CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 8 marzo 2016
606.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 12

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

  Martedì 8 marzo 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 11.40.

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla guardia costiera e di frontiera europea e che abroga il regolamento (CE) n. 2007/2004, il regolamento (CE) n. 863/2007 e la decisione 2005/267/CE del Consiglio.
(COM(2015) 671 final).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente e relatore, fa presente che la Commissione avvia oggi l'esame della proposta di regolamento dell'Unione europea COM(2015)671 con la quale si dispone la costituzione di una guardia costiera e di frontiera europea. L'iniziativa rientra tra quelle preannunciate nell'Agenda europea sulla migrazione del maggio 2015 e costituisce un passaggio decisivo per tradurre concretamente l'impegno dell'UE ai fini di una più efficace gestione dei flussi migratori. Le dimensioni crescenti dei tentativi di attraversare le frontiere esterne dell'UE per approdare in Europa hanno obbligato le istituzioni europee ad avviare finalmente una politica comune in materia di migrazioni e asilo, peraltro esplicitamente prevista dai Trattati. Per comprendere le dimensioni del fenomeno basti considerare che nel 2015 oltre un milione di migranti sono giunti in Unione europea via mare: una vera e propria emergenza umanitaria che mette a dura prova la capacità di gestire il fenomeno dei singoli Paesi. La perdurante condizione di instabilità e i conflitti all'interno dei Paesi di provenienza non inducono a ritenere che si tratti di un fenomeno temporaneo, destinato a riassorbirsi nel prossimo futuro. Proprio le dimensioni strutturali del fenomeno hanno indotto le istituzioni europee a concepire una risposta non episodica e frammentaria, come accaduto sino a poco fa, da parte dei diversi Stati membri, ma ad avviare una strategia comune. E la prospettiva sembra peggiorare se si pensa che dall'inizio dell'anno sono già arrivate via mare nell'Unione europea 141 mila persone.
  Alla tragedia dei migranti si aggiungono le crescenti difficoltà dei Paesi e delle comunità investite da tali flussi, a partire dalle isole greche: nel 2015 sarebbero sbarcate in Grecia 855 mila persone e nei primi mesi del 2016 siamo già a 132 mila. In Italia invece sono stati stimati 150 mila arrivi nel 2015 e circa 9 mila nei mesi di gennaio e febbraio 2016, un dato comunque in calo rispetto al 2014. Nei Paesi immediatamente vicini alle aree instabili tale tragedia assume contorni ancora più drammatici. È il caso della Giordania, del Libano e della Turchia. In quest'ultimo Paese nel 2015 sono arrivati più di due milioni di profughi siriani.
  In questi mesi abbiamo peraltro assistito all'adozione, da parte di diversi Stati membri, di iniziative unilaterali: di fronte al timore di essere travolti da una ondata ingestibile di migranti, alcuni Paesi hanno deciso di chiudere le proprie frontiere, avvalendosi di una facoltà prevista nell'ordinamento europeo vigente.
  In alcuni casi sono state innalzate vere e proprie barriere fisiche ai confini, in tal modo smentendo una delle conquiste più importanti realizzate nell'ambito del processo di integrazione europea, lo spazio Schengen. 
  È evidente che la chiusura di alcune frontiere, al di fuori di un'azione concordata a livello europeo, non garantisce di per sé l'interruzione dei flussi ma, caso mai, determina lo spostamento dei movimenti verso altre rotte.
  È sufficiente evidenziare quanto accaduto al confine greco macedone, con migliaia di persone ammassate alle frontiere Pag. 13che chiedono di transitare in Macedonia per raggiungere gli Stati del centro e del nord Europa. Il timore di iniziative di blocco delle frontiere ha già messo in allarme le autorità albanesi per il rischio che il loro Paese si trasformi una facile alternativa.
  Alcuni Stati membri hanno invocato l'intervento del Consiglio dell'Ue per l'adozione di una raccomandazione che consenta loro di tenere chiuse le frontiere per un periodo fino a due anni.
  E la stessa Commissione, nello stabilire proprio venerdì scorso una roadmap per la restaurazione del corretto funzionamento dell'area Schengen, ha preannunciato che qualora la Grecia non riuscisse a ristabilire la corretta gestione delle frontiere esterne entro soli tre mesi l'ipotesi di essere esclusa da Schengen potrebbe davvero concretizzarsi.
  In questo difficilissimo contesto la consistenza crescente dei flussi migratori richiede una risposta ragionata e non basata su reazioni emotive da parte dell'insieme degli Stati membri e dell'Unione. A tale criterio si ispira l'Agenda sulla migrazione che unisce all'affermazione concreta del principio di solidarietà, attraverso i programmi di riallocazione e resettlement, la previsione di un più efficace controllo alle frontiere che eviti o quanto meno riduca gli arrivi da parte di soggetti che non posseggono i requisiti per il riconoscimento del diritto di asilo. A questa logica si ispira anche la proposta di individuare alcuni Paesi come «sicuri» la cui provenienza non dovrebbe giustificare la concessione dello status di rifugiati.
  È evidente che l'Europa non può assorbire un numero illimitato di migranti; la gestione dell'accoglienza, l'assistenza, le procedure di identificazione e valutazione dei requisiti per il riconoscimento dell'asilo comportano oneri amministrativi e finanziari che non possono essere trascurati. Né si può ignorare il rischio di comportamenti opportunistici che finiscono per alimentare reazioni come quelle che hanno recentemente indotto il Regno Unito a subordinare la permanenza nell'UE alla concessione del potere di sospendere l'accesso alle prestazioni sociali non soltanto nei confronti dei migranti ma anche di cittadini di altri Paesi membri quando sia a rischio la tenuta finanziaria dei sistemi sociali.
  Occorre, dunque, dare effettiva attuazione al principio di solidarietà, distribuendo equamente il carico tra i diversi Paesi membri, evitando di penalizzare soltanto quelli di approdo anche con una azione coordinata ed efficace di controllo delle frontiere che contenga i flussi entro dimensioni sostenibili.
  È in questo contesto che la Commissione propone, all'articolo 3, di istituire una guardia costiera e di frontiera europea, ovvero un sistema costituito dalle autorità nazionali di controllo delle frontiere (comprese le guardie costiere quando esercitano tali funzioni) e dall'Agenzia Frontex che, in ragione del potenziamento di alcune sue funzioni, cambierebbe il nome in quello di «Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera».
  Coerentemente a tale principio, l'articolo regola la gestione integrata delle frontiere che comporta un insieme di attività strettamente correlate con finalità di prevenzione e studio dei rischi, di gestione delle emergenze ed eventualmente anche di rimpatrio.
  Alla creazione di un sistema comune tra livello nazionale e livello europeo si accompagna la previsione, di cui all'articolo 5, della responsabilità condivisa nella gestione delle frontiere esterne.
  Si tratta di un notevole progresso se si considera che il vigente quadro giuridico di Frontex assegna a tale organismo la gestione della cooperazione operativa, in sostanza la semplice funzione di coordinamento delle attività di sorveglianza delle frontiere incluse nella sfera di competenza degli Stati membri.
  Merita poi sottolineare il rafforzamento del principio, già parzialmente previsto dalla normativa vigente, dello scambio di informazioni e dell'obbligo posto a carico delle autorità nazionali, di fornire alla istituenda Agenzia tutte le informazioni necessarie per sciogliere i compiti previsti dalla proposta di regolamento. Pag. 14
  L'articolo 10 reca infatti disposizioni per l'istituzione all'interno dell'Agenzia di un centro di monitoraggio dei flussi migratori e analisi dei rischi. Tali analisi prenderanno in considerazione tutti gli aspetti pertinenti alla gestione delle frontiere, quali il controllo di frontiera, il rimpatrio, i movimenti secondari irregolari, la prevenzione della criminalità transfrontaliera, ivi comprese l'agevolazione dell'immigrazione irregolare, la tratta degli esseri umani, e il terrorismo.
  L'articolo 11 rafforza il ruolo degli ufficiali di collegamento dell'Agenzia negli Stati membri, il cui compito principale sarà raccogliere sul terreno le informazioni richieste dall'Agenzia per effettuare il monitoraggio, le analisi dei rischi e la valutazione di vulnerabilità di uno Stato membro.
  Quest'ultimo strumento è quanto previsto all'articolo 12 e prefigura un nuovo ruolo di supervisore assegnato all'Agenzia rispetto alla condotta degli Stati membri nella gestione delle frontiere.
  Con la valutazione di vulnerabilità l'Agenzia verifica la capacità degli Stati membri di affrontare prontamente problemi imminenti, comprese minacce e pressioni presenti e future alle frontiere esterne, anche valutando l'attrezzatura tecnica, i sistemi, le capacità, le risorse e i piani di emergenza degli Stati membri. Di particolare importanza il ruolo assegnato al direttore esecutivo della nuova agenzia, che, su parere di un consiglio di vigilanza (di cui si prevede la creazione all'interno dell'Agenzia) stabilisce le necessarie misure correttive che dovranno essere adottate dagli Stati membri interessati, ed un termine entro il quale adottare tali misure.
  La decisione del direttore esecutivo sarà vincolante per lo Stato membro e, qualora le misure necessarie non saranno adottate entro il termine stabilito, il direttore esecutivo riferirà la questione al consiglio di amministrazione che prenderà un'ulteriore decisione; qualora lo Stato membro non adotti le misure entro il termine previsto in tale decisione (rischiando di compromettere il funzionamento dello spazio Schengen), la Commissione ha il potere di prendere ulteriori iniziative in conformità dell'articolo 18, adottando una decisione di esecuzione.
  Quest'ultima disposizione costituisce la novità fondamentale della proposta di regolamento ipotizzando un intervento che la Commissione europea nel preambolo del regolamento, non ha esitato a definire «diretto» sugli scenari di crisi circa la gestione delle frontiere esterne UE.
  L'articolo 18 prevede infatti che qualora uno Stato membro non adotti le necessarie misure correttive in conformità di una decisione del consiglio di amministrazione di cui all'articolo 12, oppure nel caso di una pressione migratoria sproporzionata alle frontiere esterne che renda inefficaci i controlli di frontiera in misura tale da rischiare di compromettere il funzionamento dello spazio Schengen, la Commissione, dopo aver consultato l'Agenzia, può adottare una decisione mediante atto di esecuzione, in cui definisce le misure che devono essere prese dall'Agenzia stessa e impone allo Stato membro interessato di cooperare con l'Agenzia nell'attuazione di tali misure. Per motivi imperativi di urgenza debitamente giustificati connessi al funzionamento dello spazio Schengen, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili.
  Tra le misure che la Commissione può ordinare, spiccano l'organizzazione e il coordinamento di interventi rapidi alle frontiere, l'invio delle squadre di guardie costiere e di frontiera, l'organizzazione di rimpatri e l'invio di strumentazione tecnica.
  L'articolo 18 prevede altresì che il direttore esecutivo dell'Agenzia, entro due giorni lavorativi dalla data di adozione della decisione della Commissione e su parere del consiglio di vigilanza, stabilisca le azioni da adottare per l'esecuzione pratica delle misure individuate nella decisione della Commissione, comprese le attrezzature tecniche e il numero e i profili delle guardie di frontiera e degli altri membri del personale competenti necessari per conseguire gli obiettivi di tale decisione. Parallelamente, ed entro i due stessi giorni lavorativi, il direttore esecutivo presenta un progetto di piano operativo Pag. 15allo Stato membro interessato. Il direttore esecutivo e lo Stato membro interessato redigono il piano operativo entro due giorni lavorativi dalla data di presentazione. L'Agenzia invia quanto prima possibile, e comunque entro tre giorni lavorativi dalla definizione del piano operativo, l'attrezzatura tecnica e il personale necessari per l'esecuzione pratica delle misure stabilite nella decisione della Commissione. Secondo la medesima disposizione lo Stato membro interessato si conforma alla decisione della Commissione, coopera a tale scopo immediatamente con l'Agenzia e intraprende le azioni necessarie per agevolare l'attuazione di tale decisione e l'esecuzione pratica delle misure stabilite nella decisione stessa e nel piano operativo concordato con il direttore esecutivo. Gli Stati membri mettono a disposizione le guardie di frontiera e gli altri membri del personale competenti stabiliti dal direttore esecutivo.
  L'impianto normativo che scaturisce dalla proposta è senza dubbio un meccanismo di gestione delle frontiere esterne fortemente innovativo: lo Stato membro interessato è previamente sottoposto al giudizio dell'Agenzia circa la sua vulnerabilità alle frontiere, è poi obbligato ad attuare le eventuali misure correttive suggerite dal direttore esecutivo dell'Agenzia, ed in ultima istanza quando non si conformi a tali decisioni è la stessa Commissione europea ad intervenire stabilendo con decisione di esecuzione le misure che l'Agenzia deve attuare con la collaborazione obbligatoria dello Stato membro. Tale assetto, recante un nuovo riparto tra le competenze degli Stati membri e quelle dell'Unione europea (per il tramite della Commissione e dell'Agenzia), deve essere attentamente valutato; non a caso alcuni Parlamenti, e in particolare la Camera dei deputati della Repubblica ceca e la Camera dei rappresentanti del Parlamento dei Paesi Bassi, hanno già evidenziato le criticità che presenta tale nuovo meccanismo, se non addirittura – come nel caso del Parlamento olandese – espresso posizioni fortemente critiche lamentando il rischio di un eccessiva cessione di sovranità.
  Lo stesso Governo nazionale, nella nota trasmessa il 23 febbraio scorso, non manca di esprimere talune perplessità sotto il profilo del rispetto del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, specie per quanto concerne la facoltà, per la Commissione, di adottare misure urgenti e la possibilità per l'Agenzia di intervenire direttamente.
  L'articolo 19 istituisce una riserva di rapido intervento cui l'Agenzia potrà direttamente attingere per formare le squadre europee di guardia costiera e di frontiera da inviare negli scenari di crisi. Si tratterà di un corpo permanente immediatamente a disposizione dell'Agenzia composto da una percentuale del numero totale delle guardie di frontiera degli Stati membri e comprendente almeno 1.500 persone (ogni Stato membro metterà a disposizione dell'Agenzia ogni anno un numero di guardie di frontiera pari almeno al 3 per cento del personale degli Stati membri privi di frontiere terrestri o marittime e al 2 per cento del personale degli Stati membri con frontiere terrestri o marittime). L'impiego di squadre europee di guardie costiere e di frontiera attinte dalla riserva di rapido intervento dovrebbe essere immediatamente completato, se occorre, da squadre europee di guardie costiere e di frontiera aggiuntive.
  Segue la stessa ratio l'articolo 37, ai sensi del quale l'Agenzia può acquistare, autonomamente o in comproprietà con uno Stato membro, o noleggiare attrezzature tecniche da utilizzare durante le operazioni congiunte, i progetti pilota, gli interventi rapidi alle frontiere, le operazioni di rimpatrio, gli interventi di rimpatrio o i progetti di assistenza tecnica, conformemente alle regole finanziarie applicabili all'Agenzia. Inoltre l'articolo 38 prevede la creazione e la conservazione da parte dell'Agenzia di un registro centralizzato del parco attrezzature tecniche comprendente le attrezzature di proprietà degli Stati membri o dell'Agenzia e le attrezzature in comproprietà degli Stati Pag. 16membri e dell'Agenzia utilizzate per finalità di controllo delle frontiere esterne o di rimpatrio.
  La proposta di regolamento, agli articoli da 26 a 32, prevede il rafforzamento delle funzioni dell'Agenzia in materia di rimpatrio. Oltre all'istituzione al suo interno di un apposito ufficio in materia di rimpatrio al fine di assistere gli Stati membri nel garantire un rimpatrio efficace dei migranti irregolari, il nuovo regolamento abilita l'Agenzia ad organizzare operazioni di rimpatrio di propria iniziativa.
  A tal fine è altresì prevista l'istituzione di una riserva di osservatori e scorte per i rimpatri forzati e una riserva di esperti in materia di rimpatrio provenienti dagli organismi nazionali competenti, a partire dalle quali verranno create squadre europee di interventi per i rimpatri.
  L'articolo 52 prevede una cooperazione europea in materia di funzioni di guardia costiera, con lo sviluppo di una cooperazione intersettoriale tra l'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, l'Agenzia europea di controllo della pesca e l'Agenzia europea per la sicurezza marittima.
  Infine la proposta prevede, all'articolo 72, un nuovo strumento a tutela dei diritti fondamentali. Si tratta in particolare di un meccanismo di denuncia inteso a monitorare e assicurare il rispetto dei diritti fondamentali in tutte le attività svolte dall'Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera. L'Agenzia non potrà procedere autonomamente all'indagine su presunte violazioni dei diritti fondamentali da parte di membri delle squadre europee di guardie costiere e di frontiera, ma la persona direttamente interessata, che ritenga di essere stata oggetto di una violazione dei suoi diritti fondamentali a seguito di tali azioni, o un terzo che intervenga per conto di tale persona, potrà presentare una denuncia scritta all'Agenzia.
  In conclusione, a suo avviso, siamo in presenza di un provvedimento complesso, che tocca diversi profili e che soltanto in parte consolida e riproduce la normativa vigente. Considerata la portata delle innovazioni prospettate, appare opportuno svolgere alcune audizioni per acquisire dati ed elementi di valutazione.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.45

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 8 marzo 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 11.45

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2014/28/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile.
Atto n. 269.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandro NACCARATO (PD), relatore, osserva che lo schema di decreto legislativo in esame recepisce la direttiva 2014/28/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile. La direttiva che il presente atto del Governo va a recepire fa parte di un «pacchetto» di provvedimenti adottati a livello europeo per adeguare la legislazione relativa ad alcuni prodotti al nuovo quadro normativo generale comune in materia di certificazione di conformità e commercializzazione dei prodotti. La ratio dichiarata è quella di aumentare la sicurezza dei prodotti sopra indicati, soggetti Pag. 17ad una forte concorrenza internazionale, suscettibili di trarre beneficio dalla semplificazione legislativa e dalla garanzia di condizioni di concorrenza eque, mediante un'efficace vigilanza del mercato, soprattutto in relazione alle merci provenienti da Paesi terzi. La direttiva 2014/28/UE introduce una disciplina più articolata e dettagliata in materia di messa a disposizione sul mercato e controllo degli esplosivi per uso civile, dovendo tener conto degli ulteriori atti di normazione europea intervenuti medio tempore. In particolare, sono intervenuti il regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, e la decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008. Quel regolamento pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti, stabilisce norme riguardanti l'accreditamento degli organismi di valutazione della conformità e fornisce un quadro per la vigilanza del mercato dei prodotti e per i controlli sui prodotti provenienti dai paesi terzi. Quella decisione reca un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti. La direttiva oggetto di recepimento ha disposto, inoltre, la rifusione della direttiva 1993/15/CEE, dedicata alla medesima materia e recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 7. In tale ottica, lo schema di decreto – anche sulla base della diversa struttura della direttiva di riferimento rispetto alla precedente direttiva del 1993 – dispone l'abrogazione del citato decreto legislativo n. 7 del 1997, riprendendone (talora ampliandone) gran parte dei contenuti.
  Lo schema in esame dà attuazione alla delega recata all'articolo 1, commi 1 e 3, e allegato B, della legge 9 luglio 2015, n. 114 («Legge di delegazione europea 2014»), secondo i criteri generali contenuti negli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 («Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea»). Lo schema di decreto legislativo consta di 42 articoli, contenuti in sette Capi, rispettivamente: il Capo I (Disposizioni generali) articoli dall'1 al 3; il Capo II (Obblighi degli operatori economici) articoli dal 4 al 9; il Capo III (Disposizioni di sicurezza) articoli dal 10 al 17; il Capo IV (Conformità dell'esplosivo) articoli dal 18 al 22; il Capo V (Notifica degli organismi di valutazione della conformità) articoli dal 23 al 31; il Capo VI (Sorveglianza del mercato e controllo degli esplosivi per uso civile) articoli dal 32 al n. 36 e infine il Capo VII (Disposizioni transitorie e finali) articoli dal 37 al 42. Esso contiene, infine, cinque allegati tecnici, di cui i primi quattro mutuati direttamente dalla direttiva comunitaria di riferimento.
  Passando ad esaminare il contenuto del provvedimento, l'articolo 1, in attuazione dell'articolo 1 della direttiva, circoscrive l'ambito di applicazione del provvedimento agli esplosivi per uso civile. Secondo la definizione di cui all'articolo 2, lettera a), del presente provvedimento, con la dicitura «esplosivi» devono intendersi materie ed articoli considerati tali nelle raccomandazioni delle Nazioni Unite relative al trasporto di merci pericolose.
  L'articolo 2 reca le definizioni, mentre l'articolo 3 stabilisce che è vietato fabbricare, detenere, utilizzare, porre in vendita o cedere a qualsiasi titolo, trasportare, importare, esportare, trasferire o comunque mettere a disposizione sul mercato esplosivi per uso civile che non soddisfino i requisiti essenziali di sicurezza contenuti nel decreto in esame. Tali requisiti essenziali di sicurezza sono sunteggiati nell'Allegato II, sia generali sia speciali.
  I successivi articoli da 4 a 9 – in attuazione degli articoli da 5 a 10 della direttiva – stabiliscono gli obblighi degli operatori economici che fanno parte della catena di fornitura e distribuzione. Essi sono obbligati ad adottare le misure necessarie a garantire che sul mercato siano disponibili esclusivamente prodotti conformi alla normativa.
  L'articolo 4 dispone in ordine agli obblighi dei fabbricanti, chiamati a garantire, tra l'altro, che gli esplosivi siano progettati e fabbricati conformemente ai requisiti Pag. 18essenziali di sicurezza di cui all'Allegato II. Tra gli obblighi, figura la conservazione per dieci anni della documentazione tecnica e della dichiarazione di conformità UE. Così come figura il fornire tutte le informazioni e documentazione in lingua italiana onde dimostrare la conformità dell'esplosivo, dietro ordine di esibizione degli organi di polizia incaricati dall'autorità di vigilanza del mercato. I fabbricanti possono nominare con mandato scritto propri rappresentanti ai sensi dell'articolo 5.
  Gli articoli 6 e 7 recano gli obblighi posti in capo, rispettivamente, agli importatori e ai distributori. Essi possono inoltre essere soggetti ai medesimi obblighi dei fabbricanti nei casi previsti dall'articolo 8: quando, cioè, l'importatore o il distributore immette sul mercato un esplosivo con il proprio nome o marchio commerciale o modifica un esplosivo già immesso sul mercato in modo tale da poterne condizionare la conformità alle prescrizioni del decreto in esame.
  L'articolo 9 individua gli ulteriori obblighi da rispettare ai fini dell'identificazione degli operatori economici. Vi si stabilisce l'obbligo per gli operatori economici del settore di indicare alle autorità di sorveglianza l'operatore economico che abbia fornito loro, o cui abbiano fornito, esplosivi, nonché l'obbligo di conservazione, per un periodo di tempo pari a dieci anni, di tali informazioni.
  Gli articoli 10 e 11 concernono, rispettivamente, il trasferimento e il transito degli esplosivi per uso civile, da e verso uno Stato membro. L'articolo 10, in particolare, individua nel prefetto territorialmente competente per il territorio di destinazione del prodotto l'autorità competente a rilasciare l'autorizzazione per introdurre gli esplosivi in territorio nazionale richiesta dall'articolo 11 della direttiva testé ricordata. E specifica gli elementi che devono essere contenuti nella domanda di autorizzazione.
   L'articolo 11, quindi, tratta gli obblighi che l'operatore economico responsabile del trasferimento è tenuto ad adempiere in caso di transito (sia prima sia dopo la sua effettuazione) degli esplosivi nel territorio di altri Stati membri.
  L'articolo 12 subordina l'introduzione nel territorio dello Stato di munizioni per uso civile provenienti da un altro Stato membro dell'Unione europea, all'autorizzazione delle competenti autorità dello Stato di partenza, previo apposito nulla-osta del prefetto competente territorialmente per il luogo di destinazione.
   L'articolo 13 disciplina la procedura di trasferimento di munizioni verso uno Stato membro, in analogia a quanto previsto dall'articolo precedente per il trasferimento da uno Stato membro.
  L'articolo 14 (recante deroghe per ragioni di sicurezza pubblica) consente, per gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, al prefetto competente per territorio di sospendere i trasferimenti di esplosivi o di munizioni disciplinati dallo schema, o di imporre particolari prescrizioni per prevenire la detenzione o l'uso illecito di tale materiale (comma 1). Analogamente, al comma 3, prevede la possibilità per il Ministro dell'interno di disporre la sospensione della fabbricazione, il divieto di vendita o cessione a qualsiasi titolo, nonché la consegna – per essere custoditi in depositi a cura dell'autorità di pubblica sicurezza o militare – degli esplosivi per uso civile che, pur muniti della marcatura CE di conformità ed impiegati conformemente alla loro destinazione, risultino pericolosi per la sicurezza o l'incolumità pubblica. Si tratta – per entrambe le misure di cautela di cui ai commi 1 e 3 di questo articolo dello schema – di disposizioni già previste dal decreto legislativo n. 7 del 1997 (all'articolo 12, commi 1 e 2). Entrambe sono state trasfuse nel testo in esame, ravvisandone la rispondenza all'articolo 13 della direttiva di riferimento. Il fine è disporre di strumenti di intervento, ove siano posti in pericolo beni giuridici fondamentali quali la sicurezza e l'incolumità pubbliche. Sono strumenti che si aggiungono a quelli previsti entro il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto n. 773 del 1931). Pag. 19
  L'articolo 15 disciplina lo scambio di informazioni relative ai trasferimenti di esplosivi e munizioni.
  L'articolo 16 concerne la identificazione e tracciabilità degli esplosivi. Prescrive agli operatori economici di aderire ad un sistema uniforme di identificazione univoca e di tracciabilità degli esplosivi per uso civile (compresi, tra i dati da produrre, l'ubicazione durante il possesso da parte degli operatori economici, nonché l'identità di questi ultimi).
  L'articolo 17 impone agli operatori economici l'obbligo di munirsi di apposita licenza o autorizzazione al fine di fabbricare, immagazzinare, utilizzare, importare, esportare, trasferire o commerciare esplosivi, secondo le vigenti disposizioni di pubblica sicurezza. Lo schema di decreto legislativo non recepisce gli articoli 17 e 18 della direttiva n. 28 del 2014. Le disposizioni di quegli articoli sono infatti già presenti nell'ordinamento italiano. Per quel che riguarda la capacità tecnica degli operatori economici, valgono le vigenti disposizioni contenute nel regolamento di esecuzione (regio decreto n. 635 del 1931) al Testo unico di pubblica sicurezza che richiedono il possesso di una particolare abilitazione tecnica (articoli 101 e seguenti). Ed è prevista – all'articolo 38, comma 1, dello schema in esame – l'emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica, con cui rideterminare le abilitazioni di cui all'articolo 102 del medesimo regolamento del 1940, circa l'abilità tecnica di coloro che intendano fabbricare esplosivi di qualsiasi specie. Per quel invece riguarda il sequestro di esplosivo oggetto di acquisizione, di utilizzazione o di traffico illeciti, le norme corrispondenti sono contenute nel codice di procedura penale (articoli 252 e 321).
  L'articolo 18 dispone circa la presunzione di conformità degli esplosivi. Ripropone un principio sancito dalla direttiva di riferimento, secondo cui gli esplosivi, che siano conformi alle norme armonizzate o a parti di esse i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, sono considerati conformi ai requisiti essenziali di cui all'Allegato II.
  L'articolo 19, relativo alle procedure di valutazione della conformità, prescrive che gli esplosivi per uso civile debbano soddisfare i requisiti essenziali di sicurezza previsti dall'Allegato II.
  L'articolo 20 prevede specifiche indicazioni circa le caratteristiche della dichiarazione di conformità UE che deve accompagnare un esplosivo per uso civile, secondo quanto previsto dalla direttiva di riferimento. L'Allegato IV riporta poi, della dichiarazione di conformità, una sorta di fac-simile. Il fabbricante si assume la responsabilità della conformità dell'esplosivo ai requisiti prescritti.
  L'articolo 21 ribadisce che la marcatura CE (della quale l'Allegato V reca un facsimile) è soggetta ai principi generali esposti all'articolo 30 (relativo appunto alla marcatura CE) del regolamento (CE) n. 765/2008 (il quale pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti).
  L'articolo 22, relativo a regole e condizioni per l'apposizione della marcatura CE, indica le formalità e le procedure relative all'apposizione della «marcatura CE» prevista dalla direttiva di riferimento. È fatto divieto di apporre una marcatura o un'iscrizione ingannevole o non leggibile.
  L'articolo 23, riguardante gli Organismi di valutazione della conformità, domanda e procedura di notifica, disciplina le formalità e le competenze per il rilascio dell'autorizzazione in favore di tali organismi nel territorio nazionale per l'espletamento delle attività di certificazione previste dallo schema di decreto. In particolare, è richiesto, per lo svolgimento dell'attività di certificazione da parte di enti pubblici e privati, il rilascio di un'autorizzazione del Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Commissione consultiva centrale per le materie esplodenti. Sono, inoltre, stabilite le modalità di accreditamento di tali organismi da parte dell'organismo nazionale di accreditamento, che rilascia apposito certificato di accreditamento; è individuata nel Ministero dello Pag. 20sviluppo economico l'autorità nazionale di notifica degli organismi in questione alla Commissione e alle autorità competenti degli altri Stati membri. Infine, sempre in aderenza alle disposizioni della direttiva di riferimento, si stabiliscono i termini temporali, superati i quali un organismo notificato può operare, nonché gli obblighi, per l'autorità di notifica, di connessa informazione alla Commissione dell'UE. Con detta disposizione sono recepiti anche gli articoli 31 e 32 della direttiva comunitaria. Al riguardo, appare opportuno chiarire con quali misure viene recepito nell'ordinamento interno quanto disposto dall'articolo 31, par. 2 della direttiva, che disciplina i documenti che devono accompagnare la domanda di notifica.
   L'articolo 24, che disciplina la procedura per la modifica delle notifiche, prevede la sospensione o il ritiro della notifica da parte del Ministero dello sviluppo economico, qualora un organismo notificato non sia più conforme alle prescrizioni stabilite dal decreto in esame o non adempia ai suoi obblighi, con la conseguente informazione del provvedimento adottato alla Commissione. Inoltre, il Ministero informa la Commissione sulle procedure adottate per la valutazione e la notifica, nonché di qualsiasi modifica delle stesse, in aderenza con l'articolo 34 della direttiva.
  Rispetto alla formulazione della direttiva si evidenzia che al comma 1, primo periodo, non è compresa la limitazione delle notifica (citata invece nel secondo periodo). Il comma 2 non trova riscontro diretto nella direttiva.
  L'articolo 25 stabilisce le prescrizioni che devono rispettare gli organismi notificati ai fini del conseguimento dell'autorizzazione e della successiva notifica, secondo quanto previsto dalla direttiva UE.
  L'articolo 26 – sul controllo degli organismi notificati – stabilisce che l'organismo nazionale di accreditamento provveda al controllo degli organismi notificati. Le modalità del controllo saranno definite in un'apposita convenzione tra lo stesso MISE, il Ministero dell'interno – dipartimento della pubblica sicurezza e l'organismo nazionale di accreditamento.
  L'articolo 27, sulla base del principio sancito dalla direttiva di riferimento all'articolo 29, prevede che un organismo notificato che rispetti i criteri di conformità stabiliti dal decreto in esame si presume conforme.
  L'articolo 28, relativo alle affiliate e ai subappaltatori degli organismi notificati, stabilisce gli obblighi e le garanzie che assume l'organismo notificato qualora subappalti compiti specifici connessi alla valutazione della conformità, oppure ricorra ad un'affiliata. Affiliate e subappaltatori, al pari degli organismi notificati, devono essere in possesso sia dell'autorizzazione del Capo della Polizia che del certificato di accreditamento rilasciato dall'organismo nazionale di accreditamento. Rispetto alla direttiva il testo prevede che i subappaltatori non solo debbano rispettare le prescrizioni di cui all'articolo 25, ma anche essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 23.
  L'articolo 29, sugli obblighi operativi degli organismi notificati, prevede le modalità operative che gli organismi notificati sono tenuti a seguire nell'ambito della valutazione della conformità degli esplosivi per uso civile.
  L'articolo 30 riproduce testualmente l'articolo 38 della direttiva, stabilendo obblighi, a carico degli organismi notificati, di informazione al Ministero dello sviluppo economico, in particolare in ordine agli esplosivi per uso civile oggetto di valutazione di conformità.
  L'articolo 31 riguarda il coordinamento degli organismi notificati e, recependo l'articolo 40 della direttiva, attribuisce al Ministero dello sviluppo economico l'attività di coordinamento degli organismi notificati per la partecipazione a gruppi di coordinamento.
  L'articolo 32 assegna al prefetto, nell'ambito del territorio di competenza, i compiti di sorveglianza e controllo del mercato degli esplosivi per uso civile.
  L'articolo 33 riguarda le procedure che l'autorità di sorveglianza del mercato deve Pag. 21seguire nel caso in cui abbia sufficienti motivi di ritenere che un esplosivo non sia conforme alle prescrizioni stabilite dal decreto in esame e, pertanto, presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone dei beni o dell'ambiente. Rispetto alla direttiva le previsioni dei commi 8 e 9 non trovano riscontro diretto nella stessa ma sono aggiunte in sede di recepimento.
  L'articolo 34 reca una procedura di salvaguardia, introdotta ai fini del recepimento interno, assolvendo alla funzione di rendere edotti gli operatori economici degli atti di esecuzione assunti dalla Commissione europea in merito a misure nazionali contrarie alla legislazione dell'Unione europea o avverso le quali siano state sollevate obiezioni, ponendo a carico del Ministero dell'interno il relativo obbligo di comunicazione al Ministero dello sviluppo economico per le conseguenti informazioni al mercato interno.
  L'articolo 35 prevede le ulteriori procedure che l'autorità di sorveglianza del mercato adotta nel caso in cui un esplosivo, seppur conforme ai previsti requisiti, presenti, comunque, un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, dei beni o dell'ambiente o per altri motivi di pubblico interesse.
  I commi 1-3 recepiscono i par. 1-3 dell'articolo 44 della direttiva. Il comma 4 non ha riscontro diretto nella direttiva ma appare necessario per concludere la procedura di cui ai par. 4 e 5.
  L'articolo 36 – riproducendo l'articolo 45 della direttiva – stabilisce i casi di «non conformità formale» degli esplosivi e le relative modalità di intervento da parte dell'autorità di sorveglianza del mercato, la quale chiede all'operatore economico interessato di porre fine allo stato di non conformità di un determinato prodotto.
  L'articolo 37 prevede specifiche sanzioni per la violazione delle disposizioni contenute nello schema di decreto. Si ricorda che l'articolo 50 della direttiva lascia agli Stati membri la decisione relativa a quali sanzioni, anche penali, adottare per le infrazioni degli operatori economici.
  L'articolo 38, che reca le disposizioni transitorie e finali, contiene una serie di disposizioni volte a disciplinare la fase attuativa e transitoria connessa allo schema di decreto, anche attraverso il rinvio a regolamenti e decreti ministeriali.
  L'articolo 39 dispone la sottoposizione dell'attività di autorizzazione e di valutazione della conformità di cui all'articolo 23 – quando essa è espletata da amministrazioni dello Stato – ad un sistema tariffario. Le tariffe in questione – da individuarsi con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – sono aggiornate ogni due anni. Tale disposizione non trova riscontro nella direttiva.
  L'articolo 40 reca la clausola di invarianza finanziaria disponendo che dall'applicazione del decreto in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e che le amministrazioni interessate devono provvedere all'attuazione delle disposizioni nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 41 stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, sono abrogati il decreto legislativo 2 gennaio 1997, n. 7, e il decreto del Ministro dell'interno 19 settembre 2002, n. 272, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 38, comma 2, ultimo periodo.
  L'articolo 42 individua la data di entrata in vigore delle disposizioni dello schema di decreto al giorno successivo a quello di pubblicazione del medesimo nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
  L'Allegato I contiene un elenco degli articoli pirotecnici e delle munizioni, identificati in base alle raccomandazioni delle Nazioni Unite sul trasporto di merci pericolose ed esclusi dall'ambito di applicazione del decreto. L'Allegato II (Requisiti essenziali di sicurezza) stabilisce, in linea con la direttiva di riferimento, i requisiti che ogni esplosivo per uso civile deve soddisfare per l'apposizione della «marcatura CE», secondo quanto previsto all'articolo 4, comma 1, del decreto in esame. L'Allegato III (Procedure di valutazione Pag. 22della conformità), previsto dall'articolo 19, comma 2, disciplina le sei procedure valutazione della conformità, le relative formalità e gli adempimenti dell'organismo notificato per il rilascio delle relative certificazioni. L'Allegato IV (Dichiarazione di conformità CE) riporta la struttura tipo della dichiarazione di conformità, rilasciata sotto la responsabilità esclusiva di fabbricante ed attestante che un determinato esplosivo per uso civile rispetta i requisiti essenziali di sicurezza di cui all’ Allegato III. L'Allegato V (marcatura CE) riporta il simbolo grafico della marcatura CE ed i relativi limiti dimensionali, secondo quanto previsto dall'articolo 30 del Regolamento (CE) n. 765/2008 ed in corrispondenza al modello di cui all'Allegato II al Regolamento medesimo.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.50

SEDE REFERENTE

  Martedì 8 marzo 2016. — Presidenza del presidente Andrea MAZZIOTTI DI CELSO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 11.50

Disposizioni in materia di acquisto e dismissione delle autovetture di servizio o di rappresentanza delle pubbliche amministrazioni.
C. 3220 Sorial.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 2 marzo 2016.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, ricorda che il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto ieri 7 marzo alle ore 14 e che sono state presentate proposte emendative (vedi allegato 1).

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, informa di essere pronto ad esprimere i pareri su tutte le proposte emendative presentate, ma nel contempo chiede di rinviare le votazioni sulle medesime proposte emendative alla seduta di domani, per permettere a lui e ad altri colleghi di partecipare ad una importante seduta della Giunta delle elezioni, convocata oggi alle ore 12.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, avverte che, se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, con riferimento alle proposte emendative presentate all'articolo 1, esprime parere contrario sull'emendamento Invernizzi 1.2, parere favorevole sull'emendamento Fiano 1.4, parere contrario sull'emendamento Invernizzi 1.1, parere favorevole sull'emendamento Fiano 1.5, nonché parere contrario sull'emendamento Invernizzi 1.3; esprime parere favorevole sugli emendamenti Fiano 1.7 e 1.6.
  Con riferimento alle proposte emendative presentate all'articolo 2, esprime parere favorevole sull'emendamento Fiano 2.2, parere contrario sull'emendamento Invernizzi 2.1, nonché parere favorevole sull'emendamento Fiano 2.3; invita i presentatori al ritiro dell'articolo aggiuntivo Plangger 2.01, altrimenti esprime parere contrario.
  Con riferimento all'unica proposta emendativa presentata all'articolo 3, esprime parere favorevole sull'emendamento Fiano 3.1.

  Il sottosegretario Angelo RUGHETTI esprime parere conforme a quello del relatore.

  Marilena FABBRI (PD) sottoscrive tutti gli emendamenti di cui è primo firmatario il collega Fiano.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, Pag. 23rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 8 marzo 2016.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 11.55 alle 12.10.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 8 marzo 2016. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 12.20

Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile.
Emendamenti C. 2953-A Governo e abb.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO, presidente e relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima.
Emendamenti C. 2892-A.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

  Alessandro NACCARATO, presidente, in assenza del relatore impossibilitato a partecipare, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo federale della Repubblica di Somalia in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 17 settembre 2013.
C. 3459 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, fa presente che il disegno di legge C. 3459, già approvato dal Senato il 26 novembre scorso, dispone la ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo federale della Repubblica di Somalia in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 17 settembre 2013 e si compone di cinque articoli: i primi due articoli contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo succitato e il relativo ordine di esecuzione. L'articolo 3 reca la copertura degli oneri finanziari che l'attuazione dell'Accordo Pag. 24comporta. L'articolo 5 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  L'Accordo di cooperazione nel settore della difesa tra Italia e Somalia, firmato a Roma il 17 settembre 2013, si compone di un preambolo e di nove articoli. L'articolo I prevede che la cooperazione tra le Parti nel settore della difesa sarà condotta in conformità alle rispettive legislazioni nazionali, agli impegni internazionali assunti e in linea con la normativa europea che impegna l'Italia. L'articolo II, prevede la possibilità dell'elaborazione congiunta di programmi di cooperazione tanto annuali quanto a lungo termine nel settore militare: le attività collegate all'attuazione dell'Accordo saranno in capo ai due Ministeri della difesa. Per quanto concerne i settori di cooperazione viene fornito un elenco non esaustivo, che comprende la sicurezza e la politica di difesa; la ricerca, lo sviluppo e l'acquisizione di prodotti e servizi nel settore militare; il concorso ad operazioni di supporto della pace e umanitarie; il contrasto alla pirateria; l'organizzazione e la gestione delle forze militari – con particolare riguardo alla formazione del personale delle Forze somale di sicurezza nazionale; le questioni ambientali collegate alle attività militari; i servizi sanitari, la storia e gli sport a carattere militare. L'articolo III prevede che il supporto alle iniziative commerciali nel campo della difesa sia finalizzato dalle Parti alla razionalizzazione del controllo sui materiali militari e sulle attività collegate.
  Per quanto poi concerne la ricerca nel campo della difesa e degli equipaggiamenti militari questa verrà attuata mediante scambi di esperienze, test, progettazione, produzione, modernizzazione e servizi tecnici. L'articolo IV riguarda la protezione della proprietà intellettuale e dei brevetti derivanti da attività condotte in conformità all'Accordo in esame e alle leggi nazionali delle Parti, inclusi gli accordi internazionali da esse sottoscritti nella materia.
  L'articolo V riguarda lo status del personale e prevede per il personale italiano impegnato nelle attività di attuazione dell'Accordo l'esenzione dalla tassa sul reddito e da ogni altra forma di tassazione diretta. Inoltre non verranno imposte restrizioni alla libertà di ingresso e uscita dalla Somalia al personale italiano o ai familiari a carico, purché muniti di passaporto valido. Il personale italiano impegnato in missioni o esercitazioni svolte nell'ambito dell'Accordo in esame rimarrà soggetto alla giurisdizione e ai poteri disciplinari dell'Italia.
  Ai sensi dell'articolo VI, qualunque controversia sull'interpretazione o applicazione dell'Accordo in esame verrà risolta attraverso i canali diplomatici con consultazioni tra le Parti. L'articolo VII dispone che l'Accordo entrerà in vigore alla ricezione della seconda delle due notifiche scritte con le quali le Parti si informeranno dell'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne.
  L'articolo VIII prevede peraltro la possibilità di concordare Protocolli addizionali su specifiche aree di cooperazione nel settore della difesa: tali Protocolli saranno limitati gli scopi dell'Accordo in esame e non interferiranno con le rispettive normative nazionali. I programmi di attuazione tanto dell'Accordo quanto di eventuali Protocolli addizionali saranno elaborati e attuati da personale del Ministero della difesa italiano e del Ministero della difesa somalo, ove possibile in stretto coordinamento con i rispettivi Ministeri degli affari esteri. L'Accordo potrà anche essere emendato o revisionato tramite scambi di note tra le Parti.
  L'articolo IX dispone che la durata dell'Accordo è illimitata, ma ciascuna delle due Parti potrà denunciarlo in qualsiasi momento mediante notifica scritta e attraverso i canali diplomatici, con effetto 90 giorni dopo la ricezione della notifica alla Controparte.
  Sul piano del rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.Pag. 25
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Senegal, fatto a Roma il 17 settembre 2012.
C. 3461 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, rileva che il disegno di legge C. 3461 di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo di cooperazione in materia di difesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Senegal fatto a Roma il 17 settembre 2012, già approvato dal Senato il 26 novembre 2015, si compone di cinque articoli.
  Gli articoli 1 e 2 recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo. L'articolo 3, comma 1 valuta gli oneri derivanti dall'applicazione dell'articolo 4, lettera b), dell'Accordo, relativo a incontri tra rappresentanti delle istituzioni della Difesa. L'articolo 4 contiene una clausola di invarianza finanziaria, relativa alle altre disposizioni dell'Accordo. L'articolo 5 del disegno di legge, infine, dispone l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Riguardo al contenuto l'Accordo si compone di 33 articoli organizzati in 11 capitoli.
  Il capitolo I (articolo 1) enuncia princìpi ispiratori e lo scopo dell'Accordo, che consiste nello sviluppare la cooperazione nel settore della difesa, in conformità con le rispettive legislazioni nazionali, con gli impegni internazionali delle Parti e sulla base del principio di reciprocità. Il capitolo II (articoli 2-4) disciplina gli aspetti generali della cooperazione, prevedendone lo sviluppo sulla base di piani annuali e pluriennali elaborati dalle Parti, individuando i campi della cooperazione e disciplinando le modalità della cooperazione bilaterale consistono nelle seguenti attività. Il capitolo III (articoli 5-7) regola gli aspetti finanziari dell'Accordo. Il capitolo IV (articoli 8-10) riguarda le questioni attinenti la giurisdizione. Il capitolo V (articoli 11-12) tratta la materia del risarcimento dei danni eventualmente provocati dal personale della Parte inviante o di entrambe le Parti in relazione al servizio reso. Il capitolo VI (articoli 13-15) disciplina la cooperazione nel settore dei materiali per la difesa. Il capitolo VII (articoli 16-23) riguarda la sicurezza delle informazioni classificate di cui regola la trasmissione, la conservazione, il trattamento, l'accesso, l'utilizzo ed il trasferimento a terze parti.
  Il capitolo VIII (articolo 24) stabilisce che le eventuali controversie derivanti dall'interpretazione o dall'applicazione dell'Accordo siano risolte dalle Parti attraverso negoziati e consultazioni tramite i canali diplomatici. Il capitolo IX (articolo 25) dispone che l'Accordo entri in vigore alla data di ricezione dell'ultima delle due notifiche scritte con cui le Parti si informeranno dell'avvenuta ratifica secondo le proprie procedure nazionali.
  Il capitolo X (articoli 26-30) prevede la possibilità di sottoscrivere protocolli aggiuntivi in ambiti specifici di cooperazione, demandandone l'attuazione e l'esecuzione dell'Accordo ai Ministeri della difesa dei due Paesi in stretta collaborazione con i rispettivi Ministeri degli affari esteri e disponendo in materia di emendamenti e revisione delle disposizioni dell'Accordo (articoli 29 e 30).
  Il capitolo XI (articoli 31-33) reca disposizioni in virtù delle quali l'Accordo resterà in vigore finché una delle Parti decida di denunciarlo, in forma scritta con effetto a 90 giorni dalla ricezione della notifica e senza pregiudizio per i programmi Pag. 26e le attività già in corso, salvo non venga diversamente concordato tra le Parti.
  Rispetto alle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» (articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione), riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile, fatto a Roma il 27 febbraio 2002, con Protocollo addizionale, fatto a Santiago il 4 ottobre 2012; b) Accordo di mutua assistenza amministrativa per la prevenzione, l'accertamento e la repressione delle infrazioni doganali tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Cile, fatto a Bruxelles il 6 dicembre 2005.
C. 3269 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Emanuele COZZOLINO (M5S), relatore, fa presente che il disegno di legge C. 3269 concerne l'autorizzazione alla ratifica del Trattato di estradizione italo-cileno del 27 febbraio 2002 e del Protocollo addizionale del 4 ottobre 2012 nonché dell'Accordo italocileno di cooperazione doganale del 6 dicembre 2005. Si compone di cinque articoli.
  Gli articoli 1 e 2 riguardano rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica degli accordi succitati e il relativo ordine di esecuzione.
  L'articolo 3, al comma 1 prevede l'applicabilità della disciplina delle operazioni sotto copertura, prevista dalla legge di ratifica delle convenzioni delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato (legge n. 146 del 2006), alle procedure di consegna controllata previste dall'Accordo di mutua assistenza relativo alle infrazioni doganali tra Italia e Cile. Al comma 2 si stabilisce che eventuali documenti trasmessi o ricevuti in base all'articolo 16 dell'Accordo, ovvero le comunicazioni, le informazioni ed i documenti ricevuti nel quadro dell'assistenza amministrativa, possono essere utilizzati nel nostro ordinamento solo nel rispetto delle procedure dettate dal codice di procedura penale per le rogatorie internazionali (articoli 723-729 del codice di procedura penale).
  L'articolo 4 reca la copertura degli oneri finanziari per l'attuazione dei due accordi.
  L'articolo 5, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Passando al contenuto proprio degli accordi, il Trattato di estradizione tra Italia e Cile, sottoscritto a Roma il 27 febbraio 2002, si compone di 21 articoli: il disegno di legge contestualmente sottopone all'esame del Parlamento il Protocollo, addizionale al Trattato del 2002, sottoscritto a Santiago del Cile il 4 ottobre 2012.
  L'articolo I concerne l'obbligo di estradare e prevede che ciascuna delle Parti si obbliga a consegnare, attenendosi alle norme e condizioni stabilite nel Trattato, le persone – presenti sul proprio territorio – ricercate dalle autorità giudiziarie dello Stato richiedente per avervi commesso un reato o per l'esecuzione di una pena privativa della libertà. In base all'articolo II l'estradizione viene concessa per fatti che secondo la legge di ambedue le Parti costituiscano reati punibili con una pena privativa della libertà, la cui durata minima sia superiore ad un anno; ovvero per rendere possibile l'esecuzione di una condanna definitiva che comporti una pena residua superiore a sei mesi al momento della presentazione della domanda. Se la domanda di estradizione riguarda più reati, questa potrà essere concessa anche per i reati per i quali non sussistano le condizioni Pag. 27minime, purché almeno uno di essi invece le soddisfi. Se poi l'estradizione è richiesta per l'esecuzione di pene inflitte per reati diversi, essa verrà concessa se il periodo complessivo di pena residua da scontare è comunque superiore a sei mesi. L'estradizione verrà parimenti concessa rispetto a reati per i quali le convenzioni multilaterali vigenti per entrambe le Parti impongano l'inserimento nei trattati successivi di quei reati come tali che possano dar luogo a estradizione.
  L'articolo III dispone che in materia di tributi ed imposte, dogane e cambi, l'estradizione non può essere negata per il motivo che la legge della Parte richiesta non preveda la stessa disciplina della Parte richiedente in materia di tributi e imposte, di dogane e cambi. L'articolo IV riguarda i casi di diniego obbligatorio della richiesta di estradizione, prevedendo numerose fattispecie: se il reato per il quale è proposta è considerato dalla legislazione dello Stato richiesto reato politico; se vi sia nella richiesta un fumus persecutionis con motivazioni di razza, sesso, religione, lingua, cittadinanza, condizione personale o sociale, opinioni politiche. Sono previsti poi ulteriori motivi di diniego della richiesta di estradizione, come, ad esempio, la possibilità che una volta estradata la persona interessata sia sottoposta nel territorio dello Stato richiedente ad un procedimento che la privi dei diritti minimi di difesa, ovvero a trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
  In base all'articolo V alla persona estradata non verrà in nessun caso irrogata o applicata la pena di morte. Qualora questa fosse prevista per i reati oggetto della richiesta di estradizione, si applicherà in sostituzione una pena detentiva prevista nell'ordinamento della Parte richiedente.
  L'articolo VI prevede casi di rifiuto facoltativo della concessione dell'estradizione.
  L'articolo VII riguarda il cosiddetto principio di specialità, in base al quale la persona eventualmente estradata in applicazione del Trattato in esame non può essere in alcun modo perseguita, da parte dello Stato richiedente, per reati commessi anteriormente alla consegna e diversi da quelli oggetto della richiesta di estradizione con la previsione di alcune eccezioni.
  L'articolo VIII prevede lo scorporo, dal periodo di pena da scontare nel territorio della Parte richiedente, del periodo di detenzione eventualmente subito dall'estradato nel procedimento condotto dalla Parte richiesta e finalizzato all'estradizione.
  Gli articoli IX e X riguardano rispettivamente le modalità e le lingue delle comunicazioni, e i documenti a sostegno delle domande di estradizione.
  A norma poi dell'articolo XI lo Stato richiesto può richiedere ulteriori informazioni allo Stato richiedente, qualora quelle ricevute non siano sufficienti ad adottare una decisione in merito all'estradizione della persona interessata.
  In base all'articolo XII lo Stato richiedente può domandare in casi di urgenza l'arresto provvisorio della persona interessata.
  L'articolo XIII stabilisce che la decisione in ordine alla concessione o al diniego dell'estradizione viene comunicata senza indugio dallo Stato richiesto alla Parte richiedente, così come i motivi dell'eventuale rifiuto parziale o totale della richiesta. La consegna della persona dopo la concessione dell'estradizione dovrà avvenire nel termine di venti giorni dalla data di notifica allo Stato richiedente – prorogabile a richiesta di ulteriori venti giorni –, trascorsi i quali la persona interessata viene posta in libertà, potendo lo Stato richiesto rifiutare una nuova richiesta di estradizione per gli stessi fatti e la stessa persona.
  L'articolo XIV riguarda i casi di consegna differita o temporanea.
  L'articolo XV prevede, contestualmente all'estradizione, la consegna di cose rinvenute nel territorio dello Stato richiesto e nella disponibilità della persona interessata.
  L'articolo XVI concerne l'autorizzazione al transito nel proprio territorio che ciascuna delle Parti contraenti concede in relazione all'estradizione di una persona all'altra Parte contraente, in provenienza da uno Stato terzo. Pag. 28
  L'articolo XVII concerne le richieste di estradizione avanzate da più Stati per la stessa persona, e stabilisce alcuni criteri in base ai quali lo Stato richiesto valuta la priorità dell'estradizione. La suddivisione delle spese che scaturiscono dall'estradizione di una persona tra le Parti, o dal transito ai sensi del precedente articolo XVI, sono ripartite in base all'articolo XVIII.
  L'articolo XIX conferisce alla Parte richiedente la facoltà di intervenire nel procedimento giudiziario eventualmente in corso nella Parte richiesta, facendosi rappresentare da un avvocato abilitato innanzi alle autorità giudiziarie competenti.
  Ai sensi dell'articolo XX si potrà dar luogo a una procedura semplificata di estradizione, con il consenso della persona interessata, sulla base della mera domanda di arresto provvisorio.
  Infine, l'articolo XXI dispone che il Trattato avrà durata illimitata, con facoltà di ciascuna delle Parti di recedere da esso previa comunicazione scritta, inoltrata per via diplomatica all'altra Parte contraente, che avrà effetto sei mesi dopo la ricezione della notifica.
  Il Protocollo addizionale dell'ottobre 2012 consta di due articoli e rimarrà in vigore per tutto il periodo della durata del Trattato di estradizione del 2002. Concerne le garanzie per le persone condannate in contumacia: se infatti una richiesta di estradizione riguarda una persona che abbia subito una condanna in contumacia, l'estradizione verrà concessa solo a condizione che la Parte richiedente dimostri l'esistenza nel proprio ordinamento di idonei istituti che assicurino alla persona interessata il diritto all'impugnazione della sentenza di condanna o il diritto a un nuovo processo, qualora risulti che l'estradando non ha avuto a suo tempo effettiva conoscenza del processo in corso.
  L'Accordo con il Cile sulla cooperazione e la mutua assistenza amministrativa in materia doganale, firmato il 6 dicembre 2005 a Bruxelles, si compone di un Preambolo e 24 articoli. Nel Preambolo si evidenzia, tra i vari aspetti e motivi della cooperazione doganale, quello della lotta ai traffici illeciti di stupefacenti, con un esplicito richiamo alla Convenzione ONU del 20 dicembre 1988.
  L'articolo 1 reca le definizioni che specificano l'esatto significato dei termini utilizzati nel testo dell'Accordo.
  L'articolo 2 delimita il campo di applicazione e individua nelle Amministrazioni doganali delle due Parti contraenti le Autorità competenti per l'applicazione; il comma 3, in particolare, salvaguarda gli obblighi doganali dell'Italia in ragione della sua appartenenza all'Unione europea, nonché per la presente o futura adesione ad intese intergovernative nelle stesse materie. Il comma 4, inoltre, limita esclusivamente alla mutua assistenza amministrativa tra le Parti l'ambito di applicazione dell'Accordo, escludendo dunque l'assistenza in campo penale.
  L'articolo 3 prevede lo scambio di informazioni tra le Amministrazioni doganali circa la legittimità delle operazioni di importazione ed esportazione delle merci, mentre l'articolo 4 riguarda lo scambio d'informazioni ai fini dell'esatta percezione di diritti e tasse doganali.
  Ai sensi dell'articolo 5 ciascuna Amministrazione doganale si impegna ad esercitare una speciale sorveglianza e a fornire informazioni su persone, merci, mezzi di trasporto e locali che sono, o che si presume siano, coinvolti in violazioni alla normativa doganale.
  L'articolo 6 prevede lo scambio di informazioni sulle transazioni, in essere o progettate, che possono costituire infrazione doganale; la norma prevede, inoltre, la possibilità che le Amministrazioni forniscano spontaneamente informazioni nei casi suscettibili di comportare un danno sostanziale per l'economia, la salute pubblica, la sicurezza e ogni altro interesse essenziale di una delle Parti contraenti.
  L'articolo 7 prevede lo scambio di informazioni sulla legislazione e sulle procedure doganali nazionali nonché sulle tecniche di applicazione di tale legislazione e sui metodi impiegati per commettere infrazioni doganali.
  L'articolo 9 prevede la facoltà di ricorrere in alcuni casi a consegne controllate Pag. 29di merci, in conformità alle rispettive legislazioni nazionali, al fine di individuare persone coinvolte in infrazioni doganali.
  Nell'articolo 10 vengono indicati i casi di assistenza tecnica che le due Amministrazioni possono prestarsi reciprocamente, consistenti, ad esempio, nello scambio di funzionari, nella formazione dei medesimi e nello scambio di esperti in materie doganali.
  Nell'articolo 11 vengono descritte le procedure e le formalità da rispettare, da parte delle Amministrazioni doganali, nella formulazione delle richieste di assistenza.
  L'articolo 12 prevede che, su richiesta di una delle due amministrazioni doganali, vengano avviate indagini su operazioni doganali che sono – o sembrano essere – in contrasto con la legislazione doganale della Parte richiedente.
  L'articolo 13 prevede che i funzionari dell'Amministrazione richiedente possano consultare documenti su un'infrazione doganale con l'autorizzazione dell'Amministrazione adita, o anche assistere alle indagini da quest'ultima condotte sul proprio territorio.
  L'articolo 14 consente lo scambio, anche informatico, di dossier e documenti contenenti informazioni su attività che costituiscono – o sembrano costituire – infrazioni doganali. La possibilità e le modalità di invio di funzionari dell'Amministrazione doganale di una Parte a deporre in qualità di esperti o testimoni davanti le competenti Autorità dell'altra Parte sono previste dall'articolo 15. L'articolo 16 disciplina l'uso e la tutela delle informazioni e dei documenti ricevuti nell'ambito dell'assistenza amministrativa prevista dall'Accordo.
  L'articolo 17 condiziona l'eventuale scambio di dati personali alla circostanza che le Parti contraenti ne garantiscano l'invarianza del livello di protezione, nonché al rispetto della subordinazione al consenso dell'Amministrazione doganale inviante per comunicarli a organi diversi da quelli coinvolti nell'applicazione dell'Accordo.
  L'articolo 18 disciplina i casi in cui l'assistenza può essere rifiutata o differita.
  L'articolo 19 prevede che le Amministrazioni doganali rinuncino a rivendicare il rimborso delle spese derivanti dall'applicazione dell'Accordo, ad eccezione di spese e indennità corrisposte a esperti e testimoni nonché dei costi degli interpreti e dei traduttori che non siano funzionari dello Stato, che devono essere a carico dell'Amministrazione doganale richiedente. Tuttavia in caso di spese straordinarie o di entità considerevole le Parti si consulteranno per decidere le modalità di copertura. L'articolo 20 detta le procedure che le Amministrazioni doganali devono seguire per l'attuazione dell'Accordo, e istituisce una Commissione mista italo-cilena che si riunirà quando se ne ravvisi la necessità e su richiesta di una delle Amministrazioni, per seguire l'evoluzione dell'Accordo e per individuare le soluzioni agli eventuali problemi. La Commissione è composta dal Direttore dell'Agenzia delle Dogane italiana e dal Direttore nazionale delle dogane del Cile, o da loro rappresentanti, assistiti da esperti. Gli articoli 22-24 contengono le clausole finali: l'Accordo ha durata illimitata ma è denunciabile in qualsiasi momento con notifica per via diplomatica, che avrà effetto dopo tre mesi. Le Parti potranno anche eventualmente riunirsi per un riesame dell'Accordo, a richiesta di una di esse o dopo cinque anni dalla vigenza dell'Accordo medesimo.
  Rispetto, infine, alle competenze legislative costituzionalmente definite, il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 12.25.

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