CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 febbraio 2017
764.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (V e VI)
COMUNICATO
Pag. 3

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 9 febbraio 2017.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.05 alle 15.50.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 9 febbraio 2017. — Presidenza del vicepresidente della V Commissione Edoardo FANUCCI. – Intervengono i viceministri dell'economia e delle finanze Enrico Morando e Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 15.50.

DL 237/2016: Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio.
C. 4280 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento.

  Paolo PETRINI (PD), relatore per la VI Commissione, rileva come le Commissioni riunite V e VI siano chiamate a esaminare, in sede referente, il disegno di legge C. 4280, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 237 del 2016, recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio.
  Ricorda in primo luogo come il provvedimento si inquadri nel complessivo assetto della normativa di matrice europea e, in particolare, vada posto in relazione con quanto previsto della direttiva 2014/59/UE (BRRD), che prevede quale strumento di risoluzione per le banche in difficoltà il cosiddetto bail-in, mentre non esclude un supporto pubblico a favore di una banca, nel rispetto di determinate condizioni. In particolare richiama al riguardo il contenuto dell'articolo 32 della predetta Direttiva, laddove si prevede un'eccezione rispetto alla regola secondo cui una banca che riceve risorse pubbliche deve essere considerata in dissesto o a rischio di dissesto, stabilendo che ciò non avvenga nei casi in cui, al fine di evitare la grave perturbazione dell'economia di uno Stato e preservare la stabilità finanziaria, si pongano in essere ipotesi di intervento pubblico nelle seguenti forme: garanzia Pag. 4dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti da banche centrali; garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione; iniezioni di fondi propri o acquisto di strumenti di capitale a prezzi e condizioni che non conferiscano un vantaggio all'ente, sempreché sussistano determinate condizioni e che tali misure siano limitate a coprire le carenze di capitale emerse a seguito di un esercizio di «stress» effettuato a livello europeo.
  Nel sottolineare come si tratti quindi di misure volte a rafforzare, attraverso un intervento dello Stato in via precauzionale, la patrimonializzazione degli istituti bancari coinvolti al fine del loro reingresso sul mercato, richiama altresì la normativa europea in materia di aiuti di Stato, dalla quale emerge la regola della necessaria ripartizione degli oneri (burden sharing), la quale impone l'assorbimento di parte delle perdite da parte di azionisti e obbligazionisti subordinati, nel caso in cui si renda necessario l'intervento pubblico di rafforzamento del capitale.
  In tale quadro, il decreto-legge in esame prevede il sostegno alla liquidità delle banche attraverso il rilascio della garanzia statale su obbligazioni di nuova emissione e un intervento a sostegno del patrimonio, da realizzarsi mediante la sottoscrizione o l'acquisto pubblico di azioni emesse da banche italiane. Al riguardo ricorda il provvedimento stabilisce altresì la metodologia per stabilire il prezzo di sottoscrizione dei titoli, prevedendo criteri che tengano conto dell'andamento del mercato azionario.
  Nel ribadire la sostanziale diversità tra gli strumenti previsti dal decreto-legge in esame e le misure stabilite in occasione della procedura con la quale, alla fine del 2015, sono state sottoposte a risoluzione le banche Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e CariChieti, sottolinea come le due procedure vadano valutate in modo completamente diverso, posto che hanno origine in situazioni del tutto differenti, trattandosi, nel caso delle quattro banche, di istituti in situazione di dissesto, laddove invece il Monte dei Paschi presenta un livello di patrimonializzazione elevato. Al riguardo rileva, peraltro, come, in entrambe le circostanze, siano stati predisposti meccanismi di tutela e ristoro a favore dei piccoli risparmiatori, in considerazione del fatto che essi hanno in molti casi acquistato titoli emessi dalle banche in questione senza avere consapevolezza del livello di rischio connesso ai titoli stessi.
  Con riferimento a tali aspetti, evidenzia come il decreto-legge in esame, nel rispetto della normativa UE sugli aiuti di Stato, disciplini un meccanismo di tutela dei risparmiatori che detengono obbligazioni subordinate prevedendo che, dopo l'applicazione del burden sharing attraverso la conversione in azioni delle passività secondo un ordine che, partendo dagli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (Additional Tier 1) e di classe 2 (Tier 2) comprenda tutti gli strumenti subordinati e prevedendo poi che la banca interessata offra obbligazioni non subordinate in cambio delle azioni frutto della conversione.
  Richiamando quindi l'auspicio, espresso dal deputato Alberto Giorgetti in occasione della riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, che l'esame delle Commissioni stesse sul provvedimento proceda in modo proficuo e costruttivo, evidenzia come il decreto-legge sia volto ad affrontare temi di grande rilevanza, tra i quali cita la costruzione di un sistema di gestione del credito rigoroso e solido il quale eviti il ripetersi di fenomeni di mala gestio che hanno condotto alla perdita di ingenti risorse da parte del sistema stesso. In tale ambito ritiene che le misure contenute nel provvedimento siano inoltre utili affinché si ponga fine al legame intercorso tra lobby politiche locali e governance delle banche e, quindi, a riassorbire, in prospettiva, i crediti in sofferenza, sia in termini di flusso sia in termini di stock degli stessi e a fare in modo che le Autorità nazionali ed europee preposte Pag. 5alle attività vigilanza sulle banche possano intervenire in via precauzionale e in modo efficace sul sistema.
  Esprime inoltre la propria soddisfazione per l'introduzione, da parte del Senato, dell'articolo 24-bis, il quale riprende sostanzialmente il contenuto della proposta di legge C. 3666 Bernardo, a cui sono abbinate le proposte di legge C. 3662 Paglia e C. 3913 Nastri, in materia di educazione finanziaria, previdenziale ed assicurativa. Al riguardo, nel rammentare il notevole lavoro svolto dalla Commissione Finanze sulle tematiche relative all'informazione e all'educazione finanziaria, ritiene infatti che esse siano di grande rilevanza, anche alla luce delle vicende che hanno coinvolto il sistema bancario e creditizio del Paese.
  Per quanto riguarda il testo del decreto-legge, il quale è stato modificato per una molteplicità di aspetti nel corso dell'esame al Senato, esso si compone di 32 articoli, suddivisi in quattro Capi: il Capo I, composto dagli articoli da 1 a 12, riguarda la garanzia dello Stato su passività di nuova emissione; il Cap II, che si compone degli articoli da 13 a 23-bis, riguarda gli interventi di rafforzamento patrimoniale del sistema bancario; il Capo III, che si compone degli articoli 24 e 24-bis, reca le disposizioni finanziarie; il Capo IV, che si compone degli articoli da 25 a 28, reca ulteriori misure urgenti per il settore bancario.
  Passando a illustrare le previsioni del Capo I, l'articolo 1 disciplina la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia.
  Ai sensi del comma 1, al fine di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, il Ministero dell'economia e delle finanze può concedere, fino al 30 giugno 2017 e nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, la garanzia dello Stato su passività delle banche italiane, vale a dire le banche aventi sede legale in Italia (comma 2).
  La norma espressamente richiama l'articolo 18 del decreto legislativo n. 180 del 2015, e l'articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del Regolamento UE n. 806/2014.
  In merito ricorda che il regolamento UE n. 806/2014, pienamente operativo da gennaio 2016, ha introdotto il Meccanismo di risoluzione unico delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (SIM) che prestano servizi che comportano l'assunzione di rischi in proprio (Single Resolution Mechanism, SRM), complementare al Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism – SSM) con l'obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell'area dell'euro mediante una gestione centralizzata delle procedure di risoluzione. Il regolamento mira a limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cosiddetto bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cosiddetto bail-in).
  Rammenta inoltre che il decreto legislativo n. 180 del 2015, unitamente al decreto legislativo n. 181 del 2015, ha recepito la direttiva 2014/59/UE, la quale ha istituito un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (direttiva BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive).
  In tale contesto viene previsto che, in caso di rapido deterioramento della situazione, la banca attiva i propri piani di risanamento, anche accedendo alle forme di sostegno all'interno dei gruppi bancari, nonché può essere sottoposta a misure di intervento precoce. In particolare, la Banca d'Italia può chiedere alla banca di dare attuazione, anche parziale, al proprio piano di risanamento già adottato o di preparare un piano per negoziare la ristrutturazione del debito con tutti o alcuni creditori secondo il piano di risanamento, ove applicabile, o di modificare la propria forma societaria (d.lgs. n. 181 del 2015).
  Qualora la banca si trovi in dissesto o a rischio di dissesto, le Autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione possono attivare diverse misure, tra cui il Pag. 6temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli ed il cosiddetto bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali (d.lgs. n. 180 del 2015).
  Conformemente all'articolo 32, paragrafo 4, lettera d), della predetta direttiva 2014/49, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, può essere concesso sostegno finanziario pubblico straordinario a una banca, senza che ciò comporti il dissesto e la conseguente risoluzione della medesima, alle seguenti condizioni, contenute anche all'articolo 18, paragrafo 4, lettera d), del Regolamento n. 806/2014, e recepite dal richiamato articolo 18 del decreto legislativo n. 180 del 2015:
   a) il sostegno pubblico è erogato in una delle seguenti forme:
    una garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalla banca centrale alle condizioni da essa applicate;
    una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione;
    la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto non ricorrono i presupposti per il dissesto o per la riduzione o la conversione; in tal caso, la sottoscrizione è effettuata unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di stress test;
   b) a condizione che il sostegno finanziario pubblico straordinario:
    sia erogato previa approvazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato e sia riservato a banche con patrimonio netto positivo;
    sia adottato su base cautelativa e temporanea, in misura proporzionale alla perturbazione dell'economia;
    non venga utilizzato per coprire perdite che la banca ha registrato o verosimilmente registrerà nel prossimo futuro.

  Il comma 3 chiarisce che la garanzia può essere concessa solo dopo la positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale.
  Ai sensi del comma 4 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il periodo di sei mesi previsto per la concessione della garanzia può essere esteso fino a un massimo di ulteriori sei mesi; anche in tale caso è prevista la preventiva approvazione da parte della Commissione europea.
  Il comma 5 individua la Banca Centrale Europea (in relazione alle banche cosiddette sistemiche) e la Banca d'Italia (per le banche di minori dimensioni) quali Autorità competenti, secondo le modalità e nei casi previsti dal Regolamento (UE) n. 1024/2013.
  L'articolo 2 definisce le caratteristiche degli strumenti finanziari per i quali può essere concessa la garanzia dello Stato.
  Si tratta di strumenti di debito emessi da banche italiane che presentino congiuntamente le seguenti caratteristiche, conformemente a quanto previsto dal punto 59 della Comunicazione sugli aiuti di Stato del 1o agosto 2013:
   ai sensi del comma 1, lettera a), sono emessi successivamente all'entrata in vigore del decreto-legge, anche nell'ambito di programmi di emissione preesistenti, e hanno durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni o a sette anni per le obbligazioni bancarie Pag. 7garantite di cui all'articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 (il quale detta una disciplina delle obbligazioni bancarie garantite da specifiche attività);
   ai sensi del comma 1, lettera b), prevedono il rimborso del capitale in un'unica soluzione a scadenza;
   ai sensi del comma 1, lettera c), sono a tasso fisso;
   ai sensi del comma 1, lettera d), sono denominati in euro;
   ai sensi del comma 1, lettera e), non presentano clausole di subordinazione nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi;
   ai sensi del comma 1, lettera f), non sono titoli strutturati o prodotti complessi né incorporano una componente derivata.

  L'articolo 3 introduce alcuni limiti alla concessione della garanzia statale.
  In particolare, ai sensi del comma 1, l'ammontare delle garanzie concesse è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie.
  Il comma 2 prevede inoltre che l'ammontare massimo complessivo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza.
  L'articolo 4, modificato al Senato, detta le condizioni alle quali è consentita la concessione della garanzia, prevedendo che l'autorità di vigilanza verifica il rispetto dei requisiti di fondi propri e l'inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress. La garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; ovvero a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte a seguito di notifica individuale alla Commissione.
  In particolare, ai sensi del comma 1, l'Autorità competente è chiamata a svolgere una valutazione caso per caso delle seguenti condizioni da parte della banca richiedente:
    ai sensi della lettera a), il rispetto dei requisiti di fondi propri previsti dall'articolo 92 del Regolamento n. 575/2013, su base individuale e consolidata, alla data dell'ultima segnalazione di vigilanza disponibile (in merito ricorda che il predetto Regolamento n. 575/2013 prevede, in particolare, i seguenti requisiti in materia di fondi propri: a)un coefficiente di capitale primario di classe 1 del 4,5 per cento; b) un coefficiente di capitale di classe 1 del 6 per cento; c) un coefficiente di capitale totale dell'8 per cento.);
    ai sensi della lettera b), l'inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress condotte a livello nazionale, dell'Unione europea o del Meccanismo di Vigilanza Unico, o nell'ambito delle verifiche della qualità degli attivi o di analoghi esercizi condotti dall'Autorità competente o dall'Autorità Bancaria Europea; in tale caso, la norma chiarisce che per carenza di capitale si intende l'inadeguatezza attuale o prospettica dei fondi propri rispetto alla somma dei requisiti di legge sui fondi propri e degli eventuali requisiti specifici di carattere inderogabile stabiliti dall'Autorità competente.

  In base al comma 2 la garanzia può essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta i requisiti sopra illustrati, qualora la banca disponga in ogni caso di un patrimonio netto positivo, se la banca ha urgente bisogno di sostegno della liquidità; in questo caso è necessario che la Commissione europea si esprima favorevolmente sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alla liquidità nel contesto della crisi finanziaria.
  Il comma 3 individua un'ulteriore ipotesi di concessione della garanzia; al Senato è stato specificato che la garanzia può essere concessa anche a favore di una Pag. 8banca in risoluzione o di un ente-ponte di cui al già citato decreto legislativo n. 180 del 2015. In questi casi, nessun supporto di liquidità garantito dallo Stato può essere fornito prima della positiva decisione della Commissione europea sulla notifica individuale.
  Ai sensi del comma 4, le banche che ricorrono alla garanzia devono svolgere la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto né conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico.
  L'articolo 5 stabilisce, ai commi 1 e 2, che la garanzia dello Stato è onerosa, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta e copre il capitale e gli interessi.
  Con il termine garanzia a prima richiesta si intende una promessa di pagamento da parte di un soggetto (garante) per ordine e conto di un ordinante a favore di un terzo (beneficiario) contro semplice richiesta scritta (inviata dal beneficiario stesso) da inoltrarsi entro una determinata data (scadenza).
  Ai sensi del comma 3, per ciascuna banca, il valore nominale degli strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia dello Stato non può eccedere un terzo del valore nominale totale degli strumenti finanziari emessi dalla banca stessa.
  Il comma 4 esclude dalla garanzia dello Stato le passività computabili nei fondi propri a fini di vigilanza.
  L'articolo 6 indica le modalità per determinare – caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione – il corrispettivo per la garanzia, in linea con le comunicazioni della Commissione europea in materia.
  In base al comma 1, gli oneri economici a carico delle banche beneficiarie della garanzia sono determinati caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, con le seguenti modalità:
   ai sensi della lettera a) del comma 1, per passività con durata originaria di almeno 12 mesi, è applicata una commissione pari alla somma dei seguenti elementi:
    1) una commissione di base di 0,40 punti percentuali; e
    2) una commissione basata sul rischio eguale al prodotto di 0,40 punti percentuali per una metrica di rischio composta come segue: la metà del rapporto fra la mediana degli spread sui contratti di credit default swap (CDS) senior a 5 anni relativi alla banca o alla capogruppo nei tre anni che terminano il mese precedente la data di emissione della garanzia e la mediana dell'indice iTraxx Europe Senior Financial (il quale è uno strumento finanziario derivato che offre la possibilità di prendere posizioni sulle probabilità di default – fallimento – di un paniere di titoli emessi) a 5 anni nello stesso periodo di tre anni, più la metà del rapporto fra la mediana degli spread sui contratti CDS senior a 5 anni di tutti gli Stati Membri dell'Unione Europea e la mediana degli spread sui contratti CDS senior a 5 anni dello Stato italiano nel medesimo periodo di tre anni;
   ai sensi della lettera b) del comma 1, per le obbligazioni bancarie garantite, la commissione sul rischio, di cui al numero 2) della lettera a), è computata per la metà;
   ai sensi della lettera c), per passività con durata originaria inferiore a 12 mesi, è applicata una commissione pari alla somma dei seguenti elementi:
    1) una commissione di base di 0,50 punti percentuali; e
    2) una commissione basata sul rischio eguale a 0,20 punti percentuali nel caso di banche aventi un rating del debito senior unsecured di A+ o A ed equivalenti, a 0,30 punti percentuali nel caso di banche aventi un rating di A- o equivalente, a 0,40 punti percentuali per banche aventi un rating inferiore a A- o prive di rating.

  Per le banche per le quali non sono negoziati contratti di CDS o comunque Pag. 9non sono disponibili dati rappresentativi, ai sensi del comma 2, la mediana degli spread per il calcolo della commissione sul rischio di cui al comma 1), lettera a), numero 2, è calcolata nel modo seguente:
   ai sensi della lettera a), per banche con un rating rilasciato da agenzie esterne di valutazione del merito di credito (ECAI) riconosciute: utilizzando la mediana degli spread sui contratti di CDS a cinque anni nei tre anni che terminano il mese precedente la data di emissione della garanzia registrati per un campione di grandi banche, definito dalla Commissione europea, insediate in paesi dell'area euro appartenenti alla medesima classe di rating del debito senior unsecured;
    ai sensi della lettera b), per banche prive di rating: utilizzando la mediana degli spread sui contratti CDS registrati nel medesimo periodo per un campione di grandi banche, definito dalla Commissione europea, insediate in paesi dell'area dell'euro e appartenenti alla più bassa categoria di rating disponibile.

  In caso di difformità delle valutazioni di rating, secondo il comma 3, il rating rilevante per il calcolo della commissione è quello più elevato. Nel caso in cui le valutazioni di rating disponibili siano più di tre, il rating rilevante è il secondo più elevato.
  Ai sensi del comma 4, i rating sono quelli assegnati al momento della concessione della garanzia.
  Il comma 5 specifica che la commissione è applicata in ragione d'anno all'ammontare nominale degli strumenti finanziari emessi dalla banca per i quali è concessa la garanzia. Le commissioni dovute dalle banche interessate sono versate, in rate trimestrali posticipate, su apposito conto corrente di Tesoreria centrale. Le relative quietanze sono trasmesse dalla banca interessata al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del Tesoro.
  Il comma 6 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, la facoltà di variare, tenuto conto delle condizioni di mercato, i criteri di calcolo e la misura delle commissioni in conformità delle decisioni della Commissione europea. La disposizione specifica che tali variazioni non hanno effetto sulle operazioni già in essere.
  L'articolo 7, modificato al Senato, disciplina la procedura per accedere alla garanzia: a tale riguardo si prevede che, a specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico.
  In particolare, ai sensi del comma 1, le richieste di ammissione alla garanzia sono presentate dalle banche interessate nel medesimo giorno alla Banca d'Italia e al Dipartimento del Tesoro, con modalità che assicurano la rapidità e la riservatezza della comunicazione.
  La richiesta è presentata secondo un modello uniforme predisposto dal Dipartimento del Tesoro entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, pubblicato sul sito internet del Dipartimento stesso e della Banca d'Italia.
  Il comma 2 stabilisce che nel modello siano indicati, tra l'altro, il fabbisogno di liquidità, anche prospettico, della banca, le operazioni di garanzia a cui la banca chiede di essere ammessa e quelle alle quali eventualmente sia già stata ammessa o per le quali abbia già fatto richiesta di ammissione.
  Ai sensi del comma 3 la Banca d'Italia comunica tempestivamente al Dipartimento del Tesoro, di norma entro 3 giorni dalla presentazione della richiesta:
   ai sensi della lettera a), le valutazioni sul rispetto dei requisiti di fondi propri e l'inesistenza di carenze di capitale (vale a dire, le condizioni previste all'articolo 4, comma 1);
   ai sensi della lettera b), nel caso di valutazione positiva di tali condizioni, sono inoltre valutati:
    1) la congruità delle condizioni e dei volumi dell'intervento di liquidità richiesto, Pag. 10alla luce delle dimensioni della banca e della sua patrimonializzazione;
    2) l'ammontare dei fondi propri a fini di vigilanza;
    3) l'ammontare della garanzia;
    4) la misura della commissione dovuta.

  Il comma 4 prevede che, sulla base degli elementi comunicati dalla Banca d'Italia, il Dipartimento del Tesoro concluda tempestivamente – di norma entro cinque giorni – l'esame della richiesta presentata dalla banca, comunicando la decisione alla banca richiedente e alla Banca d'Italia, con modalità che assicurano la rapidità e la riservatezza della comunicazione.
  Nel caso in cui una banca che non rispetta i requisiti di capitale e fondi propri, ma dispone di un patrimonio netto positivo e ha urgente bisogno di sostegno della liquidità, nonché, secondo le modifiche introdotte al Senato, in caso di una banca in risoluzione o di un ente-ponte, ovvero qualora il valore nominale degli strumenti finanziari sui quali è concessa la garanzia sia superiore a 500 milioni di euro e al 5 per cento del totale passivo della banca richiedente, la banca è tenuta a presentare, entro due mesi dalla concessione della garanzia, un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta della banca a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico (punto 59, lettera d) della Comunicazione). Ai sensi delle modifiche introdotte al Senato, non è in ogni caso richiesta la presentazione del piano di ristrutturazione quando le passività sono rimborsate entro due mesi dalla concessione della garanzia.
  Il comma 5 prevede che il piano sia sottoposto alla Commissione europea ai fini della valutazione della compatibilità della misura con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.
  Il comma 6 stabilisce che per le banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, per le banche in risoluzione e per l'ente-ponte (articolo 4, commi 2 e 3), la banca richiedente non può – in linea con quanto previsto dal punto 47 della Comunicazione – per tutto il tempo in cui beneficia della garanzia:
   ai sensi della lettera a) del comma 6, distribuire dividendi;
   ai sensi della lettera b), effettuare pagamenti discrezionali su strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1;
   ai sensi della lettera c), riacquistare propri strumenti di capitale primario o aggiuntivo di classe 1 anche a seguito dell'esercizio di opzioni call (il quale è uno strumento derivato in base al quale l'acquirente dell'opzione acquista il diritto, ma non l'obbligo, di acquistare un titolo, detto sottostante, a un dato prezzo d'esercizio – strike price), senza preventiva autorizzazione della Commissione europea;
   ai sensi della lettera d), acquisire nuove partecipazioni, fatte salve le acquisizioni compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, comprese le acquisizioni per finalità di recupero dei crediti e di temporanea assistenza finanziaria a imprese in difficoltà.

  Ai sensi del comma 7, il quale è stato sostituito nel corso dell'esame al Senato, per le banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, per le banche in risoluzione e per l'ente-ponte (articolo 4, commi 2 e 3) la garanzia può essere concessa su strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, in deroga al limite minimo di durata di tre mesi previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera a) (che individua alcune caratteristiche degli strumenti finanziari ammessi a garanzia: emissione successiva al 23 dicembre 2016; durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni, o a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite).
  La formulazione originaria della norma disponeva che, ove la garanzia sia limitata a strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, essa venga concessa Pag. 11secondo la suindicata procedura (di cui ai commi da 1 a 5) e senza l'applicazione dei divieti di cui al comma 6.
  L'articolo 8, modificato durante l'esame al Senato, detta le modalità di escussione della garanzia, prevedendo che la banca rimborsi le somme pagate dallo Stato con l'applicazione di interessi al tasso legale e contestualmente presenti un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea.
  In particolare il comma 1 stabilisce che, qualora una banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita, questa presenti – almeno 30 giorni prima della scadenza della passività garantita – una richiesta motivata di attivazione della garanzia al Dipartimento del Tesoro e alla Banca d'Italia, allegando la relativa documentazione e indicando gli strumenti finanziari o le obbligazioni contrattuali per i quali richiede l'attivazione e i relativi importi dovuti.
  Ai sensi del comma 2, dopo aver accertato la fondatezza della richiesta sulla base delle valutazioni della Banca d'Italia, il Dipartimento del Tesoro provvede alla corresponsione dell'importo dovuto dalla banca entro il giorno antecedente alla scadenza dell'obbligazione.
  Il comma 3 prevede le modalità di rimborso da parte della banca delle somme pagate dallo Stato: in particolare, si applicano gli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso.
  Inoltre, la banca deve presentare, entro e non oltre due mesi dalla richiesta di attivazione della garanzia statale, un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea ai fini della valutazione della compatibilità della misura con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.
  Il nuovo comma 3-bis, introdotto durante l'esame al Senato, stabilisce che le somme corrisposte dal Tesoro agli istituti di credito per onorare la garanzia sono vincolate per destinazione e non aggredibili da altri creditori della banca a diverso titolo.
  Il comma 4 mantiene ferma la facoltà dei detentori delle passività garantite e dei titolari di diritti reali di garanzia sulle medesime di escutere la garanzia statale a prima richiesta.
  L'articolo 9, modificato nel corso dell'esame al Senato, prevede che il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d'Italia, presenti alla Commissione europea e alle Camere una relazione trimestrale sul funzionamento del regime, nella quale devono essere fornite informazioni su:
   ciascuna emissione di strumenti garantiti;
   l'ammontare della commissione applicata per ciascuna emissione;
   le caratteristiche degli strumenti finanziari di debito non garantiti emessi dalle banche beneficiarie.

  L'articolo 10 prevede inoltre che il Ministro dell'economia e delle finanze possa rilasciare la garanzia statale sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (emergency liquidity assistance – ELA).
  In particolare, il comma 1 stabilisce che il Ministro può rilasciare, entro il 23 giugno 2017 (sei mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge), la garanzia statale per integrare il collaterale, o il suo valore di realizzo, stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (cosiddetta erogazione di liquidità di emergenza – ELA), in conformità con gli schemi previsti dalla Banca Centrale Europea.
  In merito ricorda che l'ELA consiste nell'erogazione da parte delle banche centrali nazionali dell'Eurosistema di moneta di banca centrale e/o qualsiasi altra tipologia di assistenza che possa comportare un incremento della moneta di banca centrale a favore di un'istituzione finanziaria solvibile o di un gruppo di istituzioni finanziarie solvibili che si trovino ad affrontare temporanei problemi di liquidità, senza che tale operazione rientri nel Pag. 12quadro della politica monetaria unica. La responsabilità dell'erogazione di ELA compete alle rispettive banche centrali.
  Ai sensi del comma 2 la garanzia statale è irrevocabile e assistita dal beneficio di preventiva escussione da parte della Banca d'Italia delle garanzie stanziate dalla banca per accedere al finanziamento ELA.
  In base al comma 3, la garanzia può essere rilasciata per operazioni di erogazione di liquidità di emergenza in favore di banche che rispettano, secondo la valutazione dell'Autorità competente, le condizioni di cui all'articolo 4, commi 1, 2 e 3, e cioè:
   il rispetto dei requisiti di fondi propri e l'inesistenza di carenze di capitale (articolo 4, comma 1);
   un urgente bisogno di sostegno della liquidità della banca (articolo 4, comma 2);
   in caso di una banca in risoluzione o di un ente-ponte (articolo 4, comma 3).

  Il comma 4 specifica che la banca la quale riceve l'intervento deve presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico, in particolare per limitare l'affidamento sulla liquidità fornita dalla Banca centrale.
  Ai sensi del comma 5, alla garanzia statale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni introdotte per la garanzia dello Stato sulle passività delle banche agli articoli 1, 3, 4, 5, comma 2, 6, 7, 8, commi 3 e 4, e cioè:
   la garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, dopo la positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale (articolo 1);
   l'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie; l'ammontare massimo delle operazioni di ciascuna banca non può eccedere, di norma, i fondi propri a fini di vigilanza (articolo 3);
   l'autorità di vigilanza verifica il rispetto dei requisiti di fondi propri e l'inesistenza di carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress: la garanzia può peraltro essere concessa anche a favore di una banca che non rispetta tali requisiti, se ha urgente bisogno di sostegno della liquidità, ovvero a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte, a seguito di notifica individuale alla Commissione (articolo 4);
   la garanzia copre il capitale e gli interessi (articolo 5, comma 2);
   il corrispettivo per la garanzia è determinato caso per caso sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia (articolo 6);
   per accedere alla garanzia, la banca presenta una richiesta al Dipartimento del Tesoro il quale la concede sulla base di una valutazione positiva della Banca d'Italia; in specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico (articolo 7);
   in caso di pagamento da parte dello Stato, si applicano gli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso; inoltre, la banca deve presentare, entro e non oltre due mesi dalla richiesta di attivazione della garanzia statale, un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea ai fini della valutazione della compatibilità della misura con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato (articolo 8, comma 3);
    resta ferma la facoltà dei detentori delle passività garantite e dei titolari di Pag. 13diritti reali di garanzia sulle medesime di escutere la garanzia statale a prima richiesta (articolo 8, comma 4).

  L'articolo 11 detta le modalità di escussione della garanzia statale sull'erogazione di liquidità di emergenza, prevedendo, in caso di inadempimento della banca alle proprie obbligazioni di pagamento nei confronti della Banca d'Italia rivenienti dal contratto di finanziamento ELA, che la Banca d'Italia, in esito all'escussione del collaterale stanziato a copertura del finanziamento e nei limiti dell'importo garantito, presenta richiesta di attivazione della garanzia statale al Dipartimento del Tesoro, allegando la documentazione relativa all'escussione del collaterale e indicando gli importi residuali dovuti. Il Dipartimento del Tesoro, accertata la fondatezza della richiesta, provvede entro 30 giorni alla corresponsione dell'importo dovuto dalla banca.
  L'articolo 12 demanda a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, le misure di attuazione delle misure finora illustrate. A seguito delle modifiche apportate al Senato la norma precisa che l'adozione delle norme attuative è eventuale.
  In merito ricorda che con il comunicato stampa del 19 gennaio 2017 il MEF ha dato notizia della notifica a Banca MPS del provvedimento di concessione della garanzia dello Stato a sostegno dell'accesso alla liquidità e dell'emanazione dei decreti di concessione della garanzia a favore di Banca Marche, Carife e Banca Etruria.
  Nel medesimo comunicato il MEF riferisce che la Commissione europea ha dato il via libera allo schema grazie al quale il MEF si appresta a emanare i decreti di concessione della garanzia dello Stato a sostegno dell'accesso alla liquidità di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.
  Passando a illustrare il Capo II del provvedimento, l'articolo 13 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, a sottoscrivere o acquistare, entro il 31 dicembre 2017, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, azioni emesse da banche italiane, o da società italiane capogruppo di gruppi bancari, secondo specifiche modalità e condizioni.
  Al fine di tenere conto dell'entrata in funzione del Single Supervisory Mechanism il comma 3 specifica che per Autorità competente si intende la Banca d'Italia o la BCE, secondo le modalità e nei casi previsti dalle norme UE che ripartiscono i compiti di vigilanza tra le autorità nazionali e la Banca Centrale Europea (in particolare del regolamento UE del Consiglio n. 1024, col quale sono attribuite alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche di vigilanza prudenziale degli enti creditizi).
  L'articolo 14, comma 1, consente alla banca o alla società capogruppo di chiedere l'intervento dello Stato per il rafforzamento patrimoniale all'esito di una prova di stress, basata su uno scenario avverso condotta a livello nazionale, dell'Unione europea o del Meccanismo di vigilanza unico.
  Il comma 2 consente di chiedere l'intervento dello Stato solo dopo aver sottoposto all'Autorità competente un programma di rafforzamento patrimoniale nel quale sono indicati i seguenti elementi:
    l'entità del fabbisogno di capitale necessario;
    le misure che si intendono intraprendere per conseguire il rafforzamento;
    il termine per la realizzazione del programma.

  Ai sensi del comma 3, l'Autorità competente valuta l'adeguatezza del programma a conseguire, anche su base consolidata, l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale e ne informa la banca emittente e il MEF.
  Il comma 4 stabilisce l'obbligo per l'emittente di informare al più presto l'Autorità competente sugli esiti delle misure adottate; a sua volta l'Autorità competente ne informa il Ministero.Pag. 14
  In merito la relazione illustrativa del disegno di legge chiarisce che a tale fine sono applicabili le norme che regolano l'ordinaria attività di vigilanza; la valutazione di adeguatezza potrà riguardare la congruità della quantificazione del fabbisogno di capitale svolta dalla banca, l'idoneità a farvi fronte con le misure programmate, nonché la realizzabilità di queste ultime.
  In base al comma 5, se l'attuazione del programma risulta insufficiente a conseguire l'obiettivo di rafforzamento patrimoniale, l'Emittente può presentare la richiesta di intervento dello Stato secondo la procedura stabilita dall'articolo 15.
  Tale richiesta può essere presentata dall'Emittente già ad esito della valutazione del programma – svolta ai sensi del comma 3 – se l'Autorità competente ha ritenuto che lo stesso non sia sufficiente a conseguire gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale, ovvero durante l'attuazione del programma, se questa risulta inidonea ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di rafforzamento patrimoniale.
  Rileva come si intenda così evitare che nel periodo previsto per l'attuazione del programma si aggravi la situazione patrimoniale dell'intermediario.
  L'articolo 15, modificato nel corso dell'esame al Senato, disciplina la presentazione della richiesta di erogazione del sostegno pubblico.
  In particolare il comma 1 prevede che la banca o la capogruppo che intende fare ricorso all'intervento dello Stato deve trasmettere al Ministero e all'Autorità competente, e anche alla Banca d'Italia qualora non sia l'Autorità competente, una richiesta contenente i seguenti elementi:
    ai sensi della lettera a), l'indicazione dell'importo della sottoscrizione delle azioni chiesta al Ministero;
    ai sensi della lettera b), l'indicazione dell'entità del patrimonio netto contabile, individuale o consolidato a seconda dei casi, alla data della richiesta e l'entità del fabbisogno di capitale regolamentare che residua, se del caso, tenendo conto dell'attuazione del programma;
    ai sensi della lettera c), l'indicazione degli strumenti e prestiti convertibili in azioni, secondo le misure di burden sharing – e cioè le misure di riparto degli oneri del salvataggio con azionisti e obbligazionisti della banca, disciplinate all'articolo 22, comma 2 del decreto-legge – e del loro valore contabile, accompagnata dalla valutazione, predisposta da un esperto indipendente, del valore economico ad essi attribuibile, al fine della determinazione del tasso di conversione, in ipotesi di continuità aziendale;
    ai sensi della lettera d), una relazione di stima, predisposta da un esperto indipendente, dell'effettivo valore delle attività e passività dell'Emittente senza considerare alcuna forma di supporto pubblico e ipotizzando che l'Emittente sia sottoposto a liquidazione alla data di presentazione della richiesta di intervento dello Stato, nonché di quanto in tale caso verrebbe corrisposto pro quota ai titolari degli strumenti e prestiti convertibili di cui al citato articolo 22, comma 2;
    ai sensi della lettera e), l'attestazione di impegni di cui all'articolo 17 del provvedimento, ovvero la dichiarazione con la quale la banca o la capogruppo intendono ottemperare a quanto richiesto dalla Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato nel settore bancario, con particolare riferimento a quanto richiesto dal paragrafo 47 della Comunicazione per evitare il deflusso di fondi: tale Comunicazione richiede infatti che, per limitare l'aiuto al minimo necessario, il deflusso di fondi dalle banche destinatarie delle misure di aiuto dovrebbe essere impedito già nella fase iniziale, imponendo alcuni divieti ed obblighi ai destinatari delle misure di aiuto;
    ai sensi della lettera f), il piano di ristrutturazione predisposto in conformità con la disciplina dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato e applicabile alle misure di ricapitalizzazione delle banche nel contesto della crisi finanziaria.

  Ai sensi del comma 2, la Banca d'Italia acquisisce l'asseverazione, da parte di Pag. 15esperti indipendenti da essa nominati, a spese della banca o della capogruppo:
    ai sensi della lettera a), del valore economico risultante dalla valutazione trasmessa dalla banca o dalla capogruppo, ai sensi del comma 1, lettera c);
    ai sensi della lettera b), della stima trasmessa ai sensi del comma 1, lettera d);
    ai sensi della lettera c), della valutazione di cui all'articolo 18, comma 4, la quale dispone che sia trasmessa al MEF e alla Banca d'Italia, da parte della banca o della capogruppo interessata dalla ricapitalizzazione, l'indicazione, sulla base di una valutazione predisposta da un soggetto in possesso di specifici requisiti di indipendenza, del valore delle azioni necessario per calcolare il prezzo delle azioni che risultano dalle operazioni di conversione degli strumenti di capitale dell'emittente, ai sensi della disciplina sul burden sharing (di cui all'articolo 22 del decreto-legge).

  Il comma 3 chiarisce che gli esperti indipendenti individuati dalle norme in esame non devono avere in corso né devono avere intrattenuto relazioni di affari, professionali o finanziarie con la banca o la capogruppo richiedenti le misure di ricapitalizzazione, tali da comprometterne l'indipendenza.
  Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è stato allungato agli ultimi tre anni (in luogo degli ultimi due anni) il lasso di tempo nel quale gli esperti non devono avere intrattenuto relazioni di affari, professionali o finanziarie con gli istituti richiedenti le misure di ricapitalizzazione.
  L'articolo 16 stabilisce che l'Autorità competente comunica al MEF il fabbisogno residuo di capitale regolamentare evidenziato dall'emittente.
  In particolare il comma 1 prevede che, entro sessanta giorni dalla ricezione della richiesta di misure straordinarie di ricapitalizzazione, l'Autorità competente comunica al Ministero e all'Emittente il fabbisogno di capitale regolamentare dell'Emittente; Il comma 2 stabilisce inoltre che l'Autorità può chiedere all'Emittente chiarimenti e integrazioni ed effettuare accertamenti; in tali casi il termine di sessanta giorni è sospeso.
  L'articolo 17, modificato al Senato, prevede, al comma 1, che la banca – o la capogruppo – interessata dalle misure di intervento statale presenti, con la richiesta di aiuti di Stato, un'attestazione con cui assume alcuni impegni previsti dalla Comunicazione della Commissione UE sugli aiuti di Stato alle banche, fino al perfezionamento della sottoscrizione delle azioni da parte del MEF, e cioè una serie di obblighi volti a evitare la fuoriuscita di risorse.
  Più in dettaglio, rileva come si tratti di obblighi volti a evitare la fuoriuscita di risorse: ad esempio, non possono essere distribuiti dividendi né pagate cedole (ove il contratto lo consenta); è fatto divieto di acquisire azioni proprie o debito emesso dall'emittente.
  La predetta Comunicazione richiede infatti che, per limitare l'aiuto al minimo necessario, il deflusso di fondi dalle banche destinatarie delle misure di aiuto dovrebbe essere impedito già nella fase iniziale. Di conseguenza la banca deve adottare precocemente tutte le misure necessarie per conservare i fondi e, in particolare:
    non deve versare dividendi su azioni o cedole su strumenti di capitale ibridi (o altri strumenti per i quali il pagamento di cedole è discrezionale);
    non deve riacquistare le proprie azioni o esercitare un'opzione call su strumenti ibridi di capitale per l'intera durata del periodo di ristrutturazione senza previa approvazione da parte della Commissione;
    non deve riacquistare strumenti di capitale ibridi, salvo se una tale misura, eventualmente in combinazione con altre, consente all'ente creditizio di assorbire completamente la propria carenza di capitale e avviene a livelli sufficientemente vicini agli attuali livelli di mercato e supera Pag. 16di oltre il 10 per cento superiore al prezzo di mercato; qualsiasi riacquisto è subordinato all'approvazione previa da parte della Commissione;
    non deve eseguire alcuna operazione di gestione del capitale senza previa approvazione da parte della Commissione;
    non deve applicare pratiche commerciali aggressive;
    non deve acquisire partecipazioni in alcuna impresa, sia che si tratti di un trasferimento di attivi che di azioni;
    deve astenersi da qualsiasi pubblicità che faccia riferimento al sostegno statale e da qualsiasi strategia commerciale aggressiva che non avrebbe luogo senza il sostegno dello Stato membro.

  Il comma 2, modificato al Senato stabilisce che – fermi restando i poteri dell'autorità di vigilanza in materia – il MEF possa subordinare la sottoscrizione del capitale dell'emittente ad alcune condizioni (in luogo di una sola condizione, relativa alla revoca degli organi apicali); con le modifiche apportate al Senato viene inoltre precisato che è richiesta la conformità della decisione della Commissione UE sulla compatibilità dell'intervento con la disciplina degli aiuti di Stato.
  Le condizioni sono: la revoca o sostituzione dei consiglieri esecutivi e del direttore generale dell'emittente; la limitazione alla retribuzione complessiva dei membri del consiglio di amministrazione e dell'alta dirigenza dell'istituto interessato dalle misure.
  L'articolo 18, modificato al Senato, disciplina le modalità concrete di realizzazione dell'intervento statale per la ricapitalizzazione precauzionale degli enti creditizi.
  In particolare il comma 1 stabilisce che, a seguito della comunicazione da parte dell'Autorità competente (ai sensi dell'articolo 16), il piano di ristrutturazione e le sue eventuali successive variazioni sono notificati alla Commissione europea.
  Il comma 2 prevede quindi una positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo UE in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di ricapitalizzazione delle banche nel contesto della crisi finanziaria. All'esito della decisione positiva viene affidata a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta della Banca d'Italia, l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri del salvataggio con azionisti e obbligazionisti (cosiddette misure di burden sharing), conformemente a quanto previsto dalle norme del provvedimento (in particolare, dall'articolo 22 del decreto-legge).
  In merito segnala come dal registro degli aiuti di Stato risulta che la Commissione europea avrebbe autorizzato le misure richieste dal Governo italiano, ma i termini dell'autorizzazione non sono ancora stati resi pubblici.
  Inoltre il comma 3 stabilisce che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato sentita la Banca d'Italia, si dispone:
    ai sensi della lettera a) del comma 3, ove necessario, l'aumento del capitale dell'Emittente a servizio della sottoscrizione delle azioni da parte del Ministero, derogando anche alle regole (articolo 2441 del codice civile) che impongono di offrire in opzione ai soci le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni, e sempre che esso non sia stato deliberato dall'Emittente;
    ai sensi della lettera b) del comma 3, il prezzo di sottoscrizione o di acquisto, nonché ogni altro elemento necessario alla gestione della sottoscrizione o dell'acquisto, comprese le fasi successive;
    ai sensi della lettera c) del comma 3, la sottoscrizione o l'acquisto delle azioni dell'Emittente.

  La relazione illustrativa chiarisce che tale previsione, da attivare solo nei casi in cui non vi abbia già provveduto l'emittente, consente al MEF di disporre d'imperio l'aumento di capitale, permettendo Pag. 17di evitare un passaggio assembleare che potrebbe dilatare eccessivamente i tempi del procedimento.
  Allo scopo di assumere le determinazioni relative alle misure di burden sharing il comma 4 prevede che, su richiesta del MEF e nel termine da esso indicato, la banca o la società capogruppo trasmette al Ministero e alla Banca d'Italia l'indicazione, sulla base di una valutazione predisposta da un soggetto in possesso di specifici requisiti di indipendenza (previsti dall'articolo 15, comma 3) del valore delle azioni necessario per calcolare, in conformità con l'allegato al decreto-legge, il prezzo delle azioni da attribuire ai titolari degli strumenti e prestiti indicati che saranno oggetto di conversione (di cui all'articolo 22, comma 2).
  Con le modifiche approvate dal Senato sono stati precisati i criteri di determinazione del valore delle azioni, specificando tra l'altro le modalità applicabili per le banche non quotate.
  Più in dettaglio, ove la banca non sia quotata, il valore è calcolato in base alla consistenza patrimoniale della società, alle sue prospettive reddituali, all'andamento del rapporto valore di mercato e valore contabile delle banche quotate e tenuto conto delle perdite connesse alle eventuali operazioni straordinarie, ivi inclusa la cessione di attivi, da perfezionarsi in connessione con l'intervento statale in commento.
  Ove la banca sia quotata, il valore delle azioni è determinato in base all'andamento delle quotazioni nei 30 giorni antecedenti la data indicata dal Ministero, avendo riguardo alla data di prevista emanazione del decreto che dispone le misure acquisto di azioni (di cui al comma 3 dell'articolo 18). Ove la quotazione sia sospesa per periodi complessivamente superiori a 15 giorni nel periodo di riferimento, il valore delle azioni è il minore tra il prezzo di riferimento medio degli ultimi 30 giorni di mercato nei quali l'azione è stata negoziata e quello determinato secondo i criteri previsti per le banche non quotate.
  Il comma 5 subordina l'adozione dei provvedimenti (indicati ai commi 2 e 3) di sottoscrizione ed acquisto delle azioni e di adozione delle misure di burden sharing all'assenza delle condizioni per avviare la risoluzione degli istituti interessati, nonché all'assenza dei presupposti che danno luogo alla conversione forzosa di azioni, partecipazioni e altri strumenti di capitale nell'ambito della risoluzione delle crisi bancarie ovvero quale misura adottata per rimediare allo stato di dissesto.
  Più precisamente, i provvedimenti predetti possono essere adottati alle seguenti condizioni:
    ai sensi della lettera a) del comma 5, la banca o la capogruppo non si trovano in dissesto o a rischio di dissesto (ai sensi di quanto disposto dall'articolo 17, comma 2, lettere a), b), c), d) o e), del decreto legislativo n. 180 del 2015 o dell'articolo 18, paragrafo 4, lettere a), b) o c), del regolamento (UE) n. 806/2014);
    ai sensi della lettera b) del comma 5, non ricorrono i presupposti per la riduzione o la conversione di azioni, partecipazioni ed altri strumenti di capitale, secondo quanto disposto dal Capo II del Titolo IV del decreto legislativo n. 180 del 2015, né quelli previsti dall'articolo 21, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 806/2014.

  In merito ricorda che il richiamato Capo II del Titolo IV del decreto legislativo n. 180 del 2015 contiene la disciplina della conversione/riduzione forzosa di azioni, partecipazioni e strumenti di capitale emessi da un istituto creditizio e che l'articolo 21, paragrafo 1 del regolamento UE 806 del 2014 consente al Comitato di risoluzione di svalutare e convertire i pertinenti strumenti di capitale degli enti creditizi, in presenza di specifiche condizioni.
  In base al comma 6 tali situazioni e presupposti si assumono non sussistenti quando non consti un accertamento in tal senso dell'Autorità competente.
  Ai sensi del comma 7 i provvedimenti secondari di cui ai commi 2 e 3 sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.Pag. 18
  Il comma 8 dispone che il consiglio di amministrazione o il consiglio di gestione provvedano ad adeguare conseguentemente lo statuto dell'emittente interessato.
  L'articolo 19, modificato al Senato, disciplina la procedura di sottoscrizione delle azioni da parte del MEF.
  In particolare, ai sensi del comma 1, il Ministero sottoscrive azioni di nuova emissione; le azioni emesse dalla banca o dalla capogruppo per la sottoscrizione da parte del Ministero sono azioni ordinarie che attribuiscono il diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite.
  In base al comma 2 entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto col quale si dispone la ripartizione degli oneri (previsto dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge), il MEF, in caso di transazione tra l'istituto di credito – o una società del gruppo – e gli azionisti divenuti tali a seguito dell'applicazione delle predette misure di ripartizione degli oneri (di cui all'articolo 22, comma 2), può acquistare le azioni rivenienti dall'applicazione di dette misure, a specifiche condizioni che devono ricorrere cumulativamente.
  In primo luogo la lettera a) del comma 2 stabilisce che la transazione deve essere volta a porre fine o prevenire una lite avente a oggetto la commercializzazione degli strumenti coinvolti nell'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, limitatamente a quelli per la cui offerta sussisteva obbligo di pubblicare un prospetto e con esclusione di quelli acquistati da controparti qualificate (definite come tali ai sensi dell'articolo 6, comma 2-quater, lettera d), del TUF) o clienti professionali (ai sensi dell'articolo 6, commi 2-quinquies e 2-sexies, del medesimo TUF) diversi dall'Emittente o società del suo gruppo, in assenza di prestazione di servizi o attività di investimento da parte dell'Emittente o da società del suo gruppo.
  Durante l'esame al Senato è stata inserita la lettera a-bis), ai sensi della quale gli strumenti oggetto di conversione devono essere stati sottoscritti o acquistati prima del 1o gennaio 2016; se il trasferimento è a titolo gratuito, si fa riferimento al momento di acquisto del dante causa.
  Al riguardo rileva come si tratti della data di entrata in vigore della disciplina del bail-in, intendendosi in questo modo delimitare cronologicamente il presupposto del cosiddetto misselling, che costituisce la base della transazione, al momento dal quale la rischiosità dello strumento si deve intendere nota. Tale disposizione sembra recepire le indicazioni della CONSOB in ordine all'impatto della normativa UE sulle crisi bancarie sui mercati finanziari, come esposto nel corso dell'audizione di gennaio 2017.
  Inoltre la lettera b) del comma 2 prevede che gli azionisti non devono essere controparti qualificate né clienti professionali ai sensi delle menzionate norme del TUF.
  La lettera c) richiede che la transazione preveda che l'emittente acquisti dagli azionisti, in nome e per conto del Ministero, le azioni rivenienti dall'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, e che questi ricevano dall'emittente, come corrispettivo, obbligazioni non subordinate emesse alla pari dall'Emittente o da società del suo gruppo.
  Il valore nominale delle obbligazioni ricevute è pari al prezzo corrisposto dal Ministero, ai sensi della lettera d). Viene disposto che tali obbligazioni abbiano durata comparabile alla vita residua degli strumenti e prestiti oggetto di conversione, nonché un rendimento in linea con quello delle obbligazioni non subordinate emesse dall'emittente aventi analoghe caratteristiche, come rilevato sul mercato secondario nel periodo intercorrente tra la data di pubblicazione del decreto di burden sharing e quella di acquisto delle azioni ai sensi delle norme in esame.
  Ai sensi delle lettera d), il prezzo per l'acquisto delle azioni da parte del Ministero è corrisposto all'emittente in relazione alle obbligazioni da questo assegnate agli azionisti; per effetto delle modifiche apportate al provvedimento durante l'esame al Senato, in luogo di essere genericamente Pag. 19indicato dalla legge, viene previsto che il prezzo di acquisto sia il minore tra quello utilizzato per determinare il numero di azioni da attribuire in sede di conversione (ai sensi dell'articolo 22, comma 5, lettera d)) e quello che determina un corrispettivo corrispondente a quello pagato dall'azionista per la sottoscrizione o l'acquisto degli strumenti oggetto di conversione (articolo 22, comma 2, del decreto-legge) o, nel caso di acquisto a titolo gratuito, al corrispettivo pagato dal dante causa.
  In tal modo – come rilevato nella relazione illustrativa all'emendamento presentato dal Governo al Senato – si è inteso rispondere alle sollecitazioni del Parlamento, fissando un limite al prezzo dell'acquisto.
  Ai sensi della lettera e) la transazione deve prevedere la rinuncia dell'azionista a far valere ogni altra pretesa relativa alla commercializzazione degli strumenti finanziari convertiti, in applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, nelle azioni acquistate dal MEF.
  In base al comma 3, le azioni dell'Emittente offerte in sottoscrizione al Ministero devono rispettare le condizioni previste dall'articolo 31 del regolamento (UE) del Parlamento europeo e del Consiglio n. 575 del 26 giugno 2013, ossia sono incluse nel capitale primario di classe 1 (CET 1).
  In merito rammenta che il richiamato articolo 31 del regolamento (UE) n. 575 del 2013 consente alle autorità competenti, in situazioni di emergenza, di autorizzare gli enti a includere tra gli elementi del capitale primario di classe 1 strumenti di capitale che rispettano solo alcuni requisiti per esservi inclusi, purché siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
   a) gli strumenti di capitale sono emessi prima del 1o gennaio 2014;
   b) gli strumenti di capitale sono considerati aiuti di Stato dalla Commissione;
   c) gli strumenti di capitale sono emessi nel contesto di misure di ricapitalizzazione ai sensi delle regole in materia di aiuti di Stato vigenti a tale data;
   d) gli strumenti di capitale sono interamente sottoscritti e detenuti dallo Stato o da una pubblica autorità o un ente pubblico pertinente;
   e) gli strumenti di capitale sono in grado di assorbire le perdite;
   f) nell'eventualità di una liquidazione, gli strumenti di capitale conferiscono ai loro possessori un credito sulle attività residue dell'ente, dopo il pagamento di tutti i crediti di primo rango;
   g) vi sono adeguati meccanismi di uscita per lo Stato o, se del caso, una pubblica autorità o un ente pubblico pertinente;
   h) l'autorità competente ha concesso l'autorizzazione preliminare e ha pubblicato la sua decisione corredata della relativa spiegazione.

  Il comma 4 rinvia all'allegato al decreto-legge per l'individuazione di criteri e metodologie per determinare il prezzo delle azioni offerte in sottoscrizione al Ministero; segnala che le metodologie di calcolo contenute nell'allegato sono state modificate al Senato anche in conseguenza dei limiti di prezzo introdotti al comma 2.
  Il comma 5 chiarisce che le spese di sottoscrizione e acquisto delle azioni da parte del Ministero sono interamente a carico dell'Emittente.
  L'articolo 20 disciplina alcuni effetti – prevalentemente civilistici – relativi all'assunzione di partecipazioni nelle banche da parte del MEF.
  In particolare viene previsto che:
    qualora le banche siano costituite in forma di cooperativa, non si applicano le norme (di cui all'articolo 2527 del codice civile) che demandano all'atto costitutivo l'individuazione dei requisiti dei soci; né si applica la norma (di cui all'articolo 2528 del codice civile) che disciplina la procedura di ammissione dei nuovi soci;
    non si applicano le disposizioni del TUF (articoli 106, comma 1, e 109, comma Pag. 201) che obbligano a promuovere l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria in caso di superamento delle soglie di legge;
    non si applicano gli eventuali limiti al possesso azionario stabiliti dalla legge, compreso quello previsto dall'articolo 30, comma 2, del testo unico bancario (di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993) per le banche popolari.

  L'articolo 21, modificato al Senato, reca disposizioni volte a disciplinare i diritti di voto nelle banche popolari durante il periodo in cui il MEF è azionista.
  In particolare, il comma 1 stabilisce che nelle assemblee delle banche costituite in forma cooperativa, in cui il Ministero esercita il diritto di voto inerente alle azioni sottoscritte a seguito delle operazioni previste dal decreto-legge:
    ogni azione attribuisce il diritto di voto (articolo 2351, comma 1, del codice civile);
    operano le regole civilistiche per la regolare costituzione delle assemblee nelle società per azioni (articolo 2368 del codice civile);
    trovano applicazione anche le ordinarie regole sulla regolare convocazione assembleare (articolo 2369 del codice civile) nelle società per azioni e sulla rappresentanza in assemblea (articolo 2372 del codice civile).

  Non trovano dunque applicazione le specifiche disposizioni in tema, rispettivamente, di voto capitario e rappresentanza assembleare per le società cooperative, nonché in materia di voto capitario e quorum per le operazioni straordinarie per le banche popolari (di cui agli articoli 2538, commi 2 e 5, e 2539 del codice civile e articoli 30, comma 1, e 31, comma 1, primo periodo, del Testo unico bancario).
  Viene inoltre chiarito che le quote di capitale sociale richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea sono quelle previste dalla legge e si applicano le ordinarie disposizioni in materia di deleghe di voto anche per le società in forma cooperativa (in deroga all'articolo 137, comma 4, del TUF).
  La relazione illustrativa afferma in proposito che il principio del voto capitario non sia sufficiente a proteggere l'investimento del MEF.
  Il comma 1-bis, inserito dal Senato, modifica l'articolo 37-bis, comma 1-bis, del TUB, riguardante le banche di credito cooperativo aventi sede legale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, il quale stabilisce che banche di credito cooperativo con sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano possono rispettivamente costituire gruppi bancari cooperativi autonomi, composti solo da banche con sede legale e operatività esclusiva nella stessa provincia autonoma, con un requisito minimo di patrimonio netto è stabilito dalla Banca d'Italia.
  La modifica recata dal comma 1-bis introduce un criterio di mitigazione, prevedendo infatti che le banche di credito cooperativo con sede legale nelle province autonome di Trento e Bolzano possono rispettivamente costituire gruppi bancari cooperativi autonomi, composti solo da banche con sede legale e operatività esclusiva nella stessa provincia autonoma «e che comunque non abbiano più di due sportelli siti in province limitrofe».
  L'articolo 22, modificato al Senato, disciplina le misure di partecipazione di azionisti e creditori subordinati agli oneri di ricapitalizzazione della banca (cosiddetto burden sharing).
  Al riguardo si stabilisce, al comma 1, che la sottoscrizione delle azioni da parte del MEF è effettuata solo dopo l'applicazione delle misure di ripartizione degli oneri, allo scopo di contenere il ricorso ai fondi pubblici.
  Rileva come, in sostanza, dal combinato disposto degli articoli 18 e 22 del decreto-legge si evince che, in caso di ricapitalizzazione precauzionale con una conversione in azioni delle obbligazioni subordinate, la legge consente alla banca di offrire agli ex obbligazionisti divenuti azionisti obbligazioni non subordinate, in cambio delle azioni frutto della conversione. Pag. 21Il MEF in un momento successivo può acquistare tali azioni a specifiche condizioni.
  Ricorda brevemente che, in caso di dissesto di una banca, la direttiva BRRD prevede il bail-in, ossia la ripartizione delle partite tra azioni, obbligazioni subordinate, senior bond e depositi oltre i 100mila euro prima di un eventuale intervento pubblico.
  Il burden sharing, invece, colpisce solo azionisti e obbligazioni subordinate; esso scatta quando la banca non si trova in condizioni di dissesto, ma è solvente e chiede la ricapitalizzazione precauzionale con intervento pubblico prevista dal già citato articolo 32 della direttiva BRRD.
  Ai sensi della Comunicazione del 2013 il burden sharing può assumere solo la forma della conversione in azioni di nuova emissione degli strumenti ibridi (Additional Tier 1) e subordinati (Tier 2), nonché degli altri strumenti subordinati.
  Non può essere quindi disposta la riduzione del valore degli strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza: questa infatti può essere disposta se necessaria ad assorbire perdite che impattano anche sul bilancio e che eccedano il patrimonio netto contabile dell'emittente, mentre lo scenario avverso di uno stress test è solo una rappresentazione ipotetica che potrebbe avverarsi contabilmente solo nel caso in cui quelle condizioni avverse si materializzino.
  In merito occorre ricordare che il Tier 1 capital, chiamato anche patrimonio di base o di qualità primaria, è costituito dal capitale versato, dalle riserve e dagli utili non distribuiti. Sono esclusi dal Tier 1: le azioni proprie, l'avviamento, le immobilizzazioni immateriali e le perdite dei vari esercizi (compreso quello in corso). Dal Tier 1 capital rimangono escluse anche le rettifiche di valore operate sul portafoglio di negoziazione.
  Il Tier 1 capital risulta, a sua volta, costituito dal cosiddetto Common Equity Tier 1 Capital («CET1»), ossia il capitale di qualità primaria costituito dagli strumenti con la più spiccata capacità di assorbimento delle perdite e dall’Additional Tier 1 Capital («AT1»), costituito da «nuovi» strumenti ibridi la cui principale caratteristica qualitativa è una più spiccata capacità di assorbimento delle perdite. Si tratta, tra l'altro, di strumenti innovativi di capitale che, in caso di necessità, interrompono la distribuzione delle cedole per andare a rimpinguare il capitale primario della banca. Tali ibridi appartengono alla categoria in evoluzione dei titoli «quasi-equity», ossia dei titoli posti nella zona di confine tra il patrimonio e i debiti.
  I cosiddetti ibridi sono invece parte fondamentale del cosiddetto Tier 2 capital (o patrimonio supplementare), composto da riserve di valutazioni e da un'ampia schiera di strumenti innovativi di capitale (oltre che ibridi). Vi è anche un Tier 3 capital (prestiti subordinati di terzo livello) in cui confluiscono strumenti di capitale non riconducibili alle prime due categorie.
  In tale contesto il comma 2 specifica le passività assoggettabili alla conversione; in particolare, con decreto del MEF sono disposte le misure di ripartizione degli oneri, secondo il preciso ordine indicato dalle norme, nonché l'aumento del capitale a servizio delle misure stesse.
  In primo luogo la lettera a) del comma 2 prevede che sono convertiti in azioni ordinarie di nuova emissione – computabili nel capitale primario di classe 1 dell'Emittente – gli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 (ai sensi del regolamento UE n. 575 del 26 giugno 2013, Additional Tier1), aventi le caratteristiche indicate nell'articolo 19, comma 1 (azioni ordinarie con diritto di voto non limitato né condizionato nell'assemblea ordinaria e nell'assemblea straordinaria, non privilegiate nella distribuzione degli utili né postergate nell'attribuzione delle perdite). Sono inclusi negli strumenti convertibili quelli qualificati come strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 ai sensi della cosiddetta «clausola di grandfathering» del citato regolamento e relative disposizioni di attuazione, nonché delle altre passività dell'Emittente aventi un grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale uguale o superiore. In sintesi, la Pag. 22clausola di grandfathering consente di computare nell’Additional Tier 1 alcuni strumenti che secondo le regole ordinarie ne sarebbero esclusi, per un periodo limitato di tempo e a specifiche condizioni.
  Inoltre, ai sensi della lettera b), qualora la predetta misura di cui alla lettera a) non sia sufficiente, sono convertiti, in tutto o in parte, in azioni ordinarie di nuova emissione, computabili nel capitale primario di classe 1, gli strumenti e prestiti computabili come elementi di classe 2 ai sensi delle citate norme UE, ivi inclusi gli strumenti coperti dalla clausola di grandfathering, nonché gli altri strumenti e prestiti aventi lo stesso grado di subordinazione nella gerarchia concorsuale).
  Ove la misura di cui alla lettera b) non sia sufficiente, la lettera c) prevede che sono convertite in azioni ordinarie di nuova emissione computabili nel capitale primario di classe 1 gli strumenti e i prestiti diversi da quelli indicati dalle lettere a) e b), il cui diritto al rimborso del capitale è contrattualmente subordinato al soddisfacimento dei diritti di tutti i creditori non subordinati dell'Emittente.
  Durante l'esame al Senato è stata introdotta una lettera c-bis), ai sensi della quale le disposizioni attuative – ove necessario – possono disporre, in luogo della conversione, l'azzeramento di strumenti e prestiti della banca e la contestuale attribuzione di azioni di nuova emissione computabili nel capitale primario di prima classe, con le caratteristiche – già illustrate alla lettera a) – di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto-legge.
  Il comma 2-bis, introdotto al Senato, rende fiscalmente neutra – escludendola dal computo a fini IRES e IRAP – ogni eventuale differenza (positiva o negativa) derivante dalle predette misure di burden sharing alle banche che hanno emesso strumenti finanziari oggetto delle predette operazioni di condivisione degli oneri.
  Ai sensi del comma 3, l'adozione delle misure di conversione rende inefficaci le garanzie rilasciate dall'istituto di credito emittente, purché ricorrano cumulativamente alcune condizioni:
    ai sensi della lettera a), la garanzia deve avere a oggetto passività emesse da soggetti direttamente o indirettamente controllati dall'emittente;
    ai sensi della lettera b), le passività garantite indicate alla lettera a) sono state emesse nell'ambito di un'operazione unitaria di finanziamento dell'emittente che include un finanziamento all'emittente da parte di un soggetto da questo controllato;
    ai sensi della lettera c), alle passività dell'Emittente derivanti dal finanziamento concessogli di cui alla lettera b), è applicata la misura di conversione (di cui al comma 2).

  Si intende così evitare che l'esistenza di specifici obblighi di garanzia renda sostanzialmente inefficace il burden sharing applicato su determinate passività dell'emittente.
  Il comma 4, il cui disposto è stato precisato al Senato, mira invece a disattivare eventuali clausole contrattuali (come precisato dall'altro ramo del Parlamento) o di altro tipo stipulate dall'emittente, aventi ad oggetto proprie azioni o strumenti di capitale di cui al comma 2 sopra indicato (ossia oggetto della conversione o azzeramento) e relative ai diritti patrimoniali ad essi correlati, che ne impediscono o limitano la computabilità nel capitale primario di classe 1 dell'emittente.
  Il comma 5 chiarisce i principi applicabili alle misure di conversione degli strumenti di capitali, prevedendo che esse sono disposte:
   ai sensi della lettera a), nei confronti di tutte le passività indicate dalle norme, ove possibile in base alla legge a esse applicabile, secondo la gerarchia applicabile in sede concorsuale;
   ai sensi della lettera b), in modo uniforme nei confronti di tutti i creditori che siano titolari di passività assoggettabili alle misure di conversione, in base alla legge loro applicabile e appartenenti alla stessa categoria – salvo quanto previsto al comma 7, per cui segnala infra – e proporzionalmente Pag. 23al valore nominale dei rispettivi strumenti finanziari o crediti;
   ai sensi della lettera c), in misura tale da assicurare che nessun titolare degli strumenti e prestiti convertibili riceva, tenuto conto dell'incremento patrimoniale conseguito dall'Emittente per effetto dell'intervento dello Stato, un trattamento peggiore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione dell'Emittente, assumendo che essa avvenga senza supporto pubblico;
   ai sensi della lettera d), determinando il numero di azioni da attribuire in sede di conversione sulla base della metodologia indicata nell'allegato al decreto-legge, fermo restando il rispetto di quanto previsto dalle lettere a), b) e c);
   ai sensi della lettera d), a condizione che la banca o la capogruppo abbia provveduto a convertire in azioni o altri strumenti di capitale primario di classe 1 gli strumenti finanziari convertibili eventualmente emessi, nel rispetto delle condizioni previste dai relativi contratti: a tal fine, la lettera e) prevede che l'Emittente include nella richiesta di ripatrimonializzazione (di cui all'articolo 15) l'attestazione di aver provveduto a convertire in azioni o altri strumenti di capitale primario di classe 1 gli strumenti finanziari convertibili eventualmente emessi, nel rispetto delle condizioni previste dai relativi contratti.

  Ai sensi del comma 6, rileva come possa ritenersi che i titolari di strumenti e prestiti convertibili non ricevano un trattamento peggiore rispetto a quello che si riceverebbe in caso di liquidazione quando, tenuto conto della stima dell'effettivo valore delle attività e passività dell'Emittente, il valore delle azioni assegnate in conversione è almeno pari a quanto verrebbe corrisposto ai titolari degli strumenti di capitale aggiuntivo, degli elementi di classe 2 e degli altri strumenti e prestiti subordinati convertibili, nel caso in cui l'Emittente venisse sottoposto a liquidazione alla data di presentazione della richiesta di intervento dello Stato.
  Il comma 7 chiarisce che non si dà luogo, del tutto o in parte, all'applicazione delle misure di conversione ove la Commissione europea abbia stabilito che la loro adozione può mettere in pericolo la stabilità finanziaria o determinare risultati sproporzionati.
  In caso di esclusione parziale dall'applicazione delle misure previste nell'articolo, il decreto che dispone le misure di conversione ed aumento di capitale deve indicare gli strumenti o le classi di strumenti esclusi, fermo il rispetto dei criteri stabiliti dalla legge per l'effettuazione del burden sharing. La valutazione sull'applicabilità delle ipotesi di esclusione indicate nel presente comma è compiuta, per ciascun intervento, dalla Commissione europea.
  Ai sensi del comma 8, all'assunzione di partecipazioni da parte del MEF conseguente alle misure di conversione, si deroga alla disciplina ordinaria in materia di autorizzazioni e comunicazioni relative all'acquisto o all'incremento di partecipazioni qualificate; non trovano applicazione i limiti codicistici, ovvero le altre limitazioni previste dalla legge, da contratti o dallo statuto, che possono ostacolare la conversione; non si applicano i divieti di acquisto previsti dal codice civile nel caso di controllo societario, non si applica il divieto di sottoscrizione reciproca di azioni, né l'articolo 121 del TUF in tema di disciplina delle partecipazioni reciproche.
  Per quanto concerne la tutela giurisdizionale avverso le misure di conversione forzosa e aumento del capitale, il comma 9 rinvia alla tutela giurisdizionale prevista dalle norme nazionali di recepimento della direttiva BRRD in tema di risoluzione degli enti creditizi.
  Il comma 10 disciplina gli effetti dell'azione delle misure di burden sharing e di erogazione dei sostegno pubblico sui rapporti contrattuali dell'intermediario. A tale proposito, si estende a tale fattispecie l'articolo 65 del decreto legislativo n. 180 del 2015, e viene prevista in primo luogo l'inefficacia delle pattuizioni contrattuali che ricollegano a tali misure conseguenze Pag. 24negative per l'intermediario o per altro componente del gruppo bancario di appartenenza (clausole risolutive espresse, clausole di event of default; di cross-default o di acceleration event). Inoltre viene chiarito che le misure disposte dal MEF non costituiscono di per sé inadempimento contrattuale e pertanto non consentono ai creditori di attivare i rimedi previsti in tali casi (ad esempio risoluzione, decadenza dal beneficio del termine, escussione delle garanzie e altro).
  Ai sensi del comma 11, le norme dell'articolo 22 sono qualificate come disposizioni di applicazione necessaria ai sensi dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 593 del 17 giugno 2008 (Regolamento «Roma I» che disciplina l'individuazione delle legge applicabile, in caso di conflitti di legge in materia di obbligazioni contrattuali civili e commerciali) e dell'articolo 17 della legge n. 218 del 1995 (norme che disciplinano il diritto internazionale privato): si tratta dunque di norme la cui applicazione è ritenuta irrinunciabile in virtù dell'oggetto o della finalità perseguita.
  Esse costituiscono provvedimenti di risanamento ai sensi della direttiva n. 24 del 4 aprile 2001 in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi; applicano e producono i loro effetti negli altri Stati comunitari, secondo le regole contenute nel Titolo IV, Sezione III-bis, del TUB in tema di applicazione UE delle procedure di crisi bancaria.
  L'articolo 23, modificato al Senato, al comma 1 consente di emanare disposizioni di attuazione delle norme sull'intervento dello Stato disciplinate dal Capo II del decreto-legge e al comma 2 autorizza il MEF, ai fini della strutturazione degli interventi previsti dal medesimo Capo II, nonché della gestione dell'eventuale contenzioso, ad avvalersi, a spese dell'emittente, di esperti in materia finanziaria, contabile e legale che non abbiano in corso o non abbiano intrattenuto negli ultimi due anni relazioni di affari, professionali o finanziarie con l'Emittente tali da comprometterne l'indipendenza.
  Per effetto delle modifiche apportate al Senato, il periodo in cui gli esperti non devono avere intrattenuto relazioni professionali o finanziarie con gli istituti interessati è stato elevato da due a tre anni, coerentemente alle modifiche apportate all'articolo 15 del provvedimento nella medesima sede.
  Inoltre, in sede di prima applicazione il comma 3 prevede, con riferimento alla probabile esigenza di adottare una misura di sostegno pubblico a favore della Banca Monte dei Paschi di Siena, il valore da attribuire alle passività assoggettabili alle misure di ripartizione degli oneri fra i creditori ai fini della determinazione del tasso di conversione.
  In particolare, ove MPS presenti la richiesta di intervento, il valore economico da attribuire alle passività oggetto delle misure di burden sharing è così determinato:
   Emissione XS0122238115: 75 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0121342827: 75 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0131739236: 75 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0180906439: 18 per cento del valore nominale;
   Emissione IT0004352586: 100 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0236480322: 100 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0238916620: 100 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0391999801: 100 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0415922730: 100 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0503326083: 100 per cento del valore nominale;
   Emissione XS0540544912: 100 per cento del valore nominale.

Pag. 25

  Conseguentemente il comma 4 prevede che l'eventuale richiesta di MPS non contiene la valutazione delle passività (di cui all'articolo 15, comma 1, lettera c), del decreto-legge).
  L'articolo 23-bis, inserito nel corso dell'esame al Senato, al comma 1 prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze presenti, ogni quattro mesi, una relazione al Parlamento relativa alle istanze presentate e agli interventi effettuati, nella quale sono indicati l'ammontare delle risorse erogate e le finalità di spesa, ai sensi del Capo II.
  Ai sensi del comma 2 nella relazione devono essere indicate, con riferimento agli interventi effettuati nel semestre, le informazioni attinenti al profilo di rischio e al merito di credito, riferite alla data nella quale sono stati concessi i finanziamenti, dei soggetti nei cui confronti l'Emittente vanta crediti, classificati in sofferenza, per un ammontare pari o superiore all'1 per cento del patrimonio netto (sub. 23.01000/11: «patrimonio netto» in luogo di «totale attivo»).

  Nazzareno PILOZZI (PD), relatore per la V Commissione, illustrando le misure di cui al Capo III del decreto-legge, rileva in primo luogo come l'articolo 24, al comma 1 istituisca nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo, con una dotazione di 20 miliardi di euro per l'anno 2017, destinato alla copertura degli oneri derivanti dalle operazioni di sottoscrizione e acquisto di azioni effettuate per il rafforzamento patrimoniale, ai sensi del Capo II del decreto-legge, e dalle garanzie concesse dallo Stato su passività di nuova emissione e sull'erogazione di liquidità di emergenza, ai sensi del Capo I del decreto-legge, a favore delle banche e dei gruppi bancari italiani. Il comma 2 prevede che alla ripartizione e successiva rimodulazione del Fondo – in relazione alle effettive esigenze – si provveda con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. Il comma 3 stabilisce che gli importi destinati alla copertura delle garanzie concesse ai sensi del Capo I siano versati su un apposito conto corrente di Tesoreria centrale. Il comma 4 prevede, al primo periodo, che i corrispettivi delle garanzie concesse e quelli derivanti dalla successiva eventuale cessione delle azioni siano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo. Il secondo periodo del comma stabilisce che le risorse non più necessarie siano quantificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per essere versate all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnate al Fondo ammortamento titoli di Stato.
  L'articolo 24-bis, introdotto durante l'esame al Senato, reca misure e interventi tesi a sviluppare l'educazione finanziaria, previdenziale ed assicurativa. Al riguardo merita segnalare come la disposizione riprenda sostanzialmente il contenuto della proposta di legge C. 3666 Bernardo, cui sono abbinate le proposte di legge C. 3662 Paglia e C. 3913 Nastri, recante disposizioni concernenti la comunicazione e la diffusione delle competenze di base necessarie per la gestione del risparmio privato, oggetto di approfondito esame in sede referente da parte della Commissione Finanze della Camera. In particolare il comma 1 chiarisce che le disposizioni dell'articolo 24-bis sono volte, in particolare, ad assicurare l'efficacia, l'efficienza e la sistematicità delle azioni dei soggetti pubblici e privati e riconoscono l'importanza dell'educazione finanziaria quale strumento per la tutela del consumatore e un utilizzo più consapevole degli strumenti e dei servizi finanziari presenti sul mercato. Il comma 2 a tale scopo definisce, in conformità con quanto già espresso in sede internazionale dall'OCSE, il concetto di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Essa in particolare consiste nel processo attraverso il quale le persone migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari, ivi compresi quelli di natura assicurativa e previdenziale, e sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie. Il comma 3 affida al Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'istruzione dell'università e Pag. 26della ricerca, il compito di adottare, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente ed entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, un programma per una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Detta Strategia si conforma ai seguenti princìpi: organizzare in modo sistematico il coordinamento dei soggetti pubblici e privati già attivi sulla materia, ovvero di quelli che saranno attivati dal programma, garantendo che gli interventi siano continui nel tempo, promuovendo lo scambio di informazioni tra i soggetti e la diffusione delle relative esperienze, competenze e buone pratiche, e definendo le modalità con cui le iniziative di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale possano entrare in sinergia e collegarsi con le attività proprie del sistema nazionale dell'istruzione; definire le linee guida delle politiche nazionali in materia di comunicazione e di diffusione di informazioni volte a promuovere l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale; prevedere la possibilità di stipulare convenzioni atte a promuovere interventi di formazione con associazioni rappresentative di categorie produttive, ordini professionali, organizzazioni senza fini di lucro e università, anche con la partecipazione degli enti territoriali. Ai sensi del comma 4, lo schema di programma, di cui al comma 3, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti e per i profili finanziari, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente il testo del programma alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. I pareri definitivi delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari sono espressi entro trenta giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine il programma può comunque essere adottato. Il comma 5 prevede la trasmissione annuale, entro il 31 luglio, alle Camere, da parte del Governo, di una relazione sullo stato di attuazione della Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale, la quale può contenere le eventuali proposte di modifica e di aggiornamento del programma di cui al comma 3, da adottare con le medesime procedure previste al comma 4. Il comma 6 prevede, ai fini dell'attuazione della Strategia nazionale, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, istituito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanza, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca scientifica e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro tre mesi dalla legge di conversione del provvedimento in esame. Il Comitato ha il compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione in tema di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. Il comma 7 dispone che dall'istituzione del Comitato non debbano derivare oneri alla finanza pubblica. Ai sensi del comma 8, il Comitato è composto da undici membri ed è presieduto da un direttore, nominato dal Ministro dell'economia e delle finanze d'intesa con il Ministro dell'istruzione, università e ricerca scientifica tra personalità con comprovate competenze ed esperienza nel settore. I membri diversi dal direttore, scelti con i medesimi criteri designati: uno dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dal Ministro dello sviluppo economico, uno dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, uno dalla Banca d'Italia, uno dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), uno dall'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), uno della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), uno dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti ed uno dall'Organismo di vigilanza e tenuta dell'albo dei consulenti finanziari (OCF). I membri del Comitato, nonché il direttore, durano in carica tre anni e Pag. 27l'incarico può essere rinnovato per una sola volta. Il comma 9 disciplina l'attività del Comitato, che opera attraverso riunioni periodiche, prevedendo, ove necessario, la costituzione di specifici gruppi di ricerca cui potranno partecipare accademici e esperti della materia. La norma specifica che la partecipazione al Comitato non dà titolo ad alcun emolumento, compenso o gettone di presenza. Ai sensi del comma 10, il Comitato individua obiettivi misurabili, programmi e azioni da porre in essere, valorizzando le esperienze, le competenze e le iniziative maturate dai soggetti attivi sul territorio nazionale e favorendo la collaborazione tra i soggetti pubblici e privati. Il comma 11 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attività del Comitato a cui si provvede, nel limite di un milione di euro l'anno a decorrere dal 2017, mediante la corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'economia e delle finanze, come individuato dalla legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016).
  Per quanto riguarda il Capo IV del decreto-legge, l'articolo 25, al comma 1, integra la disciplina relativa alle contribuzioni addizionali al Fondo di risoluzione nazionale di cui all'articolo 1, comma 848, della legge n. 208 del 2015 e precisa che le contribuzioni addizionali sono versate per la copertura di qualsiasi onere o passività a carico del Fondo di risoluzione nazionale comunque derivanti o connesse con l'esecuzione dei provvedimenti di avvio delle risoluzioni e con l'esigenza di assicurarne l'efficacia, anche in conseguenza di eventuali modifiche ad essi apportate. In concreto le predette contribuzioni possono essere richieste anche per fronteggiare oneri derivanti da modifiche del programma di risoluzione approvato il 22 novembre 2015, relativamente a Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti. Rammenta in particolare che il comma 848 prevede che, qualora i contributi versati al Fondo di risoluzione nazionale non siano sufficienti alla copertura degli oneri a carico del Fondo stesso in relazione alle misure previste dai provvedimenti di avvio della risoluzione, le banche aventi sede legale in Italia e le succursali italiane di banche extracomunitarie versano contribuzioni addizionali al Fondo citato nella misura determinata dalla Banca d'Italia. Per l'anno 2016 tale limite complessivo è stato incrementato di due volte l'importo annuale dei contributi determinati in conformità all'articolo 70 del regolamento (UE) n. 806/2014 e del regolamento di esecuzione (UE) n. 2015/81. Il comma 2 stabilisce che la Banca d'Italia può richiedere per singolo anno un ammontare di contribuzioni pari alla differenza tra l'importo massimo delle contribuzioni richiamabili in base al comma 848 e l'importo delle contribuzioni effettivamente richiamate dal Comitato di risoluzione unico ai sensi dell'articolo 70 (Contributi ex ante) e dell'articolo 71 (Contributi straordinari ex post) del regolamento (UE) n. 806/2014. La disposizione precisa che, con riferimento a ciascun anno, l'importo eventualmente dovuto a tale titolo può essere determinato dalla Banca d'Italia entro i due anni successivi a quello di riferimento. Tale precisazione è volta a consentire il richiamo delle contribuzioni in relazione al fabbisogno e una volta noto quanto richiamato dal Fondo di risoluzione unico a titolo di contribuzioni straordinarie. La disposizione stabilisce inoltre che la Banca d'Italia può decidere che le contribuzioni siano materialmente versate in un periodo pluriennale, non superiore a cinque anni. Diluendo nel tempo i versamenti, la disposizione riduce l'impatto annuale delle contribuzioni addizionali sugli intermediari. In merito rammenta, in estrema sintesi, che il richiamato articolo 70 del regolamento (UE) n. 806/2014 dispone che il contributo annuo di ciascun ente sia calcolato in percentuale dell'ammontare delle sue passività, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, in relazione alle passività aggregate, esclusi i fondi propri e i depositi protetti, di tutti gli enti autorizzati nei territori di tutti gli Stati membri partecipanti. Il calcolo dei singoli contributi Pag. 28è affidato in concreto al Comitato di risoluzione, previa consultazione della BCE o dell'autorità nazionale competente e in stretta cooperazione con le autorità nazionali di risoluzione. Il richiamato articolo 71 prevede invece che, laddove i mezzi finanziari disponibili non siano sufficienti a coprire gli oneri sostenuti mediante il ricorso al Fondo, siano raccolti presso gli enti autorizzati negli Stati membri partecipanti «contributi straordinari ex post» a copertura degli importi aggiuntivi e che l'importo totale annuo di detti contributi straordinari non superi il triplo dell'importo annuale dei «contributi ex ante». Il comma 3 dispone che, nell'arco temporale entro cui le banche sono tenute al versamento delle contribuzioni addizionali, l'importo di dette contribuzioni è ripartito annualmente tra le banche aventi sede legale in Italia e le succursali italiane di banche extracomunitarie in misura proporzionale all'ammontare delle contribuzioni annuali dovute dalla medesima banca al Fondo di risoluzione unico. La relazione illustrativa chiarisce al riguardo che l'entità del contributo addizionale a livello individuale varia quindi di anno in anno in funzione del rapporto fra la contribuzione annuale di ciascuna banca – così come determinata dal Comitato di risoluzione unico – e l'ammontare complessivo della contribuzione nazionale dovuta al Fondo di risoluzione unico. La contribuzione addizionale nell'anno di riferimento è pertanto dovuta solo nel caso in cui sussista un obbligo contributivo nei confronti del Fondo di risoluzione unico per il medesimo anno. A tale fine assume rilievo, in particolare, la qualifica di banca alla data di riferimento individuata anno per anno dal Comitato di risoluzione unico nell'arco temporale definito dalla Banca d'Italia ai sensi del comma 2 dell'articolo.
  L'articolo 26 stabilisce che qualora la Banca d'Italia – al fine di soddisfare esigenze di liquidità – eroghi finanziamenti garantiti mediante pegno o cessione di credito, la garanzia si intende prestata, con effetto nei confronti dei terzi aventi causa, all'atto della sottoscrizione del contratto di garanzia finanziaria. A tal fine sono introdotte deroghe alla normativa civilistica sulle garanzie. La garanzia prestata, inoltre, è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione della legge fallimentare che esclude la revocatoria stessa nei confronti dell'istituto di emissione. La disposizione rende permanente quanto già previsto dall'articolo 8, comma 30, del decreto-legge n. 201 del 2011, inserendo norme di carattere analogo – i nuovi commi 1-ter e 1-quater – nell'articolo 3 del decreto legislativo n. 170 del 2004, di recepimento della direttiva 2002/47/CE, in materia di contratti di garanzia finanziaria.
  Gli articoli 26-bis e 26-ter, introdotti dal Senato, novellano alcune disposizioni contenute nel Capo I del decreto-legge n. 59 del 2016, in materia di accesso al Fondo di solidarietà istituito in favore degli investitori delle Banche poste in risoluzione alla fine del 2015 (Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara, CariChieti) titolari di obbligazioni subordinate emesse dalle predette banche. In particolare l'articolo 26-bis, al comma 1, modifica l'articolo 8, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 59, la quale definisce la nozione di «investitore»: per investitore si intende la persona fisica, l'imprenditore individuale, anche agricolo, e il coltivatore diretto, o il suo successore mortis causa, che ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati, di cui al comma 855 dell'articolo unico della legge di stabilità per il 2016, nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con una delle banche sottoposte a risoluzione. La modifica recata dall'articolo 26-bis aggiunge, nel novero della definizione di «investitore» destinatario delle tutele del Fondo anche il coniuge, il convivente more uxorio, i parenti entro il secondo grado in possesso degli strumenti finanziari a seguito di trasferimento con atto tra vivi. Il comma 2 del medesimo articolo 26-bis abroga la lettera b) dell'articolo l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 59, in tal modo escludendo dal calcolo per l'indennizzo previsto dal medesimo articolo il corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari subordinati Pag. 29detenuti alla data della risoluzione delle banche in liquidazione. Il comma 3 modifica l'articolo 9, comma 6, del decreto-legge n. 59, il quale consente agli investitori, acquirenti di strumenti finanziari subordinati emessi dalle citate banche in liquidazione entro la data del 12 giugno 2014, e che li detenessero alla data della risoluzione delle banche medesime, di chiedere al predetto Fondo di solidarietà l'erogazione di un indennizzo forfetario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari, al netto degli oneri e spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici. Per accedere all'indennizzo forfettario si richiedono determinati requisiti patrimoniali e reddituali, e cioè un patrimonio mobiliare di proprietà inferiore a 100.000 euro oppure un reddito complessivo ai fini dell'IRPEF nell'anno 2014 inferiore a 35.000 euro. La presentazione dell'istanza di indennizzo forfettario preclude la possibilità di esperire la specifica procedura arbitrale disciplinata dalla legge (commi da 857 a 860 della legge stabilità 2016). Parimenti l'attivazione della procedura arbitrale preclude la possibilità di esperire la procedura di indennizzo forfetario; laddove la predetta procedura sia stata già attivata, la relativa istanza è improcedibile. Limitatamente agli strumenti finanziari acquistati oltre il 12 giugno 2014, gli investitori possono accedere alla procedura arbitrale, anche laddove abbiamo fatto istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario in relazione agli strumenti acquistati in data anteriore al 12 giugno 2014. In tale contesto il comma 3 dell'articolo 26-bis proroga al 31 maggio 2017 il termine, scaduto il 3 gennaio 2017 (sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 59) entro il quale, ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto-legge n. 59 del 2016, gli investitori interessati dall'indennizzo del Fondo possono presentare istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario. Esso inoltre integra il medesimo comma 6 dell'articolo 9 del decreto-legge n. 59 del 2016, nel senso di stabilire la gratuità del servizio di assistenza agli investitori nella compilazione e presentazione delle istanze di indennizzo, prevedendo che le banche non possano richiedere all'investitore il pagamento di oneri o commissioni sotto qualsiasi forma. Il comma 4 modifica la disciplina sulla attività per imposte anticipate (DTA – Deferred Tax Assets), relativa alla possibilità di trasformare in credito di imposta le DTA qualificate – ove ad esse non corrisponda un effettivo pagamento anticipato di imposte (cosiddette DTA «di tipo 2») – mediante il pagamento di un canone. In particolare la disposizione modifica l'articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016 concernente disciplina delle DTA, ai sensi della quale, in sintesi, le imprese interessate dalle norme che consentono di trasformare le DTA in crediti d'imposta (contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010) possono scegliere, con riferimento alle attività per imposte anticipate non effettivamente versate, di mantenere l'applicazione della relativa disciplina mediante la corresponsione di un canone, al ricorrere delle condizioni di legge. Ai sensi del comma 1 del richiamato articolo 11, l'esercizio dell'opzione si considera effettuato al momento del versamento del canone; il termine per l'esercizio della stessa è fissato al 31 luglio 2016 (per il quantum dovuto con riferimento all'esercizio 2015). Tale opzione è irrevocabile e comporta l'obbligo del pagamento del canone annuo fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2029. Con le modifiche apportate dalla lettera a) del comma 4, attraverso il pagamento del canone, l'opzione è esercitata con efficacia a valere dal 1o gennaio 2016. Secondo la stessa modifica, la disciplina recata dal medesimo comma 1 dell'articolo 11 si applicherebbe a decorrere dall'esercizio in corso al 31 dicembre 2016 fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2030. Ai sensi del comma 2 del predetto articolo 11, il canone è determinato annualmente applicando l'aliquota dell'1,5 per cento alla differenza tra l'ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte Pag. 30versate, come risultante alla data di chiusura dell'esercizio precedente (secondo l'integrazione del Senato). Inoltre, per effetto delle modifiche di cui alla lettera b) del comma 4, si propone che il canone sia determinato «per ciascun esercizio di applicazione della disciplina». La lettera c) modifica il comma 7 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 59, il quale disciplina le modalità di versamento del canone, da effettuarsi per ciascun esercizio – in luogo di anno, come precisato nel corso dell'esame al Senato, per tenere conto delle imprese il cui esercizio non coincide con l'anno solare – entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi. Con le modifiche apportate dalla lettera c), il versamento del canone avviene entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relativo al periodo d'imposta precedente. Inoltre, ai sensi della modifica introdotta dal Senato, per il primo periodo di applicazione della disciplina il versamento è effettuato in ogni caso entro il 31 luglio 2016, ma senza la maggiorazione a titolo di interesse disposta dall'articolo 17, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 2001 (nel testo vigente tale disciplina si applica per quanto riguarda il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015).
  L'articolo 26-ter, introdotto al Senato, dispone, al comma 1, che alle banche di credito cooperativo, in relazione alla trasformazione in crediti d'imposta delle DTA da perdite fiscali connesse ai componenti negativi di reddito, non si applichi la disposizione di cui all'articolo 84 del TUIR secondo la quale per i soggetti che fruiscono di un regime di esenzione dell'utile la perdita è riportabile per l'ammontare che eccede l'utile che non ha concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti. La norma intende assicurare la piena trasformabilità delle predette imposte anticipate cosiddette «qualificate» (DTA), ai sensi della disciplina di cui all'articolo 2, commi da 55 a 58 del decreto-legge n. 225 del 2010, in tutte le circostanze previste dalla disciplina stessa, nei confronti delle banche di credito cooperativo. Tali intermediari finanziari beneficiano infatti di un regime di parziale detassazione degli utili che, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 84, comma 1, secondo periodo, del TUIR si riflette sul regime delle perdite fiscali limitandone l'utilizzo ed il riporto in avanti.
  Onde evitare che tale limitazione pregiudichi la possibilità di trasformare in credito d'imposta l'intero ammontare delle DTA corrispondente alle variazioni in diminuzione (reversal) apportate in dichiarazione, relative principalmente a rettifiche di valore su crediti operate fino al 31 dicembre 2015, a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2025, ai sensi dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 2015, creando una situazione di penalizzazione rispetto agli altri istituti di credito, la norma sospende l'operatività di tale disposizione, stabilendo che, a tale fine, la perdita fiscale derivante dalla deduzione dei componenti negativi è integralmente riportabile, generando, in tal modo, imposte anticipate trasformabili in credito d'imposta. L'ultimo periodo del comma 1 introduce altresì una presunzione assoluta finalizzata a stabilire che la perdita fiscale si è formata prioritariamente per effetto della deduzione di tali componenti negativi, per effetto della quale la disciplina dettata dall'articolo 84, comma 1, secondo periodo, del TUIR, secondo cui la perdita è computabile in diminuzione dei successivi esercizi solo per la quota parte che eccede gli utili che non hanno concorso alla formazione del reddito negli esercizi precedenti, verrà applicata limitatamente alla quota di perdita eccedente l'importo di detti componenti negativi. Il comma 2 reca la relativa copertura finanziaria, mediante la corrispondente riduzione dell'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze del fondo speciale di parte corrente.
  L'articolo 27, modificato al Senato, quantificando gli oneri delle maggiori emissioni di titoli pubblici e prevedendone la relativa copertura, al comma 1 incrementa, per l'anno 2017, di 20 miliardi di Pag. 31euro il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa, nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici. In merito ricorda che per il 2017 il limite massimo del saldo netto da finanziare era fissato in 38.601 milioni di euro miliardi in termini di competenza e in 102.627 milioni di euro in termini di cassa e il livello massimo del ricorso al mercato in termini di competenza in 293.097 milioni di euro e in 356.551 milioni di euro in termini di cassa. L'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie era invece stabilito, per l'anno 2017, in 59.500 milioni di euro. Alla luce delle disposizioni dell'articolo i predetti importi per l'anno 2017 sono rideterminati nei seguenti limiti massimi: 58.601 milioni di euro; 122.627 milioni di euro saldo netto da finanziare in termini di cassa; 313.097 milioni di euro per quanto attiene al ricorso al mercato in termini di competenza; 376.551 milioni di euro per quanto attiene al ricorso al mercato in termini di cassa; 79.500 milioni di euro per quanto attiene alla emissione di titoli pubblici. Rammenta in tale ambito che il 19 dicembre 2016 il Governo ha presentato alle Camere una Relazione ai sensi dell'articolo 6, comma 6 della legge n. 243 del 2012, secondo la procedura applica nel caso in cui il Governo intenda ricorrere all'indebitamento per realizzare «operazioni relative alle partite finanziarie» al fine di far fronte ad eventi eccezionali: nella Relazione si chiedeva alle Camere l'autorizzazione a incrementare di 20 miliardi di euro il livello massimo del saldo netto da finanziare e l'importo massimo di emissione di titoli pubblici. Nelle sedute del 21 dicembre 2016, le Assemblee del Senato e della Camera hanno rispettivamente approvato le Risoluzioni 6-00218 e 6-00276, con cui è stata autorizzata la richiesta di cui alla citata Relazione. Il comma 2 quantifica gli oneri per interessi passivi derivanti dalle maggiori emissioni di titoli del debito pubblico di cui al comma 1 nel limite massimo di 60 milioni di euro per l'anno 2017, 232 milioni di euro per l'anno 2018 e 290 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019. La disposizione provvede altresì alla copertura dei predetti oneri stabilendo:
   alla lettera a), che quanto a 14 milioni per l'anno 2017, 51 milioni per l'anno 2018,129 milioni di euro per l'anno 2019 e 100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provveda mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica;
   alla lettera b), che quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2017, 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e 129 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, si provveda mediante riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili;
   alla lettera c), che quanto a 16 milioni di euro per l'anno 2017, 81 milioni di euro per l'anno 2018 e 61 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l'anno 2017, secondo la modifica introdotta al Senato, in luogo del riferimento all'anno 2016, presente nel testo originario del decreto-legge, allo scopo parzialmente utilizzando:
    1) l'accantonamento relativo al MEF per 10 milioni di euro per l'anno 2017, 70 milioni di euro per l'anno 2018 e a 50 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019;
    2) l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per 2 milioni di euro per l'anno 2017 e per 4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018;
    3) l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Pag. 32per 2 milioni di euro per l'anno 2017 e per 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018;
    4) l'accantonamento relativo al Ministero della salute per 2 milioni di euro per l'anno 2017 e per 4 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018;
     alla lettera d), che quanto a 88 milioni di euro per l'anno 2017, 127 milioni di euro per l'anno 2018 e 136 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 si provveda mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali.

  Il comma 3 stabilisce che le risorse derivanti dalla riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili e del Fondo speciale di parte corrente (fondi di cui al comma 2, lettere b) e c) sono iscritte sul Fondo per interventi strutturali di politica economica e, unitamente a quelle di cui alla riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e del Fondo per l'attualizzazione dei contributi pluriennali (fondi di cui alle lettera a) e d), sono accantonate e rese indisponibili in termini di competenza e di cassa. Il comma 4, oggetto di una modifica di carattere formale al Senato, prevede che con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare al Parlamento, sulla base delle effettive emissioni di titoli del debito pubblico realizzate nel 2017 in relazione alle disposizioni di cui al decreto-legge, si provveda alla riduzione degli stanziamenti accantonati in misura corrispondente al finanziamento dei maggiori interessi passivi, ovvero al disaccantonamento delle risorse non necessarie per la loro copertura. Il comma 5 stabilisce che, ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni del decreto-legge, ove necessario, il MEF può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, da regolarizzare tempestivamente con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa. L'articolo 28 regola l'entrata in vigore del decreto-legge.
  In conclusione, anche richiamandosi alle considerazioni critiche svolte dai deputati Alberto Giorgetti e Palese sull'argomento, ritiene sussistano comunque le condizioni affinché nel corso dell'esame presso le Commissioni in sede referente possa avere luogo un dibattito ampio e proficuo ed essere ulteriormente approfonditi i singoli aspetti connessi alle tematiche oggetto del presente provvedimento.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ritiene, a differenza di quanto affermato dai relatori, che la situazione nella quale ci si trova non sia particolarmente diversa rispetto a quella di novembre 2015, ma che, a differenza delle scelte disastrose compiute dal Governo con la decisione di procedere alla risoluzione di Banca Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Chieti e Cassa di Risparmio di Ferrara, l'Esecutivo abbia in qualche modo fatto tesoro di quella negativa esperienza, dando al burden sharing previsto dalla normativa bancaria europea un'interpretazione molto più tutelante per gli obbligazionisti subordinati delle banche rispetto a quella adottata in occasione della richiamata risoluzione delle quattro banche. Sottolinea, in tale contesto, come, qualora in quell'occasione si fosse affrontato diversamente il problema, operando una sostanziale nazionalizzazione delle citate banche, i costi per l'Erario sarebbero stati molto minori di quelli che si è dovuto poi sostenere e come forse la stessa crisi dell'MPS non avrebbe avuto lo sviluppo che ha poi registrato, con oneri decisamente più ridotti sia per lo stesso MPS sia per l'intero sistema bancario.
  Passando al merito delle misure contenute nel decreto-legge in esame, ritiene che l'idea di una ricapitalizzazione pubblica delle banche sia accettabile, in quanto consente di mettere in campo uno strumento concreto per intervenire in tutti i casi di crisi che si dovranno fronteggiare. Reputa tuttavia che manchi, in questo campo, un impianto di decisione strategica, né sugli assetti generali del sistema Pag. 33bancario, né sul tema dei non performing loans e che si stia procedendo attraverso una serie di provvedimenti tampone, che consentono di procrastinare il problema degli NPL, senza tuttavia risolverlo definitivamente, determinando il concreto rischio che si debba procedere ad ulteriori ricapitalizzazioni di MPS. Considera quindi sbagliato limitarsi ad affermare che MPS, anche dopo la ricapitalizzazione pubblica, dovrà essere mantenuta in una normale condizione di gestione di mercato, magari con gli stessi manager, e che si debba puntare a breve a una successiva privatizzazione della banca stessa. Rileva infatti come tale schema, sostanzialmente dettato dalla BCE, si sia rivelato del tutto insoddisfacente già in occasione della creazione delle good bank derivanti dalla risoluzione delle quattro banche: tale operazione ha infatti, al momento, creato una perdita, accollata allo Stato, quantificabile in circa 1,6 miliardi di euro, ben al di là delle peggiori previsioni che potevano essere formulate in occasione della risoluzione. Occorre pertanto che il Governo definisca una strategia rispetto all'utilizzo che intende fare di MPS all'indomani della sua nazionalizzazione, puntando a farne un modello di banca diverso da quello definito dalla BCE, nonché utilizzandola come uno strumento di sostegno allo sviluppo, in particolare per le aree del Sud. Ritiene infatti che debba essere completamente rigettata l'idea che lo Stato debba limitarsi ad apportare capitali delle banche in difficoltà senza formulare alcun indirizzo circa la gestione delle banche nazionalizzate.
  Con riferimento a taluni aspetti specifici, sottolinea come sarebbe stato opportuno assicurare un'adeguata trasparenza circa i nomi dei principali debitori delle banche che si avvarranno delle misure di sostegno previste dal decreto-legge, ritenendo del tutto insussistenti le ragioni di privacy che hanno indotto il Governo e la maggioranza a respingere tale ipotesi. Evidenzia, infatti, come sussista un interesse politico a ricostruire le relazioni di potere, sviluppatesi anche all'interno di MPS, che hanno contribuito a bruciare, attraverso una dissennata politica di erogazione del credito, miliardi di risorse. Rileva, del resto, come, qualora si giungesse alla costituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario, i dati sui principali debitori delle banche dovranno essere resi pubblici, a meno che la maggioranza non voglia recedere dall'impegno, già più volte ribadito, di procedere all'istituzione di tale Commissione.
  Per quanto riguarda quindi la questione del meccanismo forfetario di indennizzo in favore dei titolari di obbligazioni subordinate emesse dalle quattro banche poste in risoluzione, evidenzia come le modifiche apportate a tale meccanismo dall'articolo 26-bis, comma 1, del decreto-legge, risultino del tutto inadeguate a risolvere le problematiche che sono finora emerse nell'applicazione di tale normativa, in quanto le previsioni del decreto-legge si limitano ad estendere l'indennizzo forfetario alle sole donazioni di tali titoli intervenute in favore del coniuge, del convivente more uxorio e dei parenti entro il secondo grado, con il concreto rischio che a breve occorra intervenire nuovamente per risolvere i problemi rimasti insoluti in materia.

  Alberto GIORGETTI (FI-PdL) evidenzia in primo luogo come l'adozione del decreto-legge in esame abbia fatto immediato seguito alle risoluzioni approvate lo scorso dicembre dalle due Camere con le quali il Governo è stato autorizzato, sulla base della presentazione di una apposita Relazione al Parlamento, ad aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, al fine di reperire, attraverso l'emissione di nuovo debito pubblico, le risorse occorrenti a varare interventi di ricapitalizzazione in favore del Monte dei Paschi di Siena e, più in generale, del sistema creditizio italiano che risultasse in sofferenza. A suo giudizio, l'azione del Governo in questi ultimi anni in rapporto al tema delle sofferenze del sistema bancario si è troppo spesso incentrato sugli aspetti congiunturali dello stato di difficoltà che ha interessato alcuni istituti di credito italiani, laddove sarebbe stato invece necessario Pag. 34approntare una visione prospettica e strategica delle questioni, tale da affrontare in una logica di sistema i problemi strutturali attraversati dal mondo bancario e creditizio e da individuare le soluzioni più adeguate. Ricorda come, proprio ispirandosi a questo spirito costruttivo, il gruppo di Forza Italia ha espresso nello scorso mese di dicembre un voto favorevole sulle risoluzioni di approvazione della citata Relazione al Parlamento. Conferma pertanto l'atteggiamento propositivo che il suo gruppo intende assumere nel corso dell'esame presso la Camera del decreto-legge, per quanto tale testo presenti ancora, nonostante taluni miglioramenti e correttivi apportati nel corso dell’iter presso il Senato, molteplici aspetti che necessiterebbero di un maggiore approfondimento. Proprio in considerazione della sostanziale impossibilità di introdurre ulteriori modificazioni al testo in esame, pure auspicabili soprattutto nell'ottica di assicurare una maggiore chiarezza sulla prospettiva degli interventi che si intende adottare sul terreno dell'effettivo risanamento degli istituti di credito, per dipanare le zone d'ombra che tuttora il provvedimento presenta, preannunzia che il suo gruppo è al momento orientato ad esprimere, come già avvenuto presso il Senato, un voto contrario sul provvedimento stesso. Osserva altresì come, nonostante le rassicurazioni in tal senso fornite dai Ministri Padoan e Finocchiaro nel corso dell'audizione svolta lo scorso 20 dicembre sulla predetta Relazione al Parlamento in merito ad un fattivo coinvolgimento delle Camere nella definizione di un testo quanto più possibile condiviso, il decreto-legge in titolo, pubblicato il successivo 23 dicembre 2016, non contiene quei significativi progressi che pure sarebbero stati necessari al fine di affrontare i diversi nodi ancora irrisolti. A suo giudizio, desta in particolare preoccupazione l'incertezza generata dalle posizioni assunte dal precedente Governo Renzi, che aveva pubblicamente asserito la solidità dell'intero sistema bancario italiano – con particolare riferimento al Monte dei Paschi di Siena, di cui aveva invitato i risparmiatori ad acquistare le azioni – e la sua capacità di affrontare le sfide imposte dal mercato, laddove ora ci si rende conto che, oltre alla citata banca senese, probabilmente anche altri istituti di credito italiano necessiteranno a breve di specifici interventi di ricapitalizzazione a carico delle finanze pubbliche. Ricorda come, a seguito della crisi finanziaria innescata dal fallimento della Lehman Brothers, mentre altri Paesi europei hanno adottato ingenti piani di ricapitalizzazione pubblica degli istituti più direttamente colpiti, in Italia il Governo di centrodestra ha all'epoca optato per una soluzione differente, che da un lato consentiva agli istituti di credito in difficoltà l'attivazione di specifici strumenti, dall'altro non contemplava però la presenza strutturata dello Stato nel loro capitale. Rispetto alle misure contenute nel presente decreto-legge, che viceversa prevede una sorta di nazionalizzazione pubblica di talune banche, si domanda pertanto se tale incisiva presenza dello Stato nel capitale degli istituti di credito potrà poi consentire in una fase successiva, e attraverso quali caratteristiche, la ricollocazione degli istituti medesimi sul mercato.
  A suo avviso, un altro tema che richiede di essere affrontato in maniera più efficace è quello del rapporto con la governance degli istituti di credito eventualmente oggetto degli interventi di sostegno, tanto più in considerazione di una possibile diretta presenza dello Stato nella gestione straordinaria degli stessi, attraverso l'individuazione di idonei modelli organizzativi. Sempre in tema di governance e di trasparenza, ritiene inoltre necessario predisporre adeguati strumenti volti ad individuare eventuali responsabilità gestionali relative a determinate operazioni, più o meno avventate, condotte in passato dagli istituti di credito, ponendo in tal modo rimedio a talune storture che si sono registrate. Evidenzia altresì come, anche in riferimento al tema dell'autonomia delle fondazioni bancarie e delle casse di risparmio, si pone analogamente il problema di strutturare adeguati modelli di governance, giacché tali soggetti hanno Pag. 35registrato negli ultimi anni una preoccupante riduzione a livello patrimoniale, con conseguente ricaduta negativa in termini di corretta funzionalità del circuito del credito nei territori nei quali i predetti soggetti operano. Richiama inoltre una particolare attenzione sulla necessità di assicurare equità di trattamento tra le diverse categorie di risparmiatori e possessori di titoli ed obbligazioni penalizzati dalla crisi degli istituti bancari coinvolti, aspetto a suo avviso non sufficientemente affrontato dal decreto-legge in esame. Avverte che sulla questione cruciale del corretto funzionamento dei canali di credito il gruppo di Forza Italia ha presentato una pluralità di proposte emendative, in occasione sia dell'esame del disegno di legge di bilancio per il 2017 sia, più di recente, dell'esame del decreto-legge n. 243 del 2016 recante interventi urgenti per il Mezzogiorno. A suo avviso si tratta di un tema fondamentale suscettibile di compromettere, qualora non vengano tempestivamente adottate le opportune misure, la prospettiva di ripresa e di crescita economica del nostro Paese, nonché di minare il rapporto di fiducia tra clienti ed istituti di intermediazione finanziaria. Auspica che anche su questo tema possa avere pertanto luogo una discussione più ampia ed approfondita in sede di Unione europea e che il Governo possa in quella sede assumere in maniera forte e convincente una propria posizione univoca, posto che sempre più ineludibile appare la necessità di realizzare in tempi rapidi il cosiddetto terzo pilastro dell'Unione bancaria relativo alla tutela dei depositi bancari. In conclusione, preannunzia la presentazione, da parte del gruppo di Forza Italia, di un pacchetto limitato e puntuale di proposte emendative focalizzate su talune specifiche questioni, in parte richiamate nel corso del suo intervento, in modo tale da consentire il superamento dell'attuale stato di incertezza ed ambiguità che tuttora circonda il mondo degli istituti di credito.

  Rocco PALESE (Misto-CR) ricorda la serie di interventi sbagliati che gli ultimi Governi hanno adottato nei confronti delle banche. Ritiene che le prime criticità si siano manifestate nel 2012, con una cattiva gestione del sistema dei controlli, i quali avrebbero dovuto essere svolti dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB, e che tali criticità non siano state ancora risolte. A questo proposito ricorda anche come più di una volta i commissari incaricati di risollevare gli istituiti bancari in difficoltà abbiano invece contribuito a peggiorare le crisi in atto. Ritiene quindi che solo valutando con attenzione le responsabilità e le carenze della Banca d'Italia e della CONSOB si possa trovare, come avvenuto in altri Paesi, una soluzione idonea ad evitare il ripetersi in futuro di analoghe crisi.
  Menziona quindi la riforma delle banche popolari, attuata con il decreto-legge n. 3 del 2015, riforma sicuramente necessaria, ma realizzata in maniera inadeguata, come segnalato già nel corso dell'attività conoscitiva svolta durante l'esame parlamentare, tanto che il provvedimento non ha recato alcun beneficio ai fini di una migliore erogazione del credito. Nonostante tali segnalazioni il decreto è stato «blindato» dal Governo in modo del tutto incomprensibile. Evidenzia inoltre come la soglia per la trasformazione delle banche popolari sia stata fissata a 8 miliardi, anziché a 30 miliardi, con una decisione che è apparsa funzionale esclusivamente alla soluzione della vicenda della Banca Etruria e creando invece difficoltà ad altre banche. Ricorda anche come le gravi criticità del predetto decreto-legge n. 3 del 2015, di riforma delle banche popolari, fossero state già segnalate dal professor Giarda, rimasto inascoltato dal Governo, ed abbiano innescato un contenzioso che si è concluso con l'intervento della Corte costituzionale. Si è trattato quindi di un'occasione perduta, anche se riconosce il proficuo lavoro svolto dal Viceministro Morando.
  Chiede poi come mai si sia giunti tanto in ritardo all'adozione di questo provvedimento relativo al Monte dei Paschi, adottato dopo le promesse dell'ex Presidente del Consiglio Renzi, relative a possibili acquirenti della banca senese.Pag. 36
  Ritiene inoltre centrale, al di là dell'eventuale istituzione di una Commissione di inchiesta ad hoc, la questione della trasparenza, in particolare con riferimento ai soggetti che hanno ricevuto finanziamenti dal Monte dei Paschi e dei quali non si sono voluti rendere noti i nomi. Il problema è infatti, a suo parere, quello di rendere socialmente censurabile chi ha approfittato della situazione di difficoltà della banca, a prescindere da quelli che saranno gli interventi della magistratura.
  Evidenzia infine come l'adozione del provvedimento in esame, sul quale esprime, anche a nome del suo gruppo, profonde riserve, non sia riuscita a fugare le incertezze e i timori diffusi tra i risparmiatori e si augura che eventuali successivi interventi in questa materia possano essere caratterizzati da una maggiore volontà di dialogo da parte del Governo.

  Daniele PESCO (M5S) rileva come il gruppo M5S si sia già espresso diverse volte sul decreto-legge, formulando su di esso forti perplessità.
  In tale contesto ricorda che fino a pochi mesi fa l'ex Presidente del Consiglio e tuttora Segretario del PD, Renzi, aveva sostenuto la solidità di MPS, tenendone al tempo stesso in ostaggio le sorti, al fine di condizionare il risultato del referendum.
  Considera pertanto molto strano che il Governo non abbia informato la BCE delle misure che intendeva adottare rispetto alla stessa banca, se è vero, come affermato dalla stessa BCE nel parere espresso sul decreto-legge in esame, che il provvedimento gli è stato formalmente comunicato solo dopo la sua emanazione.
  Ritiene quindi che l'atteggiamento assunto dal PD su tale vicenda sia assolutamente inaccettabile, tenuto anche conto del fatto che la scelta di adottare il decreto-legge nei giorni immediatamente precedenti il Natale ha molto ridotto i tempi per l'esame parlamentare dello stesso decreto, il quale è stato inoltre trattenuto eccessivamente a lungo dal Senato, con la conseguenza di impedire sostanzialmente alla Camera di modificarne ulteriormente il contenuto.
  In termini più generali evidenzia come siano stati sostanzialmente i condizionamenti politici che hanno inquinato la gestione di MPS a determinare l'accumulo di oltre 47 miliardi di non performing loans e che sia stato sempre per una scelta politica del PD se si è ritenuto di salvare MPS mentre, un anno fa, si era deciso di disporre la risoluzione di Banca Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti.
  In tal modo si è infatti introdotta un'inaccettabile diversità di trattamento tra gli obbligazionisti subordinati di MPS, i quali sono stati ristorati integralmente, e gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche poste in risoluzione, i quali sono stati sottoposti ad un trattamento molto peggiore, nonostante i reiterati richiami in questo senso, espressi in tutte le sedi dal Movimento 5 Stelle.
  Rileva quindi come, nel corso dell'esame al Senato, siano state accolte alcune delle proposte emendative presentate dal gruppo M5S, in particolare introducendo una previsione che esclude il rischio che gli obbligazionisti subordinati di MPS, grazie al meccanismo di restituzione previsto dal decreto-legge, possano addirittura godere di plusvalenze rispetto al loro investimento, stabilendo che il predetto ristoro sia comunque circoscritto entro il costo sostenuto dagli investitori per l'acquisto dei titoli; tuttavia lamenta come non si sia voluto intervenire per assicurare un equivalente trattamento anche agli obbligazionisti subordinati delle banche poste in risoluzione, riservandosi pertanto di presentare ulteriori emendamenti in tal senso.
  Evidenzia altresì come il decreto-legge in esame presenti numerose criticità anche relativamente al rispetto della normativa europea, in particolare per quanto riguarda il riacquisto, da parte di MPS, delle obbligazioni subordinate emesse dalla stessa banca, nonché riguardo all'obbligo di cessione degli NPL imposto dalla BCE. Rileva, infatti, a tale ultimo proposito, come i predetti NPL dovrebbero essere opportunamente gestiti all'interno di MPS, in quanto la cessione in blocco degli NPL Pag. 37medesimi comporterà necessariamente una grave perdita nel bilancio del medesimo istituto di credito, violando in tal modo la norma europea la quale vieta che la ricapitalizzazione pubblica di una banca sia utilizzata per compensare perdite che la banca stessa rischia di accusare nel prossimo futuro: ritiene pertanto che, sono questo profilo, l'intervento legislativo debba essere profondamente rivisto.
  Lamenta inoltre come il provvedimento non fornisca alcuna indicazione relativamente alla governance di MPS, laddove sarebbe invece indispensabile stabilire regole nuove in materia, al fine di garantire che la banca si doti di una dirigenza efficiente, che segni una discontinuità netta col passato e faccia chiarezza sulle cause che hanno portato ad accumulare un ammontare tante elevato di sofferenze creditizie, senza condizionamenti politici ed evitando in tal modo di accumulare ulteriori perdite. Evidenzia, infatti, come un radicale cambio di impostazione su questi temi sia indispensabile per rassicurare effettivamente i risparmiatori e gli investitori, evitando un ulteriore peggioramento della situazione della banca ed un aggravamento della fuga dei depositi che si è registrata negli ultimi mesi.

  Bruno TABACCI (DeS-CD) contesta l'affermazione di taluni colleghi che lo hanno preceduto, secondo cui il provvedimento in discussione sarebbe stato adottato con eccessivo ritardo dal Governo, in tal modo lasciando intendere che sarebbe stato viceversa necessario intervenire sin da subito, giacché stando così le cose non si comprenderebbe l'atteggiamento di avversità al provvedimento stesso manifestato dagli esponenti dei gruppi di opposizione. A suo giudizio, come ha avuto modo di sostenere già nel corso degli interventi svolti nei mesi scorsi in Assemblea, il ritardo nell'adozione del decreto-legge è stato dettato da valutazioni politiche eccedenti il perimetro della problematica connessa al tema delle sofferenze bancarie. Rammenta infatti come già gli stress test del luglio 2016, nonché i successivi andamenti dei mercati finanziari, avessero lasciato presagire l'inevitabilità di intervenire sui casi problematici attraverso un sostegno pubblico finalizzato all'aumento di capitale degli istituti bancari interessati. Se dunque vi è stato un ritardo nell'adozione del presente decreto-legge, a maggior ragione occorre ora recuperare il tempo perduto. Venendo al merito delle misure, il punto centrale è rappresentato dall'aumento precauzionale di capitale, essenziale per evitare una complessiva crisi di sistema, che potrà riguardare però solo gli istituti bancari non sottoposti alle procedure di liquidazione o di risoluzione. Rileva inoltre come tale intervento presenti comunque un carattere temporaneo e richiede, per la sua attivazione, la predisposizione di un piano industriale di risanamento da concordare con le autorità di vigilanza.
  Con riferimento alla questione concernente le banche popolari e le banche di credito cooperativo, richiamata dal deputato Palese, segnala che tali materie esulano in parte dall'oggetto proprio del provvedimento. Per quanto concerne le banche di credito cooperativo, sarebbe stato preferibile a suo avviso avviarsi verso una soluzione che prevedesse una unica holding, mentre sul tema delle banche popolari la riforma è giunta con ritardo e avrebbe dovuto riguardare tanto i soggetti già quotati quanto quelli ancora da quotare. Più in generale, osserva che talune storture che hanno caratterizzato il sistema delle banche popolari, che a volte si sono trasformate da strumenti essenziali per stimolare le attività produttive nel territorio di riferimento a strumenti di influenza politica, affondano le proprie radici in tempi assai risalenti, in ciò giustificando appieno i tentativi di riforma messi in atto dal Governo nel corso della presente legislatura. A fronte di talune criticità, che tuttora contraddistinguono il sistema bancario italiano, ritiene che le misure adottate dal Governo con il decreto-legge in esame consentano, sia pure in parziale ritardo, l'attivazione di uno strumento assai importante, anche tenuto conto della preoccupante contrazione dei Pag. 38depositi bancari registratasi, anche per effetto della crisi finanziaria, nel corso degli ultimi tempi.
  Per quanto attiene invece alla ristrettezza dei tempi con cui la Camera sarà chiamata ad esaminare nel merito il provvedimento in oggetto, osserva che tale dinamica non costituisce affatto una novità nella prassi parlamentare del sistema bicamerale italiano, a maggior ragione con specifico riferimento alla discussione dei disegni di legge di conversione. Ritiene peraltro che, pur essendo pressoché insussistenti gli spazi per una eventuale modifica del provvedimento presso questo ramo del Parlamento, di per sé tale condizione non preclude lo svolgimento di un dibattito ampio ed approfondito sui temi dallo stesso affrontati, ferma restando la possibilità di intervenire comunque con successivi appositi provvedimenti di legge su talune delle questioni tuttora irrisolte.

  Carlo SIBILIA (M5S), nel condividere le considerazioni del deputato Pesco, sottolinea innanzitutto come la vicenda del Monte dei Paschi di Siena sia emblematica del fallimento della politica, la quale, assoggettando sé stessa al dominio della finanza, ha determinato l'assoluta inefficacia del suo intervento nei confronti del sistema bancario.
  Ritiene infatti evidente come un intervento dello Stato su MPS fosse da tempo necessario e come la situazione della banca fosse ben nota a tutti i soggetti coinvolti nell'attività di controllo e vigilanza sugli istituti bancari.
  Richiama quindi estesamente le dichiarazioni da lui svolte in qualità di socio, nel corso dell'assemblea dei soci di MPS svolta il 16 aprile 2015.
  In tale intervento egli aveva innanzitutto affermato che parlare di MPS ricorda la storia del dito che indica la luna e dello stolto che guarda il dito: laddove il dito è MPS, ma la luna si chiama Banca d'Italia, CONSOB, Governo, Banca Centrale Europea, Ministero dell'Economia.
  Inoltre egli aveva evidenziato la palese continuità della gestione Profumo/Viola con quella di Mussari/Vigni, circostanza del resto non sorprendente, visto che sia Mussari sia Profumo erano stati designati dalla Fondazione MPS guidata da Gabriello Mancini, referente degli accordi intervenuti nel PD tra Siena e Roma, tra D'Alema e Ceccuzzi prima e tra Renzi e Valentini poi.
  Sempre in quell'occasione egli aveva sostenuto come MPS fosse una banca tecnicamente fallita, mantenuta in piedi prima con i soldi dei contribuenti (i 4 miliardi di «Monti Bond») e poi con i soldi di migliaia di piccoli risparmiatori (5 miliardi di aumento capitale andati in fumo in pochi mesi), circostanza compresa da tutti, tranne la Banca d'Italia, la CONSOB, il MEF, la BCE ed il Governo.
  Inoltre, seguendo gli sviluppi delle inchieste della magistratura, nel suo intervento aveva dichiarato che la gestione Profumo/Viola, in continuità con i loro predecessori Mussari/Vigni, continuava a contabilizzare miliardi di derivati come titoli di Stato, a generare perdite miliardarie e soprattutto a guadagnare bonus milionari, richiamando al riguardo il fatto che l'allora amministratore delegato Viola avesse percepito poco meno di sei milioni di euro in tre anni, come ricompensa per i dieci miliardi di perdite di cui aveva «gratificato» gli azionisti e per le migliaia di esuberi di cui aveva «gratificato» i propri dipendenti.
  In tale contesto aveva inoltre segnalato come fosse prioritario far funzionare i meccanismi di controllo, a cominciare dalla Banca d'Italia, in quanto, se nove banche su venticinque a fallire gli stress test in Europa sono italiane, evidentemente il problema da risolvere è quello di avere un'autorità di controllo inefficace, inutile, costosa, vecchia, complice, asservita agli interessi della banche e dei banchieri.
  Al riguarda ricordava infatti come fosse stata la Banca d'Italia guidata da Mario Draghi ad autorizzare l'acquisto di Antonveneta – effettuato senza alcuna due diligence – con un provvedimento firmato di suo pugno il 17 marzo 2008, appena pochi mesi dopo che un'ispezione della Vigilanza aveva individuato seri problemi e carenze nella gestione di Antonveneta, e che era Pag. 39stato sempre sotto la leadership di Mario Draghi che la Banca d'Italia aveva sorvolato sulle frodi finanziarie commesse dalla banca con le operazioni Santorini ed Alexandria, eseguite nel 2008 e nel 2009, le cui anomalie erano ben note alla Banca d'Italia sin dal maggio 2010, quando Draghi rivestiva ancora la carica di Governatore. Al riguardo segnalava come nell'aprile 2012 gli ispettori della Vigilanza avessero segnalato alla CONSOB che la banca contabilizzava miliardi di derivati come titoli di Stato, senza che poi né il Governatore della Banca d'Italia né il Presidente della CONSOB fossero intervenuti per ingiungere alla Banca di correggere i bilanci.
  Sempre in occasione di quell'assemblea egli aveva affermato che, a seguito della voragine di oltre due miliardi creata da quei derivati avevano creato una voragine di oltre due miliardi, la Banca d'Italia aveva «designato» nel Governo Letta, come Ministro dell'economia e delle finanze, Fabrizio Saccomanni, il quale aveva cercato inutilmente, nell'estate 2013, di far approvare dalla Commissione europea due miliardi di aiuti di Stato, sostenendo che si trattasse di titoli di Stato, l'esatto contrario di quello che avevano scritto gli stessi ispettori della Banca d'Italia. Egli aveva sostenuto in quel contesto come il Ministro Fabrizio Saccomanni sapesse benissimo che quelle operazioni erano derivati, essendone stato informato per tempo e avendo firmato di suo pugno, insieme con il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco e con il Presidente della CONSOB Giuseppe Vegas, la circolare che ne spiegava il funzionamento appena qualche mese prima di diventare Ministro dell'Economia. In tale circolare venivano «inventati» i cosiddetti prospetti pro-forma – due rendiconti per contabilizzare miliardi di operazioni ora come titoli di Stato ora come derivati, in contrasto con il requisito principale di un bilancio: la chiarezza.
  Durante l'assemblea egli aveva inoltre affermato come, in ragione di tale comportamento Saccomanni, dopo la sua mancata conferma al MEF, fosse stato gratificato dal Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco con la carica di Direttore Generale Onorario della Banca d'Italia, e che solo grazie all'intervento di un cittadino, l'Ingegner Giuseppe Bivona (un autorevole esperto di finanza che nemmeno le intimidazioni della banca a suon di temerarie denunce milionarie erano riuscite a piegare) la Commissione Europea avesse ordinato, nel novembre 2013, la restituzione degli aiuti o in alternativa la loro conversione secondo quanto previsto dalla normativa europea in caso di aiuti attuati «in modo abusivo», esattamente come lo stesso Bivona aveva sempre sostenuto intervenendo nelle assemblee dei soci di MPS.
  In tale occasione egli denunciava inoltre come la CONSOB avesse nel frattempo approvato il prospetto dell'aumento di capitale compiuto dalla banca nel giugno 2014, inserendo, nella prima pagina del prospetto stesso un'avvertenza del tutto surreale, in cui si affermava che il prospetto medesimo poteva essere vero ma poteva anche essere falso, perché le operazioni in «titoli di Stato», che nel frattempo le due banche realizzatrici (Deutsche Bank e Nomura) e le autorità di controllo estere avevano riconosciuto essere derivati, in effetti potevano non essere titoli di Stato. Rilevava quindi come il prospetto dell'aumento di capitale fosse stato approvato con il solo voto favorevole del Presidente Vegas, in una CONSOB allora costituita da solo due membri, che agiva in regime monocratico, barcamenandosi a suo dire tra gli interessi di Tremonti (Unipol) e quelli di D'Alema (MPS).
  Grazie a tale approvazione, migliaia di piccoli azionisti di MPS hanno investito i loro risparmi comprando azioni MPS nel giugno 2014, vedendo quindi azzerare il valore dei propri risparmi in meno di sei mesi.
  Pertanto in tale assemblea egli aveva evidenziato come la Banca d'Italia e il MEF si fossero preoccupati di far arrivare impropriamente a MPS quattro miliardi di soldi pubblici e come la CONSOB avesse favorito, sempre impropriamente, l'afflusso di cinque miliardi dai privati. Pag. 40
  Tali risorse finanziarie erano serviti, a suo giudizio, per prima cosa a sistemare la situazione delle società di De Benedetti e a pagare il conto dei suoi insuccessi imprenditoriali, dal fallimento di Olivetti a quello di Sorgenia di cui MPS sotto la gestione Mussari/Vigni era diventato il primo finanziatore (per 600 milioni di euro), ricordando come dopo che tale società aveva accumulato debiti per oltre 1,8 miliardi senza poterli minimamente rimborsare, MPS sotto la gestione Profumo/Viola – subito dopo aver completato l'aumento di capitale – ne fosse diventato il primo azionista, azzerando una parte dei debiti.
  In occasione della medesima assemblea egli ricordava che nell'autunno 2014 la vigilanza bancaria europea era passata dalla Banca d'Italia alla BCE, la quale riconosceva che i «titoli di Stato» dell'operazione Nomura in realtà erano sostanzialmente dei derivati, senza tuttavia dal costringere la banca a correggere il bilancio. La stessa BCE, guidata da quel Mario Draghi, che definiva in tale occasione «padrino spirituale» delle operazioni Antonveneta/Alexandria/Santorini, dichiarava di non essere competente in materia di bilanci falsi: in tal modo la BCE affermava che non rientrava nella sua funzione di assicurare una «sana e prudente» gestione delle banche europee quello di ingiungere alla banche di non falsificare i bilanci.
  Al riguardo egli affermava come Mario Draghi applicasse il metodo seguito su tali vicende dalla Banca d'Italia in Europa: in tale contesto egli ricordava che il Capo della Vigilanza della BCE, pochi giorni prima di pubblicare i risultati degli stress test si preoccupava di omaggiare Massimo d'Alema intervenendo (insieme al Vice Direttore Generale della Banca d'Italia Fabio Panetta) a un convegno organizzato dalla sua fondazione a Roma.
  In tutto questo egli lamentava come il Governo guidato dal Presidente Renzi rimanesse del tutto inerte, nonostante lo Stato stesse per diventare azionista e nonostante MPS dovesse rimborsare ancora un miliardo di aiuti di Stato, non preoccupandosi nemmeno di nominare i due commissari allora vacanti della CONSOB per non indebolire il potere del Presidente Vegas, che così avrebbe potuto approvare indisturbato anche il prospetto dell'aumento di capitale, né preoccupandosi che il MEF vigili sulla Fondazione MPS.
  In merito, nel corso della predetta assemblea egli stigmatizzava come, sebbene il TUF preveda che, in caso di gravi perdite patrimoniali e/o illeciti amministrativi, la Banca d'Italia ha facoltà di proporre al Tesoro di commissariare la banca, come avvenuto per Banca di Spoleto, per Banca delle Marche, per Banca popolare dell'Etruria, non si intendesse invece procedere in tal senso per MPS, trattandosi della banca del PD ma anche della banca da cui Berlusconi pagava le cosiddette «olgettine».
  Egli concludeva quindi il suo intervento in assemblea sostenendo come quindici miliardi di perdite in quattro anni, così come tre miliardi di derivati tossici nascosti in bilancio, non fossero risultati sufficienti, né secondo la Banca d'Italia né secondo il MEF, per commissariare MPS, in quanto un accordo tra PD e PDL, ovvero un accordo tra poteri dello Stato e poteri europei (Visco-Vegas-Renzi-Draghi-Padoan) assicurava che MPS potesse continuare a lavare i «panni sporchi» di tali forze politiche in modo del tutto bipartisan, nell'interesse di tutti tranne che dei contribuenti, degli azionisti, dei risparmiatori, dei dipendenti, delle aziende che si vedono revocare i fidi e delle famiglie a cui non vengono concessi mutui.
  Ritiene quindi che la storia di MPS sia la storia del Paese: una banca morta (ovvero un Paese morto) governata da zombie che vagano tra Roma a Francoforte, portatori solo del proprio interesse.
  Nel ribadire la gravità della situazione del MPS, la quale, come testimoniato dal suo intervento nell'assemblea della stessa banca, risultava nota da molti anni a livello istituzionale, richiama altresì la grave responsabilità del Governo, il quale, in occasione dell'azione di responsabilità promossa contro il management e il direttore generale Fabrizio Viola durante l'assemblea dei soci tenutasi nell'aprile 2016, Pag. 41nonostante le evidenti responsabilità dei vertici nel dissesto della banca, espresse, per il tramite del MEF, voto contrario contro la predetta azione, così rendendo palese ai cittadini la volontà dell'Esecutivo di coprire le predette responsabilità.
  Evidenzia quindi come, alla luce di tali fatti, noti da molti anni, fosse imprescindibile il ricorso all'amministrazione straordinaria di MPS, per fare chiarezza sulla gestione della banca e ricondurla alla normalità. Tale complessivo giudizio negativo sull'azione dei poteri pubblici nei confronti di MPS si riverbera inevitabilmente anche sul contenuto del decreto-legge in esame, evidenziando, in primo luogo, come non sia ancora chiaro se la Commissione europea abbia espresso il proprio assenso alle misure contenute nel provvedimento, sotto il profilo della loro compatibilità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.
  In tale contesto, assolutamente opaco, esprime quindi la convinzione che il provvedimento costituisca l'ennesimo regalo della politica ai banchieri che hanno finora gestito MPS, concedendo 8 miliardi di soldi pubblici ad una banca che tra pochi mesi avrà bisogno di ulteriori aiuti statali.
  Sottolinea inoltre come l’ex Presidente del Consiglio, Renzi, abbia utilizzato la vicenda MPS come strumento di pressione politica in suo favore in occasione del referendum costituzionale del 4 dicembre scorso, anche attraverso rapporti assai poco trasparenti con gli intermediari finanziari che sarebbero dovuti intervenire per acquisire gli NPL di MPS.
  Ritiene quindi che l'esame del decreto-legge debba costituire l'occasione per affrontare seriamente tali questioni e per costringere il Governo a rivedere radicalmente la sua posizione in materia.

  Michele PELILLO (PD) sottolinea innanzitutto la difficoltà del momento storico e la sua influenza sul sistema bancario, che ha subito rilevanti trasformazioni nel corso degli ultimi anni. Di tali trasformazioni non ha potuto non tener conto il legislatore, come dimostrano i numerosi interventi in materia di credito e banche succedutisi in questa legislatura. Lo scenario appare quindi nuovo, complesso e difficile e non riesce a condividere le certezze espresse da molti esponenti politici in questo contesto. Afferma infatti che la sua unica certezza consiste nella necessità di impegnarsi profondamente per riuscire a prendere decisioni appropriate ai problemi esistenti.
  Osserva con rammarico come le questioni emerse nel settore bancario siano state molto frequentemente utilizzate come strumenti di lotta politica, mediante la diffusione di false interpretazioni delle disposizioni introdotte, che poi risulta difficile far comprendere nella loro reale portata. D'altro canto fa presente come tutte le volte in cui sia stata realizzata una vera collaborazione tra gli esponenti dei diversi schieramenti i risultati siano stati più che soddisfacenti per tutti.
  Segnala come sia difficile, in questo clima polemico e pronto alla strumentalizzazione, trovare un punto di equilibrio in merito agli interventi da realizzare.
  Prosegue sottolineando una contraddizione nelle critiche espresse circa le modalità dell'intervento in discussione. Da una parte infatti si sostiene che il provvedimento sia stato emanato troppo tardi, dall'altra si evidenzia che sono già presentate diverse questioni pregiudiziali le quali, come molto frequentemente avviene, riguarderanno probabilmente l'utilizzo dello strumento della decretazione di urgenza. Si chiede quindi rispetto a cosa si affermi che l'intervento in questione sia tardivo.
  Sottolinea come il nostro sistema bancario si sia dimostrato più solido di quelli di molti altri Paesi, per una minore diffusione degli strumenti speculativi, in particolare dei derivati. La redditività delle nostre maggiori banche non è molto elevata, ma il sistema nel suo complesso non ha subito particolari contraccolpi dalla crisi internazionale del settore. Solo recentemente, nello scorso mese di luglio, gli stress test hanno rilevato problemi per il Monte dei Paschi di Siena, qualora si verificassero scenari molto avversi. In tale Pag. 42situazione, secondo quanto prevede la normativa europea, è stato sollecitato l'intervento del mercato, e la procedura avviata avrebbe potuto avere successo se la successiva instabilità politica non ne avesse pregiudicato la realizzazione. Solo dopo l'esperimento di questo tentativo di ricapitalizzazione privata si è potuto intervenire con il provvedimento normativo oggi in discussione che, a suo avviso, è stato ben predisposto e successivamente migliorato e arricchito nel corso dell'esame presso il Senato, in particolare con l'aggiunta dell'importante intervento sul tema dell'educazione finanziaria, rivolto a giovani e adulti, che consentirà nel prossimo futuro di porre i cittadini nella condizione di comprendere al meglio un mercato finanziario sempre più complicato.
  Augurandosi quindi un proficuo dibattito, si dichiara disponibile a un ampio confronto sia nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite, sia in Assemblea.

  Edoardo FANUCCI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare sul provvedimento.
  Ricorda inoltre che, secondo quanto preannunziato al termine dell'odierna seduta dell'Assemblea, l'avvio della discussione in Assemblea sul provvedimento, già fissato per lunedì 13 febbraio, è stato posticipato alla mattina di martedì 14 febbraio.
  Informa quindi che, come convenuto nell'odierna riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 9,30 di lunedì 13 febbraio, che gli eventuali giudizi di inammissibilità delle proposte emendative saranno dichiarati in una seduta da convocare alle 15 di lunedì 13, che il termine di presentazione dei ricorsi avverso i predetti giudizi di inammissibilità è fissato alle ore 15,30 della medesima giornata e che l'esame degli emendamenti stessi avrà luogo a partire dalle 16,30 della stessa giornata di lunedì.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia pertanto il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 17.50.