CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 2 novembre 2016
716.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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  Mercoledì 2 novembre 2016. — Presidenza della Presidente Laura BOLDRINI.

  La seduta comincia alle 14.35.

Seguito della discussione di una questione riguardante l'esame in Assemblea di progetti di legge iscritti in calendario su richiesta di un gruppo di opposizione.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ricorda che nella seduta del 3 agosto scorso era stato introdotto il tema dell'ammissibilità delle richiesta di rinvio in Commissione di progetti di legge inseriti in calendario nella quota per le opposizioni prevista dal Regolamento, tema emerso a seguito di quanto lamentato dai deputati del Gruppo MoVimento 5 Stelle, e cioè che il ricorso a questo strumento svuoterebbe di fatto la garanzia della discussione di tali argomenti. Fa presente quindi che in quella seduta – nella quale aveva ricordato che la questione era stata affrontata nello schema di riforma regolamentare assunto come testo base dalla Giunta all'inizio della legislatura – aveva rimesso al collega Pisicchio il compito di approfondire il tema e di verificare se la Giunta possa individuare, a diritto vigente (a prescindere cioè dal terreno delle riforme regolamentari), moduli procedurali idonei a conseguire l'obiettivo richiesto, di rafforzamento cioè delle garanzie delle opposizioni.
  Invita dunque il Presidente Pisicchio ad esporre i risultati dell'approfondimento condotto.

  Pino PISICCHIO, relatore, riferisce dunque sulla questione oggetto delle comunicazioni della Presidente nella riunione della Giunta dello scorso 3 agosto, ossia sull'ammissibilità di richieste di rinvio in Commissione di proposte di legge iscritte in calendario nell'ambito delle quote destinate ai Gruppi di opposizione.
  Ricorda che la questione era stata sollevata con riferimento ad una proposta di legge in materia di contributi universitari, in quota al Gruppo MoVimento 5 Stelle, sulla quale era stata avanzata una richiesta di rinvio in Commissione approvata dall'Assemblea nella seduta del 19 luglio scorso.
  La questione muove dalla considerazione che un ricorso sistematico allo strumento del rinvio in Commissione potrebbe comportare uno svuotamento, di fatto, della garanzia della discussione in Assemblea degli argomenti inseriti in calendario nella quota per le opposizioni prevista dal Regolamento. Ciò in particolare qualora non sia previsto un termine per la ripresa della discussione del provvedimento in Assemblea e in assenza di un limite all'esercizio di questa facoltà procedurale.
  Si tratta di un tema certamente complesso, che vede in campo due esigenze, Pag. 4entrambe rilevanti: da un lato, salvaguardare il principio in base al quale ai progetti di legge in quota opposizione si applica, in assenza di una disposizione che espressamente la escluda, la disciplina complessiva prevista per l'esame dei progetti di legge in Assemblea, compreso l'istituto procedurale qui coinvolto; dall'altro l'esigenza di una tutela sostanziale delle prerogative delle minoranze e, in particolare, del loro diritto, nell'ambito delle quote stabilite dal Regolamento, di far discutere e deliberare la Camera su determinati argomenti.
  E che si tratti di un tema di particolare importanza, lo si desume sia dal fatto che esso ha costituito oggetto di esame in sede di riforma regolamentare, sia considerando che, in sede di riforma costituzionale (sottoposta al prossimo referendum), è stato inserito, all'articolo 64, nuovo secondo comma, il principio per cui «Il Regolamento della Camera dei deputati disciplina lo statuto delle opposizioni».
  Il Regolamento vigente – sul punto – non contiene indicazioni specifiche che possano supportare rebus sic stantibus la richiesta avanzata dal Gruppo MoVimento 5 Stelle.
  Le norme di riferimento sono le seguenti:
   l'articolo 24, comma 3, che stabilisce che – in caso di mancato raggiungimento della maggioranza dei tre quarti in Conferenza dei Capigruppo – «Il Presidente inserisce nel calendario le proposte dei Gruppi di opposizione, in modo da garantire a questi ultimi un quinto degli argomenti da trattare ovvero del tempo complessivamente disponibile per i lavori dell'Assemblea nel periodo considerato». A tale previsione, che garantisce l'inserimento nel calendario e nel programma di una certa quota di argomenti indicati dalle opposizioni, non consegue la definizione di un regime procedurale specifico per l'esame di tali provvedimenti;
   l'articolo 41, comma 1, che prevede, in linea generale, che «I richiami al Regolamento o per l'ordine del giorno o per l'ordine dei lavori o per la posizione della questione o per la priorità delle votazioni hanno la precedenza sulla discussione principale. In tali casi possono parlare, dopo il proponente, soltanto un oratore contro e uno a favore e per non più di cinque minuti ciascuno. Se l'Assemblea sia chiamata dal Presidente a decidere su questi richiami, la votazione ha luogo per alzata di mano».

  La questione dell'ammissibilità delle proposte di rinvio in Commissione di proposte di legge inserite nel calendario su richiesta di Gruppi d'opposizione non è nuova, essendo stata posta fin dalle prime applicazioni della nuova disciplina regolamentare, introdotta nel 1997.
  In particolare essa è stata affrontata anche dalla Giunta per il Regolamento nella seduta del 24 settembre 1998, come ricordato dalla Presidente nella scorsa riunione. In quella Giunta è stato chiarito espressamente che le richieste di rinvio in Commissione si configurano come «richiami sull'ordine dei lavori» trattandosi «di strumenti che non incidono sul provvedimento in discussione, ma solo sulla procedura per il suo esame». È stato quindi rilevato che «la proponibilità e l'ammissibilità delle richieste di rinvio in Commissione – e, più in generale, dei richiami sull'ordine dei lavori – non possono (...) essere contestate, neppure nei riguardi dei provvedimenti inseriti in calendario su richiesta dei Gruppi d'opposizione». Come ha specificato il Presidente della Camera nella successiva seduta dell'Assemblea del 29 settembre 1998 e, successivamente, nella riunione della Giunta del 9 febbraio 2000, non è possibile «desumere in via interpretativa la statuizione di un regime speciale per l'esame dei progetti di legge iscritti nel calendario dei lavori nell'ambito della quota di tempi e argomenti riservata alle opposizioni». Si tratta di criteri interpretativi recentemente ribaditi dalla Presidente della Camera, in un carteggio con il Presidente del Gruppo FdI-AN Rampelli, con riferimento alla questione delle modalità di iscrizione nei Pag. 5calendari successivi dei progetti di legge in quota opposizione non conclusi dall'Assemblea.
  Alla luce del dettato regolamentare e in presenza di una chiara e univoca interpretazione della Giunta, l'ammissibilità di proposte di rinvio in Commissione o sull'ordine dei lavori riferite agli argomenti in quota opposizione non può dunque essere contestata. Si tratta del resto, come chiarito dalla Presidente, di strumenti procedurali (rinvio, rinvio in Commissione, ecc.) funzionali a mantenere quel necessario, ineliminabile elemento di flessibilità (Presidente della Camera 29 settembre 1998) che in talune circostanze consente di pervenire a soluzioni anche condivise. Una diversa previsione non potrebbe quindi in alcun modo essere operata in via interpretativa, ma richiederebbe una espressa modifica regolamentare.
  La Presidente ha ricordato, a questo proposito, che – coerentemente con le conclusioni sopra menzionate – nell'ambito dei lavori sulla riforma del Regolamento, nel quadro del rafforzamento dello statuto dell'opposizione volto a bilanciare una complessiva accelerazione del processo legislativo, era stato ipotizzato, all'articolo 41, di prevedere espressamente per gli argomenti iscritti in quota opposizione la non ammissibilità in Assemblea di richieste di inversione dell'ordine del giorno, di rinvio in Commissione o di rinvio dell'esame, salvo il consenso dei Gruppi interessati. Si era ipotizzato inoltre di prevedere che, nel caso di mancata conclusione dell'esame di un argomento inserito nel calendario su richiesta di un Gruppo di opposizione e in presenza di una richiesta da parte del medesimo Gruppo di trattarlo nell'ambito di un calendario successivo, il Presidente ne possa disporre l'iscrizione al di fuori dei criteri ordinari previsti dal Regolamento (in sostanza, fuori quota) (articolo 24, comma 3).
  Ciò posto sul quadro regolamentare vigente e sui suoi limiti invalicabili, in particolare quanto all'ammissibilità delle richieste procedurali ex articolo 41 (che non possiamo dunque mettere in discussione), rimette quindi alla Giunta la valutazione se vi sia la possibilità di praticare la via interpretativa per rafforzare le garanzie delle opposizioni, basandosi sulla ratio dell'istituto delle quote di opposizione e fornendo una lettura delle norme coerente con la loro finalità, cercando di bilanciare i diversi valori coinvolti.
  Ricorda a questo proposito che la via interpretativa è stata già praticata in passato, individuando una soluzione di bilanciamento, con riferimento ad un'analoga questione, insorta fin dai primi anni di applicazione della nuova norma regolamentare, in relazione all'esigenza di tutelare l'interesse dei Gruppi di opposizione ad ottenere che l'Assemblea discuta su un contenuto determinato e corrispondente al progetto di legge inserito in calendario nell'ambito delle quote loro spettanti. Il Presidente della Camera Violante infatti ha investito della questione la Giunta per il Regolamento (sedute del 27 gennaio e 9 febbraio 2000). In tale occasione, al fine di bilanciare i diversi principi coinvolti, il Presidente, con lettera ai Presidenti di Commissione del 10 febbraio 2000, ha specificato che, qualora con i progetti di legge iscritti in calendario in quota opposizioni concorrano progetti identici o su materia identica, le presidenze di Commissione restano tenute all'abbinamento d'ufficio. In tal caso, deve essere loro cura promuovere l'adozione del progetto di legge su cui verte la richiesta dei Gruppi di opposizione quale testo base, salvo che la Commissione, con l'assenso dei rappresentanti dei suddetti Gruppi, non decida la redazione di un testo unificato. Ove non si realizzino condizioni politiche tali da consentire di procedere in tal senso, la presidenza, «quando ne sia fatta espressa richiesta», deve revocare l'abbinamento in modo da consentire alla Commissione di procedere nell'esame in sede referente sul progetto indicato dalle opposizioni. Non resta ovviamente da ciò in alcun modo pregiudicato il potere, spettante alla Commissione, di emendare il progetto di legge secondo le ordinarie forme del procedimento in sede referente. Pag. 6
  In tale occasione dunque, in via interpretativa, si è individuato un correttivo che – fermo restando il potere dell'organo interessato (in quel caso la Commissione) di assumere a maggioranza tutte le deliberazioni sul testo – consente di individuare il tema in discussione in Commissione in modo coerente con le richieste dell'opposizione.
  Oggi, nel caso sottoposto all'esame della Giunta, si tratta di valutare se, in via interpretativa, come nel caso appena citato, si possa fare un passo ulteriore nella direzione delle garanzie delle opposizioni.
  Per agevolare questa riflessione della Giunta sulla questione e tenendo conto degli elementi illustrati, sottopone alla discussione due possibili ipotesi interpretative, riservandomi di formulare poi una proposta più concreta alla luce del dibattito che si svilupperà.
  Una prima ipotesi potrebbe essere quella di prevedere che – nel caso in cui il gruppo di opposizione richiedente non sia d'accordo sulla proposta di rinvio in Commissione – possa essere fissato un termine di durata della nuova fase referente (fermo restando ovviamente che le concrete decisioni in ordine al reinserimento nella programmazione dell'Assemblea spetterebbero sempre alla Conferenza dei capigruppo). Tale termine potrebbe essere individuato dalla stessa Commissione, tramite il relatore, al momento in cui venga avanzata la proposta di rinvio e comunque non essere superiore a due mesi. Questa ipotesi – alla quale, insieme ad altre, si è fatto anche riferimento nel dibattito in Aula lo scorso 19 luglio (on. Crippa) – appare in linea con i caratteri che ha assunto il rinvio in Commissione nella prassi, che vede talvolta una delimitazione temporale della durata della nuova fase referente: essa potrebbe dare maggiore certezza in ordine al prosieguo dell'esame del provvedimento.
  Un'altra ipotesi potrebbe essere quella di anticipare in via sperimentale la soluzione dell'iscrizione «fuori quota» degli argomenti dell'opposizione rinviati in Commissione, già prevista in sede di riforma del Regolamento.
  Se la Giunta si orientasse in questo senso, si tratterebbe di adottare un parere interpretativo sperimentale che consentirebbe di testare la presenza di eventuali aspetti di rigidità nella nuova disciplina che potrebbero avere un effetto controproducente e che potrebbero essere corretti.
  In pratica si tratterebbe di prevedere che, in sede di formazione del calendario successivo, ove l'esame di un progetto di legge inserito nel precedente su richiesta dei Gruppi di opposizione non si sia concluso a causa della approvazione, da parte dell'Assemblea (con l'espresso dissenso dei Gruppi di opposizione richiedenti la calendarizzazione), di una proposta di rinvio in Commissione, ed i Gruppi stessi ne richiedano la trattazione nell'ambito di un calendario successivo, il Presidente ne disponga l'iscrizione al di fuori dei criteri ordinari previsti dal Regolamento (in sostanza, fuori quota) (anche a questa ipotesi si è fatto riferimento nella seduta del 19 luglio).
  Al fine di evitare una sostanziale alterazione del rapporto maggioranza-opposizioni nella programmazione dei lavori, si potrebbe eventualmente stabilire anche un limite massimo di provvedimenti iscrivibili fuori quota in ogni calendario (ad esempio un provvedimento per calendario, ovvero una quota del tempo complessivamente disponibile).
  A margine, ma per completezza e chiarezza, rende un'ultima precisazione relativamente agli effetti del rinvio in Commissione della proposta di legge iscritta nel calendario dei lavori dell'Assemblea nell'ambito della quota riservata ai Gruppi di opposizione. A seguito del rinvio in Commissione, si riapre la sede referente e dunque la Commissione può abbinare tutte le proposte pendenti che vertano sull'identica materia ed eventualmente scegliere un nuovo testo base.
  Va però in proposito, per chiarezza, specificato – in tema di provvedimenti in «quota opposizione» – che, ove si tratti di proposta sulla quale il gruppo di opposizione richiedente abbia già precedentemente esercitato la facoltà di ottenerne il Pag. 7disabbinamento (sulla base della richiamata pronuncia del Presidente Violante), esso possa preliminarmente confermare tale decisione anche dopo il rinvio in Commissione: in tal caso l'esame dovrebbe proseguire sulla sola proposta già disabbinata, senza procedere all'abbinamento di ulteriori (vecchie o nuove) proposte; se invece il gruppo di opposizione espressamente rinunci al disabbinamento, dopo che l'Aula abbia rinviato in Commissione il provvedimento, non sarebbe ammissibile – nel successivo corso dell'iter in Commissione – una richiesta di nuovo disabbinamento della proposta di legge originariamente disabbinata. Non può neppure consentirsi al gruppo che abbia precedentemente esercitato la facoltà di disabbinamento un ulteriore esercizio di tale facoltà nell'ambito dello stesso procedimento ma con riguardo ad una diversa proposta di legge vertente sulla stessa materia. Ciò infatti determinerebbe un modo irrazionale, incoerente e disordinato di svolgimento del procedimento legislativo, che darebbe origine a plurimi (e potenzialmente infiniti) procedimenti, aventi tutti lo stesso oggetto.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ringrazia sentitamente il presidente Pisicchio per l'istruttoria svolta, che consente di individuare due possibili soluzioni all'esigenza emersa praticando lo strumento dell'interpretazione evolutiva delle norme e non quella delle novelle regolamentari, che allo stato attuale non sembra possibile attivare.

  Elio VITO, dopo aver rivolto un vivo ringraziamento al collega Pisicchio, avvia il suo intervento evidenziando preliminarmente come il tema in discussione abbia costituito fin dall'immediata entrata in vigore delle riforme regolamentari degli anni ’90 un punto notoriamente controverso e discusso, nell'ambito del quale individuare una soluzione equilibrata è impresa comunque ardua: si tratta infatti di coniugare due valori per certi aspetti inconciliabili e cioè, da un lato, il diritto delle opposizioni a vedere discussi i propri argomenti e, dall'altro, il diritto della maggioranza a deliberare, valore che è un diretto corollario del principio democratico che governa le società.
  Nella concreta esperienza di applicazione delle citate norme regolamentari non è possibile non osservare il ripetersi di calendari dei lavori dell'Assemblea nei quali rimane sovente disattesa la compiuta attuazione delle previsioni poste a garanzia delle opposizioni, nei quali cioè gli argomenti da queste indicati vengono rinviati, con ciò effettivamente compromettendo le suddette garanzie: e ciò avviene senza che ne consegua alcuna forma di sanzione.
  Si assiste anche al paradosso di dover approvare – ovviamente con il concorso della maggioranza parlamentare – un'inversione dell'ordine del giorno per dare seguito a quella previsione del Regolamento che stabilisce che gli argomenti iscritti in quota opposizione siano collocati, di norma, al primo punto dell'ordine del giorno, norma nei fatti disapplicata.
  I concreti accadimenti sopra richiamati testimoniano di un'innegabile difficoltà, come sopra detto, ad individuare un punto di sintesi e di equilibrio complessivamente soddisfacente.
  Tutto ciò considerato, non può tuttavia esimersi dal ritenere che la questione in esame non può essere affrontata in modo svincolato da una complessiva considerazione di carattere generale del tema delle garanzie delle opposizioni, che coinvolge anche l'applicazione di altri istituti: questo a sua volta deve essere collocato all'interno di una complessiva riforma regolamentare, della quale da tempo denuncia la necessità. Sul tema della riforma regolamentare ha dovuto registrare la diversa opzione scelta dalla maggioranza che, invece di impegnarsi sul piano regolamentare, ha ritenuto di dover perseguire piuttosto la via della riforma costituzionale per modificare il procedimento legislativo, scelta che, a suo giudizio, evidentemente ha costretto a dover attendere la conclusione di tale iter per poter mettere mano alle conseguenti modifiche regolamentari.
  In conclusione, ritiene che il tema oggi in discussione andrà considerato solo dopo Pag. 8lo svolgimento del referendum che decreterà la definitiva sorte della riforma costituzionale, procedendo nella fase finale della legislatura – tempistica a suo avviso preferibile rispetto allo stadio iniziale – all'auspicata riforma organica del Regolamento da mandare in vigore nella prossima. Nello scusarsi per non poter essere presente alla prosecuzione del dibattito, consegna alla Giunta queste sue riflessioni.

  Laura BOLDRINI, Presidente, prende atto delle considerazioni svolte dal collega Vito con riferimento in particolare alla tempistica delle auspicate riforme regolamentari; mantiene fermo tuttavia il suo personale convincimento che esse avrebbero dovuto essere concluse nella fase d'avvio della legislatura, fase nella quale esse erano state messe concretamente in cantiere dalla Giunta, e ciò avrebbe evitato plurimi inconvenienti che, invece, nel corso della legislatura si sono verificati.
  Per quanto riguarda il tema oggi in esame ribadisce che la discussione trae origine da una precisa richiesta del Gruppo MoVimento 5 Stelle, alla quale ha ritenuto doveroso dare seguito procedendo alla convocazione della Giunta.

  Danilo TONINELLI non dubita in alcun modo dell'assoluta rilevanza del tema generale che fa da sfondo alla concreta questione in discussione e, che, a suo avviso, non si declina soltanto in termini di tutela delle opposizioni, ma di valorizzazione del ruolo del Parlamento nel suo complesso e della connessa di esigenza di preservarne le funzioni essenziali.
  Allo stesso tempo non può non osservare come la recente riforma costituzionale rischi, invece, di confinare ad un ambito assai circoscritto la specifica questione, per effetto delle previsioni che tale riforma reca con particolare riferimento ai previsti poteri del Governo di determinare le sorti dei procedimenti legislativi e che rafforzano sempre più il monopolio dell'Esecutivo nell'iniziativa e nel governo stesso del procedimento legislativo.
  Fatte, dunque, queste considerazioni, pronunciandosi in ordine alle proposte formulate dal relatore Pisicchio, non può che esprimere il proprio favore per la seconda, ritenendo che fra le due sia quella in grado di conferire una qualche forma di effettività all'esigenza emersa, perlomeno in termini di possibilità di sviluppare un dibattito pubblico su un argomento sollevato dalle opposizioni: in ogni caso si tratterebbe, a suo avviso, di un minimo rimedio ad un tema assai più complesso.

  Elio VITO, parlando per una precisazione, tiene a ribadire che, a suo avviso, entrambe le ipotesi formulate dal relatore Pisicchio richiedono il procedimento di modifica del Regolamento. Pur consapevole che in passato si sono affermate interpretazioni delle disposizioni regolamentari piuttosto ardite, non ritiene tuttavia che quelle testé prospettate possano essere consentite dal tenore delle norme attualmente vigenti.

  Gianni MELILLA ravvisa nell'argomento in discussione un punto di assoluta vitalità per il Parlamento, la cui forza, a suo avviso, risiede anche nella possibilità di creare un equilibrio sovrano tra due istanze apparentemente inconciliabili, e cioè, da un lato, quella della maggioranza di non soffrire poteri di veto da parte delle minoranze, che compromettano la capacità di decisione, e dall'altra il diritto della opposizione a non subire quella che comunemente viene denominata come «dittatura della maggioranza». Unica possibilità di creare questo equilibrio è che entrambe le parti posseggano quella che personalmente chiama «cultura istituzionale» e che solo in una forma dispregiativa può essere etichettata come «consociativismo»: ritiene personalmente che in questa legislatura sia mancata in entrambi gli attori dello scenario parlamentare proprio questo tipo di cultura e che maggioranza ed opposizione si siano impegnate invece in posizioni di contrapposizione conflittuale e improduttiva che hanno solo nuociuto al prestigio e alla dignità dell'istituzione parlamentare, alterandone l'armonico funzionamento. Né, in assenza di Pag. 9questo clima, per risolvere questioni di funzionamento del sistema, varrebbe affidarsi al formale procedimento di modifica regolamentare, che evidentemente – per essere fruttuoso e produttivo – deve reggersi su un comune sentire delle forze politiche.
  A questo riguardo il comportamento della maggioranza non ha certamente aiutato il dispiegarsi di uno spirito collaborativo quando ha inteso trasferire al piano costituzionale la previsione di specifiche modifiche del procedimento legislativo che avrebbero potuto invece realizzarsi se solo tutti gli attori della riforma regolamentare ipotizzata all'inizio della legislatura avessero spinto con determinazione in questo senso (e si dispiace che, mentre svolge queste considerazioni, il collega Vito abbia dovuto lasciare i lavori della Giunta). Con l'eventuale entrata in vigore della riforma costituzionale, la Camera avrà la possibilità di riaffermare il proprio autonomo dominio nella disciplina delle funzioni parlamentari, progettando un intervento di riforma organica del Regolamento che possa sanare quelle incongruenze e quelle incoerenze che inevitabilmente si produrrebbero per effetto di una modifica solo parziale delle norme sul funzionamento del Parlamento, modifica recata dalla riforma costituzionale licenziata dal Parlamento ed ora in attesa del passaggio referendario.
  Passando, dunque, alle proposte concretamente formulate, dichiara di preferire la prima in quanto ritiene che lo spatium deliberandi ivi previsto, e cioè il termine massimo di due mesi di durata della nuova fase referente, costituisca uno spazio temporale congruo per far maturare una definitiva determinazione sul progetto di legge indicato dall'opposizione, previa la nuova istruttoria in Commissione; ravvisa invece nella seconda ipotesi un pericolo di compressione del fondamentale e a suo avviso irrinunciabile ruolo referente della Commissione, che sarebbe, a suo avviso, un modo ulteriore per svilire la funzione parlamentare e lasciare spazio solo ad istanze di mera propaganda.

  Giancarlo GIORGETTI ritiene assolutamente doveroso garantire alle opposizioni che sugli argomenti iscritti in calendario nell'ambito delle loro quote l'Assemblea deliberi: quanto si sta cercando oggi di prevedere giunge anzi con un grave ritardo, di molte legislature.
  Quanto alle ipotesi avanzate dal relatore Pisicchio, osserva che la prima, benchè più affascinante, risulta insoddisfacente perché rimette comunque alla Conferenza dei capigruppo – e quindi, alla fine, alla maggioranza – la decisione sulla ricalendarizzazione di un provvedimento in quota opposizione, rinviato in Commissione, anche quando sia scaduto il nuovo termine imposto alla nuova sede referente. La seconda soluzione ha invece il pregio di prevedere quasi una sorta di automatismo nell'iscrizione in calendario, ma non garantisce che l'esame in sede referente sia effettivamente compiuto.
  In questo quadro, prospetta l'ipotesi di integrare la prima ipotesi con la previsione dell'inserimento in calendario della proposta rinviata in Commissione allo scadere del termine stabilito per la nuova fase referente, senza alcuna discrezionalità da parte della Conferenza dei Capigruppo.

  Laura BOLDRINI, Presidente, osserva come, in realtà, la relazione del collega Pisicchio non escluda, a suo avviso, anche una ulteriore ipotesi, quella che risulta cioè dalla combinazione delle due soluzioni specificamente illustrate, ossia la previsione di un termine per la nuova fase referente a seguito del rinvio in Commissione e, poi, la possibilità dell'iscrizione in calendario «fuori quota», su richiesta del gruppo interessato, in limiti che garantiscano comunque un corretto rapporto fra maggioranza e opposizione negli strumenti della programmazione dei lavori.

  Andrea GIORGIS sottolinea la necessità di una disciplina regolamentare equilibrata, che garantisca cioè, al contempo, sia il diritto delle opposizioni di vedere portata al voto dell'Aula una propria proposta, sia quello della maggioranza a guidare i lavori in Assemblea e in sede di determinazione Pag. 10degli strumenti della programmazione. Il punto di equilibrio non è facile: ricorda che nella proposta di riforma regolamentare adottata come testo base in Giunta all'inizio della legislatura – purtroppo non approdata ad un risultato utile – tale punto di equilibrio fu individuato, da una parte, nella garanzia della certezza, per una certa quota di progetti di legge delle opposizioni, di giungere alla deliberazione dell'Assemblea – principio che ritiene assolutamente condivisibile – e, dall'altra, da una riscrittura complessiva e organica di molte norme, che comprendeva anche una serie di garanzie dei tempi di conclusione dell'esame di progetti di legge della maggioranza.
  Ora, se è senz'altro giusto muoversi sul piano interpretativo, ove ciò sia possibile, per cercare di anticipare alcune soluzioni, occorre farlo con equilibrio, cioè senza decontestualizzare le singole misure a favore delle opposizioni ipotizzate in sede di riforma del Regolamento dal complesso di quella riforma, evitando eccessi nell'interpretazione evolutiva e creatrice. In proposito, ha la sensazione che la seconda ipotesi formulata dal relatore si spinga oltre i limiti dell'attività interpretativa – che pur sempre presuppone una norma regolamentare dalla cui formulazione deve essere possibile ricavare la soluzione prefigurata in via ermeneutica – e finisca per essere invece una vera e propria innovazione. Di questo, del resto, sembra consapevole lo stesso relatore, che l'ha presentata come un'ipotesi sperimentale, sottoposta ad un'intesa politica: a questo proposito, sottolinea peraltro di essere rimasto colpito dalla posizione contraria prima espressa dal collega Vito, pur appartenente all'opposizione.
  Ritiene meritevole di un approfondimento, che si riserva di compiere, la prima ipotesi, anzitutto per verificarne la natura effettivamente interpretativa: ciò anche nell'ottica di venire incontro a una domanda delle minoranze che ritiene ragionevole e meritevole di risposta e di contribuire a creare così quel clima di maggiore concordia sulle regole fra maggioranza e opposizioni auspicato prima dal collega Melilla.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ritiene che la via interpretativa sia percorribile in questa circostanza, come lo è stata nel 2000, quando fu individuata la soluzione del disabbinamento, pur'essa non direttamente prevista nel Regolamento.
  Richiama la rilevanza della questione oggi all'esame della Giunta, su cui peraltro tutti i gruppi concordano e alla luce della quale auspica che la Giunta medesima voglia esplorare fino in fondo la praticabilità della via interpretativa, su cui pure qualcuno, nella discussione odierna, ha anzitempo posto un veto: si tratta del resto, allo stato, dell'unica strada praticabile, posto che quella della riforma regolamentare, ipotizzata all'inizio della legislatura, è risultata poi, come è noto, impercorribile.

  Raffaello VIGNALI concorda sulla necessità di inquadrare il tema oggetto di approfondimento in un contesto più complessivo di riforma, di cui il Regolamento ha, a suo avviso, bisogno, anche a prescindere dall'esito del prossimo referendum costituzionale, come del resto dimostrato dall'ampio testo elaborato in Giunta per il Regolamento all'inizio della legislatura, del quale bisognerebbe riprendere l'esame.
  Prima di esprimersi sulle due soluzioni proposte dal relatore, ritiene sia necessario disporre del tempo per studiarle, aggiornando la discussione, anche a breve. Fin d'ora, però, gli sembra che la seconda ipotesi non possa agevolmente considerarsi un'interpretazione delle norme vigenti, a differenza di quanto poteva dirsi della soluzione del disabbinamento, adottata nella XIII legislatura, a suo avviso più coerente con la disciplina regolamentare delle quote di opposizione. Il carattere sperimentale di questa disciplina, richiamato dal relatore, ne conferma del resto la natura innovativa, così come è stato per le altre discipline sperimentali approvate in questa legislatura (richiama in proposito il codice di condotta dei deputati). Pag. 11
  A prescindere da ciò, ritiene comunque che la seconda soluzione ipotizzata dal relatore determini una considerevole alterazione sostanziale delle quote garantite all'opposizione, che lieviterebbero significativamente, ben al di là dei limiti regolamentari. In questo senso, sembrerebbe preferibile la prima soluzione.

  Laura BOLDRINI, Presidente, dopo aver precisato che nella relazione del collega Pisicchio si prevede un limite massimo ai provvedimenti iscrivibili fuori quota, proprio per non alterare quell'equilibrio fra maggioranza ed opposizione cui il collega Vignali ha fatto riferimento e che va preservato, chiede al relatore se intenda fornire ulteriori elementi di valutazione alla luce degli interventi svolti.

  Pino PISICCHIO, relatore, prende atto degli elementi emersi nel corso del dibattito che lo inducono a proseguire un lavoro istruttorio che possa dare soluzione al problema esposto, che evidentemente attiene ad un punto nodale della vita parlamentare e cioè a quello della definizione dello statuto delle opposizioni.
  Quanto alle osservazioni formulate con particolare riferimento alla seconda delle proposte interpretative da lui avanzate, si rende conto che si tratta, nella sua integrità, di una prospettiva dinamicamente evolutiva delle norme e del sistema regolamentare in tema di diritti delle opposizioni, e che può strutturarsi solo ove essa sia sostenuta da una convenzione pattizia tra tutte le forze politiche, che sia capace di guardare alla dimensione generale del problema, affrancandosi dalle contingenti circostanze politiche. In assenza di questa dimensione pattizia, la soluzione manifesta evidentemente la sua difficile praticabilità.
  Proseguirà dunque il suo lavoro istruttorio per consegnare ad una successiva riunione una proposta che, partendo da quelle che ha già elaborato ed in particolare dalla prima, si muova nei confini più certi del dettato regolamentare e delle prassi già sperimentate: d'altronde si tratta di dare una soluzione ad un problema insorto qui ed ora e, per quanto sarebbe stato auspicabile ed assai opportuno operare a quadro costituzionale certo e consolidato, non si può sfuggire alla necessità di dare risposta ad esigenze concrete che chiamano in ogni caso in gioco il corretto funzionamento della democrazia parlamentare.

  Andrea GIORGIS desidera precisare che con il suo precedente intervento non ha inteso in alcun modo istituire un collegamento tra il tema della tutela delle opposizioni e la riforma costituzionale in attesa di approvazione per via referendaria; il tema dello statuto delle opposizioni è infatti un tema che presenta una sua consistenza e sostanza autonoma, cruciale per un buon funzionamento di una democrazia parlamentare: si tratterà di valutare quali siano gli strumenti e le fonti più idonei a rendere ancora più concreta questa tutela, che, ribadisce, prescinde dal contenuto specifico delle disposizioni costituzionali oggetto della consultazione referendaria indetta ai sensi dell'articolo 138 della Costituzione e dall'esito di questa.

  Laura BOLDRINI, Presidente, prende atto della precisazione resa dal collega Giorgis, non ritenendo, peraltro, che sia stato il suo intervento ad ingenerare quel tipo di dubbio che ha inteso comunque chiarire. In vista della rielaborazione della proposta preannunciata dal relatore Pisicchio alla luce degli elementi emersi nel dibattito odierno, rinvia dunque il seguito della discussione ad una prossima seduta.
  Desidera ora informare la Giunta di una questione che le è stata sottoposta con una lettera inviata il 20 ottobre scorso dai Presidenti delle Commissioni Ambiente e Attività produttive.
  I Presidenti delle due Commissioni hanno chiesto di valutare la possibilità di un'interpretazione adeguatrice dell'articolo 49, comma 3, del Regolamento, nella parte in cui prevede – quale modalità di svolgimento dello scrutinio segreto in Commissione (nel voto sulle proposte di nomina) in mancanza del sistema elettronico – il sistema delle urne e delle palline.Pag. 12
  Fa presente che con questo sistema sono predisposte, per ogni votazione, due urne e sono consegnate ad ogni deputato, chiamato con l'appello nominale, due palline, una bianca e una nera, da deporre separatamente nelle urne (a seconda che la pallina venga immessa nell'urna dello stesso colore o nell'altra, si dà per espresso voto favorevole o contrario).
  La richiesta dei Presidenti si fonda sulla complessità e lunghezza di tale procedura di voto, specie quando sono effettuate contestualmente più votazioni (in caso di 4 votazioni, come quello più recente ricordato dai Presidenti, 8 urne e 8 palline); sulla difficoltà di garantire l'effettiva e piena segretezza del voto; sulla facilità con la quale il votante può commettere errori nel deporre le palline, determinando conseguenti difficoltà nello scrutinio.
  I Presidenti Realacci ed Epifani propongono di adottare, in alternativa alle urne e palline – e come da decenni accade al Senato (in presenza di un apparato normativo del tutto analogo a quello della Camera) – la distribuzione a ciascun deputato di una scheda recante le possibili opzioni di voto (favorevole o contrario alla proposta in votazione), ossia il sistema prefigurato dalla Giunta per il Regolamento nello schema di riforma. Ciò mediante un'interpretazione della norma coerente con la sua ratio che è quella di garantire la segretezza del voto.
  Ritiene che la questione sia meritevole di un approfondimento, che affida al collega Giorgis perché riferisca nella prossima riunione.

  La seduta termina alle 15.45.