CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 4 aprile 2017
797.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 4 aprile 2017. – Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.10.

Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale.
C. 4394 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni I e II).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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  Vanessa CAMANI (PD), relatrice, illustra i contenuti del provvedimento, rammentando che il decreto-legge in esame – che la XIV Commissione affronta ai fini del parere da rendere alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) – è stato già approvato in prima lettura dal Senato e si compone di 22 articoli.
  L'articolo 1 istituisce presso ogni tribunale distrettuale sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'UE. L'articolo, secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, risponde all'esigenza di assicurare una maggiore celerità ai ricorsi giurisdizionali in materia di immigrazione, a fronte del significativo aumento delle richieste di protezione internazionale registratosi negli anni 2013-2016. L'istituzione delle nuove sezioni dovrà essere attuata nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica né incrementi di organico.
  L'articolo 2, disciplina la composizione delle sezioni specializzate, definendo le competenze richieste, la formazione dei magistrati e i titoli preferenziali ai fini dell'assegnazione a tali sezioni. Il CSM, con propria delibera, provvede all'organizzazione delle sezioni specializzate.
  L'articolo 3 individua la competenza per materia delle sezioni specializzate, che concerne: a) le controversie in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno in favore di cittadini UE e loro familiari; b) le controversie in materia di allontanamento di cittadini UE e loro familiari; c) le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale; d) le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria; e) per le controversie in materia di diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari; e-bis) per le controversie aventi ad oggetto l'impugnazione dei provvedimenti adottati dall'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale.
  Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le controversie in materia di accertamento dello stato di apolidia nonché, come aggiunto dal Senato, in materia di accertamento dello stato di cittadinanza italiana.
  L'articolo 4 delinea la competenza per territorio delle sezioni specializzate.
  L'articolo 5 attribuisce ai Presidenti delle sezioni specializzate le competenze riservate dalla legge al Presidente del tribunale.
  L'articolo 6 introduce modalità più celeri, attraverso la posta elettronica, in materia di notificazione degli atti al richiedente protezione internazionale e di verbalizzazione dei colloqui presso la Commissione nazionale e le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.
  L'articolo 6 disciplina inoltre il procedimento da seguire per l'impugnazione dei provvedimenti relativi al riconoscimento della protezione internazionale, inserendo nel D.Lgs n. 25 del 2008 il nuovo articolo 35-bis. Rispetto alla disciplina vigente il decreto-legge prevede per tali controversie l'applicazione del rito camerale a contraddittorio scritto e a udienza eventuale (oggi si applica il rito sommario di cognizione).
  La scelta del Governo di prevedere per questo procedimento un unico grado di merito è motivata – si legge nella relazione illustrativa – dalla circostanza per cui «i flussi dei procedimenti di protezione internazionale attualmente registrati presso le corti d'appello sono tali da non consentire la costituzione di sezioni specializzate presso il giudice di secondo grado». Sempre nella relazione si osserva come la mancata previsione di un secondo grado di merito sia comunque «pienamente compatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE». In proposito è ricordata la sentenza resa nella causa Samba Diouf (C-69/10): in tale occasione la Corte ha rilevato che il diritto ad un ricorso effettivo ai sensi della legislazione europea non si riferisce ad un certo numero Pag. 212di gradi di giudizio. Il principio della tutela giurisdizionale effettiva attribuirebbe quindi al singolo il diritto di adire un giudice, e non il diritto a più gradi di giudizio.
  Sempre nella relazione si rileva come un'analisi comparata mostri come i sistemi di impugnazione presenti nei diversi Stati membri si articolino su un numero variabile di gradi giudizio, con una prevalenza di Paesi (fra cui Francia, Spagna, Paesi Bassi e Belgio) nei quali – con riguardo alle controversie in materia di asilo, l'esame in fatto e in diritto è riservato esclusivamente al primo grado, mentre il procedimento di secondo grado può aver ad oggetto esclusivamente profili di legittimità.
  L'articolo 7, a seguito dell'istituzione delle nuove sezioni specializzate, modifica il decreto legislativo n. 150 del 2011 che, nella scorsa legislatura, ha ridotto e semplificato i procedimenti civili di cognizione prevedendo l'applicazione del rito sommario di cognizione a tutte le controversie in materia di immigrazione e di riconoscimento della protezione internazionale.
  L'articolo 8 reca modifiche al D.Lgs. 142/2015 recante norme in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e di procedura ai fini del suo riconoscimento o revoca (di attuazione delle due direttive dell'Unione europea n. 33 e n. 32 del 2013).
  Le modificazioni introdotte si possono sintetizzare come segue:
   iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente del richiedente protezione internazionale presente nei centri di accoglienza;
   mantenimento per il richiedente protezione internazionale che sia oggetto di un provvedimento di respingimento (e non solo di un provvedimento di espulsione) della misura restrittiva del trattenimento qualora si ravvisi che la domanda sia stata presentata allo scopo di ritardare o impedire il respingimento (o l'espulsione);
   partecipazione del richiedente protezione internazionale al procedimento di convalida del provvedimento di trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio (ex CIE), ove possibile, a distanza mediante collegamento audiovisivo;
   prospettive di impiego di richiedenti protezione internazionale in attività di utilità sociale.

  L'articolo 9 reca alcune modifiche al testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998) e in particolare:
   introduce modalità di annotazione dello status di protezione internazionale sul permesso di soggiorno di lungo periodo UE per i titolari di protezione internazionale rilasciata da uno Stato diverso da quello che ha rilasciato il permesso di soggiorno;
   rende possibile l'allontanamento dello straniero con permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo e titolare di protezione internazionale verso lo Stato membro che ha riconosciuto la protezione internazionale, ovvero verso altro Stato non UE, in presenza di motivi di sicurezza dello Stato o di ordine e sicurezza pubblica;
   prevede la trasmissione con modalità informatica della domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare e la riduzione da 180 a 90 giorni del termine per il suo rilascio.

  L'articolo 10 modifica l'articolo 20-ter del d.lgs. 30/2007, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Si attribuisce la competenza in materia di convalida dei provvedimenti di allontanamento al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea.
  L'articolo 11 attribuisce al CSM il compito di predisporre un piano straordinario di applicazioni extradistrettuali, in deroga alle disposizioni in materia di applicazione Pag. 213dei magistrati, di cui agli artt. 110 e seguenti dell'ordinamento giudiziario (R.D. 12/1941).
  L'articolo 12 autorizza il Ministero dell'interno ad assumere fino a 250 unità di personale a tempo indeterminato per il biennio 2017-2018, da destinare agli uffici delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale e della Commissione nazionale per il diritto di asilo. Per le finalità della disposizione è autorizzata una spesa di circa 10,26 milioni di euro a decorrere dal 2018.
  Nel corso dell'esame al Senato è stato inoltre introdotto un comma 1-bis che assegna al Ministero dell'interno il termine del 31 dicembre 2018 per predisporre il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101. La riorganizzazione è posta in relazione, in particolare, alla necessità di potenziare le strutture finalizzate al contrasto dell'immigrazione illegale e alla predisposizione degli interventi per l'accoglienza legati ai flussi migratori e all'incremento delle richieste di protezione internazionale.
  L'articolo 13 autorizza il Ministero della giustizia ad avviare procedure concorsuali nel biennio 2017-2018, anche mediante scorrimento delle graduatorie in corso di validità, per un massimo di 60 unità, nell'ambito dell'attuale dotazione organica del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità. La finalità della norma è quella di supportare gli interventi educativi, i programmi di inserimento lavorativo, per il miglioramento trattamento dei soggetti richiedenti asilo e protezione internazionale. Si autorizza a tal fine la spesa di 1,2 milioni di euro per il 2017 e di 2,4 milioni a decorrere dal 2018.
  L'articolo 14 prevede l'incremento di 20 unità per le sedi in Africa del contingente di personale a contratto impiegato presso le sedi diplomatiche e consolari, per le accresciute esigenze connesse al potenziamento della rete nel continente africano, derivanti anche dall'emergenza migratoria; il medesimo articolo reca anche l'autorizzazione di spesa.
  L'articolo 15 inserisce un nuovo comma 6-bis all'articolo 4 del Testo Unico sull'Immigrazione (D.Lgs. 286/1998), riguardante l'inserimento di alcune particolari tipologie di informazioni nel Sistema di informazione Schengen, con particolare riferimento alla segnalazione di un cittadino di un Paese terzo ai fini del rifiuto di ingresso, nei casi in cui nei confronti del cittadino di un Paese terzo esistono fondati motivi per ritenere che abbia commesso un reato grave o se esistono indizi concreti sull'intenzione di commettere un tale reato nel territorio di uno Stato membro.
  L'articolo 16 prevede l'applicazione del rito abbreviato nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative ai provvedimenti di espulsione dello straniero adottati dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato o per motivi di prevenzione del terrorismo.
  L'articolo 17 introduce disposizioni in materia di identificazione degli stranieri soccorsi in operazioni di salvataggio in mare o rintracciati come irregolari in occasione dell'attraversamento della frontiera. Si prescrive che lo straniero venga condotto presso appositi «punti di crisi» e che qui sia sottoposto a rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico e, al contempo, riceva informazioni sulla procedura di protezione internazionale, sul programma di ricollocazione in altri Stati membri dell'Unione europea e sulla possibilità di ricorso al rimpatrio volontario assistito.
  Ricorda in proposito che l'Agenda europea sulla migrazione, presentata il 13 maggio 2015 dalla Commissione europea, sancisce un approccio globale per migliorare la gestione della migrazione in tutti i suoi aspetti e prefigura, in primo luogo, l'istituzione di un nuovo metodo basato sui punti di crisi (hotspot). Nell'Agenda sono state stabilite le misure necessarie a governare i flussi migratori verso l'Europa con una prospettiva a breve, medio e lungo termine. Tra queste, l'apertura di hotspot collocati nei luoghi dello sbarco dove effettuare la registrazione e l'identificazione tramite rilievi dattilografici delle persone sbarcate.Pag. 214
  Il Governo italiano, il 28 settembre 2015 ha presentato una roadmap, recante l'impegno a mettere in atto il nuovo approccio hotspot, individuando sei porti come sede di hotspot.
  Secondo i dati resi noti nel Rapporto sui centri di identificazione ed espulsione in Italia della Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato, a dicembre 2016 ne risultano attivi quattro, ossia quelli di Lampedusa, Taranto, Trapani e Pozzallo.
  L'articolo 18 stabilisce che il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno è tenuto ad assicurare la gestione e il monitoraggio, attraverso strumenti informatici, dei procedimenti amministrativi in materia di ingresso e soggiorno irregolare, anche attraverso l'attivazione di un Sistema Informativo Automatizzato – SIA, che dovrà essere interconnesso con i centri e i sistemi ivi indicati assicurando altresì lo scambio di informazioni tempestivo con il sistema di gestione accoglienza del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione dello stesso Ministero dell'interno.
  L'articolo 19 interviene con la finalità di rafforzare l'effettività delle espulsioni e di potenziare una rete di centri di permanenza per i rimpatri.
  In primo luogo, i centri di identificazione ed espulsione sono configurati come centri di permanenza per i rimpatri, qualificati come strutture a capienza limitata, dislocate in tutto il territorio nazionale, sentiti i presidenti di regione, con una rete volta a raggiungere una capienza totale di 1.600 posti. A tali centri si applicano le disposizioni sulle visite di cui all'articolo 67 della legge n. 354/1975 sull'ordinamento penitenziario.
  Al contempo, il provvedimento consente la proroga, previa convalida del giudice di pace, di ulteriori 15 giorni del periodo massimo di trattenimento nei centri nei casi di «particolare complessità delle procedure di identificazione e di organizzazione del rimpatrio», con riferimento allo straniero che sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per 90 giorni e ulteriormente trattenuto nel centro per 30 giorni.
  È, al contempo, autorizzato lo stanziamento di 19,12 milioni per il 2017 per la realizzazione e la gestione dei centri nonché per l'effettuazione delle espulsioni, dei respingimento e degli allontanamenti degli stranieri irregolari.
  Disposizioni sono infine dettate relativamente al personale della Croce rossa a seguito della trasformazione in Ente strumentale.
  L'articolo 19-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede che le disposizioni del decreto-legge non si applicano ai minori stranieri non accompagnati (MNA). Disposizioni specifiche nei confronti di tali soggetti sono infatti dettate dal testo approvato in via definitiva dalla Camera nella seduta del 29 marzo 2017 recante «Misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati» (C. 1658-B) oltre che, in via generale, dal decreto legislativo n. 142 del 2015.
  L'articolo 20 pone in capo al Governo per gli anni 2018, 2019 e 2020 la presentazione alle competenti Commissioni parlamentari, entro il 30 giugno di ogni anno, di una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni del decreto-legge.
   L'articolo 21 disciplina l'applicazione delle disposizioni del decreto-legge ai procedimenti amministrativi o giudiziari in corso, fissando al 17 agosto 2017 l'entrata in vigore della riforma per quanto concerne il giudice competente e i nuovi procedimenti giudiziari in materia di protezione internazionale e immigrazione.
  L'articolo 21-bis proroga al 15 dicembre 2017 la sospensione degli adempimenti e dei versamenti fiscali, contributivi e assicurativi obbligatori per i datori di lavoro privati e per i lavoratori autonomi operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa.
  L'articolo 22 provvede alla copertura finanziaria degli oneri determinati dal provvedimento.
  Ricordato che l'esame del provvedimento in Assemblea è previsto a partire dal prossimo lunedì 10 aprile, e che la Pag. 215Commissione dovrà quindi esprimersi entro la seduta di domani, invita i colleghi ad intervenire.

  Luisa BOSSA (MDP) preannuncia il proprio orientamento contrario sul provvedimento in esame. Ritiene infatti, in primo luogo, che vi sia una schizofrenia tra il decreto-legge in discussione – incentrato sui respingimenti – e la legge di recente approvazione riguardante «Misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati», prevalentemente rivolta all'accoglienza.
  Esprime quindi netto dissenso sulle disposizioni che aboliscono, nelle controversie riguardanti l'impugnazione dei provvedimenti relativi al riconoscimento della protezione internazionale, il secondo grado di giudizio, mantenendo un unico grado di merito. Ritiene che la misura – giustificata dal Governo con l'esigenza di snellire le procedure – sia fortemente iniqua e condurrà ad una situazione paradossale, nella quale sarà assai più garantita la contestazione di una multa che non il ricorso per ottenere il riconoscimento della protezione internazionale.
  Si sofferma quindi sul tema dei rimpatri, evidenziando come le disposizioni al riguardo, e l'obiettivo dichiarato dal provvedimento di rafforzare l'effettività delle espulsioni e di potenziare una rete di centri di permanenza per i rimpatri, nonché il ricorso al rimpatrio volontario assistito, si scontrino contro il fatto che sono assai pochi gli accordi bilaterali operanti in tal senso.
  Giudica infine offensive le misure che prevedono la possibilità che i richiedenti protezione internazionale partecipino, su base volontaria e senza compenso, ad attività di utilità sociale in favore delle collettività locali.
  Per tali motivi preannuncia il suo voto contrario, ritenendo il decreto-legge sbagliato nel merito e nell'impostazione, per così dire, ideologica. Non intende seguire le mode e le paure diffuse, che fanno dei migranti i principali responsabili del senso di insicurezza dei cittadini, anche contro l'evidenza dei dati statistici, e si dichiara fermamente contraria alla mutazione a cui si assiste dell'Italia e della sua cultura dell'accoglienza.

  Rocco BUTTIGLIONE (Misto-UDC) concorda con alcune delle considerazioni svolte dalla collega Bossa, ma manifesta il proprio orientamento favorevole sul decreto-legge.
  Ritiene anch'egli che l'allarme sicurezza, diffuso tra i cittadini, sia esagerato, considerando che la situazione italiana è migliore di altre e che i dati statistici denotano una tendenza al miglioramento; è tuttavia innegabile che l'Europa stia vivendo una situazione di emergenza, connessa ai fenomeni migratori, e che il principio cardine della normativa europea in materia sia la netta distinzione tra rifugiati, che hanno diritto di essere accolti in Europa, e immigrati clandestini, che non godono di tale diritto.
  Il problema dovrebbe essere affrontato con efficaci politiche di redistribuzione, che tuttavia non riescono a trovare applicazione poiché diversi Paesi potenzialmente ospitanti – richiama a titolo di esempio la Polonia, o l'Ungheria – rimproverano l'Italia di non applicare adeguate misure di identificazione e di espulsione dei migranti, destinando al ricollocamento stranieri la cui natura – di rifugiati o di clandestini – non è definita. Si tratta di una debolezza del nostro Paese, alla quale occorre porre rimedio, se si vuole mettere in piedi un efficace e condiviso sistema di redistribuzione. Per questo motivo occorre rafforzare e rendere più celeri le procedure di identificazione e di espulsione; in tale direzione va letta l'abolizione del secondo grado di giudizio per le controversie relative al riconoscimento della protezione internazionale, poiché è proprio in pendenza del giudizio di appello che si perdono le tracce della maggior parte degli immigrati in attesa di giudizio.
  Comprende come tale previsione rappresenti un problema notevole per la cultura della sinistra in Italia; osserva tuttavia come si debba prendere atto del fatto che nel nostro ordinamento i diritti dei Pag. 216cittadini, ivi compresi i tre gradi di giudizio, non si applicano a tutti indistintamente. La protezione di cui gode l'immigrato, in attesa di protezione internazionale, o anche nel caso in cui la sua richiesta in tal senso sia stata respinta, è infatti quella accordata dalla Carta dei diritti dell'Uomo, che non contempla tre gradi di giudizio. Né appare accettabile o conforme alle leggi italiane e europee, o corrispondente alle possibilità materiali del nostro Paese, una piena parificazione dei diritti dei cittadini con quelli dei migranti economici.
  È inoltre vero quanto affermato dalla collega Bossa circa la necessità di stringere accordi di rimpatrio con i paesi extracomunitari, ma occorrerebbe adottare, al fine di una integrazione utile, politiche che creino lavoro nei paesi di provenienza. Osserva peraltro come sul punto il Governo italiano stia facendo positivi passi in avanti.
  Ribadisce, in conclusione, il proprio orientamento favorevole sul provvedimento in esame.

  Vanessa CAMANI (PD), relatrice, rispondendo alle obiezioni sollevate dall'onorevole Bossa, osserva in primo luogo come la soppressione del giudizio di appello dia una risposta efficace alle esigenze di celerità delle procedure e sia peraltro conforme al sistemi adottati in diversi Stati membri dell'Unione europea. Inoltre le procedure giudiziali si arricchiscono dell'istituzione delle sezioni specializzate e del potenziamento degli uffici delle Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.
  Con riferimento agli accordi bilaterali, rileva come si tratti di decisioni che non dipendono solo dal Governo italiano.
  Evidenzia infine, con riferimento alla possibilità di offrire lavori socialmente utili ai richiedenti protezione internazionale, che si tratta di una richiesta che da anni viene avanzata a livello territoriale, alla quale si risponde finalmente con adeguati strumenti normativi.
  Ritiene, in conclusione, che lo Stato abbia il dovere di garantire sicurezza ai cittadini e che il provvedimento, nel complesso, aumenti le garanzie, la celerità e l'efficacia delle procedure riguardanti i migranti, anche attraverso il potenziamento del personale preposto.
  Si riserva quindi, nella seduta già fissata per la mattina di domani, di formulare una proposta di parere, che – ricorda – avrà principalmente ad oggetto la compatibilità delle disposizioni con la normativa dell'Unione europea.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010.
C. 3916 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Gea SCHIRÒ (PD), relatrice, ricorda che il Protocollo addizionale in esame fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010 – che la XIV Commissione affronta ai fini del parere da rendere alla Commissione Affari esteri – è relativo al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, a sua volta addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità. Il Protocollo di Cartagena è in vigore a livello internazionale dall'11 settembre 2003, ed è stato ratificato dall'Italia con la legge 15 gennaio 2004, n. 27.
  Il Protocollo di Cartagena si propone di contribuire al trasferimento, manipolazione e utilizzazione in sicurezza degli organismi viventi modificati che possono avere un impatto negativo sulla biodiversità, considerando anche i rischi per la salute umana e i movimenti transfrontalieri di tali organismi.
  Il Protocollo di Cartagena è il primo strumento legale internazionale che verte Pag. 217in modo specifico su aspetti legati alla sicurezza ambientale e sanitaria connessi all'utilizzazione di organismi geneticamente modificati e rappresenta il primo strumento attuativo della Convenzione sulla diversità biologica. L'articolo 19, comma 3, di detta Convenzione ha previsto infatti che «le Parti esaminano l'opportunità di adottare e di stabilire le modalità sotto forma di protocollo, che comprenda in particolare un accordo che stabilisca appropriate procedure per quanto riguarda il trasferimento, la manipolazione e l'utilizzazione, in condizioni di sicurezza, di ogni organismo vivente geneticamente modificato originato dalla biotecnologia e che avrebbe effetti sfavorevoli sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica».
  L'ambito di applicazione del Protocollo è circoscritto ai movimenti transfrontalieri, al transito, alla manipolazione ed all'utilizzazione di qualsiasi organismo vivente modificato suscettibile di avere effetti sfavorevoli sulla conservazione della diversità biologica, anche in considerazione dei rischi per la salute dell'uomo, fatta eccezione per i prodotti farmaceutici destinati all'uomo in virtù di altri accordi o organismi internazionali pertinenti.
  Quanto al Protocollo di Nagoya-Kuala Lumpur, questo si compone di un preambolo e 21 articoli, e mira all'individuazione di misure di risposta in caso di danno o di sufficiente probabilità di danno alla biodiversità in conseguenza di movimenti transfrontalieri di organismi viventi modificati.
  L'articolo 1 enuncia sinteticamente l'obiettivo del Protocollo addizionale, ovvero quello di elaborare norme e procedure a livello internazionale in materia di responsabilità e risarcimenti relativamente agli organismi viventi modificati, onde contribuire alla conservazione e all'uso sostenibile della biodiversità, tenendo anche conto dei rischi per la salute umana.
  L'articolo 2 contiene una serie di definizioni: in particolare il termine danno definisce un effetto negativo sulla biodiversità misurabile o osservabile su basi scientificamente solide da un'autorità competente, tenendo conto di cambiamenti eventuali indotti sull'uomo e sull'ambiente naturale; e che sia inoltre significativo, ovvero correlato a un cambiamento di lungo periodo o persino permanente delle componenti della biodiversità, o comunque a cambiamenti qualitativi e quantitativi con impatto negativo sulla componenti della biodiversità, o ancora ad effetti negativi sulla salute umana.
  L'ambito di applicazione del Protocollo addizionale, ai sensi dell'articolo 3, è quello dei danni derivanti da organismi viventi modificati nel corso di un movimento transfrontaliero di essi. Si tratta in particolare degli organismi viventi modificati destinati all'uso diretto nell'alimentazione umana o animale, nonché di quelli destinati all'uso confinato o destinati all'introduzione intenzionale nell'ambiente. Il Protocollo addizionale si applica anche ai danni derivanti da movimenti transfrontalieri intenzionali (articolo 17 del Protocollo di Cartagena) e ai danni derivanti da movimenti transfrontalieri illegali (articolo 25 del Protocollo di Cartagena).
  L'articolo 4 demanda al diritto interno di ciascuna Parte del Protocollo addizionale la determinazione del rapporto di causa-effetto tra un organismo vivente modificato e il danno cagionato.
  L'articolo 5 concerne le misure di risposta in caso di danno: gli operatori interessati dovranno informare immediatamente l'autorità nazionale competente ai sensi dell'articolo 19 del Protocollo di Cartagena, e dovranno altresì valutare il danno e adottare le misure di risposta appropriate. Analogamente, l'autorità nazionale competente dovrà individuare l'operatore responsabile del danno, valutarne l'entità e stabilire le opportune misure di risposta. La relazione introduttiva al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo addizionale in esame specifica che la normativa nazionale attuativa delle direttive comunitarie in materia di organismi geneticamente modificati ha individuato per l'Italia come autorità competenti il Ministero dell'ambiente e il Ministero della salute. Pag. 218
  Gli articoli 6, 7 e 8 intervengono in materia di esenzioni e i limiti eventuali alla tutela risarcitoria.
  L'articolo 9 salvaguarda la facoltà di ricorso o di azione di risarcimento di un operatore nei confronti di un'altra persona, facoltà che il Protocollo addizionale in esame non limita né restringe.
  L'articolo 10 riserva alle Parti il diritto di prevedere disposizioni nei rispettivi ordinamenti in materia di garanzia finanziaria, previo approfondimento dei relativi meccanismi e dell'impatto ambientale e socioeconomico di essi – con particolare riguardo per i paesi in via di sviluppo.
  L'articolo 11 salvaguarda diritti e obblighi degli Stati in base al diritto internazionale nella materia della responsabilità di essi per atti illeciti.
  L'articolo 12 prevede l'obbligo per le Parti di incardinare nei rispettivi ordinamenti disposizioni legislative e regolamentari, nonché procedurali, in materia di danno. Le Parti dunque dovranno prevedere misure di risposta adeguate in base al Protocollo addizionale.
  Per quanto concerne gli organi di amministrazione del Protocollo addizionale in esame (articoli 14 e 15), queste sono la Conferenza delle Parti che si riunisce in quanto riunione delle Parti del Protocollo di Cartagena (COP/MOP) e il segretariato del Protocollo addizionale medesimo, che è lo stesso istituito dall'articolo 24 della Convenzione sulla biodiversità. La riunione delle Parti del Protocollo addizionale esamina regolarmente l'attuazione del medesimo e adotta le decisioni necessarie per migliorarla e promuoverla. La riunione delle Parti, inoltre, riesamina il Protocollo addizionale cinque anni dopo l'entrata in vigore di esso, e successivamente con cadenza quinquennale (articolo 13).
  L'articolo 16 riguarda la relazione tra la Convenzione sulla biodiversità, il Protocollo di Cartagena e il Protocollo addizionale in esame, il quale semplicemente integra il Protocollo di Cartagena, senza apportarvi modifiche. Il Protocollo addizionale, inoltre, non pregiudica diritti e obblighi delle Parti di esso derivanti dalla Convenzione sulla biodiversità e dal Protocollo di Cartagena, le disposizioni dei quali si applicano per quanto possibile al Protocollo addizionale.
  Gli articoli 17-21, infine, contengono le clausole finali: in particolare, è prevista la possibilità che al Protocollo addizionale aderiscano uno Stato o un'organizzazione regionale di integrazione economica anche dopo l'entrata in vigore di esso – condizione indispensabile per la quale è il deposito di almeno 40 strumenti di ratifica. Inoltre, il Protocollo addizionale non ammette la presentazione di riserve. La denuncia del Protocollo addizionale è possibile dopo due anni dall'entrata in vigore dello stesso per la Parte denunciante, mediante notifica scritta al depositario. La denuncia eventuale del Protocollo di Cartagena comporta la denuncia anche del Protocollo addizionale.
  Con riguardo, infine al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo addizionale di Nagoya-Kuala Lumpur, questo si compone di quattro articoli: i primi due, come di consueto, contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dello strumento internazionale.
  L'articolo 3 concerne la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento, pari a 250.520 euro annui a decorrere dal 2016.
  L'articolo 4, infine, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Alla luce dei contenuti del provvedimento, formula quindi una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole della relatrice.

Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica.
Nuovo testo C. 2305-73-111-2566-2827-3166/A).

(Parere alla IX Commissione).
(Esame e conclusione – nulla osta).

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  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Vanessa CAMANI (PD), relatrice, rammenta che il provvedimento in discussione – che la XIV Commissione esamina ai fini del parere da rendere alla Commissione Trasporti – reca Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica, nel testo risultante dagli ulteriori emendamenti approvati, in sede referente dalla IX Commissione, a seguito del rinvio del testo in Commissione dall'Assemblea lo scorso 19 ottobre 2016.
  Ricorda che sul provvedimento – che intende promuovere l'uso della bicicletta come mezzo di trasporto sia per le esigenze quotidiane sia per le attività turistiche e ricreative – la XIV Commissione si era già espressa, con parere favorevole, nella seduta del 14 settembre 2016.
  Soffermandosi unicamente sulle modifiche apportate sul testo A, rileva che, all'articolo 2, sono state modificate alcune delle definizioni dei termini utilizzati dalla legge.
  Inoltre, ovunque ricorra il riferimento alla rete ciclabile nazionale Bicitalia, si è specificato che tale rete è «denominata «Bicitalia».
  Sono state quindi ridefinite, all'articolo 12, le disposizioni finanziarie – oggetto del rinvio del testo in Commissione dall'Assemblea, anche al fine di tenere conto delle novità introdotte con la Legge di bilancio 2017.
  Si è quindi provveduto a sopprimere i precedenti articoli 11-bis, in materia di ricostituzione del Fondo per la mobilità sostenibile e 12, riguardante sponsorizzazioni e donazioni.
  All'articolo 15, recante disposizioni circa la Relazione annuale sulla mobilità ciclistica, è stato aggiunto il comma 1-bis, con il quale si stabilisce che entro il 1o aprile di ciascun anno, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano presentano una relazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sullo stato di attuazione degli interventi previsti dalla legge, sulla loro efficacia, sull'impatto sui cittadini e sulla società, sugli obiettivi conseguiti e sulle misure da adottare per migliorare l'efficacia degli interventi previsti dal Piano regionale della mobilità ciclistica nel rispettivo territorio.
  Alla luce di tali modifiche, che non mutano il giudizio favorevole già espresso dalla XIV Commissione sulla precedente versione del provvedimento, formula una proposta di parere nella forma del nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

  La seduta termina alle 14.45.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 4 aprile 2017. – Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.45.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006.
Atto n. 389.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto, rinviato da ultimo nella seduta del 28 marzo 2017.

  Chiara SCUVERA (PD), relatrice, formula una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni (vedi allegato), che illustra nel dettaglio.

Pag. 220

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere formulata dalla relatrice.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.
Atto n. 401.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Massimiliano MANFREDI (PD), relatore, ricorda che la direttiva 2014/52/UE – che il presente schema di decreto è volto a recepire – modifica la direttiva 2011/92/UE sulla valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (c.d. direttiva VIA). Ad essa gli Stati membri devono conformarsi entro il 16 maggio 2017.
  Lo scopo principale delle modifiche recate dalla direttiva 2014/52/UE è rafforzare la qualità della procedura di impatto ambientale, allineare tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e rafforzare la coerenza e le sinergie con altre normative e politiche dell'Unione, come anche con le strategie e le politiche definite dagli Stati membri in settori di competenza statale (considerando 3).
  Le principali novità riguardano:
   la possibilità di fissare soglie o criteri per stabilire in quali casi non è necessario che i progetti siano oggetto di una valutazione di impatto ambientale;
   l'obbligo per il committente di fornire informazioni sulle caratteristiche del progetto e sui suoi probabili effetti negativi significativi sull'ambiente, tenendo conto dei risultati disponibili di altre valutazioni effettuate in base a normative UE diverse dalla direttiva 2014/52/UE;
   la separazione funzionale tra autorità competente e committente, per evitare i conflitti d'interesse;
   le sanzioni che devono essere effettive, proporzionate e dissuasive;
   le informazioni ambientali che devono essere tempestive e disponibili anche in formato elettronico.

  La direttiva 2014/52/UE prevede inoltre un regime transitorio per i progetti per i quali il processo decisionale è stato avviato prima del 16 maggio 2017, continuando ad essere assoggettati alla direttiva 2011/92/UE.
  La delega al Governo per il recepimento della nuova direttiva in materia di VIA è stata concessa dalla legge 9 luglio 2015, n. 114 (Legge di delegazione europea 2014) che, all'articolo 14, ha altresì dettato una serie di principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega stessa, volta all'attuazione nell'ordinamento nazionale della direttiva 2014/52/UE.
  Si limita qui ad una sintesi dei contenuti dello Schema di decreto.
  L'articolo 1 provvede a modificare l'articolo 4 del Codice dell'ambiente recante le finalità del medesimo, allo scopo di recepire la direttiva 2014/52/UE che, nell'ambito della valutazione di impatto ambientale, prende in considerazione nuovi temi, quali quello della biodiversità, della tutela del paesaggio e della vulnerabilità e resistenza dei progetti rispetto ad incidenti e a calamità naturali.
  L'articolo 2 modifica l'articolo 5, comma 1, del Codice dell'ambiente al fine di recepire le nuove definizioni previste dalla direttiva 2014/52/UE.
  L'articolo 3 sostituisce integralmente i commi da 5 a 11 dell'articolo 6 del D.Lgs. 152/06, specificando che la valutazione di impatto ambientale si applica solo ai progetti che possono avere impatti ambientali negativi e indicando le tipologie di progetti sottoposti ad una previa verifica di assoggettabilità a VIA e alla procedura di VIA.
  L'articolo 4 modifica l'articolo 7 del Codice dell'ambiente espungendo ogni riferimento alla VIA, poiché esso attualmente Pag. 221si riferisce anche agli istituti della VAS (valutazione ambientale strategica) e dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) che non sono oggetto della delega.
  L'articolo 5 mira ad inserire nel Codice dell'ambiente l'articolo 7-bis relativo alle competenze di materia di VIA e di verifica di assoggettabilità a VIA, disciplinando sia quelle statali che regionali, di carattere tanto normativo quanto amministrativo.
  L'articolo 6 sostituisce integralmente l'articolo 8 del Codice dell'ambiente, che disciplina la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale, VIA e VAS.
  L'articolo 7 sostituisce la rubrica dell'articolo 10 nonché il comma 1 del medesimo articolo con una norma ai sensi della quale l'autorizzazione integrata ambientale per i progetti in cui è prevista la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA può essere rilasciata solo dopo che l'autorità competente abbia stabilito che i progetti medesimi non vadano effettivamente assoggettati a VIA.
  L'articolo 8 sostituisce integralmente l'articolo 19 del Codice, disciplinando lo svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA.
  L'articolo 9 sostituisce integralmente l'articolo 20 del Codice dell'ambiente, in cui si specifica che il proponente ha facoltà di richiedere, in qualunque momento, una fase di confronto con l'Autorità competente. Questa è finalizzata a definire la portata delle informazioni e il relativo livello di dettaglio degli elaborati progettuali necessari allo svolgimento del procedimento di VIA.
  L'articolo 10 – che sostituisce integralmente l'articolo 21 del Codice dell'ambiente – disciplina una fase di consultazione eventuale tra il proponente, l'Autorità competente e i soggetti competenti in materia ambientale al fine di determinare i contenuti dello studio di impatto ambientale.
  L'articolo 11 modifica l'articolo 22 del Codice, che disciplina la predisposizione dello studio di impatto ambientale e i suoi contenuti, al fine recepire le modifiche apportate dalla direttiva 2014/52/UE agli articoli 4 e 5 della direttiva VIA.
  Gli articoli 12, 13 e 14 modificano la disciplina del procedimento di VIA contenuta nel testo vigente degli artt. 23-27 del Codice, disciplinando la presentazione dell'istanza e la fase di verifica della documentazione (articolo 12), la fase di consultazione e di acquisizione dei pareri (articolo 13) e la fase della valutazione e della decisione (articolo 14).
  L'articolo 15 sostituisce l'articolo 26 del Codice, che nel testo vigente disciplina, nell'ambito della procedura di VIA, i termini relativi alla conclusione del procedimento, le eventuali integrazioni alla documentazione presentata, le modalità per l'accesso alla documentazione per il pubblico e il contenuto del provvedimento di VIA.
  L'articolo 16 introduce una procedura di VIA statale alternativa a quella delineata dagli artt. 12-14, che può essere attivata su richiesta del proponente, e che consente di concentrare in un unico provvedimento (denominato «provvedimento unico in materia ambientale», d'ora in poi indicato con l'acronimo PUA) tutti i titoli abilitativi o autorizzativi necessari per la realizzazione del progetto.
  L'articolo 17, che sostituisce l'articolo 28 del Codice, disciplina la procedura di monitoraggio e controllo del corretto adempimento delle condizioni ambientali previste nei provvedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA o nel provvedimento di VIA.
  L'articolo 18, che sostituisce l'articolo 29 del Codice, disciplina il sistema sanzionatorio relativo al procedimento di valutazione d'Impatto ambientale.
  L'articolo 19, che sostituisce il comma 2-bis dell'articolo 30, prevede, in caso di progetti con impatti interregionali, che l'autorità competente metta a disposizione nel proprio sito web tutta la documentazione pervenuta affinché i soggetti interessati assumano le determinazioni.
  L'articolo 20 modifica l'articolo 32 del Codice che disciplina la modalità di svolgimento delle consultazioni transfrontaliere, in caso di piani, programmi, progetti Pag. 222e impianti che possono avere impatti rilevanti sull'ambiente di un altro Stato, o qualora un altro Stato lo richieda.
  L'articolo 21 interviene sull'articolo 33 del Codice, recante la disciplina degli oneri relativi alla copertura dei costi sopportati dall'autorità competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo relative ai procedimenti di valutazione ambientale.
  L'articolo 22 reca una serie di modifiche agli allegati alla parte II del Codice.
  L'articolo 23 detta una serie di disposizioni principalmente finalizzate a regolare il passaggio tra la disciplina vigente e quella nuova risultante dalle modifiche previste dal decreto in esame.
  L'articolo 24 modifica il comma 4 dell'articolo 14 della L. 241/1990, che ha introdotto una disciplina specifica per la conferenza di servizi sui progetti sottoposti a VIA, al fine precipuo di chiarirne l'applicabilità alle sole procedure di VIA di competenza regionale e di apportare le modifiche necessarie a rendere il testo coerente con le modifiche apportate dallo schema in esame al cosiddetto Codice dell'ambiente.
  L'articolo 25, in attuazione delle modifiche apportate al D.Lgs. 152/06 da parte dello schema in esame, prevede l'adozione di sette decreti ministeriali (commi 1-7) e la previsione di un accordo, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241/1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) tra Ministero dell'ambiente e il Ministero dei beni e delle attività culturali, per la definizione di forme e modalità di raccordo per l'esercizio delle rispettive competenze disciplinate dal medesimo Codice, come modificato dal provvedimento in esame (comma 8).
  L'articolo 26 provvede ad abrogare una serie di disposizioni del testo vigente del Codice, al fine di coordinare la disciplina introdotta dallo schema in esame con l'attuale quadro normativo. Di tali abrogazioni si è già dato conto nel commento degli articoli.
  L'articolo 27 prevede che dall'attuazione dello schema in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le attività previste sono svolte con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, fermo il disposto di cui all'articolo 21. Tale articolo, infatti, demanda a un decreto ministeriale la disciplina delle tariffe per la copertura dei costi per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività istruttorie, di monitoraggio e controllo delle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA, di VIA e VAS.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 305/2011 che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE.
Atto n. 402.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Maria IACONO (PD), relatore, rammenta che l'atto del Governo in esame, che si compone di trentuno articoli e di quattro Allegati (A, B, C e D), è stato adottato a seguito di un'apposita delega recata dall'articolo 9 della legge 12 agosto 2016, n. 170 (Legge di delegazione europea 2015).
  L'Atto adegua la normativa italiana alle disposizioni del Regolamento 305/2011 (UE), entrato in vigore il 24 aprile 2011, il quale fissa le condizioni per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e abroga la direttiva 89/106 (CEE), recepita in Italia con decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246, anch'esso conseguentemente abrogato. Pag. 223
   L'articolo 1 individua la finalità del provvedimento, richiamando il citato Regolamento europeo cui si intende adeguare la normativa nazionale.
  Restano ferme le disposizioni nazionali che stabiliscono regole tecniche inerenti la progettazione, l'esecuzione, il collaudo e la manutenzione delle opere da costruzione – dunque non la commercializzazione dei prodotti da costruzione – le quali, nell'ordinamento italiano, sono poste dall'articolo 52 del Testo unico per l'edilizia (decreto del Presidente della Repubblica 380/2001).
  Le nuove disposizioni interessano la commercializzazione dei prodotti da costruzione sotto molteplici aspetti: istituiscono nuovi comitati e/o organismi; indicano gli obblighi dei fabbricanti; stabiliscono requisiti e obblighi degli organismi notificati nonché per i controlli su di essi su di essi da parte delle Amministrazioni competenti; delineano le procedure per le domande di autorizzazione e notifica, prevedono una serie di attività di vigilanza sul mercato, prescrivono le sanzioni per le violazioni degli obblighi di dichiarazione di prestazione e marcatura CE, di impiego dei prodotti, di ottemperanza di eventuali provvedimenti di ritiro, sospensione o richiamo, nonché degli obblighi di certificazione.
  Ai sensi dell'articolo 2 per organismi notificati si intendono gli organismi autorizzati dalle Amministrazioni competenti a svolgere compiti di parte terza secondo i sistemi di valutazione e verifica della costanza della prestazione. Le amministrazioni competenti sono il Consiglio superiore dei lavori pubblici presso il Ministero delle infrastrutture e del trasporti, il Ministero dell'interno ed il Ministero dello sviluppo economico.
  In materia di governance del settore l'articolo 3 provvede alla creazione presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, senza nuovi oneri per la finanza pubblica, di un Comitato nazionale di coordinamento per i prodotti da costruzione, definendone la composizione. Tale Comitato avrà funzioni di coordinamento delle attività delle Amministrazioni competenti nel settore dei prodotti da costruzione, e funzioni di indirizzo, al fine di assicurare l'uniformità ed il controllo dell'attività di certificazione e prova degli organismi notificati.
  L'articolo 4 istituisce il Punto di contatto nazionale per i prodotti da costruzione – attuando una previsione di cui all'articolo 10 del Regolamento 305/2011 – che è tenuto a fornire, utilizzando termini chiari e facilmente comprensibili, informazioni sulle disposizioni, nel suo territorio, volte a soddisfare i requisiti di base delle opere di costruzione applicabili all'uso previsto di ciascun prodotto da costruzione.
  Il nuovo organismo sarà inserito presso il Ministero dello Sviluppo economico, nell'ambito del Punto di contatto nazionale prodotti, PCP-Italia, già istituito in attuazione del Regolamento (UE) n. 764/2008. Il Punto di contatto nazionale per i prodotti da costruzione si occuperà di materiali e prodotti per uso strutturale e antincendio.
  Sempre in tema di nuovi organismi, l'articolo 7 dà vita ad un Organismo nazionale per la valutazione tecnica europea, costituito da personale del Servizio tecnico centrale del Consiglio superiore dei lavori pubblici, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, della Direzione Centrale per la prevenzione o la sicurezza tecnica, del Ministero dell'interno e dell'Istituto per le tecnologie della costruzione del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il nuovo organismo, che prenderà il nome ITAB, in sostanza prenderà il posto dei vari TAB (Technical Assessment Bodies) previsti al Capo V del Regolamento 305/2011 (UE). In questo modo si intende porre fine, attraverso un coordinamento istituzionale che rappresenti una sorta di «sportello unico», alla frammentazione delle competenze italiane ai fini del rilascio del Benestare/Valutazione tecnica europea, accogliendo le istanze di semplificazione espresse dagli operatori economici del settore.
  Gli articoli 25 e 26 dell'atto definiscono, rispettivamente, le modalità di designazione dei rappresentanti italiani in seno al Pag. 224gruppo di coordinamento europeo degli organismi notificati (gruppo di cui all'articolo 55 del citato Regolamento 305/2011) e dei rappresentanti italiani nel Comitato permanente per le costruzioni.
  L'Atto del Governo interviene inoltre in materia di obblighi per i fabbricanti. L'articolo 5 è dedicato agli obblighi relativi all'immissione sul mercato e all'impiego dei prodotti da costruzione, mentre l'articolo 6 verte sulle dichiarazioni di prestazione, sulle istruzioni e sulle informazioni concernenti la sicurezza.
  Ai sensi dell'articolo 5 il fabbricante redige una dichiarazione di prestazione per i prodotti da costruzione che rientrano nell'ambito di applicazione di una norma europea armonizzata, ovvero siano conformi a una valutazione tecnica europea appositamente rilasciata per il prodotto in questione.
  L'articolo 6 rende il fabbricante responsabile dell'individuazione delle caratteristiche da includere nella dichiarazione di prestazione, in relazione all'uso previsto del prodotto.
  La nuova disciplina degli organismi notificati si trova nel Capo III, ovvero negli articoli da 8 a 14.
  L'articolo 8 disciplina l'autorizzazione e notifica prevedendo che le amministrazioni competenti rilascino i decreti di autorizzazione, ai fini della successiva notifica. Quanto alle notifiche, l'autorità notificante sarà il Ministero dello Sviluppo Economico, previa intesa con le altre Amministrazioni competenti. Il medesimo Ministero fornirà alla Commissione europea l'informazione sulle procedure nazionali adottate per la valutazione e la notifica degli organismi.
  In base all'articolo 9, possono essere organismi notificati le società di persone o di capitali o gli enti pubblici o privati, a condizione che dimostrino il rispetto di quanto stabilito dal Regolamento 305/2011 (UE), Capo VII (Autorità notificanti e organismi notificati), con particolare riferimento all'articolo 43 di quest'ultimo (Requisiti per gli organismi notificati). I requisiti per gli organismi notificati e per la loro attività sono dettagliatamente indicati nell'Allegato D all'atto in esame.
  L'articolo 11 disciplina la procedura basata su un certificato di accreditamento, mentre l'articolo 12 la procedura da applicare in caso di mancata convenzione e perciò non basata sul certificato di accreditamento.
  Ai sensi dell'articolo 14, gli organismi notificati sono tenuti a trasmettere annualmente a ciascuna delle Amministrazioni competenti una relazione sintetica che offra informazioni sull'attività svolta da essi nel settore del prodotti da costruzione durante l'anno precedente.
  L'articolo 15 pone a carico dei richiedenti una serie di spese inerenti ad attività di rilascio di Valutazione Tecnica Europea (ETA), di valutazione, autorizzazione, notifica e controllo, di vigilanza sul mercato e nei cantieri. La determinazione degli importi delle tariffe di cui sopra nonché dei termini, dei criteri di riparto e delle modalità di accreditamento è rimessa ad uno o più decreti interministeriali, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del futuro decreto legislativo.
  Il sistema dei controlli e della vigilanza è disciplinato dagli articoli 16, 17 e 18.
  L'articolo 16 regola le attività di controllo sugli organismi notificati, eseguite dalle Amministrazioni competenti, che, ai sensi dell'articolo 17, sono anche autorità di vigilanza sul mercato e nei cantieri per i materiali e prodotti da costruzione. La vigilanza viene esercitata attraverso ispezioni, analisi, prove, misurazioni, verifiche e controlli. A tali fini, le Amministrazioni competenti possono avvalersi della collaborazione dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza.
  L'articolo 18 reca disposizioni procedurali per l'espletamento delle suddette attività di controllo e vigilanza nonché le modalità di irrogazioni delle eventuali sanzioni, da completarsi con l'adozione di un decreto interministeriale, da assumersi entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo.
  Il quadro delle sanzioni è disciplinato dagli articoli 19, 20, 21, 22 e 23, con Pag. 225particolare riferimento al fabbricante che viola l'obbligo di redigere la dichiarazione di prestazione; al costruttore, direttore dei lavori, direttore dell'esecuzione o collaudatore che utilizzino prodotti non conformi al Capo II (Dichiarazione di prestazione e marcatura CE) del Regolamento 305/2011 (UE) (articolo 20); agli operatori economici che non ottemperino a provvedimenti di ritiro, sospensione o richiamo o che violino una serie di altre disposizioni (articolo 21). Periodi di arresto e ammende si applicano anche a tutti coloro che violano gli obblighi di certificazione, secondo quanto stabilisce l'articolo 22. In ogni caso, ai sensi dell'articolo 23, nella irrogazione delle sanzioni penali si fa riferimento al rispetto delle disposizioni di cui alla legge 689/1981 (Modifiche al sistema penale).
  Altre disposizioni finali consistono in abrogazioni (articolo 24). Come detto, viene abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246, per mezzo del quale l'Italia, a suo tempo, ha recepito la direttiva 89/106/CE che a sua volta è stata poi abrogata dal Regolamento 305/2011/CE. Inoltre, coerentemente con l'abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica 246/1993, l'articolo 24 dell'atto in esame abroga anche il decreto del Ministro delle attività produttive 9 maggio 2003, n. 156, recante criteri e modalità per il rilascio dell'abilitazione degli organismi di certificazione, ispezione e prova nel settore dei prodotti da costruzione, che era stato adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246.
  Tra le disposizioni transitorie e finali, che costituiscono il Capo VI dell'Atto, si segnala l'obbligo di riservatezza (articolo 27), cui sono tenuti tutti i soggetti coinvolti nell'applicazione del futuro decreto legislativo. Si tratta soprattutto di mantenere segreti aziendali, professionali e commerciali dei quali si sia venuti a conoscenza nello svolgimento delle proprie funzioni. Restano fermi, tuttavia, gli obblighi degli Stati membri e degli organismi notificati riguardanti l'informazione reciproca e la diffusione degli avvertimenti.
  L'introduzione della nuova normativa avverrà gradualmente, secondo modalità e tempi stabiliti dall'articolo 29.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.

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