CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 maggio 2016
636.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO
Pag. 3

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 3 maggio 2016. — Presidenza del presidente della I Commissione Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene la ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia.

  La seduta comincia alle 12.35.

Schema di decreto legislativo recante modifiche all'articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sul licenziamento disciplinare.
Atto n. 292.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Alan FERRARI (PD), relatore per la I Commissione, osserva che lo schema di decreto legislativo in esame (atto del Governo n. 292) è adottato in attuazione dell'articolo 17, comma 1, lettera s), della legge n. 124 del 2015, con cui il Governo è stato delegato, nell'ambito del complessivo riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, alla «introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare».
  Per quanto concerne le modalità di esercizio della delega in esame si prevede che i decreti legislativi vengano adottati: entro 18 mesi (dalla data di entrata in vigore delle legge n. 124 del 2015), quindi entro il 28 febbraio 2017; sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; previo parere della Conferenza unificata, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti per materia. I pareri parlamentari devono essere espressi entro 60 giorni dalla data di trasmissione (ossia entro il l'11 giugno 2016). Nel caso in cui il Governo non Pag. 4intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione; successivamente, le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione.
  Si ricorda poi che l'articolo 16 della medesima legge n. 124 del 2015, alla lettera a), definisce i principi e criteri comuni e le disposizioni di carattere procedurale per l'adozione di decreti legislativi di semplificazione nel settore del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa.
  Si ricorda altresì che l'articolo 11 della legge n. 124 del 2015 prevede che il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. Le deleghe di cui all'articolo 17 della legge n. 124 del 2015 possono essere anche esercitate congiuntamente con quelle riguardanti la dirigenza pubblica (di cui all'articolo 11 della medesima legge n. 124 del 2015) mediante l'adozione di uno o più decreti legislativi, a condizione però che sia seguita la specifica procedura di razionalizzazione e semplificazione prevista dal precedente articolo 16 e che i decreti delegati siano adottati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, ossia entro il 28 agosto 2016 (ai sensi del comma 2 dell'articolo 17).
  Come evidenziato nella relazione illustrativa del provvedimento, il Governo ha inteso individuare nell'azione disciplinare nei confronti dei comportamenti fraudolenti che possono verificarsi all'interno delle sedi di lavoro pubbliche uno strumento per la promozione del processo di radicale riorganizzazione dell'amministrazione dello Stato, anche sotto il profilo dell'efficienza, della produttività e della legalità. La volontà è di combattere il fenomeno dell'assenteismo e della illegalità nella PA (causa di disuguaglianze, di inefficienza e di ingenti costi) e di evitarne il perpetrarsi. Con lo schema di decreto legislativo in esame si riconosce una maggiore gravità alla condotta del pubblico dipendente che attesta falsamente la sua presenza, allargandone contestualmente l'ambito di applicazione. Tale condotta comporterà la sospensione cautelare immediata senza stipendio del dipendente entro quarantotto ore, e, se confermata, potrà comportare «entro trenta giorni» il licenziamento del dipendente ritenuto colpevole.
  L'articolo 1 modifica l'articolo 55-quater del decreto legislativo n.165 del 2001, introducendovi cinque ulteriori commi (commi 1-bis, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies). Tale articolo 55-quater tipizza alcune fattispecie che determinano in ogni caso la sanzione disciplinare del licenziamento, ferme restando la disciplina generale in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e ulteriori ipotesi previste dalla contrattazione collettiva.
  Nel ricordare che i commi 1-bis, 3-bis e 3-ter, introdotti dalle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 1 nell'ambito del richiamato articolo 55-quater – intervenendo, rispettivamente, in materia di ampliamento della fattispecie disciplinare prevista dall'articolo 55-quater, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 165 del 2001, sospensione cautelare, senza stipendio, del dipendente pubblico, nonché introduzione di un procedimento disciplinare accelerato – presentano profili rientranti nell'ambito di più stretta competenza della XI Commissione, fa presente che si soffermerà sulla parte dell'articolo 1 del testo che, al comma 1, lettera b), introduce, nell'ambito dell'articolo 55-quater, i commi 3-quater e 3-quinquies, disposizioni che appaiono più riconducibili all'ambito di interesse della I Commissione.
  Il comma 3-quater, inserito nell'ambito dell'articolo 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2001, introduce l'azione di responsabilità per danni di immagine della P.A. nei confronti del dipendente sottoposto ad azione disciplinare per falsa attestazione Pag. 5della presenza in servizio. In particolare, si prevede che: la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla Corte dei conti debbano avvenire entro 15 giorni dall'avvio del procedimento disciplinare; la Procura della Corte dei conti, qualora ne ricorrano i presupposti, emetta invito a dedurre per danno di immagine della P.A entro 3 mesi dalla conclusione del procedimento disciplinare; l'azione di responsabilità sia esercitata entro i 120 giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga, secondo le modalità e i termini previsti dalla normativa vigente sul giudizio di responsabilità amministrativa presso la Corte dei Conti. Si prevede, infine, che l'ammontare del danno risarcibile sia rimesso alla valutazione equitativa del giudice anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi di informazione e, comunque, non possa essere inferiore a sei mesi dell'ultimo stipendio in godimento.
  Su tale comma 3-quater, secondo il parere del Consiglio di Stato, apparrebbe opportuno, prevedere che l'obbligo di denuncia al pubblico ministero e di segnalazione alla Corte dei conti, entro 15 giorni dall'avvio del procedimento disciplinare, gravante sull'ufficio per i procedimenti disciplinari, operi non solo in relazione alle ipotesi previste al nuovo comma 3-bis dell'articolo 55-quater (falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze), ma in tutti i casi di «falsa attestazione della presenza in servizio» (richiamando, a tal fine, anche il nuovo comma 1-bis, nonché il vigente comma 1, lettera a), dell'articolo 55-quater), trattandosi di condotte del tutto assimilabili sotto il profilo della responsabilità penale (prevista all'articolo 55-quinquies, comma 1) e per danno di immagine alla P.A (ai sensi dell'articolo 55-quinquies, comma 2).
  Con riferimento al danno di immagine per la P.A. (peraltro già disciplinato dall'articolo 55-quinquies, comma 2), appare poi opportuno escludere che il suo ammontare possa essere valutato in relazione alla «rilevanza del fatto per i mezzi di informazione, trattandosi di parametro mediatico estraneo alla condotta del dipendente».
  Passando ad esaminare il comma 3-quinquies introdotto dall'articolo 1 nell'ambito dell'articolo 55-quater, sempre in relazione ai casi di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, rileva che esso amplia la responsabilità, disciplinare e penale, dei dirigenti o, negli enti privi di qualifica dirigenziale, dei responsabili di servizio competenti. In particolare, si prevede che le condotte omissive (omessa comunicazione all'ufficio per i procedimenti disciplinari; omessa attivazione del procedimento disciplinare; omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare) costituiscono illeciti disciplinari punibili con il licenziamento e illeciti penali riconducibili al reato di omissione di atti d'ufficio (articolo 328 del codice penale).
  Si osserva, preliminarmente, che, nel quadro normativo vigente, la responsabilità dirigenziale si fonda, in particolare, sulle previsioni dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 che richiama il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione o l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente quali elementi che comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dell'incarico dirigenziale. Per quanto riguarda la giurisprudenza costituzionale intervenuta sulla materia, si ricorda in particolare che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 103 del 2007, ha precisato che la prevista contrattualizzazione della dirigenza non implica che la pubblica amministrazione abbia la possibilità di recedere liberamente dal rapporto stesso (sentenza n. 313 del 1996), in quanto si verrebbe ad instaurare uno stretto legame fiduciario tra le parti, che non consentirebbe ai dirigenti generali di svolgere in modo autonomo e imparziale Pag. 6la propria attività gestoria, con la conseguenza che il rapporto di ufficio, pur se caratterizzato dalla temporaneità dell'incarico, debba essere connotato da specifiche garanzie in modo da assicurare la tendenziale continuità dell'azione amministrativa ed una chiara distinzione funzionale tra i compiti di indirizzo politico-amministrativo e quelli di gestione, al fine di consentire che il dirigente generale possa espletare la propria attività in conformità ai principi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa (articolo 97 della Costituzione). In tale prospettiva (sentenza n. 193 del 2002 e ordinanza n. 11 del 2002), vanno previste adeguate garanzie procedimentali nella valutazione dei risultati e dell'osservanza delle direttive ministeriali finalizzate alla adozione di un eventuale provvedimento di revoca dell'incarico per accertata responsabilità dirigenziale.
  Si fa presente che il Consiglio di Stato, nel proprio parere sul provvedimento in esame, ha espresso dubbi sulla riconducibilità alla delega ed al citato criterio direttivo delle disposizioni, recate dallo schema d decreto, relative al risarcimento del danno di immagine alla P.A. (di cui al comma 3-quater, secondo, terzo e quarto periodo) e all'ampliamento della responsabilità penale dei dirigenti (o dei responsabili di servizio competenti) in relazione alla fattispecie di reato «Omissione di atti di ufficio» (di cui al comma 5-quinquies).
  Per quanto concerne le disposizioni sul danno di immagine, il Consiglio di Stato, osservato in via generale che trattasi di disposizioni che intervengono sulla responsabilità erariale (e non «disciplinare») del dipendente, ritiene che contrasti con la delega l'introduzione di una dettagliata procedura per l'esercizio dell'azione di responsabilità, che non attiene direttamente alla disciplina del rapporto di lavoro e, oltretutto, si svolge e si esaurisce successivamente alla conclusione della procedura di licenziamento.
  Per quanto concerne le disposizioni sulla responsabilità penale dei dirigenti (o dei responsabili di servizio competenti), di più stretta competenza della I Commissione, si fa presente che il Consiglio di Stato, osservato in via generale che trattasi di disposizioni che intervengono sulla responsabilità penale (e non «disciplinare») dei dipendenti, ritiene che la disposizione non si limiti a richiamare la fattispecie del reato di «Omissione di atti di ufficio» (articolo 328 del codice penale), ma configuri nuove fattispecie penali (omessa comunicazione all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari; omessa attivazione del procedimento disciplinare; omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare), aggiuntive rispetto a quelle tipizzate dall'articolo 328 del codice penale (il quale configura illecita la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che «entro 30 giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo [...] tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine decorre dalla ricezione della richiesta stessa»).
  Ai fini della valutazione relativa al rapporto tra lo schema di decreto delegato ed il «perimetro» individuato dai criteri e principi direttivi recati dalla legge delega va altresì ricordato che un altro criterio di delega recato dalla legge n. 124 del 2015 (articolo 11, comma 1, lettera m)) affida al legislatore delegato il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, stabilendo espressamente che, in sede di attuazione della delega, il criterio da seguire è quello della «limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziali alle ipotesi di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive imputabili al dirigente); viene altresì richiamata, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per «l'attività gestionale» Pag. 7(analogo criterio direttivo è previsto all'articolo 17, comma 1, lettera t)). Come già rilevato, il richiamato articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 stabilisce che il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione nei ruoli delle amministrazioni dello Stato ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo; al di fuori di tali ipotesi, in caso di colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione (accertata, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali) può essere disposta la decurtazione della retribuzione di risultato, in relazione alla gravità della violazione, di una quota fino all'ottanta per cento.
  Il testo specifica nell'ambito del criterio di delega, la limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti «effettivamente imputabili» ai dirigenti stessi, escludendo quindi ogni forma di responsabilità oggettiva riconducibile a tale fattispecie.
  Al contempo, in sede di attuazione della delega altro criterio (articolo 11, comma 1, lettera q)) prevede la definizione di ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, nei confronti di soggetti che siano stati condannati, anche in via non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose.
  In linea generale, il Consiglio di Stato segnala l'opportunità di valutare attentamente tale previsione della sanzione del licenziamento disciplinare per dirigenti e responsabili di servizio competenti, considerando che si finirebbe sostanzialmente per equipararne la condotta omissiva all'illecito della falsa attestazione della presenza in servizio del dipendente: in particolare, al fine di escludere il rischio di configurare forme di responsabilità oggettiva, ad avviso del Consiglio di Stato, si potrebbe limitare la responsabilità disciplinare sanzionata con il licenziamento ai soli casi di condotte omissive poste in essere con dolo o colpa grave (al riguardo il Consiglio di Stato propone dopo la parola «dirigenti» l'introduzione dell'inciso «che abbiano acquisito conoscenza del fatto»; e dopo le parole «sospensione cautelare» l'introduzione dell'inciso «senza giustificato motivo»);
  L'articolo 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall'attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Il contenuto del provvedimento è riconducibile alle materie di competenza esclusiva statale «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» e «ordinamento penale», di cui all'articolo 117, comma 2, lettere g) e l), della Costituzione.

  Valentina PARIS (PD), relatrice per la XI Commissione, avverte preliminarmente che nella sua relazione si soffermerà essenzialmente sulle disposizioni che attengono specificamente alla regolamentazione del licenziamento disciplinare dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, contenute nella lettera a) e nei capoversi 3-bis e 3-ter della lettera b) del comma 1 dell'articolo 1. Al riguardo, ritiene utile ripercorrere brevemente il quadro normativo vigente in materia, in linea anche con la ricostruzione contenuta nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo al nostro esame.
  In proposito, ricorda in primo luogo che l'attuale normativa è sostanzialmente Pag. 8riconducibile alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 150 del 2009, che, in attuazione di una più ampia delega al Governo relativa alla revisione della disciplina del lavoro pubblico, è intervenuto sulla materia delle sanzioni disciplinari e della responsabilità dei dipendenti pubblici, modificando ed integrando le norme contenute al riguardo nel decreto legislativo n. 165 del 2001. Al riguardo, è opportuno ricordare che nella fase antecedente alla privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego, avviata con il decreto legislativo n. 29 del 1993, la materia disciplinare era oggetto di un sistema normativo che attribuiva alla pubblica amministrazione ampia discrezionalità nella valutazione degli illeciti disciplinari, mentre, per effetto della privatizzazione, la regolamentazione del potere disciplinare è stata rimessa alla contrattazione collettiva. In questo quadro, il decreto legislativo n. 150 del 2009 ha segnato una ulteriore evoluzione reintroducendo una regolazione di carattere legislativo per le fattispecie più gravi, sottratta alla contrattazione delle parti. In particolare, assumono interesse le disposizioni introdotte dall'articolo 69 del decreto legislativo n. 150 del 2009, che ha inserito nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli articoli da 55-bis a 55-novies, rivedendo complessivamente la materia dei procedimenti disciplinari nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo n. 165, con disposizioni che, ai sensi del precedente articolo 55, anch'esso riscritto dalla riforma del 2009, costituiscono norme imperative.
  L'articolo 55-bis, nello stabilire le forme e i termini del procedimento disciplinare, prevede procedure differenziate a seconda della gravità delle infrazioni e delle relative sanzioni. Per le infrazioni meno gravi, il comma 2 prevede la contestazione scritta dell'addebito entro venti giorni dalla notizia dei comportamenti sanzionabili e la decisione entro sessanta giorni dalla contestazione dell'addebito. Per le fattispecie più gravi sono previsti la trasmissione degli atti all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari e il raddoppio dei termini della procedura.
  Segnala che l'articolo 55-ter regola i rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale, prevedendo la prosecuzione e la conclusione del procedimento disciplinare anche in pendenza del procedimento penale. In particolare, per le infrazioni di minore gravità non è ammessa la sospensione del procedimento, mentre per quelle più gravi l'ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando, all'esito dell'istruttoria, non disponga di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, può disporre la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ferma in ogni caso la possibilità di adottare la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente.
  Fa presente, poi, che il successivo articolo 55-quater, novellato dal provvedimento in esame, tipizza alcune fattispecie che determinano in ogni caso la sanzione disciplinare del licenziamento, ferme restando la disciplina generale in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e ulteriori ipotesi previste dalla contrattazione collettiva. In particolare, il licenziamento è disposto senza preavviso nei seguenti casi: falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera; reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della dignità personale altrui; condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro. Ricorda che il licenziamento è, Pag. 9invece, preceduto dal preavviso nei seguenti casi: assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione; ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione per motivate esigenze di servizio; insufficiente rendimento in un periodo non inferiore a un biennio dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa.
  Fa presente, infine, che l'articolo 55-quinquies introduce il reato di false attestazioni o certificazioni che si configura qualora il lavoratore attesti falsamente la propria presenza in servizio con alterazione dei sistemi di rilevamento o giustificando l'assenza dal servizio tramite certificazione medica falsa. In tal caso, il lavoratore è altresì obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno all'immagine subiti dall'amministrazione.
  Secondo quanto riportato nell'analisi di impatto della regolamentazione allegata allo schema di provvedimento, dai dati forniti dall'Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico della Ragioneria generale dello Stato, sulla base delle elaborazioni dell'ARAN, risulta che il numero totale di licenziamenti irrogati nel pubblico impiego, sia tra il personale contrattualizzato sia tra quello in regime di diritto pubblico, è stato di 521 nell'anno 2011, di 528 nell'anno 2012, di 620 nell'anno 2013 e di 862 nell'anno 2014.
  In questo contesto, nell'ambito della più generale delega per il riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, l'articolo 17, comma 1, lettera s), reca uno specifico criterio direttivo riferito all'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare. Come indicato nella relazione illustrativa che accompagna lo schema in esame, l'esercizio di tale delega da parte del Governo è da ricondursi alla scelta di supportare il processo di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, volto a garantire l'efficienza dell'azione amministrativa, la produttività e la legalità, anche attraverso un più efficace contrasto degli illeciti disciplinari e una loro più tempestiva sanzione. I fatti di cronaca, come quelli verificatisi nel Comune di Sanremo, appaiono indicativi – secondo quanto indicato nella relazione – dell'esigenza di un intervento volto a rafforzare la dissuasività e la certezza delle sanzioni. Nel parere emesso sullo schema in esame, il Consiglio di Stato sottolinea come l'assenteismo fraudolento, oltre a rappresentare un costo improduttivo per le amministrazioni, si riflette negativamente sulla «produttività percepita» del sistema pubblico da parte dei cittadini e, quindi, sulla fiducia che la società civile ripone nell'efficienza dello stesso, assumendo anche una rilevanza etica in relazione alle iniziative assunte per stimolare e sostenere la ripresa economica con la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
  Venendo alle disposizioni dello schema di decreto legislativo più direttamente riferibili alle materie di competenza della XI Commissione, rileva che la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 introduce nell'articolo 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2011 il comma 1-bis, che reca una definizione di carattere normativo della fattispecie di falsa attestazione della presenza in servizio, che, come già ricordato, determina il licenziamento disciplinare senza preavviso, ai sensi della lettera a) del comma 1 del medesimo articolo 55-quater. Nella relazione illustrativa allegata al provvedimento si evidenzia che le modifiche intendono consentire all'amministrazione di colpire un maggior numero di comportamenti fraudolenti, essendo l'attuale definizione della «falsa attestazione della presenza in servizio» troppo Pag. 10generica e limitata. In particolare, la disposizione introdotta con il provvedimento in esame qualifica come falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio circa il rispetto dell'orario di lavoro dello stesso. Il secondo periodo estende la responsabilità per la violazione anche a quanti abbiano agevolato, con comportamenti attivi o omissivi, la condotta fraudolenta.
  Per quanto attiene ai commi introdotti dalla successiva lettera b), il nuovo comma 3-bis dell'articolo 55-quater disciplina una fattispecie di sospensione cautelare obbligatoria del dipendente pubblico in caso di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze. La sospensione comporta la privazione dello stipendio ed è disposta senza preventiva audizione dell'interessato, con provvedimento motivato, dal responsabile della struttura di appartenenza del soggetto o, qualora ne venga a conoscenza per primo, dall'ufficio per i procedimenti disciplinari, in via immediata o comunque entro quarantotto ore dal momento in cui ne sia venuto a conoscenza. La violazione del termine non determina comunque la decadenza dell'azione disciplinare o l'inefficacia della sospensione cautelare, salva la responsabilità del dipendente responsabile di tale violazione.
  Come evidenziato anche nel parere del Consiglio di Stato, la norma determina una estensione della fattispecie della sospensione obbligatoria, fino ad ora prevista per casi di adozione, in sede penale, di misure coercitive o limitative della libertà personale o, comunque, di misure impeditive della prestazione del servizio, ovvero di sottoposizione del dipendente a procedimento penale per reati particolarmente gravi. La mancata audizione dell'interessato, del resto, appare compatibile con la funzione di carattere preventivo dell'istituto, teso ad allontanare il dipendente dal servizio al fine esclusivo di evitare un pregiudizio per il buon andamento e il prestigio dell'amministrazione. Anche alla luce di tale natura, nel parere del Consiglio di Stato si segnala l'opportunità di chiarire se, durante la sospensione, sia comunque prevista la corresponsione di un assegno alimentare, avente natura non retributiva, ma assistenziale, come di regola previsto nei casi di sospensione cautelare dal servizio. In questa ottica, il Consiglio di Stato auspica che, nella predisposizione del nuovo testo unico sui pubblici dipendenti l'intera materia disciplinare subisca una generale rivisitazione, in modo da definire un procedimento univoco, sorretto da regole chiare e tassative, che consentano anche di prevenire il non trascurabile contenzioso in materia.
  Per altro verso, nel più volte richiamato parere del Consiglio di Stato si rileva l'opportunità di precisare la natura e le conseguenze della responsabilità del dipendente nel caso in cui la violazione del termine di quarantotto ore previsto per la sospensione cautelare sia a lui imputabile, dal momento che la fattispecie non sembrerebbe direttamente riconducibile a quella prevista dal successivo comma 3-quinquies.
  Il nuovo comma 3-ter dell'articolo 55-quater introduce un procedimento disciplinare accelerato per le fattispecie di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, di cui al precedente comma 3-bis. In presenza di tali fattispecie, il responsabile della struttura di appartenenza del dipendente, contestualmente al provvedimento di sospensione cautelare, trasmette gli atti all'ufficio per i procedimenti disciplinari, il quale, dopo averli ricevuti o essere comunque essere venuto a conoscenza del fatto, avvia immediatamente il procedimento disciplinare, che deve concludersi entro 30 giorni.
  Segnala che nel parere reso dal Consiglio di Stato si rileva l'opportunità di assicurare il coordinamento tra la disciplina del procedimento accelerato contenuta nel comma in esame e le disposizioni Pag. 11generali sullo svolgimento del procedimento disciplinare previste dall'articolo 55-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, che individuano specifici termini per la contestazione degli addebiti e per il preavviso relativo alla convocazione in contraddittorio del dipendente. In particolare, si evidenzia l'esigenza di individuare espressamente i termini per l'avvio del procedimento disciplinare e il dies a quo di decorrenza del termine dì trenta giorni per la conclusione del medesimo procedimento. Al fine di garantire il rispetto di tale ultimo termine, il Consiglio di Stato invita a considerare l'opportunità di ridurre al minimo gli adempimenti formali, dando maggior rilievo all'oralità nel procedimento, senza tuttavia far venire meno per l'incolpato le garanzie del contraddittorio e la facoltà di farsi assistere da un procuratore o da un rappresentante sindacale, seguendo modelli già seguiti per i procedimenti disciplinari delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile.
  A suo avviso, infine, nel caso di specie non sembrerebbe possibile disporsi la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, prevista in via generale all'articolo 55-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001 nei casi di particolare complessità dell'accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando l'amministrazione all'esito dell'istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l'irrogazione della sanzione, giacché nella fattispecie in esame la falsa attestazione della presenza in servizio sarebbe accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze. Al riguardo, ritiene che potrebbe, comunque, essere opportuno acquisire l'avviso del Governo.

  Roberto SIMONETTI (LNA) evidenzia come ai messaggi trionfalistici del Governo che, in occasione di recenti fatti di cronaca, aveva annunciato il suo intervento in materia, vista la sostanziale assenza di disciplina al riguardo, sia seguito, in effetti, un provvedimento che si limita ad accelerare termini già previsti dalla normativa vigente e dettagliare maggiormente la fattispecie della falsa attestazione della presenza in servizio, già prevista dal comma 1 dell'articolo 55-quater del decreto legislativo n. 165 del 2011. L'unico elemento di novità di cui deve dare atto al Governo è la maggiore accentuazione della responsabilità dei dirigenti che, nella normativa vigente, appare piuttosto attenuata. In conclusione, a suo giudizio, il provvedimento va nella giusta direzione, ma si basa su una costruzione normativa già esistente, risalente al 2009, rispetto alla quale apporta alcuni limitati correttivi.

  Danilo TONINELLI (M5S) ritiene opportuno svolgere un'approfondita attività conoscitiva, che preveda, ad esempio, l'acquisizione di elementi utili da parte della Corte dei conti in materia di svolgimento di procedimenti disciplinari, in esito alla quale il suo gruppo si riserva di svolgere interventi di merito più consapevoli.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nel far presente che le modalità di prosecuzione dell’iter saranno definite nell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, previsto al prossimo punto dell'ordine del giorno, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.55

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 3 maggio 2016.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 12.55 alle 13.