CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 maggio 2016
643.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 17 maggio 2016. — Presidenza del presidente Maurizio BERNARDO. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Enrico Zanetti.

  La seduta comincia alle 13.35.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Turkmenistan sullo scambio di informazioni in materia fiscale.
C. 3462 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 12 maggio scorso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, ricorda che il relatore, Barbanti, nella precedente seduta di esame ha illustrato il contenuto del provvedimento, formulando quindi una proposta di parere favorevole con alcune premesse (vedi allegato), la quale è stata trasmessa informalmente via e-mail a tutti i componenti della Commissione nella serata di ieri.

  Sebastiano BARBANTI (PD), relatore, auspica che la Commissione possa procedere all'espressione del parere sul provvedimento nel corso della seduta odierna.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

DL 42/2016: Disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca.
C. 3822 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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  Silvia FREGOLENT (PD), relatrice, rileva come la Commissione Finanze sia chiamata a esaminare, ai fini del parere alla VII Commissione Cultura, il disegno di legge C. 3822, approvato in prima lettura dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 42 del 2016, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca.
  Ricorda preliminarmente che, a fronte degli originari quattro articoli – relativi al sistema scolastico e alla formazione superiore, nonché alla ricerca – oltre ad una modifica all'articolo 1, durante l'esame al Senato sono stati inseriti ulteriori undici articoli (gli articoli da 1-bis a 1-septies e da 2-bis a 2-sexies).
  Ulteriori integrazioni sono state apportate anche al disegno di legge di conversione.
  L'articolo 1, comma 2, lettera a), del disegno di legge di conversione, introdotto durante l'esame al Senato, interviene sulla delega in materia di riordino del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, recata dall'articolo 1, comma 180 e 181, lettera b), della legge n. 107 del 2015, con riferimento al criterio direttivo relativo alla determinazione degli standard nazionali per la valutazione.
  In particolare, adeguando terminologicamente il criterio direttivo indicato, recato dal punto 3.2) della citata lettera b), alla terminologia indicata negli altri criteri direttivi, riferisce la determinazione degli standard nazionali per la valutazione – oltre che al conseguimento del diploma di specializzazione – al periodo di tirocinio (e non di apprendistato).
  La lettera b), dell'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione, anch'esso introdotto durante l'esame al Senato, interviene sulla delega in materia di istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni (di cui all'articolo 1, comma 180 e 181, lettera e), della legge n. 107 del 2015), costituito dai servizi educativi per l'infanzia e dalle scuole dell'infanzia, e finalizzato, in particolare, a garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali. La modifica è volta a introdurre nei principi di delega la definizione dei fabbisogni standard (e non più dei livelli essenziali) delle prestazioni della scuola dell'infanzia e dei servizi educativi per l'infanzia previsti dal Nomenclatore interregionale degli interventi e dei servizi sociali (che contiene le prestazioni socio-assistenziali e ad integrazione socio-sanitaria dei comuni singoli e associati, diffuse sul territorio nazionale).
  Passando al contenuto del decreto – legge, illustra l'articolo 1, il quale, modificato durante l'esame al Senato, stanzia ulteriori risorse, pari a 64 milioni, per la prosecuzione dal 1o aprile al 30 novembre 2016 del piano straordinario per il ripristino del decoro e della funzionalità degli edifici scolastici (cosiddetto programma #scuole belle). In tale contesto il comma 2 reca nuove disposizioni sia per l'effettuazione dei relativi interventi sia per lo svolgimento dei servizi di pulizia e ausiliari negli stessi edifici.
  L'articolo 1-bis, introdotto durante l'esame al Senato, estende, anzitutto, all'anno scolastico 2016/2017 e ai docenti assunti a tempo indeterminato entro l'anno scolastico 2015/2016 (dunque, anche a quanti sono stati assunti in base al piano straordinario di cui all'articolo 1, commi 95 e seguenti, della legge n. 107 del 2015) la possibilità di richiedere l'assegnazione provvisoria interprovinciale, anche in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia.
  Inoltre la norma dispone che per l'anno scolastico 2016/2017 l'assegnazione provvisoria interprovinciale può essere richiesta, oltre che sui posti dell'organico dell'autonomia, anche sul contingente annuale di posti non facenti parte dell'organico dell'autonomia (né disponibili), costituito, a decorrere dallo stesso anno scolastico 2016/2017, ai sensi dell'articolo 1, comma 69, della medesima legge n. 107 del 2015, per far fronte ad esigenze di personale ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia.Pag. 50
  Passa quindi a illustrare l'articolo 1-ter, anch'esso introdotto durante l'esame al Senato, il quale prevede una deroga, per l'anno scolastico 2016/2017, alla disciplina che stabilisce il termine per le assunzioni a tempo indeterminato del personale docente della scuola statale – a regime fissato al 31 agosto di ciascun anno – prorogandolo al 15 settembre 2016, e dispone che la decorrenza economica del contratto di lavoro consegue alla presa di servizio. Conseguentemente, la disposizione fissa alla medesima data del 15 settembre 2016 il termine per l'espletamento delle funzioni connesse all'avvio dell'anno scolastico e alla nomina del personale docente attribuite ai dirigenti territorialmente competenti del MIUR.
  L'articolo 1-quater, a sua volta introdotto durante l'esame al Senato, dispone che, fino all'approvazione delle graduatorie, relative alla scuola dell'infanzia, del concorso bandito ai sensi dell'articolo 1, comma 114, della legge n. 107 del 2015, i soggetti ancora inseriti nelle graduatorie di merito del precedente concorso, sempre relative alla scuola dell'infanzia, possono essere assunti in regioni diverse da quella per cui hanno concorso, e inseriti nei ruoli regionali di cui all'articolo 1, comma 66, della medesima legge n. 107 del 2015. Rileva come si tratti di coloro che non sono stati assunti, per incapienza dei posti, in base al piano straordinario di assunzioni di cui alla stessa legge. I soggetti che non accettano la proposta di assunzione – avendo presentato domanda – sono definitivamente espunti dalle rispettive graduatorie di merito e ad esaurimento, e, comunque, all'esito di tali procedure, le graduatorie di merito del concorso del 2012 sono soppresse, anche in caso di incompleto assorbimento dei soggetti ivi inseriti.
  L'articolo 1-quinquies, introdotto durante l'esame presso l'altro ramo del Parlamento, prevede, anzitutto, a decorrere dal 2017, la corresponsione di un contributo per le scuole paritarie in proporzione agli alunni con disabilità frequentanti, nel limite di spesa di 12,2 milioni di euro annui a valere sul «Fondo «La Buona Scuola» per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica». In tale contesto è previsto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca accerti annualmente il rispetto dei requisiti previsti a tal fine.
  L'articolo 1-sexies, inserito dal Senato, intende garantire il tempestivo pagamento delle somme spettanti al personale della scuola (docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario-ATA) per incarichi di supplenza breve e saltuaria, ferme restando le previsioni normative in materia di limiti di spesa e quelle volte a limitare il ricorso a tali incarichi.
  Al fine di assicurare un'efficiente e corretta gestione del personale supplente, il comma 2 prevede l'attribuzione di un codice identificativo univoco al personale docente e ATA destinatario di incarichi di supplenza breve e saltuaria, che rimane invariato lungo tutta la vita lavorativa, fino all'eventuale immissione in ruolo. La norma garantisce altresì la corrispondenza fra il codice e le partite stipendiali.
  L'articolo 1-septies, introdotto durante l'esame al Senato, interviene sulla disciplina relativa all'ordinamento professionale dei periti industriali, in particolare innalzando alla laurea il titolo di studio richiesto per l'accesso alla professione – pur con alcune previsioni transitorie di salvaguardia – e sopprimendo i requisiti previsti per la partecipazione all'esame di Stato relativi al periodo di pratica e/o formazione professionale.
  Passa quindi a illustrare l'articolo 2, non modificato dal Senato, il quale individua le risorse finanziarie necessarie per la stabilizzazione della Scuola sperimentale di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute (GSSI), conseguentemente abrogando le previsioni relative alla proroga dell'operatività della medesima Scuola per il triennio accademico 2016-2018, recate dal decreto-legge n. 210 del 2015.
  La disposizione reca, inoltre, disposizioni in materia di reclutamento della medesima Scuola.
  L'articolo 2-bis, introdotto durante l'esame al Senato, prevede che, nelle more di Pag. 51una definizione organica della materia, le scuole di specializzazione per veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi sono attivate in deroga alle disposizioni che prevedono la rilevazione annuale del fabbisogno, disposta anche ai fini della ripartizione delle borse di studio.
  L'articolo 2-ter, anch'esso introdotto durante l'esame al Senato, diminuisce il limite minimo dei crediti formativi universitari (CFU) da riconoscere, a conclusione dei percorsi realizzati dagli Istituti tecnici superiori (ITS), agli studenti che intendono iscriversi ad un corso universitario.
  L'articolo 2-quater, inserito l'altro ramo del Parlamento, prevede la ridefinizione dei compensi per i componenti delle commissioni esaminatrici dei concorsi banditi a seguito dell'articolo 1, comma 114, della legge n. 107 del 2015, al fine di incrementarli. La norma costituisce un intervento circoscritto alla procedura concorsuale in atto, ferme restando le previsioni generali.
  L'articolo 2-quinquies, a sua volta introdotto durante l'esame al Senato, estende a tutti i residenti in Italia che compiono 18 anni nel 2016 – dunque, anche a soggetti cittadini di paesi extra Unione Europea, in possesso, ove previsto, del permesso di soggiorno in corso di validità – l'assegnazione della card per acquisti culturali istituita dalla legge di stabilità 2016.
  Per quanto riguarda le disposizioni che interessano gli ambiti competenza della Commissione Finanze richiama l'articolo 2-sexies, anch'esso inserito dall'altro ramo del Parlamento, il quale introduce transitoriamente, fino alla modifica del relativo regolamento, una nuova modalità di calcolo dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) relativo ai nuclei familiari con componenti con disabilità, anche ai fini del riconoscimento di prestazioni scolastiche agevolate, in attesa dell'adozione delle modifiche al regolamento vigente volte a recepire le recenti sentenze del Consiglio di Stato. Per tali soggetti, il calcolo è effettuato escludendo, dal reddito disponibile ai fini ISEE, tutti i trattamenti della pubblica amministrazione già esenti dalla tassazione ai fini IRPEF, percepiti in ragione della condizione di disabilità, e prevedendo un unico parametro di maggiorazione della scala di equivalenza con riferimento alle spese e alle franchigie per i soggetti disabili o non autosufficienti, indipendentemente dalla loro età anagrafica.
  In merito ricorda che l'ISEE, istituito dal decreto legislativo n. 109 del 1998, è un indicatore utilizzato per confrontare, mediante apposite scale di equivalenza volte a misurare forfettariamente le differenti condizioni soggettive, la situazione economica del nucleo familiare del soggetto che richiede prestazioni sociali agevolate. Tale indicatore è calcolato sulla base di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e vale annualmente per tutti i membri del nucleo e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi. Una prima revisione delle modalità di determinazione e dei campi di applicazione dell'ISEE è stata attuata con il D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, ai sensi dall'articolo 5 del decreto legge n. 201 del 2011 (cosiddetto decreto – legge «Salva Italia»), prevedendo l'utilizzo dell'indicatore da parte degli enti erogatori delle prestazioni (quali Comuni, INPS, Università, ecc.), chiamati ad adeguare i loro regolamenti alle nuove soglie. In particolare, il calcolo del nuovo ISEE prevede, tra l'altro, l'inclusione dei redditi esenti da tassazione IRPEF, compresi tutti i trasferimenti monetari ottenuti dalla pubblica amministrazione, quali assegni al nucleo familiare, pensioni di invalidità, assegno sociale, indennità di accompagnamento, ecc. Inoltre, per quanto riguarda la disabilità, vengono introdotte tre distinte classi – disabilità media, grave e non autosufficienza – e franchigie che corrispondono a diversi trattamenti economici. Il Decreto 7 novembre 2014, di approvazione del modello tipo della DSU, dell'attestazione e delle relative istruzioni per la compilazione, ha reso pienamente operative le nuove modalità di calcolo dell'ISEE a partire dal 1o gennaio 2015.
  Al riguardo rammenta che, con le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, Pag. 52nn. 00841, 00842 e 00838 del 29 febbraio 2016, sono state confermate tre analoghe sentenze del TAR del Lazio dell'11 febbraio 2015 (rispettivamente le sentenze del TAR nn. 2454, 2458 e 2459), che avevano parzialmente accolto altrettanti ricorsi con l'effetto, in estrema sintesi, di:
   escludere dal computo dell'Indicatore della situazione reddituale i «trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche» ai sensi dell'articolo 4, comma 2 lettera f) del regolamento ISEE (DPCM n. 159 del 2013), vale a dire tutte le pensioni, assegni, indennità per minorazioni civili, assegni sociali, indennità per invalidità sul lavoro, assegni di cura, contributi vita indipendente ecc.;
   annullare il decreto nella parte in cui prevede un incremento delle franchigie per i soli minorenni (articolo 4, lettera d), nn.1, 2, 3) del DPCM n. 159 del 2013), vale a dire le franchigie forfettarie differenziate nel seguente modo: 1) per ciascuna persona con disabilità media, 4.000 euro, incrementate a 5.500 se minorenne; 2) per ciascuna persona con disabilità grave, 5.500 euro, incrementate a 7.500 se minorenne; 3) per ciascuna persona non autosufficiente, 7.000 euro, incrementate a 9.500 se minorenne.

  In tale contesto le norme dell'articolo 2-sexies hanno l'obiettivo (connotato da carattere di urgenza) di porre un rimedio transitorio alla situazione di incertezza applicativa della disciplina ai fini ISEE, a seguito delle citate sentenze, che determinerebbe un aumento potenziale del contenzioso tra enti erogatori e utenti, nell'applicazione del regolamento, attualmente vigente, riguardante l'ISEE.
  Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo 2-sexies prevede, anche ai fini del riconoscimento delle prestazioni scolastiche agevolate, due specifiche modifiche al regime applicativo del calcolo dell'ISEE, nel caso di componenti del nucleo familiare con disabilità o non autosufficienti, come definite dall'Allegato 3 del medesimo decreto; ciò nelle more dell'adozione delle modifiche al citato DPCM n.159 del 2013 per effetto delle sopra citate sentenze del Consiglio di Stato:
   alla lettera a) si prevede l'esclusione dal reddito disponibile, definito in base ai criteri di selezione e differenziazione disposti dall'articolo 5 del decreto-legge n. 201 del 2011, dei trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo trasferiti da amministrazioni pubbliche a soggetti in condizioni di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini IRPEF, e pertanto già esenti;
   alla lettera b) si prevede l'applicazione di un'unica maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza di cui all'allegato 1 del citato DPCM n. 159 per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente, in sostituzione delle riduzioni, dalla somma dei redditi del nucleo familiare e fino a concorrenza degli importi, delle specifiche spese o franchigie individuate ai sensi dell'articolo 4, comma 4, lettere b), c) e d) del medesimo DPCM.

  Queste ultime voci fanno riferimento a spese documentate, sostenute per collaboratori domestici e addetti all'assistenza personale di persone non autosufficienti (lettera b) o, in alternativa, spese di ricovero presso strutture residenziali nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria (lettera c); dalla somma dei redditi dei componenti il nucleo, possono essere alternativamente sottratte, fino a concorrenza, le franchigie indicate alla lettera d).
  Il comma 2 dell'articolo 2-sexies detta modalità operative di calcolo dell'ISEE per gli enti erogatori dei trattamenti di cui alla lettera a) del comma 1 (trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse le carte di debito), nel caso in cui gli stessi sono percepiti dai soggetti beneficiari per ragioni diverse dalla condizione di disabilità. In tali casi, anche con riferimento a prestazioni per il diritto allo studio universitario, i trattamenti restano Pag. 53inclusi nel reddito disponibile del soggetto che richiede le prestazioni agevolate, non modificando la disciplina prevista dal regolamento attualmente vigente. Tuttavia, gli enti erogatori, ai fini dell'accertamento dei requisiti economici soggettivi per il mantenimento dei benefici, sottraggono dal valore dell'ISEE l'ammontare del trattamento percepito dal beneficiario, eventualmente valorizzato nell'indicatore stesso, rapportato al corrispondente parametro della scala di equivalenza.
  Questa modalità di calcolo, infatti, permette di differenziare, ancorché in misura forfettaria, le diverse situazioni soggettive dei beneficiari, chiarendo alcuni dubbi interpretativi sulla valutazione dei requisiti economici soggettivi. I trattamenti in questione sono riferibili a pensioni, indennità, assegni sociali, ovvero a borse di studio universitarie, percepiti in virtù di soglie di reddito basse e pertanto, la ratio della norma appare essere quella di differenziare adeguatamente situazioni di maggiore povertà o indigenza.
  Il comma 3 prevede l'emanazione, da parte degli enti che disciplinano l'erogazione delle prestazioni sociali agevolate, entro 30 giorni dalla data di conversione del decreto-legge, di atti, anche normativi, necessari all'erogazione delle nuove prestazioni previste dalle norme dell'articolo, nel rispetto degli equilibri di bilancio programmati. La disposizione fa salve, fino alla predetta data, le prestazioni sociali agevolate in corso di erogazione calcolate sulla base delle disposizioni del DPCM n. 159 del 2013.
  Il comma 4 indica il termine di efficacia delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, stabilito 45 giorni dopo la pubblicazione delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di DSU (dichiarazione sostitutiva unica), che riguarda le informazioni necessarie per determinare l'Indicatore, in attuazione delle nuove modifiche al DPCM previste al medesimo comma 1.
  Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri per il bilancio dello Stato determinati dall'articolo, stimati, considerando la stima degli effetti onerosi dovuti al numero dei beneficiari per i quali si produce un diritto soggettivo alle prestazioni, in 300.000 euro annui, a decorrere dal 2016, con riferimento all'assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori e in 700.000 euro annui con riferimento all'assegno di maternità di base. L'onere complessivo è pertanto pari a 1 milione di euro annui, a cui si provvede con corrispondente riduzione del Fondo nazionale per le politiche sociali.
  Il comma 6 stabilisce che, fermo restando il comma 5, le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti derivanti dall'articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali a legislazione vigente.
  L'articolo 4 dispone l'immediata entrata in vigore del decreto-legge, il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche alla disciplina in materia di contributi universitari.
C. 1159 e abb.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Sara MORETTO (PD), relatrice, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini del parere alla VII Commissione Cultura, la proposta di legge C. 1159 Vacca (M5S), recante modifiche alla disciplina in materia di contributi universitari, cui è abbinata la proposta di legge C. 2386 Ghizzoni.
  Fa presente in primo luogo come l'avvio della discussione in Assemblea sulla proposta di legge sia prevista partire dal Pag. 54lunedì 23 maggio prossimo, ma come la Commissione Cultura, competente in sede referente, stia ancora precedendo in sede di Comitato ristretto, e non abbia ancora definito in che termini proseguire l'esame su di esso, eventualmente giungendo all'adozione di un nuovo testo, ovvero procedendo al disabbinamento della proposta di legge C. 2386.
  Passando quindi al contenuto della proposta di legge C. 1159, la quale si compone di 2 articoli, rileva come essa intenda modificare la disciplina dei contributi pagati dagli studenti universitari che, recata principalmente dal regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997, è stata di recente modificata con l'articolo 7, comma 42, del decreto-legge n. 95 del 2012.
  La proposta prevede inoltre penalizzazioni per le università che superano il limite del rapporto tra ammontare della contribuzione studentesca e importo del Fondo di finanziamento ordinario delle università, intervenendo altresì in materia di esonero dalla contribuzione studentesca universitaria. Al riguardo rammenta che la materia è attualmente disciplinata dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 68 del 2012.
  In particolare, l'articolo 1 della proposta di legge dispone l'abrogazione proprio delle novità normative introdotte con il citato decreto-legge n. 95 che, a tal fine, ha inserito nell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997 i commi da 1-bis a 1-quinquies.
  In tale ambito ricorda come l'articolo 2 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 306 disponga che gli studenti dei corsi di laurea, di laurea magistrale e di specializzazione, contribuiscono alla copertura del costo dei servizi offerti dalle università mediante il pagamento dei contributi universitari e della tassa di iscrizione determinata annualmente.
  La somma dei contributi universitari e della tassa di iscrizione costituisce, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica n. 306, la «contribuzione studentesca».
  I contributi universitari sono determinati autonomamente dalle università, in relazione a obiettivi di adeguamento della didattica e dei servizi per gli studenti, nonché sulla base della specificità del percorso formativo. Ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 306, la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario dello Stato, a valere sul Fondo di finanziamento ordinario (FFO).
  Non concorrono al raggiungimento del medesimo limite, ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306, il gettito della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per le scuole di specializzazione.
  In base alle modifiche apportate dal decreto-legge n. 95, il comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 stabilisce che, ai fini del raggiungimento del limite indicato, non concorrono i contributi versati dagli studenti iscritti oltre la durata normale dei «corsi di studio di primo e di secondo livello» (in tal modo, verosimilmente, si è voluto fare riferimento ai corsi di laurea e di laurea magistrale).
  Sempre in base al comma 1-bis, le università possono disporre incrementi ai contributi degli studenti fuori corso entro i limiti massimi e secondo i criteri individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare entro il 31 marzo di ogni anno. Nell'adozione di questo decreto occorre tener conto dei principi di equità, progressività e redistribuzione, degli anni di ritardo rispetto alla durata normale dei corsi di studio, dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) familiare, del numero di studenti iscritti all'università appartenenti al nucleo familiare, della specifica condizione degli studenti lavoratori.
  Con riferimento ai criteri per l'emanazione del decreto ministeriale, il comma 1-ter dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 specifica il limite massimo che i predetti incrementi non possono superare, rispetto alla corrispondente Pag. 55contribuzione prevista per gli studenti in corso, in base all'ISEE familiare degli studenti.
  Gli incrementi dei contributi per gli studenti fuori corso sono destinati, in base all'articolo 5, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica n. 306, in misura non inferiore al 50 per cento, a integrare le risorse disponibili per le borse di studio di cui all'articolo 18 del decreto legislativo n. 68 del 2012 e, per la parte residua, ad altri interventi di sostegno al diritto allo studio (fra gli altri, servizi abitativi, di ristorazione, di orientamento e tutorato, trasporti, assistenza sanitaria).
  Il comma 1-quinquies all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 dispone, inoltre, che per i tre anni accademici decorrenti dall'anno accademico 2013/2014, per gli studenti iscritti entro la durata normale dei corsi di studio, il cui ISEE familiare non superi i 40.000 euro, l'incremento della contribuzione non può essere superiore all'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale.
  In relazione a tali disposizioni, la relazione illustrativa che accompagna la proposta di legge motiva l'abrogazione delle norme illustrate evidenziando come lo scorporo della contribuzione degli studenti fuori corso dal calcolo del limite percentuale rispetto al FFO comporti, di fatto, un aumento del limite massimo di contribuzione anche per gli studenti in corso.
  L'articolo 2 della proposta di legge introduce talune norme specifiche che, come evidenzia la relazione illustrativa, sono volte a superare alcune criticità emerse nell'applicazione delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997, allo scopo di rendere le stesse facilmente interpretabili e applicabili da parte delle amministrazioni universitarie e di ridurre al minimo il numero dei conflitti di fronte alla giustizia amministrativa.
  In particolare, per quanto riguarda le materie di interesse della Commissione Finanze segnala il comma 1, il quale, nel precisare quali sono i contributi degli studenti in favore delle università, dispone che, ai fini dell'applicazione della disciplina prevista dal regolamento, per contributi universitari si devono intendere tutte le somme versate dallo studente all'università, a qualsiasi titolo, per l'iscrizione o la frequenza di corsi, con esclusione degli importi relativi alle imposte di bollo.
  La relazione illustrativa fa presente, al riguardo, che tale precisazione si è resa necessaria alla luce dell'erronea interpretazione della norma in oggetto da parte di taluni atenei, i quali, attualmente, scorporano dal totale della contribuzione studentesca il contributo per il funzionamento di laboratori o biblioteche.
  Il comma 2 dispone che il limite per la contribuzione studentesca previsto dall'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 (sopra illustrato) si intende riferito all'importo annuale del finanziamento ordinario dello Stato.
  Al riguardo rileva come non sembrerebbero ravvisarsi differenze rispetto alla vigente previsione del citato articolo 5, comma 1.
  Il comma 3, alla lettera a), dispone che ogni università, contestualmente all'approvazione del «conto consuntivo», certifica il rapporto percentuale fra il gettito complessivo della contribuzione da parte degli studenti e l'importo annuale del FFO ad essa erogato.
  In merito ricorda che attualmente, l'articolo 5, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 306 dispone che ogni anno le università comunicano al MIUR, entro il 31 maggio, il gettito della contribuzione studentesca accertato nel bilancio consuntivo dell'anno precedente, nonché il numero degli studenti esonerati totalmente o parzialmente dalla tassa di iscrizione e dai contributi universitari nell'anno accademico in corso, la distribuzione degli studenti per classi d'importo nello stesso anno, gli eventuali scostamenti rispetto al limite del 20 per cento, e le misure conseguentemente adottate per il rispetto dello stesso limite.Pag. 56
  La lettera b) del comma 3 dispone, inoltre, che alle università per le quali l'ammontare della contribuzione studentesca supera il limite del 20 per cento del FFO erogato, non è corrisposto l'importo del Fondo spettante per l'esercizio successivo a quello per il quale è accertata l'eccedenza, a meno che nella riunione del consiglio di amministrazione successiva a quella in cui è approvato il «conto consuntivo» non sia predisposto dalla stessa università un piano per la restituzione agli studenti della quota di contributi risultata eccedente.
  Per quanto concerne gli aspetti che, sia pure indirettamente, possono risultare in qualche modo di interesse della Commissione Finanze, richiama la lettera c) del comma 3, la quale prevede l'esonero dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari per gli studenti il cui ISEE familiare sia inferiore a 11.000 euro.
  Attraverso tale previsione si interviene nell'ambito attualmente disciplinato dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 68 del 2012, il quale dispone l'esonero totale dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi per: gli studenti in possesso dei requisiti per l'accesso alle borse di studio di cui all'articolo 8 dello stesso decreto legislativo n. 68; gli studenti disabili con un'invalidità pari almeno al 66 per cento; gli studenti stranieri beneficiari di borsa di studio erogata dal Governo italiano nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e degli accordi intergovernativi culturali e scientifici; gli studenti costretti a interrompere gli studi a causa di infermità gravi e prolungate (per il periodo di infermità); gli studenti che intendono ricongiungere la carriera dopo un periodo di interruzione.
  Ricorda inoltre che le università statali e le istituzioni AFAM (Alta formazione artistica, musicale e coreutica), nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, possono disporre autonomamente ulteriori esoneri, totali o parziali, dal pagamento della tassa di iscrizione e dei contributi universitari, tenuto conto della condizione economica degli studenti, in favore di studenti diversamente abili con invalidità inferiore al 66 per cento, di studenti che concludono gli studi entro i termini previsti dai rispettivi ordinamenti con regolarità nell'acquisizione dei crediti previsti dal piano di studi e di studenti che svolgono una documentata attività lavorativa.
  Il comma 4 dispone che il Governo, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, adegua il più volte richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997 alle disposizioni recate dall'articolo 2 della proposta di legge.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 7 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 306 prevede la revisione biennale delle disposizioni recate dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica.
  Rileva quindi l'opportunità di verificare quale sarà l'esito dei lavori del Comitato ristretto costituito dalla Commissione Cultura, che sta esaminando la proposta di legge in sede referente, prima di proseguire nell'esame del provvedimento e all'espressione del parere su di esso.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale.
C. 2617-B Governo, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Federico GINATO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alla XII Commissione Pag. 57Affari sociali, il disegno di legge C. 2617-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato, recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale.
  In merito ricorda innanzitutto che il provvedimento è già stato esaminato in sede consultiva dalla Commissione Finanze nel corso dell'esame in prima lettura alla Camera, esprimendo su di esso, nella seduta del 27 marzo 2015, parere favorevole con 11 condizioni e 6 osservazioni, in larga parte accolte nel prosieguo dell'esame.
  Passando a sintetizzare il testo del disegno di legge, che ora si compone di 12 articoli, esso è stato modificato in più punti nel corso dell'esame al Senato, che ha tra l'altro inserito un nuovo articolo 10.
  Per quanto riguarda le principali novità apportate dall'altro ramo del Parlamento al testo approvato dalla Camera, in estrema sintesi:
   è stata ulteriormente precisata la definizione di Terzo settore, non solo riguardo alle finalità ma anche alle attività, ed è stato specificato che alle fondazioni bancarie non si applicano le disposizioni della delega e dei decreti attuativi da questa discendenti (articolo 1, comma 1);
   è stata soppressa la previsione della decadenza dall'esercizio della delega nel caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione alle Camere, da parte del Governo, degli schemi dei decreti legislativi delegati per l'espressione del parere parlamentare (articolo 1, comma 5);
   viene garantita la correttezza della copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione della delega con il meccanismo della compensazione interna (articolo 1, comma 6);
   è stata prevista l'introduzione della disciplina relativa alla trasformazione diretta e alla fusione tra associazioni e fondazioni (articolo 3, comma 1, lettera e);
   si contempla la razionalizzazione dei settori delle attività di interesse generale attraverso la compilazione di un elenco unico, con il tentativo di unificare la normativa attualmente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti del Terzo settore; inoltre si prevede che l'aggiornamento periodico delle attività di interesse generale sia effettuata con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti (articolo 4, comma 1, lettera b);
   si prevede l'introduzione di criteri che consentano di distinguere, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti degli enti del Terzo settore, la diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto sociale (articolo 4, comma 1, lettera f);
   si rafforza la lotta al dumping contrattuale a danno del settore cooperativo (articolo 4, comma 1, lettera h);
   si promuove la garanzia dell'assenza degli scopi lucrativi attraverso il principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici (articolo 4, comma 1, lettera h);
   sono state valorizzate le reti associative di secondo livello, intese quali organizzazioni che associano enti del Terzo settore, anche allo scopo di accrescere la loro rappresentatività presso i soggetti istituzionali (articolo 4, comma 1, lettera p);
   è stata introdotta la previsione di criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità ed estraneità alla prestazione lavorativa (articolo 5, comma 1, lettera b);
   si prevede la ridefinizione dei Centri di servizio per il volontariato (articolo 5, comma 1, lettere e) ed f) che, nella nuova formulazione, possono essere promossi e gestiti da tutte le realtà di Terzo settore, con esclusione degli enti gestiti in forma societaria, ma la cui costituzione è finalizzata a fornire supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere e rafforzare Pag. 58la presenza e il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore; è stato inoltre riconosciuto il loro accreditamento e il loro finanziamento stabile, sulle basi di un programma triennale, con le risorse delle Fondazioni di origine bancaria;
   è contemplata l'istituzione del Consiglio Nazionale del Terzo settore quale organo di consultazione (articolo 5, comma 1, lettera g);
   è stato disposto l'allargamento dei settori di attività per le imprese sociali, nonché la previsione di forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale e il divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione (articolo 6);
   si prevede l'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per definire i termini e le modalità per il concreto esercizio della vigilanza, del monitoraggio e controllo sugli enti del Terzo settore (articolo 7);
   è stato riaffermato che il Servizio Civile universale, ora aperto anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, trova nella Costituzione la sua ragion d'essere e si connota come difesa non armata della patria volta alla promozione dei valori fondativi della Repubblica. Sono stati inoltre precisate le funzioni dei diversi livelli di governo (articolo 8);
   è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato alle attività di interesse generale promosse dalle organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni (Fondo progetti a favore delle associazioni) con una dotazione di 17,3 milioni di euro nel 2016 e di 20 milioni a decorrere dal 2017 (articolo 9, comma 1, lettera g);
   è stato stabilito che le misure agevolative per l'economia sociale tengono conto delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca (articolo 9, comma 2);
   si prevede l'istituzione della Fondazione Italia sociale, fondazione di diritto privato con finalità pubbliche, che, mediante l'apporto di risorse finanziarie e competenze gestionali, avrà il compito di sostenere, attrarre e organizzare le iniziative filantropiche e gli strumenti innovativi di finanza sociale (articolo 10).

  Passando a illustrare le singole disposizioni del provvedimento, con particolare riferimento alle modifiche apportate dal Senato, l'articolo 1 disciplina la finalità e l'oggetto dell'intervento normativo, conferendo al Governo una delega, da esercitare entro dodici mesi, per la riforma del Terzo settore, al fine di sostenere la autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale favorendo l'inclusione e il pieno sviluppo della persona.
  Nel corso dell'esame al Senato è stata ulteriormente precisata la definizione di Terzo settore: alle finalità civiche e solidaristiche, già previste alla Camera, sono state aggiunte quelle di utilità sociale ed è stato precisato che le attività di interesse generale, proprie del Terzo settore, possono essere realizzate mediante forme di azione volontaria e gratuita (volontariato) o di mutualità (associazionismo) o di produzione e scambio di beni o servizi (cooperative/impresa sociale).
  Per quanto concerne gli ambiti di interesse della Commissione Finanze, segnala come, alla precisazione, già presente nel comma 1 del testo approvato dalla Camera, che non fanno parte del Terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche, è stata aggiunta al Senato la specificazione che le fondazioni bancarie, pur perseguendo le finalità degli altri enti del Terzo settore, sono escluse dall'applicazione delle disposizioni in esame e da quelle contenute nei decreti attuativi da queste discendenti.
  Il comma 5 disciplina la procedura di emanazione dei decreti legislativi attuativi della delega, prevedendo che gli schemi Pag. 59degli stessi siano trasmessi alle Camere entro il quarantacinquesimo giorno antecedente l'esercizio della delega, affinché su di essi venga espresso, entro trenta giorni dalla data di trasmissione, il parere, non vincolante, delle Commissioni parlamentari competenti. Nel testo licenziato alla Camera, il mancato rispetto, da parte del Governo, del termine di quarantacinque giorni per la trasmissione alle Camere degli schemi dei decreti comportava la decadenza dell'esercizio della delega. Nel corso dell'esame al Senato, la previsione dell'eventuale decadenza della delega in caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione alle Camere degli schemi di decreti, è stata cancellata.
  Il comma 6, introdotto nel corso dell'esame al Senato, indica le procedure in grado di garantire la correttezza della copertura e della capienza dei fondi indicati, stabilendo che, dall'attuazione delle deleghe recate dal provvedimento non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi, le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge n. 196 del 2009, qualora uno o più decreti attuativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi, ivi compresa la legge di stabilità, che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
  L'articolo 2 stabilisce i principi e criteri direttivi generali a cui il Governo deve uniformarsi nell'esercizio della delega: tra questi lettera a) del comma 1 prevede di riconoscere, favorire e garantire il più ampio diritto di associazione.
  Nel corso dell'esame al Senato, è stato modificato il criterio di cui al comma 1, lettera b), riferito al riconoscimento e alla promozione dell'iniziativa economica privata, precedentemente connotata come attività economica privata svolta senza fini di lucro e diretta a realizzare la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale o d'interesse generale. Nel testo licenziato dal Senato, l'attività economica privata da riconoscere e favorire, è quella il cui svolgimento, secondo le finalità e nei limiti di cui al provvedimento, può concorrere a elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali.
  L'articolo 3, detta i princìpi e i criteri direttivi di delega relativi alla revisione del titolo II del libro primo del codice civile (relativo alla disciplina generale «delle persone giuridiche»), prevedendo, alla lettera a), di semplificare e rivedere il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica degli enti del Terzo settore; al Senato è stato inoltre inserito il richiamo alla definizione delle informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi; in tale contesto viene stabilito che debbano essere previsti obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente: a tale riguardo il Senato ha precisato che tale pubblicità deve essere realizzata anche attraverso la pubblicazione sul sito Internet dell'ente e che debba essere prevista una disciplina per la conservazione del patrimonio degli enti.
  La lettera b) prevede di disciplinare il principio di responsabilità limitata degli enti persone giuridiche e quella degli amministratori: al riguardo il Senato ha precisato che il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento costituisce uno dei parametri cui collegare il regime di responsabilità, laddove nel testo approvato della Camera, tale rapporto costituiva l'unico elemento di riferimento.
  La lettera c) stabilisce di assicurare il rispetto dei diritti degli associati, con particolare riguardo per i diritti di informazione, partecipazione e impugnazione degli atti deliberativi, nonché il rispetto delle prerogative dell'assemblea.
  Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala Pag. 60la lettera d), la quale enuncia, tra i principi e criteri direttivi, l'applicazione, in quanto compatibili, alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa, delle norme di cui ai titoli V e VI del libro V del codice civile in materia di società e di cooperative e mutue assicuratrici, nonché, come specificato dal Senato, in coerenza con quanto disposto in materia di razionalizzazione dei regimi fiscali e contabili semplificati all'articolo 9, comma 1, lettera e), del provvedimento.
  Sempre con riferimento agli ambiti di interesse della Commissione Finanze segnala come, nel corso dell'esame al Senato, sia stata introdotta la lettera e), che prevede, quale ulteriore criterio di revisione del titolo II del libro primo del codice civile, la disciplina del procedimento delle trasformazioni omogenee, ossia della possibilità degli enti non lucrativi di modificare la loro struttura giuridico-organizzativa pur rimanendo nell'ambito delle figure giuridiche contemplate dal libro I del Codice civile. In particolare, la procedura per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni dovrà avvenire nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi introdotto dalla riforma del diritto societario di cui al decreto legislativo n. 6 del 2003.
  In merito rammenta che la citata disciplina sulla trasformazione e fusione è dettata dal capo X del titolo V del libro V, del codice civile. Il principio generale, recato dall'articolo 2498, è quello della continuità dei rapporti giuridici dell'ente trasformato, che conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato a trasformazione.
  L'articolo 4 disciplina i principi e i criteri direttivi di delega per il riordino e la revisione della disciplina del Terzo settore mediante la redazione di un Codice.
  In particolare, la lettera a) prevede di stabilire le disposizioni generali e comuni applicabili agli enti del Terzo settore.
  La lettera b) prevede di individuare le attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore.
  In tale ambito nel corso dell'esame al Senato, dal primo periodo della lettera b) è stato eliminato il richiamo alle attività solidaristiche, ma è stato specificato che lo svolgimento delle attività generali deve essere coerente con le previsioni statutarie e avvenire attraverso modalità che prevedano le più ampie condizioni di accesso da parte dei soggetti beneficiari.
  Per quanto riguarda le materie di interesse della Commissione Finanze segnala, sempre con riferimento alla lettera b), come, per quanto riguarda i settori di attività, nel corso dell'esame al Senato, è stata proposta la loro razionalizzazione attraverso la compilazione di un elenco unico, nell'ottica di unificare la normativa attualmente prevista ai fini fiscali e civilistici, senza però escludere, come disposto dalla successiva lettera c), introdotta dal Senato, che settori di attività possano caratterizzarsi come connotanti del lavoro di specifici enti del Terzo settore. Infatti, la predetta lettera b) dispone che le attività di interesse generale siano individuate secondo criteri che tengano conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, nonché dei settori di attività previsti dal decreto legislativo n. 460 del 1997, recante la disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e dal decreto legislativo n. 155 del 2006, recante la disciplina delle imprese sociali. L'aggiornamento periodico delle attività di interesse generale avviene con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti.
  Al riguardo, pur essendo state precisate le modalità di individuazione delle attività di interesse generale in cui operano gli enti del Terzo settore, non è stata accolta la condizione di cui al numero 1) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura del provvedimento, con la quale si chiedeva, con riferimento alla predetta Pag. 61lettera b) dell'articolo 4, di integrare la disposizione nel senso di prevedere l'introduzione di adeguate forme di verifica circa il concreto perseguimento delle finalità di interesse generale caratterizzanti gli enti del Terzo settore.
  La lettera c) prevede l'individuazione dei criteri e delle condizioni in base ai quali differenziare le attività di interesse generale tra i diversi enti del Terzo settore.
  La lettera d) stabilisce di definire modalità di organizzazione, amministrazione e controllo degli enti del Terzo settore ispirate ai principi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità.
  Al riguardo è stata accolta la condizione di cui al numero 2) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura del provvedimento, con la quale si chiedeva, con riferimento alla predetta lettera d) (in precedenza lettera c), di integrare la disposizione nel senso di definire anche modalità di controllo di tali enti.
  La lettera e) prevede il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili o degli avanzi di gestione e del patrimonio, dell'ente, salva la specifica previsione per l'impresa sociale recata dall'articolo 6, comma 1, lettera d), del provvedimento.
  Al riguardo è stata sostanzialmente accolta la condizione di cui al numero 3) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura, con la quale si chiedeva, con riferimento all'articolo 4, comma 1, lettera e) (in precedenza lettera d), di sostituire in tale ambito la dizione: «utili» con la dizione: «avanzi di gestione».
  La lettera f) prevede di distinguere l'eventuale attività di impresa dall'attività istituzionale; in proposito, mentre nel testo licenziato dalla Camera si prevedeva di determinare una stretta strumentalità dell'eventuale attività di impresa svolta dall'ente di Terzo settore (e di sottoporla a regime di contabilità separata) rispetto all'attività istituzionale, nel testo approvato dal Senato si dispone invece di distinguere, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, la diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto sociale e di definire criteri e vincoli in base ai quali l'attività d'impresa svolta dall'ente in forma non prevalente e non stabile risulti finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali.
  La lettera g) prevede di disciplinare gli obblighi di controllo interno, rendicontazione, trasparenza e d'informazione nei confronti degli associati, dei lavoratori e dei terzi, tenendo conto della dimensione economica dell'attività svolta nonché l'impiego di risorse pubbliche, quali elementi su cui commisurare una differenziazione di tale disciplina.
  La lettera h), introdotta al Senato, stabilisce di garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, al fine di contrastare il dumping contrattuale a danno del settore cooperativo.
  La lettera i) prevede di individuare specifiche modalità e criteri di verifica periodica dell'attività svolta e delle finalità perseguite, come precisato al Senato, nel rispetto delle previsioni statutarie e in relazione alle categorie dei soggetti destinatari.
  La lettera l) stabilisce di disciplinare i limiti, nonché gli obblighi di pubblicità e trasparenza, circa gli emolumenti o qualsiasi corresponsione effettuata dall'ente di Terzo settore ad amministratori, dirigenti, controllori, associati; al riguardo il Senato ha precisato che, al fine di garantire l'assenza degli scopi lucrativi, deve essere promosso un principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici e devono essere disciplinati, nel pieno rispetto dei principi di trasparenza, i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi o ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati.
  In merito ricorda che, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997 gli enti senza finalità di lucro non Pag. 62possono distribuire in via diretta e/o indiretta utili e avanzi di gestione: conseguentemente, non possono essere corrisposti in alcun modo compensi ai componenti degli organi amministrativi e di controllo, se non per le attività che essi realmente prestano (ad eccezione delle associazioni di volontariato costituite ai sensi della legge n. 266 del 1991, per le quali è espressamente vietata la possibilità di corrispondere compensi a soci e amministratori).
  La lettera m) prevede di riorganizzare il sistema di registrazione degli enti (e degli atti gestionali rilevanti), attraverso l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un Registro unico nazionale del Terzo settore, l'iscrizione al quale sia obbligatoria per tutti gli enti che si avvalgano «prevalentemente o stabilmente» di fondi pubblici, privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni, o di fondi europei; al Senato è stato specificato che la riorganizzazione del sistema dei registri deve tenere conto delle finalità e delle caratteristiche di specifici elenchi nazionali di settore.
  La lettera n) indica di prevedere i casi in cui la registrazione degli enti debba essere accompagnata dall'acquisizione dell'informazione o certificazione antimafia.
  La lettera o) prevede di valorizzare il coinvolgimento degli enti nella fase programmatoria territoriale dei servizi socio-assistenziali e di tutela dei beni culturali e individuare modalità per l'affidamento di servizi di interesse generale agli enti del Terzo settore (valutando poi i risultati conseguiti); in merito il Senato ha inserito il richiamo alla normativa nazionale e comunitaria in materia di affidamento dei servizi di interesse generale e ha precisato che la verifica dei risultati deve essere effettuata in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni.
  La lettera p) prevede di favorire i processi aggregativi a livello territoriale, anche allo scopo di definire la loro rappresentatività presso i soggetti istituzionali; in merito il Senato ha ulteriormente rafforzato il riconoscimento delle aggregazioni di Terzo settore poiché si è stabilito di riconoscere e valorizzare le reti associative di secondo livello, intese quali organizzazioni che associano enti del Terzo settore, anche allo scopo di accrescere la loro rappresentatività presso i soggetti istituzionali.
  La lettera q) attribuisce alla Presidenza del Consiglio, in raccordo con i ministeri competenti, del coordinamento delle politiche di governo e delle azioni di promozione e di indirizzo delle attività degli enti di Terzo settore.
  L'articolo 5 reca i principi e criteri direttivi di delega per il riordino e la revisione organica della disciplina in materia di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso.
  In tale ambito la lettera a) prevede l'armonizzazione delle diverse discipline vigenti in materia di volontariato e di promozione sociale e il riconoscimento delle tutele dello status di volontario e la specificità delle organizzazioni di volontariato ai sensi della legge n. 266 del 1991, e di quelle operanti nella protezione civile.
  La lettera b), inserita nel corso dell'esame al Senato, stabilisce l'introduzione di criteri e limiti relativi al rimborso spese delle attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa.
  Le lettere c) e d) riguardano la promozione e il riconoscimento della cultura del volontariato nell'ambito scolastico e lavorativo.
  Le lettere e) e f) concernono la revisione dei Centri di servizio per il volontariato (CSV).
  Per quanto riguarda in particolare la lettera e) interessa gli ambiti di competenza della Commissione Finanze la previsione del numero 3), secondo cui deve provvedersi all'accreditamento dei CVS e al loro finanziamento stabile attraverso un programma triennale, con le risorse provenienti dalle Fondazioni bancarie, come previsto dall'articolo 15 della legge n. 266 del 1991 (il quale dispone che le Fondazioni bancarie devono prevedere nei propri statuti che una quota dei propri proventi, è destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, Pag. 63per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività); qualora i CVS utilizzino risorse diverse, queste devono essere comprese in una contabilità separata;
  Sempre con riferimento alla lettera e) le modifiche apportate nel corso dell'esame al Senato prevedono:
   al numero 1), che alla costituzione e alla gestione dei CSV possano concorrere gli enti del Terzo settore, con esclusione di quelli costituiti in forma societaria, assumendo la personalità giuridica e una delle forme giuridiche previsti per gli enti del Terzo settore;
   al numero 2), che la costituzione dei CSV deve essere finalizzata a fornire supporto tecnico, formativo e informativo per promuovere e rafforzare la presenza e il ruolo dei volontari nei diversi enti del Terzo settore;
   al numero 4), che è consentito il libero ingresso nella base sociale e sono previsti criteri democratici per il funzionamento dell'organo assembleare, con l'attribuzione, nell'assemblea, della maggioranza assoluta dei voti alle organizzazioni di volontariato;
   al numero 5), che sono introdotte forme di incompatibilità per i soggetti titolari di ruoli di direzione o di rappresentanza esterna;
   al numero 6), che è vietato per i CVS procedere a erogazioni dirette in denaro o a cessioni a titolo gratuito di beni mobili o immobili a beneficio degli enti del Terzo settore.

  La lettera f), relativa al controllo delle attività e della gestione dei CSV, è stata ampliata nel corso dell'esame al Senato; accanto al controllo delle attività e della gestione è stata infatti prevista la revisione dell'attività di programmazione dei CSV, svolta mediante organismi regionali o sovra-regionali, coordinati tra loro sul piano nazionale, prevedendo che:
   1) gli organismi regionali o sovra-regionali, in applicazioni di criteri definiti su piano nazionale, provvedano alla programmazione del numero e della collazione dei CSV, al loro accreditamento e alla verifica periodica del mantenimento dei requisiti, anche sotto il profilo della qualità dei servizi erogati, nonché in merito all'attribuzione delle risorse finanziarie anche in applicazione di elementi di perequazione territoriale;
   2) gli organismi regionali o sovra-regionali, istituiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, devono essere costituiti secondo criteri di efficienza e di contenimento dei costi di funzionamento, i quali devono essere posti a carico, contrariamente a quanto stabilito nel testo licenziato dalla Camera, delle risorse provenienti dalle Fondazioni bancarie di cui al già richiamato articolo 15 della legge n. 266 del 1991: nel testo approvato dal Senato, il divieto di utilizzare tali risorse è previsto solo per gli eventuali emolumenti previsti per gli amministratori e i dirigenti i cui oneri sono posti a carico, in maniera aggiuntiva, delle fondazioni bancarie finanziatrici.

  La lettera g) prevede il superamento del sistema degli osservatori nazionali per il volontariato e per l'associazionismo di promozione sociale.
  La lettera h) stabilisce la previsione di requisiti uniformi per i registri regionali all'interno del Registro unico nazionale.
  La lettera i) reca la previsione di un regime transitorio volto a disciplinare lo status giuridico delle società di mutuo soccorso.
  Con riferimento agli ambiti di interesse della Commissione Finanze, richiama, per quanto attiene ai profili di diritto delle società, l'articolo 6, il quale reca i principi e criteri direttivi di delega per il riordino e la revisione della disciplina relativa all'impresa sociale.
  In merito rammenta, in via generale, che l'impresa sociale, disciplinata dalla Pag. 64legge n. 155 del 2006, è un'organizzazione imprenditoriale di qualsiasi forma e natura giuridica, che, come qualsiasi impresa for profit, svolge sul mercato stabilmente e in via principale attività economica per la produzione e scambio di beni o servizi di utilità sociale, ma è caratterizzata dall'assenza dello scopo di lucro e il cui profitto viene gestito e utilizzato come mezzo per rendere autosufficiente l'impresa stessa. A tal fine la normativa prevede il divieto di distribuzione di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve anche in forma indiretta in favore di amministratori, soci, lavoratori e collaboratori. In sostanza, l'impresa sociale non rappresenta un soggetto giuridico a sé, ma una nuova qualificazione che può essere assunta da soggetti costituiti con qualsiasi forma giuridica, in presenza di due fondamentali condizioni: 1) operatività nei settori considerati ad utilità sociale; 2) divieto di distribuzione degli utili ai soci.
  Per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale, salvo il regime sulla responsabilità limitata previsto dal codice civile in relazione alla forma societaria assunta tra quelle di cui al libro V del Codice civile, nelle imprese sociali il cui patrimonio superi 20.000 euro, delle obbligazioni assunte risponde solo l'organizzazione con il suo patrimonio.
  In tale contesto normativo i principi e criteri direttivi di cui alla lettera a) dell'articolo 6 prevedono di qualificare l'impresa sociale come una organizzazione privata che svolge attività d'impresa per le finalità proprie del Terzo settore (nel testo Camera la definizione era più sfumata: «impresa privata con finalità d'interesse generale, avente come proprio obiettivo primario la realizzazione di impatti sociali positivi conseguiti mediante la produzione o lo scambio di beni e servizi»); in tale ambito è previsto che, ai fini della qualificazione di «impresa sociale», gli utili derivanti dall'attività dell'impresa sociale debbono essere destinati prioritariamente al conseguimento dell'oggetto sociale e devono rispettare i limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente (cioè l'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo, ai sensi dell'articolo 2514 del codice civile, laddove, più genericamente, nel testo licenziato dalla Camera si prevedeva che gli utili fossero destinati al raggiungimento di obiettivi sociali).
  Inoltre viene previsto che l'impresa deve adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti e deve favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività. Viene ribadita altresì l'appartenenza dell'impresa sociale al complesso degli enti del Terzo settore, quale conseguenza delle caratteristiche sopra indicate.
  Per quanto riguarda i settori di attività propri dell'impresa sociale, la lettera b), modificata dal Senato, li individua nell'ambito delle attività di interesse generale comprese nell'elenco unico comune a tutti gli enti del Terzo settore di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), del provvedimento.
  La lettera c) prevede il diritto di acquisizione della qualifica di impresa sociale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi.
  La lettera d) riguarda le forme di remunerazione del capitale sociale dell'impresa sociale; in merito durante l'esame al Senato è venuto meno il riferimento alla ripartizione degli utili, ma è stato confermata l'indicazione di prevedere forme di distribuzione dei dividendi che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell'oggetto sociale, da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente; è stata inoltre aggiunta la previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche qualora assumano la qualificazione di impresa sociale. Conseguentemente, le ONLUS che assumono la veste giuridica di impresa sociale non potranno distribuire dividendi, mentre lo potranno fare le cooperative sociali, anche se con i limiti previsti nel Codice civile.
  Al riguardo è stata parzialmente accolta la condizione di cui al numero 4) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima Pag. 65lettura, relativa alla predetta lettera d) (in precedenza lettera c). In particolare, non è stata accolta la richiesta di sostituire la dizione: «capitale sociale» con la dizione: «capitale», mentre è stata accolta la richiesta di sostituire la dizione: «utili» con la dizione: «avanzi di gestione».
  La lettera e), inserita al Senato, stabilisce l'obbligo per l'organizzazione che esercita l'impresa sociale di redigere il bilancio ai sensi degli articoli 2423 e seguenti del Codice civile (recanti le disposizioni sul bilancio delle società per azioni), in quanto compatibili.
  La lettera f) prevede obblighi di trasparenza e limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari di organismi dirigenti.
  La lettera g) prevede la ridefinizione delle categorie di lavoratori svantaggiati sulla base delle nuove forme di esclusione sociale, anche con riferimento ai principi di pari opportunità e non discriminazione; nel corso dell'esame al Senato è stata aggiunta la previsione relativa alla graduazione dei benefici finalizzata a favorire le categorie maggiormente svantaggiate.
  La lettera h) prevede la possibilità di assumere cariche sociali (però non afferenti la direzione, presidenza o controllo) da parte di imprese private o amministrazioni pubbliche.
  Per quanto concerne i profili di interesse della Commissione Finanze richiama la lettera i), la quale prevede il coordinamento della disciplina dell'impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).
  A tale ultimo riguardo ricorda che ai sensi della normativa vigente, le ONLUS beneficiano di una serie di agevolazioni tributarie. In estrema sintesi, ai fini delle imposte sui redditi, per le ONLUS, ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale e i proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile (ai sensi dell'articolo 150 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR); le erogazioni liberali a favore delle ONLUS sono deducibili dal reddito imponibile IRES e detraibili dall'imposta lorda IRPEF; le derrate alimentari, i prodotti farmaceutici, nonché i beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, che presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l'esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l'acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d'impresa dichiarato, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa (ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 460 del 1997); sui contributi corrisposti alle ONLUS dagli enti pubblici non si applica la ritenuta alla fonte cui all'articolo 28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e sui redditi di capitale di cui all'articolo 41 del TUIR corrisposti alle ONLUS, le ritenute alla fonte sono effettuate a titolo di imposta.
  Inoltre, ai fini IVA, non sono imponibili le cessioni gratuite di beni fatte alle ONLUS; le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici che presentino imperfezioni che non ne consentono la commercializzazione, rendendone necessaria l'esclusione dal mercato o la distruzione, qualora siano ceduti gratuitamente alle ONLUS, per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l'acquisto complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d'impresa dichiarato, si considerano distrutti agli effetti dell'IVA; non costituiscono operazioni imponibili le operazioni di divulgazione pubblicitaria svolte a beneficio delle ONLUS. Le medesime ONLUS, limitatamente alle operazioni riconducibili alle attività istituzionali, non sono soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale; esse concorrono alla ripartizione delle quote Pag. 66del 5 per mille dell'IRPEF in ragione delle opzioni esercitate dai contribuenti in favore di ciascuna di esse.
  Vi sono poi numerose esenzioni riguardanti le imposte di bollo e di trascrizione, nonché le tasse sulle concessioni governative.
  I comuni, le province, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono altresì deliberare nei confronti delle ONLUS la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti.
  Per quanto riguarda gli ultimi interventi in materia, la legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), all'articolo 1, commi 137 e 138, ha incrementato a 30.000 euro annui (da 2.065,83 euro) il limite massimo delle erogazioni liberali, per le quali spetta la detrazione di imposta ai fini IRPEF del 26 per cento, nonché la deduzione IRES nei limiti del 2 per cento del reddito di impresa, effettuate a favore delle ONLUS.
  La legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, comma 396) ha inoltre semplificato la cessione gratuita di prodotti alle ONLUS, elevando a 15.000 euro (rispetto agli attuali 5.164,57 euro) il limite del costo dei beni gratuitamente ceduti oltre il quale occorre inviare la prescritta comunicazione all'amministrazione finanziaria per poterli consegnare. Inoltre tale comunicazione è resa facoltativa, senza limiti di valore, ove si tratti di beni facilmente deperibili.
  La lettera l) dell'articolo 6 prevede la nomina, in base a principi di terzietà e fin dall'atto costitutivo, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza.
  L'articolo 7 al comma 1 attribuisce le funzioni di vigilanza, monitoraggio, controllo pubblico sul Terzo settore (incluse le imprese sociali) al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, salvo il coordinamento del Presidente del Consiglio, e con il coinvolgimento del Consiglio nazionale del Terzo settore, nonché, come previsto al Senato, per quanto concerne gli aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Al riguardo è stata accolta la condizione di cui al numero 5) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura, con cui si chiedeva di specificare, al comma 1, che tali funzioni riguardano il controllo pubblico sugli enti del Terzo settore, fermi restando i meccanismi di controllo interni agli enti.
  Tra i compiti assegnati al Ministero, il comma 2 indica la promozione di forme di autocontrollo degli enti del Terzo settore attraverso l'utilizzo di strumenti in grado di garantire la più ampia trasparenza e conoscibilità delle azioni svolte dagli stessi enti, sulla base di apposito accreditamento delle reti associative di secondo livello, o, con riferimento agli enti di piccole dimensioni, con i centri di servizio per il volontariato.
  Il comma 3 dispone che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Consiglio nazionale del Terzo settore, predisponga linee-guida in materia di bilancio sociale e di valutazione di impatto sociale.
  Il comma 4, introdotto dal Senato, prevede che, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, siano definiti i termini e le modalità per il concreto esercizio della vigilanza, del monitoraggio e del controllo di cui all'articolo 7.
  Il comma 5 non prevede, per l'attuazione delle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo del terzo settore che vengano assegnati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali stanziamenti dedicati.
  L'articolo 8 reca i principi e criteri direttivi per il riordino e la revisione della disciplina del Servizio civile nazionale.
  Ai sensi della lettera a) l'istituzione del Servizio è connessa agli articoli 52, primo comma, e 11 della Costituzione, ai fini della promozione dei valori fondativi della Repubblica, primo fra tutti quello della solidarietà; nel corso dell'esame al Senato è stato reintrodotto il concetto di difesa non armata della patria, contenuto nel Pag. 67testo originario nel disegno di legge delega e poi cancellato alla Camera ed è invece scomparso il richiamo esplicito alla realizzazione di esperienze di solidarietà sociale ed inclusione, attraverso l'attività di cittadinanza attiva.
  La lettera b) prevede la programmazione, «di norma» triennale, degli accessi al Servizio, da effettuarsi mediante bando pubblico, di contingenti di giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni; nel corso dell'esame al Senato, è stato specificato che il Servizio civile è aperto ai giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti.
  Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala la lettera c), la quale riguarda la definizione dello status giuridico dei giovani che accedono al Servizio, con riconoscimento di uno specifico rapporto di Servizio civile con lo Stato, non assimilabile a un rapporto di lavoro, prevedendo in tale ambito l'esenzione da ogni imposizione tributaria.
  Al riguardo è stata accolta la condizione di cui al numero 6) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura, relativa alla formulazione della predetta lettera c), la quale prevedeva, nel testo originario, che la prestazione fornita in tale ambito non potesse essere «assoggettata ad alcuna disposizione fiscale o tributaria», chiedendo di far più propriamente riferimento all'esclusione da ogni imposizione tributaria di tale prestazione.
  La lettera d) prevede l'assegnazione di competenze in materia di Servizio civile ai livelli territoriali di governo e agli enti pubblici e del Terzo settore; al riguardo il testo licenziato alla Camera, che prevedeva un generico coinvolgimento degli enti territoriali e degli enti pubblici e privati, è stato incisivamente modificato al Senato, dove sono state specificate le funzioni attribuite allo Stato, alle regioni, agli enti locali e pubblici territoriali, nonché agli enti del Terzo settore: vengono infatti attribuite allo Stato la funzione di programmazione, organizzazione, accreditamento e controllo del Servizio civile universale e si prevede la realizzazione, con il coinvolgimento delle Regioni, di programmi da parte degli enti locali, degli altri enti pubblici territoriali e degli enti di Terzo settore.
  La lettera e) riguarda la disciplina dell'accreditamento degli enti di servizio civile, secondo principi di trasparenza e semplificazione.
  La lettera f) prevede la semplificazione e la trasparenza delle procedure di gestione e di valutazione dell'attività svolta dagli enti accreditati, che, come previsto al Senato, dovrà riguardare anche i contributi finanziari erogati dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri in relazione all'attuazione dei progetti di Servizio civile universale, a carico del Fondo nazionale per il servizio civile.
  La lettera g) stabilisce l'articolazione del servizio (di durata non inferiore a otto mesi complessivi e, comunque, non superiore ad un anno) in modo da contemperarne le finalità con le esigenze di vita e di lavoro dei giovani coinvolti, nonché la possibilità di prestare il servizio in parte all'estero, entro l'Unione europea, o fuori di essa, se per iniziative riconducibili alla promozione della pace e «nonviolenza» o alla cooperazione allo sviluppo.
  La lettera h) prevede il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite durante il Servizio civile, in funzione del loro utilizzo nei percorsi di istruzione e in ambito lavorativo.
  La lettera i), inserita nel corso dell'esame al Senato, contempla il riordino e la revisione della Consulta nazionale per il Servizio civile, organismo di consultazione, riferimento e confronto per l'amministrazione.
  Sempre per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala l'articolo 9, il quale reca i principi e i criteri direttivi di delega per quanto riguarda l'introduzione di misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore, nonché il riordino e l'armonizzazione della relativa disciplina tributaria e delle diverse forme di fiscalità di vantaggio.Pag. 68
  Al riguardo non è stata accolta la condizione di cui al numero 7) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura, relativa in generale all'articolo 9, la quale chiedeva di subordinare la fruizione dei predetti benefici all'introduzione, negli assetti di governance degli enti del Terzo settore che intendono avvalersene, di meccanismi rafforzati di controllo interno, da definire in sede di esercizio della delega, basati sui principi di terzietà e di trasparenza.
  In tale contesto i principi e criteri direttivi di cui alla lettera a) prevedono la revisione complessiva della definizione (precedentemente era prevista «l'introduzione di una nuova definizione») di ente non commerciale ai fini fiscali, connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall'ente e l'introduzione di un regime tributario di vantaggio tale da «tener conto» di più fattori: le finalità (civiche, solidaristiche e di utilità sociale) dell'ente; il divieto di qualsiasi ripartizione degli utili o avanzi di gestione e l’«impatto sociale» delle attività svolte.
  Al riguardo è stata accolta la condizione di cui al numero 8) del parere espresso dalla Commissione Finanze in relazione alla predetta lettera a), sostituendo la dizione: «regime di tassazione agevolativo» con la dizione: «regime tributario di vantaggio», e sostituendo la dizione: «utili» con la dizione: «utili o avanzi di gestione».
  Non è stata invece accolta l'osservazione di cui alla lettera b) del parere espresso dalla Commissione Finanze, anch'essa riferita alla lettera a) dell'articolo 9, la quale chiedeva che il regime di tassazione agevolativo a vantaggio degli enti non commerciali fosse subordinato al fatto che i soggetti beneficiari effettuino tutte le transazioni finanziarie di ammontare superiore a 516 euro tramite sistemi di pagamento tracciabili.
  La lettera b) dell'articolo 9 prevede la razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità dal reddito complessivo e del regime di detraibilità dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche delle erogazioni liberali in favore degli enti del Terzo settore.
  In merito è stata accolta la condizione di cui al numero 9) del parere espresso dalla Commissione Finanze, relativa alla predetta lettera b), la quale chiedeva di rivedere tecnicamente la formulazione della norma, nel senso di prevedere la razionalizzazione e semplificazione del regime di deducibilità dal reddito complessivo e di detraibilità dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche e giuridiche delle erogazioni liberali in favore degli enti del Terzo settore.
  Non è stata invece accolta l'osservazione di cui alla lettera c) del parere espresso dalla Commissione Finanze, sempre relativa lettera b) dell'articolo 9, la quale chiedeva che il beneficio della deducibilità e detraibilità delle erogazioni liberali in denaro a favore degli enti del Terzo settore sia riconosciuto a condizione che le suddette liberalità siano effettuate tramite sistemi di pagamento tracciabili.
  La lettera c) dell'articolo 9 prevede il completamento della riforma strutturale dell'istituto del 5 per mille in base alle scelte espresse in favore degli enti del Terzo settore, la razionalizzazione e la revisione dei criteri di accreditamento dei beneficiari, nonché la semplificazione delle accelerazione delle procedure di calcolo e erogazione dei contributi spettanti ai predetti enti.
  A tale proposito rammenta che lo strumento del 5 per mille, istituito dall'articolo 1, comma 337 e seguenti, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266 del 2005) a titolo sperimentale e poi confermato annualmente, consente al contribuente destinare una quota, appunto pari al 5 per mille del proprio gettito IRPEF ad una serie di finalità, indicando per talune scelte anche il codice fiscale del soggetto beneficiario. Per il periodo di imposta 2013 si tratta delle seguenti finalità:
   sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionale, regionale e provinciale, Pag. 69delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano in determinati settori;
   finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;
   finanziamento della ricerca sanitaria;
   sostegno alle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;
   sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale;
   sostegno alle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;
   a decorrere dall'anno finanziario 2012, finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

  Il comma 154 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha previsto la stabilizzazione della disciplina dell'istituto del 5 per mille IRPEF, disponendo l'applicazione all'esercizio finanziario 2015 e agli esercizi successivi delle disposizioni vigenti in materia, di cui all'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del decreto – legge n. 40 del 2010, la cui applicazione, originariamente riferita al riparto della quota del 5 per mille dell'esercizio 2010, è stata di anno in anno estesa agli esercizi successivi con apposite norme di legge. La norma indica inoltre in 500 milioni di euro l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall'anno 2015.
  La lettera d) dell'articolo 9 prevede l'introduzione, per i soggetti beneficiari delle scelte del cinque per mille, di obblighi di pubblicità delle risorse ad essi destinate, individuando un sistema improntato alla massima trasparenza, con la previsione delle conseguenze sanzionatorie per il mancato rispetto dei predetti obblighi di pubblicità.
  La lettera e) è stata modificata, precisando che la razionalizzazione dei regimi fiscali e contabili semplificati in favore degli enti del Terzo settore deve essere effettuata in relazione a parametri oggettivi da individuare con i decreti legislativi delegati.
  La lettera f) contempla la previsione, per le imprese sociali:
   1) della possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le start-up innovative;
   2) di misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale.

  La lettera g), relativa all'istituzione di un Fondo a favore degli enti del Terzo settore, è stata profondamente modificata nel corso dell'esame al Senato: nel testo licenziato dalla Camera, era infatti prevista l'istituzione (e relative disciplina) di un Fondo rotativo per il finanziamento a condizioni agevolate degli enti del Terzo settore e delle imprese sociali in beni strumentali materiali e immateriali, mentre il testo approvato dal Senato prevede invece l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un fondo destinato a sostenere lo svolgimento delle attività di interesse generale proprie degli enti del Terzo settore, attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni. Le modalità di funzionamento e di utilizzo delle risorse dovranno essere disciplinate anche attraverso forme di consultazione del Consiglio nazionale del Terzo settore. Per il solo 2016, il Fondo è articolato in due sezioni: la prima di carattere rotativo, con una dotazione di 10 milioni, la seconda di carattere non rotativo, con una dotazione di 7,3 milioni di euro.
  Al riguardo è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera d) del parere espresso dalla Commissione Finanze, integrando i principi direttivi della predetta lettera g) dell'articolo 9 nel senso di disciplinare anche le modalità di ripartizione delle risorse del fondo e le relative modalità di funzionamento.
  La lettera h) prevede l'introduzione di meccanismi volti alla diffusione dei titoli Pag. 70di solidarietà e di altre forme di finanza sociale finalizzate a obiettivi di solidarietà sociale.
  La lettera i) contempla la promozione dell'assegnazione in favore degli enti del Terzo settore, anche in associazione tra loro, degli immobili pubblici inutilizzati, nonché, tenuto conto della disciplina in materia, dei beni immobili e mobili confiscati alla criminalità organizzata, secondo criteri di semplificazione e di economicità, anche al fine di valorizzare in modo adeguato i beni culturali e ambientali.
  Al riguardo non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera e) del parere espresso dalla Commissione Finanze, la quale chiedeva di chiarire, con riferimento alla predetta lettera i), se la normativa delegata da emanare ai sensi di tale criterio direttivo possa prevedere assegnazioni gratuite di tali beni, ovvero solo agevolazioni per gli enti del Terzo settore.
  La lettera l) prevede agevolazioni volte a favorire il trasferimento di beni patrimoniali agli enti del Terzo settore.
  La lettera m) contempla la revisione della disciplina delle ONLUS, in particolare prevedendo una migliore definizione delle attività istituzionali e di quelle connesse, fermo restando il vincolo di non prevalenza delle attività connesse e il divieto di distribuzione anche indiretta degli utili o degli avanzi di gestione e fatte salve le condizioni di maggior favore relative alle organizzazioni di volontariato, cooperative sociali e organizzazioni non governative.
  Al riguardo non è stata accolta l'osservazione di cui alla lettera f) del parere espresso dalla Commissione Finanze, con cui si chiedeva di specificare se, nell'ambito della lettera m), si intenda intervenire anche sulla disciplina tributaria delle ONLUS.
  Il comma 2, introdotto nel corso dell'esame al Senato, stabilisce che le misure agevolative previste dall'articolo 9 tengano conto delle risorse, pari a 200 milioni di euro, del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 luglio 2015.
  A tale ultimo riguardo rammenta che nella seduta del 6 agosto 2015, il CIPE, con Delibera n. 74-2015, ha assegnato 200 milioni di euro a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), in favore di una nuova misura a sostegno dell'economia sociale, istituita con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 3 luglio 2015, il quale istituisce un nuovo regime di sostegno per riconoscere finanziamenti agevolati in favore di imprese di qualunque dimensione che, indipendentemente dal settore di attività, realizzano beni e servizi ritenuti socialmente meritevoli. Il nuovo meccanismo di incentivazione è rivolto alle imprese sociali, alle cooperative sociali e alle società cooperative con la qualifica di ONLUS, aventi sede in tutto il territorio nazionale.
  Nessuna limitazione è prevista con riguardo alla dimensione e al settore di attività. Non possono essere agevolate con il regime di aiuto le attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri e le ulteriori specifiche attività escluse dal campo di applicazione dei regolamenti de minimis. Sono agevolati programmi di investimento di importo compreso tra 200.000 euro e 10 milioni di euro. Al finanziamento agevolato, di durata non superiore a 15 anni e con un piano di ammortamento a rate semestrali costanti posticipate, scadenti il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, deve affiancarsi un prestito ordinario a tassi di mercati erogato da un istituto di credito.
  L'articolo 10, inserito al Senato, al comma 1 istituisce la «Fondazione Italia Sociale», fondazione di diritto privato con finalità pubbliche, che, mediante l'apporto di risorse finanziarie e competenze gestionali, avrà il compito di sostenere, attrarre e organizzare le iniziative filantropiche e gli strumenti innovativi di finanza sociale. In sostanza, secondo le indicazioni del Governo in occasione dell'emendamento governativo che ha proposto l'inserimento nel provvedimento della disposizione, la Pag. 71Fondazione è stata pensata come un'istituzione capace di attrarre le donazioni di imprese e cittadini – prestiti, erogazioni a fondo perduto o anticipazioni di capitale –, a favore degli enti del Terzo settore.
  Per quanto riguarda l'impiego di risorse provenienti da soggetti privati, la disposizione specifica che la Fondazione dovrà rispettare il principio di prevalenza, svolgendo una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell'intervento pubblico.
  Gli interventi innovativi, che la Fondazione è chiamata a sostenere, sono definiti, sempre dal comma 1, come interventi caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti più svantaggiati.
  Ai sensi del comma 2 la Fondazione, per il raggiungimento dei propri scopi, potrà instaurare rapporti con omologhi enti o organismi in Italia e all'estero.
  I commi 3 e 4 disciplinano lo statuto della Fondazione, che dovrà essere approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.
  Per quanto riguarda il contenuto dello Statuto, che deve provvedere alla individuazione degli organi, alla loro composizione e ai loro compiti, la lettera a) del comma 3 stabilisce che esso deve indicare gli strumenti e le modalità che consentano alla Fondazione di finanziare le proprie attività attraverso la mobilitazione di risorse finanziarie pubbliche e private, anche mediante il ricorso a iniziative donative per fini sociali e campagne di crowdfunding.
  Per quanto riguarda gli ambiti di interesse della Commissione Finanze segnala la lettera b) del comma 3, ai sensi della quale lo Statuto deve stabilire strumenti e modalità di investimento, diretto o in partenariato con terzi, anche con riferimento alla diffusione di modelli di welfare integrativi rispetto a quelli già assicurati dall'intervento pubblico e allo sviluppo del microcredito e di altri strumenti di finanza sociale.
  La lettera c) prescrive che lo Statuto preveda la nomina, nell'organo di governo della Fondazione, di un componente designato dal Consiglio nazionale del Terzo settore.
  Il comma 5 specifica che l'organizzazione, il funzionamento e la gestione della Fondazione sono ispirati ai principi di efficacia, efficienza, trasparenza ed economicità. Conseguentemente, il secondo periodo del comma dispone che la Fondazione debba dotarsi di strumenti e modalità di verifica dell'effettivo impatto sociale ed occupazionale conseguito.
  Il comma 6 specifica che la Fondazione, soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, non ha obbligo di conservazione del patrimonio o di remunerazione degli investitori; inoltre, per quanto riguarda i profili di interesse della Commissione Finanze, segnala la previsione secondo cui tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale.
  Il comma 7 assegna per il 2016 alla Fondazione, ai fini dello svolgimento delle attività istituzionali, una dotazione iniziale di un milione di euro, al cui finanziamento si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse che l'articolo 1, comma 187 della legge di stabilità 2015 ha destinato alla Riforma del Terzo settore.
  Il comma 8 dispone che, a decorrere dall'anno successivo all'entrata in vigore della Riforma del Terzo settore, la Fondazione trasmetta alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sulle attività svolte per il perseguimento degli scopi istituzionali, sui risultati conseguiti, sull'entità e articolazione del patrimonio, nonché sull'utilizzo della dotazione iniziale di un milione di euro.
  L'articolo 11 (in precedenza articolo 10) reca la copertura finanziaria degli oneri dettati dal provvedimento, stabilendo innanzitutto, al comma 1, modificato dal Pag. 72Senato, che all'attuazione delle delega si provvede nei limiti delle risorse finanziarie di cui al già richiamato articolo 1, comma 187, della legge di stabilità per il 2015.
  In proposito ricorda che l'articolo 1, comma 187, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190 del 2014) reca una autorizzazione triennale di spesa per il finanziamento della riforma del terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. A tal fine è previsto lo stanziamento di: 50 milioni di euro per il 2015; 140 milioni di euro per il 2016; 190 milioni di euro a decorrere dal 2017, quando lo stanziamento dovrebbe essere autorizzato a regime.
  Al riguardo la nuova formulazione del comma 1 dell'articolo 11 accoglie sostanzialmente l'osservazione di cui alla lettera a) del parere espresso dalla Commissione Finanze in occasione dell'esame in prima lettura, la quale chiedeva, in particolare, di individuare un meccanismo di copertura per gli eventuali oneri finanziari derivanti dall'applicazione dei criteri di delega di cui all'articolo 9, comma 1, lettere da a) a f), in materia di revisione del regime fiscale e di agevolazione degli investimenti di capitale, nonché dall'applicazione dei criteri di delega di cui alle lettere i) e l), in materia di assegnazione agevolata di immobili pubblici e di misure per favorire i trasferimenti di beni patrimoniali agli enti del Terzo settore.
  Il comma 2 autorizza l'impiego delle risorse necessarie per l'attuazione di quanto previsto dal sopra descritto articolo 9, comma 1, lettera g), del provvedimento, relativo all'istituzione del Fondo a favore degli enti del Terzo settore.
  In particolare, la norma autorizza a tali fini la spesa di 17,3 milioni di euro per il 2016 e di 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.
  A tali oneri per il 2016 si provvede come segue:
   quanto a 10 milioni di euro (relativamente alla sezione rotativa del Fondo), mediante utilizzo delle disponibilità in conto residui relative all'autorizzazione di spesa per il Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 23, comma 10, del decreto legge n. 83 del 2012;
   quanto a 7,3 milioni di euro (relativamente alla sezione non rotativa del Fondo), mediante corrispondente utilizzo delle risorse già trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri relative alla quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche per il 2015, nella parte destinata a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale, di cui all'articolo 47 della legge n. 222 del 1985.

  A decorrere dal 2017, la somma di 20 milioni è coperta mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale contenuta nella legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), che, come già ricordato, all'articolo 1, comma 187, ha autorizzato, per questa finalità, la spesa di 50 milioni di euro per il 2015, di 140 milioni di euro per il 2016 e di 190 milioni di euro annui a decorrere dal 2017.
  Al riguardo è stata accolta la condizione di cui al numero 10) del parere espresso dalla Commissione Finanze, riferita al comma 2 dell'articolo 10 (ora articolo 11), aggiornando i riferimenti temporali ivi contenuti alle annualità di bilancio.
  Il comma 3 stabilisce che al rafforzamento delle misure per la riforma strutturale dell'istituto del 5 per mille, prevista dall'articolo 9, comma 1, lettera c), illustrata in precedenza, si provvede nei limiti delle risorse di cui all'articolo 1, comma 154, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), il quale ha autorizzato la spesa di 500 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 per la liquidazione della quota del cinque per mille.
  Al riguardo è stata accolta la condizione di cui al numero 11) del parere espresso dalla Commissione Finanze, riferita al comma 3 dell'articolo 10 (ora articolo 11), eliminando in tale ambito il generico riferimento alla legge di stabilità Pag. 732015 ai fini della stabilizzazione e del rafforzamento delle predette misure di cui all'articolo 9, comma 1, lettera c).
  Il comma 4 reca l'usuale clausola di salvaguardia delle competenze legislative attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano.
  L'articolo 12, non modificato nel corso dell'esame al Senato, prevede che entro il 30 giugno di ogni anno il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasmetta alle Camere una relazione sull'attività di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti del Terzo settore, nonché sull'attuazione della riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti e di tutti gli atti di gestione rilevanti.
  Nel riservarsi di formulare al più presto una proposta di parere, auspica che la Commissione possa concludere l'esame in sede consultiva del provvedimento nella seduta convocata per la giornata di domani.

  Francesco RIBAUDO (PD), con riferimento all'articolo 8, comma 1, lettera c), la quale, tra i criteri per l'attuazione della delega legislativa per la revisione della disciplina in materia di servizio civile, definisce lo status giuridico dei giovani che accedono al Servizio civile con lo Stato, indicando che esso non è assimilabile a un rapporto di lavoro e prevedendo altresì esplicitamente l'esenzione da ogni imposizione tributaria, chiede al relatore se i periodi svolti nell'ambito dell'espletamento del Servizio siano comunque coperti, a fini previdenziali, da contribuzione figurativa.

  Federico GINATO (PD), relatore, si riserva di approfondire la questione posta dal deputato Ribaudo, evidenziando come, peraltro, essa non risulti essere stata oggetto di dibattito nel corso dell’iter del provvedimento.

  Maurizio BERNARDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già prevista per la giornata di domani, nel corso della quale si procederà a porre in votazione la proposta di parere che sarà formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 13.55.

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