CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 24 gennaio 2017
753.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

  Martedì 24 gennaio 2017.

Audizione di rappresentanti di Federacciai, nell'ambito dell'esame congiunto della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio «Verso una politica commerciale solida per l'UE nell'interesse della crescita e dell'occupazione» (COM(2016) 690 final) e della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell'Unione europea (COM(2016) 721 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 13.05 alle 13.45.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e UGL nell'ambito dell'esame congiunto della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio «Verso una politica commerciale solida per l'UE nell'interesse della crescita e dell'occupazione» (COM(2016) 690 final) e della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio Pag. 179che modifica il regolamento (UE) 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea e il regolamento (UE) 2016/1037 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell'Unione europea (COM(2016) 721 final).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 13.45 alle 14.20.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 24 gennaio 2017. — Presidenza del vicepresidente Ignazio ABRIGNANI.

  La seduta comincia alle 14.20

Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.
C. 3671-bis Governo e abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Luigi TARANTO (PD), relatore, espone in sintesi i contenuti del provvedimento in titolo.
  Ricorda, in particolare che la X Commissione è chiamata ad esprimere il prescritto parere, alla II Commissione Giustizia sul disegno di legge di delega al Governo in materia di riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, come risultante dell'esame degli emendamenti presso la commissione di merito.
  Evidenzia che l'originario disegno di legge A.C. 3671, contenente una ampia delega per la riforma delle disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza, è stato presentato dal Governo alla Camera l'11 marzo 2016 ed è stato assegnato in sede referente alla Commissione Giustizia. Trattando in realtà non solo del fallimento ma, più in generale, di tutte le procedure di insolvenza, il disegno di legge è stato stralciato (18 maggio 2016) così da poter assegnare alla Commissione Attività produttive la disposizione (articolo 15) relativa all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (A.C. 3671-ter) e da lasciare alla Commissione Giustizia il restante contenuto della riforma (A.C. 3671-bis).
  I principali profili innovativi del disegno di legge di riforma delle procedure concorsuali, anche a seguito delle modifiche apportate dalla Commissione, appaiono i seguenti: nel generale quadro di favore per gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi, viene introdotta una fase preventiva di «allerta», finalizzata all'emersione precoce della crisi d'impresa e ad una sua risoluzione assistita; la facilitazione, nello stesso quadro, all'accesso ai piani attestati risanamento e agli accordi di ristrutturazione dei debiti; la semplificazione delle regole processuali con la riduzione delle incertezze interpretative, anche di natura giurisprudenziale, che nuocciono alla celerità delle procedure concorsuali; in caso di sbocco giudiziario della crisi è prevista, in particolare, l'unicità della procedura destinata all'esame di tutte le situazioni di crisi e di insolvenza; dopo una prima fase comune, la procedura potrà, seconda i diversi casi, evolvere nella procedura conservativa o in quella liquidatoria; la revisione della disciplina dei privilegi – ritenuta ormai obsoleta – che, tra le maggiori novità, prevede un sistema di garanzie mobiliari non possessorie; l'individuazione del tribunale competente in relazione alle dimensioni e tipologia delle procedure concorsuali; in particolare, le procedure di maggiori dimensioni sono assegnate al tribunale delle imprese (a livello di distretto di corte d'appello); l'eliminazione della procedura fallimentare e la sua sostituzione con quella di liquidazione giudiziale; tale strumento vede, in particolare, il curatore come dominus della procedura e, come possibile sbocco (in caso di afflusso di nuove risorse), anche un concordato di natura liquidatoria; una rivisitazione, sulla base delle prassi verificate e delle Pag. 180criticità emerse, della normativa sul concordato preventivo, lo strumento ritenuto più funzionale tra quelli concorsuali attualmente vigenti; la sostanziale eliminazione come procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa, che residua unicamente come possibile sbocco dei procedimenti amministrativi volti all'accertamento e alla sanzione delle gravi irregolarità gestionali dell'impresa; la previsione di una esdebitazione di diritto (non dichiarata, quindi, dal giudice) per le insolvenze di minori dimensioni le modifiche alla normativa sulle crisi da sovraindebitamento, sia per coordinarla con la riforma in essere che per il sostanziale fallimento dell'istituto introdotto dalla legge n. 3 del 2012; colmando una lacuna dell'attuale legge fallimentare, viene introdotta una specifica disciplina di crisi e insolvenza dei gruppi di imprese.
  L'articolo 1 delega il Governo ad emanare – entro 12 mesi dall'entrata in vigore della legge – uno o più decreti legislativi (comma 1) per riformare: le procedure concorsuali (Regio decreto n. 267 del 1942, cosiddetta Legge fallimentare); la disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge n. 3 del 2012); l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (decreto legislativo n. 270 del 1999, cosiddetto Prodi-bis; decreto-legge n. 347 del 2003, cosiddetto Marzano). A seguito dello stralcio, i principi ai quali dovrà attenersi il Governo nell'esercizio di questa delega sono ora contenuti nella parte del disegno di legge all'esame della Commissione Attività produttive (A.C. 3671-ter); il sistema dei privilegi e delle garanzie.
  Il comma 2 precisa che nell'esercizio della delega il Governo deve «tenere conto» della normativa UE (sono espressamente richiamati il Regolamento (UE) 2015/848, del 20 maggio 2015, sulle procedure di insolvenza e la Raccomandazione della Commissione europea n. 2014/135/UE, del 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all'insolvenza), nonché dei principi elaborati della model law elaborati in materia di insolvenza dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL).
  Il comma 3 delinea il procedimento per l'emanazione dei decreti legislativi di attuazione della delega, prevedendo: la proposta del Ministro della giustizia. Il provvedimento, nonostante lo stralcio, fa ancora riferimento al riordino dell'amministrazione delle grandi imprese in crisi, per il quale richiede che la proposta venga dal Ministro dello sviluppo economico; occorrerà il concerto con i Ministri dell'economia e del lavoro; il parere delle competenti commissioni parlamentari; se il termine per l'espressione del parere scade nei trenta giorni antecedenti lo spirare del termine per l'esercizio della delega, o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di 60 giorni.
  L'articolo 2 del disegno di legge, che individua i principi generali sui quali si fonda la riforma, interviene anzitutto sul lessico della riforma, prevedendo la sostituzione del termine «fallimento», con tutti i suoi derivati, con l'espressione «liquidazione giudiziale» (lettera a)). La modifica terminologica dovrà operare anche in relazione alle disposizioni penali contenute nella legge fallimentare, garantendo comunque la continuità delle fattispecie.
  Il Governo dovrà inoltre eliminare dalla disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, la dichiarazione di fallimento d'ufficio, attualmente disciplinata dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 270 del 1999 (lettera b)); verrà così meno l'unica ipotesi di fallibilità di ufficio prevista nel nostro ordinamento.
  La riforma dovrà inoltre distinguere i concetti di stato di crisi e di insolvenza, configurando la crisi come probabilità di futura insolvenza (lettera c)). Se il concetto di crisi dovrà essere definito dal legislatore delegato, anche tenendo conto delle elaborazioni della scienza aziendalistica (come specificato dalla Commissione di merito), per quello di insolvenza si dovrà confermare l'attuale nozione contenuta nella legge fallimentare, in base alla quale «lo stato d'insolvenza si Pag. 181manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni» (articolo 5, Regio decreto n. 267 del 1942).
  Quanto alle procedure, la lettera d) delega il Governo ad adottare un unico modello processuale per l'accertamento dello stato di crisi o dello stato di insolvenza. Si desume quindi che a seguito di un procedimento unitario dovrà essere l'autorità giudiziaria a classificare la sofferenza dell'impresa o del singolo debitore come crisi ovvero come insolvenza, sulla base delle possibilità di recupero economico del debitore. Il modello processuale dovrà ricalcare il procedimento per la dichiarazione di fallimento attualmente disciplinato dall'articolo 15 della legge fallimentare. Il procedimento dovrà caratterizzarsi per particolare celerità, anche nella fase di reclamo contro il provvedimento che dichiara la crisi o l'insolvenza. Inoltre, la riforma dovrà: prevedere la legittimazione ad agire, per la richiesta di apertura della procedura, dei soggetti con funzioni di controllo o vigilanza dell'impresa, oltre che del PM che abbia notizia di uno stato di insolvenza; disciplinare le misure cautelari, attribuendone la competenza anche alla corte d'appello; armonizzare il regime delle impugnazioni, con riferimento tra l'altro all'efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di omologazione del concordato.
  La lettera e) chiarisce che a tale modello processuale unitario dovranno essere assoggettate tutte le categorie di debitori, con la sola esclusione degli enti pubblici. A fronte di un avvio processuale unitario, alla diversa natura dei debitori dovranno corrispondere diversi esiti processuali, che tengano conto delle peculiarità oggettive e soggettive. La delega specifica che al c.d. piccolo imprenditore (ovvero all'imprenditore che ha un profilo dimensionale inferiore ai parametri individuati dall'articolo 1 della legge fallimentare) deve essere applicata la disciplina dettata per i debitori civili, i professionisti ed i consumatori.
  Entrando più nel dettaglio, la lettera f) delega il Governo a individuare l'autorità giudiziaria territorialmente competente ricorrendo alla nozione di «centro degli interessi principali del debitore». Il Governo dovrà dunque applicare l'articolo 3 del Regolamento (UE) 2015/848 del 20 maggio 2015, che definisce il centro degli interessi principali come il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.
  Saranno conseguentemente i giudici competenti per il territorio ove è situato tale centro d'interessi ad essere titolari dell'apertura della procedura d'insolvenza.
  Il Governo dovrà inoltre: prevedere priorità per la trattazione delle proposte che assicurino la continuità aziendale, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio (lettera g)). La Commissione di merito ha bilanciato le esigenze di continuità aziendale con quelle di garanzia di miglior soddisfacimento dei creditori richiedendo che la convenienza della continuità aziendale rispetto alla possibile liquidazione giudiziale sia esplicitata nel piano; uniformare, semplificando, la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale (lettera h)); prevedere che la notificazione degli atti nei confronti del debitore professionista o imprenditore venga effettuata attraverso posta elettronica certificata, attingendo all'anagrafe degli indirizzi già attualmente disciplinata. Laddove tale notifica sia impossibile, gli atti da notificare dovranno essere inseriti in apposita area del sito di Infocamere; spetterà al Governo disciplinare questa particolare modalità di notificazione introdotta nel corso dell'esame del disegno di legge in Commissione (lettera h-bis)); ridurre la durata delle procedure concorsuali (lettera i)); ridurre i costi delle procedure concorsuali (lettera i)). In particolare, la delega prevede di responsabilizzare gli organi di gestione e di contenere le ipotesi di prededuzione Pag. 182per evitare che il pagamento dei crediti prededucibili (i primi a dover essere soddisfatti in sede di ripartizione dell'attivo fallimentare) assorba sostanzialmente tutto l'attivo delle procedure. In merito dovranno essere rivisti i compensi dei professionisti.
  Il Governo dovrà inoltre riformulare le disposizioni che hanno dato luogo a contrasti interpretativi (lettera l)).
  Quanto all'individuazione dei giudici competenti a conoscere delle procedure di insolvenza, la delega stabilisce il principio della specializzazione dei giudici (lettera m)). Il Governo dovrà individuare il tribunale competente seguendo i seguenti criteri: le procedure di insolvenza relative alle grandi imprese (tali sono sia i gruppi di imprese di rilevante dimensione sia le imprese già in amministrazione straordinaria) dovranno essere attribuite alla competenza dei tribunali che attualmente sono sede di sezione specializzata in materia di impresa (n. 1); le procedure di insolvenza relative a consumatori, professionisti e cosiddetti piccoli imprenditori, dovranno essere attribuite alla competenza dei tribunali circondariali, mantenendo invariata la competenza attuale per le procedure di sovraindebitamento (n. 2); le procedure di insolvenza relative alle imprese diverse da quelle indicate ai numeri 1) e 2) dovranno essere attribuite dal Governo ad alcuni specifici tribunali, individuati sulla base di una serie di parametri (n. 3). Sul punto è intervenuta la Commissione di merito introducendo una serie di indicatori volti a orientare il Governo nell'individuazione dei tribunali competenti: dovrà essere valutato il numero di giudici previsti dalla pianta organica del tribunale, le procedure concorsuali incardinate e definite negli ultimi 5 anni e la loro durata, il rapporto tra i dati del singolo tribunale e la media nazionale, il numero delle imprese iscritte nel registro delle imprese in rapporto alla popolazione residente nel circondario. Il disegno di legge delega inoltre il Governo a rivedere gli organici dei tribunali la cui competenza sarà ampliata a seguito della riforma (lettera m)).
  Il Governo è inoltre delegato a istituire presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti abilitati a svolgere – anche in forma associata o societaria (come specificato dalla Commissione) – funzioni di gestione e controllo nell'ambito delle procedure concorsuali (lettera n)), disciplinando i requisiti richiesti per l'iscrizione. Questa disposizione è assistita da una autonoma norma di copertura finanziaria. Il comma 2 dell'articolo 2, infatti, autorizza la spesa di 100 mila euro per il 2017.
  Infine, la lettera o) chiama il Governo ad armonizzare le procedure di crisi e di insolvenza con la tutela dell'occupazione e del reddito dei lavoratori.
  Il Capo II del provvedimento detta principi e criteri direttivi per la riforma della disciplina delle procedure di crisi e dell'insolvenza.
  In particolare, l'articolo 3 – non modificato dalla Commissione di merito – detta principi e criteri direttivi per la disciplina alla crisi del gruppo societario, prefigurando disposizioni volte a consentire lo svolgimento di una procedura unitaria per la trattazione dell'insolvenza delle società del gruppo e prevedendo, comunque, che anche in caso di procedure distinte che si svolgano in sedi giudiziarie diverse, vi siano obblighi di reciproca informazione a carico degli organi procedenti.
  In particolare, il comma 1 detta una serie di principi generali relativi all'insolvenza di una o più imprese appartenenti a un gruppo societario. In primo luogo (lettera a), il Governo è delegato a definire il concetto di «gruppo di imprese», ai fini dell'applicazione delle procedure concorsuali. In particolare, dovrà modellare la definizione di gruppo di imprese su quelle previste dal codice civile di direzione e coordinamento (articoli 2497 e seguenti) e di gruppo cooperativo paritetico (articolo 2545-septies). Il legislatore delegato dovrà inoltre introdurre una presunzione semplice di assoggettamento a tale direzione e coordinamento in presenza di un rapporto di controllo, come definito dall'articolo 2359 del codice civile.Pag. 183
  Il Governo dovrà inoltre: prevedere a carico delle imprese appartenenti al gruppo specifici obblighi dichiarativi nonché, se redatto, il deposito del bilancio consolidato di gruppo. Dovranno dunque essere palesati i legami di gruppo esistenti «in vista del loro assoggettamento a procedure concorsuali» (lettera b)); consentire all'autorità giudiziaria competente per la procedura concorsuale (lettera c)) di rivolgersi alla CONSOB o a qualsiasi altra autorità pubblica in possesso di informazioni al fine di verificare l'esistenza di legami di gruppo o di richiedere alle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari delle azioni o quote (la disposizione fa riferimento a quelle imprese che, previa autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, assumono l'impegno di amministrazione di beni nonché di attività patrimoniali e finanziarie per conto terzi); prevedere, se sono più di una le imprese del gruppo che si trovano in crisi, la possibilità di presentare una sola domanda con la quale chiedere l'omologazione di un accordo unitario di ristrutturazione dei debiti, l'ammissione al concordato preventivo o la liquidazione giudiziale. Presupposto per il ricorso unico è che si tratti di imprese del gruppo con sede legale in Italia; spetterà al Governo introdurre, in caso di sede in circoscrizioni giudiziarie diverse, un criterio per l'individuazione del tribunale competente. La delega precisa inoltre che il ricorso unitario non comporta il venire meno dell'autonomia delle masse attive e passive di ciascuna impresa (lettera d)); prevedere, quando le procedure concorsuali relative a imprese del medesimo gruppo sono distinte, che gli organi di gestione delle procedure debbano collaborare e scambiare informazioni (lettera e)); prevedere che i finanziamenti all'impresa in crisi provenienti da altre società o imprese del gruppo siano in sede di rimborso posposti di grado (postergati) se sussistono i presupposti per la postergazione di cui all'articolo 2467 del codice civile. Tale principio generale può essere derogato se, nell'ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, è necessario favorire l'erogazione di finanziamenti intragruppo.
  Il comma 2 individua specifici principi e criteri direttivi per la gestione unitaria del concordato preventivo di gruppo. In particolare, il Governo dovrà prevedere un'unica autorità giudiziaria competente a gestire la procedura, un unico commissario giudiziale e il deposito in un unico fondo per le spese di giustizia (lettera a)); il piano unitario di risoluzione della crisi dovrà essere predisposto sulla base di criteri definiti dal legislatore delegato, che potranno prevedere operazioni organizzative e contrattuali intragruppo finalizzate alla continuità aziendale, garantendo tutela ai soci e ai creditori di ciascuna singola impresa del gruppo (lettera f)); In base al principio che vuole mantenute autonome le masse attive e passive delle singole imprese, la votazione della proposta di concordato da parte dei creditori delle imprese del gruppo sarà contestuale ma separata (lettera b)); dovranno essere escluse dal voto le imprese del gruppo che vantino crediti verso le altre imprese assoggettate alla procedura (lettera d)); in caso di omologazione, dovranno infine essere disciplinati gli effetti dell'annullamento o della risoluzione della proposta unitaria omologata (lettera c)).
  Il comma 3 detta invece principi e criteri direttivi per la gestione unitaria della liquidazione giudiziale di gruppo. Anche per questa procedura si prevede (lettera a)) un solo giudice delegato e un solo curatore, ma si specifica che i comitati dei creditori restano distinti (uno per ciascuna impresa del gruppo). Il Governo dovrà inoltre: individuare dei criteri di ripartizione proporzionale dei costi della procedura tra le diverse imprese partecipanti (lettera b)); disciplinare eventuali proposte di concordato liquidatorio giudiziale (lettera d)); attribuire al curatore al attribuire al curatore alcuni poteri da esercitare anche rispetto alle imprese del gruppo non insolventi (lettera c)).
  Con l'articolo 4 il disegno di legge delega prevede, sulla scorta delle raccomandazioni Pag. 184UE e delle linee guida internazionali, l'introduzione di una fase preventiva di allerta, volta ad anticipare l'emersione della crisi. Essa è concepita quale strumento stragiudiziale e confidenziale di sostegno alle imprese, diretto a una rapida analisi delle cause del malessere economico e finanziario dell'impresa, destinato a sfociare in un servizio di composizione assistita della crisi. Lo strumento, che può essere attivato tanto volontariamente dal debitore (v. infra, lettera a)) ovvero l'ufficio dal tribunale, allertato da creditori pubblici (v. infra, lettera d)), sfocia in caso di mancata collaborazione dell'imprenditore in una dichiarazione pubblica di crisi. In particolare, la procedura di allerta dovrà essere disciplinata dal Governo nel rispetto dei seguenti principi, sui quali è ampiamente intervenuta la Commissione Giustizia: individuazione delle imprese alle quali non si applica la disciplina della procedura di allerta. La Commissione di merito ha infatti escluso la fase preventiva per le società quotate in mercati regolamentati e per le imprese definite grandi dalla normativa UE (lettera 0a)); attribuzione della competenza per l'assistenza al debitore nella procedura a una apposita sezione degli organismi di composizione della crisi, già previsti dalla legge sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento (legge n. 3 del 2012 e regolamento attuativo DM n. 202 del 2014) (lettera a)). La Commissione ha maggiormente delineato i contorni della procedura prevedendo: la scelta da parte del debitore dell'organismo di composizione della crisi e, all'interno di esso, di uno specifico esperto; un termine massimo di 6 mesi per le trattative volte a raggiungere una soluzione concordata della crisi con i creditori; la necessaria disciplina del rapporto tra gli atti compiuti nella fase di allerta e l'eventuale successiva fase giudiziale; l'obbligo per l'organismo di composizione della crisi di segnalare al PM il mancato raggiungimento di un accordo con i creditori; previsione, a carico degli organi di controllo societari e degli organi di revisione, dell'obbligo di avvisare immediatamente gli amministratori dell'esistenza di indizi di uno stato di crisi. Se all'avviso gli amministratori non daranno risposta o daranno risposta inadeguata, gli stessi organi di controllo dovranno rivolgersi direttamente al tribunale competente (lettera b)). Il testo del disegno di legge prevedeva invece che dovesse essere avvisato il competente organismo di composizione della crisi; previsione, a carico di alcuni creditori pubblici qualificati (come, ad esempio l'Agenzia delle entrate, gli agenti della riscossione e gli enti previdenziali) dell'obbligo di segnalare immediatamente agli organi di controllo della società e al tribunale competente «il perdurare di inadempimenti di importo rilevante». Come specificato dalla Commissione, il rilievo dell'importo andrà apprezzato in termini relativi, ovvero tenuto conto delle caratteristiche dell'impresa. In particolare, i creditori pubblici dovranno prima avvisare la società del carattere rilevante del debito accumulato e, se questa non adempierà alle obbligazioni ovvero non attiverà le procedure di composizione della crisi, dovranno segnalare l'inadempimento agli organi di controllo della società e al presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale; convocazione immediata del debitore e – se previsti – degli organi di controllo della società da parte del presidente della sezione del tribunale (lettera d)). La convocazione dovrà essere riservata e confidenziale, eventualmente anche esterna all'ufficio giudiziario. La convocazione è finalizzata a individuare, previa verifica della situazione economica, le misure più idonee per uscire dallo stato di crisi; decisione del tribunale di affidare l'incarico di risolvere la crisi a un esperto iscritto all'apposito albo ministeriale; termine massimo di 6 mesi per trovare un accordo con i creditori; successiva verifica da parte del tribunale dell'attuazione delle misure concordate con pubblicazione della relazione che rilevi un esito negativo della fase di allerta nel registro delle imprese (lettera e)); definizione delle Pag. 185condizioni in base alle quali gli atti della procedura stragiudiziale potranno essere utilizzati nell'eventuale fase giudiziale (lettera e)); possibilità per il debitore di rivolgersi alla sezione specializzata del tribunale per chiedere «misure protettive» necessarie a concludere l'accordo stragiudiziale. Il Governo dovrà disciplinarne la durata, gli effetti e la pubblicità, nonché la revocabilità in caso di atti in frode ai creditori. La Commissione ha specificato che la revoca delle misure potrà essere disposta anche a fronte di una prognosi negativa sulla possibile soluzione stragiudiziale resa dall'esperto (lettera f)); previsione di misure premiali per l'imprenditore che si rivolge tempestivamente alla procedura di allerta (lettera g)) o che tempestivamente si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi. In particolare, la Commissione Giustizia, oltre ad aver escluso misure sanzionatorie per coloro che non tengono tali condotte, ha specificato che le misure premiali possono avere carattere patrimoniale o attenere alla responsabilità personale. In quest'ultimo caso viene infatti delegato il Governo a prevedere per l'imprenditore che si affida tempestivamente alla composizione assistita della crisi un esonero dalla responsabilità penale per i delitti previsti dalla legge fallimentare (se il danno patrimoniale è di speciale tenuità), attenuanti per tutti gli altri reati e riduzioni di interessi e sanzioni relativi ai debiti fiscali dell'impresa. Il requisito della tempestività dovrà essere meglio specificato dal legislatore delegato sulla base di alcuni parametri individuati dalla delega.
  L'articolo 5 – non modificato nel corso dell'esame in Commissione – detta principi e criteri direttivi volti all'incentivazione di tutti gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi, già attualmente disciplinati dal legislatore.
  Si tratta, in particolare: degli accordi di ristrutturazione dei debiti, previsti dall'articolo 182-bis della Legge fallimentare, all'interno del titolo III sul concordato preventivo. Si tratta di uno strumento per la risoluzione negoziale della crisi dell'impresa che attribuisce all'imprenditore in stato di crisi la facoltà di domandare l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti, stipulato con i creditori rappresentanti almeno il 60 per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei, nel rispetto dei termini indicati (120 giorni dall'omologazione per i crediti già scaduti a quella data; 120 giorni dalla scadenza per i crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione); dei piani attestati di risanamento, previsti dall'articolo 67, terzo comma, lettera d), della Legge Fallimentare; dalle convenzioni di moratoria, previste dall'articolo 182-septies della Legge fallimentare.
  Nell'esercizio della delega il Governo è chiamato a: estendere l'applicazione delle convenzioni di moratoria anche a creditori diversi da banche e intermediari finanziari, fermo restando il requisito della conclusione dell'accordo con creditori che rappresentino almeno il 75 per cento del passivo riconducibile a una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee (lettera a)); modificare la disciplina dell'accordo di ristrutturazione dei debiti eliminando o riducendo il limite del 60 per cento dei crediti oggi richiesto per poter omologare l'accordo di ristrutturazione dei debiti. L'abbassamento della percentuale dei crediti aderenti all'accordo ha come presupposto l'esclusione della moratoria del pagamento dei creditori estranei e l'esclusione delle misure protettive (blocco delle procedure esecutive) del patrimonio del debitore (lettera b)); assimilare la disciplina delle misure protettive previste negli accordi di ristrutturazione dei debiti a quella delle misure protettive previste nell'ambito del concordato preventivo (lettera c)); estendere gli effetti dell'accordo di ristrutturazione dei debiti ai soci illimitatamente responsabili, come avviene nel concordato preventivo (lettera d)); prevedere che il piano attestato di risanamento, previsto dall'articolo 67, terzo comma, Pag. 186della Legge fallimentare, abbia forma scritta, data certa e contenuto analitico (lettera e)); prevedere, tanto in relazione al piano attestato di risanamento, quanto in relazione all'accordo di ristrutturazione dei debito, che in caso di modifiche non marginali sia necessario rinnovare l'attestazione da parte del professioni L'articolo 6 detta principi e criteri direttivi per la riforma dell'istituto del concordato preventivo (comma 1), oggi disciplinato dagli articoli 160 e seguenti della legge fallimentare.
  A seguito delle modifiche apportate, il Governo dovrà consentire concordati di natura liquidatoria quando siano ritenuti, per l'apporto di risorse esterne, necessari a soddisfare in modo apprezzabile i creditori, e comunque tali da assicurare il pagamento del 20 per cento dei crediti chirografari (lettera a)).
  Il Governo dovrà inoltre: riconoscere anche al terzo la possibilità di promuovere il concordato quando sia stata accertata l'insolvenza del debitore. L'iniziativa del terzo è riferita non solo – come attualmente previsto – alla presentazione di proposte concorrenti all'interno di un procedimento concordatario che solo al debitore è consentito attivare, bensì anche alla proposizione della stessa domanda di ammissione alla procedura di concordato. Il Governo dovrà disciplinare la legittimazione del terzo nel rispetto dei principi del contraddittorio, garantendo una tutela al debitore per l'eventuale inadempimento del terzo (lettera b)); riformare le misure protettive (v. sopra, articolo 5, lettera c)), con particolare riferimento alla loro durata, prevedendone la revocabilità su ricorso degli interessati (lettera c)); ridefinire le modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali riportati nel piano e della sua fattibilità (lettera d)) disciplinare l'entità massima dei compensi dei professionisti incaricati dal debitore, parametrandoli all'attivo dell'impresa soggetta alla procedura. La Commissione Giustizia ha specificato che i crediti dei professionisti sorti a seguito della procedura di concordato potranno essere considerati prededucibili solo quando la procedura è aperta dal tribunale a norma dell'articolo 163 della legge fallimentare (lettera d)); individuare i casi nei quali sarà obbligatorio dividere i creditori in classi, in base alla posizione giuridica e all'omogeneità degli interessi economici. La divisione in classi dovrà comunque essere obbligatoria in presenza di creditori assistiti da garanzie esterne. L'obiettivo è strutturare il sistema delle maggioranze, presupponendo l'omogeneità delle posizioni dei votanti e dunque la comunanza di interessi tra i componenti di un gruppo (lettera e)); determinare i poteri del tribunale in ordine alla verifica della fattibilità del piano (lettera f)); eliminare l'adunanza dei creditori, disciplinando modalità telematiche per consentire ai creditori di dibattere sulle proposte e esprimere il proprio voto (lettera g)); consentire, quando un solo creditore è titolare di crediti pari alla maggioranza degli ammessi al voto, il calcolo delle maggioranze «per teste», disciplinando il conflitto di interessi (lettera g)); disciplinare il diritto di voto dei creditori con diritto di prelazione, il cui pagamento sia dilazionato, e dei creditori soddisfatti con utilità diverse dal denaro (lettera h)); rivedere l'attuale disciplina dei rapporti pendenti, con riferimento alla loro possibile sospensione e scioglimento, al ruolo del commissario giudiziale, alla competenza per la determinazione dell'indennizzo (lettera i)); integrare la disciplina del concordato con continuità aziendale prevedendo che il piano possa prevedere una moratoria per il pagamento dei creditori privilegiati, di durata anche superiore all'anno. La Commissione di merito, che ha inserito questo principio, ha altresì previsto che questa disciplina possa essere applicata anche quando l'azienda sia oggetto di contratto di affitto e quando il concordato prevede unitamente alla continuità aziendale anche la liquidazione dei beni non funzionali all'impresa (lettera i-bis)); disciplinare in modo dettagliato la fase di esecuzione del piano, con particolare riferimento alla deroga all'articolo 2560 c.c. (lettera l)), che esclude la liberazione dell'alienante dai debiti relativi all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori Pag. 187al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un'azienda commerciale, degli stessi debiti risponde anche l'acquirente se essi risultano dalle scritture contabili obbligatorie; prevedere la possibilità per il tribunale di affidare ad un terzo l'esecuzione della proposta concordataria (lettera l)); riformare la disciplina della revoca, dell'annullamento e della risoluzione del concordato preventivo, consentendo al commissario giudiziale di attivarsi per la risoluzione per inadempimento, su istanza del creditore (lettera m)). Attualmente la risoluzione può essere chiesta da ciascun creditore in base all'articolo 137 LF; stabilire i presupposti per estendere il beneficio dell'esdebitazione ai soci illimitatamente responsabili (lettera n)); riordinare la disciplina dei finanziamenti alle imprese in crisi (lettera o)). La Commissione Giustizia ha precisato che dovrà essere riconosciuta stabilità alla prededuzione dei finanziamenti autorizzati dal giudice in caso di successiva liquidazione giudiziale, salvo il caso di atti in frode dei creditori; disciplinare il trattamento del credito da IVA, tenendo conto delle sentenze della Corte di giustizia UE (lettera p)).
  Il comma 2 detta specifici principi e criteri direttivi per il concordato preventivo delle società. La riforma è volta, in particolare, a individuare una disciplina maggiormente dettagliata per questi concordati che, pur rappresentando oggi la maggioranza dei casi, non trovano nella legge fallimentare una autonoma considerazione. In particolare il Governo è chiamato a disciplinare compiutamente presupposti, legittimazione ed effetti dell'azione di responsabilità e dell'azione dei creditori della società (lettera a)).
  A seguito dell'omologazione della proposta di concordato, inoltre, il tribunale dovrà nominare un amministratore provvisorio che adempia all'obbligo di attuare tempestivamente i contenuti della proposta. L'amministratore avrà i poteri dell'assemblea dei soci e potrà sostituirsi ai soci nell'esercizio del voto (lettera b)). Infine, il Governo dovrà disciplinare l'eventuale trasformazione, fusione o scissione che si verifichi nel corso della procedura, prevedendo (lettera c)): che i creditori possano proporre opposizione solo in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della domanda di concordato; che gli effetti prodotti dalle suddette operazioni siano irreversibili – anche in caso di risoluzione o annullamento del concordato – salvo il diritto al risarcimento dei soci o dei terzi danneggiati; che non spetti ai soci il diritto di recesso a seguito di operazioni che incidono sull'organizzazione finanziaria della società.
  L'articolo 7 individua numerosi principi e criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi per la disciplina della procedura di liquidazione giudiziale (comma 1) che, nell'intento del legislatore, dovrebbe sostituire l'attuale disciplina del fallimento.
  Il primo principio di delega (comma 2) è riferito al potenziamento dei poteri del curatore, vero dominus della liquidazione giudiziale, la cui azione si vuole rendere più efficace grazie ad una serie di misure riguardanti: una più stringente disciplina delle incompatibilità che lo riguardano (nel succedersi delle diverse procedure); la definizione dei poteri di accesso alle banche dati delle PA (per assicurare l'effettività dell'apprensione dell'attivo liquidatorio); la definizione del contenuto minimo del programma di liquidazione; il chiarimento dei poteri giudiziali – in relazione all'azzeramento dei privilegi e degli altri vincoli sui beni venduti e di cui è riscosso il prezzo (articolo 108, secondo comma, L.F.) – nell'ipotesi in cui il curatore subentri nel preliminare di vendita.
  Sempre il comma 2 prevede l'attribuzione al curatore di poteri per compiere atti e operazioni sulla struttura organizzativa e finanziaria della società previsti nel programma di liquidazione (oltre, quindi, i compiti ordinari di gestione della procedura e quelli integrativi previsti dalla vigente legge fallimentare, articoli 31 e 35) assicurando, comunque, idonea informazione a soci e creditori nonché tutela (di questi ultimi e dei terzi) in sede concorsuale.
  Nella stessa ottica di potenziamento si prevede (comma 5) la legittimazione del Pag. 188curatore a promuovere o proseguire specifiche azioni giudiziali: dall'azione sociale di responsabilità, all'azione dei creditori sociali (articolo 2394 c.c.), all'azione contro i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società (articolo 2476, settimo comma, c.c.), alle azioni di responsabilità verso società o enti che esercitano attività di direzione e coordinamento di società (articolo 2497 c.c.). Si tratta di azioni che sono attualmente promosse dai soci o dai creditori sociali.
  In sede di chiusura della procedura di liquidazione, al curatore potrà, inoltre, essere affidata la fase di riparto dell'attivo tra i creditori, fatta salva – in tal caso – la possibilità degli interessati di proporre opposizione davanti al giudice (comma 10, lettera a). Un ulteriore ampliamento dei poteri del curatore è, infine, previsto dal successivo comma 10 per finalità acceleratorie della procedura.
  Un altro criterio di delega (comma 3) concerne – nelle procedure concorsuali di minore complessità – la possibilità di sostituire le funzioni del comitato dei creditori (articolo 31 L.F.) con forme di consultazione telematica dei creditori, anche nelle forme del silenzio assenso.
  Il potenziamento della procedura si ottiene (comma 4): escludendo l'operatività di esecuzione speciali e di privilegi processuali (anche di natura fondiaria). La Commissione di merito ha specificato che il Governo dovrà prevedere che il privilegio fondiario continui ad operare per due anni dall'entrata in vigore dei decreti delegati; limitando la possibilità di azioni di inefficacia e revocatorie. In relazione a queste ultime si intende anticipare al momento del deposito della domanda cui sia seguita l'apertura della procedura liquidatoria la decorrenza del termine per la proposizione dell'azione (l'articolo 69-bis, L. F. prevede attualmente che tali azioni non siano più proponibili decorsi 3 anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi 5 anni dal compimento dell'atto di disposizione del bene all'origine dell'azione). Rimangono esclusi da tale disciplina gli atti (di cui all'articolo 69-bis, secondo comma, L.F.) di disposizione dei beni compiuti tra la domanda di concordato preventivo e la successiva dichiarazione di fallimento.
  Una specifica serie di principi e criteri direttivi (comma 6) riguarda l'integrazione della disciplina dei rapporti giuridici pendenti, prevista dall'articolo 72 della legge fallimentare: in caso di prosecuzione o di subentro del curatore nella procedura (compreso l'esercizio provvisorio), si limitano i crediti prededucibili ai soli crediti maturati durante la procedura di liquidazione, fatta salva diversa disposizione di legge. In base all'articolo 111 L.F sono considerati crediti prededucibili – e come tali soddisfatti con precedenza nella ripartizione dell'attivo rispetto a tutti gli altri – i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali.
  Si prevede lo scioglimento dei contratti avente carattere personale (cd. contratti fondati sull’intuitus personae, come quelli di mandato e di lavoro, dove è determinante per il consenso la considerazione della identità del contraente o delle sue qualità personali) che non proseguano con il consenso della controparte. Tale disciplina riprende quella stabilita per l'appalto dall'all'articolo 72 L.F. (nel caso di fallimento dell'appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto).
  Deve prevedersi una specifica disciplina del contratto preliminare, anche in relazione alla normativa sugli immobili da costruire (contenuta nella legge n. 122 del 2005).
  Per quanto riguarda gli effetti della procedura di liquidazione sui rapporti di lavoro subordinati in corso, un ulteriore criterio direttivo prevede il coordinamento di tale disciplina con la normativa vigente in tema di diritto del lavoro in relazione a licenziamenti, forme assicurative e di integrazione salariale, il TFR e le modalità di insinuazione al passivo (comma 7). In Pag. 189particolare, si vuole impedire – come esplicitato dalla relazione illustrativa del d.d.l. – che l'avvio della procedura concorsuale non integri di per sé solo gli estremi di una causa legittima di licenziamento.
  Il principio direttivo (comma 8) riguardante la fase dell'accertamento del passivo prevede che tale fase sia improntata a criteri di snellezza e concentrazione. Le misure da adottare da parte del legislatore delegato dovranno riguardare: l'agevolazione della presentazione delle domande tempestive di ammissione dei creditori e dei terzi (anche residenti all'estero) per via telematica, restringendo l'ammissibilità delle domande tardive; forme semplificate per le domande di minor valore e complessità; l'introduzione di preclusioni attenuate già nella fase monocratica; assicurare stabilità alle decisioni sui diritti reali immobiliari; attrarre nella sede concorsuale l'accertamento di ogni credito opposto in compensazione ex articolo 56 L.F. La compensazione attualmente può avvenire anche in sede giudiziale, con pronuncia intervenuta dopo l'apertura della procedura concorsuale, quando il fatto genetico del credito sia anteriore alla dichiarazione di fallimento.
  Maggiori elementi di novità si intendono introdurre per quanto riguarda la liquidazione dell'attivo fallimentare, con una procedura improntata alla massima trasparenza ed efficienza da perseguire anche grazie all'ausilio delle più moderne tecnologie (comma 9).
  Premesso che sull'intera gestione della liquidazione si deve garantire la massima vigilanza, trasparenza e pubblicità, il criterio di delega prevede la sostanziale applicazione del sistema cd. Common basato su tre elementi fondamentali: l'introduzione di un mercato nazionale telematico unificato dei beni da vendere nella procedura, la possibilità di acquisto di tali beni da parte dei creditori, appositamente abilitati, su tale mercato; l'istituzione di un fondo per a gestione dei beni invenduti.
  Un ulteriore principio, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, è volto a prevedere misure per garantire l'accesso e la partecipazione dell'insolvente ad ogni fase della procedura (lettera 9-bis)).
  L'ultima serie di principi e criteri direttivi concerne misure acceleratorie volte a una rapida chiusura della procedura (comma 10). Tali misure, in particolare, dovranno prevedere di affidare al curatore anche la fase di riparto dell'attivo (anziché al giudice delegato, cui si può, tuttavia, proporre opposizione) nonché di integrare la disciplina della procedura di liquidazione in relazione a procedimenti giudiziari pendenti (in cui sia parte il curatore). Sul punto, la Commissione Giustizia ha introdotto alcune specificazioni relative al ruolo del curatore dopo la chiusura della fase liquidatoria.
  Ulteriori misure acceleratorie riguardano: la possibilità, in particolari ipotesi di chiusura della procedura di liquidazione di una società di capitali, che il curatore possa convocare l'assemblea ordinaria dei soci per assumere decisioni riguardanti, in particolare, la possibilità o meno di prosecuzione dell'attività d'impresa; la disciplina per incentivare proposte (da parte dello stesso debitore, di creditori o terzi) di un concordato liquidatorio giudiziale nel caso in cui il debitore apporti nuove risorse che incrementino in misura apprezzabile l'attivo.
  L'articolo 8, non modificato dalla Commissione di merito, detta principi e criteri direttivi per riformare l'istituto dell'esdebitazione. In particolare, la riforma dovrà prevedere, a seguito della procedura di liquidazione giudiziale: che il debitore possa chiedere l'esdebitazione subito dopo la chiusura della procedura di liquidazione giudiziale o, in ogni caso, trascorsi 3 anni dall'apertura della procedura stessa (lettera a)). I presupposti perché l'istituto sia applicato dal giudice sono: la collaborazione con gli organi della procedura; l'assenza di frode o malafede per le insolvenze di minore portata; che l'istituto dell'esdebitazione possa applicarsi di diritto e dunque senza un apposito provvedimento del giudice. L'esdebitazione potrà operare di diritto a patto che non vi si oppongano i creditori, contestando la sussistenza Pag. 190dei presupposti per l'applicazione dell'istituto. L'eventuale opposizione dovrà essere proposta al tribunale (lettera b)); che anche le società possano essere liberate dai debiti residui nei confronti dei creditori non soddisfatti nell'ambito della procedura concorsuale. A tal fine, nelle società di capitali dovranno essere valutari i requisiti di meritevolezza degli amministratori e nelle società di persone quelli dei soci (lettera c)).
  L'articolo 9 detta principi e criteri direttivi per la revisione della disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento, attualmente prevista dalla legge n. 3 del 2012, al fine di armonizzarla con le modifiche apportate all'insolvenza e alla crisi di impresa e incentivarne l'utilizzo. In particolare, il Governo dovrà riordinare e semplificare la disciplina del sovraindebitamento: prevedendo che la stessa sia applicabile anche ai soci illimitatamente responsabili e che debba essere assicurato il coordinamento delle procedure relative a più membri della stessa famiglia (lettera a)); disciplinando procedure che consentano la prosecuzione delle attività già svolte dal debitore o la loro eventuale liquidazione, anche su istanza del debitore stesso. Per il debitore-consumatore dovrà invece essere prevista solo la soluzione liquidatoria (lettera b)); prevedendo come obbligatoria la soluzione liquidatoria se la crisi deriva da malafede, frode del debitore o colpa grave (quest'ultimo criterio è stato inserito dalla Commissione). In questo caso sarà altresì esclusa l'esdebitazione (lettera b)); consentire al debitore meritevole di accedere all'esdebitazione anche quando non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, anche futura. Tale possibilità dovrà essere offerta una sola volta; permane a carico del debitore l'obbligo di pagamento dei debiti se, entro 4 anni (erano 3 nel disegno di legge originario), sopravvengono utilità (lettera c)); prevedere che il piano del debitore-consumatore possa comprendere anche la ristrutturazione del debito contratto a seguito di contratti con cessione del quinto dello stipendio o della pensione (lettera c-bis)), inserita dalla Commissione Giustizia).
  L'organismo di composizione della crisi dovrà valutare nella propria relazione il rispetto, da parte del finanziatore, dei merito creditizio, accertando che al momento dell'erogazione del contratto di finanziamento fosse garantito al debitore un margine tale da assicurare un dignitoso tenore di vita (lettera c-ter)), inserita dalla Commissione); precludere l'accesso alle procedure al debitore che abbia già beneficiato per due volte dell'esdebitazione o che abbia beneficiato anche una sola volta dell'esdebitazione nei 5 anni precedenti alla domanda o che sia stato riconosciuto responsabile di frode in danno del creditori (lettera d)). La delega dunque qualifica come meritevoli tutti i debitori che non rientrino nelle esclusioni dall'accesso alle procedure; introdurre misure protettive simili a quelle previste per il concordato preventivo, revocabili su istanza dei creditori o d'ufficio in caso di atti di frode (lettera e)); prevedere che l'iniziativa per l'apertura delle soluzioni liquidatorie, anche in pendenza di procedure esecutivo individuali sia attribuita ai creditori e, quando l'insolvenza riguarda un imprenditore, anche al pubblico ministero (lettera f)); consentire l'esdebitazione delle persone giuridiche, con modalità e procedure semplificate. Escludere tale beneficio solo se ricorrono ipotesi di frode accertata o di volontario inadempimento del piano o dell'accordo di ristrutturazione dei debiti (lettera g)); prevedere sanzioni a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all'aggravamento della situazione di indebitamento. Le sanzioni potranno anche avere natura processuale e riferirsi ai poteri di impugnativa e di opposizione (lettera h)); in caso di frode o inadempimento, consentire ai creditori e al PM di richiedere la conversione della procedura di sovraindebitamento in procedura liquidatoria (lettera i)).
  L'articolo 10 delega il Governo a procedere al riordino e alla revisione del sistema dei privilegi, nell'ottica di una loro riduzione. Come noto, infatti, alla ripartizione Pag. 191dell'attivo accertato tra i creditori si procede per categorie di credito; queste ultime sono, in ordine di liquidazione (articolo 111, L.F.): i crediti prededucibili (quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali oltre a quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge); i crediti privilegiati, in quanto assistiti da cause legittime di prelazione; i crediti non garantiti (cd. crediti chirografari).
  Secondo la delega il Governo dovrà, quindi, procedere al riordino del sistema dei privilegi operando su un doppio piano: riducendo i privilegi generali e speciali (in particolare, quelli di natura retentiva); adeguando, di conseguenza, l'ordine della cause legittime di prelazione.
  L'articolo 11 – non modificato nel corso dell'esame in Commissione Giustizia – detta i principi e criteri direttivi la revisione del sistema della garanzie reali mobiliari, in particolare attraverso (lettera a)) l'introduzione nell'ordinamento di una garanzia reale mobiliare di natura non possessoria. L'articolo 11 prefigura infatti una nuova forma di pegno mobiliare a garanzia del credito in cui il debitore – diversamente che nel pegno (possessorio) – non si spossessa del bene mobile che ne è oggetto; la mancata disponibilità del bene da parte del creditore garantito è compensata da adeguate forme di pubblicità che, nello specifico, consistono nell'iscrizione della garanzia in un apposito registro informatizzato. Il pegno non possessorio potrà avere ad oggetto beni mobili: materiali o immateriali, anche futuri; determinati o indeterminabili, salva la necessaria indicazione dell'ammontare massimo garantito; crediti diversi ed ulteriori rispetto a quelli inizialmente determinati.
  L'articolo 11-bis prevede una delega annuale al Governo (da attuare con le modalità di cui all'articolo 1) per l'adozione di disposizioni che stabiliscano l'obbligo di stipula per atto pubblico o scrittura privata autenticata dell'atto o del contratto di trasferimento di immobili da costruire o di altri diritti reali di godimento su tali immobili.
  La disposizione in esame indica espressamente la finalità dell'intervento normativo nella necessità di garantire il controllo di legalità da parte del notaio dell'effettivo rilascio da parte del costruttore sia della fideiussione che della polizza assicurativa previste dal decreto legislativo n. 122 del 2005, per il cui inadempimento è prevista la nullità del contratto di acquisto dell'immobile.
  L'articolo 12 – non modificato nel corso dell'esame in Commissione – stabilisce principi e criteri direttivi di delega, volti a disciplinare i casi in cui la procedura fallimentare (ora di liquidazione giudiziale) si interseca con i procedimenti ablatori su beni di soggetti sottoposti a procedura concorsuale disposti dalla magistratura penale (sequestro e confisca), soprattutto per le diverse logiche sottese ai provvedimenti di apprensione del bene: quelle penali, di natura pubblicistica; quelle del procedimento concorsuale, volte al soddisfacimento dei creditori.
  L'articolo 13 autorizza il Governo, in sede di riforma, a modificare alcune disposizioni del codice civile. Il Governo dovrà: prevedere l'applicabilità dell'articolo 2394 del codice civile, relativo alla responsabilità degli amministratori delle società per azioni verso i creditori sociali, anche alle società a responsabilità limitata (lettera a)); abrogare l'articolo 2394-bis del codice civile, sulle azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali (lettera a)); affermare nel codice civile il dovere dell'imprenditore e degli organi della società di creare strutture interne all'impresa tali da consentire una tempestiva rilevazione dello stato di crisi, per potere altrettanto tempestivamente attivarsi per adottare uno degli strumenti di superamento della crisi e di recupero della continuità aziendale previsti dalla riforma (lettera b)); integrare l'elenco delle cause di scioglimento delle società di capitali (di cui all'articolo 2484 c.c.), includendovi anche l'assoggettamento alla procedura di liquidazione giudiziale (lettera c)); prevedere, nell'ambito delle misure protettive che si attivano a seguito delle procedure di allerta, di composizione assistita della crisi, Pag. 192di accordo di ristrutturazione dei debiti e di regolazione concordata preventiva della crisi, la sospensione delle cause di scioglimento della società relative alla perdita del capitale sociale o alla sua riduzione al di sotto del minimo legale (articolo 2484, n. 4 e articolo 2545-duodecies c.c.), nonché la sospensione di alcuni obblighi degli organi sociali. In particolare, nelle società di capitali, potranno essere sospesi gli obblighi relativi: alla riduzione del capitale sociale in proporzione alle perdite subite (articolo 2446, secondo e terzo comma; articolo 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma), la cui funzione è quella di ricostituire la corrispondenza tra capitale sociale e patrimonio effettivo, permettendo ai terzi che contrattano con la società di potersi immediatamente rendere conto della situazione economica; all’aumento del capitale sociale per portarlo ad una cifra non inferiore al minimo legale, quando la riduzione del capitale l'abbia portato sotto la soglia prevista dalla legge (articolo 2447 c.c. per le società per azioni; articolo 2482-ter per le società a responsabilità limitata); alla gestione della società da parte degli amministratori (articolo 2486 c.c.); definire i criteri di quantificazione del danno risarcibile in caso di azione di responsabilità verso gli amministratori che abbiano violato l'articolo 2486, recando danni alla società e ai soci, ai creditori sociali e ai terzi, attraverso una gestione non limitata alla conservazione del patrimonio sociale (lettera e)); prevedere l'applicabilità alle società a responsabilità limitata delle disposizioni dell'articolo 2409 c.c., in tema di denunzia al tribunale delle irregolarità commesse dagli amministratori (lettera f)).
  Nel corso dell'esame la Commissione Giustizia ha inserito ulteriori principi e criteri direttivi relativi alle società a responsabilità limitata. In particolare, il legislatore delegato dovrà estendere i casi nei quali per tali società è obbligatoria la nomina di un organo di controllo o di un revisore, prevedendo comunque la nomina obbligatoria quando la società presenta alcuni requisiti dimensionali (attivo o ricavi delle vendite superiori a 2 milioni di euro o 10 unità di dipendenti) (lettera f-bis)).
  L'obbligo cesserà quando, per tre esercizi consecutivi, tali limiti non vengono superati (lettera f-quater)). In caso di violazione delle disposizioni sulla nomina dell'organo di controllo può provvedere il tribunale L'articolo 14 del disegno di legge detta principi e criteri direttivi per la riforma della liquidazione coatta amministrativa, oggi disciplinata nel titolo V della legge fallimentare, finalizzati a un sostanziale ridimensionamento dell'istituto. Lo scopo del legislatore delegante è, in particolare, quello di riportare anche il fenomeno della crisi e dell'insolvenza delle imprese oggi soggette a liquidazione coatta (si pensi ad esempio alle società cooperative) nell'alveo della disciplina comune (lettera a)), circoscrivendo tale istituto speciale alle sole ipotesi in cui: la necessità di liquidare l'impresa non discenda dall'insolvenza, ma costituisca lo sbocco di un procedimento amministrativo di competenza di autorità amministrative di vigilanza volto ad accertare e a sanzionare gravi irregolarità intervenute nella gestione; la liquidazione sia prevista dalle leggi speciali relative alle seguenti imprese: banche e imprese assimilate; intermediari finanziari; imprese assicurative e assimilate.
  Il Governo dovrà inoltre (lettera b)) attribuire alle autorità amministrative di vigilanza il compito di segnalare l'allerta e di svolgere le funzioni attribuite per le altre imprese agli organismi di composizione della crisi, così da poter individuare soluzioni di carattere conservativo; le stesse autorità amministrative dovranno essere legittimate a presentare domanda per l'apertura della procedura di liquidazione giudiziale.
  La Commissione Giustizia ha aggiunto un ulteriore comma per stabilire l'applicabilità di questa riforma anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, compatibilmente con la disciplina di livello costituzionale.

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  Ignazio ABRIGNANI, presidente, segnala che la Commissione dovrà esprimere il parere sul provvedimento in esame nella seduta già prevista per la mattina di giovedì 26 gennaio p.v. Propone quindi di inserire un ulteriore seduta da dedicare alla discussione nel merito della riforma nella giornata di domani mercoledì 25 gennaio.

  Gianluca BENAMATI (PD) nel concordare con l'opportunità di svolgere una seduta di discussione sul provvedimento in esame anche nella giornata di domani, segnala al relatore la necessità di un approfondimento, anche ai fini della redazione del parere, sulla questione della fase di allerta per l'individuazione delle situazioni di crisi aziendali, elemento che si ripropone per tutte le procedure concorsuali a partire da quella relativa all'amministrazione controllata. L'efficacia di tale meccanismo di allerta, ovviamente, presuppone la massima collaborazione fra tutte le parti coinvolte nella procedura. Sul punto auspica che il relatore possa inserire una specifica osservazione nella proposta di parere che si accinge a presentare.

  Ignazio ABRIGNANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.