligo di richiesta dell'informazione antimafia per le concessioni di terreni agricoli demaniali che ricadano nell'ambito dei regimi a sostegno della politica agricola comune nonché su tutti i terreni agricoli che usufruiscano di fondi europei. L'articolo 29 della proposta di legge, di riforma della disciplina dell'Agenzia nazionale, è stato oggetto di significative modifiche volte, in particolare, a potenziare le dotazioni organiche dell'ufficio e a coordinarne le disposizioni con le modifiche introdotte dalla riforma. L'articolo 29 interviene sugli articoli da 110 a 113-bis del Codice e inserisce una nuova disposizione (articolo 113-ter). Di seguito, si da conto delle principali novità introdotte. All'articolo 110: la sede principale dell'Agenzia nazionale è trasferita a Roma (attualmente è a Reggio Calabria, che diventa sede secondaria). Oltre a quest'ultima, il Senato ha previsto nuove sedi secondarie dell'Agenzia a Palermo, Catania, Napoli, Bologna e Milano (il testo approvato dalla Camera prevedeva una sola sede secondaria a Reggio Calabria); si prevede, inoltre, che le sedi dell'Agenzia siano poste, ove possibile, all'interno di immobili confiscati alle mafie; l'Agenzia nazionale è mantenuta nel testo del Senato sotto la vigilanza del Ministro dell'Interno (Il testo licenziato dalla Camera attribuiva, invece, la vigilanza alla Presidenza del Consiglio); i compiti attribuiti all'Agenzia sono ridefiniti, ai fini del miglior svolgimento Pag. 55dei compiti d'istituto, con particolare riferimento alla necessità dello scambio dei flussi informativi (dati, documenti e informazioni) con il Ministero della giustizia, l'autorità giudiziaria, con le banche dati delle prefetture, degli enti territoriali, di Equitalia ed Equitalia-giustizia, delle agenzie fiscali e con gli amministratori giudiziari. La proposta di legge prevede un finanziamento di 850.000 euro all'anno nel triennio 2018-2020 per l'espletamento di tali compiti; Si ricorda che dal 1o luglio 2017, ai sensi del decreto-legge n. 193 del 2016 (articolo 1), Equitalia è stata sciolta (non così Equitalia-Giustizia, che si occupa del Fondo unico giustizia) e le competenze e il personale passano all'Agenzia delle Entrate Riscossione, ente pubblico economico vigilato dal Ministero dell'economia. Si precisa che l'ausilio all'autorità giudiziaria sia nella fase del procedimento di prevenzione patrimoniale sia nel corso dei procedimenti penali per i gravi reati di cui agli artt. 51, comma 3-bis, c.p.p. e 12-sexies del decreto-legge n.  306 del 1992 (reati che consentono la c.d. confisca allargata) è finalizzato a rendere possibile fin dal sequestro l'assegnazione provvisoria dei beni immobili e delle aziende per fini istituzionali o sociali a enti, associazioni, cooperative, ferma restando la valutazione del giudice delegato sulle modalità di assegnazione; l'amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati da parte dell'Agenzia nazionale inizia dal provvedimento di confisca di secondo grado emesso all'esito del procedimento di prevenzione o di quello penale per i reati di cui ai citati artt. 51, comma 3-bis c.p.p. e 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992. All'articolo 111: agli organi dell'Agenzia nazionale (Direttore, Consiglio direttivo e Collegio dei revisori) è aggiunto il «Comitato consultivo di indirizzo», presieduto dal Direttore dell'agenzia e nominato con DPCM. Il nuovo organo dell'Agenzia esprime una serie specifica di pareri motivati e può presentare proposte; il Comitato è composto: da rappresentanti dei Ministeri (sviluppo economico; lavoro; istruzione), di regioni e comuni, delle associazioni del terzo settore, delle associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, delle cooperative, delle associazioni dei datori di lavoro, da un esperto in politica di coesione territoriale (designato dal Dipartimento per le politiche di coesione), da un responsabile dei fondi del Programma operativo nazionale «sicurezza» (designato dal Ministro dell'interno). Alle riunioni del Comitato possono essere chiamati a partecipare anche rappresentanti degli enti territoriali ove sono ubicati i beni e le aziende sequestrate e confiscate; non è più previsto che il Direttore sia necessariamente scelto tra i prefetti (il riferimento alla necessaria provenienza dalla carriera prefettizia, presente nel testo-Camera, è stato soppresso dal Senato) ed è indicata una platea cui attingere, in cui figurano, oltre ai prefetti, anche i dirigenti dell'Agenzia del demanio, i magistrati «che abbiano conseguito almeno la quinta valutazione di professionalità» e i magistrati delle magistrature superiori; viene introdotto per la nomina uno specifico requisito di competenza (esperienza professionale specifica, almeno quinquennale, nella gestione di beni e aziende). La proposta di nomina, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri – per una modifica del Senato – torna, come attualmente, nella competenza del Ministro dell'interno e non più del Presidente del Consiglio, come nel testo-Camera; la composizione del Consiglio direttivo è ampliata di due unità: sono previsti come membri un rappresentante designato dal Ministro dell'interno e un esperto in materia di progetti di finanziamenti europei e nazionali (quest'ultimo, previsto a seguito di una modifica introdotta dal Senato); coerentemente con il mantenimento delle competenze in materia in capo al Ministero dell'interno, ripristinate dal Senato, sia i componenti del Consiglio direttivo che il Collegio dei revisori sono designati non con DPCM ma con decreto del Ministro dell'interno; analogamente, sono determinati i compensi degli organi dell'Agenzia nazionale. All'articolo 112: coerentemente con le modifiche introdotte, si prevede che l'Agenzia nazionale Pag. 56collabora con l'autorità giudiziaria nella gestione dei beni sequestrati fino alla confisca di secondo grado (come detto, attualmente, ciò avviene fino alla confisca di primo grado, a decorrere dalla quale subentra nell'amministrazione); viene stabilito che l'Agenzia nazionale, per le attività di competenza, «si avvale» (nel testo vigente del Codice, tale avvalimento è discrezionale) delle prefetture territorialmente competenti. Il testo approvato dal Senato demanda ad un successivo decreto del Ministro dell'interno la definizione della composizione del nucleo di supporto alle attività connesse ai beni sequestrati e confiscati (nucleo la cui istituzione è già prevista dal Codice) e il relativo contingente di personale in base a criteri flessibili che tengano conto del numero dei beni oggetto di sequestro e confisca antimafia sul territorio di riferimento; si prevede, poi, che i prefetti, in base alle linee guida adottate dal Consiglio direttivo dell'Agenzia nazionale, individuano enti e associazioni che partecipano con propri rappresentanti all'attività del nucleo di supporto; l'utilizzo delle informazioni acquisite dall'Agenzia nazionale è volto a facilitare le collaborazioni tra amministratori giudiziari e coadiutori e a favorire sul territorio, soprattutto in relazione alle aziende, l'instaurazione e prosecuzione di rapporti commerciali tra imprese oggetto di sequestro e confisca; l'Agenzia nazionale predispone meccanismi di analisi aziendale per verificare la possibilità di proseguire l'attività imprenditoriale o avviare la liquidazione o la ristrutturazione del debito; stipula protocolli d'intesa, anche con associazioni di categoria per individuare professionalità necessarie alla ripresa dell'attività dell'azienda (anche avvalendosi dei nuclei territoriali di supporto istituiti presso le prefetture) e protocolli operativi nazionali con l'ABI per garantire la rinegoziazione dei rapporti bancari in corso con le aziende sequestrate e confiscate; a seguito di una integrazione introdotta dal Senato si prevede una verifica continua e sistematica della conformità dell'utilizzo dei beni ai relativi provvedimenti di assegnazione e destinazione.
  All'articolo articolo 113 del Codice: viene precisato che il regolamento di organizzazione dell'Agenzia nazionale debba prevedere che la selezione del personale avvenga privilegiando le specifiche competenze in materia di gestione aziendale, accesso al credito e finanziamenti europei. L'articolo 113-bis del Codice (non oggetto di modifiche nel testo trasmesso dalla Camera) è stato modificato dal Senato. La disposizione, ora rubricata «Disposizioni in materia di organico dell'Agenzia»: aumenta a 200 unità complessive la dotazione organica dell'Agenzia (attualmente 30 unità); 170 posti sono coperti mediante il ricorso a procedure di mobilità; i nominativi del personale sono inseriti nel sito Internet dell'Agenzia nazionale; – prevede che, fino al completamento delle procedure di mobilità, resta in servizio presso l'Agenzia nazionale il personale comandato e distaccato o fuori ruolo proveniente da altre amministrazioni; – prevede la possibilità, per il Direttore dell'Agenzia nazionale, di ricorrere a contratti a tempo determinato, per il conferimento di incarichi di particolare specializzazione a professionisti esperti in gestioni aziendali e patrimoniali (attualmente è possibile il ricorso al comando o al distacco – fino a 100 unità – di personale delle pubbliche amministrazioni; la possibilità di stipulare contratti a tempo determinato nei limiti delle dotazioni finanziarie disponibili, era possibile fino al 31 dicembre 2016).
  Osserva che completa gli interventi sulla disciplina dell'Agenzia nazionale, il nuovo articolo 113-ter del Codice, introdotto dal Senato. La disposizione prevede – in aggiunta alla dotazione organica – il possibile ricorso a un contingente massimo di 10 unità per incarichi speciali Si tratta di particolari professionalità, con qualifica dirigenziale, che vengono comandate o distaccate dalla pubblica amministrazione e che operano alle dirette dipendenze funzionali del Direttore dell'Agenzia nazionale. L'articolo 113-ter precisa che restano fermi i diritti acquisiti dal personale inquadrato nei ruoli organici dell'Agenzia nazionale al momento dell'entrata in vigore del provvedimento in esame.Pag. 57
  Fa presente che l'articolo 30 è stato modificato dal Senato, che ha anzitutto soppresso al comma 1 – per motivi di coordinamento – il nuovo articolo 603- quater c.p., introdotto dal testo della Camera. La disposizione imponeva la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di l'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il cd. caporalato (articolo 603-bis c.p.). La confisca obbligatoria, relativa anche al prezzo, al prodotto al profitto del citato reato, poteva essere disposta anche in relazione a beni diversi di cui il reo aveva la disponibilità (confisca per equivalente) e scattava a seguito della sentenza definitiva di condanna, o dell'applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento). Tale previsione è, infatti, ora contenuta nell'articolo 603-bis.2 c.p. introdotto dalla legge di riforma del caporalato (legge n. 199 del 2016). Il nuovo comma 1 dell'articolo 30 inasprisce la pena della reclusione (attualmente da uno a sei anni) prevista per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis c.p. La reclusione viene portata a due anni nel minimo e a sette anni nel massimo. Il comma 2 novella l'articolo 104-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p., inserendo, da un lato – per coordinamento – al comma 1 il riferimento alla nomina da parte dell'autorità giudiziaria di un amministratore giudiziario dell'azienda sequestrata, scelto tra gli iscritti al relativo albo di cui all'articolo 35 del Codice antimafia e, dall'altro, aggiungendo due ulteriori commi i quali prevedono che: – il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore giudiziario ai fini della gestione dell'azienda sequestrata (comma 1-bis); – i compiti del giudice delegato alla procedura sono svolti dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, dal giudice delegato nominato dal tribunale ai sensi dell'articolo 35, comma 1, del Codice (comma 1-ter). Un'ulteriore modifica è apportata all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del c.p.p. con l'inserimento, al comma 1, di una lettera f-bis) attraverso cui si assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca allargata di cui all'articolo 12-sexies del DL 306/1992 (articolo 30, comma 3, della proposta di legge). Ha, invece, natura di coordinamento la soppressione da parte del Senato della modifica dell'articolo 25-quinquies del decreto legislativo n. 231 del 2001 (sulla responsabilità amministrativa degli enti). Identica modifica – che introduce sanzioni pecuniarie e interdittive in relazione alla commissione del delitto di caporalato (articolo 603-bis, c.p.) – è, infatti, stata già introdotta dalla legge n. 199 del 2016 (Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo). L'articolo 30, comma 4, della proposta di legge modifica poi lo stesso decreto legislativo n. 231 del 2001, introducendo sanzioni pecuniarie e interdittive in relazione alla commissione dei delitti di procurato ingresso illecito e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del TU immigrazione (D.Lgs. 286/1998).
  Rammenta che l'articolo 31, al quale il Senato ha apportato limitate modifiche di coordinamento, interviene sull'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito dalla legge 356/1992, in materia di confisca allargata o per sproporzione. L'articolo 12-sexies, frutto di una stratificazione normativa, permette in estrema sintesi la confisca dei beni di cui il condannato per associazione mafiosa e per una lunghissima serie di ulteriori gravi delitti non possa giustificare la legittima provenienza e di cui anche per interposta persona risulti essere titolare o avere la disponibilità in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica. Notevoli le novità introdotte alla disciplina della confisca penale di valori ingiustificati, sia in relazione ai presupposti della misura che al procedimento; si introduce poi una nuova confisca senza condanna. Oltre alla citata modifica Pag. 58all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del c.p.p. che assicura la priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca allargata di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, la lettera a) del comma 1 dell'articolo 31, riformulando il comma 1 del citato articolo 12-sexies: – estende il catalogo dei reati per i quali è possibile procedere alla confisca allargata; sono, in particolare, direttamente richiamati i gravi reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p.; l'abrogazione dell'attuale comma 2 dell'articolo 12-sexies consegue all'inserimento dei reati ivi previsti nell'elenco del comma 1; – esclude esplicitamente che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale. Strettamente collegate alla riformulazione del comma 1 dell'articolo 12- sexies sono le modifiche apportate al comma 2-ter (lettera c) relativo alla confisca per equivalente (analogamente a quanto previsto dall'articolo 25 del Codice nella confisca per equivalente nel procedimento di prevenzione è precisato che i beni che ne sono oggetto debbono essere di legittima provenienza) e l'abrogazione, oltre che del citato comma 2, dei commi 2-bis (lettera b), 2-quater, 3 e 4 (lettera d) dell'articolo 12-sexies previste dal medesimo comma 1 dell'articolo 31 in esame. In particolare, viene confermata con finalità di coordinamento l'abrogazione, già prevista dal testo della Camera, del comma 2-bis, relativo all'applicabilità a una serie di reati contro la p.a. della vecchia disciplina sulla confisca, già superata dal Codice; La lettera e) interviene, poi, sul comma 4-bis dell'articolo 12-sexies per procedere all'assimilazione della disciplina della confisca allargata a quella del Codice antimafia. Si stabilisce, così, che possano essere applicate alla confisca allargata – oltre alle disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati – anche quelle in materia di tutela dei terzi ed esecuzione del sequestro contenute nel Codice antimafia. Come nella procedura di prevenzione dettata dal Codice antimafia, l'Agenzia nazionale: – coadiuva l'autorità giudiziaria nell'amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati, sino al provvedimento di confisca emesso dalla corte d'appello nei procedimenti penali; – successivamente a tale provvedimento, ne amministra i beni. La lettera f) aggiunge in fine cinque nuovi commi (da 4-quinquies a 4-novies) all'articolo 12-sexies. Il nuovo comma 4-quinquies stabilisce che i terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni sequestrati di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo, devono essere citati nel processo di cognizione al fine di garantire piena tutela ai loro diritti difensivi. Il comma 4-sexies individua – come già ammesso dalla giurisprudenza (es: Cass., sentenze n. 5018/2011, n. 4116/2014 e n. 2057/2015) – nel giudice dell'esecuzione il giudice competente ad adottare sia la confisca allargata ordinaria che quella per equivalente. Il giudice provvede senza formalità con ordinanza comunicata al PM e notificata all'interessato; contro il provvedimento si può proporre opposizione entro 30 giorni. Viene richiamato il procedimento di cui all'articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale (dove però il termine di opposizione è di soli 15 giorni.). Il comma 4-septies introduce una nuova ipotesi di confisca senza condanna, stabilendo l'applicazione della disciplina della confisca allargata (escluso il comma 2-ter) quando, pronunciata condanna in uno dei gradi di giudizio, il giudice di appello o la cassazione dichiarino l'estinzione del reato per prescrizione o amnistia (ma non per morte dell'indagato-imputato). La previsione risolve un contrasto in giurisprudenza relativo al caso di estinzione per prescrizione, risolta da una decisione di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n. 31617 del 2015); la Suprema Corte ha, infatti, ritenuto possibile la confisca allargata di cui all'articolo 12-sexies purché sia intervenuta almeno condanna in primo grado e la responsabilità penale sia stata accertata nei gradi successivi del giudizio, anche se il reato è Pag. 59dichiarato estinto per prescrizione. Diversamente, giurisprudenza unanime non consente che sia proseguito il procedimento in caso di morte dell'indagato o imputato (Cass., sent. n. 43766/2013). Il comma 4-octies prevede – anche qui recependo un costante orientamento giurisprudenziale (tra le altre, Cass., sent. n. 9576/2008) – che, anche in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta una confisca con sentenza di condanna definitiva, il procedimento inizia o prosegue nei confronti degli eredi o degli aventi causa. Il successivo comma 4-novies individua nel giudice che ha disposto il sequestro (o il giudice delegato dal collegio, se il sequestro è disposto da organo collegiale) l'autorità giudiziaria competente ad amministrare i beni sequestrati e disciplina l'opposizione ai provvedimenti da questi adottati.
  Evidenzia che l'articolo 32, introdotto dal Senato, modifica l'articolo 4 della legge n. 512 del 1999 relativo all'accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, richiedendo per l'accesso al Fondo da parte degli enti costituiti parte civile, ai fini del rimborso delle spese processuali, determinati requisiti per comprovare l'affidabilità e la capacità operativa in favore delle vittime di reati. Sono esonerati da detta disciplina le associazioni od organizzazioni aventi tra i propri scopi quello di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive, ove iscritte nell'apposito elenco tenuto dal prefetto ai sensi dell'articolo 13 della legge n.44/1999.
  Segnala che l'articolo 33 reca in primo luogo modifiche all'articolo 7-bis dell'ordinamento giudiziario. Vi è introdotto il comma 2-sexies, al fine di individuare i collegi o le sezioni del tribunale del distretto e della corte d'appello da destinare in via esclusiva alla trattazione prioritaria dei procedimenti di prevenzione patrimoniale, al fine di assicurarne un più celere svolgimento da parte dei magistrati dotati di particolare competenza per materia («specifica esperienza nella materia della prevenzione o dei reati di criminalità organizzata, o che abbiano svolto funzioni civili, fallimentari e societarie»). Analoga previsione riguarda i soli tribunali circondariali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere. La disposizione prevede poi ulteriori norme di dettaglio volte ad assicurare la copertura delle sezioni o collegi e particolari modalità di composizione. Più in particolare, a tali collegi o sezioni, ai quali è garantita una copertura prioritaria delle eventuali carenze di organico, è assegnato un numero di magistrati rispetto all'organico complessivo dell'ufficio pari alla percentuale che sarà stabilita con delibera del Consiglio superiore della magistratura e comunque non inferiore a tre componenti. Ove, per le dimensioni dell'ufficio, i magistrati addetti alle sezioni e ai collegi dovessero occuparsi di altre materie, il relativo carico di lavoro sarà proporzionalmente ridotto nella misura da stabilire con delibera del Consiglio superiore della magistratura (comma 1). Inoltre, il comma 2 dell'articolo 33 della proposta di legge delega il Governo ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante disposizioni per disciplinare il regime delle incompatibilità relative agli uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore dell'amministrazione giudiziaria, nonché di curatore nelle procedure fallimentari e figure affini delle altre procedure concorsuali, secondo stringenti principi e criteri direttivi: Il comma 3 disciplina la procedura di adozione del decreto legislativo, sul cui schema sono chiamate ad esprimersi le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
  Fa presente che l'articolo 34 disciplina la delega al Governo per l'adozione di norme su alcuni profili della tutela del lavoro nelle imprese sequestrate e confiscate sottoposte ad amministrazione giudiziaria, con riferimento al periodo precedente l'assegnazione delle medesime. La disposizione, modificata dal Senato, ha anzitutto soppresso il riferimento alla previsione di incentivi sotto forma di premialità fiscale e contributiva, stabilendo che la normativa delegata debba sia realizzare (comma 1) misure per l'emersione del Pag. 60lavoro irregolare e per il contrasto del caporalato, sia salvaguardare l'accesso all'integrazione salariale ed agli altri ammortizzatori sociali. Le norme in oggetto sono definite mediante (comma 2): una completa ricognizione delle discipline vigenti sui summenzionati istituti; l'armonizzazione ed il coordinamento delle stesse con quella sulle misure di prevenzione patrimoniali, posta dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, l'adeguamento alle disposizioni adottate dall'Unione europea. Sono dettati, poi, dal comma 3 gli specifici principi di delega (tra questi, il Senato ha previsto l'esclusione dalle misure di sostegno ai lavoratori della parte dell'unione civile con il proposto alla misura di prevenzione antimafia). Rispetto al testo licenziato dalla Camera dei deputati, il Senato ha soppresso numerosi principi di delega (lettere g), h), i), l), m), n) e p) del comma 4) nonché il riferimento alla possibile neutralità finanziaria derivante dall'attuazione. Viene, invece, previsto dalla proposta di legge, un onere finanziario (a valere sul Fondo sociale per l'occupazione) per il sostegno al lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate nel limite di 7 milioni all'anno nel biennio 2018- 2019 e nel limite di 6 milioni nel 2020. La delega deve essere esercitata entro quattro mesi dall'entrata in vigore della riforma in esame secondo le modalità di cui al comma 4. È stato soppresso dal Senato il riferimento all'applicazione dell'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (L. 196/2009) che prevede che, se il decreto attuativo comporti nuovi oneri finanziari, lo stesso decreto vada emanato solo dopo o contestualmente all'entrata in vigore delle leggi di che stanzino le relative risorse.
  Rammenta che l'articolo 35, modificato dal Senato, detta i tempi per l'attuazione della riforma prevedendo in primo luogo che, entro 30 giorni (dalla vigenza della riforma), il CSM debba attuare la disposizione dell'ordinamento giudiziario sulle sezioni specializzate e che entro i successivi 60 giorni i dirigenti degli uffici giudiziari debbano garantire la priorità nella trattazione dei procedimenti di prevenzione patrimoniale (comma 1). Ai sensi del comma 2 dell'articolo 35, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della riforma devono essere emanati i decreti ministeriali previsti dal Codice, ivi compresi quelli relativi al Fondo unico giustizia, nonché istituiti o nominati gli organi. Infine, entro 120 giorni il Presidente del Consiglio è tenuto a presentare una relazione al Parlamento sull'attuazione della riforma (comma 3). Il Senato ha aggiunto un comma 4 secondo cui, entro 30 gg dalla data di entrata in vigore della legge in esame, l'Agenzia nazionale debba adottare i criteri per l'individuazione del proprio personale, da nominare come amministratore giudiziario (v. ante, comma 2-ter dell'articolo 35 del Codice; articolo 13 della proposta di legge).
  Fa presente che l'articolo 36 reca modifiche alle disposizioni transitorie per l'applicazione di specifiche disposizioni del Codice antimafia. Tra le altre, si precisa che la nuova disciplina dell'Agenzia nazionale non si applica se l'amministrazione dei beni confiscati è stata assunta dall'Agenzia in base alle disposizioni del Codice antimafia vigenti fino all'entrata in vigore della riforma in esame.
  Evidenzia che l'articolo 37 contiene, infine, una norma d'interpretazione autentica di una disciplina introdotta dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), che escludeva la possibilità’ di avviare azioni esecutive su beni confiscati prima dell'entrata in vigore del Codice antimafia (13 ottobre 2011). Viene precisato che tale disciplina si applica anche in riferimento ai beni confiscati mediante confisca allargata di cui all'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, all'esito di procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato prima della citata data di entrata in vigore.
   Rammenta, infine, che l'articolo 38, introdotto dal Senato, reca disposizioni finanziarie. È stabilita la neutralità finanziaria della riforma in esame ad eccezione di quanto previsto per le risorse necessarie alla riforma dell'Agenzia nazionale (articolo 29 della proposta di legge) e per il sostegno dei lavoratori delle aziende sequestrate Pag. 61e confiscate (articolo 34 della proposta di legge). È, infine, ribadita l'acquisizione all'entrata del bilancio dello Stato della quota del Fondo unico giustizia derivante da risorse riassegnate.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di truffa e di circonvenzione di persona incapace commessi in danno di persone ultrasessantacinquenni.
C. 4130 Ermini, C. 40 Cirielli, C. 257 Fucci, C. 407 Caparini e C. 4362 Ferraresi.

(Rinvio del seguito dell'esame).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 18 luglio 2017.

  Donatella FERRANTI, presidente, non essendo ancora pervenuti i pareri da parte delle Commissioni competenti, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.10.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 19 luglio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 14.10.

Norme in materia di domini collettivi.
C. 4522 approvata dal Senato.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI (PD), presidente e relatrice, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, la proposta di legge C. 4522, recante «Norme in materia di domini collettivi», approvata dal Senato il 31 maggio 2017.
  Al riguardo, ai fini di un inquadramento sistematico della materia, rammenta che non esiste una definizione normativa dei «domini collettivi», ma che con tale termine si intende, generalmente, indicare una situazione giuridica in cui una determinata estensione di terreno (di proprietà sia pubblica che privata) è oggetto di godimento da parte di una collettività determinata, abitualmente per uso agrosilvopastorale. Le difficoltà di inquadramento sistematico dei domini collettivi, appartenenti originariamente ad una comunità, derivano anche dall'irriducibilità dell'istituto all'attuale concezione privatistica, di derivazione romanistica, basata sulla proprietà privata. Si consideri, a tal proposito, anche il contenuto dell'articolo 42, primo comma, della Costituzione secondo il quale «La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati». I domini collettivi costituiscono, in particolare, i beni oggetto del diritto di uso civico. Gli usi civici integrano un residuo di antiche figure di diritti sui generis a contenuto reale, spettanti ad una collettività organizzata ed insediata su di un territorio e a ogni suo membro che può quindi esercitarlo uti singulus. Il contenuto consiste nel trarre utilità da terre di appartenenza pubblica o privata per il perseguimento di finalità di interesse generale; tali utilità consistono, generalmente, in raccolta di legna, di erba, di funghi, uso di acque, semina, pascolo, caccia, ecc. In relazione alla natura del diritto, va segnalato come, ove questo sia esercitato su terre di proprietà di un privato, si potrà avvicinarsi al modello conosciuto del diritto reale di godimento su cosa altrui; al contrario, ove il bene gravato sia di proprietà pubblica, l'uso civico potrebbe avere la qualificazione giuridica di «comunione senza quote».
  Segnala che la disamina dell'istituto può trarsi dalla sentenza n. 19792 del 28 settembre 2011, con cui la Cassazione civile ha ritenuto non assoggettabile a Pag. 62espropriazione forzata un bene soggetto a uso civico. Il principale riferimento normativo è dato dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, di riordinamento degli usi civici (e dal relativo regolamento di attuazione di cui al regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332). Tale corpo normativo è stato poi integrato da numerose leggi regionali, a seguito del decentramento amministrativo del 1977 (decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, articolo 66, commi 1 e 4). I beni gravati da uso civico sono stati sovente, soprattutto nelle impostazioni più risalenti, ricostruiti come terre in dominio collettivo, la cui negoziazione e circolazione presupponeva l'assenso di tutti i cives, talvolta perfino fondata sul malagevole criterio dell'unanimità, nel senso cioè che nessun membro della collettività civica nel momento negoziale poteva mancare, né essere di contrario avviso, affinché la popolazione non si privasse dei suoi secolari diritti senza un'apprezzabile contropartita (Cassazione 11 febbraio 1974, n. 387): non veniva riconosciuta al Comune o all'associazione agraria una rappresentanza negoziale della collettività, ma soltanto la qualificazione di centro d'imputazione per il godimento collettivo delle terre e per l'inizio di determinate procedure tutte intese alla conservazione degli usi civici. L'originaria destinazione sembra ampiamente modificata, una volta che gli usi civici sono stati compresi nella specifica tutela paesistico-ambientale (secondo la previsione del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, articolo 1, convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431, con cui è stato tra l'altro imposto – integrandosi il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, articolo 82 – il vincolo paesaggistico; si veda da ultimo il Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (articolo 142, comma 1, lettera h). È stato, inoltre, prevista la sussistenza dell'uso civico come vincolo ostativo alla sanatoria degli abusivismi edilizi. Nel sistema della legge del 1927, il riordino degli usi civici è modellato su una procedura, governata dai commissari per la liquidazione degli usi civici, che ha previsto sostanzialmente un accertamento di carattere amministrativo volto a verificare l'esistenza degli usi civici (la cui prova può essere fornita con ogni mezzo), finalizzato alla liquidazione del bene (o all'estinzione del diritto) attraverso le seguenti fasi: denuncia delle terre gravate da uso civico; verifica, accertamento e liquidazione dell'uso civico stesso.
  Rammenta che in giurisprudenza è corrente l'assimilazione del bene gravato da uso civico a quello demaniale, talvolta con semplice avvicinamento del relativo regime (Cassazione, 12 ottobre 1948, n. 1739; Cassazione 12 dicembre 1953, n. 3690), più spesso con una equiparazione tendenzialmente piena tra i due regimi (Cassazione 8 novembre 1983, n. 6589; Cassazione 28 settembre 1977, n. 4120; Cassazione 15 giugno 1974, n. 1750). Nello stesso senso, più recentemente, il TAR Sardegna, con la sentenza n. 546 del 17 luglio 2013, ha ritenuto principio consolidato che «l'espressa previsione dell'inalienabilità, ....prima del completamento dei procedimenti di liquidazione o c.d. sclassificazione, connota il regime giuridico dei beni di uso civico dei caratteri propri della demanialità». I beni assoggettati a uso civico possono «perdere tale loro qualità soltanto mediante i procedimenti di liquidazione o liberazione dagli usi civici disciplinati dalla legge 1766/1927 e dalle altre leggi regionali: pertanto, non è immaginabile l'applicazione della cosiddetta sdemanializzazione di fatto o tacita». Come ribadito dalla citata sentenza della Cassazione del 2011, il regime di circolazione di tali beni prevede rigorose limitazioni: è principio consolidato che l'espressa previsione dell'inalienabilità, per entrambe le categorie di terreni e prima del completamento dei procedimenti di liquidazione o cosiddetta «sclassificazione», connota dei caratteri propri della demanialità il regime giuridico dei beni di uso civico, sicché detti beni sono da reputarsi inalienabili ed incommerciabili, nonché insuscettibili di usucapione. Soltanto una volta completate le procedure volte a far perdere all'immobile la sua destinazione all'uso civico sorge in favore Pag. 63del possessore (quand'anche abusivo) un diritto soggettivo di natura privatistica: i beni perdono la natura di beni assoggettati a proprietà collettiva ed il diritto di uso civico degrada, secondo l'interpretazione della giurisprudenza, al rango di diritto affievolito (Cassazione 8 novembre 1983, n. 6589). Sempre nella citata sentenza della Suprema Corte del 2011 si legge come tale complessivo regime comporta che i beni gravati da uso civico non sono suscettibili di espropriazione forzata: l'incommerciabilità derivante dalle suddette norme della legge nazionale comporta come inevitabile conseguenza che, al di fuori dei più o meno rigorosi procedimenti di liquidazione dell'uso civico e prima del loro formale completamento, la preminenza di quel pubblico interesse che ha impresso al bene immobile il vincolo dell'uso civico stesso ne vieti qualunque circolazione, compresa quella derivante dal processo esecutivo, quest'ultimo essendo posto a tutela (se non altro prevalente) dell'interesse del singolo creditore e dovendo quest'ultimo recedere dinanzi al carattere superindividuale e lato sensu pubblicistico dell'interesse legittimante l'imposizione dell'uso civico; tale divieto comporta la non assoggettabilità del bene gravato da uso civico ad alcuno degli atti del processo esecutivo, a partire dal pignoramento, che ne è quello iniziale.
  Nel passare all'esame del contenuto del provvedimento, segnala che l'articolo 1, comma 1, riconosce i domini collettivi come ordinamento giuridico primario delle comunità originarie. Le caratteristiche connotative sono esplicitate nelle lettere a), b), c) e d). I domini collettivi sono soggetti a Costituzione (lettera a) e trovano il loro fondamento negli articoli 2 (che riconosce le formazioni sociali dove l'individuo svolge la sua personalità), 9 (il quale assegna alla Repubblica la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione), 42, secondo comma (il quale riconosce la funzione sociale della proprietà privata), e 43 della Costituzione (secondo il quale possono essere riservate originariamente o trasferite allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori ed utenti determinate imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali, a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale). Essi sono dotati di capacità di produrre norme vincolanti valevoli sia per l'amministrazione soggettiva e oggettiva, sia per l'amministrazione vincolata e discrezionale (lettera b). Hanno la gestione del patrimonio naturale, economico e culturale che coincide con la base territoriale della proprietà collettiva (lettera c). Si caratterizzano per l'esistenza di una collettività che è proprietaria collettivamente dei beni e che esercita, individualmente o congiuntamente, i diritti di godimento sui terreni sui quali insistono tali diritti. Il Comune svolge di norma funzioni di amministrazione di tali terreni salvo che la comunità non abbia la proprietà pubblica o collettiva degli stessi (lettera d). Il comma 2 prevede che gli enti esponenziali delle collettività titolari del diritto d'uso civico e della proprietà collettiva hanno personalità giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria.
  Fa presente che l'articolo 2 riconosce come compito della Repubblica quello di valorizzare i beni collettivi di godimento in quanto: fondamentali per lo sviluppo delle collettività locali; strumentali per la tutela del patrimonio ambientale nazionale; insistenti su territori che hanno costituito la base di istituzioni storiche finalizzate alla salvaguardia del patrimonio culturale e naturale degli stessi territori; fondativi di strutture eco-paesistiche del paesaggio agro-silvo-pastorale nazionale; patrimonio di risorse rinnovabili da utilizzare a favore della collettività degli aventi diritto (comma 1). Il comma 2 riconosce che la Repubblica riconosce e tutela i diritti di uso e di gestione collettivi preesistenti allo costituzione dello Stato italiano. Sono, altresì, riconosciute le comunioni familiari esistenti nei territori montani le quali mantengono il diritto a godere e a gestire i beni in esame conformemente a quanto previsto negli statuti e nelle consuetudini loro riguardanti. Il comma 3 prevede che sussiste un diritto sulle terre di collettivo godimento quando: esso ha ad oggetto lo Pag. 64sfruttamento del fondo dal quale ricavare una qualche utilità; è riservato ai componenti della comunità (o collettività), salvo diversa decisione dell'ente collettivo.
  Osserva che l'articolo 3 della proposta di legge provvedimento definisce i beni collettivi (comma 1) che costituiscono il patrimonio civico (comma 2) e afferma la loro inalienabilità, indivisibilità, inusucapibilità e perpetua destinazione agro-silvo-pastorale (comma 3). Su tali beni è inoltre imposto il vincolo paesaggistico (comma 6). In particolare, il comma 1 qualifica i seguenti beni come beni collettivi: le terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni o associazioni agrarie comunque denominate (lettera a); le terre, con le costruzioni di pertinenza, assegnate in proprietà collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati (lettera b); le terre derivanti da scioglimento delle promiscuità ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 1766 del 1927, sul riordinamento degli usi civici. Si fa riferimento alla disposizione che ha sciolto senza compenso tutte le comunioni per servitù reciproche e per condominio attribuendo a ciascun Comune o a ciascuna frazione una parte delle terre in piena proprietà, corrispondente in valore all'entità ed estensione dei reciproci diritti sulle terre, tenuto conto della popolazione, del numero degli animali mandati a pascolare e dei bisogni di ciascun Comune e di ciascuna frazione (Cassazione, sentenza n. 10748 del 1992, ha riconosciuto in materia una soggettività diversa della frazione da quella dell'ente di appartenenza ed autonomamente esercitabile); le terre derivanti da conciliazioni nelle materie regolate dalla predetta legge n. 1766 del 1927 (lettera c). Si ricorda che l'articolo 29 della legge n. 1766 del 1927 prevede la possibilità in ogni fase del procedimento si liquidazione degli usi civici, di promuovere un esperimento di conciliazione, sia per iniziativa del commissario, sia per richiesta delle parti, le quali, per questo oggetto, potranno farsi rappresentare da persona di loro fiducia munita di speciale mandato; le terre derivanti dallo scioglimento di associazioni agrarie (lettera c), ovverosia le «associazioni di cui alla legge n. 397 del 1894», il cui elenco indica a titolo esemplificativo le Università Agrarie del Lazio, ricomprendendo, però, tutte le Associazioni od Università agrarie d'Italia; le terre derivanti dall'acquisto ai sensi dell'articolo 22 della medesima legge n. 1766 del 1927 e dell'articolo 9 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (lettera c); il riferimento all'articolo 22 della legge del 1927 sembra richiamare la possibilità, in caso di terreni poco estesi e necessità di divisione tra più famiglie, di aumentare la massa da dividere, consentendo a Comuni e associazioni di fruire delle agevolazioni per l'acquisto di nuovi terreni; l'articolo 9 della legge del 1971 prevede che le Regioni, le Comunità montane e i comuni possano acquistare ed espropriare terreni compresi nei rispettivi territori montani non più utilizzati a coltura agraria o nudi o cespugliati o anche parzialmente boscati per destinarli alla formazione di boschi, prati, pascoli o riserve naturali; le terre derivanti da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici (lettera c); le terre derivanti da permuta o da donazione (lettera c); anche tale previsione pare meritevole di essere meglio circostanziata in relazione ai soggetti coinvolti nei citati negozi giuridici; le terre di proprietà di soggetti pubblici o privati, su cui i residenti del comune e della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati (lettera d). In base al comma 2, tutti tali beni, con la sola eccezione delle terre di proprietà pubblica o privata sui quali gli usi civici non siano stati ancora liquidati (lettera d), costituiscono il patrimonio antico dell'ente collettivo, detto anche patrimonio civico o demanio civico. L'utilizzazione di tale patrimonio dovrà essere effettuata in conformità alla destinazione dei beni e Pag. 65secondo le regole d'uso stabilite dal dominio collettivo (comma 5). I commi 3 e 6 definiscono il regime giuridico dei beni collettivi prevedendo: inalienabilità; indivisibilità; inusucapibilità; perpetua destinazione agro-silvo-pastorale; la loro sottoposizione a vincolo paesaggistico.
  Rammenta che l'articolo 142 del Codice dei beni culturali (decreto legislativo n. 42 del 2004), appositamente richiamato, prevede infatti che siano di interesse paesaggistico e sottoposti alla disciplina della tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici, «le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici» (comma 1, lettera h). Il provvedimento precisa che, con l'imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici, l'ordinamento giuridico garantisce l'interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. Inoltre, la proposta di legge precisa che il vincolo è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici. Il comma 4 stabilisce che, in relazione alle proprietà collettive di organizzazioni montane, anche unite in comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni familiari montane e le regole cadorine, sono fatte salve le previsioni dell'articolo 11, terzo comma, della legge n. 1102 del 1971. Il primo comma di tale disposizione stabilisce l'inalienabilità, indivisibilità e vincolatività delle attività agro-silvo-pastorali come patrimonio antico delle comunioni, trascritto o intavolato nei libri fondiari. Il riferimento alla salvezza delle previsioni del terzo comma dell'articolo 11 è alla possibilità di libera contrattazione dei soli beni acquistati dalle comunioni montane dopo il 1952; per tutti gli altri beni la legge regionale determinerà limiti, condizioni, controlli intesi a consentire la concessione temporanea di usi diversi dai forestali, che dovranno comunque essere autorizzati anche dall'autorità forestale della regione. Il comma 7 prevede che, entro un anno dall'entrata in vigore della legge in esame – nell'ambito del riordino della disciplina delle comunità montane di cui al comma 4 – le regioni debbano, nel rispetto degli statuti di tali organizzazioni, esercitare le competenze loro attribuite dalla legge n.  97 del 1994 (articolo 3, comma 1, lettera b), nn. da 1 a 4) cioè disciplinare con legge i profili relativi ai seguenti punti: 1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvopastorali, assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvopastorale compreso l'eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione dei beni; 2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell'organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate; 3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei beni immobili, nonché degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni, singole o associate; 4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse, nonché garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale. Decorso il citato termine annuale, ai citati adempimenti provvedono con atti amministrativi – poi resi esecutivi con deliberazione della Giunta regionale – gli enti esponenziali delle collettività titolari sul territorio dei ben collettivi. Il comma 7 stabilisce, infine, l'abrogazione della norma transitoria di cui al comma 2 dell'articolo 3 della citata legge del 1994 che prevede che, fino alla data di entrata in vigore delle norme Pag. 66regionali indicate al comma 1,continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 97 del 1994, in quanto con essa compatibili. Il comma 8 stabilisce che nell'assegnazione di terre-beni collettivi ai sensi della legge in esame, gli enti esponenziali delle collettività debbano dare priorità ai giovani agricoltori, come definiti a sensi della normativa UE.
  Al riguardo, rammenta che il Reg (CE) 17 dicembre 2013, n. 1305/2013 definisce un giovane agricoltore come «una persona di età non superiore a quaranta anni al momento della presentazione della domanda, che possiede adeguate qualifiche e competenze professionali e che si insedia per la prima volta in un'azienda agricola in qualità di capo dell'azienda (articolo 2).
  Ciò premesso, propone di esprimere sul provvedimento in titolo parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta della presidente e relatrice.

  La seduta termina alle 14.15.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Mercoledì 19 luglio 2017. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 15.10.

Indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 2669 Morani, recante Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di accordi prematrimoniali.
Audizione di Franca Mangano, presidente della Prima sezione civile del Tribunale di Roma, di Manuela Maccaroni, presidente dell'Associazione avvocati matrimonialisti e per le famiglie di fatto, di rappresentanti dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), e di Claudio Togna, notaio.
(Svolgimento e conclusione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Introduce, quindi, l'audizione.

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione Franca MANGANO, presidente della Prima sezione civile del Tribunale di Roma, Manuela MACCARONI, Presidente dell'Associazione avvocati matrimonialisti e per le famiglie di fatto, Alessandro SIMEONE, Componente della Giunta esecutiva dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), Alessandro SARTORI, Presidente dell'Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori (AIAF), e Claudio TOGNA, notaio.

  Interviene per porre quesiti e formulare osservazioni la deputata Sofia AMODDIO (PD).

  Rispondono ai quesiti posti Claudio TOGNA, notaio, Franca MANGANO, presidente della Prima sezione civile del Tribunale di Roma, e Manuela MACCARONI, Presidente dell'Associazione avvocati matrimonialisti e per le famiglie di fatto.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.10.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.