CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 settembre 2016
693.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (VIII e X)
COMUNICATO
Pag. 5

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 15 settembre 2016. — Presidenza del presidente della VIII Commissione, Ermete REALACCI. – Interviene la ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Marianna Madia.

  La seduta comincia alle 14.15.

Schema di decreto legislativo recante individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti.
Atto n. 322.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame dello schema di decreto.

  Ermete REALACCI, presidente della VIII Commissione, ricordando che il termine per l'espressione del parere è fissato al 2 ottobre e che comunque non sono ancora stati formalmente trasmessi i pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata, evidenzia ai colleghi l'opportunità di chiedere al Governo di poter utilizzare per l'esame del provvedimento qualche altro giorno, oltre il termine fissato per il parere, al fine di consentire la dovuta approfondita istruttoria, anche in considerazione delle numerose attività a cui saranno chiamate nelle prossime settimane le due Commissioni.

  La ministra Marianna MADIA dichiara la disponibilità del Governo ad attendere il parere oltre il termine fissato per il parere, ma comunque entro la metà di ottobre, in modo da consentire allo stesso Governo di predisporre il testo definitivo in tempo utile considerata la scadenza della delega al 27 novembre.

  Roberto MORASSUT (PD), relatore per la VIII Commissione, ricorda che le Commissioni riunite VIII e X avviano oggi l'esame dello schema di decreto legislativo che, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 5, comma 1, della legge n. 124 del 2015, recante riforma della pubblica amministrazione, provvede alla individuazione delle attività dei privati assoggettate ai quattro regimi amministrativi definiti Pag. 6nella norma di delega, ossia: segnalazione certificata di inizio attività (SCIA); silenzio assenso; comunicazione preventiva; titolo espresso. Si tratta di un provvedimento di rilevante importanza che interviene in una serie di ambiti di competenza delle due Commissioni.
  Il provvedimento in esame consta di sei articoli e di una tabella allegata (Tabella A) nella quale sono elencate le attività private soggette ai diversi regimi amministrativi.
  Premette quindi che nel suo intervento darà conto del contenuto dell'articolo 1, commi 1 e 2, nonché degli articoli 2, 3 e 4, rinviando altresì alla documentazione predisposta dagli uffici per un'analisi in dettaglio dei contenuti del provvedimento e della tabella allegata. Prima di illustrare gli articoli precedentemente richiamati, ricorda inoltre che, in attuazione dell'articolo 5 della legge n. 124 del 2015, il Governo ha adottato un primo decreto legislativo (decreto legislativo n. 126 del 30 giugno 2016) che ha ad oggetto la disciplina generale applicabile alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), ivi inclusa quella relativa alle modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni. Tra i principali contenuti innovativi del decreto n. 126 del 2016 (articolo 3, comma 2, lettera c)) figura la disciplina della cd. SCIA unica, mediante introduzione di un nuovo articolo 19-bis nella legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990), che regolamenta per la prima volta l'ipotesi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, ovvero altri atti di assenso comunque denominati, pareri e verifiche preventive. Si tratta, come evidenziato nella rubrica del nuovo articolo 19-bis, di una concentrazione di più regimi amministrativi; tale concentrazione è richiamata nello schema al nostro esame nell'articolato e nella tabella allegata.
  L'articolo 1, al comma 1, individua l'oggetto dello schema di decreto, che provvede alla precisa individuazione delle attività private oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) o di silenzio assenso o per le quali è necessario il titolo espresso, introducendo anche le conseguenti disposizioni di coordinamento normativo. L'individuazione dei procedimenti è limitata ai settori del commercio, dell'edilizia e dell'ambiente (tabella A). Ricorda la norma di chiusura prevista dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 126 del 2016, ai sensi della quale le attività private non espressamente individuate nei decreti di ricognizione o specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, sono libere. Il comma 2 dell'articolo 1, con riferimento alla materia edilizia, prevede l'adozione, mediante un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di un glossario unico. Nelle more dell'adozione di tale decreto, le pubbliche amministrazioni pubblicano sul proprio sito un glossario provvisorio che consenta l'immediata individuazione della caratteristica tipologica dell'intervento e del conseguente regime giuridico, indicando altresì il corredo documentale necessario. La norma specifica che il glossario individua il titolo giuridico necessario per ciascun tipo di intervento, anche in relazione a parametri oggettivi di rilevanza.
  L'articolo 2 dello schema di decreto reca disposizioni generali necessarie per l'applicazione della tabella A, nella quale sono elencate le attività private soggette ai diversi regimi amministrativi. La tabella, che è organizzata per attività, è suddivisa in tre sezioni: attività commerciali e assimilabili (sezione I); edilizia (sezione II), che include gli interventi edilizi e i relativi regimi amministrativi, altri adempimenti successivi all'intervento edilizio e gli interventi relativi a impianti alimentati da fonti rinnovabili; Ambiente (sezione III). Per ogni attività sono indicati: il regime amministrativo; la concentrazione dei regimi amministrativi (descritta solo nel caso Pag. 7in cui si applichi); i riferimenti normativi. I regimi amministrativi concretamente individuati in corrispondenza delle attività della tabella sono i seguenti: SCIA; SCIA unica; Autorizzazione; Autorizzazione – silenzio assenso; Comunicazione; Comunicazione asseverata; Comunicazione inizio lavori asseverata (CILA). Per alcune attività la colonna del regime amministrativo riporta la dicitura «attività libera», che riguarda le attività nel settore edilizio che lo schema in esame provvede ad ampliare. L'articolo 2, al comma 1, stabilisce in primo luogo che alle attività elencate nella tabella A, che forma parte integrante del decreto, si applica il regime amministrativo ivi indicato. Qualora per lo svolgimento dell'attività siano necessari diversi atti di assenso, segnalazioni o comunicazioni, si applica, secondo quanto la tabella indica, la concentrazione dei regimi amministrativi disciplinata dall'articolo 19-bis della legge n. 241 del 1990, introdotto dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 126 del 2016. Il comma 2 prevede una clausola di tipo generale, secondo la quale le attività private non elencate nella tabella possono essere ricondotte dalle amministrazioni a quelle corrispondenti presenti nella tabella medesima. Il comma 3 statuisce che, laddove la tabella indica il regime amministrativo dell'autorizzazione, è necessario un provvedimento espresso, fatte salve le ipotesi in cui il titolo espresso è sostituito dal silenzio assenso. Quando, invece, per lo svolgimento di una determinata attività, oltre all'autorizzazione, si renda necessaria l'acquisizione di ulteriori atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, il comma 3 stabilisce anche l'applicazione dell'articolo 19-bis, comma 3, della legge n. 241 del 1990, che prevede un'unica segnalazione allo sportello unico e l'indizione della conferenza di servizi. Il comma 4 chiarisce, stabilendo un coordinamento con le disposizioni della legge n. 241 del 1990, che, laddove la tabella A indica il regime amministrativo della SCIA, si applica il regime di cui all'articolo 19 della legge n. 241 del 1990. Ove sia indicato il regime amministrativo della SCIA unica, s'intende che si applica «altresì» quanto previsto dall'articolo 19-bis, comma 2, della stessa legge n. 241 del 1990, ossia la concentrazione dei regimi per attività soggette a SCIA che necessità di altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche. Laddove infine, la tabella A indica il regime amministrativo della comunicazione, s'intende che l'attività può essere iniziata solo dopo la ricezione della comunicazione da parte dell'amministrazione (comma 5). Il comma 6 stabilisce che con decreto del Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione si procede al periodico aggiornamento della tabella A e alla sua pubblicazione con le «modifiche strettamente conseguenti alle disposizioni legislative successivamente intervenute o in relazione alla necessità di completare la ricognizione delle attività, anche con riferimento alle disposizioni regolamentari, con l'indicazione del regime amministrativo applicabile in base alle norme vigenti».
  L'articolo 3 modifica in più punti le norme del testo unico in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, alcune delle quali assumono una rilevanza sostanziale. Tra le principali innovazioni rileva la semplificazione dei titoli abilitativi, mediante l'eliminazione della comunicazione di inizio lavori (CIL), e l'ampliamento delle ipotesi di attività edilizia libera, cioè che possono essere eseguite senza alcun titolo abilitativo. Tale ampliamento deriva in gran parte dalla riconduzione al regime di «edilizia libera» per gli interventi assoggettati a CIL (lettera b)): tra le opere aggiunte ricorda, tra le altre, le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità, le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto ministeriale n. 1444 del 1968. In conseguenza dell'eliminazione della CIL, attraverso l'inserimento dell'articolo 6-bis nel testo unico, sono assoggettati Pag. 8residualmente a comunicazione di inizio lavori asseverati (CILA) tutti gli interventi non riconducibili all'elenco di cui agli articoli 6, 10 e 22, cioè gli interventi che non sono di edilizia libera e per i quali non è nemmeno previsto il permesso di costruire o la presentazione della SCIA (lettera c)). In altre parole il regime ordinario (e, quindi, anche residuale per gli interventi non diversamente disciplinati) diviene quello della CILA, e non più della SCIA, fatte salve le ipotesi che non siano espressamente assoggettate ad altri regimi. Le disposizioni procedurali relative alla CIL vengono riferite alla CILA; la lettera h), infatti, riferisce alla CILA le norme sulle autorizzazioni preliminari attualmente riguardanti la CIL. Riproducendo quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 6 del testo unico per gli interventi di edilizia libera, si consente alle regioni a statuto ordinario di estendere la disciplina della CILA a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti e di disciplinare con legge le modalità per l'effettuazione dei controlli. L'articolo 3 prevede, inoltre, l'adozione di un decreto ministeriale finalizzato alla definizione dei requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici e, conseguentemente, la previsione dell'obbligo generale di asseverazione, in tutti i casi, della conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie (lettera d)). Sono, altresì, esplicitati gli interventi assoggettati a SCIA (lettera f)): gli interventi di manutenzione straordinaria, qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; gli interventi di ristrutturazione edilizia non soggetti a permesso di costruire. La lettera g) apporta una serie di modifiche all'articolo 23 del testo unico allo scopo di inserire all'interno di tale articolo la disciplina della cosiddetta super-DIA (che viene denominata super-SCIA). Gli interventi assoggettati a super-SCIA (e come tali soggetti al contributo di costruzione) sono quindi gli stessi assoggettati in base alle norme vigenti a super-DIA. Non essendo modificato il testo del vigente comma 1 dell'articolo 23, la super-SCIA deve essere presentata «almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori». La lettera i) prevede la modifica dell'articolo 24 del Testo unico, che disciplina il certificato di agibilità, al fine di sostituirlo con la segnalazione certificata di agibilità. Tale segnalazione consente sin da subito (cioè dalla data della sua presentazione allo sportello unico per l'edilizia, SUE) l'utilizzo dell'immobile o di sue parti alle condizioni indicate nella norma. Un'altra novità di rilievo è che la segnalazione non si limita, come invece fa il certificato di agibilità, ad attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, ma attesta anche la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità. L'articolo 3 prevede ulteriori semplificazioni in materia di certificazioni connesse al collaudo statico dell'opera (lettera y)). Si prevede, infatti, la sostituzione del certificato di collaudo con la dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori per alcuni interventi minori individuati negli interventi di riparazione e negli interventi locali sulle costruzioni esistenti, come definiti dalla normativa tecnica (nuovo comma 8-bis dell'articolo 67). Si dispone, inoltre, che il deposito del certificato di collaudo statico equivale al certificato di rispondenza dell'opera alle norme tecniche per le costruzioni. Si prevede, altresì, che la segnalazione certificata di agibilità deve essere corredata da una copia del certificato di collaudo. Ulteriori modifiche riguardano, tra l'altro, i compiti dello sportello unico per l'edilizia relativamente alla soppressione dell'obbligo di rilascio del certificato di agibilità, alla previsione di carattere generale dell'obbligo di acquisire gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio, all'eliminazione dal novero di tali atti di assenso del parere della azienda sanitaria locale. Altre modifiche sono di mero coordinamento con le innovazioni precedentemente evidenziate Pag. 9attraverso una serie di novelle che incidono su vari articoli del testo unico in materia edilizia.
  Le innovazioni precedentemente evidenziate confluiscono nella sezione II «Edilizia» della tabella A, che si articola in 6 sottosezioni: «ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi» (tabella 1), che individua i regimi amministrativi connessi alle diverse attività edilizie private ivi indicate; «permesso di costruire nel caso in cui sia necessario acquisire altri atti di assenso» (tabella 1.1), che indica il regime amministrativo applicabile nei casi in cui, in ragione della peculiarità dell'intervento edilizio, siano necessari altri atti di assenso in aggiunta al permesso di costruire; «CILA e SCIA nel caso in cui sia necessario acquisire altri atti di assenso» (tabella 1.2) che, in analogia con la tabella 1.1, individua i regimi amministrativi da applicare nel caso siano necessari atti di assenso ulteriori rispetto alla SCIA o alla CILA presentate dagli interessati; «attività edilizia libera: casi in cui è necessario acquisire preventivamente un diverso titolo di legittimazione» (tabella 1.3), che specifica i procedimenti connessi alla necessità di acquisire degli atti di assenso anche in caso di attività edilizia libera; «altri adempimenti successivi all'intervento edilizio» (tabella 2) che individua gli ulteriori adempimenti successivi all'intervento edilizio ed il relativo regime amministrativo; infine, «impianti alimentati da fonti rinnovabili». La tabella 1 «Ricognizione degli interventi edilizi e dei relativi regimi amministrativi» provvede ad elencare i vari casi di interventi edilizi contemplati dalle norme del testo unico in materia edilizia: in sostanza, per ogni tipologia di intervento, è individuato il titolo abilitativo necessario per la sua esecuzione, che è desumibile dal testo delle disposizioni del testo unico come innovate dallo schema in esame. Le tabelle 1.1., 1.2 e 1.3 elencano le medesime tipologie di attività per le quali, a seconda se si tratti di permesso di costruire o di CILA e SCIA o di attività edilizia libera (nel caso in cui sia necessario acquisire atti di assenso), sono indicati i regimi amministrativi e la concentrazione di regimi amministrativi (ai sensi dell'articolo 19-bis della legge n. 241 del 1990). Tra le attività elencate sono ricompresi, tra l'altro, gli interventi di lieve entità (ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 139 n. 2010 recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità) e gli interventi da realizzare in aree naturali protette.
  L'articolo 4, comma 1, introduce, sostituendo le disposizioni contenute nell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice dell'ambiente), una nuova disciplina in materia di procedure di bonifica da effettuarsi nei siti contaminati da parte del soggetto estraneo alla potenziale contaminazione. La nuova procedura prevede: la comunicazione agli enti competenti (da parte del proprietario, gestore o soggetto che ha la disponibilità del sito) del superamento o del pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) nel sito e l'attuazione delle misure di prevenzione (comma 1); la possibilità di attivare gli interventi di bonifica del sito e di completare quelli eventualmente già avviati da parte del soggetto interessato estraneo alla potenziale contaminazione che ha la proprietà, la gestione o la disponibilità del sito stesso, fermo restando quanto previsto dall'articolo 253, comma 4, del citato decreto legislativo sul diritto di rivalsa nei confronti del soggetto responsabile (comma 2); l'attestazione della estraneità rispetto alla potenziale contaminazione attraverso una dichiarazione da parte del soggetto interessato proprietario o gestore o che ha la disponibilità del sito (comma 3); l'obbligo di una comunicazione da parte del soggetto estraneo alla potenziale contaminazione, sulla volontà di effettuare gli interventi di bonifica, nonché il conseguente avvio delle procedure di bonifica decorsi 30 giorni dalla comunicazione (commi 4 e 5); la presentazione di un piano di indagine, all'agenzia per la protezione ambientale territorialmente competente, in un'area interessata da fenomeni naturali o antropici Pag. 10per definire i valori di fondo naturale da assumere come CSC (comma 6); la possibilità di attivare la procedura di bonifica attraverso la suddivisione del sito in lotti non inferiori a 15.000 metri quadri ciascuno (comma 7, lettera a)); la possibilità di stipulare un protocollo di intesa con le agenzie per la protezione ambientale competenti a livello territoriale – i cui oneri sono a carico del proponente – per il piano di caratterizzazione e la validazione dei dati (comma 7, lettera b); la prestazione di garanzie finanziarie per gli interventi di bonifica in forma alternativa a seconda se si tratti di sito suddiviso in lotti e la possibilità di riduzione delle garanzie medesime in caso di trattamento di almeno il 60 per cento del volume della matrice contaminata mediante interventi in-situ (comma 7, lettere c) e d)); specifici obblighi per gli interventi di bonifica delle acque di falda, che devono garantire il rispetto al punto di conformità dei valori di CSC, come definiti dall'articolo 240, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006, ovvero dei valori previsti, per il medesimo parametro, dalla normativa sulla qualità delle acque potabili, qualora superiori ai valori delle CSC (comma 8). Il comma 2 dell'articolo 4 prevede l'applicabilità delle nuove previsioni anche a procedimenti non conclusi, ad eccezione dei provvedimenti relativi ad interventi completamente realizzati e a cui non sia stata rilasciata la certificazione, di cui all'articolo 248, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che accerta il completamento e la conformità degli interventi medesimi ai progetti approvati.
  Le innovazioni precedentemente evidenziate confluiscono nella sezione III «Ambiente» della Tabella A, che risulta articolata in 10 sottosezioni: AIA (autorizzazione Integrata ambientale), VIA (valutazione di impatto ambientale), AUA (autorizzazione unica ambientale), emissioni in atmosfera, gestione dei rifiuti, inquinamento acustico, scarichi idrici, dighe, altri procedimenti in materia di tutela dei corpi idrici, bonifiche. In tale ambito, il regime amministrativo prevalente risulta quello dell'autorizzazione. I riferimenti normativi richiamati sono riconducibili in gran parte al decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice dell'ambiente) e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2013 (Regolamento recante la disciplina dell'autorizzazione unica ambientale).
  Nel ribadire in conclusione l'importanza e la complessità delle misure testé illustrate, che introducono attesi elementi di semplificazione nello svolgimento di numerose attività edilizie, auspica che le Commissioni possano prevedere un ciclo di audizioni, anche breve, al fine di compiere ulteriori approfondimenti prima di esprimere il prescritto parere sullo schema di decreto legislativo in esame.

  Lorenzo BECATTINI (PD), relatore per la X Commissione, espone sinteticamente le disposizioni di interesse della Commissione Attività produttive e l'articolo 6 dello schema di decreto recante disposizioni in materia di pubblica sicurezza. In particolare, richiama l'attenzione sulle disposizioni previste al comma 3 dell'articolo 1 che individua l'oggetto dello schema di decreto, mentre ai commi 2 e 3 sono previste alcune disposizioni di carattere generale in materia edilizia (glossario unico) e di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.
  L'articolo 1, comma 3, consente al comune, d'intesa con la regione, sentito il soprintendente, di individuare, con apposite deliberazioni, zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione l'esercizio di una o più attività di cui allo schema di decreto in esame. Le attività sono individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica. Non si tratta dunque solo di attività commerciali, ma di tutte le attività (intese come tipo o categoria merceologica) richiamate nello schema di decreto in esame: commercio, edilizia, ambiente. Il comma 3 comunque richiama le finalità indicate dall'articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), norma questa che contiene disposizioni – limitatamente Pag. 11all'esercizio del commercio – di tutela di aree di valore culturale e dei locali storici tradizionali.
  Ricorda che per l'esercizio del commercio, l'articolo 52, comma 1, del citato Codice già prevede che i comuni, sentito il soprintendente, individuino – con deliberazioni previste dalla disciplina di riforma del settore – le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio dell'attività.
  L'articolo dispone inoltre, al comma 1-ter – con la finalità di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonché delle aree limitrofe – che i competenti uffici territoriali del Ministero, d'intesa con la regione e i Comuni, adottino determinazioni per vietare gli usi da ritenere incompatibili con le esigenze di tutela e di valorizzazione (comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, come le attività ambulanti senza posteggio) nonché, se necessario, determinazioni per vietare l'uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico. La relazione illustrativa rileva che il comma 3 in questione si rende necessario per evitare che la valenza generale del censimento riportato in tabella prevalga sulla tutela degli interessi prioritari costituzionalmente garantiti e tiene conto della giurisprudenza costituzionale in materia di non apponibilità di limiti alla concorrenza ovvero di discriminazioni in materia di regime giuridico applicabile se non per la salvaguardia di interessi prioritari, quali il patrimonio culturale. Il Consiglio di Stato, nel parere reso il 4 agosto scorso sullo schema in esame, osserva che l'esigenza suesposta «è senz'altro corretta, ma lo strumento tecnico attraverso il quale realizzarla non può essere il rinvio a deliberazioni degli enti locali aventi l'effetto automatico di neutralizzare l'applicazione di una disciplina legislativa». Anche poi ritenendo che la deroga sia disposta dallo stesso comma 3, la semplificazione operata dal decreto – per come formulato il comma 3 – «sarebbe derogabile senza limiti per decisione dell'attività amministrativa». Nella sostanza, sarebbe opportuno preservare la ratio rappresentata dal provvedimento in esame, stante nell'affermazione del «principio generale secondo cui i regimi amministrativi delle attività economiche private sono solo quelli espressamente previsti».
  L'articolo 5 contiene semplificazioni in materia di commercio. Il comma 1 dell'articolo, alle lettere a) e b), interviene sulla disciplina relativa al settore contenuta nel decreto legislativo, n. 114 del 1998, e nello specifico sull'articolo 26, comma 5, sopprimendo l'obbligo di comunicazione al comune competente per territorio della cessazione delle seguenti attività: esercizi di vicinato (disciplinati all'articolo 7 dello stesso decreto legislativo n. 114); medie strutture di vendita (disciplinate all'articolo 8 del decreto legislativo); grandi strutture di vendita (disciplinate all'articolo 9 del decreto legislativo).
  Secondo il Consiglio di Stato, il principio di proporzionalità suggerirebbe di mantenere l'onere della comunicazione a salvaguardia dell'attività di controllo e programmazione del Comune. La novella a tal fine interviene sopprimendo nel vigente primo periodo del comma 5 dell'articolo 26 il richiamo agli articoli 7, 8 e 9, rispettivamente concernenti gli esercizi di vicinato e le medie e le grandi strutture di vendita. Rimangono invece assoggettate a comunicazione al comune competente il trasferimento della gestione o della proprietà per atto tra vivi o per causa di morte (subingresso).
  L'obbligo della comunicazione nel caso di subingresso opera per tutte le attività commerciali (come, ad esempio, per il subingresso nell'attività di commercio su area pubblica su posteggio e in forma itinerante non alimentare, punto 2.1, nn. 35 e 37, della Tabella allegata allo schema che richiama l'articolo 26, comma 5 e l'articolo 30, comma 1 del decreto legislativo, n. 114 del 1998).Pag. 12
  Il comma 2 interviene sul decreto legislativo, n. 59 del 2010, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (cd. Direttiva Bolkestein) e in particolare sull'articolo 64, concernente l'attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione. In particolare, la novella estende la segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) anche all'apertura o il trasferimento di sede degli esercizi commerciali insistenti in zone del comune soggette a tutela. Tuttavia, come già anticipato, con riferimento alle zone comunali soggette a tutela, lo schema di decreto legislativo all'articolo 1, comma 3, prevede comunque una norma a tutela dell'ambiente, del patrimonio storico artistico e paesaggistico, di portata piuttosto ampia. In particolare, consente al comune, d'intesa con la regione, sentito il soprintendente, di adottare deliberazioni volte a individuare zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione l'esercizio di una o più attività di cui al decreto in commento, individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Quanto sopra viene disposto per le finalità indicate dall'articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), il quale già prevede – per il solo commercio – che i comuni, sentito il soprintendente, individuino le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio dell'attività (comma 1).
  Infine, il comma 3 dell'articolo 5 abroga l'articolo 126 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto n. 773 del 1931) il quale contiene il divieto di esercitare il commercio di cose antiche o usate senza averne fatta dichiarazione preventiva all'autorità locale di pubblica sicurezza. La disciplina attualmente vigente contenuta nell'articolo 64 del decreto legislativo n. 59 del 2010 richiede invece, in tali casi, l'autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio. In tutti gli altri casi, apertura o trasferimento di sede di esercizi commerciali di somministrazione di alimenti e bevande in zone non sottoposte a tutela, trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi, siano essi in zone sottoposte a tutela o non, la disciplina vigente già prevede la SCIA.
  L'articolo 6 introduce alcune semplificazioni in materia di pubblica sicurezza. Con il comma 1 viene modificato il regime amministrativo necessario per la costruzione di impianti provvisori elettrici per straordinarie illuminazioni pubbliche, in occasione di festività civili o religiose o in qualsiasi altra contingenza, che ai sensi del vigente articolo 110 del regolamento di esecuzione del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto n. 635 del 1940) richiede la licenza della autorità locale di pubblica sicurezza, rilasciata ai sensi dell'articolo 57 del TULPS (regio decreto n. 773 del 1931). L'articolo 110 viene interamente novellato dal comma 1 dell'articolo in esame per sostituire alla licenza una comunicazione da trasmettere al comune, corredata dalla certificazione di conformità degli impianti di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37. Inoltre, viene abrogato il secondo comma 2 dell'articolo 110 in base al quale la licenza non può essere rilasciata a chi non dimostri la propria capacità tecnica, con qualunque mezzo ritenuto idoneo dall'autorità di pubblica sicurezza.
  Di carattere più generale è la novità introdotta con il comma 2 dell'articolo 6, il quale stabilisce che per le attività soggette ad autorizzazione di pubblica sicurezza per le quali la tabella prevede il regime della SCIA, questa svolge anche la funzione dell'autorizzazione. In altri termini, per i casi individuati nella tabella, la SCIA è funzionale a consentire l'immediata intrapresa dell'attività economica ma al tempo stesso vale come autorizzazione di pubblica sicurezza. La relazione di accompagnamento chiarisce che la disposizione è volta a risolvere una questione Pag. 13risalente, consistente nel mantenimento, almeno sotto il profilo formale, di un duplice regime per determinate attività commerciali che, pur essendo state «liberalizzate» a seguito della introduzione della SCIA, continuano ad essere assoggettate alle autorizzazioni di pubblica sicurezza per le finalità relative. La stessa relazione evidenzia che tale doppio regime resiste sotto il profilo formale ed è sostanzialmente superato nelle «prassi interpretative» della normativa vigente. Con la disposizione introdotta si chiarisce che per le attività individuate nella tabella non esiste il doppio regime, bensì basta la segnalazione ad esplicare anche gli effetti dell'autorizzazione di polizia.
  La tabella contenuta nello schema di decreto legislativo elenca ciascuna attività privata soggetta a segnalazione certificata di inizio attività individuando per ciascuna di essa lo specifico regime amministrativo di controllo. Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Attività produttive, evidenzia sinteticamente i procedimenti rinviando per un'analisi più dettagliata alla documentazione predisposta dal Servizio Studi. La Sezione I – dedicata alle «Attività commerciali e assimilabili» – è articolata in 14 sottosezioni che al loro interno contengono più settori (ad esempio: commercio all'ingrosso alimentare e commercio all'ingrosso non alimentare; ovvero, media struttura di vendita non alimentare e media struttura di vendita non alimentare). Dunque, il criterio seguito nella ripartizione tabellare delle attività di commercio è sia quello della tipologia delle attività svolte, sia della struttura/spazio in cui esse vengono svolte. La ripartizione adottata riflette nella sostanza la disciplina normativa di settore richiamata nella stessa tabella (quarta colonna), la quale è prevalentemente contenuta nel decreto legislativo n. 114/1998 e nel decreto legislativo n. 59/2010 (di recepimento della «Direttiva Servizi» cd. Bolkestein 2006/123/CE). Con riferimento a questo aspetto, il Consiglio di Stato rileva che l'elencazione e la relativa articolazione merceologica si fondano su una visione risalente. Le significative novità nel frattempo intervenute in conseguenza dell'innovazione tecnologica non sarebbero considerate e andrebbe quantomeno operato un richiamo alla normativa sul commercio elettronico (decreto legislativo n. 70 del 2003) per le parti di interesse. Osserva a questo riguardo che la Tabella fornisce indicazione della procedura applicabile all'attività di vendita per corrispondenza, televisione e altri sistemi di comunicazione, al punto 1.12.4, n. 30. Tale punto richiama esclusivamente il decreto legislativo n. 114 del 1998 (articolo 18) e il decreto legislativo n. 59 del 2010 (articolo 68, comma 1), che fa riferimento all'avvio dell'attività di vendita «con altri sistemi di comunicazione», ma non richiama esplicitamente il commercio elettronico. Il MISE è peraltro intervenuto con Risoluzione n. 204137 del 18 novembre 2014 riconducendo l’e-commerce al citato articolo 68, comma 1. Per ciascuna attività sottostante alla tipologia/struttura commerciale indicata (prima colonna della Tabella) la Tabella indica il relativo regime amministrativo (seconda colonna) riferito alle distinte necessità (apertura, trasferimento, ampliamento, subingresso). Come rilevato dal Consiglio di Stato, prevale in generale il regime della SCIA, ma l'autorizzazione ricopre uno spazio consistente, in particolare per le medie e grandi strutture di vendita, per il commercio su area pubblica, per l'attività di spettacolo e di intrattenimento, per l'esercizio di sale giochi, per l'attività di stampa.
  La Tabella dà conto (terza colonna) della concentrazione dei regimi amministrativi prevista dall'articolo 19-bis della legge n. 241 del 1990, come introdotto dal decreto legislativo n. 126 del 2016.
  Circa l'analisi delle voci contenute nella Tabella, essa – per la parte più ampia dei casi – richiama (quarta colonna) la normativa già vigente, nazionale e regionale. In proposito osserva che la tabella interviene su materia di competenza regionale, come quella sulle strutture ricettive (turismo), Punto 4, n. 49, disponendo che ad esse si applica la SCIA senza richiamare la normativa regionale. In alcuni casi, la normativa è quella come interpretata da Pag. 14successive circolari del MISE. Si eleva dunque a rango normativo primario una «prassi interpretativa» della normativa vigente. In altri casi, la Tabella sostituisce l'autorizzazione all'esercizio dell'attività prevista dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) con la SCIA unica, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 6, comma 2, dello schema di decreto in esame. Osserva al riguardo che il richiamato articolo 6, comma 2, trova la sua ratio nel fatto che già esistono «prassi interpretative» della normativa vigente da parte del Ministero dell'interno. La normativa, richiamata nella quarta colonna, assorbe dunque anche le novelle introdotte dagli articoli 5 e 6 dello schema in esame.
  In relazione all'attività di cui al numero 98 («Costruzione, esercizio e modifica di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili al di sotto della soglia»), la Tabella prevede che le opere ivi indicate debbano essere assentite tramite autorizzazione – fatta salva l'applicazione del silenzio assenso – ai sensi degli articoli 12, comma 5, del decreto legislativo n. 387 del 2003 e del comma 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011. Tuttavia, l'articolo 12, comma 5, del decreto legislativo n. 387 del 2003 prevede che «quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. Mentre, l'articolo 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011 dispone che i medesimi interventi possano essere realizzati dagli interessati previa trasmissione al comune competente di «una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali ...». Ne consegue, come anche rilevato dal Consiglio di Stato, che gli interventi relativi a impianti alimentati da fonti rinnovabili sotto soglia debbano essere assentiti non tramite autorizzazione ma tramite una dichiarazione certificata da inoltrare al comune competente, sostanzialmente analoga alla SCIA. Al punto 98 (Costruzione, esercizio e modifica di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili al di sotto della soglia) si indica come regime l'autorizzazione/silenzio assenso e si richiama a tal fine l'articolo 12, comma 5 del decreto legislativo n. 387 del 2003. L'articolo 12, comma 5, del decreto legislativo n. 387 del 2003 dispone che all'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) del medesimo decreto legislativo e dunque: agli impianti alimentati da fonti rinnovabili programmabili: impianti alimentati dalle biomasse e dalla fonte idraulica, ad esclusione, per quest'ultima fonte, degli impianti ad acqua fluente, nonché gli impianti ibridi; agli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili o comunque non assegnabili ai servizi di regolazione di punta che non rientrano tra quelli di cui sopra; per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure autorizzatorie di cui ai commi 3 e 4 (autorizzazione unica).
  Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al decreto legislativo, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (ora segnalazione certificata di inizio attività). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata, possono essere individuate maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività ora segnalazione certificata di inizio attività.
  In relazione all'attività di cui al numero 103 («Realizzazione di impianti di produzione di biometanoidi con capacità produttiva non superiore a 500 standard metri cubi/ora»), la Tabella prevede che le opere ivi indicate debbano essere assentite tramite autorizzazione – fatta salva l'applicazione del silenzio assenso – ai sensi Pag. 15dell'articolo 8-bis, lettera a) del decreto legislativo n. 28 del 2011. Tuttavia l'articolo 8-bis, lettera a), del decreto legislativo n. 28 del 2011 prevede «la procedura abilitativa semplificata di cui agli articoli 5 e 6 del medesimo decreto legislativo per i nuovi impianti di capacità produttiva, non superiore a 500 standard metri cubi/ora, nonché per le opere di modifica e per gli interventi di parziale o completa riconversione alla produzione di biometano di impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione, che non comportano aumento e variazione delle matrici biologiche in ingresso».

  Davide CRIPPA, nel sottolineare la complessità del provvedimento in esame, ritiene opportuno svolgere un breve e selezionato ciclo di audizioni che consenta alle Commissioni di approfondire alcuni aspetti problematici delle disposizioni di semplificazione in esso contenute che coinvolgono direttamente le competenze dei professionisti responsabili delle previste certificazioni.
  Ritiene necessario definire i procedimenti amministrativi con la massima chiarezza al fine di dare le opportune garanzie di intervento ai professionisti medesimi. Ritiene altresì necessario approfondire i profili di tutela paesaggistica ed ambientale che giudica assai rilevanti nel procedimento di semplificazione in atto.

  Ermete REALACCI, presidente della VIII Commissione, nel prendere atto che tra i componenti delle Commissioni sembra emergere un orientamento favorevole allo svolgimento di un breve ciclo di audizioni, necessario prima di precedere all'espressione del parere sullo schema di decreto, in accordo con il presidente Epifani, rinvia alle decisioni degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle due Commissioni le opportune intese in merito.
  Nessun altro chiedendo di parlare, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.