CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 28 aprile 2016
633.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
COMUNICATO
Pag. 71

INTERROGAZIONI

  Giovedì 28 aprile 2016. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Massimo Cassano.

  La seduta comincia alle 9.05.

5-07376 Businarolo: Distacchi, di lavoratori dalla società Serenissima Costruzioni Spa alla società Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova.

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  Il sottosegretario Massimo CASSANO risponde all'interrogazione nei termini riportati in allegato (vedi allegato 1).

  Matteo DALL'OSSO (M5S), cofirmatario dell'interrogazione, esprime preliminarmente la propria soddisfazione per il fatto che la collega Businarolo abbia posto all'attenzione una vicenda così grave, nella quale due società a partecipazione pubblica non solo non hanno rispettato la normativa in materia di distacchi, ma non hanno neanche applicato quanto disposto dal tribunale di Verona, in spregio dei legittimi interessi dei lavoratori e della loro dignità. La situazione si è ulteriormente aggravata, con l'acquisizione della società A4 Holding da parte della spagnola Abertis, alla quale è stata concessa un'ulteriore proroga, fino allo scorso 22 aprile, per la definizione degli ultimi aspetti contrattuali. Invece di indire una gara pubblica, poiché la concessione è scaduta nel 2013, lo Stato italiano ha preferito utilizzare le risorse pubbliche in favore di privati. È necessario, pertanto, fare chiarezza per dare risposte ai lavoratori, il cui futuro lavorativo è sempre più incerto. Stigmatizza, inoltre, l'uso del tempo futuro nella risposta del Governo, che gli appare poco impegnativo. Meglio sarebbe stato, a suo giudizio, l'utilizzo del tempo passato, a dimostrazione di decisioni concrete già adottate per tutelare i lavoratori.

5-07569 Gnecchi: Lavoratori in mobilità per effetto di accordi stipulati entro il 31 dicembre 2011 che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011 entro due o tre anni dalla fine della mobilità.

  Il sottosegretario Massimo CASSANO risponde all'interrogazione nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

  Marialuisa GNECCHI (PD) si dichiara pienamente soddisfatta della risposta del sottosegretario, che ha fornito i dati richiesti, anche se, ovviamente, avrebbe preferito apprendere che, ad oggi, non vi sono più lavoratori il cui diritto ad accedere al pensionamento con i requisiti previgenti la riforma pensionistica del 2011 debba essere ancora salvaguardato.
  Ribadisce la necessità di garantire a tutti i lavoratori firmatari di accordi, governativi e non governativi, per i quali la procedura di mobilità sia stata attivata entro il 31 dicembre 2011, che la loro aspettativa di accedere al pensionamento con i previgenti requisiti sia tutelata e su questo auspica che il Governo voglia assumere un preciso impegno.
  Ricorda che, quando ricopriva l'incarico di assessore al lavoro della Provincia autonoma di Bolzano, la scelta dei lavoratori da ammettere alla mobilità si faceva vagliando, una per una, le posizioni assicurative dei soggetti potenzialmente interessati, tenendo conto anche dei tempi necessari per l'accesso al pensionamento. Considerato che il decreto-legge n. 201 del 2011 ha alterato in modo radicale il quadro delle aspettative, ritiene che non si possa non continuare a richiedere il rispetto del patto esistente tra cittadini e Stato.
  Reputa, pertanto, indispensabile l'adozione di un nuovo provvedimento di salvaguardia, l'ottavo, che potrebbe assumere carattere definitivo, dando finalmente soluzione alle situazioni di quei lavoratori esclusi dalla protezione dei provvedimenti fino ad ora adottati. I dati acquisiti grazie alla risposta del rappresentante del Governo potranno essere, quindi, messi a frutto al fine di individuare con certezza la platea dei soggetti da considerare nel prossimo provvedimento di salvaguardia.

5-08408 Simonetti: Modalità di calcolo delle situazioni reddituali incidenti sul diritto e sulla misura delle prestazioni collegate al reddito.

  Il sottosegretario Massimo CASSANO risponde all'interrogazione nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

  Roberto SIMONETTI (LNA) ringrazia il sottosegretario che, nella sua risposta, ha ripreso quanto da lui scritto nella premessa Pag. 73della sua interrogazione, dimostrando, in tal modo, di condividere la tesi della impossibilità di sommare redditi conseguiti in anni diversi ai fini dell'individuazione del reddito rilevante ai fini delle prestazioni previdenziali collegate alla situazione reddituale.
  A suo avviso, tuttavia, sarebbe auspicabile che il Governo intervenga presso l'INPS per sostenere una revisione anche in chiave retrospettiva dell'interpretazione precedentemente seguita, piuttosto che suggerire agli interessati, come fatto dal sottosegretario, di presentare un ricorso per chiedere la correzione dei provvedimenti già adottati. L'intervento diretto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, infatti, eviterebbe ai cittadini un ulteriore gravame burocratico, semplificando, anzi, le procedure amministrative.

  Cesare DAMIANO, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 9.25.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 28 aprile 2016. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. — Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Massimo Cassano.

  La seduta comincia alle 9.25.

Modifiche alla disciplina del lavoro accessorio.
C. 584 Palmizio, C. 1681 Vitelli e C. 3601 Damiano.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Cesare DAMIANO, presidente, avverte che nella seduta odierna avranno luogo la relazione introduttiva ed eventuali interventi, nell'ambito dell'esame preliminare delle proposte di legge C. 584 Palmizio, C. 1681 Vitelli e C. 3601 Damiano, recanti modifiche alla disciplina del lavoro accessorio.

  Patrizia MAESTRI (PD), relatrice, rileva preliminarmente che le tre proposte di legge recanti modifiche alla disciplina del lavoro accessorio, di cui la Commissione avvia oggi l'esame in sede referente, presentano caratteri assai differenziati. La proposta di legge Atto Camera n. 3601, a prima firma del presidente Damiano, reca, infatti, modifiche alla disciplina del lavoro accessorio che tengono conto delle più recenti evoluzioni dell'istituto, a seguito dell'attuazione della delega di cui alla legge n. 183 del 2014, mentre le proposte di legge Atto Camera n. 584 Palmizio e Atto Camera n. 1681 Vitelli e altri, presentate prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2015, intervengono sul precedente impianto normativo e sono contrassegnate dalla finalità di ampliare l'ambito applicativo del lavoro accessorio con interventi in parte ripresi dallo stesso decreto legislativo n. 81.
  La proposta di legge a prima firma del presidente Damiano, invece, secondo quanto espressamente indicato dalla relazione illustrativa allegata, ha lo scopo di ripristinare sostanzialmente l'originario impianto normativo del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per quanto attiene alla definizione del lavoro accessorio e al suo campo di applicazione, nonché alla puntuale individuazione delle tipologie di lavoratori ammessi allo svolgimento delle prestazioni di lavoro accessorio. Nella medesima relazione illustrativa si evidenzia, infatti, che l'utilizzo dei voucher continua ad aumentare e, pertanto, il lavoro accessorio, così come disciplinato da ultimo con il decreto legislativo n. 81 del 2015, non si configurerebbe più come strumento per contrastare il lavoro sommerso, poiché tale tipologia lavorativa avrebbe diffusione in settori e lavori che dovrebbero essere altrimenti regolamentati.
  Al riguardo, ritiene che i dati contenuti nel rapporto riferito all'utilizzo dei voucher per le prestazioni di lavoro accessorio, pubblicato dal Ministero del lavoro e Pag. 74delle politiche sociali lo scorso 22 marzo, indichino in modo evidente le tendenze in corso. In base ai dati resi disponibili dall'INPS, infatti, il numero delle persone che sono state retribuite con almeno un voucher durante l'anno è in costante crescita, essendosi passati dai 24.437 individui del 2008 a 1.392.906 nel 2015. Come evidenziato dallo stesso rapporto, la serie storica rende evidente l'accelerazione dell'utilizzo dell'istituto seguita alla riforma del 2012, che ha dispiegato i suoi effetti dal mese di luglio dello stesso anno. Anche nello scorso anno la crescita dei lavoratori retribuiti con buoni lavoro è proseguita ad un ritmo sostenuto, essendosi passati da 1.015.448 unità del 2014 a 1.392.906 unità nel 2015. Nel 2013 i percettori di voucher erano, invece, 609.036, mentre nel 2012 l'utilizzo aveva riguardato solo 353.985 lavoratori, un dato poco superiore a un quarto rispetto a quello registrato nel 2015. La quota di donne tra i percettori è cresciuta in maniera progressiva, passando dal 22 per cento del 2008 al 52 per cento del 2015, con un dato in linea con quello registrato nel 2014 quando, per la prima volta, il numero delle donne retribuite con almeno un voucher nel corso dell'anno ha superato quello degli uomini.
  Per quanto attiene al valore dei voucher venduti, negli ultimi tre anni si è passati dai 40.816.297 del 2013, ai 69.172.879 del 2014 ai 114.925.180 del 2015, con un tasso annuo di crescita che è stato del 69,5 per cento nel 2014 e del 66,1 per cento nel 2015.Tuttavia, nel 2015, il valore dei voucher effettivamente riscossi è stato pari a 88.140.789, con una crescita molto più contenuta rispetto all'anno precedente. Assume interesse anche l'importo lordo riscosso mediamente da ciascun lavoratore nell'anno di riferimento, che ha raggiunto il valore massimo nel 2011, quando fu pari a 677,12 euro, mentre nel 2015 esso è stato pari a 633 euro, in lieve aumento rispetto ai 628,47 euro del 2014. Significativa è anche la circostanza che hanno riscosso più di 5.000 euro in voucher solo poco meno di seimila lavoratori, pari allo 0,4 per cento dell'intera platea dei prestatori di lavoro occasionali. La maggiore incidenza dell'utilizzo dei voucher si colloca nella fascia di lavoratori che percepiscono annualmente somme comprese tra 101 e 500 euro: si tratta di oltre 500 mila soggetti, che rappresentano il 36,5 per cento dell'intera platea dei lavoratori occasionali.
  Con riferimento al possibile effetto di sostituzione rispetto a diverse tipologie di occupazione, il rapporto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali evidenzia che nel 2015 il 7,9 per cento dei lavoratori retribuiti con voucher avevano avuto nei tre mesi precedenti un rapporto di lavoro con lo stesso datore e che la percentuale sale al 10 per cento se si prende a riferimento un periodo di sei mesi. I settori nei quali il fenomeno della provenienza da altri contratti è più significativo sono, in particolare, il turismo, il commercio e i servizi, mentre esso sarebbe irrilevante nel settore del lavoro domestico. Nel rapporto si evidenzia che, pur essendo il tempo di osservazione relativamente breve, i dati relativi al 2015 non evidenziano una tendenza alla crescita successivamente al riordino dei contratti operato nel mese di giugno dal decreto legislativo n. 81 del 2015.
  A fronte di questi dati, con un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea, svolta il 16 marzo scorso, il presidente Damiano ha chiesto al Governo quali iniziative intenda assumere in vista di una riconsiderazione della disciplina dei voucher finalizzata, nell'immediato, a rafforzare le procedure di tracciabilità delle prestazioni e, in prospettiva, a ricondurre l'istituto ai suoi connotati originari dell'occasionalità e accessorietà delle prestazioni. Il Ministro Poletti ha evidenziato che l'Esecutivo, al fine di eliminare comportamenti illeciti o aggiramenti della normativa vigente, in sede di adozione dei decreti legislativi integrativi e correttivi delle disposizioni adottate in attuazione della legge n. 183 del 2014, intende rafforzare la tracciabilità dei voucher, introducendo l'obbligo per l'impresa di una comunicazione via sms o telematica prima dell'inizio dell'utilizzo del loro utilizzo.Pag. 75
  Venendo ora al contenuto della proposta di legge Atto Camera n. 3601, che consta di un solo articolo, osserva che essa è tesa a limitare l'ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dell'istituto del lavoro accessorio, attraverso ampie modifiche agli articoli da 48 a 50 del decreto legislativo n. 81 del 2015 tese, sostanzialmente, a ripristinare l'impianto normativo originario del decreto legislativo n. 276 del 2003. Ricorda, infatti, che, nel suo impianto originario, l'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003 considerava prestazioni di lavoro accessorio le attività lavorative di natura occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne. Erano considerati tali, ai sensi del successivo articolo 71, comma 1, i disoccupati da oltre un anno; le casalinghe, gli studenti e i pensionati; i disabili e i soggetti in comunità di recupero; i lavoratori extracomunitari, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro. Rientravano nell'applicazione di tale istituto, inoltre, i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate con handicap, l'insegnamento privato supplementare, i piccoli lavori di giardinaggio, di pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti, la realizzazione di manifestazioni sportive, culturali o caritatevoli, la collaborazione con associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, quali quelli dovuti in occasione di calamità, o di solidarietà. Le prestazioni dovevano avere una durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare e, in ogni caso, la retribuzione complessivamente percepita non doveva superare i 3.000 euro nell'arco di un anno solare. Già l'articolo 16 del decreto legislativo n. 251 del 2004 elevò a 5.000 euro il limite di utilizzo dei buoni lavoro, mentre con l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, che ha esteso l'applicazione dell'istituto all'impresa familiare, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi, è stato eliminato ogni riferimento al limite temporale di 30 giorni, per anno solare, prevedendo, inoltre, che il limite massimo di 5.000 euro di compenso, nel corso di un anno solare, dovesse essere riferito a ciascun singolo committente e non all'attività complessiva del prestatore di lavoro accessorio. Per le imprese familiari il limite era fissato a 10.000 euro. Ulteriori estensioni dell'area del lavoro accessorio a nuove prestazioni furono disposte dall'articolo 11-quaterdecies, comma 6, del decreto-legge n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, dall'articolo 22 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, dall'articolo 7-ter del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009 e dall'articolo 2, commi 148 e 149, della legge n. 191 del 2009. L'articolo 1, commi da 32 a 33, della cosiddetta «legge Fornero», la legge n. 92 del 2012, ha ridefinito i termini di utilizzo dei voucher escludendo qualsiasi vincolo di natura soggettiva e oggettiva all'applicazione dello strumento, di fatto consentendo a chiunque di svolgere prestazioni accessorie, con l'esclusione di attività svolte presso un datore di lavoro con il quale è già in corso un rapporto di natura subordinata. I limiti di applicazione dell'istituto derivano essenzialmente dall'importo complessivo delle prestazioni rese, che non potevano essere superiore a 5.000 euro nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti; per quanto concerne le prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti, fermo restando il richiamato limite economico, è stato stabilito che le attività svolte a favore di ciascun committente non potessero comunque superare i 2.000 euro annui. Inoltre, è stata soppressa la norma che consentiva alle imprese familiari di ricorrere al lavoro accessorio per un importo complessivo, in ciascun anno fiscale, Pag. 76fino a 10.000 euro, nonché le discipline sperimentali. Infine, l'articolo 7, comma 2, lettere e) ed f), e l'articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 76 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 99 del 2013, hanno ampliato l'ambito applicativo dell'istituto, escludendo, in particolare, che le prestazioni debbano avere «natura meramente occasionale». Da ultimo, con il decreto legislativo n. 81 del 2015, che ha abrogato e sostituito integralmente le disposizioni del decreto legislativo n. 276 del 2003, si è stabilito che le prestazioni di lavoro accessorio non possano dar luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro nel corso di un anno civile. L'occasionalità delle prestazioni non assume alcuna valenza ai fini dell'attivazione dell'istituto ed è dunque possibile attivare sempre e comunque lavoro accessorio tenendo conto esclusivamente di un limite di carattere economico. Nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente.
  Il nuovo testo dell'articolo 48 del decreto legislativo n. 81 del 2015 reintroduce vincoli di natura soggettiva e oggettiva per l'utilizzo dei voucher, prevedendo che possano effettuare prestazioni di lavoro accessorio, aventi natura meramente occasionale, i soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell'ambito dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; dell'insegnamento privato supplementare; dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti; della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli e della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza o di solidarietà. Tali attività, anche se svolte a favore di più beneficiari, non possono dare luogo a compensi complessivi annui superiori a 5.000 euro e, fermo restando tale limite, possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro. I valori, diversamente dalla disciplina vigente, non sono rivalutati annualmente. Tra le norme non riprodotte segnala quelle relative all'utilizzo dei voucher in agricoltura, nel pubblico impiego e da parte dei percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.
  Il nuovo testo dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 81 del 2015 identifica i prestatori di lavoro accessorio nelle seguenti categorie: disoccupati da oltre un anno; casalinghe, studenti e pensionati; disabili e soggetti in comunità di recupero; lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei 6 mesi successivi alla perdita del lavoro. I richiamati soggetti hanno l'obbligo di comunicare la loro disponibilità a fornire prestazioni di lavoro accessorio ai servizi per l'impiego, nell'ambito territoriale di riferimento, o alle agenzie del lavoro accreditate, ricevendo a proprie spese una tessera magnetica dalla quale risulti la loro condizione. Infine, il nuovo testo dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 81 del 2015 riproduce sostanzialmente gli aspetti procedurali delle prestazioni di lavoro accessorio contenute attualmente nell'articolo 49 del medesimo decreto, apportando alcune limitate modifiche. In particolare, si prevede che nel caso di mancata emanazione del decreto ministeriale volto a fissare il valore nominale del voucher, l'importo dello stesso sia comunque annualmente rivalutato sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'ISTAT.
  Per quanto attiene alle altre proposte di legge all'esame della Commissione, osserva che la proposta di legge Atto Camera n. 584 reca una disciplina sperimentale, valida per cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento, volta a consentire, in deroga alla normativa vigente, che attività di lavoro accessorio siano rese da tutti i Pag. 77soggetti che vogliono svolgere attività lavorative a favore di terzi, in maniera saltuaria e senza vincoli contrattuali, salva la presenza di specifici rapporti contrattuali, in essere o pregressi, tra il prestatore di lavoro e il committente. Inoltre, si prevede che per accedere allo svolgimento delle richiamate attività sia sufficiente un semplice accordo tra le parti, anche verbale, e che il pagamento della prestazione avvenga tramite voucher, di importo predeterminato e acquistabili presso tutti gli Uffici postali. Il valore netto del buono percepito non è cumulabile con emolumenti o redditi di qualsiasi altra natura, e il 5 per cento del valore lordo del buono percepito si cumula automaticamente nella posizione previdenziale del prestatore d'opera. Infine, l'importo massimo che un prestatore d'opera può incassare è di 10.000 euro annui, come sommatoria di tutti i valori netti dei voucher incassati, mentre gli importi incassati che eccedono la soglia dei 10.000 euro annui sono assoggettati a tassazione ordinaria. Il committente può dedurre dal proprio imponibile, IRPEF o IRES, l'importo netto del voucher.
  La proposta di legge Atto Camera n. 1681, modificando le disposizioni del decreto legislativo n. 276 del 2003, ora abrogate, prevedeva principalmente che il limite di reddito complessivo percepibile per le attività in oggetto fosse di 7.000 euro, con possibilità, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, di esercitare tali attività lavorative a favore di ciascun committente per compensi non superiori a 3.000 euro, con specifica deroga, fino al 31 dicembre 2016, per i giovani da 18 a 29 anni di età e per i soggetti svantaggiati, che possono percepire compensi fino al limite massimo di 7.000 euro per anno solare a favore anche di un singolo committente. Si sopprimono, inoltre, i limiti previsti per l'utilizzo dei voucher nel settore agricolo e si prevede che il compenso per lo svolgimento del lavoro accessorio sia legato al valore dell'opera o del servizio che viene eseguito e non alla durata della prestazione. Si agevola l'acquisto del voucher direttamente presso gli sportelli dell'INPS o per via telematica e si rimette ad un decreto ministeriale il compito di individuare le modalità necessarie e gli strumenti atti a potenziare e a semplificare l'accesso ai mezzi informatici disponibili volti a rendere più snello il flusso di dati necessari a gestire i rapporti.
  Da ultimo, per completezza ricorda anche la proposta di legge Atto Camera n. 3363, di cui è prima firmataria, assegnata alla VI Commissione Finanze, la quale reca disposizioni in materia di deducibilità e detraibilità degli oneri e delle spese sostenute per gli addetti all'assistenza personale e familiare, nonché in materia di lavoro accessorio. Con particolare riferimento a tale ultima materia, la proposta, modificando l'articolo 48, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015, estende anche ai committenti non imprenditori o professionisti il limite di compenso di 2.000 euro annui per ognuna delle attività lavorative che possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente.
  Trattandosi di un tema di grande attualità, come dimostrano anche i dati forniti sul fenomeno, ritiene che sarebbe utile lo svolgimento di un ciclo di audizioni informali, allo scopo di raccogliere dai soggetti interessati opportuni spunti per il prosieguo del lavoro legislativo, che dovrebbe auspicabilmente ricondurre la disciplina del lavoro accessorio alle finalità per le quali era stata a suo tempo introdotta.

  Cesare DAMIANO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.40.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 28 aprile 2016.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.40 alle 9.55.

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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 28 aprile 2016. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. — Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli.

  La seduta comincia alle 15.50.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/67/UE concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»).
Atto n. 296.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto.

  Cesare DAMIANO, presidente, ricorda che il termine per la conclusione dell'esame dello schema di decreto legislativo scade il 28 maggio 2016.
  Dà, quindi, la parola alla relatrice, on. Antonella Incerti, per lo svolgimento del suo intervento introduttivo sul provvedimento.

  Antonella INCERTI (PD), relatrice, rileva preliminarmente che lo schema di decreto legislativo, attuando la delega conferita dalla legge 9 luglio 2015, n. 114 (Legge di delegazione europea 2014), è volto a recepire la direttiva 2014/67/UE, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno. Come ricordato dalla relazione illustrativa, il termine di scadenza della delega era fissato al 18 aprile 2016. Tale termine risulta, peraltro, prorogato di tre mesi per effetto del meccanismo di scorrimento previsto dall'articolo 31, comma 3, della legge n. 234 del 2011, che si applica qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente. Il decreto legislativo dovrà quindi essere adottato entro il prossimo 18 giugno.
  Ricorda che la direttiva 2014/67/UE è volta a migliorare l'applicazione della direttiva 96/71/CE, che in relazione al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione transnazionale di servizi, stabilisce le condizioni di lavoro e di impiego che le imprese devono rispettare nello Stato membro in cui effettuano il distacco, garantendo un livello di tutela minimo ed omogeneo. La disciplina recata dalla direttiva è, in ultima analisi, volta a facilitare l'esercizio della libertà di prestazione di servizi e a creare condizioni di concorrenza leale tra le imprese, garantendo, da un lato, il funzionamento del mercato interno e, dall'altro, la salvaguardia dei diritti dei lavoratori, sia di quelli distaccati sia di quelli dello Stato membro che, altrimenti, si troverebbero svantaggiati qualora nell'ambito del distacco il lavoro fosse meno remunerato e meno tutelato.
  La direttiva oggetto di recepimento ha lo scopo di completare e rafforzare l'efficacia della disciplina contenuta nella direttiva 96/71/CE prevedendo una serie di compiti di vigilanza e di verifica a carico delle autorità competenti degli Stati membri, da svolgere anche in cooperazione con gli altri Stati membri, riguardanti, in particolare, le caratteristiche del rapporto del lavoratore distaccato, anche al fine di verificare, tramite apposito monitoraggio, la ricorrenza della temporaneità del distacco. In tal modo, le autorità competenti sono in grado di identificare i lavoratori che si dichiarano in modo fittizio lavoratori autonomi.
  Nella relazione illustrativa si segnala, infatti, che, a causa della difficoltà riscontrata nell'accesso alle informazioni, alcune disposizioni della direttiva 96/71/CE non sono state applicate dalle imprese, con un Pag. 79effetto limitativo della reale portata della disciplina e, conseguentemente, delle tutele ivi previste per i lavoratori.
  Alla luce di ciò, la direttiva 2014/67/UE interviene perché gli Stati membri garantiscano che le informazioni siano messe a disposizione di tutti, imprese e lavoratori distaccati, a titolo gratuito. La direttiva interviene anche in materia di cooperazione amministrativa e in materia di esecuzione transfrontaliera delle sanzioni.
  Segnala che, in occasione del recepimento della direttiva 2014/67/UE, il Governo ha ritenuto opportuno, in una prospettiva di semplificazione normativa, abrogare il decreto legislativo n. 72 del 2000, che ha recepito la direttiva 96/71/CE, per dare luogo ad un unico testo recante sia le norme di recepimento di tale direttiva sia quelle che recepiscono la direttiva più recente. Rileva, comunque, che le norme relative al recepimento della direttiva 96/71/CE, con l'occasione, sono state opportunamente modificate sia in considerazione delle variazioni dell'ordinamento nel frattempo intervenute sia in vista del loro raccordo con le disposizioni del provvedimento in esame.
  Passa quindi all'illustrazione del contenuto dello schema di decreto, che consta di ventisei articoli, suddivisi in cinque Capi, e di un allegato.
  Al Capo I, l'articolo 1, che non innova sostanzialmente la disciplina vigente, individua il campo di applicazione della disciplina, che riguarda le imprese che prestano servizi, stabilite in un altro Stato membro, le quali distaccano uno o più lavoratori in Italia presso un'altra impresa, anche appartenente al medesimo gruppo, ovvero presso un'altra unità produttiva, a condizione che, durante il periodo di distacco, continui ad esistere il rapporto di lavoro con il lavoratore distaccato. In sostanza, il distacco si configura in tre diverse fattispecie: la prestazione diretta di servizi da parte di un'impresa nel quadro di un contratto di servizi, il cosiddetto distacco infragruppo, nel contesto di uno stabilimento o di una società appartenente allo stesso gruppo, e il distacco mediante la cessione temporanea di un lavoratore tramite un'agenzia interinale stabilità in un altro Stato membro. Sulla base del comma 2, infatti, la disciplina si applica anche alle agenzie di somministrazione di lavoro, stabilite in un altro Stato membro, che distaccano lavoratori presso un'impresa utilizzatrice avente la propria sede o un'unità produttiva in Italia. Ad esse, ai sensi del comma 3, non è richiesta l'autorizzazione prevista dalla normativa interna, qualora siano titolari di analoga autorizzazione nel Paese di provenienza.. Il comma 4 dispone l'applicazione della disciplina anche alle ipotesi di cabotaggio, nel settore del trasporto su strada. Il comma 5 prevede, quindi, l'estensione della normativa, con riferimento alle principali disposizioni di carattere generale, anche alle imprese stabilite in uno Stato terzo, che distaccano lavoratori in Italia. In proposito, potrebbe essere opportuno valutare l'opportunità di richiamare tra le disposizioni da applicare anche l'articolo 6, che disciplina la pubblicità delle informazioni relative alle condizioni di lavoro e di occupazione, che si applicherebbero anche ai lavoratori di Paesi di Stati terzi. Infine, fa presente che il comma 6 esclude dall'applicazione della disciplina in esame il personale navigante delle imprese della marina mercantile.
  L'articolo 2 reca le definizioni ricorrenti nello schema di decreto. Segnala, in particolare, la lettera d) del comma 1, la quale definisce «lavoratore distaccato» il lavoratore occupato abitualmente in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia. La previsione di una durata predeterminata o predeterminabile era, peraltro, già contenuta nel vigente articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 72 del 2000. La lettera e) del medesimo comma 1 definisce «condizioni di lavoro e di occupazione» vigenti nello Stato ospitante, da applicare durante il periodo del distacco, le condizioni di lavoro e di occupazione disciplinate da disposizioni normative e dai contratti collettivi, di cui all'articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015, relative Pag. 80alle seguenti materie: periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo; durata minima delle ferie annuali retribuite; trattamenti retributivi minimi, compresi quelli maggiorati per lavoro straordinario; condizione di cessione temporanea dei lavoratori; salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani; parità di trattamento fra uomo e donna, nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione.
  Osserva che l'articolo 3 disciplina le modalità di accertamento dell'autenticità del distacco, che compete agli organi di vigilanza, che effettuano una valutazione complessiva di tutti gli elementi della fattispecie. Rileva che gli elementi da prendere in considerazione attengono sia all'impresa che effettua il distacco sia il lavoratore distaccato. La norma prevede, altresì, che, qualora il distacco non risulti autentico, il lavoratore è considerato a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne ha utilizzato la prestazione. In tali ipotesi, inoltre, il distaccante e l'utilizzatore della prestazione dei lavoratori distaccati sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. In ogni caso, l'ammontare della sanzione non può essere inferiore a 5.000 euro né superiore a 50.000 euro. La norma prevede anche che, in caso di sfruttamento di minori, il distaccante e l'utilizzatore siano puniti con la pena dell'arresto e con l'ammenda di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione, aumentata fino al sestuplo. Quest'ultima disposizione riprende, sostanzialmente, quella recata dall'articolo 18, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003. Potrebbe, peraltro, valutarsi se vi sia l'esigenza di meglio circostanziare la fattispecie di «sfruttamento di minori» anche al fine di verificare ipotesi di concorso con altre fattispecie illecite.
  L'articolo 4, non innovando sostanzialmente la normativa vigente, interviene in materia di condizioni di lavoro: la norma prevede che al rapporto di lavoro si applicano, durante il periodo di distacco, le medesime condizioni di lavoro previste dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco. Sulla base del comma 2, le disposizioni in materia di durata minima delle ferie annuali retribuite e di trattamento retributivo minimo, compreso quello maggiorato per lavoro straordinario, non si applicano nel caso di lavori di assemblaggio iniziale o di prima istallazione di un bene, qualora la durata dei lavori, in base ai quali è stato disposto il distacco, non è superiore a otto giorni. Restano escluse dall'applicazione delle disposizioni specifiche attività nel settore edilizio indicate nell'allegato A. La norma rinvia alle disposizioni di cui all'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015 per il regime da applicare alle imprese di somministrazione. Infine, la norma conferma il regime vigente di responsabilità solidale tra impresa appaltante e impresa appaltatrice e dispone che, in caso di distacco nell'ambito di un contratto di trasporto, trovino applicazione le disposizioni recate dai commi da 4-bis a 4-sexies dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, in base alle quali, al fine di garantire l'affidamento del trasporto a vettori in regola con l'adempimento degli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, il committente è tenuto a verificare preliminarmente alla stipulazione del contratto tale regolarità mediante acquisizione dell'attestazione rilasciata al vettore dagli enti previdenziali, di data non anteriore a tre mesi, dalla quale risulti che l'azienda è in regola ai fini del versamento dei contributi assicurativi e previdenziali. I diritti previsti dall'articolo 4 in esame possono essere fatti valere, ai sensi del successivo articolo 5, in sede amministrativa e giudiziale dai lavoratori che prestano o hanno prestato attività lavorativa in Italia.
  Passa, quindi, al Capo II, che reca disposizioni in materia di accesso alle Pag. 81informazioni e di cooperazione amministrativa, segnalando che la direttiva oggetto di recepimento ha inteso intervenire proprio su questi aspetti per rendere più efficace l'applicazione della normativa sui distacchi. Ricorda, infatti, che a legislazione vigente l'articolo 5 del decreto legislativo n. 72 del 2000 si limita a prevedere che, ai fini della collaborazione amministrativa, l'organismo nazionale competente è la Direzione nazionale per l'impiego del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e che le richieste motivate di informazione da parte delle competenti autorità degli altri Stati membri siano evase dalle direzioni provinciali del lavoro.
  L'articolo 6 dello schema di decreto, in materia di accesso alle informazioni, prevede, in primo luogo, la pubblicazione, e il continuo aggiornamento, sul sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di tutte le informazioni relative alle condizioni di lavoro e di occupazione che devono essere rispettate nelle ipotesi di distacco. La norma stabilisce la pubblicazione di tali informazioni in lingua italiana e inglese, conformemente agli standard di accessibilità riferiti anche alle persone con disabilità.
  Osserva che l'articolo 7 riguarda la cooperazione amministrativa e prevede che l'Ispettorato nazionale del lavoro risponda tempestivamente alle motivate richieste di informazione delle autorità richiedenti ed esegua controlli e ispezioni, comprese le indagini in caso di inadempienza o violazione della normativa applicabile al distacco dei lavoratori. Segnala, in particolare, che il comma 2 prevede la possibilità che le richieste riguardino anche le informazioni relative al possibile recupero di una sanzione amministrativa, o alla notifica di un provvedimento amministrativo o giudiziario che la irroga e possono includere l'invio di documenti e informazioni circa la legalità dello stabilimento e la buona condotta del prestatore di servizi. La norma, che al comma 3 impone obblighi informativi in capo alle imprese, disciplina al comma 4 le modalità dello scambio di informazioni tramite il sistema di informazione del mercato interno (IMI) o per via telematica e, al comma 5, regola l'applicazione da parte dell'Ispettorato nazionale del lavoro di accordi e intese bilaterali in materia di cooperazione amministrativa. Il comma 9 afferma il principio della gratuità della cooperazione amministrativa e dell'assistenza reciproca tra le autorità competenti degli Stati membri, prevedendo altresì che le informazioni fornite siano utilizzate esclusivamente per le richieste alle quali si riferiscono.
  Segnala, infine, che l'articolo 8 prevede l'adozione da parte dell'Italia, nell'ambito delle iniziative adottate dalla Commissione europea, delle misure necessarie a sviluppare, facilitare e promuovere gli scambi di personale responsabile della cooperazione amministrativa e dell'assistenza reciproca, nonché della vigilanza sul rispetto della normativa vigente, con gli altri Stati membri.
  Passa al Capo III, che riguarda gli obblighi e le sanzioni. In particolare, l'articolo 9, che disciplina gli obblighi amministrativi in capo alle imprese, prevede, al comma 1, che l'impresa distaccante comunichi il distacco al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro le ventiquattro ore del giorno antecedente l'inizio del distacco e tutte le successive modificazioni entro cinque giorni. La norma, che al comma 1 indica dettagliatamente le informazioni che l'impresa è tenuta a comunicare, al comma 2 rinvia ad un successivo decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la definizione delle modalità di tali comunicazioni. Il comma 3 disciplina gli ulteriori obblighi in capo all'impresa durante il periodo di distacco e fino a due anni dalla sua cessazione, che attengono essenzialmente alla conservazione di documentazione inerente al rapporto di lavoro e alla designazione di un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare e ricevere atti e documenti. Ai sensi del comma 4, l'impresa distaccante ha l'obbligo anche di designare, per tutto il periodo del distacco, un referente con poteri di rappresentanza, per tenere i rapporti con le parti sociali interessate a promuovere la negoziazione Pag. 82collettiva di secondo livello, con obbligo di rendersi disponibile in caso di richiesta motivata delle parti sociali.
  Osserva che l'articolo 10 interviene a disciplinare le ispezioni, disponendo, in particolare, che l'Ispettorato nazionale del lavoro pianifica ed effettua accertamenti ispettivi volti a verificare l'osservanza delle disposizioni in esame.
  Il successivo articolo 11 prevede le sanzioni da comminare in caso di violazione degli obblighi previsti dall'articolo 9, individuandole in termini corrispondenti a quelle previste dal decreto legislativo n. 276 del 2003 per le violazioni di obblighi di comunicazione ai centri per l'impiego. Per quanto attiene alle sanzioni di cui ai commi 1 e 2, si valuti l'opportunità di prevedere un limite massimo, in analogia a quanto previsto, ad esempio, all'articolo 3, comma 5, tenendo anche conto della circostanza che l'articolo 32, comma 1, lettera d), prevede un limite massimo per le sanzioni amministrative introdotte in attuazione della normativa europea pari a 150.000 euro.
  Segnala, poi, che il Capo IV, riguardante l'esecuzione delle sanzioni amministrative, è suddiviso in tre Sezioni e mira a rafforzare e rendere ancora più efficace la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti e ad agevolare una più agevole esecuzione delle sanzioni adottate nei singoli Stati.
  Alla Sezione I, riguardante le disposizioni generali, l'articolo 12 precisa che i contenuti del Capo IV si applicano all'esecuzione transnazionale delle sanzioni amministrative pecuniarie, inclusi gli interessi, le spese ed eventuali somme accessorie irrogate o confermate in sede amministrativa o giudiziaria. Nell'ambito della Sezione II, che riguarda la richiesta di notifica e di recupero ad altri Stati, l'articolo 13 attribuisce all'Ispettorato nazionale del lavoro la competenza a trasmettere la richiesta di notifica di provvedimenti amministrativi o giudiziari o la richiesta di recupero di una sanzione amministrativa pecuniaria. Tale richiesta è trasmessa all'autorità competente dello Stato membro nel quale la persona risiede o ha il proprio domicilio o, se persona giuridica, ha sede legale. L'articolo 14 dettaglia i presupposti in presenza dei quali è effettuata la richiesta nonché gli elementi che essa deve contenere. L'articolo 15 dispone che l'Ispettorato nazionale del lavoro provvede alla trasmissione del provvedimento amministrativo o giudiziario, unitamente alla documentazione di riferimento, tramite IMI. Nel caso in cui, ai fini del recupero nei confronti del trasgressore e dell'obbligato in solido sussiste la competenza delle autorità di Stati diversi, il provvedimento che irroga la sanzione è trasmesso all'autorità di un solo Stato membro di esecuzione per volta. In caso di impugnazione, l'Ispettorato nazionale del lavoro ne informa l'autorità dell'altro Stato membro. L'articolo 16, infine, prevede che l'Ispettorato non sia tenuto all'adozione dei provvedimenti di esecuzione, qualora l'autorità adita comunichi di avere dato seguito alla richiesta di recupero delle sanzioni. Viceversa, l'Ispettorato procede all'esecuzione quando l'autorità adita comunica la mancata esecuzione, totale o parziale, o quando rifiuta il riconoscimento. Infine, se il trasgressore prova di avere provveduto al pagamento, l'Ispettorato ne dà comunicazione all'autorità adita.
  La Sezione III riguarda la richiesta di notifica e di recupero da altri Stati: l'articolo 17, in particolare, prevede che in tali casi l'Ispettorato nazionale del lavoro, valutata la sussistenza di eventuali motivi di rigetto, provvede senza formalità entro il termine di trenta giorni. L'articolo 18 dispone che la competenza a decidere sulla richiesta di recupero di una sanzione spetta alla corte di appello nel cui distretto risiede il destinatario della sanzione e che il recupero della sanzione, effettuato secondo le disposizioni dell'ordinamento interno dall'autorità adita, ha gli effetti previsti dalla disciplina dell'ordinamento dello Stato richiedente. L'articolo 19 indica i motivi che consentono di rigettare l'esecuzione di una richiesta di notifica o di recupero, mentre l'articolo 20 disciplina il procedimento e la decisione di riconoscimento, nel caso in cui la corte di appello Pag. 83riceva da un altro Stato membro, tramite l'Ispettorato nazionale del lavoro, la richiesta di recupero corredata dal provvedimento che irroga la sanzione amministrativa. La decisione di riconoscimento, una volta pronunciata, è trasmessa al procuratore generale per l'esecuzione. È prevista la possibilità di ricorso presso la Corte di Cassazione avverso la decisione, che tuttavia non sospende l'esecuzione della decisione. La decisione divenuta irrevocabile è trasmessa all'autorità richiedente. Il successivo articolo 21 prevede la sospensione del procedimento qualora il provvedimento da eseguire sia impugnato. L'articolo 22, sugli effetti del riconoscimento, prevede che, quando la corte d'appello provvede al riconoscimento del provvedimento che irroga una sanzione amministrativa pecuniaria, l'esecuzione sia disciplinata secondo la legge italiana e ad essa provveda il procuratore generale presso la corte di appello che ha deliberato il riconoscimento. La norma dispone, inoltre, che, qualora il trasgressore fornisca la prova di un pagamento parziale, gli importi siano dedotti dall'importo complessivo oggetto di esecuzione in Italia; nel caso di pagamento integrale, l'autorità giudiziaria sospende l'esecuzione, dandone comunicazione all'autorità richiedente. Infine, le somme recuperate a seguito dell'esecuzione spettano allo Stato italiano e sono riscosse in euro secondo le procedure previste; le sanzioni espresse in valuta diversa sono convertite in euro, al tasso di cambio in vigore alla data in cui esse sono state inflitte. Il successivo articolo 23 dispone che le somme recuperate spettano all'autorità adita e che questa recupera le somme dovute nella valuta del proprio Stato.
  Il Capo V reca le disposizioni finali: in particolare, l'articolo 24 reca la clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'articolo 25 dispone l'abrogazione del decreto legislativo n. 72 del 2000 e l'articolo 26 dispone che l'entrata in vigore del decreto abbia luogo dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Cesare DAMIANO, presidente, dopo avere sottolineato la complessità e la delicatezza della materia, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame dello schema di decreto legislativo ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.05.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Giovedì 28 aprile 2016. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO. — Interviene la sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali Franca Biondelli.

  La seduta comincia alle 16.05.

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi. (COM(2016)128 final).
(Esame ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di direttiva.

  Cesare DAMIANO, presidente, ricorda preliminarmente che, ai sensi dell'articolo 127, comma 2, del Regolamento, l'esame della proposta di direttiva in esame potrà concludersi con l'approvazione di un documento finale.
  Dà, quindi, la parola alla relatrice, onorevole Incerti, per il suo intervento introduttivo.

  Antonella INCERTI (PD), relatrice, osserva in via preliminare che opportunamente l'esame della proposta di direttiva all'ordine del giorno inizia in modo contestuale all'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva Pag. 842014/67/UE concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI») (Atto n. 296).
  Entrambe le proposte affrontano, infatti, il tema del distacco dei lavoratori, ancorché intervengano su aspetti diversi della disciplina. Mentre lo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione è volto a recepire la direttiva 2014/67/UE, che completa e rafforza l'efficacia della disciplina contenuta nella direttiva 96/71/CE, prevedendo una serie di compiti di vigilanza e di verifica a carico delle autorità competenti degli Stati membri, da svolgere anche in cooperazione con gli altri Stati membri, la proposta di direttiva in esame mira a modificare la normativa vigente su due aspetti precisi che, in corso di attuazione, hanno evidenziato alcuni limiti.
  Si tratta, in primo luogo, della possibilità che, tra lavoratori distaccati e lavoratori locali, si creino differenze retributive che comportano vantaggi a favore delle imprese distaccanti. La differenziazione salariale tra i lavoratori distaccati e i lavoratori locali nei paesi ospitanti, secondo le stime riportate nella valutazione di impatto allegata alla proposta della Commissione, varia dal 10 al 50 per cento in funzione dei Paesi e dei settori. La disciplina vigente reca, inoltre, una definizione generica di distacco, non prevedendo specifici limiti temporali per la fattispecie, con possibili vantaggi competitivi per le imprese che riconoscano livelli di remunerazione inferiori a quelli delle imprese locali. Si è, infine, rilevata la necessità di introdurre norme più dettagliate riguardanti le agenzie transnazionali di lavoro interinale.
  Ricorda, in primo luogo, che il distacco dei lavoratori è una delle espressioni del mercato unico e, come tale, può essere limitato solo da motivi imperativi di interesse generale. La progressiva riduzione delle barriere transnazionali ha comportato una continua crescita del numero di lavoratori distaccati, fermatasi soltanto, per gli effetti della crisi economica, tra il 2009 e il 2010. I dati riportati nel dossier dei servizi di documentazione forniscono un quadro ampio e aggiornato sulla dimensione del fenomeno. Complessivamente nel 2014 vi sono stati oltre 1,9 milioni di distacchi nell'Unione europea, che rappresentano lo 0,7 per cento del totale della forza lavoro dell'Unione, con un aumento del 10,3 per cento rispetto al 2013 e del 44,4 per cento rispetto al 2010. Polonia, Germania e Francia fanno registrare il più alto numero in cifra assoluta di distaccati inviati, mentre, in termini di percentuale sugli occupati interni, i lavoratori distaccati hanno un peso più forte soprattutto in Lussemburgo e Slovenia, dove rappresentano, rispettivamente, il 20,7 per cento e l'11,5 per cento degli occupati interni. Questi Paesi sono seguiti da Slovacchia, Estonia, Lituania e Portogallo.
  In termini assoluti, Germania, Francia e Belgio sono gli Stati membri che hanno ricevuto il maggior numero di distacchi nel 2014, mentre, in proporzione all'occupazione interna complessiva, l'incidenza dei lavoratori distaccati ha avuto l'impatto più forte in Lussemburgo (9 per cento), Belgio (3,6 per cento) e Austria (2,5 per cento).
  L'Italia, come la Spagna, si è trasformata da Paese beneficiario netto di lavoratori distaccati tra 2010 e il 2014 a mittente netto, principalmente per effetto della crisi economica.
  La direttiva 96/71/CE fornisce la cornice normativa entro la quale si inquadrano i distacchi ed è volta a contemperare le diverse esigenze della libertà di concorrenza tra le imprese, da un lato, e la necessità di tutelare i lavoratori distaccati, dall'altro. Come già segnalato in occasione dell'esame dell'Atto del Governo n. 296, la direttiva 96/71/CE distingue tre tipi di distacco: quello tra una società e un fornitore di servizi, quello di lavoratori all'interno dello stesso gruppo societario e il distacco attraverso agenzie di lavoro interinale.Pag. 85
  Nel periodo di applicazione della direttiva si sono evidenziate tra gli Stati membri posizioni differenti, a seconda delle esigenze giudicate maggiormente meritevoli di tutela. Come si legge, infatti, nella valutazione di impatto che accompagna la proposta di direttiva, alcuni Stati membri (in particolare, l'Austria, il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo, i Paesi Bassi e l'Olanda), privilegiando la necessità di garantire un eguale grado di tutele ai lavoratori distaccati e ai lavoratori locali, anche con la finalità di garantire, per tale via, una libera e reale concorrenza tra le imprese, hanno richiesto la revisione della direttiva sulla base del principio della «parità di retribuzione a parità di lavoro nello stesso posto». Funzionali a tale principio sarebbero, quindi, la determinazione di una durata massima dei distacchi, il coordinamento delle disposizioni con le norme europee sulla sicurezza sociale, una particolare attenzione alle problematiche del settore del trasporto su strada, il miglioramento del coordinamento transfrontaliero dei servizi di ispezione, nonché la valutazione dell'impatto del lavoro autonomo fittizio.
  Di contro, la Bulgaria, l'Estonia, la Lituania, la Polonia, la Repubblica ceca, la Slovacchia e l'Ungheria, volendo privilegiare la funzione della direttiva di rendere effettivo il mercato unico, eccepiscono la preoccupazione che il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro nello stesso posto possa, di fatto, eliminare il vantaggio competitivo costituito da retribuzione più basse riconosciute ai lavoratori dallo Stato che effettua il distacco. A loro avviso, pertanto, i lavoratori distaccati dovrebbero continuare a essere soggetti alla normativa vigente nello Stato membro di invio, anche ai fini della sicurezza sociale.
  Per quanto riguarda l'Italia, ricorda che nella relazione programmatica relativa alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2016, recentemente esaminata dalla XI Commissione in sede consultiva, il Governo ha espresso il suo impegno nel processo di revisione della direttiva 96/71/CE e nel recepimento della direttiva Enforcement 2014/67/UE, attraverso lo schema di decreto legislativo n. 296, di cui la Commissione ha appena iniziato l'esame, con la finalità di scongiurare il dumping sociale.
  Entrando nel merito della proposta di direttiva in esame, osserva che essa consta di quattro articoli e che l'articolo 1 reca le modifiche alla direttiva 96/71/CE.
  In particolare, il punto 1 introduce l'articolo 2-bis, che regolamenta i casi di distacco superiori a ventiquattro mesi, per evitare che le imprese facciano ricorso in maniera surrettizia alla pratica di distaccare lavoratori, mascherando pratiche di concorrenza sleale. Come si legge nei consideranda, in tali casi è necessario stabilire che lo Stato membro ospitante è considerato il Paese in cui il lavoro è svolto applicando, pertanto, la sua legislazione, in conformità con il regolamento Roma I.
  Ricorda, a tale proposito, che il regolamento Roma I consente a datori di lavoro e lavoratori di scegliere la legge applicabile al contratto di lavoro, ferma restando la necessità di garantire al lavoratore le tutele disposte dalle norme vincolanti della legge nel paese nel quale egli svolge abitualmente il suo lavoro. In assenza di scelta, il contratto è disciplinato dalla legge del paese nel quale il lavoratore svolge abitualmente il lavoro.
  Pertanto, il paragrafo 1 dell'articolo 2-bis dispone che, quando la durata prevista o effettiva del distacco supera i ventiquattro mesi, lo Stato membro ospitante è considerato, ai sensi della proposta di direttiva in esame, il Paese in cui il lavoratore svolge abitualmente il lavoro, con la conseguente applicazione della sua normativa. Al fine di evitare elusioni della norma, il paragrafo 2 stabilisce che, in caso di sostituzione di lavoratori distaccati, che espletano le stesse mansioni nello stesso posto, viene presa in considerazione la durata complessiva dei periodi di distacco dei lavoratori interessati, per quanto riguarda i lavoratori che sono distaccati per una durata effettiva di almeno sei mesi.
  Al riguardo, segnala che la previsione di una durata minima di sei mesi, ai fini Pag. 86della determinazione di un unico distacco di lunga durata che coinvolge più lavoratori, potrebbe non essere sufficiente a evitare un uso distorto del distacco, posto che, come si legge nella documentazione allegata alla proposta di direttiva, la durata media del distacco è di circa quattro mesi.
  Nella relazione trasmessa dal Governo, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, si esprime un giudizio complessivamente positivo sulle modifiche recate dal punto 1 della proposta di direttiva, ritenute utili al fine di contrastare fenomeni di elusione della normativa.
  Il punto 2 dell'articolo 1 della proposta di direttiva modifica, invece, l'articolo 3 della direttiva 96/71/CE, in materia di condizioni di lavoro e di occupazione. In particolare, la lettera a), sostituendo il paragrafo 1 dell'articolo 3 della direttiva, in primo luogo, amplia l'applicabilità ai lavoratori distaccati dei contratti collettivi relativi a tutti i settori dell'economia, attualmente, di fatto, limitata al solo settore dell'edilizia, l'unico menzionato nell'allegato alla direttiva. In secondo luogo, sopprimendo il riferimento alla fissazione di tariffe minime salariali, la norma dispone l'estensione ai lavoratori distaccati delle disposizioni sulla retribuzione applicabile ai lavoratori locali, di fonte legislativa, regolamentare o contrattuale. Sulla base di tale norma, pertanto, oltre alle tariffe minime salariali, la retribuzione dovrà comprendere anche altri elementi, quali i bonus o le indennità, ove presenti. Infine, la norma introduce l'obbligo per gli Stati membri di pubblicare sull'unico sito web ufficiale nazionale, di cui all'articolo 5 della direttiva 2014/67/UE, gli elementi costitutivi della retribuzione.
  Segnala che nella relazione, trasmessa il 6 aprile 2016, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali segnala talune criticità circa le proposte di modifica all'articolo 3 della direttiva 96/71/CE. In particolare, si rileva che la sostituzione del riferimento alle «tariffe minime salariali» con il riferimento alla «retribuzione» potrebbe generare difficoltà, in quanto, allo stato, nell'ordinamento italiano, non esiste una retribuzione univoca alla quale rifarsi per l'equiparazione piena ed effettiva in tutti gli elementi richiamati dalla proposta di direttiva ma solo salari determinati dalla contrattazione collettiva. Per altro, già sussistono difficoltà nella definizione di salario minimo, lasciata in sostanza alla giurisprudenza fondata su un'interpretazione costituzionalmente orientata alla luce dell'articolo 36 della Costituzione, in assenza di contratti collettivi validi erga omnes e, nell'ambito di quelli esistenti, di regole univoche sulla individuazione degli elementi che compongono la retribuzione. Inoltre, l'introduzione del principio di parità di trattamento retributivo finirebbe per realizzare una disparità a danno dei lavoratori nazionali impiegati negli appalti ai quali, in base all'ordinamento interno, tale principio non si applicherebbe.
  La lettera b) del punto 2 in esame, introduce al medesimo articolo 3 il paragrafo 1-bis, che riguarda i subappalti. In particolare, la norma prevede la facoltà degli Stati membri, su base non discriminatoria e proporzionata, di imporre alle imprese di subappaltare solo alle imprese che garantiscono ai lavoratori distaccati nel proprio territorio determinate condizioni di lavoro e di occupazione, se tale obbligo è imposto alle proprie imprese in un altro Stato membro.
  In proposito, la relazione governativa evidenzia l'assenza nell'ordinamento interno di disposizioni che limitino il subappalto in relazione al riconoscimento di determinate condizioni di lavoro o di occupazione.
  Le lettere c), che introduce il paragrafo 1-ter, e d), soppressiva del paragrafo 9 dell'articolo 3, introducono l'obbligo per gli Stati membri di disporre che le imprese transfrontaliere di lavoro temporaneo garantiscano ai lavoratori distaccati le medesime condizioni applicate dalle agenzie nazionali di lavoro interinale ai propri lavoratori impiegati nel territorio nazionale. Segnalo che il paragrafo 9, soppresso dalla lettera d) prevedeva a tale riguardo una mera facoltà per gli Stati membri. Pag. 87
  La lettera e) del punto 2, infine, modifica il paragrafo 10 dell'articolo 3, per coordinarne il testo con le modifiche introdotte dai punti precedenti. Con le medesime finalità, il punto 3 dell'articolo 1 modifica la frase introduttiva dell'allegato alla direttiva.
  Segnala che l'articolo 2 reca le disposizioni per il recepimento della direttiva in esame, il cui termine è fissato in due anni dall'adozione; l'articolo 3 disciplina l'entrata in vigore della direttiva medesima e l'articolo 4, infine, indica negli Stati membri i destinatari delle disposizioni.
  Come risulta dall'esame del testo, la direttiva punta sulla necessità di garantire la tutela delle condizioni applicabili ai lavoratori distaccati, in particolare della retribuzione, per indurre, come si legge nei consideranda, le imprese prestatrici di servizi a puntare non solo sul costo del lavoro ma soprattutto sulla produttività e sull'efficienza per fronteggiare la concorrenza delle imprese nazionali. Nello stesso tempo, il rinvio alle norme sulla retribuzione, legislative, regolamentari e contrattuali, garantiscono dal rischio di un uso delle tutele retributive distorto e dettato dalla volontà di limitare la concorrenza. Resta da verificare quali potrebbero essere gli effetti rispetto ai distacchi sul territorio italiano dei lavoratori stranieri, che dovrebbero conformarsi in modo più stringente alla struttura retributiva e al costo del lavoro del nostro Paese. Ricorda, infine, che, di fatto, la Commissione rinvia a un successivo atto normativo la disciplina della prestazione di servizi transfrontalieri nel settore del trasporto su strada che è segnalato come uno degli aspetti su cui la normativa vigente si è dimostrata carente.

  Marialuisa GNECCHI (PD) osserva che, anche in vista dell'iniziativa proposta in materia dal Parlamento francese, che si terrà a Parigi il prossimo 18 maggio, è importante che il Parlamento italiano affermi la propria posizione sul tema del distacco dei lavoratori. È necessario riaffermare il diritto dei lavoratori distaccati di godere del medesimo trattamento riservato ai lavoratori del Paese in cui esercitano l'attività lavorativa, per permettere loro anche di adeguarsi al diverso tenore di vita del Paese di accoglienza, spesso più alto di quello del Paese di provenienza, anche se ciò può comportare maggiori oneri a carico delle imprese distaccanti. Osserva che, a tal fine, sono stati messi in campo strumenti diversi ma ugualmente validi, quali la proposta di direttiva in esame e lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/67/UE, di cui la Commissione ha appena iniziato l'esame.

  Cesare DAMIANO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame della proposta di direttiva ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.15.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 28 aprile 2016. — Presidenza del presidente Cesare DAMIANO.

  La seduta comincia alle 16.15.

Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.
C. 3634, approvato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Cesare DAMIANO, presidente, avverte che l'espressione del parere di competenza avrà luogo in una seduta da convocare nel corso della prossima settimana.

  Gessica ROSTELLATO (PD), relatrice, rileva che il provvedimento, composto di un unico articolo, suddiviso in sessantanove commi, istituisce, al comma 1, l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione e Pag. 88reca la disciplina delle convivenze di fatto. Venendo al merito del provvedimento, osserva che i commi da 1 a 35 recano la disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. In particolare, esse, sulla base del comma 2, si costituiscono mediante una dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Il comma 3 dispone la registrazione della dichiarazione nell'archivio dello stato civile. Il comma 4 definisce le cause impeditive per la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, che, ai sensi del comma 5, ne comportano la nullità.
  Segnalato che i commi 6, 7 e 8 disciplinano i casi e le modalità di impugnazione dell'unione, fa presente che il comma 9 dispone in ordine al contenuto del documento che certifica l'unione civile, mentre il comma 10 reca disposizioni circa il cognome dei soggetti che aderiscono a una unione civile.
  Rileva che, sulla base del comma 11, i conviventi dello stesso sesso acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dall'unione civile deriva l'obbligo reciproco all'assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni.
  Anche alla luce di tale previsione, segnala che il provvedimento, estendendo alle unioni civili tra persone dello stesso sesso istituti civilistici relativi al matrimonio, comporta l'applicazione delle detrazioni per coniuge a carico del contribuente, la corresponsione dell'assegno al nucleo familiare e, in caso di morte di uno dei due conviventi, l'estensione al compagno superstite del diritto alla pensione indiretta o alla pensione di reversibilità. Rileva che, come risulta dalla relazione tecnica all'emendamento 1.10000 presentato nel corso dell'esame presso il Senato (Atto Senato n. 2081), mancano dati per un preciso dimensionamento del fenomeno nel nostro Paese, per tale ragione, la stima degli effetti finanziari del provvedimento è stata condotta sulla base dell'ipotesi del formalizzarsi di circa 67.000 unioni civili, numero riscontrato in Germania, il cui istituto delle unioni civili presenta numerose analogie con quello disciplinato dal testo in esame.
  Con specifico riferimento alle pensioni indirette e di reversibilità si è ipotizzata una platea iniziale di beneficiari di circa 5.000 coppie, destinate a crescere fino a 30.000 nel primo decennio di applicazione della nuova normativa. Segnalato che i partner, sulla base del comma 12, concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune, osserva che il successivo comma 13 disciplina il regime patrimoniale dell'unione che, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni. Tra le disposizioni codicistiche applicabili all'unione civile segnala in particolare quelle relative all'impresa familiare, di cui alla VI sezione del libro primo, titolo VI, del codice civile. I commi 14 e 15 dispongono l'estensione alle unioni civili tra persone dello stesso sesso degli istituti civilistici in tema di ordini di protezione contro gli abusi familiari e di designazione di un amministratore di sostegno. Sulla base del comma 16, la violenza costituisce causa di annullamento del contratto. Rileva, poi, che il comma 17 estende alle unioni civili tra persone dello stesso sesso la disciplina applicata ai coniugi, dispone, in caso di morte del prestatore di lavoro, l'obbligo per il datore di lavoro di corrispondere al superstite l'indennità prevista dall'articolo 2118 del codice civile e quella relativa al trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile. Il comma 18 prevede che, analogamente a quanto stabilito per i coniugi, tra le parti dell'unione civile la prescrizione rimanga sospesa in costanza dell'unione, mentre il comma 19 dispone in materia di obblighi alimentari.
  Il comma 20 prevede che le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi», «marito» e «moglie», ovunque ricorrano nelle leggi, nei regolamenti, negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, trovino applicazione anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso. Il comma 21 estende alle unioni civili tra Pag. 89persone dello stesso sesso della disciplina sulle successioni riguardante la famiglia contenuta nel libro secondo del codice civile. I commi da 22 a 27 disciplinano lo scioglimento dell'unione civile a causa della morte di una delle parti, di divorzio, di una specifica manifestazione di volontà dei partner resa davanti all'ufficiale di stato civile e di rettificazione anagrafica di sesso. Segnala che, in caso di divorzio, il comma 25 dispone l'applicazione di gran parte della disciplina della legge sul divorzio, tra cui segnala, perché riconducibile alla sfera di competenza della Commissione, il diritto dell'altro convivente di percepire una percentuale del trattamento di fine rapporto alla cessazione del rapporto di lavoro del compagno. I commi da 28 a 31 recano una delega al Governo per l'ulteriore regolamentazione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.
  Segnala che i commi 32 e 33, modificando il codice civile, inseriscono l'unione civile tra persone dello stesso sesso tra le cause di invalidità del matrimonio, mentre il comma 34 rinvia ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione della disciplina transitoria per l'adeguamento della tenuta dei registri di stato civile e il comma 35 dispone riguardo all'efficacia delle disposizioni in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
  Osserva che i commi da 66 a 69 disciplinano la copertura finanziaria delle sole disposizioni relative alle unioni civili. In particolare, si individuano gli oneri e se ne dispone la copertura fino al 2025, autorizzando il Ministro dell'economia e delle finanze a provvedere alle relative variazioni di bilancio. Il comma 67 prevede un monitoraggio di tali oneri, sulla base di dati comunicati dall'INPS, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali; in caso di scostamenti rispetto alle previsioni, ai sensi del comma 68, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, dovendo altresì riferire con apposita relazione alle Camere.
  Passa quindi alle disposizioni di cui ai commi da 36 a 65, che riguardano la convivenza di fatto, istituto che può riguardare tanto coppie eterosessuali quanto coppie omosessuali. In particolare, ai sensi del comma 36, si definiscono i conviventi di fatto come due persone maggiorenni non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune, accertata, ai sensi del comma 37, dalla dichiarazione anagrafica. I conviventi, sulla base del comma 38, hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario e, sulla base del successivo comma 39, in caso di malattia e di ricovero, hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali. I commi 40 e 41 disciplinano i casi e le modalità di designazione del convivente quale rappresentante dell'altro, in caso di malattia o di morte. Rileva che i commi da 42 a 45 dispongono in materia di diritti abitativi, prevedendo, in particolare, il diritto del superstite a continuare ad abitare nella stessa casa, in caso di morte del compagno proprietario dell'immobile e il diritto a succedere nel contratto di locazione.
  Segnala che il comma 46 introduce nel codice civile l'articolo 230-ter per disciplinare i diritti del convivente nell'attività di impresa, riconoscendo, in particolare, al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa del compagno il diritto di partecipazione agli utili commisurato al lavoro prestato. Tale diritto non sussiste qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato. I commi 47 e 48 ampliano le facoltà riconosciute al convivente di fatto nell'ambito delle misure di protezione delle persone prive di autonomia, in particolare con riferimento agli istituti dell'interdizione, dell'inabilitazione e dell'amministrazione di sostegno. Il comma 49 equipara la convivenza di fatto al rapporto coniugale ai fini del risarcimento del danno da fatto illecito. In caso Pag. 90di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell'individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si dovranno applicare i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite. Passa, quindi, ai commi da 50 a 63, che disciplinano il contratto di convivenza, con il quale i conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune. Il comma 51 ne definisce le caratteristiche formali, da rispettare anche in caso di successive modifiche o di risoluzione; il comma 52 dispone in materia di opponibilità ai terzi; il comma 53 ne stabilisce il contenuto. Segnala che il comma 54 prevede la possibilità di modificare in ogni momento il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza e che il comma 55 dispone in materia di trattamento dei dati personali. Ai sensi del comma 56, il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o a condizione, mentre il comma 57 disciplina i casi di nullità.
  Il comma 58 definisce i casi in cui gli effetti del contratto di convivenza restano sospesi, mentre il comma 59 disciplina i casi di risoluzione del contratto, i cui effetti patrimoniali sono definiti dal comma 60 e le cui procedure sono disciplinate dai commi 62 e 63. Il comma 61 interviene in materia di recesso unilaterale dal contratto. Segnala che il comma 64 prevede che ai contratti di convivenza si applichi la legge nazionale comune dei contraenti; in caso di convivenza tra cittadini di nazionalità diversa, si applicherà la legge del luogo ove si svolge prevalentemente la convivenza. Infine, il comma 65 disciplina, alla cessazione della convivenza di fatto, il diritto agli alimenti.
  Conclusivamente, osserva che il provvedimento rileva, ai fini delle materie di competenza della Commissione, essenzialmente per i profili incidenti sulle prestazioni di carattere previdenziale e sull'estensione del riconoscimento degli assegni al nucleo familiare, nonché per i riflessi sugli istituti connessi alla prestazione di lavoro in caso di morte del lavoratore. Nel complesso, trattandosi di disposizioni volte a un ampliamento delle tutele delle persone in rapporti che, allo stato, sono sprovvisti di una disciplina legislativa, ritiene che si debba senz'altro esprimere un giudizio favorevole sul provvedimento. Si riserva in ogni caso di valutare le osservazioni che potranno essere formulate nel corso del dibattito.

  Cesare DAMIANO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.25.

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