CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 23 giugno 2016
661.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Giovedì 23 giugno 2016. — Presidenza della vicepresidente Roberta AGOSTINI. — Interviene il viceministro dell'interno Filippo Bubbico.

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo jihadista.
C. 3558 Dambruoso.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 12 maggio 2016.

  Stefano DAMBRUOSO (SCpI) auspica il sollecito avvio di un ciclo di audizioni sul provvedimento in esame, sottolineando come l'intervento normativo proposto non presenta una valenza repressiva, aspetto peraltro già regolamentato dalla normativa vigente, ma mira alla prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo.

  Barbara POLLASTRINI (PD), relatrice, si associa alla richiesta del deputato Dambruoso, rilevando come lo svolgimento di un'attività conoscitiva su tale delicato tema, da portare a compimento quanto prima, possa consentire di approfondire le questioni in gioco, in vista della definizione di un intervento normativo che sappia conciliare le esigenze della sicurezza con quelle della convivenza civile.Pag. 28
  Auspica, infine, che la Commissione possa concludere l’iter prima della prevista pausa estiva dei lavori parlamentari.

  Roberta AGOSTINI, presidente, osserva che le modalità di prosecuzione dell'iter saranno definite in una prossima riunione dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella quale potrà essere valutata anche la possibilità di svolgere un ciclo di audizioni sul provvedimento in esame.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Pier Paolo Pasolini.
Doc. XXII, n. 57 Bolognesi.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 17 maggio 2016.

  Celeste COSTANTINO (SI-SEL), relatrice, fa notare che il suo gruppo ha presentato una propria proposta sull'argomento in oggetto – il Doc. XXII, n. 67, a prima firma della deputata Pellegrino – di cui auspica un sollecito abbinamento.

  Roberta AGOSTINI, presidente, fa notare che l'eventuale abbinamento della proposta testé richiamata sarà valutato non appena essa sarà assegnata.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.10.

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 23 giugno 2016. — Presidenza della vicepresidente Roberta AGOSTINI. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 10.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Atto n. 307.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Paolo COPPOLA (PD), relatore, sottolinea preliminarmente che il Codice dell'amministrazione digitale fu varato nel 2005 (con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). Esso fu inteso quale carta dei diritti e dei doveri (cui successive disposizioni applicative dessero, per più profili, concreta attuazione) della digitalizzazione dell'amministrazione.
  Solo in parte, tuttavia, l'obiettivo della digitalizzazione dell'amministrazione fu conseguito dal Codice del 2005. L'evoluzione tecnologica, la ineffettività di alcune salienti disposizioni, fecero sì che, sospeso tra obsolescenza e disapplicazione, esso richiedesse una manutenzione che ne segnasse, al contempo, un rilancio. Con questo intendimento, giunse il decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 (in attuazione di delega recata dalla legge n. 69 del 2009).
  Una nuova revisione del Codice è stata poi delineata dalla legge 7 agosto 2015, n. 124 (recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»).
  Il suo articolo 1 reca infatti delega per una complessiva rivisitazione (entro un Pag. 29anno dall'entrata in vigore di quella legge) del Codice, secondo i criteri lì definiti.
  Proprio in attuazione della delega posta dall'articolo 1 della legge n. 124 del 2015, giunge in Parlamento, per il vaglio consultivo su atti del Governo da parte delle due Camere, l'atto del Governo n. 307, recante schema di decreto legislativo recante modifiche e integrazioni al codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
  Prima di esaminarne le disposizioni, modificative del Codice, vale però ricordare i principi e i criteri direttivi posti dalla norma delegante.
  L'articolo 1, comma 1 della legge n. 124 del 2015 contiene una delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, per l'emanazione di uno o più decreti legislativi con la finalità di garantire: il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale; la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici.
  A tal fine, i decreti legislativi, con invarianza delle risorse disponibili a legislazione vigente, sono chiamati a modificare e integrare il Codice dell'amministrazione digitale (e a coordinare le disposizioni in materia contenute in altri provvedimenti).
  I decreti delegati sono legittimati a disporre una delegificazione di norme contenute nel Codice. L'autorizzazione alla delegificazione pare riconducibile al criterio direttivo della delega (lettera m) che pone al legislatore delegato il compito di semplificare il Codice in modo da contenere esclusivamente principi di carattere generale.
  Il termine per l'esercizio della delega è fissato in 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (quindi entro il 28 agosto 2016).
  Un primo insieme di principi e criteri direttivi (lettere a)-d), f)-h) e p)-q)), attiene alla digitalizzazione dei servizi ai cittadini, sì da favorire l'accesso dell'utenza ai servizi delle amministrazioni pubbliche in maniera digitale. Si tratta di: individuare strumenti per definire un livello minimo delle prestazioni in materia di servizi on line delle amministrazioni pubbliche in ordine alla sicurezza, qualità, fruibilità, accessibilità e tempestività di tali prestazioni, prevedendo a tal fine un sistema di premi e sanzioni per le amministrazioni (lettera a); applicare pienamente il principio «innanzitutto digitale» (cd. digital first) alle pubbliche amministrazioni, nella ridefinizione e semplificazione dei procedimenti amministrativi, anche dal punto di vista delle procedure interne, per assicurare la celerità, la certezza dei tempi e la trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese (lettera b); garantire e sviluppare gli strumenti per favorire l'accesso alle informazioni e ai servizi dell'amministrazione pubblica, attraverso un novero di strumenti (lettera c); ridefinire il Sistema pubblico di connettività (SPC), per semplificare le regole di cooperazione tra amministrazioni pubbliche e per favorire l'adesione al Sistema da parte dei privati, garantendo la sicurezza e la resilienza (ossia la capacità di adattamento e di resistenza all'usura) dei sistemi (lettera d); armonizzare le disposizioni in materia di strumenti di identificazione, comunicazione e autenticazione in rete con il Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale (SPID) di cui all'articolo 64 del CAD (il c.d. pin unico), con l'obiettivo di promuovere l'adesione allo SPID di tutte le pubbliche amministrazioni e dei privati (lettera f); favorire l'elezione di un domicilio digitale da parte di cittadini e imprese anche mediante l'utilizzo di sistemi di comunicazione non ripudiabili, in modo da garantirne l'utilizzo anche in caso di mancanza di strutture adeguate o di scarso livello di alfabetizzazione digitale e da assicurarne la piena accessibilità (lettera g); adeguare l'ordinamento alle norme europee in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche (lettera p); rendere i mezzi di pagamento digitale, compresi i micropagamenti del credito telefonico, i Pag. 30mezzi principali di pagamento nei confronti delle p.a. e degli esercenti di pubblica utilità (lettera q).
  Un secondo insieme di principi e criteri direttivi posti dalla delega concerne l'organizzazione della p.a. digitale. Attengono alla revisione dei processi decisionali interni alle pubbliche amministrazioni (funzioni di back-office), sempre in funzione del diritto di accesso digitale (lettere e) e i)-n)). Si tratta di: definire i criteri di digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance (lettera e); razionalizzare gli strumenti di coordinamento e collaborazione tra le p.a., con il duplice obiettivo di conseguire l'ottimizzazione della spesa nei processi di digitalizzazione (favorendo l'uso di software open source, e il risparmio energetico (lettera i); razionalizzare i meccanismi e le strutture di governance della digitalizzazione, al fine di semplificare i processi decisionali (lettera l); semplificare i procedimenti di adozione delle regole tecniche, assicurare la neutralità tecnologica delle disposizioni del CAD, nonché semplificare il CAD al fine di mantenervi esclusivamente principi di carattere generale (lettera m); ridefinire le competenze dell'ufficio dirigenziale generale unico (ufficio istituito nelle pubbliche amministrazioni centrali con funzioni di coordinamento in materia di digitalizzazione) con la previsione della possibilità di collocazione alle dirette dipendenze dell'organo politico di vertice di un responsabile, individuato nell'ambito dell'attuale dotazione organica di fatto del medesimo ufficio e dotato di adeguate competenze tecnologiche e manageriali, per la transizione al digitale, nonché ridefinire i conseguenti processi di riorganizzazione (lettera n).
  Infine, un insieme di principi e criteri direttivi (lettere o) e r)) riguarda le modalità tecniche di «scrittura» dei decreti delegati cui dovrà attenersi il legislatore delegato. Esso deve: coordinare la normativa vigente, anche quella contenuta in provvedimenti diversi dal CAD, e adeguarla a quelle di fonte comunitaria, sia per garantire la coerenza (giuridica, logica e sistematica) delle normativa, sia per adeguare, aggiornare e semplificare il «linguaggio normativo» (lettera o); indicare esplicitamente le norme abrogate, fatto salvo il principio della successione delle leggi nel tempo di cui all'articolo 15 delle preleggi (lettera r).
  Ai sensi del comma 2 i decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previo parere della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato. Tali pareri devono essere resi entro 45 giorni dalla trasmissione dello schema di decreto, trascorsi i quali il Governo può comunque procedere all'adozione definitiva del provvedimento.
  Lo schema è quindi trasmesso alle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari nonché alla Commissione parlamentare per la semplificazione amministrativa, che devono esprimere il proprio parere entro 60 giorni dalla trasmissione dello schema di decreto, decorsi i quali il decreto legislativo può essere comunque adottato.
  Se il termine per il parere cade nei 30 giorni che precedono la scadenza di cui al comma 1 per l'adozione dei decreti legislativi (come detto, 18 mesi dall'entrata in vigore della legge), tale scadenza è prorogata di 90 giorni.
  Il Governo, nel caso in cui non intenda uniformarsi al parere parlamentare, deve trasmettere nuovamente lo schema alle Camere corredato con le motivazioni delle proprie decisioni. In tal caso le Commissioni competenti per materia (non la Commissione competente per i profili finanziari e la Commissione per la semplificazione) hanno 10 giorni ulteriori per esprimersi, decorsi i quali i decreti possono essere comunque adottati.
  Il comma 3 reca una ulteriore delega per le integrazioni e correzioni. Entro 12 mesi dall'entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, il Governo può adottare decreti integrativi o correttivi, nel rispetto dell'oggetto e dei principi di cui sopra.
  Passando ad esaminare il contenuto del provvedimento, l'articolo 1 modifica l'articolo 1 del Codice dell'amministrazione digitale (qui di seguito CAD), relativo alle Pag. 31definizioni. Ne sono introdotte alcune nuove (quella di «domicilio digitale», di «identità digitale»), in linea con l'evoluzione digitale e nell'intento di delineare una «cittadinanza digitale». La definizione di «domicilio digitale» pare peraltro delimitare l'ambito soggettivo degli utenti alle «persone fisiche e giuridiche», con conseguente esclusione di soggetti altri (ad esempio, le associazioni non riconosciute).
  L'articolo 2 modifica l'articolo 2 del CAD (sostituendone integralmente i commi 2, 5 e 6). Determina l'ambito di applicazione del CAD ricomprendendovi le «società a controllo pubblico» (anziché «le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico», come recita la precedente stesura del CAD), come definite nel decreto legislativo adottato in attuazione dell'articolo 18 della legge n. 124 del 2015 (rimane fermo che esse devono risultare inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311).
  L'articolo 3 modifica l'articolo 3 del CAD (sostituendo il comma 1 e inserendo i commi da 1-quater a 1-sexies). Tramite questa riformulazione viene rafforzata la tutela del diritto all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, giacché si riconosce «a chiunque» (non solo i cittadini e le imprese, come nella precedente stesura del CAD) il «diritto di usare» (non già di richiedere e ottenere, come nella precedente stesura) gli strumenti digitali del Codice, e questo anche ai fini della partecipazione a tutti i procedimenti amministrativi e della conoscenza dai parte dell'utente dei termini del procedimento, del suo stato di avanzamento, del suo responsabile (come ufficio e funzionario). Inoltre viene elevata la disponibilità di una identità digitale (assegnata nell'ambito del sistema pubblico di identità digitale, SPID) al rango di diritto (riconosciuto, come ambito soggettivo, a «tutti i cittadini e le imprese»). Viene, a tal fine, riconosciuto a tutti gli iscritti all'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) il diritto di essere identificati dalle pubbliche amministrazioni tramite l'identità digitale, nonché di inviare comunicazioni e documenti alle pubbliche amministrazioni e di riceverne tramite un domicilio digitale (alle condizioni indicate all'articolo 3-bis del CAD, come novellato dal presente schema di decreto).
  L'articolo 4 modifica l'articolo 3-bis del CAD (mutandone la rubrica in «Domicilio digitale delle persone fisiche» – anziché «Domicilio digitale del cittadino»). L'articolo riordina e amplia la disciplina vigente in materia di domicilio digitale delle persone fisiche, onde favorirne l'elezione ai fini dell'interazione con le amministrazioni.
  L'articolo 5 modifica l'articolo 5 del CAD (sostituendo i commi 1 e 2, inserendo il comma 2-bis, abrogando i commi da 3 a 3-ter) con la previsione dell'obbligo per le pubbliche amministrazioni e le società a controllo pubblico di accettare i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso i servizi di pagamento elettronici. E tra questi è incluso l'utilizzo, per i micro pagamenti, del credito telefonico.
  L'articolo 6 modifica l'articolo 6 del CAD, introducendovi la previsione che finché non sia data «piena attuazione» al domicilio digitale (di cui all'articolo 3-bis del medesimo Codice, quale novellato dall'articolo 4 del presente schema), la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitino di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna, avvenga mediante la posta elettronica certificata (con i soggetti che abbiano previamente dichiarato il proprio indirizzo).
  L'articolo 7, comma 1, modifica l'articolo 6-bis del CAD (incidendo sul comma 2 ed aggiungendo il comma 2-bis). La novella dispone circa l'Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. L'articolo 7, comma 2, opera una mera «ricollocazione» di altro articolo del CAD (articolo 57-bis, pertanto abrogato), quale articolo 6-ter.
  L'articolo 8 sostituisce integralmente l'articolo 7 del CAD, predisponendo strumenti intesi a dare effettività alla «cittadinanza Pag. 32digitale». A tal fine stabilisce che le pubbliche amministrazioni (e le società a controllo pubblico) rendano disponibili i propri servizi per via telematica nel rispetto di standard e livelli di qualità anche in termini di fruibilità, accessibilità, usabilità e tempestività (fissati con le regole tecniche di cui all'articolo 71 del CAD) – standard e livelli di qualità periodicamente aggiornati dall'Agid.
  È inoltre previsto che gli utenti possano esprimere il proprio grado di soddisfazione circa la qualità dei servizi in rete resi dalle amministrazioni (di esso è dato pubblico conto nel sito dell'amministrazione). Ed in ipotesi di violazione dei citati obblighi ossia di erogazione di servizi on-line con standard inferiori a quelli previsti dalla legge, gli utenti possono agire muovendo la cosiddetta class action (l'azione di cui al decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198).
  L'articolo 9 modifica l'articolo 8 del CAD, prevedendo, quale oggetto della promozione da parte dello Stato, la «diffusione della cultura digitale» (anziché la «alfabetizzazione informatica», che peraltro permane nella rubrica dell'articolo) tra i cittadini. Introduce poi nel CAD un nuovo articolo 8-bis. Esso pone a carico delle singole amministrazioni – ad invarianza di spesa – l'obbligo di rendere disponibili agli utenti, presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare nei settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, la connettività ad internet. È inoltre prevista la possibilità per gli utenti di usufruire della porzione di banda non utilizzata dagli uffici attraverso un sistema di autenticazione tramite Spid.
  L'articolo 10 modifica l'articolo 9 del CAD. Questo già prevede che le pubbliche amministrazioni (e le società a controllo pubblico, ora si dispone) favoriscano ogni forma di uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all'estero, al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili. Ora si aggiunge la finalità di migliorare la qualità degli atti amministrativi, anche con forme di consultazione preventiva sui relativi schemi, prima dunque della loro adozione. Questo, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 11 modifica l'articolo 12 del CAD (sostituendone il comma 2 e abrogandone i commi 4, 5 e 5-bis). Il dettato dell'articolo è anche in tal caso (come per altri articoli novellati dallo schema) reso più sintetico, tuttavia introducendo, per la parte di innovazione sostanziale della norma, tra le finalità «l'effettivo riconoscimento» dei diritti dei cittadini e delle imprese come tutelati dal Codice. Gli obiettivi di tale azione sono posti dal Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione. Inoltre, prevede che le pubbliche amministrazioni utilizzino, anche nei rapporti interni, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Rimane fermo il principio della interoperabilità dei sistemi e l'integrazione dei processi di servizio.
  L'articolo 12 modifica l'articolo 13 del CAD (avente ad oggetto la formazione informatica dei dipendenti pubblici). In particolare, è aggiunto un comma recante la previsione che le politiche di formazione dei dipendenti pubblici siano anche volte allo sviluppo delle competenze tecnologiche e manageriali dei dirigenti per la transizione alla modalità operativa digitale.
  L'articolo 13, comma 1, modifica l'articolo 14 del CAD (abrogandone i commi 2-bis, 3 e 3-bis, soffermantisi su modalità collaborative tra Stato ed enti territoriali per iniziative di digitalizzazione). Prevede che sia l'Agid ad assicurare, nell'ambito dei rapporti tra Stato, Regioni e autonomie locali, il coordinamento informatico dei dati delle amministrazioni con la finalità di progettare e monitorare l'evoluzione strategica del Sistema informativo della pubblica amministrazione e di favorire una riduzione dei costi sostenuti e un miglioramento dei servizi erogati.
  L'articolo 13, comma 2, introduce nel CAD l'articolo 14-bis, che ha per oggetto l'Agid (che si è ricordato essere l'acronimo di Agenzia per l'Italia digitale), la quale fa in tal modo ingresso sistemico nel Codice Pag. 33(essendo la sua istituzione successiva al tempo di adozione e revisione finora intervenuta del medesimo).
  L'articolo 14 modifica l'articolo 16 del CAD (che ha per oggetto le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di innovazione e tecnologie), onde espungere da esse l'emanazione delle norme tecniche per l'attuazione del Codice.
  L'articolo 15 modifica l'articolo 17 del CAD. Prevede che le pubbliche amministrazioni garantiscano l'attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e la digitalizzazione dell'amministrazione definite dal Governo in coerenza con le regole tecniche di cui all'articolo 71. A tal fine, è affidata a un unico ufficio dirigenziale generale la transizione alla modalità operativa digitale e dei processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di una amministrazione digitale aperta.
  L'articolo 16 modifica l'articolo 18 del CAD (sostituendo integralmente i commi da 1 a 3 ed abrogandone i commi 4 e 5), il quale ha ad oggetto la Conferenza permanente per l'innovazione tecnologica, quale supporto all'organo governativo di elaborazione delle linee strategiche di indirizzo in materia di innovazione e digitalizzazione.
  L'articolo 17 modifica l'articolo 20 del Codice dell'amministrazione digitale. Ne modifica la rubrica (che diviene «validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici», in luogo di «documento informatico»). In primo luogo, ne sopprime il comma 1, reso superfluo dalla disciplina della firma elettronica contenuta nel regolamento eIDAS e nell'articolo 21 dello stesso Codice (come novellato dall'articolo 18 dello schema). Inoltre viene modificato il comma 1-bis, prevedendo che l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio siano liberamente valutabili in giudizio, «in relazione» (anziché «tenuto conto») alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.
  L'articolo 18 modifica l'articolo 21 del Codice dell'amministrazione digitale (abrogando i commi 1, 3 e 4, modificando i commi 2 e 2-bis, introducendo un comma 2-ter). Qui si tratta di efficacia probatoria non dei meri documenti informatici bensì di quelli tra essi che siano sottoscritti con firma elettronica.
  Dalla novella del comma 2 (in combinato disposto con l'abrogazione del comma 1) consegue che il documento informatico sottoscritto con qualunque tipo di firma elettronica soddisfi il requisito della forma scritta e, ai sensi dell'articolo 2702 del codice civile, faccia piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione. In breve, verrebbe superata la vigente disciplina (posta appunto dal comma 1 di questo articolo del CAD, del quale lo schema prevede l'abrogazione) che demanda al giudice la valutazione dell'efficacia probatoria (si rammenti, del documento informatico sottoscritto con firma elettronica; per il documento informatico non sottoscritto con firma elettronica, la valutazione del giudice permane, sancita dall'articolo 20 del CAD). Ancora, si dispone che salvo il caso di sottoscrizione autenticata, le scritture private di cui all'articolo 1350 del codice civile (il quale enumera gli atti che devono farsi per iscritto, sotto pena di nullità), numeri da 1 a 12, redatte su documento informatico, siano sottoscritte a pena di nullità con firma elettronica qualificata o digitale.
  Gli atti di cui al numero 13 del medesimo articolo 1350 del Codice civile, redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici, devono essere sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale (comma 2-bis, modificato). Peraltro la nuova stesura dell'articolo 1 del CAD prospettata dallo schema espunge la definizione di firma elettronica avanzata o qualificata dal corpus definitorio del Codice. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo n. 110 del 2010 (recante «Disposizioni in materia di atto pubblico informatico redatto dal notaio»), ogni altro atto pubblico redatto su documento informatico Pag. 34è sottoscritto dal pubblico ufficiale a pena di nullità con firma qualificata o digitale (comma 2-ter, inserito dallo schema, che inoltre prevede la sottoscrizione personale delle parti, dei fidefacenti, dell'interprete e dei testimoni, in presenza del pubblico ufficiale, con firma avanzata, qualificata o digitale ovvero autografa acquisita digitalmente). Di questo articolo, il comma 3 (relativo all'apposizione di firma elettronica qualificata su certificato elettronico scaduto o revocato o sospeso) e il comma 4 (relativo all'applicazione di questo articolo nel caso di certificato qualificato rilasciato da un certificate in uno Stato non UE) sono dallo schema «traslati» in altro articolo del CAD, quello relativo alla firma digitale (articolo 24).
  L'articolo 19 modifica l'articolo 22 del CAD. Aggiunge un periodo al comma 3, il quale già prevede che la copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico secondo le regole tecniche abbia la medesima efficacia probatoria dell'originale, salvo espresso disconoscimento. La novella ora dispone che il disconoscimento non sia effettuabile se la copia per immagine sia prodotta mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell'originale e della copia. È inoltre abrogato il comma 6 del citato articolo 22, che prevedeva l'obbligo della conservazione dell'originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, l'autenticazione della copia da parte di un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente e allegata al documento informatico. Tali obblighi sono quindi soppressi.
  L'articolo 20 modifica l'articolo 23 del CAD. Qui si tratta di copie analogiche di documenti informatici (laddove nell'articolo 22 si tratta di copie informatiche di documenti analogici). La novella è una «ricollocazione» entro questo articolo di altra disposizione del Codice, posta dal vigente articolo 23-ter, comma 5 (che viene abrogato). In esso si prevede che sulle copie analogiche di documenti informatici possa essere apposto a stampa un contrassegno tramite il quale è possibile accedere al documento informatico, ovvero verificare la corrispondenza allo stesso della copia analogica.
  L'articolo 21 modifica l'articolo 23-bis del CAD, il quale ha per oggetto i duplicati e le copie informatiche di documenti informatici. Come già per le copie informatiche di documenti analogici, si dispone la non effettuabilità ai fini probatori, del disconoscimento di copia ed estratti informatici che siano stati prodotti mediante processi e strumenti assicuranti la corrispondenza del contenuto della copia o dell'estratto informatico alle informazioni del documento informatico di origine (previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza del contenuto dell'originale e della copia). Resta fermo, ove previsto, l'obbligo di conservazione dell'originale informatico.
  L'articolo 22 modifica l'articolo 23-ter del CAD. Sul piano sostanziale, rileva l'abrogazione del comma 2 di tale articolo. Secondo quel comma (ora abrogato, secondo lo schema) i documenti costituenti atti amministrativi con rilevanza interna al procedimento amministrativo sottoscritti con firma elettronica avanzata hanno l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile, circa l'effetto di piena prova della scrittura privata.
  L'articolo 23 modifica l'articolo 24 del CAD. Vi introduce i commi 4-bis e 4-ter, che altro non sono che i commi 4 e 5 dell'articolo 21 vigente, «ricollocati» in questa sede per coordinamento sistematico del testo.
  L'articolo 24 modifica l'articolo 25 del CAD, specificando che sia elettronico qualsiasi altro tipo di firma avanzata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale (diversa dunque dalla firma elettronica in quanto tale) per la quale si abbia Pag. 35il riconoscimento di sottoscrizione autenticata ai sensi dell'articolo 2073 del codice civile.
  L'articolo 25 modifica l'articolo 27 del CAD (sostituendone, oltre alla rubrica, i primi due commi e abrogandone il terzo e il quarto). Nel testo vigente del Codice la rubrica faceva riferimento a «certificatori qualificati». Ora, si fa riferimento a prestatori di servizi.
  L'articolo 26 modifica l'articolo 28 del CAD. Ne sostituisce la rubrica (quella vigente è «Certificati qualificati») in «Certificati di firma elettronica qualificata». Inoltre abroga il comma 1 nel quale venivano indicate le informazioni che i certificati qualificati (ora rinominati «certificati di firma elettronica qualificata») dovevano contenere. Tale abrogazione consegue al fatto che si debba ora fare riferimento a quanto indicato dal Regolamento eIDAS n. 910/2014 (suo articolo 28 e Allegato I). Viene inoltre previsto (con modifica al comma 2) che nel certificato di firma elettronica qualificata possa essere inserito il codice fiscale o, per i residenti all'estero, un analogo codice identificativo.
  L'articolo 27 modifica l'articolo 28 del CAD (sostituendone la rubrica e i commi 1 e 2, modificandone i commi 4 e 6, abrogandone i commi 7 e 8). La nuova disciplina prevede che i soggetti che intendono avviare la prestazione di servizi fiduciari qualificati o svolgere l'attività di gestore di posta elettronica certificata e di gestore dell'identità digitale nonché i conservatori, presentino all'Agid domanda di qualificazione o accreditamento.
  L'articolo 28 modifica l'articolo 30 del CAD, estendendo la disciplina della responsabilità dei certificatori (figura ormai superata con l'entrata in vigore del Regolamento eIDAS) ai prestatori di servizi fiduciari qualificati, ai gestori di posta elettronica certificata, ai gestori dell'identità digitale e ai conservatori.
  L'articolo 29 modifica l'articolo 32 del CAD, fissando gli obblighi a carico del prestatore di servizi di firma elettronica qualificata (figura che sostituisce quella del certificatore, ormai non più rispondente a quanto previsto dal Regolamento eIDAS (UE) n. 910/2014). Gli obblighi restano quelli già vigenti, con solo poche variazioni (come quella relativa all'inserimento tra gli obblighi degli strumenti di autenticazione informatica per l'utilizzo del dispositivo di firma da remoto o la possibilità di raccolta di dati tramite un terzo, dietro esplicito consenso della persona interessata).
  L'articolo 30 modifica l'articolo 32-bis del CAD, prevedendo che l'Agid possa irrogare (tramite il Direttore Generale) ai prestatori di servizi fiduciari qualificati, ai gestori di posta elettronica certificata, ai gestori dell'identità digitale e, limitatamente alle attività di conservazione di firme, sigilli o certificati elettronici, ai conservatori di cui all'articolo 44-bis, che abbiano violato gli obblighi del Regolamento eIDAS e del CAD, sanzioni amministrative in relazione alla gravità della violazione accertata e all'entità del danno provocato all'utenza (per importi da un minimo di euro 2.000 a un massimo di euro 20.000).
  L'articolo 31 modifica l'articolo 34 del CAD, circa il rilascio di documenti informatici con rilevanza esterna da parte di pubbliche amministrazioni. Rimuove alcune previsione rese «obsolete» dall'emanazione del Regolamento UE 23 luglio 2014, n. 910 (Regolamento eIDAS).
  L'articolo 32 modifica l'articolo 35 del CAD, in materia di dispositivi sicuri e procedure per la generazione della firma qualificata.
  L'articolo 33 modifica l'articolo 37 del CAD, recante norme di coordinamento normativo e sistematico relative alla cessazione dell'attività del «certificatore qualificato», che ora – in conformità al Regolamento eIDAS – diviene il «prestatore di servizi fiduciari qualificato». Già la disposizione vigente pone alcuni obblighi al cessante l'attività, affinché l'utente non abbia a risentire particolari disagi.
  L'articolo 34 modifica l'articolo 40 del CAD, il quale prevede che le pubbliche amministrazioni formino gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le regole tecniche di cui all'articolo 71. Si viene a specificare ora che tra Pag. 36tali documenti, per i quali vige l'obbligo di produzione in via informatica, sono anche quelli inerenti ad albi, elenchi e pubblici registi.
  L'articolo 35 novella l'articolo 40-bis del CAD al fine di coordinamento formale del testo con le modifiche introdotte dallo schema.
  L'articolo 36 modifica l'articolo 41 del CAD, prevedendo che le pubbliche amministrazioni, nel gestire i provvedimenti amministrativi in via informatica, forniscano gli opportuni servizi di interoperabilità e cooperazione applicativa.
  È abrogato il comma 3, relativo alla conferenza dei servizi (sua convocazione mediante strumenti informatici). Sulla conferenza di servizi, specifico decreto legislativo è previsto dalla legge delega n. 124 del 2015.
  L'articolo 37 modifica l'articolo 43 del CAD, aggiungendovi il comma 1-bis. Esso elimina l'obbligo (ferma restando la facoltà, è da intendersi) di conservazione da parte dei cittadini e delle imprese (dunque solo questi soggetti) di documenti informatici, quando gli stessi siano conservati per legge da una pubblica amministrazione. Ancora, la novella prevede che i soggetti sopra richiamati possano richiedere accesso in ogni momento ai documenti conservati per legge da una pubblica amministrazione. Si fa al riguardo richiamo espresso delle regole tecniche di cui all'articolo 71 del Codice (non già, invero, anche alle disposizioni della legge n. 241 del 1990 in materia di accesso agli atti né il decreto legislativo n. 97 del 2016 di revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, emanato in attuazione della delega recata dall'articolo 7 della medesima legge n. 124 del 2015 che sta alla base del presente schema).
  L'articolo 38 modifica l'articolo 44 del CAD, che ha per oggetto i requisiti per la conservazione dei documenti informatici. La novella introduce il profilo della gestione, e pone requisiti ad essa relativi. A tal riguardo, si prevede che il sistema di gestione informatica dei documenti della pubblica amministrazione debba assicurare, tra le altre, la sicurezza e l'integrità del sistema, la sua corretta e puntuale registrazione di protocollo dei documenti in entrata e in uscita, la raccolta di informazioni sul collegamento esistente tra ciascun documento ricevuto dall'amministrazione e i documenti dalla stessa formati e l'accesso, in condizioni di sicurezza, alle informazioni del sistema da parte dei soggetti interessati, nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza e tutela dei dati personali. Tale sistema è gestito da un responsabile che opera d'intesa con il dirigente dell'ufficio competente, il responsabile del trattamento dei dati personali e il responsabile del sistema della conservazione dei documenti informatici, nella definizione e gestione delle attività di rispettiva competenza. Almeno una volta all'anno il responsabile della gestione dei documenti informatici provvede a trasmettere al sistema di conservazione i fascicoli e le serie documentarie anche relative a procedimenti conclusi.
  L'articolo 39 modifica l'articolo 44-bis del CAD, sostituendo Agid all'ormai soppressa DigitPA nella previsione che i soggetti pubblici e privati svolgenti attività di conservazione dei documenti informatici e di certificazione chiedano l'accreditamento (appunto presso l'Agid) secondo le regole tecniche di cui all'articolo 71 del CAD. Immodificata è la rubrica dell'articolo («conservatori accreditati»), per quanto non prevista nel Regolamento eIDAS.
  L'articolo 40 modifica l'articolo 48 del CAD, specificando che ai fini della trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di ricevuta di invio e ricevuta di consegna, si possano utilizzare, oltre alla posta elettronica certificata, altre soluzioni tecnologiche individuate con le regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 71 (anziché individuate con un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri). Pari modifica è apportata circa la conformità del documento così apprestato, ai fini della opponibilità a terzi della data e dell'ora di trasmissione e di ricezione. Pag. 37
  L'articolo 41 modifica l'articolo 50 del CAD, aggiungendovi il comma 3-bis. Si tratta di una mera «ricollocazione» di disposizione già vigente (ossia l'articolo 58, comma 1 del medesimo Codice quale finora vigente). Esso prevede che il trasferimento di un dato da un sistema informativo a un altro non ne modifica la titolarità.
  L'articolo 42 modifica l'articolo 51 del CAD (in particolare il comma 1-bis). Viene previsto che l'Agid attui il Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico e il Piano Nazionale per la sicurezza cibernetica e la sicurezza informatica. Ciò al fine, tra le altre, di coordinare le iniziative di prevenzione e gestione degli incidenti di sicurezza informatici. Viene disposta, inoltre, l'abrogazione del comma 2-bis, il quale pone l'obbligo alle amministrazioni di aggiornare tempestivamente i dati nei propri archivi, non appena vengano a conoscenza della loro inesattezza.
  L'articolo 43 abroga i commi 1, 8 e 9 dell'articolo 52 del CAD in materia di accesso telematico e utilizzo dei dati delle pubbliche amministrazioni. Il comma 9, in particolare, pone clausola di invarianza finanziaria circa l'attività dell'Agid di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico (e di elaborazione di una correlativa agenda nazionale annuale) e di determinazione di linee guida.
  L'articolo 44 modifica l'articolo 53 del CAD in materia di requisiti dei siti Internet delle pubbliche amministrazioni e dei dati in essi contenuti.
  L'articolo 45 modifica l'articolo 54 del CAD, solo in modo formale, indicando il riferimento diretto al decreto legislativo n. 33 del 2013 («Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni») per quanto riguarda i dati che devono essere contenuti nei siti delle pubbliche amministrazioni.
  L'articolo 46 modifica l'articolo 56 del CAD, estendendo alcune prescrizioni colà contenute valevoli per il giudice amministrativo e contabile, alle autorità giudiziarie di ogni ordine e grado.
  L'articolo 47 modifica l'articolo 59 del CAD in materia di dati territoriali.
  L'articolo 48 modifica l'articolo 60 del CAD, che ha per oggetto le basi di dati di interesse nazionale (quale insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni la cui conoscenza è rilevante per lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle altre pubbliche amministrazioni).
  L'articolo 49 modifica l'articolo 61 del CAD, relativo alla delocalizzazione dei registri informatici. La novella ha carattere esclusivamente formale, espungendo un richiamo interno che non avrebbe più ragion d'essere a seguito dell'abrogazione dell'articolo 40, comma 4 prevista dallo schema.
  L'articolo 50 modifica l'articolo 62 del CAD, per mero coordinamento. In particolare, al comma 6, lettera a), viene sostituito il riferimento all'articolo 58 con quello all'articolo 50 che nello schema verrebbe a regolare interamente la materia della disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni.
  L'articolo 51 modifica l'articolo 63 del Codice dell'amministrazione digitale in materia di organizzazione e finalità dei servizi in rete.
  L'articolo 52, comma 1, modifica l'articolo 64 del CAD, relativo alla disciplina del Sistema pubblico di identità digitale (SPID) e delle modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni. Lo SPID è, secondo la definizione vigente, un insieme aperto di soggetti pubblici e privati che, previo accreditamento (presso l'Agid), identificano – prevede ora la novella – cittadini e imprese (dunque, solamente tali soggetti) e pubbliche amministrazioni per consentire loro l'accesso ai servizi in rete (che può avvenire anche con la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi, prevede il comma 2-nonies nuovo introdotto). Infine, con il comma 2-septies nuovo introdotto si prevede che un atto giuridico possa essere posto in essere da Pag. 38un soggetto identificato mediante SPID, nell'ambito di un sistema informatico avente i requisiti fissati nelle regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 71 del Codice attraverso processi idonei a garantire, in maniera manifesta e inequivoca, l'acquisizione della sua volontà.
  L'articolo 52, comma 2, introduce nel CAD un articolo 64-bis, con il quale viene istituito il punto unico telematico di accesso ai servizi pubblici, destinato a rappresentare l'interfaccia universale attraverso la quale cittadini e imprese (dunque, solamente tali soggetti) interagiscano con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, del Codice. Questi ultimi devono rendere fruibili tutti i propri servizi in rete attraverso tale punto unico di accesso telematico, in conformità alle modalità tecnico-operative che dovranno essere individuate dall'Agid.
  L'articolo 53 modifica l'articolo 65 del CAD in materia di istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica, aggiungendo la possibilità di presentare istanze previa autenticazione SPID.
  L'articolo 54 modifica l'articolo 66 del CAD in materia di carta di identità elettronica e carta nazionale dei servizi, a fini di coordinamento.
  Tali documenti si prevede siano rilasciati dalle amministrazioni pubbliche nel rispetto delle regole tecniche di cui all'articolo 71 del Codice, come novellato dallo schema.
  L'articolo 55 modifica l'articolo 68 del CAD. In particolare sopprime la possibilità che i soggetti interessati chiedano all'Agid di esprimere il parere circa la modalità di svolgimento della valutazione comparativa delle soluzioni (essendo quest'ultima effettuata secondo la modalità e i criteri definiti dalla medesima Agid).
  L'articolo 56 modifica l'articolo 70 del CAD, prevedendo, in particolare, che l'Agid definisca i requisiti minimi affinché i programmi informatici realizzati dalle pubbliche amministrazioni siano idonei al riuso da parte di altre pubbliche amministrazioni, anche con riferimento a singoli moduli, nonché le modalità di inserimento nell'apposita banca dati dei programmi informatici riutilizzabili.
  L'articolo 57 modifica l'articolo 71 del CAD, al fine di semplificare le modalità di adozione delle regole tecniche.
  L'articolo 58 modifica l'articolo 73 del CAD, allo scopo di semplificare e razionalizzare la vigente disciplina sul Sistema Pubblico di connettività.
  L'articolo 59 modifica l'articolo 75 del CAD in materia di partecipazione al Sistema pubblico di connettività introducendo, come importante novità, la possibilità di partecipazione estesa a chiunque e dunque anche ai soggetti privati.
  L'articolo 60, comma 1, modifica l'articolo 76 del CAD, il quale ha per oggetto lo scambio di documenti informatici nell'ambito del Sistema pubblico di connettività.
  L'articolo 60, comma 2, inserisce nel CAD l'articolo 76-bis. Tale nuovo articolo prevede che i costi relativi alle infrastrutture nazionali del Sistema pubblico di connettività siano a carico dei fornitori, per i servizi da essi direttamente utilizzati, e proporzionalmente agli importi dei contratti di fornitura.
  L'articolo 61 non modifica il CAD bensì rinvia al decreto legislativo adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 7 agosto 2015, n. 124, la definizione della rilevanza, ai fini della responsabilità dirigenziale, della violazione alle disposizioni del decreto legislativo n. 82 del 2005 (ossia il Codice medesimo) e del mancato o inadeguato utilizzo delle tecnologie ivi disciplinate.
  L'articolo 62 detta disposizioni di coordinamento. In particolare, il comma 5 modifica l'articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (ossia il codice in materia di protezione dei dati personali). L'articolo modificato concerne la cosiddetta anonimizzazione (su richiesta dell'interessato) dei dati identificativi che compaiano in una sentenza o altro provvedimento giurisdizionale, riprodotti per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica. La novella Pag. 39espunge il riferimento a «motivi legittimi» ai fini dell'iniziativa dell'interessato; prevede che questi possa rivolgere anche successivamente alla pubblicazione del provvedimento giurisdizionale la sua richiesta al gestore del sito Internet o all'editore, chiamato a tempestivamente anonimizzare (entro massimo quindici giorni, ove non sia possibile maggiore speditezza e sempre che la pubblicazione non sia avvenuta attraverso mezzo cartaceo o elettronico diffuso «attraverso canali tradizionali»: in tal caso, l'obbligo di anonimizzazione vale per le riedizioni o successive pubblicazioni). Ancora, la novella prevede le sentenze e le altre decisioni dell'autorità giudiziaria rese successivamente al 1o gennaio 2016 siano pubblicate, previa anonimizzazione dei dati personali in essa contenuti.
  L'articolo 63 dello schema detta disposizioni transitorie, mentre l'articolo 64 contiene, al comma 1, l'elenco degli articoli del CAD abrogati (dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo). In particolare, sono abrogate disposizioni del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (con particolare riferimento alle funzioni di Agid, perché contenute e ampliate dall'articolo 14-bis del Codice, introdotto dal presente schema). Viene abrogata la previsione del Comitato tecnico delle comunità intelligenti (PNCI), per coordinare la normativa vigente con le disposizioni previste dal citato articolo 14-bis.
  Infine, l'articolo 65 prevede che le disposizioni del decreto legislativo entrino in vigore dal 1o luglio 2016.
  Fa notare, infine, che la strada da percorrere sul tema della digitalizzazione è ancora lunga, come dimostrano le stesse modalità di adozione e pubblicazione del provvedimento in esame, che, al fine di garantire l'assolvimento di passaggi meramente burocratici, rischiano di mettere in discussione le finalità della creazione di documenti nativi digitali.

  Roberta AGOSTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente regolamento recante norme per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi.
Atto n. 309.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberta AGOSTINI, presidente, in sostituzione del relatore impossibilitato a partecipare, rileva che l'articolo 4 della legge 7 agosto 2015, n. 124 autorizza il Governo ad emanare un regolamento di delegificazione per la semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi concernenti le seguenti tre attività economiche: rilevanti insediamenti produttivi; opere di interesse generale; avvio di attività imprenditoriali.
  Il regolamento deve basarsi, in base a quanto previsto dal predetto articolo 4, sulle seguenti norme generali regolatrici della materia:
   a) individuazione dei tipi di procedimento amministrativo, relativi a rilevanti insediamenti produttivi, a opere di interesse generale o all'avvio di attività imprenditoriali, ai quali possono essere applicate le misure di cui alle lettere c) e seguenti (riduzione dei termini e esercizio di poteri sostitutivi);
   b) individuazione in concreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, nell'ambito dei tipi di procedimento indicati alla lettera a), dei singoli interventi con positivi effetti sull'economia o sull'occupazione per i quali adottare le misure di cui alle lettere c) e seguenti (riduzione dei termini e esercizio di poteri sostitutivi);
   c) previsione, per ciascun procedimento, dei relativi termini, ridotti in misura non superiore al 50 per cento rispetto a quelli applicabili ai sensi della legge Pag. 40generale sul procedimento amministrativo (articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241);
   d) per i procedimenti individuati in concreto dal Presidente del Consiglio ai sensi della lettera b), attribuzione, previa delibera del Consiglio dei ministri, di poteri sostitutivi al Presidente del Consiglio dei ministri o a un suo delegato;
   e) previsione, per i procedimenti in cui siano coinvolte amministrazioni delle regioni e degli enti locali, di idonee forme di raccordo per la definizione dei poteri sostitutivi previsti dalla lettera d);
   f) definizione dei criteri di individuazione di personale in servizio presso le amministrazioni pubbliche, in possesso di specifiche competenze tecniche e amministrative, di cui possono avvalersi i titolari dei poteri sostitutivi previsti dalla lettera d), senza riconoscimento di trattamenti retributivi ulteriori rispetto a quelli in godimento e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

  Passando al contenuto del provvedimento, l'articolo 1 individua l'oggetto e l'ambito di applicazione del regolamento.
  Quanto al primo aspetto, in attuazione dell'articolo 4 della legge n. 124 del 2015, lo schema contiene norme «per la semplificazione e l'accelerazione di procedimenti amministrativi riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto sul territorio o l'avvio di attività imprenditoriali suscettibili di avere positivi effetti sull'economia o sull'occupazione» (comma 1).
  Come evidenziato nell'analisi tecnico-normativo allegata allo schema, l'obiettivo specifico di tali disposizioni è consentire la conclusione in tempi certi dei procedimenti amministrativi afferenti alle tipologie indicate. A parziale differenza rispetto alla norma di autorizzazione alla delegificazione, l'espressione «opere di interesse generale» (articolo 4, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015) viene sostituita nello schema di regolamento con quella di «opere di rilevante impatto sul territorio».
  Per quanto concerne l'ambito di applicazione, il comma 2 prevede che le norme del regolamento riguardano i procedimenti che hanno ad oggetto autorizzazioni, licenze, concessioni non costitutive, permessi o nulla osta comunque denominati necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione delle opere, lo stabilimento degli impianti produttivi e l'esercizio delle attività.
  Viene inoltre specificato che nei procedimenti sono compresi quelli di competenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, alla tutela della salute e della pubblica incolumità.
  Infine, il comma 3 specifica che le disposizioni del regolamento sono applicabili anche ai procedimenti amministrativi relativi alle «infrastrutture strategiche» e agli «insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale».
  Si ricorda inoltre, che in settori specifici, come quello energetico, in taluni casi il legislatore ha provveduto a definire direttamente specificamente talune opere come di interesse strategico.
  L'articolo 2 stabilisce le modalità per l'individuazione in concreto degli interventi da accelerare, in attuazione del criterio di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), della legge n. 124 del 2015.
  Il procedimento necessario a tal fine segue una scansione temporale annuale e si articola in due fasi. In una prima fase, si procede alla segnalazione di una serie di progetti cui possono applicarsi le successive disposizioni di semplificazione e accelerazione (riduzione dei termini e potere sostitutivo). Tale segnalazione spetta innanzitutto agli enti territoriali (dunque, regioni, città metropolitane, province o comuni).
  In particolare, ciascun ente territoriale, entro il 31 gennaio di ogni anno, può individuare un elenco di progetti riguardanti rilevanti insediamenti produttivi, opere di rilevante impatto per il territorio o l'avvio di attività imprenditoriali suscettibili di produrre positivi effetti sull'economia o sull'occupazione, chiedendo alla Pag. 41Presidenza del Consiglio che ai relativi procedimenti siano applicate le disposizioni sulla riduzione dei termini di cui all'articolo 3 e sul potere sostitutivo di cui all'articolo 4 (comma 1).
  I progetti che possono essere sottoposti alla Presidenza devono essere già inseriti nella programmazione triennale dei lavori pubblici di cui all'articolo 128 del decreto legislativo n. 163 del 2006 oppure «in altri atti di programmazione».
  Ciascun progetto deve essere corredato di specifica analisi di valutazione dell'impatto economico e sociale, nonché, ove disponibile, del Codice unico di progetto di cui all'articolo 11 della legge n. 3 del 2003.
  In assenza di una segnalazione da parte degli enti territoriali, può provvedere direttamente la Presidenza del Consiglio.
  In particolare, entro il successivo 28 febbraio, la Presidenza del Consiglio può individuare anche altri progetti, non inseriti nell'elenco di cui al comma 1 o in altro atto di programmazione, anche su segnalazione del soggetto proponente – e dunque anche da parte di soggetti privati – a condizione che la sua realizzazione sia suscettibile di produrre positivi effetti sull'economia o sull'occupazione (comma 2). La disposizione specifica che tale attitudine deve essere dimostrata dalla documentazione allegata al progetto, di cui al comma 1. In una seconda fase si procede, tra tutti gli interventi proposti, all'individuazione «in concreto» dei singoli progetti cui si applicano le successive disposizioni di semplificazione ed accelerazione. In particolare, entro il successivo 31 marzo, tra tutti gli interventi segnalati ai sensi dei commi 1 e 2, sono individuati in concreto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, i singoli progetti a cui si applicano, anche in ragione della loro rilevanza economica o occupazionale rilevata anche tenendo conto dell'analisi di valutazione dell'impatto economico e sociale, le disposizioni sulla riduzione dei termini di cui all'articolo 3 e sul potere sostitutivo di cui all'articolo 4 (comma 3). Il decreto deve essere specificamente motivato con riferimento ai singoli progetti individuati.
  Sul punto occorre ricordare che, in sede di Conferenza unificata, nella seduta del 12 maggio 2016 è stata raggiunta l'intesa tra Governo, Regioni ed enti locali affinché: sia inserita una disposizione, dopo il comma 2, che preveda che entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto, siano stabiliti con intesa in sede di Conferenza unificata i criteri per la selezione dei progetti a cui si possono applicare le misure di accelerazione procedimentale previste dal decreto medesimo; sia previsto, al comma 3, che i progetti sono individuati «sentiti i Presidenti delle regioni interessate che partecipano ciascuno per la rispettiva competenza alla seduta del Consiglio dei ministri».
  Infine, viene previsto che l'applicazione delle disposizioni acceleratorie di cui ai successivi articoli 3 (riduzione dei termini) e 4 (potere sostitutivo) può essere prevista sia nei confronti degli interi procedimenti e atti necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione dell'opera, lo stabilimento dell'impianto produttivo e l'esercizio dell'attività, sia con riferimento a singoli procedimenti e atti a tali fini preordinati (comma 4).
  L'articolo 3 dello schema di regolamento prevede la riduzione dei termini dei procedimenti come una delle due modalità di intervento finalizzate alla semplificazione/accelerazione dei procedimenti, dando così attuazione al criterio di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), della legge n. 124 del 2015.
  In particolare, la disposizione prevede che con i decreti del Presidente del consiglio, che individuano «in concreto» i procedimenti per i quali si ravvisa un interesse pubblico ad accelerare l'iter, possono essere ridotti i termini di conclusione dei procedimenti necessari per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione dell'opera, lo stabilimento dell'impianto produttivo e l'esercizio dell'attività. Per quanto concerne la formulazione del testo, anche in questo caso, lo schema usa l'espressione «l'esercizio dell'attività» in Pag. 42luogo di quella prevista dalla legge n. 124 del 2015, che fa riferimento a «l'avvio delle attività». Peraltro, si sottolinea che l'articolo 2, ai cui procedimenti l'articolo fa riferimento, testualmente si riferisce ai progetti riguardanti «l'avvio di attività imprenditoriali».
  La riduzione è consentita in misura non superiore al 50 per cento rispetto ai termini previsti in generale dall'articolo 2 della legge n. 241 del 1990. Oltre alla disciplina generale dei termini procedimentali per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali prevista dalla legge n. 241 del 1990, occorre considerare che esistono norme speciali previste da leggi di settore negli ambiti interessati dallo schema in esame.
  Nell'ipotesi in cui venga disposta la riduzione dei termini, essa può riguardare sia i singoli procedimenti sia tutti i procedimenti necessari per la realizzazione del progetto, anche successivi all'eventuale svolgimento della conferenza di servizi. L'articolo 3 specifica, infine, che ove il termine sia parzialmente decorso, la riduzione opera limitatamente al periodo residuo. Tale disposizione sembra doversi interpretare nel senso che il limite massimo del 50 per cento debba essere riferito al periodo residuo.
  L'articolo 4 dello schema di regolamento – in attuazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera d), della legge n. 124 del 2015 – disciplina l'esercizio del potere sostitutivo in capo al Presidente del Consiglio dei ministri in caso di inutile decorso del termine di conclusione del procedimento, eventualmente ridotto ai sensi dell'articolo 3.
  Si tratta del secondo strumento di accelerazione previsto dal regolamento per i progetti selezionati dai decreti di cui all'articolo 2.
  Il potere sostitutivo in capo al Presidente del Consiglio è riconosciuto in via generale dall'articolo 4, che ne disciplina altresì le modalità di svolgimento (comma 1). Ai sensi del comma 2, in caso di inutile decorso del termine, il Presidente del Consiglio può sostituirsi direttamente all'amministrazione inadempiente, adottando i relativi atti, oppure può delegare il potere sostitutivo ad un diverso soggetto, fissando un nuovo termine per la conclusione del procedimento, comunque di durata non superiore a quello «originario». In caso di delega del potere sostitutivo, è richiesta la previa delibera in Consiglio dei ministri.
  Infine, il comma 3 prevede che, per l'esercizio del potere sostitutivo, il Presidente del Consiglio dei ministri o il suo delegato si avvalgono di personale individuato ai sensi dell'articolo 6, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  L'articolo 5 dello schema disciplina l'esercizio del potere sostitutivo nei casi in cui l'intervento coinvolga le competenze delle regioni e degli enti locali. Il coinvolgimento degli enti territoriali è comunque escluso nel caso in cui «sussista un preminente interesse nazionale alla realizzazione dell'opera». Nei casi in cui non sussista un preminente interesse nazionale alla realizzazione dell'opera, sono distinte due ipotesi.
  La prima – prevista dal comma 1 – riguarda i casi in cui l'intervento coinvolge esclusivamente o in misura prevalente il territorio di una regione o di un comune o città metropolitana. Per tale ipotesi il regolamento prevede che il Presidente del Consiglio di regola delega all'esercizio del potere sostitutivo il Presidente della regione o il sindaco (comma 1). La seconda ipotesi disciplinata attiene ai casi, esclusi quelli di cui al comma 1, in cui l'intervento coinvolge le competenze delle regioni e degli enti locali. In tale ipotesi, il comma 2 demanda la determinazione delle modalità di esercizio del potere sostitutivo a una previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 8, del decreto legislativo n. 281 del 1997.
  In attuazione del criterio di cui all'articolo 4, comma 1, lettera f), della legge n. 124 del 2015, l'articolo 6 dello schema di regolamento disciplina il supporto tecnico-amministrativo necessario per l'esercizio del potere sostituivo, disciplinato negli articoli precedenti. In particolare, la norma prevede che i decreti che selezionano Pag. 43i progetti da sottoporre ad accelerazione provvedono altresì ad individuare, di volta in volta e per ciascun intervento, il personale di cui può avvalersi il titolare del potere sostitutivo (comma 1).
  Tale personale può essere scelto tra dipendenti pubblici in possesso di elevate competenze tecniche o amministrative, maturate presso uffici competenti per lo svolgimento di procedimenti analoghi. Nella designazione deve essere garantita la presenza di personale posto in posizione di elevata responsabilità in strutture amministrative competenti per gli interventi e procedimenti oggetto del potere sostitutivo (comma 2).
  Tale ultima disposizione deve essere letta in relazione a quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 4 dello schema in esame, ai sensi del quale il Presidente del Consiglio o il suo delegato si avvalgono di «personale individuato ai sensi dell'articolo 6 nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente della Presidenza del Consiglio».
  La disposizione specifica inoltre che al personale chiamato a supportare il titolare del potere sostitutivo non è riconosciuto alcun trattamento retributivo ulteriore rispetto a quello in godimento. Al medesimo personale non spetta altresì «alcuna riduzione del carico di lavoro nell'amministrazione di appartenenza» (comma 3).
  Sul punto occorre ricordare che, in sede di Conferenza unificata, nella seduta del 12 maggio 2016 è stata raggiunta l'intesa tra Governo, Regioni ed enti locali affinché sia eliminato l'ultimo periodo del comma 3 relativo alla mancata riduzione del carico di lavoro.
  L'intesa prevede altresì che sia inserito un articolo aggiuntivo che disciplini l'applicazione del provvedimento alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome in conformità alle loro particolari competenze costituzionali.
  L'articolo 7 dello schema reca la clausola di invarianza finanziaria, ai sensi della quale all'attuazione delle disposizioni contenute nel regolamento si provvede nell'ambito delle risorse già disponibili.
  Si riporta, infine, il quadro della giurisprudenza costituzionale riguardante la materia oggetto del provvedimento.
  Circa la possibilità per il legislatore nazionale di intervenire su procedimenti che travalicano la competenza statale, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 179 del 2012 relativa all'istituto della conferenza di servizi, ha riconosciuto che «risulta agevole desumere come esista un'esigenza unitaria che legittima l'intervento del legislatore statale anche in ordine alla disciplina di procedimenti complessi estranei alle sfere di competenza esclusiva statale [...], in vista dell'obiettivo della accelerazione e semplificazione dell'azione amministrativa». La medesima sentenza peraltro, in considerazione della «varietà dei settori coinvolti, molti dei quali sono innegabilmente relativi anche a competenze regionali (es.: governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali)», ha riconosciuto che il «soddisfacimento di una simile esigenza unitaria giustifica, pertanto, l'attrazione allo Stato, per ragioni di sussidiarietà, sia dell'esercizio concreto della funzione amministrativa che della relativa regolamentazione nelle materie di competenza regionale, ma deve obbedire alle condizioni stabilite dalla giurisprudenza costituzionale, fra le quali questa Corte ha sempre annoverato la presenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni». In tali casi dunque, la legislazione statale «può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà» (sentenza n. 7 del 2016; nello stesso senso, ex plurimis, sentenza n. 261 del 2015, n. 278 del 2010, n. 383 del 2005, n. 6 del 2004, n. 303 del 2003).
  Nel caso di adozione di atti regolamentari o di atti a contenuto generale o programmatorio in ambiti che incidono sulle competenze regionali, la giurisprudenza costituzionale richiede l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni o di Conferenza Pag. 44unificata, al fine di garantire un contemperamento tra potestà statali e prerogative regionali (ex plurimis, sentenze n. 21 del 2016, n. 7 del 2016, n. 261 del 2015, n. 88 del 2014, n. 179 del 2012, n. 232 del 2011). Il «sistema delle conferenze» costituisce infatti il «luogo di espressione e insieme di sintesi degli interessi regionali e statali coinvolti» (sentenza n. 21 del 2016), ove «si sviluppa il confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito al quale si individuano soluzioni concordate» (sentenza n. 31 del 2006, nello stesso senso, ex multis, sentenza n. 114 del 2009).
  Nel caso di adozione di atti che investono le competenze di una singola Regione, la Corte ha in diversi casi richiesto l'intesa con la Regione interessata (sentenze n. 21 del 2016, n. 163 del 2012, n. 79 del 2011, n. 6 del 2004).
  La Corte non ha inoltre ritenuto sufficiente la previsione che il Consiglio dei ministri deliberi con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate, che non «può essere considerata valida sostituzione dell'intesa, giacché trasferisce nell'ambito interno di un organo costituzionale dello Stato un confronto tra Stato e Regione, che deve necessariamente avvenire all'esterno, in sede di trattative ed accordi, rispetto ai quali le parti siano poste su un piano di parità» (sentenze n. 179 del 2012 e n. 165 del 2011).
  Con specifico riferimento all'esercizio del potere sostitutivo, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, con la sentenza n. 165 del 2011, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione (articolo 4, comma 2, terzo periodo, del decreto legge n. 78 del 2009) in cui si prevedeva il potere sostitutivo del commissario del Governo, in caso di inerzia delle amministrazioni pubbliche – Regioni ed enti locali – che non avessero rispettato i termini previsti dalla legge o quelli più brevi, comunque non inferiori alla metà, eventualmente fissati in deroga dallo stesso commissario, occorrenti all'autorizzazione e all'effettiva realizzazione degli interventi (si trattava di interventi straordinari di carattere strategico nel settore dell'energia, da realizzare in regime di cooperazione funzionale ed organizzativa tra commissari straordinari del Governo, nominati ad hoc, e le regioni e province autonome).
  La Corte ha rilevato, in tale pronuncia, che la norma in esame introduce una forma di potere sostitutivo, che non risponde ai requisiti richiesti dall'articolo 120 della Costituzione e dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
  La Corte ha ricordato, infatti, che l'articolo 120 della Costituzione stabilisce che il potere sostitutivo spetti al Governo, nei confronti delle Regioni e degli enti locali, nel caso di: mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Inoltre l'esercizio del potere sostitutivo deve compiersi – sempre secondo l'articolo 120 della Costituzione – in base alle procedure stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. In attuazione dell'articolo 120 della Costituzione, inoltre, l'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegni all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari e che, solo decorso inutilmente detto termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, assuma i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomini un apposito commissario. Nei casi di assoluta urgenza, il Consiglio dei ministri adotta i provvedimenti necessari, i quali sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza unificata, che possono chiederne il riesame. Pag. 45
  Con la sentenza 165 del 2011 la Corte ha ritenuto che la norma censurata non contemplasse né i presupposti sostanziali richiesti dall'articolo 120 della Costituzione, né le procedure previste – sulla base del rinvio contenuto nella norma costituzionale – dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003.
  La Corte ha rilevato nel caso de quo il potere sostitutivo era esercitabile per la semplice inerzia degli enti competenti, senza che ricorrano le gravi ed eccezionali ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 120 della Costituzione e senza alcuna limitazione procedurale, che consenta all'ente inadempiente di compiere l'atto o gli atti – per la cui mancanza viene prevista l'attivazione, da parte del commissario, del suddetto potere – ed evitare così di essere sostituito.
  La norma censurata dalla Corte costituzionale prevede, inoltre, che il commissario possa ridurre, fino alla metà, i termini previsti dalla legge. Tale potere di riduzione è da ritenersi, ad avviso della Corte, «del tutto in contrasto sia con la norma costituzionale citata, sia con l'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, poiché restringe ancor di più, in modo indebito e discrezionale, l'autonomia degli enti, la quale deve essere invece tutelata dalla certezza dei termini, che non possono che essere quelli fissati dalla legge».
  Nella sentenza n. 39 del 2013, la Corte ha inoltre affermato che «il semplice decorso del tempo [...] per sua natura prescinde completamente dall'osservanza, da parte di Stato e Regioni, di comportamenti ispirati al principio di leale collaborazione».
  Nella sentenza n. 171 del 2015 la Corte ha ribadito che, nella disciplina del potere sostitutivo, «il legislatore statale è tenuto a rispettare i principi desumibili dall'articolo 120 Costituzione, al quale l'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 ha inteso dare attuazione, pur rimanendo libero di articolarli in forme diverse (sentenze n. 44 del 2014, n. 209 del 2009)».
  Richiamando la propria costante giurisprudenza la Corte ha rilevato che i poteri sostitutivi: a) devono essere previsti e disciplinati dalla legge, che ne deve definire i presupposti sostanziali e procedurali, in ossequio al principio di legalità; b) devono essere attivati solo in caso di accertata inerzia della Regione o dell'ente locale sostituito; c) devono riguardare solo atti o attività privi di discrezionalità nell’an; d) devono essere affidati ad organi di Governo; e) devono rispettare il principio di leale collaborazione all'interno di un procedimento nel quale l'ente sostituito possa far valere le proprie ragioni (ex plurimis, sentenze n. 227, n. 173, n. 172 e n. 43 del 2004); f) devono conformarsi al principio di sussidiarietà.
  La Corte ha conseguentemente dichiarato l'illegittimità costituzionale di una disposizione che non garantiva alle Regioni e gli enti locali direttamente interessati dall'esercizio del potere sostitutivo di essere specificamente e individualmente coinvolti in modo da poter far valere le proprie ragioni (nel caso di specie è stato ritenuto insufficiente, l'attribuzione del potere sostitutivo ad un comitato interministeriale composto anche da tre presidenti di Regione designati dalla Conferenza Stato-regioni, in quanto non era comunque assicurata la partecipazione delle Regioni e degli enti locali direttamente interessati alle delibere).
  Merita infine di essere richiamata la recente sentenza n. 110 del 2016, con cui la Corte ha deciso circa le doglianze di una regione avverso l'attribuzione da parte della legge della qualifica di opere di interesse strategico ad una serie di infrastrutture energetiche, senza la preventiva intesa con le Regioni interessate.
  Secondo la Corte, «la disposizione impugnata attribuisce direttamente il «carattere di interesse strategico» a tutte le categorie di infrastrutture indicate al suo primo comma. Non è, infatti, prevista una procedura per l'individuazione, nell'ambito della categoria di riferimento, delle specifiche strutture da definirsi strategiche. Né, ed è ciò che più conta, l'attribuzione del carattere di interesse strategico risulta strumentale ad una attività di programmazione e progettazione, in funzione della realizzazione di specifiche infrastrutture Pag. 46rientranti in ciascuna delle categorie. [...]. La disposizione impugnata non modifica – né espressamente, né implicitamente – le singole discipline di settore, dettate per la localizzazione, la realizzazione ovvero l'autorizzazione all'esercizio di ciascuna delle categorie di infrastrutture in essa elencate. [...] Ciascuna di tali discipline, in forme diverse, prevede la partecipazione degli enti territoriali, e, ciò che è qui decisivo, richiede espressamente l'intesa con la singola Regione interessata. Alla luce di tale ricostruzione del quadro normativo, l'attribuzione del «carattere di interesse strategico» alle infrastrutture in questione, effettuata in via generale dalla disposizione normativa impugnata, non determina, di per sé, alcuna modifica alle normative di settore prima richiamate, né, di conseguenza – prevedendo queste ultime sempre la necessaria intesa con la Regione interessata – alcuna deroga ai principi, elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, in tema di chiamata in sussidiarietà e di necessaria partecipazione delle Regioni».
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.40.