CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 22 giugno 2016
660.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (II e VI)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 22 giugno 2016. — Presidenza del presidente della VI Commissione Maurizio BERNARDO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 14.40.

DL 59/2016: Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
C. 3892 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 giugno scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, avverte che è stata avanzata la richiesta di assicurare la pubblicità dei lavori anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, né dispone l'attivazione.

  Daniele PESCO (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, fa presente che alle ore 15 si svolgerà in Aula un question time avente ad oggetto argomenti relativi alle competenze della Commissione Finanze. Chiede, pertanto, in considerazione di tale circostanza, quale sarà l'andamento dei lavori delle Commissioni riunite nella giornata odierna.

  Maurizio BERNARDO, presidente, rammenta che, di consueto, la concomitanza dei lavori dell'Assemblea durante il question time non è di ostacolo alla prosecuzione dei lavori delle Commissioni parlamentari.

  Daniele PESCO (M5S) ribadisce la richiesta di sospendere i lavori delle Commissioni per permettere a tutti i parlamentari della Commissione Finanze di Pag. 13partecipare allo svolgimento del question time in Assemblea.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nel constatare che l'interrogazione all'ordine del giorno in Assemblea non è un atto di sindacato ispettivo d'iniziativa dell'intera Commissione Finanze, bensì di alcuni deputati, ritiene che non vi siano elementi validi per sospendere i lavori delle Commissioni riunite.
  Informa inoltre che, prima della ripresa delle votazioni in Assemblea, sarà convocata una riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentati dei gruppi, delle Commissioni riunite. Ricorda altresì che nella riunione congiunta degli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi ieri, si è chiarito che su ciascun emendamento potrà intervenire un deputato per gruppo.

  Daniele PESCO (M5S) illustra e raccomanda l'approvazione dell'emendamento a sua firma 1.3 (vedi allegato al resoconto della seduta delle Commissioni riunite II e VI del 21 giugno 2016), volto a sostituire l'articolo 1 del provvedimento. In particolare, fa presente che con tale emendamento si intende, attraverso l'istituzione di un Fondo rotativo di garanzia per gli imprenditori iscritti nei registri della Centrale rischi, permettere agli imprenditori in difficoltà di poter accedere, nel limite di una sola volta, a tale garanzia. Tale strumento, suo avviso, è particolarmente utile, in quanto potrebbe scongiurare il ricorso all'usura da parte di imprenditori in grave difficoltà finanziarie.
  Segnala inoltre come l'emendamento preveda che le banche e gli altri soggetti i quali, sulla base della normativa vigente, sono autorizzati all'esercizio del credito, devono riservare il 5 per cento della loro capacità di emissione di credito alle imprese iscritte nel registro della centrale rischi e che, qualora alle imprese sia negato l'accesso al credito, queste ultime possono segnalarlo alla Banca d'Italia, la quale, esercitata l'attività ispettiva, può provvedere ad applicare una sanzione amministrativa pari al triplo del beneficio d'imposta previsto, invece, per gli istituti che erogano tale tipo di credito. Nel ricordare come in Italia ogni tre ore vi sia un suicidio e come nella maggior parte dei casi tali atti siano determinati da ragioni economiche, ritiene che la misura contenuta nell'emendamento, oltre ad andare incontro alle esigenze degli imprenditori, facilitando l'accesso al credito, e a prevedere incentivi di natura tributaria per le banche, rappresenti anche una misura sociale in grado di dare una risposta concreta ai problemi di molte persone.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Pesco 1.3.

  Daniele PESCO (M5S), intervenendo sull'emendamento a sua firma 1.4, di contenuto analogo al precedente, ma più estensivo, in quanto nello stesso non è contenuto alcun limite di accesso alla garanzia del Fondo rotativo di garanzia, come, invece, era previsto nel precedente, chiede ai deputati della maggioranza di riflettere attentamente sulla problematica relativa all'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese.
  In tale contesto sottolinea come l'istituzione del Fondo rotativo di garanzia per gli imprenditori iscritti nei registri della Centrale rischi, previsto dall'emendamento, consenta anche a tali soggetti di accedere al credito, potendo, quindi, avere a disposizione uno strumento utile al mantenimento in vita della propria azienda.

  Sebastiano BARBANTI (PD) rileva come gli emendamenti Pesco 1.3 e 1.4 suscitino perplessità sotto il profilo della loro formulazione tecnica, in quanto estendono l'operatività del Fondo rotativo di garanzia da essi istituito a tutti i soggetti iscritti nella Centrale rischi, i quali sono tutti gli imprenditori che ricevono un finanziamento bancario e non solamente gli imprenditori in difficoltà nella restituzione del credito. Pertanto tali emendamenti, come formulati, rischiano di determinare effetti opposti a quelli perseguiti dai presentatori, che intendono sostenere solo le imprese in condizione di sofferenza, Pag. 14attribuendo invece un vantaggio alle banche, le quali vedrebbero garantiti dal Fondo rotativo tutti i finanziamenti da loro erogati alle imprese.

  Daniele PESCO (M5S), nel rilevare la complessità delle questioni sottese agli emendamenti 1.3 e 1.4, osserva come, se effettivamente la maggioranza avesse la volontà di intervenire a favore delle imprese, sarebbe possibile accantonare tali emendamenti per rielaborarne insieme il testo dal punto di vista tecnico.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Pesco 1.4.

  Daniele PESCO (M5S) illustra e raccomanda l'approvazione dell'emendamento a sua firma 1.5, sostitutivo dell'articolo 1 del decreto legge, volto a consentire agli imprenditori iscritti nel registro delle imprese di richiedere una garanzia pubblica per le micro, piccole e medie imprese, al fine di garantire i crediti loro concessi, presenti o futuri.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Pesco 1.5.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nel raccomandare l'approvazione dell'emendamento a sua firma 1.6, ricorda che, nella seduta della Commissione Finanze del 15 giugno scorso, il rappresentante del Governo, nel rispondere all'interrogazione a risposta immediata 5-08889 Alberti, attinente ai dati relativi alle perdite delle banche e delle società di investimento derivanti da investimenti finanziari, abbia affermato che, per quanto concerne le perdite derivanti da investimenti finanziari, dalle segnalazioni statistiche pubblicate da Banca d'Italia, non risulta disponibile il valore cumulato di tali perdite che le banche italiane hanno iscritto nei bilanci al 31 dicembre 2015. Ritiene che, poiché, come dichiarato, il Governo non conosce in che modo siano composte le sofferenze bancarie in questo Paese, lo stesso Esecutivo non avrebbe dovuto procedere all'emanazione del decreto – legge all'esame delle Commissioni, con il quale si attribuisce la responsabilità di tale sofferenza soltanto alle piccole e medie imprese e alle famiglie e non, invece, ai componenti dei consigli di amministrazione delle banche che hanno autorizzato quegli investimenti che hanno messo in sofferenza le banche da loro amministrate.
  Osserva, inoltre, come la disposizione di cui alla lettera d) del comma 7 dell'articolo 1 del provvedimento, con la quale si prevede che il creditore ha facoltà di procedere all'appropriazione dei beni oggetto del pegno fino a concorrenza della somma garantita, a condizione che il contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità di valutazione del valore del bene oggetto di pegno e dell'obbligazione garantita, di fatto, permetterà alle banche, che hanno un maggiore potere contrattuale rispetto all'imprenditore che ad esse si rivolge per poter accedere al credito, di determinare al ribasso il valore del bene posto a garanzia, ponendole nella condizione di poter acquisire, qualora l'imprenditore non fosse in grado di assolvere al pagamento del suo debito, tali beni per un valore anche molto inferiore rispetto a quello reale. Rileva quindi come tali misure avranno effetti disastrosi sul tessuto delle PMI e dunque sull'occupazione, in quanto in Italia la maggior parte dei lavoratori del settore imprenditoriale non sia impiegato nelle aziende multinazionali ma proprio nelle piccole e medie imprese.
  Ribadisce pertanto la richiesta di sopprimere l'articolo 1 del decreto – legge, proponendo che sia invece lo Stato a fornire garanzie alle imprese in difficoltà, al fine di salvaguardare l'economia e il lavoro, in ossequi anche all'articolo 1 della Costituzione.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA, nel replicare alle osservazioni testé formulate dal collega Villarosa, fa presente come, nella citata seduta della Commissione Finanze del 15 giugno scorso, il Governo, nel rispondere all'interrogazione del deputato Alberti, abbia affermato di non essere in possesso dei dati relativi alle singole banche, bensì dei dati complessivi Pag. 15per settore, che sono stati forniti e messi a disposizione di tutti i componenti della Commissione stessa attraverso il deposito di una tabella suddivisa per tipologia di istituti bancari. Sottolinea, inoltre, come all'interno della legge di stabilità 2016 è stato previsto uno specifico Fondo a favore delle piccole e medie imprese vittime di mancati pagamenti da parte di altre aziende debitrici, a testimonianza dell'attenzione che il Governo mostra nei confronti dei problemi delle PMI.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) ribadisce la gravità della situazione emersa dalla risposta del Governo alla predetta interrogazione a risposta immediata svolta in Commissione Finanze. Rileva, infatti, come, a fronte del quesito, chiaro e preciso, posto dall'atto di sindacato ispettivo, l'Esecutivo abbia fornito esclusivamente dati scarni e lacunosi, dichiarando di non possedere i dati disaggregati, relativi alle sofferenze in capo a ciascun istituto bancario e alle perdite da investimenti finanziari sofferte da ciascuna banca.
  Al riguardo sottolinea come sia molto grave, che, in assenza di tali elementi essenziali, il Governo ha proceduto ad avviare la procedura di risoluzione delle quattro banche, così mettendo sul lastrico circa 130 mila risparmiatori. Evidenzia quindi come, anziché accertare le reali responsabilità relative ai crediti in sofferenza, in gran parte imputabili ai finanziamenti erogati ai membri del consiglio di amministrazione della banche coinvolte, ovvero a investimenti speculativi sbagliati delle banche stesse, il Governo si sia accanito nei confronti dei risparmiatori, i quali erano stati indotti, spesso con metodi ingannevoli, ad acquistare obbligazioni subordinate, aventi profili di rischio molto elevati.
  Nel ricordare che su tali fatti le indagini avviate dalla magistratura hanno evidenziato gravi elementi di responsabilità nella gestione delle quattro banche, reputa molto grave l'atteggiamento del Governo, che non ha tenuto conto degli elementi emersi, decidendo quindi di porre in essere la procedura di risoluzione, così scaricando le pesanti responsabilità degli organi di governance delle banche sui risparmiatori ingannati, anche in spregio alle regole stabilite nell'ambito della normativa MIFID adottata dall'UE in materia di trasparenza dei prodotti finanziari.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA, con riferimento alle considerazioni del deputato Villarosa, ritiene indispensabile replicare alle accuse molto gravi che sono state mosse al Governo, chiarendo ulteriormente la ratio delle misure recate dal provvedimento.
  Al riguardo ribadisce come la risposta alla richiamata interrogazione svolta in Commissione, sebbene non abbia fornito i dati disaggregati, relativi ai singoli istituti finanziari, abbia tuttavia indicato con precisione che la componente delle sofferenze lorde, inclusa nei crediti deteriorati lordi e corrispondente ai crediti in situazione di sostanziale insolvenza, ammontava, al 31 dicembre 2015, a 210 miliardi di euro (corrispondente al 58 per cento del totale dei crediti deteriorati), fornendo altresì ulteriori dati relativi ai risultati netti dell'attività di negoziazione delle banche operanti in Italia ripartiti per tipologia di istituti di credito.
  Ritiene inoltre essenziale chiarire, con riferimento al provvedimento con la quale è stata disposta la risoluzione delle quattro banche, come esso, contrariamente a quanto affermato dal deputato Villarosa, non abbia assolutamente determinato il fallimento delle banche coinvolte e, quindi, le gravi conseguenze che ne sono derivate per gli obbligazionisti subordinati, essendo intervenuto in una situazione di fallimento già avvenuto e avendo effetti e logica completamente opposti rispetto a quanto affermato dal deputato Villarosa.
  Sottolinea inoltre come il decreto – legge in esame, prevedendo il ristoro automatico degli obbligazionisti subordinati, nella misura dell'80 per cento del capitale impiegato, abbia costituito una novità senza precedenti, introducendo uno strumento di natura automatica a tutela dei risparmiatori coinvolti nelle banche sottoposte a risoluzione.

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  Franco VAZIO (PD), con riferimento all'intervento del deputato Villarosa, ritiene siano stati posti in connessione questioni, quali il pegno mobiliare non possessorio introdotto dall'articolo 1 e i crediti bancari in sofferenza, i quali risultano del tutto distanti tra loro.
  Inoltre sottolinea come non si prevede alcun privilegio particolare per le banche, in quanto i debitori potranno contestare la valutazione che sarà effettuata sui beni dati in pegno e che la valutazione stessa sarà effettuata da periti indipendenti.
  In linea generale rileva come le previsioni recate dal decreto-legge siano finalizzate a regolare il normale svolgersi dei rapporti tra banche e imprenditori e come eventuali comportamenti patologici, aventi rilevanza penale, saranno oggetto dello scrutinio della magistratura, la quale è per sua natura terza.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) rileva come i profili di criticità delle misure contenute nel provvedimento non attengano alla presunta penalizzazione degli imprenditori che, dopo aver ottenuto un finanziamento bancario garantito dal pegno mobiliare non possessorio su determinati beni, non saranno in grado di restituirlo. Evidenzia, infatti, come la questione centrale sia la surrettizia introduzione di un meccanismo di garanzia che, squilibrando l'attuale sistema di rapporti tra i creditori, crea un credito «super privilegiato» a esclusivo vantaggio delle banche. Ritiene infatti che il nuovo strumento di garanzia mobiliare avrà un'applicazione molto estesa, posto che soddisferà una comunanza di interessi tra banche creditrici e debitori, in danno degli altri creditori, quali i fornitori dell'imprenditore e i lavoratori dipendenti dell'impresa, che non potranno utilizzare il predetto strumento di garanzia previsto dall'articolo 1.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nel ricordare che la relazione illustrativa del decreto-legge indica chiaramente l'intento del Governo di intervenire sul tema delle sofferenze bancarie, ritiene evidente come, a tal fine, risulti imprescindibile un'effettiva conoscenza delle sofferenze stesse, in relazione alla loro imputabilità e composizione.
  In tale quadro sottolinea come, nell'ambito di un normale rapporto tra rischio di credito bancario e tasso di interesse a carico del debitore, sarebbe stato giusto, a fronte delle maggiori garanzie fornite dal debitore che sottopone a garanzia i propri beni immobili, prevedere una riduzione del tasso di interesse relativo al finanziamento. Al riguardo evidenzia come l'articolo 1 non preveda alcuna misura compensativa di favore a beneficio del debitore, così contraddicendo un concetto economico elementare, in base al quale il rischio di credito di un finanziamento deve essere correlato al tasso di interesse posto sul finanziamento stesso.

  Donatella FERRANTI, presidente della II Commissione, invita il deputato Villarosa ad attenersi, nell'ambito dei propri interventi, al contenuto proprio degli emendamenti.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nel condividere l'invito della Presidente Ferranti, auspica che i componenti delle Commissioni svolgano i propri interventi in tempi congrui, così da consentire un ordinato prosieguo dei lavori, nonché in termini tali da assicurare il rispetto reciproco nell'espressione delle diverse posizioni.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.6.

  Ferdinando ALBERTI (M5S), con riferimento al richiamo delle presidenze ad attenersi al contenuto degli emendamenti, considera tale richiamo del tutto improprio rispetto al ruolo imparziale che le presidenze stesse dovrebbero svolgere, sottolineando inoltre l'esigenza, per illustrare compiutamente gli emendamenti, di poter approfondire adeguatamente tutti gli aspetti connessi alle disposizioni contenute nel provvedimento.
  In tale contesto, con riferimento all'interrogazione a risposta immediata in Commissione Pag. 17svolta dal suo gruppo sul tema delle sofferenze bancarie, ribadisce la gravità del fatto che il Governo non sia stato in grado di fornire il dato relativo all'importo totale delle sofferenze bancarie derivanti da investimenti finanziari, affermando, a tale proposito, di non essere in possesso di elementi sufficienti in tal senso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, invita il deputato Alberti a non discostarsi dal contenuto proprio dell'emendamento Pesco 1.7, di cui lo stesso deputato Alberti è cofirmatario.

  Dino ALBERTI (M5S), nel richiamare le considerazioni della maggioranza e del Governo, in base alle quali le diverse posizioni politiche sul provvedimento in esame deriverebbero da visioni molto diverse dell'economia reale, evidenzia come siano state espresse critiche molto diffuse sul provvedimento anche dai soggetti ascoltati nel corso delle audizioni svolte in Senato sul decreto-legge. Al riguardo cita l'intervento svolto dalla CONFAPI, nell'ambito del quale è stato sottolineato che le misure introdotte avranno un effetto recessivo, potendo condurre a un ulteriore restringimento dell'erogazione del credito bancario e ponendo, a fronte del minore accesso al credito per gli imprenditori, maggiori strumenti di garanzia a favore delle banche. In tale ambito rammenta, come nel corso della medesima audizione, è stata giudicata necessaria una maggiore attenzione sulla gestione degli istituti bancari, al fine di garantirne una governance cristallina.

  Maurizio BERNARDO, presidente, invita nuovamente il deputato Alberti ad attenersi, nel suo intervento, all'illustrazione dell'emendamento Pesco 1.7, per chiarirne il contenuto, ritenendo che, nell'attuale fase di esame degli emendamenti, ciò corrisponda all'interesse dei cittadini allo svolgersi di un dibattito parlamentare improntato a criteri di chiarezza e trasparenza.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) considera del tutto improprio l'atteggiamento assunto dalle presidenze, che interrompono gli interventi dei deputati del gruppo M5S, quasi a voler condizionare lo svolgimento della loro azione politica nell'ambito dell'esame del provvedimento.

  Donatella FERRANTI, presidente della II Commissione, ricorda che ci si trova in una fase di votazione degli emendamenti e che gli interventi devono essere attinenti al contenuto degli emendamenti di volta in volta posti in votazione.

  Maurizio BERNARDO, presidente, chiarisce che il suo precedente intervento era esclusivamente volto ad invitare il deputato Alberti ad attenersi al contenuto dell'emendamento in esame.

  Dino ALBERTI (M5S), sempre con riferimento alle audizioni svolta durante l'esame del decreto-legge al Senato, fa presente come i rappresentati di Confimi-Industria, in merito al pegno non possessorio introdotto dal provvedimento, abbiano evidenziato l'opportunità che il Parlamento apporti a tale normativa correttivi in grado di scongiurare un possibile uso bulimico da parte delle banche, le quali, già al primo rinnovo dei fidi, potrebbero pretendere l'iscrizione di pegni non possessori anche per linee di credito a breve termine. Al riguardo Confimi-Industria ha inoltre affermato la necessità di scongiurare il rischio dell'uso, da parte delle banche, del predetto strumento di garanzia in capo alle imprese che risultano in difficoltà, al fine di evitare che le banche, poste in una posizione di «super creditori», a fronte di un fallimento, giungano a relegare in zona chirografaria tutto il resto dei creditori, compresi gli stessi dipendenti delle imprese. Ricorda che la Confimi-Industria ha altresì rilevato l'opportunità di risaltare il ruolo che potrebbe avere l'utilizzo del pegno non possessorio tra privati, in particolare tra fornitori e imprenditori.
  Richiama, inoltre, quanto dichiarato durante le audizioni svolte al Senato dai Pag. 18rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili i quali, con riferimento agli articoli 1 e 2 del decreto-legge, hanno rilevato l'esigenza di sottoporre a un'attenta valutazione le misure introdotte, in particolare garantendo che la certezza dei diritti prevalga sull'opportunità di procedere a una revisione dell'attuale sistema delle garanzie creditizie.
  Ricorda quindi l'ulteriore considerazione svolta nell'ambito dell'audizione del predetto Consiglio nazionale, laddove, sempre con riferimento agli articoli 1 e 2, è stata espressa l'esigenza di evitare il diffondersi di prassi in danno agli imprenditori e ai consumatori, per il tramite del riconoscimento legislativo dei nuovi strumenti di garanzia i quali potrebbero mascherare abusi di posizione dominante.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Pesco 1.7 e 1.8.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra il proprio emendamento 1.9, volto a prevedere che il pegno mobiliare non possessorio di cui all'articolo 1 del provvedimento in titolo possa essere costituito, in garanzia dei crediti loro concessi, unicamente da imprenditori con un fatturato superiore a 2 miliardi di euro. Nel sottolineare come la proposta emendativa, attraverso la previsione di un limite minimo di fatturato per gli imprenditori che intendano avvalersi di tale forma di garanzia, si proponga essenzialmente lo scopo di evitare pratiche scorrette, chiede se il Governo abbia valutato la questione e sia disponibile, sul punto, all'accoglimento di eventuali ordini del giorno.

  Maurizio BERNARDO, presidente, rammenta che il rappresentante del Governo, analogamente ai relatori, ha espresso parere contrario su tutte le proposte emendative riferite al provvedimento in discussione, dichiarandosi tuttavia disponibile all'accoglimento di eventuali atti di indirizzo. Quanto, più specificamente, alla questione sollevata dal collega Villarosa, assicura che il Sottosegretario Baretta fornirà chiarimenti nel prosieguo dell'esame.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Alberti 1.9.

  Dino ALBERTI (M5S) illustra l'emendamento Villarosa 1.10, del quale è cofirmatario, raccomandandone l'approvazione. Al riguardo, sottolinea come la proposta emendativa in questione, analogamente alla precedente, sia diretta ad un introdurre un limite minimo di fatturato, pari ad un miliardo di euro, per le imprese che intendano fare ricorso al pegno mobiliare non possessorio. Nel rammentare che, nel corso dell'attività conoscitiva svoltasi presso l'altro ramo del Parlamento, molti degli auditi, in particolare il Consiglio Nazionali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, abbiano ravvisato rilevanti criticità nel predetto strumento di garanzia, che esporrebbe le piccole e medie imprese a consistenti rischi, ritiene che l'articolo 1 del provvedimento finisca, di fatto, con l'agevolare gli istituti bancari, che non avranno alcuna difficoltà ad imporre, esercitando il loro potere contrattuale, condizioni vessatorie a imprenditori in situazioni di grave sofferenza finanziaria. Richiamando le considerazioni svolte, nella seduta precedente, dal deputato Bonafede, che ha richiamato il rischio che alcuni imprenditori, pur di ottenere l'accesso al credito, siano indotti a commettere gesti estremi, ribadisce come il provvedimento in discussione non abbia lo scopo di agevolare le piccole e medie imprese, quanto piuttosto, inequivocabilmente, quello di sostenere e rafforzare il sistema bancario, unicamente in favore del quale, peraltro, sono state adottate le misure straordinarie di liquidità da parte della Banca centrale europea. A suo giudizio, infatti, tali misure non hanno determinato alcun significativo effetto positivo sull'economia reale, in termini di incremento del prodotto interno lordo dei Paesi in difficoltà, ma esclusivamente in favore degli istituti bancari. Rileva, peraltro, che sui contenuti del provvedimento, così come avvenuto nel corso dell'esame Pag. 19presso il Senato, le Commissioni riunite avrebbero dovuto procedere allo svolgimento di un articolato ciclo di audizioni.

  David ERMINI (PD) osserva come il decreto-legge in discussione introduca un particolare strumento, quale il pegno mobiliare non possessorio, diretto ad agevolare le piccole e medie imprese, cui viene accordata la facoltà di accedere, per ottenere liquidità, a tale nuova forma di garanzia. Nel ribadire come il ricorso a tale tipologia di pegno rappresenti non altro che una facoltà per gli imprenditori, ritiene che le misure previste dal provvedimento siano volte a scongiurare l'eventualità di rischi ben più gravi per gli imprenditori stessi e loro famiglie, determinati, ad esempio, dalla sottoscrizione, pur di accedere al finanziamento bancario, di altre forme di garanzia, quali cambiali o altre garanzie personali richieste dalle banche ai familiari dell'imprenditore, determinando problemi e distorsioni nel rapporto tra banche e imprese che le misure del decreto – legge intendono appunto superare.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) rileva come le considerazioni testé svolte dal deputato Ermini potrebbero essere valide solo se riferite ad un sistema economico «virtuoso», in cui vi sia un effettivo equilibrio contrattuale tra imprenditori ed istituti bancari, ma non certamente ad un mercato, come quello italiano, contraddistinto invece dalla sostanziale non credibilità del sistema bancario. Nel rammentare come le misure sino ad ora adottate dal Governo si siano rivelate dannose sia per i cittadini sia per le imprese, senza risolvere i problemi evidenziati dallo stesso deputato Ermini, osserva quindi come le norme dell'articolo 1, garantendo alle banche nuovi strumenti di tutela dei loro crediti, non migliorino certo la condizione delle PMI, ma costringeranno gli imprenditori, di fatto, a vincolare i propri beni in garanzia pur di avere accesso al credito bancario.
  Ricorda, quindi, che i parlamentari del gruppo Movimento Cinque Stelle, diversamente da quelli degli altri gruppi, devolvono mensilmente una parte della loro retribuzione in un apposito fondo, istituito proprio allo scopo di agevolare le piccole e medie imprese nell'accesso al finanziamento bancario.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ritiene che non possa esservi dubbio alcuno che le misure previste dal provvedimento in titolo, tra le quali in particolare, quelle previste dagli articoli 1 e 2, siano dirette ad agevolare il sistema bancario. Ciò premesso, richiama l'attenzione sul comma 2 del richiamato articolo 1, che prevede la possibilità di un pegno non possessorio addirittura «virtuale», potendo essere il pegno stesso costituito su beni mobili sia esistenti, sia futuri, determinati o determinabili anche mediante riferimento a una o più categorie merceologiche o a un valore complessivo. Ribadisce, inoltre, come lo strumento in questione, che può essere riferito ad un credito già in sofferenza, determini, di fatto, la creazione di una sorta di «super privilegio», destinato a pregiudicare gravemente i diritti di altri creditori, diversi dagli istituti bancari.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.10.

  Maurizio BERNARDO, presidente, avverte, d'intesa con la Presidente della Commissione Giustizia, che sono immediatamente convocati gli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, al fine di definire ulteriormente l'organizzazione dei lavori sul provvedimento.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia alla seduta già convocata al termine delle votazioni pomeridiane dell'Assemblea il seguito dell'esame.

  La seduta termina alle 16.10.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.10 alle 16.15.

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SEDE REFERENTE

  Mercoledì 22 giugno 2016. — Presidenza della presidente della II Commissione Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 18.10.

DL 59/2016: Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.
C. 3892 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nell'odierna seduta pomeridiana.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che, sulla base di quanto stabilito nell'odierna riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, i lavori per l'esame del provvedimento si protrarranno, nella giornata odierna, fino alle 20,30. L'esame in sede referente riprenderà alle ore 10,30 di domani, per concludersi entro le ore 15, a prescindere dal fatto che si sia concluso o meno l'esame degli emendamenti, quando sarà posta in votazione la proposta di conferire ai relatori il mandato a riferire in Assemblea sul provvedimento.

  Alessandro PAGANO (AP) dichiara il proprio voto di astensione sull'emendamento 1.11.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Pesco 1.11.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) preannuncia il voto favorevole dei deputati del suo gruppo sull'emendamento Paglia 1.12, volto ad escludere la possibilità di costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti concessi a terzi.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Paglia 1.12 e Villarosa 1.13.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) raccomanda l'approvazione dell'emendamento Pesco 1.14, del quale è cofirmatario, che ha come finalità quella di escludere la possibilità di costituire un pegno non possessorio per garantire crediti presenti. Al riguardo, ribadisce che con il decreto – legge in discussione si consente alle banche di «minacciare» gli imprenditori, prospettando l'estinzione della loro linea di credito, qualora questi ultimi non garantiscano con pegno non possessorio dei fidi già in essere. In tale contesto osserva inoltre come, nel corso della presente legislatura, la maggioranza ed il Governo non abbiano espresso alcuna condanna nei confronti della CONSOB e della Banca d'Italia che, a suo avviso, non hanno vigilato attentamente sulle modalità utilizzate dalle banche per valutare la solvibilità del cliente.
  Ritiene quindi che, prevedendo la possibilità di costituire un pegno non possessorio per garantire solo crediti futuri e non anche quelli presenti, le banche siano poste effettivamente nelle condizioni di valutare l'affidabilità creditizia del cliente.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Pesco 1.14.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nell'illustrare l'emendamento a sua firma 1.15, che, diversamente dall'emendamento Pesco 1.14, ha come finalità quella di escludere la possibilità di costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti futuri, evidenzia come lo stesso sia certamente meno significativo del precedente e sia stato presentato al solo scopo di verificare la posizione che la maggioranza ed il Governo intendano assumere sull'argomento.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.15.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra il proprio emendamento 1.16, con il Pag. 21quale si prevede che il pegno non possessorio possa essere costituito solo su beni mobili, anche immateriali, non destinati all'esercizio dell'impresa di proprietà dei soci. Evidenzia, quindi, come lo scopo di tale proposta emendativa sia quello di scongiurare il rischio che l'attività d'impresa possa subire un rallentamento, o essere inibita, a causa del venire meno della disponibilità di un bene strumentale all'esercizio dell'impresa stessa. Ritiene che, sebbene la soluzione ivi prospettata possa apparire di dubbia praticabilità, l'emendamento in esame possa far riflettere i colleghi della maggioranza ed il Governo sull'esigenza di individuare soluzioni migliorative del testo.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Villarosa 1.16 e le identiche proposte emendative Paglia 1.17 e Villarosa 1.18.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) illustra e raccomanda l'approvazione dell'emendamento a sua firma 1.19, con il quale si esclude la possibilità di costituire un pegno non possessorio su beni immateriali. In proposito, osserva come beni immateriali quali marchi o brevetti, il cui valore spesso appare di difficile determinazione, possano essere particolarmente «appetibili» per i creditori, ma al contempo, indispensabili per il proseguimento dell'attività d'impresa.
  Fa presente, inoltre, come con il successivo emendamento a sua firma 1.20 si mira a proporre una soluzione di mediazione rispetto a quella prospettata dall'emendamento 1.19, in quanto si prevede che anche i beni immateriali possono costituire un pegno non possessorio, ma limitatamente al valore già iscritto in bilancio.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Paglia 1.19 e 1.20.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nel richiamare alcune osservazioni di Alfonso Mariella, dottore commercialista che collabora stabilmente con il Tribunale di Milano in qualità di curatore fallimentare, si domanda quali siano le ragioni per cui le disposizioni contenute nel provvedimento siano state considerate dal Governo così urgenti da inserirle in un decreto – legge. In particolare, ritiene che i principali beneficiari dello strumento del pegno ipotecario non possessorio saranno gli istituti di credito che, grazie ad esso, potranno ottenere dagli imprenditori una garanzia ulteriore sugli affidamenti sugli affidamenti loro concessi. Ritiene quindi che tale strumento sia stato richiesto dal settore bancario, in quanto quest'ultimo, nei fallimenti detiene di solito l'ammontare maggiore di crediti chirografari, destinati a rimanere in larghissima misura insoddisfatti. Teme che con l'introduzione delle norme dell'articolo 1 le banche chiederanno tale forma di garanzia per concedere qualunque tipo di finanziamento, di fatto trasformando tutti i loro crediti, da chirografari, in privilegiati. Ciò, a suo avviso, produrrà, quale naturale conseguenza, che, in caso di fallimento, i crediti dei fornitori non potranno essere soddisfatti, se non posteriormente a quelli degli istituti bancari.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.21.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra e raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 1.22, volto a prevedere che il pegno mobiliare non possessorio si possa costituire sui beni destinati all'esercizio dell'impresa nel limite massimo di un quinto del loro valore e comunque solo nel caso altri beni non siano in grado di garantire il credito concesso.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA precisa che il bene posto a garanzia del pegno ipotecario non possessorio è indicato dall'imprenditore e certamente non è scelto dall'istituto di credito. Osserva, inoltre, che le banche non nutrono solitamente particolare interesse nell'entrare in possesso di beni meramente strumentali quali, ad esempio, torni o presse.

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  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ritiene che il tema sia più complicato di come lo intenda rappresentare il Governo e la maggioranza. Al riguardo, osserva che i crediti, soprattutto quelli incagliati o in sofferenza, possono essere oggetto di successivi atti di trasferimento e che, se anche le banche non sono interessate a beni strumentali quali quelli testé richiamati dal Sottosegretario, spesso sono le società di recupero crediti, che hanno acquistato i crediti stessi per un valore inferiore a quello reale, a trovare interesse nella vendita di tali beni.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), pur non mettendo in dubbio la circostanza che il ricorso al pegno mobiliare non possessorio sia volontario, sottolinea la difficile situazione del mercato bancario, che dal 1992 ha subito una notevole evoluzione. Nel richiamare le ben note vicende relative al cosiddetto «Fazio scandal» e ad operazioni di «scalata» nascosta di alcuni istituti di credito, rammenta che al capitale azionario di molte banche partecipano, sovente, i concorrenti delle stesse imprese che beneficiano del credito bancario. Ritiene, infatti, che nel mercato bancario esistano rilevanti fenomeni di concentrazione. Rammenta, inoltre, che l'imprenditore che ricorre al pegno non possessorio, quasi certamente, si trova in una situazione di difficoltà sul piano finanziario, tale da determinare rischi di speculazione da parte delle banche, che potrebbero mettere in atto comportamenti scorretti. Invita, pertanto, la maggioranza e il Governo ad approfondire la questione, adottando misure che siano dirette ad evitare comportamenti non corretti da parte di tali operatori economici.

  Michele PELILLO (PD) rammenta che lo strumento di cui all'articolo 1 del provvedimento si riferisce esclusivamente ai beni strumentali all'esercizio dell'impresa, in quanto altrimenti si ricorrerebbe ad altre forme di garanzia, quali, in particolare, il pegno ordinario.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) ritiene che l'obiettivo perseguito dal provvedimento, attraverso lo strumento di garanzia previsto dall'articolo 1, sia quello di consentire l'applicazione di tale tipologia di pegno anche ai finanziamenti già in essere e che ciò possa dare adito a comportamenti scorretti.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) richiama l'attenzione su quanto disposto dal comma 7 dell'articolo 1 del decreto – legge in discussione, laddove è previsto che il creditore abbia la facoltà di procedere all'escussione del credito oggetto della garanzia, «al verificarsi di un evento che determina l'escussione del pegno». Nel rilevare la necessità di meglio definire specificamente, nella norma, in presenza di quali eventi il pegno possa essere escusso, in quanto potenzialmente ciò potrebbe accadere anche in assenza di un fenomeno di inadempimento, osserva come la disposizione in questione, di fatto, finisca con il rafforzare ulteriormente il potere contrattuale degli istituti bancari, che potranno agevolmente imporre agli imprenditori che chiedono finanziamenti le proprie condizioni anche sotto questo profilo.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.22.

  Dino ALBERTI (M5S) illustra l'emendamento Villarosa 1.23, del quale è cofirmatario, teso a stabilire che la costituzione in garanzia dei beni strumentali all'esercizio dell'impresa sia consentita nel limite massimo di un quinto del loro valore e, comunque, solo nel caso in cui altri beni non siano in grado di garantire il credito concesso. Al riguardo, sottolinea come la finalità della proposta emendativa sia sostanzialmente quella di scongiurare il rischio di un uso «bulimico» di tali strumenti di garanzia, anche in quanto in determinate condizioni di difficoltà l'imprenditore può essere disposto ad accettare qualunque condizione pur di avere credito e occorre quindi limitare tali fenomeni.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.23.

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  Daniele PESCO (M5S) illustra le finalità dell'emendamento Villarosa 1.24, il quale intende eliminare la possibilità di porre la garanzia del pegno mobiliare non possessorio sui crediti derivanti o inerenti all'esercizio dell'impresa. Nel rilevare infatti come l'articolo 1 non specifichi le modalità attraverso cui procedere all'escussione della predetta garanzia sui crediti d'impresa, ritiene opportuno sopprimere tale previsione, in vista di una sua più compiuta valutazione.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Villarosa 1.24 e Alberti 1.25.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) ritira il suo emendamento 1.26.

  Filippo BUSIN (LNA) illustra il proprio emendamento 1.27, volto a inserire, nell'ambito del comma 3 dell'articolo 1, la previsione che il contratto costitutivo, debba, a pena di nullità, stabilire il valore commerciale, sia di vendita che di locazione, concordato dalle parti ovvero stimato da un terzo esperto, del bene dato in garanzia. Rileva come tale modifica, introducendo una misura di carattere cautelativo a beneficio di entrambi le parti del contratto di credito, che consentirebbe di limitare il contenzioso relativo alla determinazione del valore del bene, altrimenti inevitabile ove il predetto valore non fosse stato previamente stimato.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nel sottoscrivere l'emendamento Busin 1.27, evidenzia la ragionevolezza di tale proposta, la quale determinerebbe il superamento dei rischi insiti nelle previsioni recate dalla lettera d) del comma 7, dell'articolo 1. Rammenta infatti che la predetta lettera d) stabilisce che la banca può procedere all'appropriazione dei beni oggetto di pegno a condizione che il contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità per la valutazione del valore dei beni stessi, senza che sia richiesto l'intervento di un perito esterno. Rileva quindi come tale disposizione contenga il rischio che la banca sfrutti la propria posizione dominante nell'ambito del rapporto contrattuale in danno del cliente debitore.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Busin 1.27 e 1.28 e Bonafede 1.29 e 1.30.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra l'emendamento Bonafede 1.31, di cui è cofirmatario, volto a sostituire la Banca d'Italia all'Agenzia dell'entrate nel ruolo di soggetto presso il quale viene costituito il registro informatizzato dei pegni non possessori, rileva come tale proposta emendativa sia certamente di buon senso, in considerazione delle funzioni di vigilanza del sistema bancario attribuite alla Banca stessa.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Bonafede 1.31, Villarosa 1.32 e Paglia 1.33.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra l'emendamento Bonafede 1.34, di cui è cofirmatario, il quale è volto a inserire, nel comma 4 dell'articolo 1, un termine di 30 giorni dalla stipulazione del contratto costitutivo del pegno non possessorio entro il quale effettuare l'iscrizione nel registro dei pegni non possessori.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Bonafede 1.34.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), con riferimento al suo emendamento 1.35, volto a inserire un nuovo comma 4-bis all'articolo 1, rileva come esso affronti una questione centrale connessa alla più generale tematica della valutazione del rischio di credito, la quale comprende la valutazione, da parte della banche, della solvibilità del cliente, CHE a sua volta influisce sulla determinazione del tasso di interesse del finanziamento erogato.
  Nel rammentare come, di norma, all'atto della concessione di un finanziamento bancario, le eventuali maggiori garanzie fornite dal debitore influiscono Pag. 24sulla determinazione del predetto tasso, ritiene che, anche nel caso in cui il debitore acconsenta a porre la garanzia del pegno non possessorio su un bene mobiliare, a ciò debba corrispondere un miglioramento delle condizioni contrattuali a suo favore, in termini di diminuzione del tasso di interesse.

  Marco CAUSI (PD) esprime il proprio stupore per il fatto che non sia stata colta la novità insita nel nuovo strumento di garanzia introdotto dall'articolo 1. Ritiene infatti che il meccanismo del pegno mobiliare non possessorio costituirà un vantaggio per le imprese, le quali, avendo a disposizione tale nuovo meccanismo, potranno ottenere migliori condizioni di finanziamento.
  Con riferimento alle considerazioni sull'applicazione del pegno previsto dall'articolo 1 da parte di imprese in situazione di crisi, ritiene che esso sarà invece ampiamente utilizzato dalle imprese che si trovano in una buona condizione finanziaria e che potranno disporre di un ulteriore sottostante da porre in garanzia. In particolare evidenzia come tale misura consentirà un maggiore accesso delle PMI al mercato dei capitali attraverso una garanzia che non determinerà per le imprese stesse lo spossessamento dei propri beni. Comprende quindi che vi possano essere motivazioni alla base delle critiche sollevate rispetto alle altre parti del provvedimento in esame, ma ritiene che le disposizioni recate dall'articolo 1 costituiscano un intervento a vantaggio delle imprese e non degli istituti bancari, anche rispetto agli strumenti di garanzia dei contratti di credito ad oggi già disciplinati, taluni dei quali presentano profili di maggiore onerosità.
  In linea generale ritiene inoltre che tale misura consentirà di migliorare un aspetto problematico fortemente presente nel settore delle piccole e medie imprese, nelle quali spesso il capitale di impresa è indistinguibile rispetto al patrimonio familiare; esso indurrà infatti le imprese stesse a separare in modo più netto il patrimonio di impresa e a superare i loro problemi di sottocapitalizzazione.
  Auspica quindi che, sul contenuto dell'articolo 1, le forze politiche di opposizione non conducano un dibattito basato su un approccio pregiudiziale di tipo ideologico, basato sulla generale contrarietà alla previsione di tassi di interesse sui finanziamenti bancari.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), con riferimento alle considerazioni del deputato Causi, fa presente come in Svezia operi una banca etica di tipo cooperativo, posseduta dai suoi soci e denominata JAK Medlemsbank, la quale eroga finanziamenti sui quali non è previsto alcun tasso di interesse. Nel rilevare come si tratti di un istituto che ha sede in un Paese civile ed avanzato, ritiene possa trattarsi di una soluzione assolutamente attuabile e condivisibile.
  Ritiene inoltre assolutamente improbabili le previsioni circa l'utilizzo del pegno non possessorio da parte delle imprese che si trovano in buone condizioni finanziarie e ribadisce le sue critiche circa la possibilità che lo strumento introdotto rafforzi la posizione dominante delle banche nell'ambito del rapporto contrattuale con gli imprenditori.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL), intervenendo in relazione alle considerazioni del deputato Causi, ritiene che esse descrivano solo parzialmente la realtà imprenditoriale italiana. Sottolinea infatti come le imprese medio piccole vivano per la gran parte una situazione di tensione finanziaria nell'ambito della quale riescono tuttavia a continuare la propria attività, anche grazie al fatto che le banche non attivano le procedure di recupero forzoso dei crediti. Ritiene viceversa che la misura del pegno non possessorio, determinando la forte richiesta di acquisizione dei crediti da parte delle società di recupero crediti, indurrà le banche a cedere i propri crediti in sofferenza, avviandosi conseguentemente le procedure di rientro dei crediti. Rileva quindi come, a causa di tali previsioni, Pag. 25le imprese vedranno messa a repentaglio la continuità dell'attività aziendale.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA, con riferimento all'emendamento Busin 1.27, relativo alla previa determinazione del valore del bene oggetto del pegno, pur riconoscendone l'astratta ragionevolezza, fa presente tuttavia come esso si ponga in contraddizione con le previsioni recate dal comma 2 dell'articolo 1, il quale prevede che il bene oggetto del pegno mobiliare non possessorio può essere oggetto di trasformazione o alienazione da parte del debitore o del terzo concedente il pegno, con la conseguente possibilità che da ciò derivi un aumento del valore del bene stesso, a beneficio dell'imprenditore. Evidenzia quindi come la scelta del Governo di non imporre una previa valutazione del bene sottoposto a garanzia sia rispondente quindi alla predetta decisione di mantenere il bene stesso nella disponibilità del debitore.
  In termini più generali, sottolinea l'inconciliabilità dell'ottica del Governo sul complesso delle misure recate dal provvedimento rispetto a quanto espresso dai gruppi di opposizione, rilevando, in tale ambito, come la richiesta di sopprimere gli articoli 1 e 2 rifletta appunto la convinzione che la situazione attuale dei rapporti tra banche e imprenditori sia migliore delle misure introdotte dal decreto-legge in esame. Nel rilevare come possano essere legittimamente criticate talune scelte operate dal Governo, ritiene al contrario che i nuovi strumenti di garanzia introdotti rappresentino comunque un ampliamento delle opportunità offerte alle imprese nell'accesso al credito e sottolinea altresì come, nell'ambito della necessità di affrontare la questione delle sofferenze bancarie, l'Esecutivo intenda costruire un impianto complessivo che riconosca maggiori garanzie per gli imprenditori nell'ambito dei rapporti con gli istituti di credito. Osserva quindi come il provvedimento in esame, sebbene non possa costituire lo strumento per risolvere tutte le questioni riguardanti il rapporto tra banche e imprese, determini comunque un miglioramento delle condizioni relative a tale rapporto.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) condivide le osservazioni del Sottosegretario circa la posizione completamente diversa del suo gruppo, rispetto a quella espressa dal Governo, sulle questioni in esame. Nel richiamare quindi il contenuto dell'emendamento Busin 1.27, da lui sottoscritto, ribadisce l'opportunità che vengano previsti meccanismi a tutela dell'imprenditore, nell'ambito della determinazione del valore del bene oggetto di garanzia, rivedendo la formulazione della lettera d) del comma 7 dell'articolo 1.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA, ancora con riferimento alla questione posta dall'emendamento Busin 1.27, rileva come l'articolo 1 già consenta di stabilire anticipatamente, nell'ambito del contratto di pegno, i criteri e le modalità di determinazione del valore del bene oggetto del pegno stesso, ma che non possa stabilirsi l'obbligo di definire sempre previamente il valore di tale bene.
  In linea generale rileva inoltre come il Governo non intenda affermare che il settore bancario si trovi in una situazione ottimale o che determinati aspetti attinenti all'attività bancaria non vadano migliorati, essendo piuttosto i gruppi di opposizione a opporsi rispetto a ogni proposta di cambiamento e alla predisposizione di strumenti, quale il pegno non possessorio disciplinato dall'articolo 1, i quali costituiscono uno strumento per migliorare la dinamica dei rapporti tra banche e imprese.

  Donatella FERRANTI, presidente, fa presente che la lettera d) del comma 7 dell'articolo 1 fa riferimento in via generale ai criteri e alle modalità di valutazione, all'interno dei quali si procederà a definire il valore del bene oggetto del pegno.

  Dino ALBERTI (M5S), alla luce delle considerazioni del Sottosegretario Baretta, Pag. 26sottolinea l'assenza del carattere di urgenza delle disposizioni in esame, che a giudizio del Governo interverranno a risolvere un problema specifico, ma che a suo avviso dovrebbero essere adeguatamente discusse dal Parlamento senza i limiti di tempo imposti dai termini di conversione del decreto-legge.

  Donatella FERRANTI, presidente, fa presente al deputato Alberti che del carattere di urgenza delle disposizioni si è ampiamente dibattuto nell'ambito dell'esame delle questioni pregiudiziali presentate sul provvedimento.

  Dino ALBERTI (M5S) ribadisce l'opportunità di stralciare le disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 per farle confluire in una proposta di iniziativa parlamentare, che possa avere un'adeguata discussione, anche coadiuvata dalle audizioni dei soggetti interessati, che sono state invece svolte da un solo ramo del Parlamento.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.35.

  Filippo BUSIN (LNA), intervenendo sul proprio emendamento 1.36, ritiene che esso rechi una misura di semplificazione del procedimento inerente al pegno non possessorio, prevedendo che in mancanza di richiesta di rinnovo, esso si estingua dopo 10 anni.

  Daniele PESCO (M5S) condivide l'opportunità che sia posto un limite temporale oltre il quale sia prevista la cancellazione automatica del pegno non possessorio. Osserva inoltre come il decreto-legge non ponga alcun limite alle banche per la richiesta di sostituzione degli attuali finanziamenti con nuovi rapporti di finanziamento garantiti da pegni non possessori e sottolinea la situazione di difficoltà in cui si verrebbero a trovare le aziende nel caso in cui i finanziamenti da queste chiesti alle banche fossero convertiti in questi nuovi strumenti finanziari.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL), nel dichiararsi convinto, a differenza del Sottosegretario Baretta, che il provvedimento in esame peggiorerà la situazione attuale, osserva come il pegno non possessorio a suo giudizio diventerà una clausola ordinaria e accessoria di tutti i contratti, comportando per le imprese in difficoltà tutti i problemi di cui si è lungamente dibattuto. Non ritiene dunque corretto da parte del Governo spacciare tale strumento per una opportunità data alle imprese, dal momento che le banche non erogheranno alcun credito aggiuntivo alle imprese in difficoltà a fronte della concessione da parte di queste ultime del pegno non possessorio.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Busin 1.36, 1.37 e 1.38, nonché l'emendamento Paglia 1.39.

  Dino ALBERTI (M5S), intervenendo sul proprio emendamento 1.41, fa presente come l'articolo 1 non specifichi l'evento al verificarsi del quale viene determinata l'escussione del pegno e ritiene pertanto opportuno che ciò venga puntualmente definito nella legge ovvero che venga introdotto il rinvio ad un successivo decreto ministeriale che regoli tale aspetto.

  Daniele PESCO (M5S) si associa alle considerazioni del collega Alberti, ritenendo che il comma 7 rechi un vuoto normativo che deve essere colmato, anche successivamente. Sottolinea che a suo giudizio la legge deve fornire tutti gli elementi utili per la propria applicazione e invita pertanto il Governo a prendere in considerazione la proposta di integrazione del testo contenuta nell'emendamento 1.41.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA ritiene che non ci sia alcun vuoto normativo che giustifichi l'accoglimento degli identici emendamenti Paglia 1.40 e Alberti 1.41. Ritenendo in ogni caso meritevole di attenzione il tema da essi sollevato, invita i presentatori al loro ritiro, in vista della presentazione di un ordine del giorno Pag. 27rispetto al quale preannuncia la disponibilità all'accoglimento da parte del Governo.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), nell'apprezzare l'attenzione del rappresentante del Governo al tema posto dagli emendamenti in esame, ritira l'emendamento Alberti 1.41, di cui è cofirmatario.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) ritira il proprio emendamento 1.40.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), intervenendo sul proprio emendamento 1.42, osserva come esso abbia la finalità, al pari di quanto previsto da altre norme dell'ordinamento, di concedere al debitore la possibilità di vendere direttamente il proprio bene per ottenerne la massima remunerazione. Osserva che il tempo previsto nell'emendamento per tale fattispecie, pari a soli 90 giorni, è a suo giudizio del tutto ragionevole rispetto alla lunghezza delle procedure di escussione forzata.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.42.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL), intervenendo sul proprio emendamento 1.43, fa presente come esso sia volto a equilibrare le posizioni del debitore e del creditore concedendo, a fronte di un vantaggio dato al creditore dal comma 7, la possibilità, per il debitore, di poter interrompere i pagamenti per 36 mesi, anche non consecutivi.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Paglia 1.43.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL), intervenendo sul proprio emendamento 1.44, ritiene opportuno che l'escussione del pegno avvenga solo dopo che siano stati soddisfatti i crediti dei fornitori e dei lavoratori, che l'ordinamento vigente indica come privilegiati rispetto ai creditori chirografari.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S), anche a nome dei deputati Pesco e Alberti, sottoscrive l'emendamento Paglia 1.44. Osserva che, come sottolineato anche dal dottor Alfonso Mariella, le cui dichiarazioni ha già richiamato in precedenza, i crediti dei fornitori saranno posposti ai crediti delle banche e chiede pertanto al Governo di porre una particolare attenzione all'emendamento in esame, volto ad evitare gravi problemi per i fornitori dell'imprenditori che si avvalga del pegno non possessorio.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA fa presente come la questione posta dall'emendamento Paglia 1.44 sia risolta dalla disposizione di cui al comma 10, che, ai fini fallimentari, equipara il pegno non possessorio al pegno ordinario.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) osserva come il pegno non possessorio, in seguito alla applicazione del decreto-legge in esame, sarà previsto ordinariamente in tutti i contratti di finanziamento, a differenza di quanto avviene oggi per il pegno, assai raro, e che ciò avrà di per sé conseguenze negative anche sotto il profilo dei rapporti tra i creditori, in quanto ridurrà i beni sui quali gli altri creditori non pignoratizi porranno rivalersi.

  Donatella FERRANTI, presidente, osserva come l'ottica nella quale inquadrare il provvedimento in esame debba essere diversa da quella che emerge dal dibattito, in quanto non sempre le imprese che si avvarranno del pegno non possessorio giungeranno alla decozione. Ritiene quindi che il pegno non possessorio costituisca una opportunità per le imprese stesse e invita i colleghi a una visione più positiva delle norme in esame. Ricorda inoltre che presso la Commissione Giustizia è in corso l'esame del provvedimento di riforma della legge fallimentare, la quale intende rivedere la procedura fallimentare nel senso di intervenire ad aiutare le imprese prima che queste vadano in decozione.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) osserva come il comma 10 richiamato dal Sottosegretario Baretta, faccia riferimento Pag. 28alla revocatoria fallimentare e che pertanto l'equiparazione del pegno al pegno non possessorio avviene solo nel caso in cui il creditore provi di non essere a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Rileva pertanto che il predetto comma 10 non risolva la questione sulla quale l'emendamento 1.44 intende intervenire, in quanto la sua applicabilità è limitata ai casi in cui si possa dimostrare la mancata conoscenza dello stato di insolvenza del debitore.

  Lorenzo GUERINI (PD), relatore per la II Commissione, nel considerare pacifica l'equiparazione tra pegno e pegno non possessorio, osserva che l'oggetto del dibattito precedentemente svolto al riguardo era inerente all'articolo 53 della legge fallimentare, tuttora vigente, il quale esclude che si possa escutere direttamente il pegno in presenza di una procedura fallimentare.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) esprime preoccupazione per la condizione in cui verranno a trovarsi i fornitori, dal momento che il giudice del fallimento si vedrà costretto a dare la prelazione ai crediti delle banche rispetto a quelli dei fornitori, in quanto esplicitato dai contratti.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA ritiene che il combinato disposto dei commi 8 e 10, i quali prevedono, rispettivamente, che il creditore possa procedere a escutere il pegno solo dopo ammissione al passivo con prelazione del suo credito e che ai fini della revocatoria fallimentare il pegno non possessorio è equiparato al pegno ordinario, possa attenuare la preoccupazione espressa dai deputati Paglia e Villarosa.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Paglia 1.44 e Bonafede 1.45.

  Filippo BUSIN (LNA), intervenendo sul proprio emendamento 1.46, giudica opportuno che le leggi non contengano espressioni vaghe come «beni di non apprezzabile valore», di cui alla lettera a) del comma 7, ritenendo preferibile che venga individuato un importo massimo, definito dal suo emendamento in 5.000 euro, entro il quale non è obbligatorio procedere alla stima del bene pignorato da porre in vendita.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Busin 1.46 e 1.47.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL), intervenendo sul proprio emendamento 1.48, fa presente come esso sia volto ad evitare che una situazione di temporanea difficoltà del debitore possa trasformarsi in una difficoltà permanente attraverso l'attivazione immediata della procedura di escussione forzata, di cui si chiede il differimento di sei mesi.

  Daniele PESCO (M5S) ricorda che spesso sia lo Stato sia gli enti locali onorano con gravi ritardi il pagamento dei propri debiti, mettendo le aziende in difficoltà. In tale contesto fa presente come, nel caso di una situazione di difficoltà finanziaria per l'impresa, magari generata proprio da un mancato pagamento di un debito da parte di un soggetto pubblico, questa possa essere indotta a concedere un pegno a una banca che, con l'attivazione immediata delle procedure di escussione, può portare l'impresa stessa al fallimento prima che lo Stato o gli enti locali paghino il debito che hanno contratto con essa. A tal fine ritiene opportuna la mediazione proposta dal collega Paglia con l'emendamento 1.48, il quale prevede che nel caso di temporanea difficoltà del debitore, le operazioni di vendita o di escussione del pegno siano prorogate di sei mesi.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Paglia 1.48.

  Daniele PESCO (M5S), intervenendo sull'emendamento Bonafede 1.49, valuta positivamente l'inserimento, nel corso dell'esame presso il Senato, del diritto per il Pag. 29debitore e l'eventuale terzo, a proporre opposizione avverso la riscossione del credito oggetto della garanzia, lamentando tuttavia l'eccessiva brevità del termine di 5 giorni dall'intimazione del creditore per proporre tale opposizione, ritenendo quindi necessario estendere il termine stesso ad almeno trenta giorni.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Bonafede 1.49 e 1.50.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) illustra le finalità del proprio emendamento 1.51, volto a consentire che le operazioni relative alla riscossione del credito oggetto della garanzia, di cui al comma 7 dell'articolo 1, vengano prorogate di sei mesi dalla data di ricezione dell'avviso scritto in merito, qualora il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.51.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) illustra il proprio emendamento 1.52, volto a prevedere che, in caso di fallimento, il pegno del debitore perda la propria efficacia e la banca rimanga, conseguentemente, creditore chirografario.

  Daniele PESCO (M5S), intervenendo sull'emendamento Villarosa 1.53, di contenuto identico all'emendamento 1.52, nel motivare le ragioni poste a fondamento della proposta emendativa, evidenzia come, in caso la stessa non dovesse essere accolta, la banca creditrice potrebbe quasi rendersi responsabile della commissione del reato di distrazione di beni, se non addirittura di bancarotta fraudolenta, essendo comunque verosimilmente già a conoscenza della condizione di insolvenza del suo cliente.

  Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli identici emendamenti Paglia 1.52 e Villarosa 1.53, gli identici emendamenti Paglia 1.54 e Villarosa 1.55, gli identici emendamenti Paglia 1.56 e Villarosa 1.57, nonché gli emendamenti Busin 1.58 e 1.59 e Bonafede 1.60, gli identici emendamenti Paglia 1.61 e Bonafede 1.62 e gli identici emendamenti Paglia 1.63 e Villarosa 1.64.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) raccomanda l'approvazione dell'emendamento 1.65 a sua prima firma, volto a delineare, a testimonianza dello spirito costruttivo manifestato dal suo gruppo parlamentare, una disciplina alternativa rispetto a quella del pegno non possessorio, prevedendo l'intervento della garanzia pubblica dello Stato.

  Le Commissioni respingono l'emendamento Villarosa 1.65.

  Filippo BUSIN (LNA), intervenendo sull'emendamento a sua prima firma 2.3, soppressivo dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, osserva come l'istituto giuridico da esso introdotto, concernente il finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato, per quanto in parte condivisibile nei contenuti, avrebbe tuttavia richiesto il rispetto di una tempistica diversa, incompatibile con l'adozione di un provvedimento di urgenza. In particolare, rileva come l'attuale formulazione delle norme risulti caratterizzata da un favor esclusivo nei confronti degli istituti di credito ed appaia priva della necessaria considerazione sistemica dei soggetti coinvolti, in modo da tenere nel debito conto la difficile situazione economica in cui versano le imprese del nostro Paese. Per le ragioni testé esposte, ritiene pertanto che gli effetti attesi dalla nuova disciplina si riveleranno illusori, se non addirittura dannosi.

  Daniele PESCO (M5S), intervenendo sull'emendamento 2.1 a sua prima firma, di identico contenuto all'emendamento Busin 2.3, ritiene che le disposizioni dell'articolo 2 riproducono in sostanza, rapportandole Pag. 30ora al mondo delle imprese, le medesima criticità già riscontrate nel corso dell'esame presso la Commissione Finanze dello schema di decreto legislativo relativo ai contratti di credito ai consumatori concernenti i beni immobili residenziali (atto del Governo n. 256). Osserva che dalla loro attuazione conseguirà inevitabilmente, in caso di inadempimento del debito che si protragga oltre il periodo di tempo indicato, un danno per gli imprenditori proprietari di immobili, a tutto vantaggio invece delle banche, che potranno entrare in possesso del bene in tempi assai brevi, e senza dover seguire le ordinarie procedure giurisdizionali, anche ai fini della successiva alienazione.
  Contesta dunque tali disposizioni, che pongono le banche in una situazione di assoluta predominanza rispetto agli imprenditori che hanno richiesto i finanziamenti e si siano poi trovati in una situazione di inadempimento. Soggiunge che perplessità di tenore analogo alle sue sono emerse anche nel corso delle audizioni svolte al Senato da parte dei rappresentanti del Consiglio nazionale dei commercialisti e di RETE Imprese Italia, i quali hanno ravvisato che la possibilità di concludere il cosiddetto «patto marciano» determini effetti di scarsa tutela nei confronti degli imprenditori eventualmente inadempienti rispetto alle banche. Auspica pertanto che possa compiersi un passo indietro rispetto allo strumento individuato dall'articolo 2, al fine di consentire alle imprese di accedere ai finanziamenti senza correre il rischio di perdere il bene immobile posto a garanzia. Evidenzia, altresì, il rischio che le banche possano optare per una conversione dei finanziamenti e dei mutui già in essere nella diversa tipologia di strumento, per essa come detto più vantaggiosa, configurata dall'articolo 2.
  Ritiene quindi che, in alternativa a tale misura, andrebbe piuttosto studiato un ruolo maggiore dei fondi di garanzia già esistenti per le piccole e medie imprese, concentrando comunque l'attenzione su strumenti volti a facilitare maggiormente l'accesso a forme di garanzia pubblica sui finanziamenti contratti dalle imprese. Nel ribadire come le norme in questione mettano di fatto in ulteriore difficoltà il sistema economico del Paese, rileva conclusivamente che l'attuazione delle medesime potrebbe generare una situazione di scarsa concorrenzialità nel settore degli operatori del mercato immobiliare.

  Giovanni PAGLIA (SI-SEL) osserva preliminarmente come, rispetto alla approfondita discussione svoltasi di recente presso la Commissione Finanze nel corso dell'esame dello schema di decreto legislativo relativo ai contratti di credito ai consumatori concernenti i beni immobili residenziali, l'articolo 2 del decreto-legge di fatto disattenda molte delle soluzioni sulle quali pure si era allora, sia pure faticosamente, trovato un punto di convergenza tra le diverse forze parlamentari. In particolare, fa riferimento alla possibilità, ora contemplata testo del decreto-legge, di applicare retroattivamente le norme sul cosiddetto «patto marciano» anche in relazione ai crediti già in corso, estendendole, nel caso di specie, ai finanziamenti erogati alle imprese. Sottolinea inoltre, quale ulteriore passo indietro, la fissazione al termine di nove mesi dalla scadenza di almeno tre rate del periodo di mancato pagamento oltre il quale si configura l'inadempimento del debitore, laddove nel caso dei mutui immobiliari si era stabilito in 18 rate il termine dal quale si realizza l'inadempimento. Rileva altresì come la possibilità di applicare le norme dell'articolo 2 anche agli scoperti di conto corrente determinerà in generale effetti negativi sul sistema economico nel suo complesso, soprattutto in un momento nel quale le imprese colpite dalla crisi, per sopravvivere alle loro difficoltà, sono costrette a rallentare i pagamenti nei confronti delle banche.
  Reputa quindi che le disposizioni di cui all'articolo 2 vadano a tutto vantaggio dei creditori, che vengono posti nelle condizioni di entrare nella proprietà del bene immobile senza dover attendere i tempi lunghi richiesti dalle ordinarie vie giurisdizionali, e non prevedono alcuna forma Pag. 31di tutela per i debitori. Al riguardo, pur considerando necessario intervenire nella direzione di una seria revisione e ad uno snellimento della procedure giurisdizionali di recupero dei crediti, ora eccessivamente lunghe e farraginose, ritiene che l'accelerazione dei tempi introdotta dalle norme in esame determini un capovolgimento eccessivo della situazione attuale, risolvendosi, come detto, in un vantaggio esclusivo per le banche creditrici che determinerà problemi ancora più gravi.
  Nel sottolineare in conclusione la ratio non equilibrata delle disposizioni in commento, raccomanda l'approvazione dell'emendamento 2.2 a sua prima firma, interamente soppressivo dell'articolo 2 del decreto-legge, il quale non persegue certamente l'interesse del Paese.

  Le Commissioni respingono gli identici emendamenti Pesco 2.1, Paglia 2.2 e Busin 2.3.

  Donatella FERRANTI, presidente, rinvia il seguito dell'esame a una seduta da convocare alle 10,30 di domani.

  La seduta termina alle 20.30.