CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 8 marzo 2016
606.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta delle elezioni
COMUNICATO
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GIUNTA PLENARIA

  Martedì 8 marzo 2016. — Presidenza del presidente Giuseppe D'AMBROSIO.

  La seduta comincia alle 12.05.

Seguito dell'esame della posizione del deputato Giancarlo Galan.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, avverte che l'ordine del giorno della seduta reca il seguito dell'esame della posizione del deputato Giancarlo Galan.
  Fa presente che, sulla base di quanto stabilito nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 25 febbraio scorso, la seduta odierna è dedicata alle dichiarazioni di voto ed alla votazione della proposta formulata dal Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze.
  Passa quindi alle dichiarazioni di voto sulla proposta, formulata dal Comitato, di accertamento dell'ineleggibilità sopravvenuta del deputato Galan e di conseguente contestazione della sua elezione.

  Gregorio FONTANA (FI-PdL) ricorda come il Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze abbia deciso di proporre alla Giunta di accertare la sussistenza della causa di ineleggibilità sopravvenuta e, dunque, di decadenza dal mandato parlamentare del deputato Galan.
  Considera che con questa decisione si sia già aperto un vulnus nel nostro ordinamento, in quanto si è dato l'avvio alla formazione di un precedente suscettibile di incidere negativamente, a un tempo, sull'equilibrio tra i poteri dello Stato, sul rispetto della sovranità popolare e sulla protezione del mandato elettorale. Si è ritenuto, infatti, di decidere in favore dell'applicabilità ai membri del Parlamento delle cause di decadenza contenute nel decreto legislativo n. 235 del 2012, la cosiddetta «legge Severino».
  Sottolinea come la Camera si trovi per la prima volta a dover decidere su tale materia e che da ciò nascerebbe un vulnus. Rileva, tuttavia, che nella procedura che è stata avviata non sono previsti, nella maniera più assoluta, automatismi tali da determinare l'ineleggibilità sopravvenuta del deputato Galan a seguito di una mera decisione favorevole all'applicazione della legge Severino al suo caso. Chiarisce comunque che si è pur sempre nel perimetro di tutela della funzione parlamentare delineato dall'articolo 66 della Costituzione, secondo cui «ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità».Pag. 4
  In questa fase di discussione, dunque, ritiene di dover ribadire quanto già sinteticamente affermato nella fase preliminare, vale a dire che nel giudicare delle cause di ineleggibilità sopravvenuta, in questo caso, la Camera debba esprimersi in senso negativo. Diversamente, a suo avviso, si agirebbe in maniera difforme rispetto al dettato costituzionale, con possibili conseguenze immediate anche gravi – come è sua intenzione evidenziare – in materia di rapporti tra i poteri dello Stato.
  La prima questione che pone in rilievo è quella della irretroattività della legge penale. Infatti, nella memoria difensiva dell'interessato, si evidenzia come i fatti per i quali l'onorevole Galan è stato condannato siano stati commessi in un periodo anteriore alla stessa legge delega sulla cui base la predetta legge è stata elaborata e promulgata dal legislatore delegato. Per affrontare tale questione reputa necessario fare riferimento alla nota sentenza n. 236 del 2015 della Corte costituzionale. In essa la questione della retroattività della legge Severino viene affrontata in un modo tale che i dubbi circa l'applicabilità della legge stessa al caso Galan non solo non si sciolgono, ma per molti versi si irrobustiscono. Infatti, con tale sentenza la Corte costituzionale ha negato carattere retroattivo alla legge Severino, con riferimento esclusivo agli amministratori locali che si trovino in condizioni di incandidabilità sopravvenuta, senza, però, entrare nel merito della medesima disciplina in quanto riferito ai membri del Parlamento. Ricorda come su tale aspetto la Corte non intervenga. Ritiene, tuttavia, che si tratti di un silenzio che risulta assordante, anche in considerazione dei numerosi incisi che costellano il testo della sentenza. La Corte offre, in ogni caso, uno spunto di straordinaria importanza, ai fini dell'inquadramento del caso Galan. Essa, infatti, fa riferimento al noto problema del «bilanciamento» tra beni costituzionali, ovvero al tema della composizione di interessi o diritti in conflitto. Nel richiamare la predetta sentenza, laddove dispone che al di fuori dell'ambito di applicazione dell'articolo 25, secondo comma, Costituzione – al quale, come si è detto, il giudice rimettente non ha fatto riferimento – le leggi possono retroagire, rispettando «una serie di limiti che questa Corte ha da tempo individuato e che attengono alla salvaguardia, tra l'altro, di fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza e di eguaglianza, la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto e il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario», fa presente che la Corte non entra nel merito della questione della irretroattività di cui all'articolo 25 della Costituzione, ma ripropone, in maniera sintetica, la suddetta filosofia del «bilanciamento».
  A suo giudizio, la lettura attenta della sentenza, che lascia in sospeso la questione della retroattività della legge Severino nella parte in cui fa riferimento ai parlamentari nazionali ed europei, sollecita comunque una lettura della vicenda Galan anche alla luce del tema del bilanciamento tra beni costituzionali. Fa presente come, secondo la Corte, nulla osti al fatto che il diritto all'elettorato passivo ceda di fronte all'interesse pubblico, pur non entrando nel merito del diritto all'elettorato passivo per il Parlamento, di cui, rispettivamente, all'articolo 56, terzo comma, della Costituzione per la Camera, e all'articolo 58, secondo comma, della Costituzione, per il Senato. Ritiene che il nodo da sciogliere, per chi è chiamato a decidere in merito all'applicabilità della legge Severino sia la valutazione di quali siano i «beni» in gioco da bilanciare.
  Osserva a tale proposito, che la Corte fa chiaramente riferimento all'elettorato passivo di cui all'articolo 51 della Costituzione e all'interesse pubblico di cui all'articolo 97 della Costituzione, ma che nessun «inciso» si rinviene in merito all'elettorato passivo in generale. In particolare, la Corte non sfiora il tema dell'elettorato passivo di tipo politico-parlamentare, che, come la Pag. 5stessa Corte ha evidenziato in altre occasioni, gode di una speciale protezione da parte della Costituzione.
  Chiarisce come il «bilanciamento» dell'elettorato passivo di cui all'articolo 51 della Costituzione sia diverso dal bilanciamento dell'elettorato passivo previsto dagli articoli 56 e 58 della Costituzione. Infatti, la speciale protezione accordata a questo tipo di elettorato passivo è dovuta, con tutta evidenza, al fatto che attraverso di esso si dà immediata e concreta attuazione al principio della sovranità popolare.
  Si domanda se il bene costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione sia sufficiente a bilanciare la compressione di un diritto attraverso il quale si realizza il principio della sovranità popolare, facendo presente che la Corte non si pronuncia su questo punto. Sottolinea, comunque, che la dottrina e la giurisprudenza rimarcano una differenza radicale – quasi «ontologica» – tra l'elettorato passivo di tipo amministrativo e l'elettorato passivo di tipo politico-parlamentare e che, in quest'ultimo caso, è in gioco non la semplice «volontà» degli elettori, bensì la sovranità popolare in quanto il Parlamento non è la Pubblica amministrazione. Nell'applicare la legge Severino all'onorevole Galan, la Giunta opterebbe, a suo avviso, a favore del sacrificio del diritto all'elettorato passivo del parlamentare, senza che sia stata fatta chiarezza intorno all'interesse pubblico in forza del quale il suddetto sacrificio possa essere giustificato.
  Richiama la circostanza che la «differenza radicale» tra i due summenzionati tipi di elettorato passivo sia stata, peraltro, di recente sottolineata in dottrina, proprio nei primi commenti alla sentenza n. 236 del 2015. Non solo, ma la questione sta riemergendo proprio in sede di giustizia costituzionale e con riferimento alla stessa legge Severino.
  Rileva come, presso la Corte costituzionale pendano tre casi relativi proprio al rapporto esistente tra lo status del parlamentare e quello dell'amministratore, con riferimento alla legge Severino e ne propone una sintetica ricostruzione.
  Si tratta delle ordinanze di remissione alla Corte costituzionale dei giudici di Napoli, Bari e Messina. In particolare, ricorda come nel corso della causa civile avente ad oggetto il contenzioso tra il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca e la Presidenza del Consiglio dei Ministri sulla decadenza dello stesso De Luca dalla carica a seguito dell'applicazione della legge Severino, il Tribunale di Napoli abbia emesso un'ordinanza di remissione alla Corte costituzionale relativamente ad alcuni aspetti della legge medesima. Lo stesso hanno fatto la Corte d'Appello di Bari, con riferimento al caso del Consigliere regionale Amati e il Tribunale di Messina con riferimento al caso del consigliere comunale Lo Monte.
  In estrema sintesi, nelle dette ordinanze vengono evidenziate soprattutto due criticità: il vizio di eccesso di delega e la disparità di trattamento nei confronti dei parlamentari nazionali ed europei (che sarebbero trattati in maniera irragionevolmente favorevole in quanto, nel loro caso, l'ineleggibilità sopraggiunge solo in caso di condanna definitiva).
  Con riferimento al caso Galan, è il secondo caso quello che rileva in maniera specifica, in quanto la Corte è chiamata a pronunciarsi, per l'appunto, sulla natura della protezione accordata dalla Costituzione al diritto elettorale passivo per il Parlamento.
  Rileva che, nel pronunciarsi su tale caso, non sia da escludere che la Corte, sia pure in maniera incidentale, si esprima sull'applicabilità o meno della legge Severino ai parlamentari. Se ciò avvenisse e il Parlamento si fosse già espresso sul punto in maniera difforme rispetto alla Corte, si produrrebbe un conflitto oggettivo nell'ordinamento. In tale evenienza ritiene che sia opportuno, in via precauzionale, al fine di evitare di produrre danni non più riparabili, che la Giunta prenda atto della non sussistenza della causa di ineleggibilità sopravvenuta e, dunque, di decadenza dal mandato parlamentare del deputato Galan.

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  Davide CRIPPA (M5S) auspica che nella seduta odierna si concluda questa fase del procedimento in Giunta riguardante il «signor Galan», che ritiene si sia trascinato dentro e fuori dal Parlamento troppo a lungo, umiliando il ruolo dei parlamentari quali rappresentanti dei cittadini.
  Rileva che sono passati quasi due anni dalla trasmissione alla Camera dei Deputati della richiesta di autorizzazione a procedere per l'arresto del deputato Galan in relazione all'inchiesta condotta dalla Procura di Venezia nell'ambito delle indagini sugli appalti per il MOSE. Sottolinea come due anni in politica rappresentino un secolo ovvero tempi biblici ma, in questo caso, erano necessari: questa è la prassi seguita dal Parlamento e come spesso accade lo spettacolo è stato semplicemente imbarazzante.
  Reputa che il comportamento di un parlamentare che non abbia il buonsenso e la decenza – vista la situazione e i capi di accusa che pendono su di lui – di dimettersi prima di espletare tutte le formalità parlamentari e conservi la carica di presidente duna commissione permanente e di parlamentare, non possa essere derubricato solo come «sconveniente». Fa presente che questa vicenda non coinvolge un deputato alla prima esperienza, magari inesperto, magari voglioso di prolungare quanto più possibile un'esperienza di questo tipo, magari desideroso di strappare un giorno in più in Parlamento, bensì un ex ministro, un presidente di commissione, un parlamentare di lungo corso, un uomo avvezzo ai palazzi del potere e certamente esperto anche di quello che riguarda lo svolgimento dei processi parlamentari. Ci si sarebbe aspettati che il «signor Galan» almeno si dimettesse da presidente di Commissione, ma ciò non è avvenuto perché, come da consuetudine, purtroppo egli non ha avuto il minimo rispetto delle istituzioni, che certamente non meritavano e non meritano questa ennesima volgare aggressione.
  Desidera esprimere alcune considerazioni ai colleghi della maggioranza. Fa presente che è stato seguito tutto l’iter previsto, che non ci sono state vie preferenziali, né comportamenti persecutori nei confronti di Galan. Ribadisce che il Movimento 5 Stelle ha detto in tutti i modi, nei termini e nei metodi previsti del regolamento, che riteneva impossibile la permanenza del deputato Galan nelle istituzioni. Il giudizio etico-morale e politico del Movimento 5 Stelle era noto a tutti da tempo, anche da chi non è un frequentatore abituale dell'aula della Giunta. Ciononostante il Movimento 5 Stelle è stato accusato in Parlamento di essere quasi conciliante con la situazione del deputato Galan, quasi volesse concedere più tempo e più mensilità ad un deputato che è rimasto presidente di commissione anche durante il periodo degli arresti domiciliari.
  Per questi motivi ringrazia il Presidente D'Ambrosio e gli esprime la sua solidarietà per gli attacchi subiti.
  Afferma che si potrebbe ritenere, provocatoriamente, che in una futura riforma del regolamento della Giunta occorre tener conto di tutto l'insieme delle esperienze vissute in quest'aula e scrivere, a parole chiare, che il carcere o la fuga all'estero non debbano essere causa di preoccupazione per la Giunta o per il Parlamento, che l'assenza per cause di forza maggiore o dettate dalle forze dell'ordine non debba essere motivo di ostacolo al mantenimento di una carica fondamentale per il funzionamento della Camera dei deputati. Si potrebbe anche osservare, ironicamente, come l'etica sia variabile a seconda della carica che si occupa e che, alla fine dei conti, la carica di deputato sia superflua anche all'atto del voto, essendo sufficienti i pulsanti, le schede e poco più che seicento sagome di cartone, oltre al Governo.
  Evidenzia che il giudizio di costituzionalità non spetta alla Giunta delle elezioni, come alcuni gruppi parlamentari hanno cercato di chiedere con forza all'interno del Comitato, anche attraverso la richiesta di audizioni di costituzionalisti.
  Ricorda, inoltre, che la legge Severino è stata approvata dal Governo Berlusconi-Monti, vale a dire da coloro che adesso ne rilevano l'incostituzionalità.Pag. 7
  Fa presente che si è giunti al voto dopo i rinvii concordati in conferenza dei capigruppo, il bollettino medico del deputato Galan riportato in Aula al solo scopo di ritardarne la decadenza, perché voleva assolutamente venire a dare spiegazioni. In tutto questo periodo si è continuato ad avere un presidente della Commissione cultura che è il degno manifesto di quello che serve per far parte di questa istituzione: cultura del rinvio, cultura del «menefreghismo», cultura del patteggiamento, cultura dell'irresponsabilità. A suo giudizio l'etica è un parolone che qui si compra e si vende a seconda dell'occasione, soprattutto se si continua a percepire lo stipendio, il vitalizio e il trattamento di fine rapporto a spese del contribuente.
  Ritiene pertanto opportuno utilizzare la seconda metà della legislatura per dotare anche la Giunta delle elezioni di un regolamento serio, moderno ed efficiente al fine di evitare di svergognare il Paese ogni volta che capita in Parlamento un «signor Galan». È sua convinzione che, visto il numero di indagati in Parlamento, molto presto la storia si ripeterà.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) prima di ripercorrere le considerazioni già illustrate nell'ambito dell'attività istruttoria svolta dal Comitato, esprime rammarico per avere assistito, nel corso del procedimento, a talune strumentalizzazioni, nonché a dichiarazioni inopportune e polemiche, che appaiono ingiustificate, se si considera la realtà dei fatti, e comunque non in linea con il clima di serenità e correttezza che ha sempre caratterizzato i lavori di questa Giunta. Osserva, d'altra parte, come non si possa pretendere che le strumentalizzazioni siano considerate legittime solo se provenienti da una certa parte politica e come, proprio per questo motivo, ad ogni azione sia corrisposta una reazione uguale e contraria.
  Quanto al merito della questione, ribadisce come la legge Severino, a suo giudizio – e a detta di molti –, non sia certamente priva di lacune, ponendo quantomeno dei dubbi di legittimità costituzionale in alcune sue disposizioni. Tuttavia, il materiale difensivo prodotto dall'interessato, seppure corroborato da pareri di autorevoli giuristi, si focalizza su disposizioni diverse da quelle applicabili alla fattispecie.
  Ritiene evidente che la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 236 del 2015, non potesse affrontare il tema dell'incandidabilità e della decadenza con specifico riferimento ai parlamentari, giacché è risaputo che la Corte è chiamata a decidere entro il recinto rappresentato da un thema decidendum definito.
  Osserva come nelle difese dell'interessato siano presenti talune discrasie, soprattutto laddove si fa riferimento ad un irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, che sono rappresentati dal diritto di elettorato passivo, da un lato, e dall'interesse al buon andamento e all'imparzialità dell'amministrazione, dall'altro. Il bilanciamento di interessi operato dal legislatore appare in realtà tutt'altro che irragionevole. Nel caso in esame, infatti, è evidente come il secondo interesse prevalga sul primo, in linea con l'indirizzo della Corte costituzionale che, interpretando gli articoli 51 e 97 della Costituzione, ha chiarito come tale interesse debba essere sempre garantito nell'esercizio delle funzioni pubbliche svolte dagli eletti nell'interesse degli elettori.
  Osserva come nelle difese dell'interessato siano presenti numerosi riferimenti all'illegittimità costituzionale della legge Severino, domandandosi, allora, per quale motivo egli non abbia sollevato la questione di legittimità costituzionale dinanzi al giudice, nel corso del procedimento penale. L'interessato, anzi, ha proceduto al patteggiamento che, in linea di principio non era considerato una condanna – mentre ora lo è – ma che comunque la legge Severino – finché è vigente – si premura di prendere espressamente in considerazione negli articoli 15 e 16.
  Dunque, con riferimento al caso di specie, sarebbe fuorviante argomentare in tema di retroattività o irretroattività della legge con riferimento al tempus commissi delicti, poiché ciò che rileva è la data di pronuncia della sentenza ex articolo 444 Pag. 8del codice di procedura penale in relazione alla data di entrata in vigore della legge. La ratio delle disposizioni in esame è evidentemente quella di tutelare il soggetto che ha patteggiato prima dell'entrata in vigore della legge, poiché non era in condizione di conoscerne le conseguenze e gli effetti, e non il soggetto che abbia patteggiato in un momento successivo, potendo egli operare ogni opportuna e consapevole valutazione al momento di prestare il proprio consenso.
  La legge Severino prevede che l'incandidabilità operi anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l'applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale (articolo 15, comma 1), e che tale ultima disposizione si applichi alle sentenze previste dal citato articolo 444, «pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo» (articolo 16, comma 1), trattandosi, peraltro, di incandidabilità sopravvenuta, come ormai assunto, oltre che dall'articolo 3 della legge, anche dalla giurisprudenza. Altra cosa sarebbe stata – come già chiarito – se la pronuncia in ordine al patteggiamento fosse giunta in tempi precedenti all'entrata in vigore della legge, atteso che sarebbe mancata per l'interessato la possibilità di conoscerne il contenuto e le relative conseguenze sanzionatorie.
  Concorda con chi ha evidenziato il problema della sottoponibilità a procedimenti penali dei parlamentari, ma sottolinea come, venendo meno l'istituto dell'autorizzazione a procedere, sia venuto meno anche l'equilibrio tra poteri dello Stato, così come voluto dal legislatore costituente.
  Conclusivamente, al di là degli aspetti politici – che possono riguardare unicamente considerazioni relative al richiamato bilanciamento fra interesse individuale e collettivo –, ritiene che la questione sia, sotto il profilo giuridico, piuttosto chiara ed evidente.
  Preannuncia, a nome del proprio gruppo, il voto favorevole sulla proposta del Comitato.

  Maurizio BIANCONI (Misto-CR) ricorda preliminarmente di non avere votato a favore della legge Severino e di essere entrato, per questo motivo, durante il dibattito in Assemblea, in una vivace polemica con il collega Enrico Costa, secondo il quale si sarebbe trattato di una legge ben fatta. A suo giudizio, invece, è una pessima legge, fatta per finalità molto chiare. Che si trattasse di un errore lo avevano compreso, all'epoca, anche altri deputati, come Manlio Contento e Luca D'Alessandro.
  Evidenzia come, contrariamente alle intenzioni del legislatore, il patteggiamento sia una condanna.
  Ciò premesso, rileva come nel caso di specie si ponga una questione etica, poiché considera il comportamento di Galan censurabile in tutto il suo svolgimento, sottolineando, in particolare, come non sia stato opportuno mantenere la presidenza di una commissione permanente dopo avere patteggiato. Invita, peraltro, i colleghi del Movimento 5 Stelle a non ritenere di essere titolari di un'esclusiva sulle questioni e sui concetti etici, ricordando l'importanza del principio di presunzione d'innocenza e l'uso distorto dell'avviso di garanzia che, nato come forma di tutela per l'indagato, si è trasformato di fatto in una sentenza di condanna.
  Condivide le osservazioni dell'onorevole Lauricella, quando evidenzia il venir meno dell'equilibrio tra poteri dello Stato. Conclude rilevando come il disallineamento e lo squilibrio verificatosi negli ultimi decenni tra i predetti poteri abbia messo la politica in scacco e come, in questa situazione, nessun altro potere abbia guadagnato tanto terreno quanto quello che gestisce la finanza.

  Alessandro PAGANO (AP) ritiene doveroso sottolineare come il lavoro svolto dal Comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze possa essere assunto a modello di garanzia e rispetto dei diritti, dei ruoli e dei tempi stabiliti. Rileva, inoltre, come l'esame da parte del Comitato non sia stato influenzato da verità precostituite o pregiudizi ideologici, Pag. 9che non giovano mai ai fini di una decisione ponderata e imparziale.

  Adriana GALGANO (SCpI) si associa alle considerazioni svolte dal Vicepresidente Pagano circa il modo imparziale e approfondito in cui sono stati condotti i lavori del Comitato, che rappresentano un modello di garanzia di indipendenza del Parlamento. Stigmatizza, comunque, il comportamento del deputato Galan che, dopo il patteggiamento, non ha ritenuto necessario né opportuno dimettersi, sia dalla carica di presidente della Commissione cultura sia dalla carica di parlamentare, come sarebbe stato auspicabile in un Paese civile. Ritiene che simili situazioni portino discredito alla politica e alterino gli equilibri tra i poteri dello Stato. Si augura comunque che il Paese possa cambiare e che la politica si riappropri di un'etica consona al suo ruolo.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, non essendovi altri iscritti a parlare, passa alla votazione della proposta, formulata dal Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, di accertamento dell'ineleggibilità sopravvenuta del deputato Giancarlo Galan e di conseguente contestazione della sua elezione.
  Avverte che, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del regolamento della Giunta, qualora la proposta fosse respinta si intenderà che la Giunta abbia deliberato nel senso dell'insussistenza di una causa di ineleggibilità sopravvenuta.
  Pone quindi in votazione la proposta del Comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, di accertamento della ineleggibilità sopravvenuta del deputato Giancarlo Galan e di conseguente contestazione della sua elezione.

  La Giunta approva.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, avverte che, per la contestazione dell'elezione del deputato Giancarlo Galan, la Giunta, che procederà a norma dell'articolo 13 del proprio regolamento, deve essere convocata in seduta pubblica per una data da fissare non prima del ventesimo giorno dalla comunicazione alle parti. Al riguardo, fissa la seduta pubblica per giovedì 7 aprile 2016 alle ore 14.30.
  Ai fini dello svolgimento della seduta pubblica designa in qualità di relatore il Vicepresidente Pagano.
  Avverte, inoltre, che della fissazione della seduta pubblica sarà data comunicazione al candidato Dino Secco, primo dei non eletti della lista Il Popolo della Libertà, nella VII Circoscrizione – Veneto 1, ai fini del suo intervento alla seduta pubblica in qualità di parte, ai sensi dell'articolo 17, comma 6, del regolamento della Giunta.

  La seduta termina alle 12.55.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI