CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 maggio 2016
636.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 161

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 3 maggio 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 12.05.

Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.
Testo unificato C. 2236 Sani e C. 2618 Oliverio.

(Parere alla XIII Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 27 aprile 2016.

  Michele BORDO, presidente, ricorda che nella seduta del 20 aprile la relatrice ha illustrato i contenuti del provvedimento. Nella seduta del 27 aprile è quindi proseguito l'esame, senza interventi. Invita quindi i colleghi a prendere la parola.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.10.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 3 maggio 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 12.10.

Schema di decreto legislativo recante modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32, di attuazione della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali.
Atto n. 288.

(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Francesca BONOMO (PD), relatrice, rileva che lo schema di decreto in esame reca integrazioni correttive al decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32 (adottato sulla base della delega contenuta nella Legge di delegazione europea 2013, legge 6 agosto 2013, n. 96) con il quale è stata data attuazione nell'ordinamento nazionale alla direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali.
  Ricorda che la direttiva 2010/64/UE stabilisce norme relative al diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali e nei procedimenti di esecuzione di un mandato di arresto europeo. Essa si basa sul diritto ad un giusto processo, sancito nell'articolo 6 della CEDU come interpretato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. La direttiva disciplina un diritto fondamentale dell'imputato, ossia il diritto ad un'assistenza linguistica adeguata e gratuita (considerando n. 17), il quale si articola in due distinte facoltà: quella di ottenere l'interpretazione delle comunicazioni orali (articolo 2) e quella di poter fruire della traduzione scritta di tutti i documenti essenziali per garantire l'esercizio dei diritti difensivi (articolo 3). Per quanto concerne il diritto alla traduzione, la direttiva precisa che vanno sempre tradotti i documenti fondamentali tra i quali sono ricompresi in modo esplicito le decisioni che privano una persona della propria libertà, gli atti contenenti i capi di imputazione e infine le sentenze (articolo 3, paragrafo 2), nonché il mandato d'arresto europeo.
  La direttiva contempla poi due significativi temperamenti con riguardo al diritto alla traduzione. Il primo è rappresentato dalla specificazione secondo la quale non è indispensabile garantire la traduzione integrale dei documenti fondamentali, potendosi omettere quei passaggi che «non siano rilevanti allo scopo di consentire agli indagati o agli imputati di conoscere le accuse a loro carico». Il secondo correttivo è costituito dalla facoltà di sostituire Pag. 162la traduzione scritta del documento fondamentale con una traduzione orale o con un riassunto.
  In relazione a tutte e due le facoltà la direttiva statuisce espressamente la natura gratuita del servizio (articolo 4) e la necessità di rispettare standard minimi di qualità nell'interpretazione e nella traduzione. A tal fine, da un lato, si prescrive agli Stati membri di istituire un unico registro oppure più registri di traduttori e interpreti indipendenti e debitamente qualificati (articolo 5, paragrafo 2), e, dall'altro di prevedere il riconoscimento del diritto di contestare la qualità della traduzione (articolo 3, paragrafo 5). Le norme stabilite dalla direttiva sono indicate come norme minime, e gli Stati membri sono invitati ad ampliare i diritti previsti al fine di assicurare un livello di tutela più elevato. Il termine di recepimento della direttiva è spirato il 27 ottobre 2013.
  Il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32 attua la direttiva intervenendo su tre versanti:
   la modifica del codice di procedura penale (articolo 1), attraverso la riscrittura dell'articolo 143 e l'inserimento di un comma all'articolo 104, al fine di riconoscere il diritto all'assistenza linguistica nei colloqui con il difensore all'imputato in vinculis;
   l'introduzione di due norme nelle disposizioni di attuazione al codice di rito, al fine di inserire gli esperti in «interpretariato e traduzione» nell'albo dei periti istituito presso ogni tribunale;
   la modifica del testo unico spese di giustizia, al fine di escludere le spese per l'interprete tra quelle ripetibili.

  L'Atto del Governo n. 288 apporta integrazioni correttive al decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 32 e persegue due finalità:
   dettare regole per prevenire abusi all'esercizio del diritto all'assistenza dell'interprete, assicurando nel contempo l'effettività in particolare nei colloqui con i difensori;
   alleggerire le incombenze poste a carico dell'autorità procedente con riferimento agli adempimenti in tema di traduzione scritta degli atti e alle videoconferenze, attribuendo all'autorità giudiziaria procedente il ruolo di garante della effettività del diritto individuale all'interprete.

  In particolare, l'articolo 1 aggiunge (novellando l'articolo 1 del decreto legislativo n. 32) un ulteriore comma all'articolo 146 c.p.p. al fine di semplificare la disciplina del conferimento dell'incarico all'interprete e al traduttore, nel caso in cui questi risieda nella circoscrizione di altro tribunale.
  L'articolo 2 introduce (intervenendo sull'articolo 2 del decreto legislativo n. 32) due nuovi articoli (articoli 51-bis e 67-bis) nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
  L'articolo 51-bis mira ad ovviare ad una delle criticità riscontrate nella prassi all'indomani dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 32, ovvero l'assenza di una regolamentazione del numero di colloqui difensivi assistiti dall'interprete a spese dello Stato. In particolare la nuova disposizione prevede, al comma 1, che, per ciascuno dei casi che legittimano il colloquio assistito a spese dello Stato, l'imputato abbia diritto a un colloquio, salvo che si ravvisi per particolari esigenze l'opportunità di assicurare l'assistenza gratuita dell'interprete per ulteriori colloqui. Il comma 2 prevede che quando ricorrono particolari ragioni di urgenza e non è possibile avere prontamente una traduzione scritta, l'autorità giudiziaria dispone – se ciò non pregiudica il diritto di difesa dell'imputato – la traduzione orale anche in forma riassuntiva. Il comma 3 dell'articolo prevede che la traduzione orale, anche in forma riassuntiva, può sostituire sempre quella scritta in tutti i casi in cui lo stesso imputato rinunci alla traduzione scritta.
  Come segnalato la direttiva 2010/64/UE non contempla in via assoluta il diritto dell'imputato ad una traduzione scritta degli atti processuali rilevanti, demandando Pag. 163agli Stati membri la possibilità di assicurare il raggiungimento medesimo obiettivo attraverso un sistema di interpretazione orale.
  Il comma 4 introduce la possibilità di utilizzare gli strumenti di comunicazione a distanza, quali videoconferenza, telefono o internet, rispondendo ad una esigenza di snellezza e contenimento della spesa emersa dai dati di esperienza giudiziaria che hanno evidenziato la frequente necessità di ricorrere all'ausilio di interpreti di lingue o dialetti anche molto rari. Tale previsione appare in linea con quanto previsto dal paragrafo 6 dell'articolo 2 della direttiva 64/2020/UE.
  Il nuovo articolo 67-bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p. prevede l'istituzione di un elenco nazionale degli interpreti e traduttori, in formato elettronico, utilizzando i dati aggiornati già disponibili presso gli uffici giudiziari, che sono tenuti a trasmetterli al Ministero della giustizia.
  La direttiva, come rilevato, impone agli Stati membri un meccanismo di verifica della qualità del servizio offerto dall'assistente linguistico. La previsione introdotta mira, come si afferma nella relazione illustrativa, ad assicurare un giusto contemperamento fra l'esigenza da un lato di assicurare il diritto al libero esercizio di una professione non regolamentata e, dall'altro, quella di prevedere un sistema efficiente di accesso al servizio di interpretariato e un meccanismo trasparente di nomina di un ausiliario qualificato.
  L'articolo 3 reca infine la clausola di invarianza finanziaria.
  Alla luce dei contenuti del provvedimento, che non presenta profili di criticità, formula una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dalla relatrice.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/67/UE concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»).
Atto n. 296.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo, rinviato nella seduta del 27 aprile 2016.

  Michele BORDO, presidente, ricorda che nella seduta dello scorso 27 aprile la relatrice ha illustrato i contenuti del provvedimento. Invita quindi i colleghi ad intervenire.
  Nessuno chiedendo di prendere la parola, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.20.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 3 maggio 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 12.20.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio.
COM(2015)671 final.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dell'atto dell'Unione europea in oggetto.

  Francesca BONOMO (PD), relatrice, sottolinea come la Commissione avvii oggi – ai fini del parere da rendere alla I Commissione Affari costituzionali – l'esame della proposta di Regolamento dell'Unione europea con la quale si dispone la Pag. 164costituzione di una guardia costiera e di frontiera europea (COM(2015)671).
  Per comprendere le dimensioni del fenomeno basti considerare che – secondo Frontex, l'Agenzia per il coordinamento della sorveglianza delle frontiere esterne UE – nel 2015 sono stati rilevati 1.83 milioni attraversamenti irregolari di migranti, a fronte dei 283.500 nell'anno precedente. Solo in Grecia nel 2015 sarebbero arrivate 880 mila persone, mentre in Italia si sono stimati 170 mila arrivi.
  La restante parte degli attraversamenti irregolari riguarda sostanzialmente la rotta dei Balcani occidentali, sebbene – secondo Frontex – una quota maggioritaria di tali migranti è in realtà transitata dalla stessa Grecia.
  L'UNHCR ha stimato nei primi due mesi del 2016, 132 mila migranti lungo le rotte del Mediterraneo, di cui circa 123 mila in Grecia (rotta del Mediterraneo orientale impiegata dai flussi migratori che transitano dalla Turchia e raggiungono le isole elleniche), e circa 9 mila in Italia (provenienti dalla Libia e che attraversano il Mediterraneo centrale). Secondo l'UNHCR, sono morti in mare dal 1o gennaio 2016 410 persone.
  Come è noto, in risposta a tale emergenza molti Stati dell'area Schengen hanno stabilito la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne, nel tentativo di frenare l'ondata di profughi (tra gli altri, si tratta di Norvegia, Svezia, Danimarca, Austria, Germania); inoltre, in sede di Consiglio, molti Stati membri hanno altresì richiesto di attivare la procedura ex articolo 26 del Codice frontiere Schengen, che in estrema sintesi consente al Consiglio di raccomandare agli Stati membri di reintrodurre i controlli alle frontiere interne per un periodo fino a due anni laddove siano riscontrate gravi lacune nella gestione delle frontiere esterne tali da compromettere il funzionamento globale dell'area Schengen. 
  Da ultimo, il Consiglio Giustizia e affari interni del 12 febbraio 2016, a seguito della cosiddetta relazione di valutazione Schengen adottata dalla Commissione europea (sulla base di un'inchiesta condotta sul territorio ellenico), ha approvato una serie di raccomandazioni alla Grecia volte alla correzione delle gravi carenze individuate nel corso della valutazione e a garantire che tale Stato membro applichi in modo corretto ed efficace tutte le norme Schengen relative alla gestione delle frontiere esterne.
  Ricorda che qualora la Grecia non dovesse colmare tali lacune, entro un termine di tre mesi, il Consiglio potrebbe raccomandare agli Stati membri (in particolare gli Stati esposti alla rotta balcanica) l'applicazione dei controlli alle frontiere interne per un periodo massimo di 2 anni, di fatto sospendendo tale Stato membro dall'area Schengen.
  Obiettivo della proposta è quello di provvedere a una gestione europea integrata delle frontiere esterne allo scopo di gestire efficacemente la migrazione e di garantire un livello elevato di sicurezza interna nell'Unione, salvaguardando al contempo la libera circolazione delle persone al suo interno.
  La proposta fa parte delle iniziative previste dalla stessa Commissione nell'Agenda europea sulla migrazione presentata a maggio 2015, la quale ha annoverato la gestione delle frontiere esterne fra i quattro pilastri su cui basare la politica migratoria dell'Unione. In particolare, l'Agenda proponeva di modificare la base giuridica di Frontex, in modo da ampliarne le funzioni e le capacità.
  Con la presente proposta di regolamento la Commissione intende dunque innalzare il livello qualitativo della politica esistente in materia di gestione delle frontiere, ampliando le capacità di Frontex di reagire efficacemente a minacce presenti o future alle frontiere esterne e provvedendo a «rafforzare, valutare e coordinare proattivamente gli interventi degli Stati membri nell'attuazione di misure adeguate alle frontiere esterne».
  È in questo contesto che l'articolo 1 individua quale obiettivo della proposta l'istituzione di una Guardia costiera e di frontiera europea.
  L'articolo 2 reca le definizioni, e l'articolo 3 chiarisce che la guardia costiera e Pag. 165di frontiera europea sarà un sistema costituito dalle autorità nazionali di controllo delle frontiere (comprese le guardie costiere quando esercitano tali funzioni) e dall'Agenzia Frontex che, in ragione del potenziamento di alcune sue funzioni, cambierebbe anche il nome prendendo quello di «Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera».
  Alla creazione di un sistema comune tra livello nazionale e livello europeo si accompagna la previsione, di cui all'articolo 5, della responsabilità condivisa nella gestione delle frontiere esterne. Si tratta di un notevole progresso se si considera che il vigente quadro giuridico di Frontex assegna a tale organismo la gestione della cooperazione operativa, in sostanza la semplice funzione di coordinamento delle attività di sorveglianza delle frontiere incluse nella sfera di competenza degli Stati membri.
  Merita poi sottolineare il rafforzamento del principio, già parzialmente previsto dalla normativa vigente, dello scambio di informazioni e dell'obbligo posto a carico delle autorità nazionali, di fornire alla istituenda Agenzia tutte le informazioni necessarie per sciogliere i compiti previsti dalla proposta di regolamento.
  L'articolo 10 reca disposizioni per l'istituzione all'interno dell'Agenzia di un centro di monitoraggio dei flussi migratori e analisi dei rischi.
  L'articolo 11 rafforza il ruolo degli ufficiali di collegamento dell'Agenzia negli Stati membri, il cui compito principale sarà raccogliere sul terreno le informazioni richieste dall'Agenzia per effettuare il monitoraggio, le analisi dei rischi e la valutazione di vulnerabilità di uno Stato membro.
  Quest'ultimo strumento è quanto previsto all'articolo 12 e prefigura un nuovo ruolo di supervisore assegnato all'Agenzia rispetto alla condotta degli Stati membri nella gestione delle frontiere.
  Con la valutazione di vulnerabilità l'Agenzia verifica la capacità degli Stati membri di affrontare prontamente problemi imminenti, comprese minacce e pressioni presenti e future alle frontiere esterne, anche valutando l'attrezzatura tecnica, i sistemi, le capacità, le risorse e i piani di emergenza degli Stati membri.
  Di particolare importanza il ruolo assegnato al direttore esecutivo della nuova Agenzia, che stabilisce le necessarie misure correttive che dovranno essere adottate dagli Stati membri interessati, con decisione vincolante per lo Stato membro.
  L'articolo 18 prevede poi che qualora uno Stato membro non adotti le necessarie misure correttive in conformità di una decisione del consiglio di amministrazione di cui all'articolo 12, oppure nel caso di una pressione migratoria sproporzionata alle frontiere esterne che renda inefficaci i controlli di frontiera in misura tale da rischiare di compromettere il funzionamento dello spazio Schengen, la Commissione, dopo aver consultato l'Agenzia, può adottare una decisione mediante atto di esecuzione, in cui definisce le misure che devono essere prese dall'Agenzia stessa e impone allo Stato membro interessato di cooperare con l'Agenzia nell'attuazione di tali misure. Per motivi imperativi di urgenza debitamente giustificati connessi al funzionamento dello spazio Schengen, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili. Quest'ultima disposizione costituisce una delle novità fondamentali della proposta di regolamento ipotizzando un intervento diretto della Commissione europea sugli scenari di crisi.
  L'impianto normativo che scaturisce dalla proposta rappresenta senza dubbio un meccanismo di gestione delle frontiere esterne fortemente innovativo: lo Stato membro interessato è previamente sottoposto al giudizio dell'Agenzia circa la sua vulnerabilità alle frontiere, è poi obbligato ad attuare le eventuali misure correttive suggerite dal direttore esecutivo dell'Agenzia, ed in ultima istanza qualora non si conforma a tali decisioni è la stessa Commissione europea ad intervenire stabilendo con decisione di esecuzione le misure che l'Agenzia deve attuare con la collaborazione obbligatoria dello Stato membro.
  Deve tuttavia segnalarsi che tale assetto, recante un nuovo riparto tra le Pag. 166competenze degli Stati membri e quelle dell'Unione europea (per il tramite della Commissione e dell'Agenzia), deve essere attentamente valutato; non a caso alcuni Parlamenti, e in particolare la Camera dei deputati della Repubblica ceca e la Camera dei rappresentanti del Parlamento dei Paesi Bassi, hanno già evidenziato le criticità che presenta tale nuovo meccanismo, se non addirittura – come nel caso del Parlamento olandese – espresso posizioni fortemente critiche lamentando il rischio di un eccessiva cessione di sovranità.
  Lo stesso Governo nazionale, nella Relazione elaborata dal Ministero dell'Interno e trasmessa il 23 febbraio scorso, non manca di esprimere talune perplessità sotto il profilo del rispetto del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, specie per quanto concerne la facoltà, per la Commissione, di adottare misure urgenti e la possibilità per l'Agenzia di intervenire direttamente.
  L'articolo 19 istituisce una riserva di rapido intervento cui l'Agenzia potrà direttamente attingere per formare le squadre europee di guardia costiera e di frontiera da inviare negli scenari di crisi. Si tratterà dunque di un corpo permanente immediatamente a disposizione dell'Agenzia composto da una piccola percentuale del numero totale delle guardie di frontiera degli Stati membri e comprendente almeno 1.500 persone.
  Segue la stessa ratio l'articolo 37, ai sensi del quale l'Agenzia può acquistare o noleggiare attrezzature tecniche da utilizzare durante le operazioni. Inoltre l'articolo 38 prevede la creazione e la conservazione da parte dell'Agenzia di un registro centralizzato del parco attrezzature tecniche.
  La proposta di regolamento, agli articoli da 26 a 32, prevede il rafforzamento delle funzioni dell'Agenzia in materia di rimpatrio. Oltre all'istituzione al suo interno di un apposito ufficio in materia di rimpatrio al fine di assistere gli Stati membri nel garantire un rimpatrio efficace dei migranti irregolari, il nuovo regolamento sembra abilitare l'Agenzia ad organizzare operazioni di rimpatrio di propria iniziativa.
  L'articolo 52 prevede una cooperazione europea in materia di funzioni di guardia costiera, con lo sviluppo di una cooperazione intersettoriale tra l'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, l'Agenzia europea di controllo della pesca e l'Agenzia europea per la sicurezza marittima.
  Infine la proposta prevede, all'articolo 72, un nuovo strumento a tutela dei diritti fondamentali. Si tratta in particolare di un meccanismo di denuncia inteso a monitorare e assicurare il rispetto dei diritti fondamentali in tutte le attività svolte dall'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera.
  L'Agenzia non potrà procedere autonomamente all'indagine su presunte violazioni dei diritti fondamentali da parte di membri delle squadre europee di guardie costiere e di frontiera, ma sarà la persona direttamente interessata, che ritenga di essere stata oggetto di una violazione dei suoi diritti fondamentali a seguito di tali azioni, o un terzo che intervenga per conto di tale persona, a poter presentare una denuncia scritta all'Agenzia.
  Con riferimento al rispetto del principio di sussidiarietà, la Commissione europea sottolinea che lo spazio Schengen è sostenibile soltanto se si provvede efficacemente alla sicurezza e alla protezione delle frontiere esterne, e che il controllo delle frontiere esterne dell'Unione è un interesse comune e condiviso che dev'essere perseguito secondo norme rigorose e uniformi a livello di Unione.
  Ne deriva, secondo la Commissione, che gli obiettivi della proposta non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, e pertanto l'Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.
  Richiama in conclusione il documento presentato il 16 aprile scorso dal Presidente del Consiglio Renzi e inviato alle istituzioni europee, intitolato «Migration Pag. 167compact: contributo a una strategia UE per l'azione esterna sulla migrazione», con il quale il Governo italiano dichiara di appoggiare con piena convinzione la proposta di istituire una Guardia di frontiera e costiera europea e di riformare il sistema di Dublino. Si tratta di un impegno assunto dall'Esecutivo sin dal semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea e che trova ora traduzione concreta nella proposta di regolamento in esame.

  Florian KRONBICHLER (SI-SEL) sebbene occorra certamente intervenire, rileva con rammarico come la proposta in esame appaia superata dalla realtà dei fatti; la protezione dei confini esterni dell'Unione europea è di fatto impraticabile, non potendosi certo respingere in mare coloro che approdano sulle coste italiane.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi.
COM(2015)586 final.

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso il completamento dell'Unione bancaria».
COM(2015)587 final.

(Parere alla VI Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto degli atti dell'Unione europea in oggetto.

  Paolo TANCREDI (AP), relatore, evidenzia che la Commissione avvia oggi l'esame congiunto – ai fini del parere da rendere alla VI Commissione Finanze – della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi (COM (2015) 586 final) e della Comunicazione della Commissione «Verso il completamento dell'Unione bancaria» (COM (2015) 587 final).
  Si tratta di due documenti di particolare importanza, che si collocano nel quadro delle azioni intraprese dalle istituzioni europee per rispondere alla condizione di grave precarietà del sistema finanziario europeo. La crisi economico-finanziaria ha prodotto infatti significativi effetti negativi sui bilanci delle banche, derivanti dalla rilevante quantità di titoli di debito pubblico detenuti in portafoglio e dall'aumento delle sofferenze provocato dalla crescita delle insolvenze.
  Come è noto, per porre fine al circolo vizioso tra crisi dei sistemi bancari e crescita del debito sovrano, la Commissione europea ha avviato la costruzione dell'Unione bancaria, fondata su tre pilastri:
   un sistema unico di vigilanza;
   un meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, dotato anche di un fondo comune;
   un sistema europeo di garanzia dei depositi bancari.

  Allo stato attuale, il progetto dell'Unione bancaria vede realizzati i primi due pilastri:
   il meccanismo unico di vigilanza bancaria (single supervisory mechanism, SSM, istituito con il regolamento (UE) n. 1024/2013), che prevede l'attribuzione alla BCE di compiti di vigilanza prudenziale direttamente sulle banche cd. «sistemiche» (circa 130 su un totale di 6000 banche europee), e indirettamente – per il tramite delle autorità di vigilanza nazionali – su tutti gli istituti di credito;
   il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie (istituito con il regolamento (UE) n. 806/2014), che mira a Pag. 168limitare l'impatto sui bilanci pubblici degli interventi di salvataggio delle banche in crisi (cosiddetto bail-out), introducendo il principio per cui il finanziamento degli istituti di credito è affidata in primo luogo ad azionisti, obbligazionisti e creditori delle banche stesse (cosiddetto bail-in). Si è provveduto inoltre ad istituire, con accordo intergovernativo, il fondo unico di risoluzione (operativo dal 1o gennaio 2016), che sarà alimentato da contributi delle banche per un totale stimato di 55 miliardi di euro.

  La disciplina prevista dalla proposta di regolamento in esame è volta ad attuare il terzo pilastro ed interviene, novellandolo, sul regolamento (UE) n. 806/2014, richiamato in precedenza, che conseguentemente accorperebbe le regole relative al meccanismo di risoluzione unico e il nuovo sistema di assicurazione dei depositi (EDIS).
  Ricorda che la materia è già oggetto di disciplina europea (la direttiva 2014/49/UE) che ha inteso armonizzare i livelli di tutela offerti dai fondi nazionali di garanzia dei depositi e le loro modalità di intervento in caso di crisi. La disciplina europea non realizza una integrale armonizzazione ma fissa alcuni principi comuni: l'obbligo per tutte le banche di aderire ai sistemi di garanzia nazionali; la previsione della integrale garanzia per i depositi fino al 100 mila euro; la copertura, sia pure entro il tetto previsto, di tutti i depositi a prescindere dalla natura giuridica del titolare e dalla loro entità; la definizione di termini precisi e molto stringenti per l'erogazione dei rimborsi; la previsione del finanziamento dei sistemi nazionali a carico delle banche.
  Non si è quindi pervenuti ad una integrale uniformità dei regimi applicati. La persistenza di differenze è considerata dalla Commissione europea suscettibile di creare distorsioni per cui si propone ora il superamento dei disallineamenti esistenti attraverso la creazione di un sistema comune di assicurazione sui depositi.
  In base alla proposta di regolamento, parteciperanno al nuovo sistema gli Stati membri che adottato l'euro e gli altri Stati che intenderanno volontariamente aderirvi. La creazione di un sistema comune non dovrebbe comportare maggiori oneri per le banche (che già sono chiamate a concorrere al finanziamento del fondo unico di risoluzione) perché i relativi contributi verrebbero dedotti da quelli erogati a favore dei rispettivi sistemi nazionali. Ovviamente, tale invarianza vale nella misura in cui i sistemi nazionali corrispondano già agli standard previsti. È comunque da valutare quale funzione accessoria potranno svolgere i sistemi di garanzia nazionali una volta completato il percorso di realizzazione del nuovo sistema europeo.
  È infatti prevista, infatti una precisa scansione temporale, in tre tappe, per la realizzazione del nuovo sistema:
   1. in una prima fase, fino al 2020, si realizzerebbe una sorta di riassicurazione per cui il sistema unico, denominato EDIS, interverrà soltanto pro quota alle eventuali perdite dei sistemi di garanzia partecipanti. In sostanza, in questa fase, un sistema nazionale potrà chiedere l'intervento del DIF (fondo di assicurazione dei depositi che sostiene l'EDIS) fino al 20 per cento del suo ammanco di liquidità; la restante parte (80 per cento) dovrà essere coperta con altre risorse. Un SGD nazionale potrà accedere ai fondi EDIS soltanto dopo aver esaurito tutte le sue risorse proprie e solo se in regola con il livello di contribuzione stabilito;
   2. successivamente, dal 2020 al 2024 subentrerebbe una fase di coassicurazione in cui opererebbe un sistema di mutualizzazione progressiva con un contributo a carico dell'EDIS che crescerà dal 20 per cento il primo anno al 40 per cento il secondo anno al 60 per cento il terzo anno e l'80 per cento dal quarto anno; la differenza fondamentale rispetto al sistema di rassicurazione è che un SGD non sarà tenuto a esaurire i propri fondi prima di poter accedere ai fondi EDIS e verrà introdotto un maggior grado di condivisione dei rischi tra i sistemi nazionali attraverso l'EDIS;Pag. 169
   3. a partire dal 2024 l'EDIS assicurerà integralmente i sistemi nazionali.

  Si tratta di un passaggio decisivo perché si prospetta la sostanziale confluenza dei sistemi nazionali in un sistema comune, che dovrà assicurare, sia pure entro i limiti previsti che restano invariati, i depositanti presso tutte le banche dei paesi coinvolti.
  Si opererebbe, quindi una sorta di mutualizzazione di fronte alla quale sono emerse forti perplessità di alcuni paesi membri i quali temono che i propri sistemi bancari siano chiamati a finanziare interventi a favore di depositanti di altri paesi per l'insolvenza di banche straniere.
  L'Italia registra una incidenza delle sofferenze particolarmente elevata che ha inevitabilmente determinato una riduzione del ROE delle nostre banche. Va tuttavia osservato che il Governo si è attivato per consentire una riduzione del livello delle sofferenze; ciò è avvenuto in primo luogo attraverso l'adozione di una disciplina tributaria finalizzata a velocizzare la deducibilità delle sofferenze e, più recentemente, attraverso l'avvio di un negoziato, rivelatosi assai complesso, con le Istituzioni europee per individuare uno strumento idoneo a consentire alle banche lo smobilizzo delle sofferenze attraverso la loro cartolarizzazione.
  Occorre quindi salutare con compiacimento la notizia dell'accordo che sarebbe stato raggiunto con la Commissione europea che avrebbe convenuto che la normativa che il Governo italiano intende adottare non prefigura un aiuto di Stato.
  Alla luce della normativa che il Governo si accinge ad adottare con l'avallo delle istituzioni europee e nell'auspicio che tale normativa si riveli utile per alleviare i conti della banche italiane, occorre dunque valutare se la previsione di un regime comune di assicurazione di depositi, qual è quella prospettata dai documenti al nostro esame, rappresenti un progresso per la salvaguardia dei risparmiatori italiani o se invece non possa penalizzare il sistema nazionale che già in passato è stato chiamato a far fronte alle crisi bancarie di altre paesi attraverso il finanziamento del fondo salva Stati.
  Quanto alla Comunicazione «Verso il completamento dell'Unione bancaria», questa prospetta ulteriori misure che dovrebbero rispondere all'obiettivo di ridurre i rischi residui nel settore bancario. In particolare, la Comunicazione sottolinea che:
   sono necessari ulteriori interventi per garantire che il meccanismo unico di vigilanza possa operare nel modo più efficace possibile, riducendo le opzioni e le discrezionalità nazionali nell'applicazione delle norme prudenziali;
   l'armonizzazione dei sistemi nazionali di garanzia dei depositi dovrà progredire contemporaneamente all'istituzione dell'EDIS;
   il Comitato di risoluzione unico deve poter intervenire in modo tempestivo ed efficace nel caso di banche in dissesto o a rischio di dissesto per salvaguardare la stabilità finanziaria e limitare i costi potenziali per l'intero settore bancario e per i contribuenti (Il Comitato, istituito dal regolamento UE/2014/806, è pienamente operativo da gennaio 2016);
   è essenziale che l'uso dei finanziamenti pubblici per mantenere la solvibilità e la resilienza del settore bancario sia ridotto al minimo e sia disponibile solo in ultima istanza;
   va rafforzata la convergenza fra gli Stati membri per quanto riguarda la normativa sull'insolvenza e le procedure di ristrutturazione, come evidenziato nel piano d'azione per la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali presentato dalla Commissione europea il 30 settembre 2015;
   dovrebbero essere adottate ulteriori misure prudenziali volte a limitare la leva finanziaria delle banche, garantire la stabilità dei finanziamenti bancari e migliorare la comparabilità degli attivi ponderati per il rischio;Pag. 170
   si dovrebbe infine riesaminare l'adeguatezza del trattamento prudenziale delle esposizioni delle banche al rischio sovrano.

  La Comunicazione sottolinea altresì la necessità che gli Stati membri recepiscano integralmente le direttive 2014/59/UE (sul meccanismo unico di risoluzione) e 2014/49/UE (sugli schemi di garanzia dei depositi).
  Rileva, in conclusione, che la Comunicazione richiama i contenuti della Relazione dei cinque Presidenti del giugno 2015, facendo esplicito riferimento ad una ipotesi alla quale il Governo italiano si è sinora fortemente opposto: l'introduzione di limiti all'esposizione del portafoglio delle banche nei confronti dei titoli di Stato. Si tratta di una previsione che metterebbe in grave difficoltà il sistema creditizio italiano, che non ha fatto ricorso a finanziamenti pubblici e che si vedrebbe ora penalizzato per il possesso di titoli sovrani.
  Ritiene opportuno che la XIV Commissione, in sede di espressione del parere sugli atti, sottolinei la questione, che rischia di determinare un grave vulnus per il sistema creditizio nazionale.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE e del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi.
COM(2016)128 final.

(Parere alla XI Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dell'atto dell'Unione europea in oggetto, rinviato nella seduta del 27 aprile 2016.

  Michele BORDO, presidente, ricorda che nella seduta dello scorso 27 aprile la relatrice ha illustrato i contenuti dell'atto. Invita quindi i colleghi ad intervenire.
  Nessuno chiedendo di prendere la parola, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.40 alle 12.45.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 3 maggio 2016. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.15.

Sugli strumenti e i metodi per la valutazione ex ante e ex post dell'impatto della normativa dell'Unione europea.
Audizione del Direttore Migrazione e Protezione della Direzione generale della Migrazione e degli Affari interni (HOME) della Commissione europea, Laurent Muschel.
(Svolgimento e conclusione).

  Michele BORDO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Laurent MUSCHEL. Direttore Migrazione e Protezione della Direzione generale della Migrazione e degli Affari interni (HOME) della Commissione europea, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Intervengono quindi i deputati Ilaria CAPUA (SCpI), Francesca BONOMO (PD), Pag. 171Tea ALBINI (PD) e il presidente Michele BORDO per formulare quesiti ed osservazioni.

  Laurent MUSCHEL. Direttore Migrazione e Protezione della Direzione generale della Migrazione e degli Affari interni (HOME) della Commissione europea, replica ai quesiti posti.

  Michele BORDO, presidente, ringrazia il dottor Muschel per il suo intervento. Dichiara quindi conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.50.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.