CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 luglio 2016
669.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

  Mercoledì 6 luglio 2016. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.40.

Sui lavori della Commissione.

  Sara MORETTO (PD) chiede di posticipare di qualche giorno il termine per la presentazione di emendamenti alla proposta di legge C. 3666 Bernardo, recante disposizioni concernenti la comunicazione e Pag. 68la diffusione delle competenze di base necessarie per la gestione del risparmio privato, attualmente fissato alle ore 18 di oggi.

  Paolo PETRINI, presidente, alla luce della richiesta avanzata dalla deputata Moretto, avverte che, concorde la Commissione, il termine per la presentazione di emendamenti alla proposta di legge C. 3666 Bernardo, adottata come testo base, recante disposizioni concernenti la comunicazione e la diffusione delle competenze di base necessarie per la gestione del risparmio privato, è posticipato alle ore 18 di mercoledì 13 luglio prossimo.

  Paolo PETRINI, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

  Il Viceministro Luigi CASERO chiede di rinviare alla prossima settimana lo svolgimento dell'interrogazione 5-09080 Sandra Savino.

  Paolo PETRINI, presidente, avverte che, su richiesta del Viceministro, e concordi i presentatori, l'interrogazione 5-09080 sarà svolta in altra seduta.

5-09078 Paglia: Iniziative in merito alle possibili conseguenze su Borsa Italiana SpA nel caso di uscita del Regno Unito dall'Unione europea.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) rinuncia a illustrare la propria interrogazione.

  Il Viceministro Luigi CASERO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ringrazia per la risposta, che al momento appare esaustiva. In tale contesto sottolinea peraltro come non sia indifferente il fatto che la Borsa italiana sia controllata da una società situata all'interno dell'Unione europea ovvero da una società posta all'esterno della stessa UE. Ritiene che dal tenore della risposta emerga come la sostenibilità dell'assetto organizzativo del gruppo di cui fa parte la Borsa italiana sia condizionata dal fatto che solo la holding di controllo sia posta al di fuori dell'Unione europea, considerando tranquillizzante la consapevolezza del Governo e delle autorità di vigilanza circa tale aspetto.

5-09079 Pesco: Iniziative a seguito di indagini penali nei confronti di funzionari e dirigenti dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia.

  Daniele PESCO (M5S) rinuncia a illustrare la propria interrogazione.

  Il Viceministro Luigi CASERO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Daniele PESCO (M5S) prende atto della risposta fornita dichiarandosi soddisfatto per i provvedimenti assunti in alcuni casi dall'Agenzia delle entrate nei confronti di dipendenti coinvolti in inchieste giudiziarie. Evidenzia, tuttavia, come, mentre su alcuni comportamenti illeciti posti in essere da dipendenti pubblici, ad esempio in materia di assenteismo, ci sia grande evidenza mediatica, per altre gravissime violazioni penali concernenti i doveri d'ufficio, ad esempio in relazione alla sospensione di cartelle esattoriali o di atti di pignoramento, ovvero alla rateizzazione di debiti tributari, si riscontri un'attenzione mediatica molto bassa. Sottolinea, invece, l'esigenza che tutti gli organi di direzione delle pubbliche amministrazioni pongano la massima attenzione nel contrastare e colpire fermamente tali fenomeni, disponendo la sospensione e il licenziamento dei pubblici dipendenti coinvolti.

5-09081 Marco Di Maio: Soluzioni riallocative per evitare la chiusura dell'ufficio di Forlì dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

  Marco DI MAIO (PD) rinuncia a illustrare la propria interrogazione.

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  Il Viceministro Luigi CASERO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Marco DI MAIO (PD), nel rilevare come la risposta fornita abbia carattere interlocutorio, auspica che, tenendo conto delle proposte avanzate circa la ricollocazione in altro immobile pubblico dell'ufficio di Forlì dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, in luogo della chiusura dell'ufficio stesso, si possa individuare una formula che consenta, al tempo stesso, di mantenere il servizio fornito dal predetto ufficio di Forlì e di ridurre gli oneri a carico della pubblica amministrazione.
  Sollecita quindi il Governo a prospettare all'Agenzia delle dogane e dei monopoli un'ipotesi di ricollocazione del predetto ufficio indicata nell'interrogazione, al fine di giungere ad una soluzione positiva della questione.

  Paolo PETRINI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 15.

INTERROGAZIONI

  Mercoledì 6 luglio 2016. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 15.

5-09032 Ginato: Iniziative per fare chiarezza circa il calcolo degli interessi dei buoni fruttiferi postali.

  Il Viceministro Luigi CASERO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).

  Federico GINATO (PD) prende atto della risposta del rappresentante del Governo, auspicando che su tale lunga vicenda sia stata pronunciata finalmente l'ultima parola.

  Paolo PETRINI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento dell'interrogazione all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 15.05.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 6 luglio 2016. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 15.05.

DL 113/2016: Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio.
C. 3926 Governo.

(Parere alla V Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Gian Mario FRAGOMELI (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini del parere alla V Commissione Bilancio, il disegno di legge C. 3926, di conversione del decreto-legge n. 113 del 2016, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio.
  Per quanto riguarda le disposizioni del decreto-legge rilevanti a vario livello per gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala gli articoli 1 e 6, i commi 6 e 7 dell'articolo 10, gli articoli 11, 12, 13, 18 e il comma 3 dell'articolo 24.
  L'articolo 1 contiene alcune disposizioni che riguardano il Fondo di solidarietà comunale, il quale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con Pag. 70finalità di perequazione, alimentato con quota parte del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi.
  In particolare, il comma 1 è volto a precisare che l'accantonamento di 80 milioni di euro costituito a valere sul Fondo di solidarietà comunale, destinato ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI, è da considerarsi come importo massimo da destinare a tale finalità.
  A tal fine, il comma 1 modifica le disposizioni recate dal comma 380-sexies dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012, relativo ai criteri di riparto della quota incrementale del Fondo di solidarietà comunale assegnata dalla legge di stabilità per il 2016 quale ristoro del mancato gettito delle esenzioni IMU/TASI, a valere sulla quale è stata prevista la costituzione del suddetto accantonamento.
  Il comma 2 è volto a consentire l'utilizzo nell'anno 2016 delle disponibilità residue dell'importo accantonato nel 2015 sul Fondo di solidarietà comunale per le finalità di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 settembre 2015 – recante la definizione e la ripartizione delle risorse del Fondo per l'anno 2015 – fermo restando la finalità di utilizzo.
  Rammenta che il citato articolo 7, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 settembre 2015 ha accantonato, a valere sulla dotazione complessiva del Fondo di solidarietà comunale per l'anno 2015 (pari a 4.778,7 milioni), un importo di 20 milioni di euro da destinare ad eventuali conguagli ai singoli comuni derivanti da rettifiche dei valori utilizzati in sede di riparto. Le relative assegnazioni devono essere disposte, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, con apposito decreto del Ministro dell'interno.
  Nella seduta della Conferenza Stato-città e autonomie locali dell'8 giugno 2016 è stata approvata la ripartizione di una quota pari a 8,9 milioni di euro dell'accantonamento in questione, per provvedere a esigenze di rettifiche, in favore di 28 comuni.
  Il comma 3 interviene sulle modalità di ripartizione della quota parte del Fondo che viene accantonata e redistribuita tra i comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali ed i fabbisogni standard, come approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello di riferimento.
  In particolare, il comma 3 integra le disposizioni recate dal comma 380-quater dell'articolo 1 della legge n. 228 del 2012, che disciplina il riparto della quota perequativa del Fondo, introducendo la previsione di un correttivo statistico finalizzato a limitare le variazioni, in aumento e in diminuzione, delle risorse attribuite a ciascun comune sulla base dei criteri perequativi in luogo dei criteri ordinari, di cui al comma 380-ter della medesima legge.
  L'articolo 6 dispone il differimento del pagamento della rata dei finanziamenti agevolati accordati ai soggetti danneggiati dal sisma del maggio 2012 in Emilia, Lombardia e Veneto, per il pagamento di tributi, contributi e premi assicurativi.
  In merito ricorda che, a seguito del sisma del 20 e 29 maggio 2012 nelle regioni dell'Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, in una prima fase si è provveduto a sospendere fino al 30 novembre il pagamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria.
  Successivamente, a favore di determinate categorie di soggetti (imprese e lavoratori autonomi) sono stati previsti dei finanziamenti agevolati per il pagamento di tributi, contributi previdenziali e premi dovuti per effetto della sospensione degli adempimenti da maggio a novembre del 2012 e degli oneri dovuti dal 1o dicembre 2012 al 30 giugno 2013 (articolo 11, comma 7, del decreto-legge n. 174 del 2012). I soggetti finanziatori, le banche, hanno stipulato contratti tipo definiti da apposite convenzioni tra la Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana (Plafond Moratoria Sisma 2012 – Fase 1). Pag. 71
  I finanziamenti agevolati in questione, assistiti dalla garanzia dello Stato, sono:
   il finanziamento ai titolari di reddito di impresa (anche commerciale) che hanno i requisiti per accedere ai contributi per la ricostruzione degli immobili danneggiati, in aggiunta ai predetti contributi, per provvedere al pagamento dei tributi, dei contributi e dei premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1o dicembre 2012 al 30 giugno 2013;
   il finanziamento richiesto dai titolari di reddito di lavoro autonomo, nonché dagli esercenti attività agricole per il pagamento dei tributi, contributi e premi sospesi, nonché di quelli da versare dal 1o dicembre 2012 al 30 giugno 2013, se dotati dei requisiti per accedere ai contributi ulteriori previsti dalla normativa limitatamente ai danni subiti in relazione alle attività dagli stessi rispettivamente svolte;
   il finanziamento richiesto dai titolari di reddito di lavoro autonomo, dagli esercenti attività agricole nonché dai titolari di reddito di lavoro dipendente, proprietari di una unità immobiliare adibita ad abitazione principale classificata nelle categorie B, C, D, E e F della classificazione AEDES;
   il finanziamento garantito dallo Stato a favore dei titolari di imprese industriali, commerciali, agricole ovvero per i lavoratori autonomi, che abbiano subito un danno economico alle loro attività a seguito del sisma del maggio 2012, al fine di poter fare fronte al pagamento dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti fino al 30 giugno 2013;
   il finanziamento per il pagamento, senza applicazione delle sanzioni, dei tributi, contributi previdenziali e assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dovuti dal 1o luglio 2013 al 15 novembre 2013.

  I soggetti finanziati devono restituire la sola quota capitale del finanziamento, a partire dal 1o luglio 2013 secondo un piano di ammortamento, mentre le spese e gli interessi sono accollati dallo Stato, attraverso un credito d'imposta riconosciuto ai soggetti finanziatori pari per ciascuna scadenza di rimborso all'importo relativo agli interessi e alle spese dovuti. Tale credito d'imposta non costituisce un'agevolazione nei confronti dei soggetti finanziatori, ma piuttosto il rimborso da parte dello Stato degli interessi e delle spese necessarie alla gestione dei finanziamenti.
  Il legislatore è intervenuto, da un lato per estendere la platea dei soggetti ammessi a tali finanziamenti agevolati e per coprire un periodo più ampio fino al 15 novembre 2013 (con il decreto-legge n. 174 del 2012 e con il decreto-legge n. 43 del 2013) e, dall'altro lato, per differire, con diversi interventi simili a quello in esame, il termine per la restituzione del debito da parte dei soggetti finanziati. Conseguentemente l'ABI e la CDP, da un lato, hanno stipulato una seconda Convenzione Plafond Moratoria Sisma 2012 (Fase 2) e, dall'altro, hanno aggiornato le due Convenzioni con diversi addendum per tenere conto di tali diverse proroghe.
  In tale contesto il comma 1 dell'articolo 6 dispone che il pagamento della rata dei finanziamenti agevolati contratti ai sensi della normativa richiamata in scadenza il 30 giugno 2016 è differito per pari importo al 31 ottobre 2016 e che i pagamenti delle successive rate avvengono il 30 giugno e il 31 dicembre di ciascun anno, a decorrere dal 30 giugno 2017 e fino al 30 giugno 2020.
  Il comma 2 prevede che i Commissari delegati alla ricostruzione provvedano alla rideterminazione dell'entità dell'aiuto di Stato nell'ambito delle decisioni della Commissione europea e alla verifica dell'assenza di sovra compensazioni dei danni subiti per effetto degli eventi sismici del maggio 2012, tenendo conto anche degli eventuali indennizzi assicurativi, rispetto alle decisioni della Commissione.
  Il comma 3 prevede l'adeguamento delle convenzioni che regolano i finanziamenti Pag. 72agevolati da parte della Cassa depositi e prestiti e l'Associazione bancaria italiana, in coerenza con il differimento disposto dal comma 1. Si tratta delle citate convenzioni Plafond moratoria sisma 2012 (Fase 1 e Fase 2). I finanziamenti contratti sono assistiti dalle garanzie dello Stato senza ulteriori formalità e con i medesimi criteri e modalità operative stabiliti nei decreti emanati in attuazione della normativa citata.
  Il comma 4 indica le modalità di copertura dell'onere finanziario, stimato in un importo massimo di circa 3 milioni di euro, corrispondente ai maggiori interessi derivanti dal differimento del rimborso dei finanziamenti, i quali determinano un incremento del credito d'imposta riconosciuto alle banche finanziatrici.
  Al riguardo è previsto che la Cassa depositi e prestiti comunichi, entro il 15 novembre 2016, al Commissario delegato e al Ministero dell'economia e delle finanze l'effettivo onere risultante dal differimento previsto dal comma 1. Conseguentemente le risorse disponibili sulla contabilità speciale di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 74 del 2012 (intestata al Presidente della Regione Emilia-Romagna), ricorrendo eventualmente alla ridefinizione degli interventi programmati, sono versate per un corrispondente importo all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  I commi 6 e 7 dell'articolo 10 intervengono sulla disciplina relativa alla tassa automobilistica in caso di leasing, con conseguenti effetti finanziari che interessano le regioni, destinatarie del relativo gettito.
  In dettaglio, il comma 6 modifica l'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2015.
  In primo luogo viene abrogato il comma 9-bis del citato articolo 9, il quale recava disposizioni interpretative dell'articolo 5, ventinovesimo comma, del decreto-legge 30 dicembre n. 953 del 1982, stabilendo che, in caso di locazione finanziaria, il soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica era esclusivamente l'utilizzatore; quanto alla eventuale responsabilità solidale della società di leasing, essa era configurabile solo nell'ipotesi in cui questa avesse provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.
  Inoltre viene stabilito che la disciplina di cui al comma 9-quater del citato articolo 9 del decreto-legge n. 78 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge; ricorda che il comma 9-quater dispone che il comma 3 dell'articolo 7 della legge n. 99 del 2009 – secondo cui la competenza e il gettito della tassa automobilistica sono determinati in relazione al luogo di residenza dell'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria del veicolo – si applica ai veicoli per i quali la scadenza del termine utile per il pagamento è successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015.
  Il comma 7 introduce nell'articolo 7 della legge n. 99 del 2009, relativo alla semplificazione e razionalizzazione della riscossione della tassa automobilistica per le singole regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale:
   a decorrere dal 1o gennaio 2016, gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, sulla base del contratto annotato al PRA e fino alla data di scadenza del contratto medesimo, sono tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale;
   è configurabile la responsabilità solidale della società di leasing solo nella particolare ipotesi in cui questa abbia provveduto, in base alle modalità stabilite dall'ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.

  Tali disposizioni riproducono i contenuti delle norme riguardanti le modalità di Pag. 73individuazione del soggetto passivo della tassa già recate nell'abrogato articolo 9, comma 9-bis, del decreto legislativo n. 78 del 2015, che tuttavia – a differenza di quest'ultimo, che dettava un'interpretazione autentica di una disciplina risalente al 1999 – sono vigenti a decorrere dal 1o gennaio 2016 (quindi con un'efficacia dall'anno finanziario in corso).
  In sostanza, le previsioni dei commi 6 e 7 intendono intervenire sul contenzioso in essere tra le regioni e le società di leasing sul mancato pagamento della tassa automobilistica a partire dall'anno d'imposta 2009, a seguito dell'entrata in vigore della citata legge n. 99 del 2009, al fine di evitare che gli effetti della modifica del soggetto passivo disposta da tale intervento legislativo decorrano ex tunc. Ricorda infatti come, a seguito dell'approvazione della disposizione di cui all'articolo 9, comma 9-bis, del decreto-legge n. 78 del 2015, di carattere interpretativo, si era avviato un contenzioso, che ha interessato alcune regioni, in ordine alla possibilità o meno di considerare le società di leasing soggetti passivi della tassa (con dirette conseguenze in ordine alla regione titolare del gettito) a partire dal 2009.
  L'articolo 11 attua il recente Accordo firmato tra il Governo e la Regione Siciliana il 20 giugno 2016, mediante il quale si intende adeguare le norme di attuazione dello Statuto della Regione Siciliana alle diverse modifiche normative intervenute nell'ambito della legislazione tributaria che hanno determinato, nel corso degli anni, una riduzione del gettito disponibile per la Regione stessa.
  L'Accordo rientra, inoltre, tra quell'insieme di atti volti a omogeneizzare il comparto delle autonomie speciali con particolare riguardo ai criteri di calcolo del gettito di competenza di ciascuna di tali autonomie.
  In particolare il comma 1 assegna alla Regione Siciliana un importo pari a 5,61 decimi dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a titolo di acconto sulle compartecipazioni spettanti per l'anno 2016. L'importo assegnato alla Regione Siciliana è pari a circa 500 milioni di euro.
  L'erogazione di tale somma avverrà direttamente da parte della Struttura di gestione, individuata nel Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, Direzione centrale per la riscossione.
  La necessità di anticipare, già a partire dal 2016, gli effetti delle norme di attuazione dello Statuto deriva dai numerosi inviti ricavabili dalla giurisprudenza della Corte costituzionale che, a più riprese, ha sottolineato come: «molte delle difficoltà e dei contrasti che insorgono in ordine al regime di ripartizione delle entrate fra Stato e Regione Siciliana, e di riscossione delle entrate nella Regione Siciliana, sono da addebitarsi alla mancanza di una normativa di attuazione dello Statuto che tenga conto delle profonde trasformazioni intervenute nel sistema tributario e nei rapporti finanziari fra Stato e Regione».
  Il comma 2 provvede alla copertura degli oneri in termini di saldo netto da finanziare, quantificati nelle relazioni illustrativa e tecnica in 500 milioni di euro per l'anno 2017.
  Il comma 3 prevede che, al fine di assicurare la neutralità finanziaria in termini di fabbisogno, la Regione Siciliana non possa utilizzare risorse aggiuntive derivanti dai decimi di compartecipazione al gettito IRPEF, di cui al comma 1.
  Tali risorse dovranno restare depositate sulla contabilità speciale e potranno essere utilizzate solo per esigenze indifferibili. In particolare, lo stesso comma 3 precisa che tali esigenze sono legate, in caso di carenza di altra liquidità disponibile, esclusivamente al pagamento delle competenze fisse al personale dipendente e delle rate di ammortamento di mutui che scadono nello stesso esercizio finanziario. È comunque previsto l'obbligo di reintegro, nel medesimo anno, con il gettito rinveniente dalle entrate devolute.
  Il comma 4 stabilisce che la Regione Siciliana debba garantire, per l'anno 2016, un saldo positivo, in base alle modalità individuate dalla legge di stabilità per il 2016, pari a 227.879.000. Nel caso di Pag. 74mancato rispetto di tale obbligo viene prevista l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 1, comma 723, della legge di stabilità 2016 nel caso di scostamento dall'obbligo di equilibro di bilancio (consistenti nel versamento all'entrata del bilancio dello Stato, dell'l’importo corrispondente allo scostamento registrato).
  Lo stesso comma 4 stabilisce inoltre che non si applicano alla Regione Siciliana le disposizioni in materia di Patto di stabilità interno che risultino in contrasto con quanto previsto dal comma medesimo.
  Illustra quindi l'articolo 12, il quale attua parte dell'Accordo firmato il 21 luglio del 2015 tra il Presidente della Regione Autonoma Valle d'Aosta e il Ministro dell'economia e delle finanze.
  In particolare, in attuazione di quanto previsto dal punto 7 del citato Accordo, vengono attribuite alla Regione Autonoma Valle d'Aosta risorse pari a 70 milioni di euro per l'anno 2016 al fine di assicurare una parziale compensazione della perdita di gettito subita dalla Regione stessa, per gli anni dal 2011 al 2014, con riguardo all'accisa sull'energia elettrica e alle accise sugli spiriti e sulla birra.
  L'Accordo in questione ha l'obiettivo di riequilibrare i contributi della Regione e regolare le controversie e i rapporti finanziari pendenti tra il Governo e la Regione Autonoma Valle d'Aosta.
  Per quanto riguarda i rapporti finanziari pendenti, oggetto del punto 7 dell'Accordo, segnala che la legge n. 690 del 1981, recante la revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta, ha attribuito alla Regione stessa delle quote di gettito di una serie di imposte percepite nel territorio regionale.
  In particolare, secondo quanto stabilito dall'articolo, comma 1, della citata legge n. 690, sono attribuite alla regione Valle d'Aosta:
   a) l'intero gettito dell'accisa sull'energia elettrica;
   b) i nove decimi delle accise sugli spiriti e sulla birra;
   c) i nove decimi della sovraimposta di confine, inclusa quella sugli oli minerali.
  La legge n. 690, inoltre, assicura alla Regione Valle d'Aosta ulteriori quote di gettito e proventi erariali afferenti il territorio regionale con particolare riguardo a prodotti energetici (accise sulla benzina, sugli oli da gas, sui gas petroliferi liquefatti e sul gas naturale per autotrazione), erogati dagli impianti di distribuzione situati nel territorio della Regione, nonché dell'accisa sugli stessi per uso combustibile da riscaldamento e delle accise sugli altri prodotti energetici immessi in consumo da depositi fiscali ubicati nella Regione. Ulteriori quote di gettito vengono assicurate dalle imposte sulle assicurazioni diverse da quelle corrisposte sui premi per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (RC auto), dal gettito dell'imposta sugli intrattenimenti, dai proventi del lotto e dall'accisa sui tabacchi.
  L'articolo 13 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo n. 68 del 2011, in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, al fine di rinviare all'anno 2018 i meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali (attribuzione della compartecipazione IVA in base al principio di territorialità; fiscalizzazione dei trasferimenti statali; istituzione dei fondi perequativi).
  Tale rinvio va ricondotto alla circostanza che il riassetto tributario delle regioni a statuto ordinario costituisce una parte della riforma del federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009, rimasta per lo più incompiuta, per mancanza dei provvedimenti attuativi. L'operazione di «fiscalizzazione» dei trasferimenti statali prevista nel provvedimento che ha dato attuazione alla delega sulla fiscalità regionale – costituito dal decreto legislativo n. 68 del 2011 – non si è infatti finora realizzata, né è intervenuto il decreto che avrebbe dovuto individuare i trasferimenti statali da sopprimere.
  In merito rammenta che la disciplina dettata originariamente dal decreto legislativo n. 68 del 2011 prevedeva – a Pag. 75decorrere dall'anno 2013 e con riferimento all'anno di imposta precedente – la rideterminazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'addizionale regionale all'IRPEF, in modo tale da garantire la neutralità del gettito complessivo delle regioni a statuto ordinario. In particolare, era previsto che l'aliquota di base dell'addizionale IRPEF dovesse assicurare alle regioni a statuto ordinario un gettito il cui ammontare coincidesse con l'importo ottenuto dalla somma tra il gettito assicurato dall'aliquota di base dell'addizionale IRPEF prevista dal decreto legislativo n. 446 del 1997, i trasferimenti statali soppressi e la compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina soppressa. All'aliquota così determinata si aggiungono gli incrementi dell'aliquota di addizionale regionale IRPEF che le regioni, nell'ambito dell'autonomia tributaria loro attribuita, ed entro le percentuali massime stabilite nell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 68 del 2011, hanno la facoltà di deliberare.
  In particolare, rileva come le modifiche recate dall'articolo 13 al decreto legislativo n. 68 del 2011 siano le seguenti:
   la lettera a) novella l'articolo 2, comma 1, posticipando al 2018 la decorrenza iniziale del meccanismo di rideterminazione dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), previsto dal medesimo decreto legislativo n. 68, nonché l'identico termine stabilito per la contestuale rideterminazione delle aliquote IRPEF di competenza statale;
   il numero 1) della lettera b) novella l'articolo 4, comma 2, estendendo fino al 2017 le modalità di calcolo dell'aliquota di compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) che, sulla base della normativa vigente, spetta a ciascuna regione a statuto ordinario, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE, che la norma citata limitava ai soli anni 2011 e 2012, quale periodo transitorio previsto dal decreto legislativo n. 68; viene inoltre posticipato all'anno 2018 il termine iniziale da cui decorrerà la modalità a regime di determinazione dell'aliquota di compartecipazione, secondo i principi recati dall'articolo 15, comma 3 del medesimo decreto legislativo n. 68, in base al quale la percentuale di compartecipazione all'IVA è stabilita al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione;
   il numero 2) della lettera b) posticipa al 2018 anche il termine iniziale – inizialmente fissato al 2013 e poi differito al 2017 dal decreto-legge n. 78 del 2015 – contenuto nel comma 3 del medesimo articolo 4, a decorrere dal quale le modalità di compartecipazione IVA alle regioni a statuto ordinario saranno stabilite in conformità al principio di territorialità (principio secondo cui si deve tener conto del luogo di consumo, identificandolo con quello in cui avviene la cessione di beni; nel caso di servizi il luogo di prestazione può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore; nel caso di cessione degli immobili si fa riferimento alla loro ubicazione);
   la lettera c) novella l'articolo 7, comma 1, posticipando al 2018 la soppressione dei trasferimenti dallo Stato alle regioni a statuto ordinario e fissando al 31 luglio 2017 il termine di emanazione del relativo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di individuazione dei trasferimenti statali da sopprimere;
   la lettera d) novella l'articolo 15, commi 1 e 5, spostando all'anno 2018 i termini iniziali (inizialmente previsti per il 2013 e successivamente prorogati al 2017) relativi rispettivamente alle fonti di finanziamento delle spese regionali ed alla istituzione del fondo perequativo.

  Quanto al finanziamento delle spese regionali ricorda che il comma 1 dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 68 elenca le entrate regionali che, a decorrere ora dal 2018, dovranno coprire le spese per le funzioni attinenti ai livelli essenziali Pag. 76delle prestazioni (LEP) nella sanità, nell'assistenza, nell'istruzione e nel trasporto pubblico locale (conto capitale): (compartecipazione all'IVA; quote dell'addizionale IRPEF; l'IRAP; quote del fondo perequativo; entrate proprie, costituite dalle entrate delle aziende sanitarie – ticket e altro – che annualmente entrano a far parte del finanziamento del servizio sanitario nazionale).
  Per quel che riguarda il fondo perequativo, rammenta che esso è alimentato da una compartecipazione all'IVA, tale da assicurare la copertura integrale di tutte le spese individuate dall'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 68, cioè le spese per la sanità, l'assistenza, l'istruzione e il trasporto pubblico locale (limitatamente alle spese in conto capitale); nel primo anno di funzionamento queste spese sono computate in base alla spesa storica (o dei costi standard ove fossero già stati stabiliti), mentre nei quattro anni successivi si deve progressivamente arrivare a calcolarle sulla base dei costi standard.
  L'articolo 18 proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2016 il termine di operatività delle vigenti disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali, superando la precedente scadenza a decorrere dalla quale la società Equitalia e le società per azioni dalla stessa partecipata avrebbero dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate.
  In particolare la disposizione interviene nelle more del riordino della disciplina della riscossione delle entrate, al fine di consentire la prosecuzione del servizio senza soluzione di continuità da parte degli enti locali.
  Al tal fine viene modificato l'articolo 10, comma 2-ter, del decreto-legge n. 35 del 2013, posticipando dal 30 giugno 2016 al 31 dicembre 2016:
   il termine entro cui le società agenti della riscossione cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;
   il termine a decorrere dal quale le suddette società possono svolgere l'attività di riscossione, spontanea o coattiva, delle entrate degli enti pubblici territoriali, nonché le altre attività strumentali, soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica.

  Ricorda che il termine originario entro il quale avrebbe dovuto cessare l'attività del gruppo Equitalia in tale settore era stato fissato dal decreto-legge n. 70 del 2011 al 1o gennaio 2012; infatti l'articolo 7, lettera gg-ter), del citato decreto-legge n. 70, come modificato dalla legge di conversione, con riferimento all'attività di riscossione dei tributi (e non anche per le entrate di natura diversa), consentiva fino a tale termine ad Equitalia e alle società per azioni dalla stessa partecipata di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate dei comuni e delle società da questi ultimi partecipate. Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2012 dall'articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012.
  Successivamente il comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 (nella sua formulazione originaria) consentiva ai comuni di continuare ad avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013. Sul comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013 è intervenuto l'articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013, per effetto del quale è stata prorogata al 31 dicembre 2013 l'operatività delle vigenti disposizioni in materia di gestione delle entrate locali anche per le entrate di natura diversa dai tributi di tutti gli enti territoriali, non solo dunque dei comuni. Tale diverso termine, inizialmente fissato al 1o gennaio 2012, era stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2012 dal decreto-legge n. 201 del 2011 e, quindi, al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, Pag. 77del decreto-legge n. 174 del 2012, in attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti territoriali. Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013 al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, anche mediante istituzione di un consorzio, che si avvale delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all'esercizio delle funzioni relative alla riscossione.
  Il nuovo termine è stato rinviato dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610, della legge n. 147 del 2013) al 31 dicembre 2014, dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642, della legge n. 190 del 2014) al 30 giugno 2015 e dal decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7) al 31 dicembre 2015. Da ultimo, il decreto-legge n. 210 del 2015 (articolo 10, comma 1) ha differito il termine al 30 giugno 2016.
  In tale contesto segnala come, dal momento della cessazione dell'attività di Equitalia e delle sue partecipate, spetterà ai comuni effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali e, ove optino per l'affidamento del servizio a soggetti esterni (con modalità diverse dunque dall'esercizio diretto o dall'affidamento in house), essi dovranno procedere nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica secondo:
   la procedura d'ingiunzione fiscale prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;
   le disposizioni del Titolo II (Riscossione coattiva) del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 per quanto compatibili e, comunque, nel rispetto dei limiti di importo e delle condizioni stabilite per gli agenti della riscossione in caso di iscrizione ipotecaria e di espropriazione forzata immobiliare.

  Il sindaco o il legale rappresentante della società incaricata della riscossione dovranno nominare uno o più funzionari responsabili della riscossione che esercitino: le funzioni demandate agli ufficiali della riscossione, ovvero quelle attribuite al segretario comunale dall'articolo 11 del richiamato regio decreto n. 639 del 1910 (assistenza all'incanto, stesura del relativo), in ottemperanza ai requisiti di legge (abilitazione e autorizzazione) richiesti per ricoprire il ruolo di degli ufficiali della riscossione.
  Ove la gestione della riscossione delle entrate comunali sia affidata a soggetti privati questi ultimi dovranno aprire uno o più conti correnti dedicati a tale attività. Essi avranno inoltre l'obbligo di riversamento alla tesoreria delle somme riscosse – al netto dell'aggio e delle spese anticipate dall'agente della riscossione – entro la prima decade del mese.
  Il comma 3 dell'articolo 24 chiarisce le modalità con cui le fondazioni lirico-sinfoniche in fase di risanamento possono accedere all'istituto della transazione fiscale, che consente di comporre stragiudizialmente i debiti tributari di un ente in crisi.
  In particolare la disposizione aggiunge un periodo alla fine dell'articolo 5, comma 1-bis, del decreto-legge n. 83 del 2014, norma che ha consentito alle Agenzie fiscali, a specifiche condizioni, di esperire la transazione fiscale (ai sensi dell'articolo 182-ter della legge fallimentare di cui al regio decreto n. 267 del 1942) nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche in stato di crisi. In tale ambito la novella chiarisce che l'accesso alla transazione fiscale nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche è consentito anche se tali fondazioni non hanno presentato lo specifico piano di risanamento che introduce il concordato preventivo, piano previsto dall'articolo 160 della legge fallimentare. Di conseguenza i predetti enti, per accedere all'istituto della transazione fiscale, è sufficiente che abbiano presentato il già citato piano di risanamento previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013.
  Ricorda che il richiamato articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013 prevedeva, ai commi 1 e 2, la possibilità di presentare Pag. 78un piano di risanamento per le fondazioni lirico-sinfoniche che versassero in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale e, in particolare, che:
   si trovassero nelle condizioni di amministrazione straordinaria;
   fossero state in regime di amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi, non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione;
   non potessero far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi.

  Tale piano di risanamento, presentato a un commissario straordinario, appositamente nominato, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 91, doveva assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari (ovvero entro l'esercizio 2016); il piano avrebbe dovuto essere approvato, su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori dei conti, con decreto MIBACT-MEF, entro 30 giorni dalla sua presentazione
  Per quanto attiene invece alle altre disposizioni del decreto-legge, l'articolo 2 reca disposizioni per una applicazione graduale a partire dal 2017 del taglio di risorse a titolo di Fondo di solidarietà comunale, introdotto per finalità di contenimento della spesa pubblica dai commi 435 e 436 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015, nei confronti di quei comuni colpiti da eventi sismici che ne sono stati esentati negli anni 2015 e 2016, nonché per un progressivo aumento del taglio per quelli che ne hanno avuto finora una applicazione ridotta.
  La norma riguarda, nello specifico, i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo), esentati dal taglio, e i comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 (territori delle province di Lucca e Massa Carrara), ai quali la riduzione del Fondo di solidarietà negli anni 2015-2016 si è applicata nella misura del 50 per cento.
  Ricorda che la legge di stabilità per il 2015 (all'articolo 1, comma 435) ha definito il concorso dei comuni al contenimento della spesa pubblica, stabilendo una riduzione del Fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015.
  In merito alla distribuzione del peso del contributo tra i comuni, il comma 436, come novellato dal decreto-legge n. 78 del 2015, prevede per gli anni 2015 e 2016 che, fermo restando l'obiettivo complessivo di contenimento della spesa per l'intero comparto comunale nella misura di 1.200 milioni, la riduzione dei trasferimenti a titolo di Fondo di solidarietà:
   non si applichi nei confronti dei comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 (comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo nonché i comuni di Ferrara, Mantova) e quelli danneggiati dagli eventi sismici del 6 aprile 2009 (provincia dell'Aquila e altri comuni della regione Abruzzo), come individuati dalle lettere a) e b) del citato comma 436;
   si applichi nella misura del 50 per cento per i comuni danneggiati dagli eventi sismici del 21 giugno 2013 nel territorio delle province di Lucca e Massa Carrara, ai sensi della lettera c) del comma 436.

  In tale contesto l'articolo 2 del decreto-legge, introducendo due nuovi commi 436-bis e 436-ter alla legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) dispone, fermo restando l'obiettivo complessivo di contenimento della spesa per l'intero comparto comunale nella misura di 1.200 milioni:
   al nuovo comma 436-bis, un'applicazione graduale, a partire dal 2017, del contributo alla finanza pubblica a valere sul Fondo di solidarietà nei confronti dei Pag. 79suddetti comuni finora esentati, nella misura del 25 per cento nel 2017, 50 per cento nel 2018, 75 per cento nel 2019, e del 100 per cento a decorrere dal 2020 dell'importo della riduzione non applicata;
   al nuovo comma 436-ter, un incremento graduale della misura a carico dei quei comuni cui la riduzione del Fondo di solidarietà è stata finora applicata nel limite del 50 per cento, in misura pari al 60 per cento nel 2017, 80 per cento nel 2018 e del 100 per cento a decorrere dal 2019.

  L'articolo 3 prevede l'assegnazione di un contributo straordinario, per l'esercizio 2016, a copertura delle maggiori spese e delle minori entrate, in relazione alle esigenze connesse alla ricostruzione a seguito del sisma del 6 aprile 2009 che ha colpito l'Abruzzo, nel limite complessivo di 17,5 milioni di euro, così ripartito:
   ai sensi del comma 1, attribuendo 16 milioni di euro per il comune dell'Aquila;
   ai sensi del comma 2, attribuendo 1,5 milioni di euro per gli altri comuni del cratere sismico.

  Il contributo straordinario assegnato al comune dell'Aquila viene destinato, per quanto concerne le maggiori spese, per:
   a) esigenze dell'Ufficio tecnico;
   b) esigenze del settore sociale e della scuola dell'obbligo ivi compresi gli asili nido;
   c) esigenze connesse alla viabilità;
   d) esigenze per il trasporto pubblico locale;
   e) ripristino e manutenzione del verde pubblico.

  Relativamente alle minori entrate, il medesimo contributo previsto per il Comune dell'Aquila è destinato dal comma 1 al ristoro – per le entrate tributarie – delle tasse per la raccolta di rifiuti solidi urbani afferenti agli esercizi precedenti al 2016 e – per le entrate extra-tributarie – dei proventi derivanti da posteggi a pagamento, servizi mense e trasporti e installazioni di mezzi pubblicitari.
  Ai sensi del comma 2 il contributo straordinario assegnato agli altri comuni del cratere, pari a 1,5 milioni di euro, viene interamente trasferito al Comune di Fossa che a sua volta lo ripartisce tra i singoli beneficiari, previa verifica da parte dell'Ufficio Speciale per la ricostruzione dei Comuni del cratere degli effettivi fabbisogni.
  La norma stabilisce inoltre che il citato contributo straordinario è attribuito a valere sulle risorse previste dall'articolo 7-bis, comma 1, del decreto-legge n. 43 del 2013, come rifinanziato dalle successive disposizioni che sono via via intervenute.
  Le previsioni dell'articolo 3 risultano analoghe a quelle disposte per gli esercizi precedenti dal 2012 al 2015.
  L'articolo 4 al comma 1 prevede l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, di un «Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti», con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2019. Tale Fondo è destinato a comuni che si trovino a dover sostenere spese connesse a sentenze esecutive di risarcimento conseguenti a calamità naturali o cedimenti strutturali verificatisi prima dell'entrata in vigore del decreto-legge o ad accordi transattivi ad esse collegate, il cui onere risarcitorio sia superiore alla metà del proprio bilancio di parte corrente come risultante dai rendiconti dell'ultimo triennio. Tale intervento è destinato quindi ad evitare il dissesto finanziario di comuni che si trovano a dover sostenere spese per condanne relative a eventi calamitosi verificatisi talvolta diversi anni prima.
  Il comma 2 disciplina le modalità di domanda e assegnazione delle risorse contenute nel fondo. Gli enti interessati sono tenuti a comunicare, al Ministero dell'interno, con modalità telematiche individuate dallo stesso Ministero la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 entro il termine perentorio di 15 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto ed Pag. 80entro il 31 marzo per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019. Successivamente, la ripartizione avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'Interno e di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da adottare entro 90 giorni dal termine di invio delle richieste. Le richieste sono soddisfatte per un massimo dell'80 per cento delle stesse. In caso di fabbisogno eccedente la disponibilità, si procede a riparto proporzionale; in caso opposto, le disponibilità residue sono automaticamente assegnate alle disponibilità di detto fondo per l'anno successivo.
  La disposizione è finalizzata, tra l'altro, a prevenire le situazioni di dissesto finanziario dei comuni.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 5, il quale reca disposizioni relative all'indennizzo delle vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno, intervenendo su alcune norme della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016).
  In particolare, il comma 1 sostituisce i commi 458 e 459, nonché i commi da 461 a 464 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016.
  Ricorda che i previgenti commi 458 e 459 della legge di stabilità 2016, prevedevano, rispettivamente: l'assegnazione al capo del Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 per speciali elargizioni in favore dei familiari delle vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno, a totale indennizzo della responsabilità civile a carico dello Stato e del comune di Sarno; l'attribuzione al sindaco del comune di Sarno, d'intesa con il capo del Dipartimento della protezione civile, del compito, nei limiti dell'autorizzazione di spesa prevista, di individuare i familiari delle vittime e di determinare la somma spettante e la quota di rimborso delle eventuali spese legali sostenute e documentate, stabilendo il limite di importo di 100.000 euro per ciascuna delle vittime.
  Rispetto alla previgente disposizione, che prevedeva l'assegnazione delle risorse al capo del dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il nuovo comma 458 prevede che la medesima somma di 7,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 sia invece assegnata alla Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Salerno, per la stipulazione delle transazioni con i familiari delle vittime dell'evento di Sarno.
  La norma specifica, rispetto al testo previgente, che le somme assegnate, ove non impegnate nel 2016, possono esserlo nell'esercizio successivo.
  Il nuovo comma 459 modifica l'autorità incaricata delle attività di elargizione, prevedendo che sia la Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Salerno, nei limiti dell'autorizzazione di spesa prevista, ad individuare i familiari delle vittime, indicando per tale attività di individuazione il termine del 31 dicembre 2016. La Prefettura medesima determina, inoltre, la somma spettante nel limite di euro 100.000 per ciascuna delle vittime, nonché la quota di rimborso delle eventuali spese legali sostenute e documentate. La norma prevede che, in tale attività, la Prefettura potrà procedere avvalendosi anche dell'INPS, dell'INAIL e di altri enti competenti in materia infortunistica e previdenziale. Inoltre, rispetto alla disciplina previgente al decreto-legge in esame, viene previsto che il rimborso delle spese legali sia definito previa acquisizione del parere di congruità dell'Avvocatura dello Stato.
  In base al nuovo testo dei commi 461, 462, 463 e 464, recati dall'articolo in esame, che sostituiscono i testi previgenti, viene stabilito:
   al nuovo comma 461, che qualora sia intervenuto il decesso dei soggetti beneficiari, gli eredi in successione legittima hanno diritto al pagamento pro quota della medesima somma, nei limiti individuati, nonché la previa presentazione della documentazione attestante la qualità di erede e la quota di partecipazione all'asse ereditario, secondo le disposizioni vigenti in materia di successione legittima;Pag. 81
   al nuovo comma 462, che la Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Salerno, acquisito il parere dell'Avvocatura dello Stato, congiuntamente con il Comune di Sarno stipula appositi atti transattivi con i familiari delle vittime ovvero, ove questi ultimi siano deceduti, con i soggetti a questi succeduti. La disposizione prevede che resti ferma l'applicazione delle norme vigenti in materia di prescrizione;
   al nuovo comma 463, che le transazioni in questione sono stipulate a totale soddisfazione di ogni pretesa nei confronti delle Amministrazioni statali e territoriali individuate nella citata sentenza della Corte di Cassazione penale del 7 maggio 2013 e tengono conto di quanto eventualmente già percepito a seguito di sentenze riguardanti la responsabilità civile dello Stato e del comune di Sarno;
   al nuovo comma 464, che i procedimenti giudiziari in corso, anche in sede di esecuzione, siano sospesi fino alla conclusione degli accordi transattivi e, successivamente alla stipulazione degli atti di transazione, che deve intervenire entro e non oltre il 31 dicembre 2017, tutti i processi sono estinti ai sensi della normativa vigente. La relazione illustrativa al provvedimento riferisce che la norma ha il precipuo scopo di far cessare l'annoso contenzioso in essere, stabilendo così che la transazione, una volta intervenuta, determini l'estinzione del processo.

  La disposizione prevede che, ove le parti private non intendano stipulare gli accordi transattivi ne danno comunicazione scritta alla Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Salerno e i processi in corso proseguono su istanza delle parti. Appare quindi configurarsi una nuova causa di sospensione dei processi, che parrebbe operare automaticamente, salvo che le parti in causa presentino istanza di prosecuzione; inoltre, rispetto alla normativa sostituita, il nuovo comma 464 prevede, all'atto di transazione, l'estinzione dei processi, con una formula che fa riferimento, in generale, alla normativa vigente, senza la previsione di una dichiarazione di estinzione degli stessi.
  Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala la norma che, sul piano tributario, prevede l'esenzione delle transazioni da ogni imposta o tassa e, ricalcando il testo già vigente, che le relative somme siano assegnate in aggiunta a ogni altra somma cui i soggetti beneficiari abbiano diritto a qualsiasi titolo ai sensi della normativa vigente.
  La norma stabilisce inoltre, a seguito della stipulazione degli atti transattivi, la Prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Salerno trasmetta poi un elenco riepilogativo al Ministero dell'interno e al Ministero dell'economia e delle finanze.
  Il comma 2 dell'articolo 5 stabilisce la non cumulabilità degli interventi previsti dalla norma in esame, rispetto agli interventi disciplinati dall'articolo 4 del decreto-legge, in materia di Fondo a valenza quadriennale per contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità naturali o cedimenti.
  Il comma 3 prevede il riversamento all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione al Ministero dell'interno, delle somme già trasferite al Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, relative alle speciali elargizioni in favore dei familiari delle vittime dell'alluvione verificatasi il 5 maggio 1998 a Sarno, pari a euro 1.875.000.
  L'articolo 7 è volto ad attenuare le sanzioni previste a carico delle città metropolitane e delle province delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna che non hanno rispettato il Patto di stabilità interno per l'anno 2015, in particolare escludendo l'applicazione della sanzione consistente nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio, di cui alla lettera a) del comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011.
  Rammenta che le misure sanzionatorie per il mancato raggiungimento degli obiettivi Pag. 82del patto di stabilità, recate dal citato comma 26 dell'articolo 31 della legge n. 183 consistono:
   a) nella riduzione delle risorse del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo, in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato;
   b) nel divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all'importo annuale medio degli impegni effettuati nell'ultimo triennio;
   c) nel divieto di ricorrere all'indebitamento per finanziare gli investimenti;
   d) nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo;
   e) nella riduzione del 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori.

  Rammenta che disposizioni analoghe, volte a contenere la riduzione delle risorse spettanti alle province e città metropolitane come sanzione in caso di mancato rispetto del patto, sono state già previste negli anni precedenti, in considerazione del processo di riordino di tali enti in corso ai sensi della legge n. 56 del 2014 adottata in attesa della riforma costituzionale del Titolo V.
  L'articolo 8 reca la ripartizione tra le province e le città metropolitane delle regioni a statuto ordinario dell'ammontare della ulteriore riduzione della spesa corrente che grava nei confronti di tali enti per l'anno 2016, ai sensi dell'articolo 1, comma 418, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), rispetto al taglio operato nel 2015.
  Il taglio incrementale per il 2016, quantificato in complessivi 900 milioni di euro rispetto al 2015, è ripartito nella misura di 650 milioni a carico degli enti di area vasta e delle province montane e, per i restanti 250 milioni, a carico delle città metropolitane e di Reggio Calabria.
  Il riparto del contributo tra i singoli enti del comparto sarà definito con apposito decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
  In proposito ricorda che il comma 418, della legge di stabilità 2015, in riferimento al concorso delle province e delle città metropolitane al contenimento della spesa pubblica, stabilisce una riduzione della spesa corrente di tali enti di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. Il 90 per cento delle riduzioni di spesa ivi richieste sono a carico degli enti appartenenti alle Regioni a statuto ordinario (900 milioni) e il restante 10 per cento a carico degli enti della Regione Siciliana e della regione Sardegna (100 milioni).
  A tal fine è richiesto che ciascuna provincia e città metropolitana versi un ammontare di risorse pari ai predetti risparmi di spesa ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato.
  Sono escluse da tale normativa soltanto le province che risultano in stato di dissesto finanziario alla data del 15 ottobre 2014. Tale istituto si applica se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte.
  La norma prevede che l'ammontare della riduzione della spesa corrente che ciascun ente deve conseguire sia definito con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'interno da emanare entro il 15 febbraio 2015, di concerto con il Ministero dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il supporto tecnico della SOSE S.p.A., tenendo conto anche della differenza tra spesa storica e fabbisogni standard.
  Ricorda altresì che il comma 419 della citata legge di stabilità 2015 prevede che al recupero delle somme predette nei confronti delle province e delle città metropolitane interessate in caso di mancato versamento all'entrata del bilancio dello Stato provvede l'Agenzia delle entrate, la quale procede in tal senso, entro il 30 Pag. 83aprile di ciascun anno, a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (di cui all'articolo 60 del decreto legislativo n. 446 del 1997), riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province e alle città metropolitane medesime ovvero, in caso di incapienza, a valere sui versamenti dell'imposta provinciale di trascrizione, in tal caso secondo le modalità definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno.
  Segnala, altresì, che in relazione al riparto del contributo a carico delle città metropolitane, la disposizione dell'articolo 8 richiama esplicitamente Reggio Calabria, trattandosi dell'unica delle 10 città metropolitane previste dalla legge n. 56 del 2014 a non essere stata ancora costituita. La medesima legge ha, infatti, rinviato la prima istituzione della città metropolitana di Reggio Calabria, le cui procedure inizieranno a partire da luglio 2016.
  L'articolo 9, inserendo un nuovo comma 712-bis nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), limita l'obbligo di pareggio di bilancio per il 2016 per regioni, province autonome, città metropolitane e province alla sola sede del rendiconto, eliminando quindi l'obbligo di conseguire il saldo di pareggio di bilancio anche in sede di bilancio di previsione.
  Inoltre, sempre limitatamente al 2016, i medesimi enti non sono tenuti ad allegare il prospetto contenente le previsioni triennali ai fini della verifica del rispetto del saldo di pareggio previsto dal comma 712.
  La norma risponde all'esigenza di rendere più flessibile la gestione degli stanziamenti di bilancio e favorire in particolare gli investimenti, estendendo tale facoltà anche alle Città metropolitane e alle Province in considerazione delle deroghe straordinarie alla gestione finanziaria di tali enti, quali l'autorizzazione a predisporre il bilancio di previsione per la sola annualità 2016 e ad applicare l'avanzo libero e vincolato al bilancio di previsione per garantire gli equilibri finanziari.
  Ricorda in tale contesto che il comma 710 della legge di stabilità 2016 ha previsto che gli enti territoriali devono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.
  Il comma 712 della medesima legge di stabilità 2016 ha previsto, con decorrenza dall'anno 2016, che al bilancio di previsione è allegato un prospetto obbligatorio contenente le previsioni di competenza triennali rilevanti in sede di rendiconto ai fini della verifica del rispetto del saldo di pareggio. A tal fine, il prospetto allegato al bilancio di previsione non considera gli stanziamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri concernenti accantonamenti destinati a confluire nel risultato di amministrazione.
  Con riferimento all'esercizio 2016, era previsto che il prospetto dovesse essere allegato al bilancio di previsione già approvato mediante delibera di variazione del bilancio approvata dal Consiglio entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 11, comma 11, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Tuttavia tale decreto non risulta ancora emanato.
  Rammenta inoltre che il comma 463 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) aveva già previsto per le sole regioni a statuto ordinario l'obbligo di conseguire per il 2015 nella sola sede di rendiconto il pareggio di bilancio.
  L'articolo 10 reca una serie di interventi legislativi che recepiscono proposte normative presentate dalle regioni, e condivise dal Governo, in sede di intesa, sancita dalla Conferenza Stato-regioni nella seduta dello scorso 11 febbraio, concernente la determinazione delle modalità ai fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni e delle province autonome, in attuazione della legge di stabilità per il 2016.
  In particolare, il comma 1 prevede che le risorse derivanti dall'applicazione delle decurtazioni di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) 11 marzo 2013 siano destinate, per il 2016, ad incrementare la Pag. 84dotazione del Fondo per il trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, per un importo pari a 74.476.600 euro (o nei limiti dello stanziamento iscritto in bilancio).
  In merito ricorda che il citato DPCM 11 marzo 2013 reca i criteri e le modalità con cui ripartire il Fondo nazionale per il concorso dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, prevedendo, all'articolo 3, che il 90 per cento dell'importo spettante a ciascuna regione (il quale si ottiene sulla base delle percentuali di riparto recate nella tabella 1 allegata allo stesso decreto e aggiornata con cadenza triennale) sia attribuito sulla base del raggiungimento di obiettivi di efficientamento complessivo del sistema, in termini di qualità e appropriatezza del servizio reso, del progressivo incremento del rapporto fra ricavi da traffico e costi operativi, di adeguatezza dei livelli occupazionali.
  Il comma 2 introduce un nuovo comma 710-bis nell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, disponendo che, a partire dall'anno 2017, alle regioni che hanno rispettato il vincolo del pareggio di bilancio previsto dall'articolo 1, comma 710, della legge n. 208 del 2015 (inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali) e che, al contempo, registrano una saldo finale di cassa non negativo, siano assegnate le risorse rivenienti dalle sanzioni versate al bilancio dello Stato dalle regioni che non si sono attenute agli obblighi di equilibrio di bilancio dettati al medesimo articolo 1, comma 710, della legge di stabilità 2016 (tale sanzione consiste nel fatto che la regione che non consegue il pareggio di bilancio è tenuta a versare all'entrata del bilancio dello Stato l'importo corrispondente allo scostamento registrato, entro sessanta giorni dal termine previsto per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del pareggio di bilancio).
  Il secondo periodo del nuovo comma 710-bis, prevede anche per il 2016 un analogo meccanismo di premialità finanziaria in favore delle regioni che hanno registrato il pareggio di bilancio, prevedendo che alle regioni che hanno rispettato i vincoli di bilancio nell'esercizio finanziario 2015 (previsti dal comma 463 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190) sono assegnate le risorse rivenienti dalle sanzioni applicate alle regioni che non hanno conseguito l'equilibrio di bilancio.
  Il terzo periodo del nuovo comma 710-bis demanda ad apposita intesa da raggiungere in sede di Conferenza Stato-regioni il riparto delle predette risorse fra ciascuna Regione interessata.
  Il quarto periodo del nuovo comma 710-bis disciplina le modalità per la trasmissione alla Ragioneria generale dello Stato delle informazioni riguardanti il monitoraggio condotto al termine dell'esercizio finanziario del saldo di bilancio e la certificazione dell'avvenuto conseguimento dell'equilibrio di bilancio, sia in termini di cassa che di competenza.
  L'ultimo periodo del nuovo comma 710-bis dispone che, ai fini della determinazione dell'equilibrio di bilancio in termini di cassa concorre l'anticipazione erogata dalla tesoreria statale per il finanziamento della sanità registrata nell'apposita voce delle partite di giro, al netto delle relative regolazioni contabili imputate al medesimo esercizio.
  Il comma 3 dell'articolo 10 del decreto-legge introduce un nuovo comma 688-bis nell'articolo 1 della già citata legge di stabilità per il 2016, riguardante la disciplina del disavanzo da debito autorizzato e non contratto, il quale autorizza le sole regioni che nell'anno 2015 hanno rispettato i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali ad avvalersi (che in ogni caso non possono essere superiori a sessanta giorni), per l'anno 2016, delle disposizioni in materia di contabilizzazione degli investimenti finanziati da debito autorizzato e non contratto di cui all'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 118 del 2011, il quale dispone che, a decorrere dal 2016, il disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento, Pag. 85risultante dal rendiconto 2015, può essere coperto con il ricorso al debito che può essere contratto solo al fine di corrispondere ad effettive esigenze di cassa.
  Il comma 4 stabilisce che – fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 35 del 2013 – le risorse presenti nei conti intestati alle regioni, relativi sia alla gestione ordinaria, sia alla gestione sanitaria, concorrono complessivamente alla gestione della liquidità regionale e che anticipazioni di tesoreria possono essere consentite a condizione che si verifichi una carenza globale dei fondi, onde evitare che le stesse regioni sostengano oneri aggiuntivi rispetto a quelli che avrebbero sostenuto se non fosse stata operata la suddivisione dei conti tra quello ordinario e quello sanitario.
  Ricorda che l'articolo 3, comma 7, del citato decreto-legge n. 35 del 2013 ha imposto alle regioni, ai fini dell'accesso delle regioni stesse alle quote premiali del finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, l'erogazione, da parte del medesimo ente al proprio Servizio sanitario regionale entro la fine dell'anno, di almeno il 90 per cento delle somme che la regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario regionale, nonché delle somme che le stesse destinano, a valere su risorse proprie, al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.
  Il comma 5 riconosce agli enti pubblici strumentali delle Regioni (e non solo alle regioni stesse, come previsto dalla disciplina previgente) la facoltà di contrarre anticipazioni di cassa, con il fine esclusivo di far fronte a temporanee deficienze, per un importo non superiore al 10 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate di propria competenza derivanti dai trasferimenti correnti a qualunque titolo dovuti dalla regione.
  L'articolo 14 mira a facilitare il risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario, mediante la disponibilità di risorse finanziarie destinate al pagamento dei debiti pregressi, tramite la concessione di anticipazioni di liquidità da destinare all'incremento di massa attiva della gestione liquidatoria e restituire in base ad un piano di ammortamento. Viene previsto, a tal fine, un contributo triennale (dal 2016 al 2018) per un massimo di 150 milioni annui per gli enti che hanno dichiarato il dissesto dal 1o settembre 2011 al 31 maggio 2016, e un contributo biennale (dal 2019 al 2020) di pari importo massimo annuo per gli enti che hanno dichiarato il dissesto dal 1o giugno 2016 al 31 dicembre 2019.
  In particolare, la disposizione prevede, al primo periodo, per i comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nel periodo 1o settembre 2011-31 maggio 2016, e che abbiano aderito alla procedura semplificata di liquidazione prevista dall'articolo 258 del TUEL (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000), la concessione, su richiesta dell'ente interessato di un'anticipazione fino a 150 milioni di euro annui dal 2016 al 2018, a destinare all'incremento della massa attiva destinata al pagamento dei debiti ammessi alla gestione liquidatoria.
  In merito ricorda che tale procedura semplificata di liquidazione prevede che il commissario liquidatore, deliberi l'accensione di un mutuo in unica soluzione con la Cassa depositi e prestiti in nome e per conto dell'ente, al tasso vigente e ammortizzato in venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero dell'interno. L'ente locale dissestato è a sua volta tenuto a deliberare l'accensione di un mutuo con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio carico o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide per un importo che consenta di finanziare, insieme al ricavato del mutuo a carico dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi ammessi alla liquidazione.
  Il secondo periodo della disposizione di cui all'articolo 14 del decreto-legge prevede inoltre, per i comuni che hanno deliberato il dissesto finanziario nel periodo 1o giugno 2016-31 dicembre 2019, e che abbiano aderito alla predetta procedura semplificata di liquidazione prevista Pag. 86dall'articolo 258 del TUEL, la concessione, su richiesta dell'ente interessato di un'anticipazione fino a 150 milioni di euro annui per il 2019 e il 2020, a destinare all'incremento della massa attiva destinata al pagamento dei debiti ammessi alla gestione liquidatoria.
  La ripartizione dell'anticipazione avviene, nei limiti della massa passiva censita, in base ad una quota pro capite determinata tenendo conto della popolazione residente, calcolata alla fine del penultimo anno precedente alla dichiarazione di dissesto secondo i dati ISTAT.
  L'anticipazione viene concessa con decreto annuale non regolamentare del Ministero dell'interno nel limite di 150 milioni di euro per ciascun anno, a valere sulla dotazione del Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali (di cui all'articolo 243-ter del TUEL).
  L'importo attribuito è erogato all'ente locale, il quale entro 30 giorni deve metterlo a disposizione dell'organo straordinario di liquidazione, che a sua volta provvede al pagamento dei debiti ammessi, nei limiti dell'anticipazione erogata, entro novanta giorni dalla disponibilità delle risorse.
  La restituzione dell'anticipazione è effettuata con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive degli interessi, in un periodo massimo di venti anni a decorrere dall'anno successivo a quello in cui è erogata la medesima anticipazione, mediante operazione di girofondi sull'apposita contabilità speciale intestata al Ministero dell'interno. Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni sarà determinato sulla base del rendimento di mercato dei Buoni poliennali del tesoro a 5 anni in corso di emissione con comunicato del Direttore generale del tesoro da emanare e pubblicare sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze.
  In caso di mancata restituzione delle rate entro i termini previsti, le somme sono recuperate a valere sulle risorse a qualunque titolo dovute dal Ministero dell'interno, con relativo versamento sulla predetta contabilità speciale.
  L'articolo 15 concerne la possibilità per gli enti locali, in alcuni casi, di rimodulare o riformulare il Piano di riequilibrio finanziario che gli enti locali per i quali sussistano squilibri di bilancio in grado di provocarne il dissesto finanziario possono deliberare, per una durata massima di dieci anni, indicando tutte le misure necessarie a superare lo squilibrio.
  In tale contesto il comma 1 interviene sull'articolo 1, comma 714, della legge di stabilità per il 2016 per prorogare al 30 settembre 2016 (dunque di tre mesi, dato che il termine inizialmente previsto era fissato in 6 mesi dall'entrata in vigore della legge di stabilità) il termine entro il quale gli enti locali possono provvedere a rimodulare o riformulare il Piano di riequilibrio.
  Il comma 2 inserisce invece nella legge di stabilità per il 2016, un nuovo comma 714-bis, relativo agli enti locali che hanno presentato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale o ne hanno conseguito l'approvazione con delibera da adottarsi dal Consiglio dell'ente entro il 30 settembre 2016. Nel caso in cui tali enti si trovino ad affrontare nel corso della gestione del Piano nuovi disavanzi o debiti fuori bilancio, e non riescano ad assorbirli nel periodo previsto dagli articoli 188 (per il disavanzo) e 194 (per i debiti fuori bilancio) del TUEL, si prevede la possibilità (anche in deroga ai citati articoli) di rimodulare o riformulare il piano, fermo restando:
   la durata originaria del piano;
   l'obbligo per l'ente di effettuare una ricognizione di tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell'articolo 194 del TUEL;
   la possibilità di provvedere al finanziamento dei debiti fuori bilancio anche mediante un piano di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i creditori.

  Pertanto, il ripiano del disavanzo o la copertura di nuovi debiti fuori bilancio Pag. 87può avvenire anche in un periodo più ampio rispetto a quanto previsto dagli articoli 188 e 194 del TUEL, ma senza superare la durata del piano.
  Si prevede, inoltre, che durante il perfezionamento e l'approvazione del nuovo piano riformulato o rimodulato si sospendono:
   la possibilità per la Corte dei conti di assegnare il termine per l'adozione delle eventuali misure correttive adottate dall'ente locale in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno (articolo 243-bis, comma 3, del TUEL);
   le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente (articolo 243-bis, comma 4, del TUEL).

  L'articolo 16 abroga la previsione di cui all'articolo 1, comma 557, lettera a), della legge n. 296 del 2006, secondo cui gli enti sottoposti al Patto di stabilità interno, ai fini del contenimento della spesa di personale, procedono alla riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti.
  La norma si pone in continuità con l'abrogazione, da parte dell'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 90 del 2014, dell'articolo 76, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale a sua volta stabiliva il divieto, per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale fosse pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.
  L'articolo 17, introducendo due nuovi commi 228-bis e 228-ter nella legge di stabilità per il 2016, reca disposizioni in materia di assunzioni (in deroga alla normativa vigente) a tempo indeterminato effettuate dai comuni relativamente al personale educativo e scolastico delle scuole d'infanzia e degli asili nido.
  In particolare, il nuovo comma 228-bis, al fine di garantire la continuità e assicurare la qualità del servizio educativo nei citati istituti degli enti locali, riconosce ai comuni la facoltà (in analogia con quanto disposto dalla legge n. 107 del 2015 per il sistema nazionale di istruzione e formazione) di procedere, nel triennio 2016-2018, ad un piano triennale straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale insegnante ed educativo, per consentire il mantenimento dei livelli di offerta formativa, nei limiti delle disponibilità di organico e della spesa di personale sostenuta per assicurare i relativi servizi nell'anno educativo e scolastico 2015-2016 (fermo restando il rispetto degli obiettivi del saldo non negativo, in termini di competenza).
  Il nuovo comma 228-ter prevede invece che i comuni (sempre nel triennio 2016-2018) possano effettuare procedure di stabilizzazione di contingenti di personale educativo e scolastico impiegato a tempo determinato nelle scuole d'infanzia e degli asili nido, sempre per consentire, come evidenziato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, il mantenimento dei livelli di offerta formativa.
  In primo luogo, viene disposta (al fine di ridurre il ricorso ai contratti a termine nonché valorizzare la professionalità acquisita dal personale citato) la possibilità per i comuni di assumere, nei richiamati istituti scolastici, personale inserito in proprie graduatorie, nonché personale inserito in altre proprie graduatorie definite a seguito di prove selettive per titoli ed esami.
  Il secondo periodo del nuovo comma 228-ter prevede inoltre la possibilità, per i comuni interessati, di utilizzare le risorse destinate all'assunzione di personale di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 (si tratta di personale assunto con contratti a tempo determinato e con altre tipologie contrattuali flessibili) per assunzioni a tempo indeterminato volte al superamento dei medesimi contratti a termine, con contestuale e definitiva riduzione di tale valore di spesa dal tetto di cui al predetto articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78.
  Tali risorse possono essere utilizzate, fermo restando il rispetto degli obiettivi Pag. 88del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate e le spese finali, e le norme di contenimento della spesa di personale, qualora le amministrazioni richiamate possano sostenere a regime la spesa di personale di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78, riferita ai soli contratti a tempo determinato sottoscritti con il personale educativo e scolastico delle scuole d'infanzia e degli asili nido, in misura non superiore all'ammontare medio relativo al triennio anteriore al 2016.
  Il terzo e quarto periodo del nuovo comma 228-ter prevedono altresì la possibilità, per i comuni, di avviare (sotto specifiche condizioni) un'ulteriore procedura di stabilizzazione del personale insegnante ed educativo in possesso di specifici requisiti. Più specificamente, la stabilizzazione (da effettuarsi mediante procedure selettive per titoli ed esami) riguarda il personale che abbia maturato, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, tre anni di servizio, anche non continuativi, con contratto a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che indice le procedure di reclutamento, nel limite massimo del 50 per cento delle facoltà di assunzione definite nel piano triennale e al netto di quelle utilizzate per lo scorrimento delle graduatorie in precedenza richiamate.
  Ulteriore condizione per le assunzioni concerne la composizione delle graduatorie compilate in relazione alle citate procedure selettive di stabilizzazione, le quali devono essere costituite da un numero di soggetti pari, al massimo, al numero dei posti per i quali queste sono bandite, maggiorato del 10 per cento.
  Viene quindi disposto che, nelle more del completamento delle procedure di stabilizzazione (e comunque non oltre il 31 dicembre 2018), resta valida l'esclusione dei contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle supplenze dalla disciplina generale relativa al contratto a tempo determinato.
  L'articolo 19 reca la copertura degli oneri relativi all'istituzione del Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti di cui all'articolo 4 del decreto-legge e alle disposizioni, contenute nell'articolo 12, concernenti la Regione Valle d'Aosta.
  A tal fine è previsto che a tali oneri, pari complessivamente a 90 milioni di euro per l'anno 2016 e a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2019, si provveda mediante una corrispondente riduzione, rispettivamente, del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si dovessero manifestare nel corso della gestione, di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), e della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004.
  L'articolo 20 fissa tempi certi per l'approvazione in via definitiva del decreto di riparto delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale, onde permettere alle regioni di poter programmare in maniera più soddisfacente le attività economiche e gestionali dei propri servizi sanitari, fra queste il rispetto della regolarità dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale.
  In particolare, il comma 1 apporta all'articolo 27 del decreto legislativo n. 68 del 2011 una serie di modifiche.
  In dettaglio, la lettera a) inserisce in tale ambito un nuovo comma 1-bis, il quale, a decorrere dal 2017, stabilisce che:
   la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali avviene entro il 15 febbraio dell'anno di riferimento ed è aggiornata in caso di eventuale ridefinizione del livello del finanziamento per il Servizio sanitario nazionale;
   se l'intesa di riparto non viene raggiunta entro il 15 febbraio dell'anno di riferimento, si provvede in via provvisoria alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard con decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF, da adottarsi entro il 15 marzo dell'anno di riferimento: il decreto fa riferimento alla proposta di riparto del Ministero della salute presentata in Conferenza Stato-Pag. 89regioni, ed assegna alle singole regioni il valore regionale individuato nella medesima proposta, al netto dello 0,5 per cento; con il medesimo decreto si provvede all'assegnazione alle regioni del 95 per cento del finanziamento degli obiettivi strategici e prioritari (obiettivi contenuti nel Piano sanitario nazionale) sui quali far convergere, in accordo con le Regioni, una quota del Fondo sanitario nazionale;
   sulla base del decreto di determinazione provvisoria dei costi e dei fabbisogni standard il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato ad erogare alle regioni le risorse previste dallo stesso decreto a titolo di anticipazione del finanziamento indistinto nelle percentuali del 97 o 98 per cento delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta, nonché le risorse previste a titolo di obiettivi di piano sanitario nazionale nelle percentuali d'acconto del 70 per cento stabilite dall'articolo 1, comma 34-bis, della legge n. 662 del 1996;
   qualora non venga raggiunta l'intesa di riparto entro il 30 settembre dell'anno di riferimento, è adottata, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard in via definitiva;
   la determinazione definitiva dei costi e dei fabbisogni standard non può comportare per la singola regione un livello del finanziamento inferiore al livello individuato in via provvisoria con il richiamato decreto interministeriale, ferma restando la rideterminazione dei costi e dei fabbisogni standard, e delle relative erogazioni in termini di cassa, eventualmente dovuta ad aggiornamento del livello complessivo del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

  La lettera b) del comma 1 dell'articolo 20 inserisce nel predetto articolo 27 del decreto legislativo n. 68 un nuovo comma 5-bis, volto ad accelerare la procedura di individuazione delle regioni di riferimento, prevedendo che a decorrere dall'anno 2016 il Ministro della salute, di concerto con il MEF, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, indica le cinque regioni eleggibili entro il termine del 15 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento e la Conferenza Stato-Regioni individua le tre regioni di riferimento entro il termine del 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento. Qualora non sia raggiunta l'intesa sulle tre regioni entro tale termine, le stesse sono automaticamente individuate nelle prime tre.
  La lettera c) del comma 1 aggiunge al comma 7 dell'articolo 27, un ulteriore periodo con lo scopo di favorire il rispetto dei termini per l'individuazione delle regioni di riferimento. Più in particolare, a decorrere dal 2016, qualora i dati relativi alle regioni in equilibrio economico e i dati relativi ai pesi non siano disponibili in tempo utile a garantire il rispetto del termine di cui al comma 5-bis, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali è effettuata individuando le regioni in equilibrio e i pesi sulla base rispettivamente dei risultati e dei valori ultimi disponibili.
  Il comma 2 dell'articolo 20 interviene sulla disciplina che autorizza il MEF a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla Sicilia anticipazioni rispetto al livello del finanziamento statale del SSN.
  In merito ricorda che la normativa vigente stabilisce che l'erogazione di tali anticipazioni è fissata al livello del 97 per cento (98 per cento per le regioni che hanno rispettato gli adempimenti previsti dalla vigente normativa nell'ultimo triennio) delle somme dovute in rapporto alla quota indistinta, al netto delle entrate proprie e, per la Sicilia, della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria. Le anticipazioni sulla quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali è fissata nelle misure del 3 per cento e del 2 per cento, rispettivamente, per le regioni che accedono all'erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono all'erogazione nella misura del 98 per cento ovvero in misura superiore. Pag. 90All'erogazione di quest'ultima quota si provvede a seguito dell'esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente.
  Ciò ha comportato un trasferimento di cassa inferiore al trasferimento che si sarebbe registrato se l'intesa fosse intervenuta in corso d'anno: la quota così rimasta non trasferita eccede il valore della cosiddetta quota premiale del finanziamento, il cui trasferimento è invece subordinato alla verifica positiva degli adempimenti regionali in ambito sanitario.
  In tale contesto, poiché, ai sensi della legislazione vigente, l'erogazione delle quote rimaste non trasferite è effettuabile solo in seguito al perfezionamento dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di determinazione delle quote di compartecipazione all'IVA delle regioni per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015, il predetto comma 2, prevedendo una norma di efficacia limitata all'anno 2016, consente, nelle more del predetto perfezionamento, di eseguire comunque i pagamenti delle quote di finanziamento non condizionate alla verifica con esito positivo degli adempimenti, al fine di favorire la regolare gestione di cassa delle regioni ed evitare ad esse un aggravio di oneri da ritardo dei pagamenti. Il livello dell'erogazione è determinato nei limiti delle disponibilità di cassa per il medesimo esercizio 2016. Sono autorizzati, in sede di consuntivazione dei dati riferiti ai due esercizi, eventuali necessari recuperi, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti per gli esercizi successivi.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 21, il quale interviene sul governo della spesa farmaceutica e sull'efficientamento dell'azione dell'Agenzia italiana del farmaco.
  Il comma 1 reca una norma di carattere programmatico che prevede una revisione del «sistema di governo» del settore farmaceutico, da compiersi entro il 31 dicembre 2016.
  Il comma 2 prevede che, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, le aziende farmaceutiche corrispondano una quota di acconto, pari al 90 per cento per gli anni 2013 e 2014 ed all'80 per cento per il 2015, rispetto al totale da esse dovuto in base alle nuove norme in materia di ripiano della spesa farmaceutica recate dall'articolo 21, calcolato provvisoriamente secondo gli elementi informativi di cui al comma 4. Riguardo a questi ultimi, le aziende farmaceutiche e quelle della filiera distributiva interessate, nonché le relative associazioni di categoria, possono presentare, ai sensi del comma 5, richieste di rettifica, ai fini del calcolo degli importi definitivi delle quote; nel caso di mancata istanza di rettifica, il comma 9 stabilisce che i dati diventano definitivi sia per l'azienda sia per le regioni e province autonome. Ai sensi del comma 6, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, l'AIFA provvede alla pubblicazione dei dati definitivi, tenuto conto delle istanze di rettifica.
  Ai sensi del comma 8, il conguaglio è determinato dall'AIFA entro il 15 settembre 2016 ed è versato dalle aziende farmaceutiche entro il 15 ottobre 2016 (termine che è posto anche per la corresponsione all'azienda dell'importo eccedente, qualora la misura dell'acconto sia risultata superiore a quella delle quote a carico dell'azienda). La determinazione della quota annua definitiva a carico di ciascuna azienda farmaceutica è operata, secondo i commi 7 e 8, in proporzione all'entità del superamento del budget attribuito dall'AIFA all'azienda sulla base dei seguenti criteri. Viene preso in considerazione il fatturato (dell'azienda) dell'anno precedente a quello di riferimento (accertato mediante la procedura suddetta), fatturato che viene aumentato o diminuito applicando la variazione percentuale corrispondente al rapporto tra il valore assoluto della somma dei due limiti di spesa farmaceutica dell'anno di riferimento e la spesa medesima verificatasi nell'anno precedente, e tenendo conto delle risorse incrementali rese disponibili dalla riduzione di spesa complessiva prevista per effetto delle decadenze di brevetto di tutte le aziende che avvengono nell'anno di riferimento. L'importo del budget annuo aziendale così determinato è Pag. 91ridotto (in proporzione allo stesso importo) in base alle risorse complessivamente attribuite dall'AIFA (ai sensi delle norme richiamate nel quarto periodo del comma 7) per i farmaci innovativi e per i fondi di garanzia.
  Inoltre, ai sensi del comma 15, la quota percentuale annua di ripiano a carico di ciascuna azienda è eventualmente incrementata, in relazione alle seguenti fattispecie:
   per coprire il superamento, per i farmaci innovativi, delle risorse preordinate dall'AIFA in favore dei medesimi (tale incremento è ripartito tra le aziende secondo i criteri di cui al primo e al secondo periodo del comma 15);
   ai fini di un riparto tra tutte le aziende della quota di superamento del budget assegnato (ai sensi del comma 7) dall'AIFA ad un'azienda e che sia imputabile alla spesa ospedaliera per un farmaco orfano (i criteri di tale riparto sono posti dal terzo periodo del comma 15).

  Il quarto periodo del comma 15 pone una norma di chiusura per le nuove aziende farmaceutiche, rappresentate da quelle che abbiano distribuito in commercio per la prima volta (nell'anno oggetto del ripiano) uno o più farmaci (non orfani e non innovativi).
  I commi 13 e 23 pongono, con riferimento ai ripiani in esame, norme contabili, mentre il comma 14 dispone l'applicazione, per il caso di mancata corresponsione, da parte delle aziende farmaceutiche, delle somme dovute a titolo di acconto o di conguaglio, della norma sanzionatoria vigente per il mancato versamento delle quote di ripiano (a carico delle medesime aziende) per il superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale. In base ad essa, i prezzi dei farmaci ancora coperti da brevetto sono ridotti in misura tale da coprire l'importo dovuto, incrementato del 20 per cento, nei successivi sei mesi.
  I commi da 10 a 12 concernono la determinazione delle quote a carico dei grossisti e dei farmacisti, con riguardo al ripiano del superamento del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale per gli anni 2013 e 2015. In particolare è previsto che, qualora dalle procedure esperite ai sensi dei precedenti commi 2, 4, 5, 6 e 9, emerga una variazione positiva del fatturato per medicinali di fascia A (ammessi al rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale), l'AIFA determini un incremento della riduzione suddetta – riduzione già disposta dall'AIFA nella misura di 0,64 punti percentuali –. L'eventuale incremento è determinato in via provvisoria e successivamente in via definitiva, in relazione alle omologhe modalità (rispettivamente, provvisoria e definitiva) delle procedure summenzionate di calcolo del fatturato.
  Il comma 16 modifica, a decorrere dal 2016, la norma vigente sulla rimodulazione, con riferimento ai farmaci innovativi, delle quote del ripiano a carico delle aziende farmaceutiche (in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto) per il superamento del limite di spesa preordinata dall'AIFA in sede di attribuzione dei budgets aziendali. In particolare la novella eleva, dal 2016, la quota percentuale dal 20 al 50 per cento (fermo restando che essa si applica solo qualora il fatturato in oggetto sia superiore a 300 milioni di euro).
  I commi da 17 a 21 concernono la determinazione delle quote di ripiano per l'eventuale superamento nel 2016 del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale e di quello per la spesa farmaceutica ospedaliera.
  Riguardo alle aziende farmaceutiche, il valore del budget (per ogni azienda) è determinato, entro i termini di cui ai commi 17 e 18, rispettivamente in via provvisoria ed in via definitiva, in misura pari ai due valori (provvisorio e definitivo) del budget assegnato per il 2015 in base alle procedure di cui ai precedenti commi 2, 4, 5, 6 e 7.
  Ai sensi del comma 19 entro il 31 ottobre 2016, l'AIFA definisce l'eventuale superamento dei due limiti di spesa farmaceutica con riferimento al periodo 1o Pag. 92gennaio-31 luglio 2016 e l'importo della quota imputabile a ciascuna azienda, sulla base dell'eventuale superamento del budget summenzionato. La quota di ripiano deve essere versata dalle aziende farmaceutiche entro il 15 novembre 2016.
  In base al comma 20 la determinazione circa l'eventuale superamento dei due limiti con riferimento all'intero anno 2016 e circa l'importo della quota imputabile (sulla base del suddetto criterio) a ciascuna azienda è operata dall'AIFA entro il 31 marzo 2017. L'eventuale corrispondente quota di conguaglio deve essere versata dalle aziende farmaceutiche entro il 30 aprile 2017.
  Sempre ai sensi dei commi 19 e 20, entro i medesimi termini temporali del 31 ottobre 2016 e del 31 marzo 2017, l'AIFA definisce altresì – in caso di superamento, rispettivamente per il periodo 1o gennaio-31 luglio 2016 e per l'intero anno 2016, del limite di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale – la misura della riduzione provvisoria delle quote di spettanza dei grossisti e dei farmacisti sul prezzo di vendita dei medicinali (con conseguente incremento dello sconto in favore del Servizio sanitario nazionale).
  Il secondo periodo del comma 19 ed il comma 21 pongono norme contabili per le regioni e le province autonome, in relazione alle procedure in esame per il 2016.
  Il comma 22 prevede che l'AIFA abbia accesso diretto, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ai flussi informativi inerenti al monitoraggio dell'assistenza farmaceutica del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto, secondo modalità da concordare con il Ministero della salute.
  L'articolo 22 persegue due differenti finalità con riferimento a problematiche relative alla gestione dei rifiuti e delle acque reflue. In primo luogo si intende far confluire, nella contabilità speciale di una struttura commissariale, appositamente costituita, tutte le risorse ancora non impegnate destinate alla messa a norma delle discariche abusive oggetto della sentenza di condanna della Corte di Giustizia dell'UE del 2 dicembre 2014, al fine di garantire la dotazione finanziaria necessaria per la realizzazione dei necessari interventi di bonifica delle discariche medesime.
  Inoltre l'articolo intende disciplinare, al fine di accelerarle, le procedure per l'impegno e l'utilizzo delle risorse destinate dalla legislazione vigente all'attuazione degli interventi di depurazione delle acque necessari per conformarsi alle norme della direttiva 91/271/CEE in materia di trattamento delle acque reflue urbane.
  In particolare, il comma 1 prevede la revoca di tutte le risorse finanziarie statali destinate, a qualsiasi titolo, alla messa a norma delle discariche abusive oggetto della succitata sentenza del 2 dicembre 2014, e non impegnate alla data della sua entrata in vigore, ancorché già trasferite alle amministrazioni locali e regionali o a contabilità speciali.
  Tali risorse sono assegnate a uno specifico conto di contabilità speciale, intestato al commissario straordinario nominato ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 41 della legge n. 234 del 2012 (il quale prevede, in caso di violazione della normativa europea accertata con sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea di condanna al pagamento di sanzioni a carico della Repubblica italiana, ove per provvedere ai dovuti adempimenti si renda necessario procedere all'adozione di una molteplicità di atti, che il Consiglio dei ministri possa nominare un apposito commissario) ed aperto presso la sezione di Tesoreria provinciale dello Stato di Roma.
  In tale contabilità, ai sensi dei commi 2 e 3, devono confluire anche, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge:
   le risorse del Piano Straordinario, sia della sezione attuativa che di quella programmatica, previsto dal comma 113 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013);
   le risorse destinate alle regioni dalla delibera CIPE n. 60/2012 (che ha assegnato alla Regione Calabria, per la realizzazione di 40 interventi di bonifica, l'importo Pag. 93di 42,9 milioni di euro a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2007-2013), nonché i fondi ordinari del Ministero dell'ambiente già trasferiti ai bilanci regionali.

  In base al comma 4 le somme trasferite sulla contabilità speciale sono destinate a finanziare la realizzazione degli interventi di adeguamento delle discariche abusive oggetto di commissariamento e, in ragione di tale finalità, decadono gli eventuali vincoli di destinazione esistenti su tali somme.
  Il comma 5 prevede che il commissario straordinario fornisca al CIPE, entro il 30 settembre 2016, un'informativa sulle risorse trasferite sulla contabilità speciale ad esso intestata.
  Il comma 6 prevede che il Commissario straordinario provveda alla comunicazione annuale, al Ministero dell'economia e delle finanze, degli importi impegnati per la messa a norma delle discariche abusive ai fini dell'esercizio, da parte del medesimo Ministero, dell'azione di rivalsa.
  Il comma 7 stabilisce che le amministrazioni locali e regionali possono contribuire alle attività di messa a norma delle discariche abusive con proprie risorse previa sottoscrizione di specifici accordi con il Commissario straordinario.
  La sottoscrizione di tali accordi però non preclude l'esercizio del potere di rivalsa da parte dell'amministrazione statale.
  Il comma 8 detta disposizioni finalizzate a disciplinare, al fine di accelerarle, le procedure per l'impegno e l'utilizzo delle risorse destinate dalla legislazione vigente all'attuazione degli interventi di depurazione delle acque necessari per conformarsi alle norme della direttiva 91/271/CEE in materia di trattamento delle acque reflue urbane, per il cui mancato rispetto la Corte di Giustizia ha emesso due sentenze di condanna nei confronti dell'Italia (sentenza 19 luglio 2012, causa C-565/10; sentenza 10 aprile 2014, causa C-85/13) ed è altresì stata attivata dalla Commissione europea una nuova procedura di infrazione n. 2014/2059.
  Rileva come, a tal fine, il comma 8 introduca due nuovi commi 7-bis e 7-ter nel decreto-legge n. 133 del 2014.
  Il nuovo comma 7-bis detta una disposizione relativa ai commissari straordinari che assicurano la realizzazione degli interventi con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012, bis disponendo che i predetti commissari devono:
   procedere senza indugio al loro impegno con le procedure ad evidenza pubblica previste dal nuovo Codice dei contratti pubblici (di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016), prescindendo comunque dall'effettiva disponibilità di cassa;
   informare, in merito all'esito di tali procedure di evidenza pubblica, il competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell'ambiente e l'Agenzia per la coesione territoriale.

  Il nuovo comma 7-ter disciplina invece il funzionamento delle contabilità speciali detenute dai commissari, stabilendo che queste siano direttamente alimentate, per la quota coperta con le risorse della delibera CIPE n. 60/2012:
   con un anticipo fino al 20 per cento del quadro economico di ciascun intervento su richiesta dei medesimi commissari;
   e poi con successivi trasferimenti per i SAL (stati avanzamento lavori), fino al saldo conclusivo, verificati dal commissario.

  Al fine di dar conto degli interventi affidati e di verificare la coerenza delle dichiarazioni rese, il nuovo comma 7-ter prevede altresì che i commissari hanno l'obbligo di aggiornare la banca dati unitaria del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
  L'articolo 23, al comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2016 per favorire la stipula degli accordi e l'adozione delle decisioni riguardanti la pianificazione della produzione nel settore Pag. 94del latte e dei prodotti lattiero-caseari secondo quanto stabilito dall'articolo 1 del regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/559 della Commissione dell'11 aprile 2016.
  Il sostegno viene garantito attraverso il suddetto incentivo per quelle aziende che riducono i loro volumi produttivi di latte consegnato alle imprese in trasformazione, con l'obiettivo di procedere ad una stabilizzazione del mercato nazionale attraverso una riduzione del 3,5 per cento del livello produttivo del secondo semestre 2016, con un sostegno finanziario garantito alle cooperative, che rappresentano circa il 70 per cento della produzione nazionale di latte.
  Il comma 2 prevede che le misure di sostegno indicate al comma 1 siano individuate e definite con decreto del Ministro delle politiche agricole e alimentari, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, in conformità con la normativa europea.
  Il comma 3 dispone che il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, istituito dall'articolo 58, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012, sia rifinanziato di 6 milioni di euro per l'anno 2016 e di 4 milioni di euro per l'anno 2017, al fine di consentire l'acquisto e la distribuzione gratuita di latte.
  Al riguardo ricorda che il Fondo Nazionale Indigenti è stato rifinanziato dalla legge di stabilità 2015, per 12 milioni di euro per il 2015, a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi in favore della famiglia e dalla legge di stabilità 2016 con 2 milioni di euro per l'anno 2016 e 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.
  Il comma 4 prevede che le misure individuate dai commi 1 e 3 siano applicabili previa notifica alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (che regola il regime degli aiuti di Stato), effettuata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
  Il comma 5 reca la copertura finanziaria delle misure di sostegno dei produttori di latte e di prodotti lattiero-caseari, previste al comma 1, pari – come anticipato – a 10 milioni di euro per l'anno 2016, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, commi 1 e 3 del decreto-legge n. 91 del 2014, la quale ha previsto due crediti di imposta per investimenti nel settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura, rispettivamente, per la realizzazione di infrastrutture di e-commerce e per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie, nonché per la cooperazione di filiera.
  Il comma 6 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla distribuzione gratuita di latte agli indigenti, di cui al comma 3, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della legge n. 499 del 1999, relativa al finanziamento delle attività di competenza del MIPAAF, mentre ai 4 milioni di euro per l'anno 2017 si fa fronte mediante corrispondente riduzione del fondo di conto capitale iscritto nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
  Il comma 7 prevede che, al fine di garantire l'efficace gestione dei servizi del sistema informativo agricolo nazionale (SlAN), l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) provveda, sino all'espletamento da parte di CONSIP di una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento a terzi del sistema informativo, ad utilizzare i servizi della SIN S.p.A., una società il cui 51 per cento di capitale è di proprietà dell'AGEA, mentre il restante 49 per cento appartiene ad un consorzio privato (RTI).
  Illustra quindi l'articolo 24, che introduce elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che hanno avuto la possibilità di presentare un piano di risanamento, ai sensi dell'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2013.
  In particolare, il comma 1, alle lettera a), b), e d), novella l'articolo 11, comma 1, alinea e lettera a), e il comma 14, del decreto-legge n. 91 del 2013, mentre il comma 2 novella l'articolo 1, comma 355, della legge n. 208 del 2015, sostituendo il previgente riferimento al raggiungimento Pag. 95dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario.
  In sostanza si sostituisce alla nozione di equilibrio strutturale del bilancio – che, per come desumibile dall'ordinamento interno, esclude dal risultato economico annuale le componenti di carattere temporaneo o comunque non ripetibili negli esercizi successivi, che quindi non potrebbero concorrere al risultato nominale del bilancio – la più elastica nozione di pareggio economico, che fa riferimento al bilanciamento tra entrate e spese nel loro complesso.
  Tale modifica intende assicurare una valutazione razionale del conseguimento degli obiettivi strutturali del bilancio della fondazione secondo un'ottica di maggiore flessibilità, tenuto conto della particolare natura delle fondazioni e del loro patrimonio.
  Poiché la nozione di pareggio economico è per sua natura riferita alla singola annualità di bilancio, e di per sé può non essere sufficientemente indicativa dei possibili futuri andamenti economici dell'ente, le norme affiancano a tale nuovo indicatore anche un elemento previsivo, costituito dal «tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario».
  La lettera c) del comma 1, novellando l'articolo 11, comma 9, lettera a), dello stesso decreto-legge n. 91 del 2013 – opera la stessa sostituzione con riferimento ai contenuti della negoziazione per la ristrutturazione del debito delle fondazioni necessaria per accedere – nelle more del perfezionamento del piano di risanamento – alle anticipazioni (per l'annualità 2013) finalizzate ad evitare, a causa della carenza di liquidità, la compromissione della gestione anche ordinaria della fondazione.
  Ricorda che l'articolo 11, comma 9, del decreto-legge n. 91 del 2013 ha previsto la possibilità, nelle more del perfezionamento del piano di risanamento, di ottenere anticipazioni per il 2013 (fino a 25 milioni di euro) per le fondazioni che versavano in una situazione di carenza di liquidità tale da pregiudicare la gestione anche ordinaria, a determinate condizioni, tra cui l'avvio della negoziazione per la ristrutturazione del debito della fondazione nella misura sufficiente ad assicurare, tra l'altro, la sostenibilità finanziaria del piano di risanamento, gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario.
  L'articolo 25 reca la consueta clausola di entrata in vigore del decreto-legge.
  Si riserva quindi di formulare una compiuta proposta di parere, preannunciando comunque, fin d'ora, l'intenzione di formulare alcune osservazioni e condizioni.
  In primo luogo ritiene opportuno sottolineare la necessità di rivedere la disciplina sulle sanzioni relative alla violazione dei vincoli del Patto di stabilità interno per quanto riguarda le province, evidenziando come, anche a seguito di alcune modifiche nella disciplina contabile delle stesse province, nel corso dell'ultimo anno si sia verificato un forte incremento della relativa spesa corrente di queste ultime.
  In secondo luogo considera opportuno affrontare, nel parere che sarà espresso dalla Commissione, il tema della rinegoziazione dei mutui stipulati dagli enti locali con la Cassa depositi e prestiti, atteso che al momento le penali per tali rinegoziazioni hanno un ammontare medio del 20 per cento e che appare quindi necessario stabilire un tetto a tali penalizzazioni.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, ricordando che, secondo le indicazioni pervenute dalla Commissione Bilancio, le Commissioni competenti in sede consultiva dovranno esprimere il loro parere sul provvedimento entro mercoledì 13 luglio prossimo.

  La seduta termina alle 15.20.

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RISOLUZIONI

  Mercoledì 6 luglio 2016. — Presidenza del vicepresidente Paolo PETRINI. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 15.20.

7-00914 Paglia: Modifiche alla disciplina delle mutue di autogestione con finalità di finanza mutualistica e solidale.
7-00985 Ginato: Iniziative normative da assumere nel settore delle mutue di autogestione, della finanza etica e del microcredito.
(Seguito della discussione congiunta e rinvio).

  La Commissione prosegue la discussione congiunta delle risoluzioni, rinviata nella seduta del 29 giugno scorso.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) esprime una valutazione sostanzialmente positiva sulla risoluzione 7-00985 Ginato, che si dichiara disponibile a votare. Ritiene, tuttavia, che il punto fondamentale sia acquisire l'orientamento del Governo rispetto agli atti di indirizzo in discussione. Rileva, infatti, come il problema principale che le risoluzioni intendono risolvere sia rappresentato dalle difficoltà che le mutue di autogestione incontrano nella loro operatività, in forza dei vincoli normativi eccessivamente stringenti attualmente in vigore nei loro confronti. Considera quindi ineludibile dare una risposta chiara a tali soggetti, i quali sono al momento 7, verificando se il Governo sia disposto o meno ad adottare le necessarie modifiche normative. In caso contrario ritiene che le risoluzioni, anche se approvate, risulterebbero sostanzialmente inutili.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione congiunta delle risoluzioni ad una seduta che potrà essere convocata nella giornata di martedì 12 luglio prossimo, nel corso della quale si potrà procedere alla votazione delle risoluzioni in discussione.

7-01017 Alberti: Tassabilità ai fini delle imposte locali sugli immobili delle piattaforme petrolifere.
7-01023 Petrini: Tassabilità ai fini delle imposte locali sugli immobili delle piattaforme petrolifere.
7-01041 Paglia: Tassabilità ai fini delle imposte locali sugli immobili delle piattaforme petrolifere.
(Seguito della discussione congiunta e rinvio).

  La Commissione prosegue la discussione congiunta delle risoluzioni, rinviata nella seduta del 29 giugno scorso.

  Paolo PETRINI (PD), presidente, avverte che la risoluzione 7-01041 Paglia sarà discussa congiuntamente alle risoluzioni 7-01017 Alberti e 7-01023 Petrini, in quanto vertente su materia analoga.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) illustra la propria risoluzione, la quale sottopone al Governo la questione della tassabilità ai fini delle imposte locali sugli immobili delle piattaforme petrolifere.
  Al riguardo ricorda innanzitutto che la Corte di Cassazione, con sentenza 24 febbraio 2016, n. 3618, ha ritenuto che le piattaforme petrolifere siano soggette ad accatastamento e quindi assoggettabili ad ICI, e conseguentemente, anche ad IMU e TASI, ponendo fine a un contenzioso in corso da anni in materia di applicazione dei tributi immobiliari, che ha visto i comuni contrapporsi, da una parte, con le società petrolifere e, dall'altra, con l'Agenzia delle entrate, la quale ha sempre ritenuto che le piattaforme petrolifere non fossero da iscrivere in catasto, con ciò alimentando ancora di più il contenzioso tributario.
  La predetta pronuncia della Corte n. 3618 va oltre il caso specifico oggetto del giudizio, enunciando principi di diritto molto importanti, come l'obbligatorietà dell'assoggettamento all'imposta dei fabbricati Pag. 97non iscritti in catasto, indipendentemente dalle eventuali problematiche collegate alla determinazione del loro valore imponibile.
  In particolare la Corte di Cassazione afferma che le piattaforme stabilmente assicurate al suolo demaniale marino devono essere accatastate e che esse «così come le centrali a cui sono annesse, sono classificabili nella categoria catastale D/7, svolgendosi operazioni qualificabili quali attività industriale».
  Per quanto attiene al soggetto attivo d'imposta la Corte, dopo aver rilevato che non può concepirsi un luogo del territorio nazionale che non «appartenga» a un Comune, ha ritenuto che esista una naturale potestà degli enti locali nell'ambito del mare territoriale, e che «i beni infissi nel fondo del mare territoriale sono equiparabili a quelli del demanio marittimo». Conseguentemente, le strutture stabilmente infisse nel fondo del mare territoriale sono soggette al potere impositivo comunale, in quanto possedute in base a una concessione demaniale.
  La citata sentenza afferma inoltre il principio, molto significativo anche al di là del caso di specie, secondo cui «tutti i fabbricati siti nel territorio dello Stato sono imponibili, soggiacciono all'imposta ICI e non può considerarsi «condicio sine qua non» ai fini impositivi, l'iscrizione catastale in mancanza di una correlazione normativa tra «imponibilità» e «accatastabilità», essendo soggetti ad ICI tutti gli immobili, ancorché non accatastati e potendo essere determinata l'imposta in base ai criteri residuali».
  Con riferimento alle modalità di determinazione del valore, la pronuncia della suprema Corte sottolinea come le fattispecie in questione ricadano tra i fabbricati riconducibili al gruppo catastale D e interamente posseduti da imprese, fin quando la rendita catastale non sia attribuita e che, in mancanza di rendita, la determinazione della base imponibile deve essere, quindi, effettuata utilizzando i valori di bilancio, come previsto dall'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992.
  Per quanto riguarda l'individuazione degli impianti da valorizzare nella base imponibile, dopo aver chiarito che le piattaforme costituiscono un cespite economico indipendente e distinto rispetto alla centrale di terra, la Corte rigetta la tesi della non valorizzazione delle condotte petrolifere, in quanto poste nei fondali marini, così come previsto dalla circolare dell'Agenzia del territorio n. 6 del 2012. In particolare la Corte afferma che non trova applicazione il paragrafo 3 della suddetta circolare, la quale ha in generale previsto la valorizzazione nella rendita catastale delle condotte petrolifere, ma solo se ubicate nel territorio dello Stato, con esclusione di quelle poste nei fondali marini. Ad avviso della Corte la circolare «normativizzata» non fa infatti riferimento alle piattaforme petrolifere, ma solo alle «condotte petrolifere» che sono ontologicamente diverse dalle prime.
  Rileva quindi come, in definitiva, i principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione autorizzino i comuni ad accertare le piattaforme petrolifere con riferimento sia all'ICI sia all'IMU-TASI, senza che sia necessario l'intervento preventivo dell'Agenzia delle entrate, in quanto la base imponibile può essere valorizzata sulla base delle scritture contabili della società proprietaria e, in caso di mancata collaborazione, sulla base dei dati di bilancio pubblicati dalla camera di commercio.
  Evidenzia tuttavia come, in contrasto con tali principi, il Dipartimento delle finanze, con la recente risoluzione n. 3/DF, abbia sostenuto che, ai fini dell'applicabilità dell'IMU alle piattaforme petrolifere, serve uno specifico intervento normativo atto a consentire non solo il censimento delle costruzioni, ma anche l'ampliamento del presupposto impositivo dell'IMU e della TASI. La citata risoluzione n. 3/DF sostiene infatti che le piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale presentano le caratteristiche di un immobile a destinazione speciale e particolare che le farebbero rientrare, quali impianti, in una delle categorie catastali dei gruppi D ed E, per le quali, a Pag. 98partire dal 2016, l'articolo 1, comma 21, della legge di stabilità 2016 ha dettato nuovi criteri per la determinazione della rendita, escludendo dalla stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo. Inoltre, secondo la predetta risoluzione, in base alle vigenti disposizioni normative che regolano il sistema catastale, tali cespiti non sono oggetto di inventariazione negli atti del catasto, poiché è «l'Istituto idrografico della Marina» – e non «l'Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali» – l'Organo Cartografico dello Stato designato al rilievo sistematico dei mari italiani. Considerato che l'IMU ha per presupposto il possesso di immobili e a tali fini vengono espressamente richiamate «le definizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504» il quale stabilisce che: «a) per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano», la risoluzione n. 3/DF conclude che, per applicare i criteri di calcolo del valore contabile, di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992, occorre uno specifico intervento normativo atto a consentire non solo il censimento delle costruzioni site nel mare territoriale, anche con riferimento alla relativa delimitazione, georeferenziazione e riferibilità ad uno specifico comune censuario, ma anche l'ampliamento del presupposto impositivo dell'IMU e della TASI.
  In tale ampio contesto la sua risoluzione intende impegnare il Governo:
   ad assumere le iniziative di competenza per apportare puntuali modifiche normative alla legge di stabilità 2016 e al decreto legislativo n. 504 del 1992, al fine di stabilire il pieno assoggettamento delle piattaforme petrolifere ad accatastamento e ad ICI, e conseguentemente, anche ad IMU e TASI, stabilendo che a decorrere dal 1o gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo, delle costruzioni e, a differenza da quanto previsto attualmente dalla legge di stabilità 2016, delle piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento, escludendo dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo, ma che tale ultima esclusione non operi in riferimento alle piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale;
   ad assumere iniziative per modificare la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 504 del 1992, nel senso di prevedere che per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza, nonché le piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale;
   ad assumere iniziative per prevedere che le piattaforme petrolifere, come inventariate dall'Istituto cartografico della Marina, siano classificabili nella categoria catastale D/7 e che, in mancanza di definizione della rendita catastale, la base imponibile delle piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale, classificabili nella categoria D/7 sia costituita dal valore di bilancio, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3, dell'articolo 6, del decreto-legge n. 33 del 1992.

  Sottolinea inoltre come la questione affrontata dalle risoluzioni in discussione sarà certamente oggetto di numerose proposte emendative nell'ambito dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2016, recante misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio, che potrebbe essere la sede opportuna per risolvere la questione.

  Paolo PETRINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione congiunta delle risoluzioni ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.

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