CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 14 giugno 2016
655.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 60

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 14 giugno 2016. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 15.45.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014; b) Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014.
C. 3458, approvata dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Giuditta PINI (PD), relatrice, rammenta che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione tra Pag. 61il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco del 12 febbraio 1971, fatto a Rabat il 1o aprile 2014, e della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco sul trasferimento delle persone condannate, fatta a Rabat il 1o aprile 2014 (A. C. 3458 Governo), approvato dal Senato.
   Relativamente all'Accordo aggiuntivo alla Convenzione di reciproca assistenza giudiziaria, di esecuzione delle sentenze e di estradizione del 12 febbraio 1971 tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo del Regno del Marocco, segnala che lo stesso modifica alcune disposizioni in materia di estradizione della Convenzione medesima.
  In proposito, ricorda che la Convenzione in questione, è stata ratificata dal nostro Paese ai sensi della legge n. 1043 del 12 dicembre 1973 ed è in vigore a livello internazionale dal 22 maggio 1975. Essa ha durata indeterminata, salvo denuncia con effetto ad un anno. Con l'Accordo in esame, in particolare, vengono disciplinati in maniera più sistematica i presupposti in presenza dei quali l'estradizione può essere concessa, nonché i motivi di rifiuto obbligatori e facoltativi.
  Fa presente che l'Accordo consta di 11 articoli. L'articolo 1 sostituisce l'articolo 31 della Convenzione del 1971 che riguarda i reati che danno luogo all'estradizione. Nella nuova formulazione è previsto che l'estradizione può essere concessa:
   quando la richiesta è formulata per dare corso ad un procedimento penale (estradizione processuale) e il reato è punibile, ai sensi della legge di entrambe le Parti, con una pena detentiva di almeno un anno;
   quando la richiesta è formulata per eseguire una condanna definitiva ad una pena detentiva o ad altro provvedimento restrittivo della libertà personale (estradizione esecutiva) per un reato punibile ai sensi della legge di entrambe le Parti (principio della doppia incriminabilità) e il tempo residuo di esecuzione della pena o del provvedimento restrittivo sia di almeno sei mesi al momento della presentazione della domanda. La disposizione, inoltre, disciplina l'ipotesi in cui la domanda di estradizione concerna più fatti di reato, alcuni dei quali non rispettino i limiti di pena suindicati e l'ipotesi in cui l'estradizione viene richiesta per reati di natura finanziaria. L'articolo 2 inserisce nel testo della Convenzione del 1971, dopo l'articolo 31 da ultimo richiamato, l'articolo 31 Bis. Il nuovo articolo disciplina l'ipotesi in cui l'estradizione venga richiesta per un reato punibile dalla legge dello Stato richiedente con la pena di morte, e dispone che, in caso di estradizione processuale, lo Stato richiedente applicherà la pena prevista per il medesimo reato dalla legge dello Stato richiesto e, in caso di estradizione esecutiva, l'estradizione non sarà concessa, salvo che la pena inflitta dallo Stato richiedente sia sostituita dalla pena massima prevista per lo stesso reato dalla legge dello Stato richiesto. L'articolo 3 sostituisce l'articolo 32 della Convenzione del 1971, e riguarda i motivi di rifiuto obbligatori. La nuova norma, oltre alle ipotesi tradizionalmente previste nei trattati e nelle convenzioni in materia quali amnistia, prescrizione ed esistenza di un giudicato, contempla anche il rifiuto delle domande di estradizione richiesta per reati militari; il rifiuto è previsto, altresì, laddove vi sia fondato motivo di ritenere che la persona richiesta è stata o sarà sottoposta ad un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti minimi di difesa: sul punto, in particolare, è precisato che la circostanza che il procedimento si sia svolto in contumacia non costituisce di per sé motivo di rifiuto dell'estradizione. L'articolo 4 sostituisce l'articolo 33 della Convenzione del 1971, e riguarda i motivi di rifiuto facoltativi. La norma prevede, quali motivi di rifiuto facoltativi, l'ipotesi in cui lo Stato richiesto abbia la anch'esso giurisdizione sul reato per il quale l'estradizione è richiesta ed intenda sottoporre la persona a procedimento penale, nonché l'ipotesi in cui, avuto riguardo all'età, alle condizioni di salute o ad altre condizioni personali della persona richiesta, l'estradizione appare incompatibile con valutazioni di carattere umanitario. Con l'articolo 5 vengono abrogati Pag. 62gli articoli 34 e 35 della Convenzione del 1971 i quali contemplavano alcune ipotesi di ammissibilità ovvero di rifiuto dell'estradizione. Tali ipotesi sono ora disciplinate dagli articoli 31 e 32 della Convenzione medesima come modificati, rispettivamente, dagli articoli 1 e 3 dell'Accordo in esame. Con l'articolo 6 nel testo della Convenzione del 1971 viene inserito l'articolo 36 bis il quale stabilisce che la domanda di estradizione ed i documenti relativi alla procedura devono essere accompagnati dalla traduzione in lingua francese e che gli atti e i documenti sono dispensati da ogni procedura di legalizzazione. L'articolo 7 inserisce l'articolo 38 bis, che riguarda la procedura semplificata di estradizione. La norma consente di prescindere dalle regole di documentazione previste dall'articolo 36 della Convenzione del 1971 in presenza del consenso dell'estradando; tale consenso è valido solo se reso, alla presenza di un difensore, ad un rappresentante del potere giudiziario della Parte richiesta, che deve informare l'estradando dei diritti riconosciutigli dalle disposizioni normative. L'articolo 8 aggiunge il paragrafo 6 all'articolo 42 della Convenzione e ne integra le disposizioni, prevedendo che il periodo di custodia cautelare, anche agli arresti domiciliari, sofferto dall'estradando dalla data dell'arresto a quella della consegna, deve essere computato dallo Stato richiedente ai fini della custodia cautelare nel procedimento penale o della pena da eseguire. L'articolo 9 dell'Accordo sostituisce con due nuovi paragrafi il paragrafo 3 dell'articolo 43 della Convenzione, in materia di differimento della consegna e della consegna temporanea. Le nuove disposizioni oltre a disciplinare in modo più analitico la consegna temporanea, prevedono la possibilità di differire la consegna anche nelle ipotesi in cui, a causa delle condizioni di salute dell'estradando, il trasferimento può porre in pericolo la vita di questi o aggravarne lo stato. Con l'articolo 10 viene sostituito l'articolo 45 della Convenzione del 1971, che disciplina la materia della riestradizione. La norma prevede in generale che senza il consenso dello Stato richiesto lo Stato richiedente non può consegnare ad uno Stato terzo la persona che gli è stata consegnata e che è da questo richiesta per reati commessi anteriormente alla consegna. L'articolo 11, che contiene le clausole finali, dispone l'entrata in vigore dell'Accordo aggiuntivo al 31o giorno successivo allo scambio degli strumenti di ratifica; prevede la possibilità di modifica dell'Accordo per mezzo di accordo scritto tra le due Parti; dispone che l'Accordo aggiuntivo abbia durata illimitata (come d'altronde illimitata è la durata della Convenzione del 1971); stabilisce le modalità di denuncia dell'Accordo, che deve aver forma scritta, con cessazione dell'efficacia trascorsi sei mesi dalla data della ricezione della comunicazione di recesso.
   Relativamente alla Convenzione tra Italia e Marocco sul trasferimento delle persone condannate, segnala che la stessa è finalizzata allo sviluppo della cooperazione bilaterale nel trasferimento nello Stato di cittadinanza dei cittadini detenuti nel territorio dell'altro Stato contraente, in modo che tali soggetti possano scontare la pena comminata nel proprio Paese.
  Fa presente che la Convenzione si compone di un breve preambolo e di 22 articoli, il primo dei quali è dedicato ai chiarimenti terminologici, mentre l'articolo 2, che dispone in tema di obblighi di informazione, stabilisce che ogni persona condannata, alla quale può essere applicata la Convenzione in esame, deve esserne informata dallo Stato di condanna, così come delle conseguenze giuridiche derivanti dal trasferimento e dell'evoluzione del relativo procedimento. L'articolo 3, che enuncia le condizioni per il trasferimento, prevede che il condannato sia cittadino dello Stato ricevente, che gli atti o omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato anche per la legge dello Stato ricevente, che la sentenza sia definitiva, che il condannato debba scontare ancora come minimo un anno di pena privativa della libertà, salvo casi eccezionali, che egli acconsenta al trasferimento, e infine che via sia accordo in merito al singolo provvedimento di trasferimento tra Stato ricevente e Stato trasferente, che potranno non dar corso al Pag. 63trasferimento se lo ritengano pregiudizievole per la sovranità, la sicurezza, l'ordine pubblico dei due Stati interessati, ovvero per i rispettivi principi giuridici fondamentali. L'articolo 4 contempla i casi di rifiuto del trasferimento del condannato da parte di uno dei due Stati contraenti, che si verificano se la richiesta di trasferimento concerne una persona che abbia anche la cittadinanza dello Stato di condanna, se quest'ultimo ritenga che la persona condannata non ha soddisfatto gli obblighi di natura pecuniaria derivanti dalla condanna medesima, ovvero qualora il reato consista unicamente nella violazione di obblighi di carattere militare. Con l'articolo 5 si definiscono i caratteri della pena da scontare nello Stato di esecuzione, la quale corrisponde alla parte di pena che rimane da scontare nello Stato di condanna, e non può in nessun caso superare il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso tipo di reato. Qualora poi la pena inflitta dallo Stato di condanna non sia prevista nel codice penale dello Stato di esecuzione, quest'ultimo procederà a comminare un'altra pena che per natura e durata corrisponderà per quanto possibile a quella inflitta nello Stato di condanna, che tuttavia non potrà essere aggravata. Con l'articolo 6 si stabilisce la cessazione dell'esecuzione della pena da parte dello Stato ricevente non appena informato dallo Stato trasferente di qualsiasi decisione o misura in forza della quale la pena cessa totalmente o parzialmente di essere eseguibile. Peraltro, invece, solo lo Stato di condanna potrà decidere in ordine a ricorsi per la revisione della condanna medesima (articolo 7). È invece facoltà di entrambi gli Stati contraenti della Convenzione in esame la concessione della grazia, dell'amnistia o di altre misure volte a ridurre la pena, in conformità con le rispettive legislazioni (articolo 8). L'articolo 9 contiene anzitutto una clausola di ne bis in idem, in base alla quale nessun condannato trasferito in applicazione della Convenzione in esame potrà essere nuovamente oggetto di procedimento, arresto o detenzione nello Stato di esecuzione per il medesimo reato che aveva dato luogo alla condanna iniziale. Quanto precede non impedisce tuttavia che la persona trasferita possa essere perseguita, detenuta, giudicata e condannata nello Stato di esecuzione per fatti diversi e anteriori a quelli da cui è scaturita la condanna iniziale, purché quei fatti siano sanzionati penalmente dalla legislazione dello Stato di esecuzione. Per quanto concerne i reati puniti con la pena di morte, lo Stato di esecuzione applicherà la pena prevista dalla legge dello Stato di condanna. Ai sensi dell'articolo 13 il consenso al trasferimento da parte della persona interessata dovrà essere volontario ed informato, e lo Stato di esecuzione sarà posto in condizione di verificare adeguatamente la correttezza della relativa procedura. Le richieste di trasferimento, da formulare per iscritto,- in proposito l'articolo 12 riporta dettagliatamente i documenti da accludere alla richiesta – possono essere presentate dalla persona interessata, ma anche dallo Stato di condanna o dallo Stato di esecuzione (articolo 11). Le autorità competenti per ricevere la documentazione riguardante l'applicazione della Convenzione in esame sono il Ministero della giustizia per l'Italia e la Delegazione generale dell'amministrazione penitenziaria e del reinserimento per il Marocco. L'accettazione o il rifiuto del trasferimento richiesto dovranno nel più breve tempo possibile essere resi noti alle autorità dello Stato richiedente (articolo 14). Gli atti e documenti correlati alle domande di trasferimento ai sensi della Convenzione in esame sono esenti da legalizzazione (articolo 16): essi verranno redatti nella lingua dello Stato richiedente, e tradotti in francese (articolo 15). Gli articoli 17-19 riguardano le modalità della consegna della persona trasferita ai sensi della Convenzione in esame: è previsto che lo Stato di esecuzione fornisca la scorta per il trasferimento e, di norma, che sopporti tutte le spese relative. È prevista altresì la possibilità del transito della persona interessata, ai fini della consegna allo Stato di esecuzione, nel territorio di uno Stato terzo che abbia in vigore con uno dei due Stati firmatari della Convenzione in Pag. 64esame un accordo per il trasferimento di persone condannate: il transito è possibile – salvo il trasferimento per via aerea – previa autorizzazione dello Stato interessato, ma può essere rifiutato se il condannato sia un cittadino dello Stato di transito, o se il fatto per il quale è stata inflitta la pena non costituisca reato ai sensi della legislazione di detto Stato. Ai sensi dell'articolo 20 la Convenzione è applicabile all'esecuzione di condanne inflitte sia prima sia dopo l'entrata in vigore di essa. Eventuali controversie sull'interpretazione o applicazione della Convenzione in esame potranno essere risolte per via diplomatica (articolo 21). L'articolo 23, infine, detta le disposizioni finali della Convenzione, che ha durata illimitata, ma potrà essere denunciata da ciascuna delle Parti in qualsiasi momento mediante notifica scritta indirizzata all'altra Parte, con effetto sei mesi dopo la data di ricevimento della stessa.
  Quanto al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, segnala che lo stesso si compone di quattro articoli. I primi due recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione. L'articolo 3 reca la copertura finanziaria. L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Ciò premesso, propone di esprimere parere favorevole sul provvedimento in discussione.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta della relatrice.

Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi.
C. 3209, approvata dal Senato.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Franco VAZIO (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, la proposta di legge A.C. 3209, approvata in prima lettura al Senato (A.S. 1259), che reca una delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi, al fine di favorire l'accesso al credito per le piccole e medie imprese (PMI) e per i liberi professionisti.
  Segnala che la proposta di legge si compone di un unico articolo.
  In particolare, osserva che il comma 1 dell'articolo 1 contiene la delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del provvedimento, uno o più decreti legislativi per la riforma della normativa in materia di confidi, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
   rafforzamento della patrimonializzazione dei confidi e favorire la raccolta di risorse pubbliche, private e del terzo settore;
   disciplina delle modalità di contribuzione degli enti pubblici finalizzate alla patrimonializzazione dei confidi anche nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, stabilendo altresì il divieto di previsione di vincoli territoriali che possano pregiudicare l'accesso di confidi nuovi o attivi in altri territori;
   razionalizzazione e valorizzazione delle attività svolte dai soggetti operanti nella filiera della garanzia e della controgaranzia, con l'obiettivo di rendere più efficiente l'utilizzo delle risorse pubbliche e favorire la sinergia tra il Fondo centrale di garanzia e i confidi;
   potenziamento dei servizi a favore delle PMI, attraverso lo sviluppo, nell'ambito delle finalità tipiche dei confidi, di strumenti innovativi, forme di garanzia e servizi, anche di carattere non finanziario. Si fa comunque espresso divieto ai confidi di trattare derivati e strumenti finanziari complessi;
   semplificazione e la razionalizzazione degli adempimenti a carico dei confidi, con un correlato contenimento dei costi. Si Pag. 65prevede, inoltre, di eliminare le duplicazioni di attività già svolte da banche o da altri intermediari finanziari ovvero quelle relative alle procedure di accesso al Fondo centrale di garanzia per le PMI;
   rafforzamento dei criteri di proporzionalità e specificità già previsti dall'articolo 108, comma 6, del TUB e la loro estensione all'intera normativa in materia di confidi;
   previsione di misure volte ad assicurare una maggiore tutela al carattere accessorio della garanzia rilasciata dai confidi rispetto all’ operazione di finanziamento principale;
   introduzione di specifici criteri di misurazione dell'impatto generato dalla garanzia nel mercato finanziario, soprattutto con riferimento alla valutazione di efficacia degli interventi pubblici connessi al sistema nel suo complesso.

  Evidenzia, inoltre, che il comma 2 dell'articolo 1 della proposta di legge reca i passaggi procedurali per l'approvazione dei decreti legislativi. Nello specifico, gli schemi dei decreti, corredati di relazione tecnica, devono essere trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Le Commissioni possono richiedere al Presidente della rispettiva Camera di prorogare di trenta giorni il termine per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia. Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri parlamentari, o quello eventualmente prorogato, il decreto legislativo può essere comunque adottato. Il Governo, qualora non intenda conformarsi al parere parlamentare, trasmette nuovamente il testo alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione, perché su di esso sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, entro trenta giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, il decreto legislativo può comunque essere adottato in via definitiva.
  Rileva, infine, che il comma 3 della proposta di legge in titolo contiene la clausola di neutralità finanziaria.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.55.

SEDE REFERENTE

  Martedì 14 giugno 2016. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 15.55.

Introduzione nel codice penale del reato di frode in processo penale e depistaggio.
C. 559-B, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Donatella FERRANTI, presidente, in sostituzione dell'onorevole Verini, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, fa presente che la Commissione giustizia si trova oggi ad esaminare in seconda lettura il provvedimento volto ad introdurre nell'ordinamento il reato di depistaggio, che era stato approvato dalla Camera il 24 settembre 2014.
  Trattandosi di un esame limitato alle sole parti modificate dal Senato, segnala che si limiterà a ricordare solo le motivazioni a sostegno del testo, che rimandano ai momenti più bui della storia della nostra democrazia: mi riferisco, in particolare, alla strage di Piazza Fontana, di Piazza della Loggia, della stazione di Bologna, Pag. 66di Ustica, del caso Moro, alle stragi mafiose degli anni Novanta. Evidenzia, infatti, che le ricostruzioni giudiziaria di tutte queste tragedie sono state estraneamente difficoltose anche a causa del comportamento di infedeli appartenenti alle strutture dello Stato che hanno ostacolato l'accertamento della verità, potendosi dire che ci si è scontrati con un «muro di gomma».
  Rammenta che il testo trasmesso dal Senato risulta dall'approvazione di un testo unificato composto dal testo approvato dalla Camera e da un provvedimento di iniziativa parlamentare. Rispetto al testo già approvato dalla Camera, il Senato, tornando all'impostazione originaria della proposta originaria C. 559, ha previsto che il reato possa essere commesso solo dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio (c.d. reato proprio), ha elevato le pene edittali ed ha introdotto nuove circostanze aggravanti e attenuanti.
  Segnala che il provvedimento si compone di tre articoli. L'articolo 1, comma 1, sostituisce l'articolo 375 del codice penale (attualmente relativo alle circostanze aggravanti dei delitti di falsità processuale) per punire con la reclusione da 3 a 8 anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che compia una delle seguenti azioni, finalizzata ad impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale: mutare artificiosamente il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone connessi al reato; affermare il falso o negare il vero ovvero tacere in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, ove richiesto dall'autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale. La norma ha carattere sussidiario, essendo applicabile solo quando il fatto non presenti gli estremi di un più grave reato (primo comma). Si tratta di un reato proprio, in quanto soggetto attivo può essere solo un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio; nel testo approvato dalla Camera, invece, il reato era comune ( «chiunque») e la commissione da parte del pubblico ufficiale determinava l'applicazione di un'aggravante. L'elemento soggettivo è il dolo specifico, perché oltre alla coscienza e volontà della condotta occorre il fine di «impedire, ostacolare o sviare un'indagine». La pena da applicare è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento (secondo comma). Si applica la pena della reclusione da 6 a 12 anni se il fatto è commesso in relazione a procedimenti penali relativi ad alcuni specifici reati (terzo comma). La pena è diminuita dalla metà a due terzi se l'autore del fatto si adopera per: ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove; evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori; aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori (quarto comma). Quando le circostanze aggravanti (secondo e terzo comma) concorrono con circostanze attenuanti – diverse da quelle previste dal quarto comma e dagli articoli 98 e 114 c.p. (minore età e minima importanza nella partecipazione ai fatti, in caso di concorso) – le attenuanti non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto alle prime e le diminuzioni di pena si applicano sulla quantità di pena risultante dall'aumento derivante dalle aggravanti (quinto comma). Il sesto comma del nuovo articolo 375 c.p. prevede che alla condanna per il delitto di frode in processo penale e depistaggio consegua, in caso di reclusione superiore a 3 anni, la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Si ricorda che, in base all'articolo 29 c.p.: la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici; la condanna alla reclusione non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per Pag. 67cinque anni. Infine, la disposizione a seguito delle modifiche approvate dal Senato afferma l'applicabilità della fattispecie penale anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio siano cessati dall'ufficio o dal servizio (settimo comma). Viene esclusa la punibilità se il fatto è commesso con riferimento ad un reato procedibile a querela, richiesta o istanza e questa non è stata presentata (ottavo comma). È affermata l'applicabilità della fattispecie penale anche quando la frode o il depistaggio attengono alle indagini e ai processi della Corte penale internazionale, in ordine ai crimini definiti dallo Statuto della Corte medesima (nono comma).
  Fa presente che l'articolo 1, comma 2, interviene sul primo comma dell'articolo 374 del codice penale e innalza a 1 anno (nel minimo) e a 5 anni (nel massimo) la pena della reclusione per chi si rende responsabile del reato di frode processuale nell'ambito di un procedimento civile o amministrativo, e cioè per colui il quale – nell'ambito di tale procedimento – al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nell'esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone. La pena attualmente prevista per tale fattispecie delittuosa è da 6 mesi a tre anni. Il provvedimento approvato dal Senato non interviene sul secondo comma dell'articolo 374, relativo alla frode nel processo penale. Si tratta della disposizione che punisce con la medesima pena detentiva prevista dal comma primo (attualmente «da 6 mesi a 3 anni», in seguito alla modifica apportata dal disegno di legge « da 1 a 5 anni») chiunque commette la frode nel corso di un procedimento penale anche davanti alla Corte penale internazionale. Il testo approvato dalla Camera abrogava questa disposizione in quanto ricompresa nel delitto di inquinamento processuale e depistaggio, delitto che poteva essere commesso da chiunque. La scelta del Senato di costruire il depistaggio come reato proprio del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di pubblico servizio) consente la contemporanea vigenza dell'articolo 374, secondo comma, che dà rilievo penale alle condotte di frode processuale commesse da coloro che non sono pubblici ufficiali.
  Osserva che l'articolo 1, comma 3, inserisce nel codice penale l'articolo 383-bis e vi colloca le circostanze che aggravano non solo il depistaggio, ma anche alcuni altri delitti contro l'amministrazione della giustizia, riprendendo l'attuale formulazione dell'articolo 375 del codice penale. Il Senato è intervenuto su questa disposizione per innalzare le pene. In particolare, quando la commissione dei delitti di false informazioni al PM (articolo 371-bis), false dichiarazioni al difensore (articolo 371-ter), falsa testimonianza (articolo 372), falsa perizia o interpretazione (articolo 373), frode processuale (articolo 374) e frode in processo penale e depistaggio (nuovo articolo 375) comporta una sentenza di condanna alla reclusione (evidentemente a danno di un terzo), il legislatore prevede un aggravio di pena per colui che ha ostacolato l'amministrazione della giustizia. La pena da applicare è così determinata: reclusione da 4 a 10 anni (anziché da 3 a 8 anni, come previsto dal testo già approvato dalla Camera dei deputati), se la condanna derivata dalla falsità, dalla frode o dal depistaggio è alla reclusione fino a 5 anni; reclusione da 6 a 14 anni (anziché da 4 a 12 anni, come previsto dal testo già approvato dalla Camera dei deputati), se la condanna derivata dalla falsità, dalla frode o dal depistaggio è alla reclusione superiore a 5 anni; reclusione da 8 a 20 anni (anziché da 6 a 20 anni, come previsto dal testo già approvato dalla Camera dei deputati), se la condanna derivata dalla falsità, dalla frode o dal depistaggio è all'ergastolo.
  Evidenzia che l'articolo 1, comma 4, modifica la disciplina della prescrizione del reato prevedendo il raddoppio dei termini di prescrizione per il delitto di frode in processo penale e depistaggio aggravato, di cui al terzo comma dell'articolo 375 c.p.
  Rammenta che il Senato ha, inoltre, soppresso la modifica – prevista dal testo Pag. 68della Camera – dell'articolo 384, primo comma, c.p., volta ad aggiungere il reato di inquinamento processuale e depistaggio alle fattispecie cui sono riferibili i casi di non punibilità.
  Fa presente che l'articolo 2 della proposta di legge, introdotto dal Senato, inserisce nel codice penale il nuovo articolo 384-ter (Circostanze speciali). La nuova disposizione prevede che, nel caso in cui i delitti di false informazioni al PM (articolo 371-bis), di falsa testimonianza (articolo 372), di frode processuale (articolo 374) e di favoreggiamento personale (articolo 378) siano commessi al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale in relazione ad alcuni specifici delitti (gli stessi delitti che sono richiamati nel terzo comma del nuovo articolo 375, cui si rinvia), la pena è aumentata dalla metà a due terzi e non opera la sospensione prevista nei casi di false informazioni al p.m. o al difensore.
  Analogamente a quanto previsto dall'articolo 375 c.p., osserva che anche in questi casi la pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori. Si tratta pertanto di una circostanza speciale, con una riduzione di pena maggiore rispetto alla analoga circostanza attenuante comune prevista dall'articolo 62, primo comma, n. 6), c.p.
  Infine, segnala che l'articolo 3, anch'esso introdotto dal Senato, modifica l'articolo 376 c.p., per affermare anche in relazione al nuovo delitto di frode in processo penale e depistaggio la non punibilità del colpevole che entro la chiusura del dibattimento ritratti il falso e manifesti il vero.
  Ciò premesso, onde consentire la rapida approvazione del provvedimento, ampiamente condiviso da tutti i gruppi parlamentari, propone che sia fissato a breve il termine per la presentazione di eventuali proposte emendative.

  Giulia SARTI (M5S), pur condividendo i contenuti della proposta di legge in discussione, osserva come l'impianto della stessa sia stato sostanzialmente modificato rispetto a quello definito dalla Camera nel corso della prima lettura. Per tali ragioni, a nome del suo gruppo, preannuncia la presentazione di alcune proposte emendative volte ad introdurre nel testo elementi migliorativi, chiedendo che il relativo termine sia fissato non prima della fine della corrente settimana.

  Donatella FERRANTI, presidente, nel prendere atto della richiesta della collega Sarti, fissa il termine per la presentazione degli emendamenti al provvedimento in titolo alle ore 18 di lunedì 20 giugno prossimo. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di furto di materiale appartenente a infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici.
C. 2664 Lauricella.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 25 maggio 2015.

  Donatella FERRANTI, presidente, comunica che sono stati presentati 15 emendamenti al provvedimento in discussione (vedi allegato 1).

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate, ad eccezione dell'emendamento Ferraresi 1.10, sul quale esprime, invece, parere favorevole, purché riformulato nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2). Raccomanda, Pag. 69inoltre, l'approvazione dell'emendamento a sua firma 1.1.

  Il sottosegretario Cosimo Maria FERRI esprime parere conforme a quello del relatore, fatta eccezione per l'emendamento 1.1 del relatore medesimo, sul quale esprime parere favorevole a condizione che sia riformulato nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Giuseppe BERRETTA (PD), relatore, accetta la riformulazione del suo emendamento testé proposta dal rappresentante del Governo.

  Vittorio FERRARESI (M5S), nell'accettare la riformulazione del suo emendamento 1.10 proposta dal relatore, evidenzia, tuttavia, come quello in discussione sia un provvedimento sul quale tanto l'Unione delle Camere penali, quanto l'Associazione nazionale magistrati, hanno manifestato rilevanti perplessità, a suo avviso condivisibili. A suo giudizio, infatti, la proposta di legge, introducendo una fattispecie di reato autonoma rispetto a quella di furto, è del tutto inutile, oltre che ultronea sul piano normativo. Netta contrarietà esprime, inoltre, sia in ordine alla prevista attribuzione del reato in questione alla competenza delle Direzione distrettuali antimafia (attraverso l'integrazione dell'articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale), sia in merito alla disposizione con la quale si attribuisce alle predette direzioni distrettuali la competenza nelle ipotesi associative finalizzate al furto di rame. Sottolinea, infatti, che tali norme finirebbero, di fatto, con il distogliere le direzioni distrettuali antimafia da compiti ben più impegnativi rispetto ad indagini relative a fatti isolati e di scarso allarme sociale.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

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