CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 3 febbraio 2016
585.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
Pag. 58

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

  Mercoledì 3 febbraio 2016. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO.

  La seduta comincia alle 14.40.

Sugli esiti della missione svolta a Firenze in occasione della presentazione del Rapporto del Gruppo Speciale per il Mediterraneo e il Medioriente e della Sottocommissione per le relazioni economiche transatlantiche dell'Assemblea parlamentare NATO «Daesh: la sfida alla sicurezza regionale e internazionale» (26-27 novembre 2015).
(Svolgimento e conclusione).

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, ritiene che le comunicazioni in titolo, in quanto vertenti sulla medesima materia, potranno essere acquisite ai materiali dell'indagine conoscitiva sulle priorità strategiche regionali e di sicurezza della politica estera dell'Italia, anche in vista della nuova strategia di sicurezza dell'Unione europea, in corso di svolgimento.
  Ricorda poi di avere preso parte alla missione in titolo insieme ai colleghi Vincenzo Amendola, Khalid Chaouki, Lia Quartapelle Procopio, Guglielmo Picchi e Marta Grande.
  Quanto al tema oggetto del Rapporto del Gruppo Speciale per il Mediterraneo, osserva che in sostanza si è di fronte a qualcosa di assolutamente straordinario, considerato il salto di qualità già rappresentato da Al-Qaeda, formazione derivante per molti aspetti dall'estremizzazione di un filone wahabita in Arabia Saudita, ossia in uno Stato che, seppur tradizionalista, era un alleato storico degli Stati Uniti d'America, e richiamato il paradosso del maggior atto terroristico di Al-Qaeda rivolto proprio contro gli Stati Uniti nel 2001. Rimarca dunque che lo sviluppo del terrorismo di matrice jihadista ha trovato spazio anche grazie ad un vuoto, da definirsi culturale, nei servizi di intelligence del mondo occidentale, che non hanno condotto un'analisi geo-politica del fenomeno tale da guidare la loro azione operativa di contrasto al terrorismo. E ciò si è verificato sia rispetto ad Al-Qaeda sia, in forme clamorose, rispetto a Daesh, quest'ultimo da considerare una singolare combinazione tra prodotti di interventi militari errati che hanno paradossalmente amplificato una forma di terrorismo di Pag. 59tipo nuovo. Rileva, infatti, che mentre con Al-Qaeda si era ancora in una dimensione tradizionale di terrorismo, con Daesh si è in presenza di un terrorismo radicato sul territorio – in Siria, in Iraq, da ultimo, in Libia, e non è un caso che si sia radicato proprio in tali zone, teatro di interventi armati non del tutto considerati – che, proprio in ragione di tale caratteristica non può più considerarsi terrorismo come tale ma qualcosa di molto più potente ed efficace. Ribadisce dunque la necessità di cogliere la profondità e la novità del fenomeno che si sta radicando anche in altre parti del mondo, in presenza, tra l'altro di una concorrenza tra Daesh e Al-Qaeda e la connessa oggettiva estrema difficoltà di organizzare una efficace strategia di contrasto.
  Invita, infine a riflettere sul nodo della Siria, osservando che i ragionamenti che si stanno facendo a Ginevra in ordine alla conferenza che dovrebbe portare ad una possibile soluzione della questione si presentano con il massimo possibile di contraddizione, attesa la difficoltà anche solo di fare l'elenco delle organizzazioni di ribelli siriani da ammettere alla trattativa e la decisione turca di imporre che i curdi, unici che combattono effettivamente Daesh sul campo, non siano presenti alle trattative, mentre la Russia non bombarda le postazioni di Daesh, ma tutte le organizzazioni di ribelli siriani che danno fastidio al regime di Assad.
  Dà quindi la parola all'onorevole Manciulli per un intervento illustrativo dei contenuti del Rapporto, che ha curato in qualità di relatore nell'ambito del Gruppo Speciale per il Mediterraneo e il Medio Oriente, in cui opera come autorevole presidente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare NATO.

  Andrea MANCIULLI (PD) evidenzia che il Rapporto in titolo rappresenta la prima parte di un lavoro più ampio, suddiviso per temi. Nel ricordare che la prima parte è dedicata appunto al fenomeno Daesh, evidenzia come il contrasto al terrorismo non sempre sia stato oggetto di approfondimento da parte della NATO, la quale ha deciso di dedicarvi un rapporto in ragione dell'espansione della minaccia, che è evoluta da un livello interno, in termini nazionali ed internazionali, ad una minaccia di una guerra ibrida, o asimmetrica, diffusa. Rileva, quindi, che le prossime edizioni del rapporto riguarderanno altri aspetti del medesimo fenomeno.
  Rimarca, quindi, l'importanza della prima parte del rapporto, evidenziando come Daesh sia un movimento in sostanziale continuità rispetto agli altri movimenti di stampo jihadista radicalizzati, tanto che i teorici finiscono per esserne gli stessi, così come alcuni legami personali che tengono a non discostarsi dal filone originario, ma che, nonostante ciò, Daesh rappresenti dal punto di vista della pratica un brusco cambiamento rispetto a ciò che si può definire «Al-Qaeda-core», ossia riferibile al movimento originario. Pone infatti in evidenza come mentre Al-Qaeda abbia rappresentato ancora un movimento terroristico semiclandestino, organizzato in cellule diffuse e non interessato alla creazione, almeno nell'immediato, di uno «Stato islamico», Daesh ha sin dal suo inizio, in modo sistematico, mirato a tale creazione. Ricordando altresì il programma di Bin Laden, osserva come la creazione di uno «Stato islamico» non fosse di immediata realizzazione nel programma del leader di quel movimento, sebbene astrattamente teorizzato, evidenziando che proprio in ciò consiste il punto di rottura rispetto al precedente movimento terroristico di stampo jihadista.
  Rammentando, altresì, i contrasti intervenuti tra i leader qaedisti al-Zawairi e al-Zirkawi (quest'ultimo poi «ispiratore» di Daesh) in ordine alle modalità di sviluppo della strategia terrorista, e come, in particolare sia stato il secondo ad aver sperimentato quella dimensione mediatica che prevedeva la diffusione delle esecuzioni «in diretta» che poi sarebbe stato adottato su larga scala da Daesh, invita a considerare, come contenuto nel Rapporto, l'influenza che i quadri dell'ex esercito di Saddam Hussein e, più in generale, Pag. 60la componente baathista abbiano avuto una profonda influenza nella nascita e nel radicamento di ISIS-Daesh.
  Osserva inoltre come nel Rapporto si tenti di comprendere le modalità del ricordato radicamento di Daesh, che si articola in diverse fasi, con il tentativo di costruire uno Stato islamico che procede di pari passo con un'operazione di comunicazione finalizzata a creare un processo di identificazione all'esterno, tale per cui il proselitismo jihadista si espande a velocità molto superiore a quelle sperimentate in passato. Evidenzia, altresì, come Daesh abbia condotto un'operazione volta a far aderire al suo progetto figure professionali necessarie alla costruzione materiale delle strutture statuali (ingegneri, medici, ed altre).
  Nel sottolineare, dunque, come ci si trovi ad affrontare, in sostanza, un mostro a tre teste, ossia che agisce tramite la guerra convenzionale sul campo, la guerra mediatica e la guerra terroristica nota altresì l'introduzione, da parte di Daesh, di differenziate figure di terrorismo. Osserva infatti come a militanti inquadrati, a vario titolo, nella sua organizzazione facciano riscontro figure isolate, che si possono definire emulative, quali quelle che sono state all'origine degli attentati in California e a Nancy, che non presentavano legami con l'organizzazione Daesh in senso stretto, ma si sono attivate spontaneamente, rilevando, a tal proposito, come sia stata opportuna l'introduzione, nell'ordinamento interno delle fattispecie penali che prevedono e puniscono quello che può definirsi il reato di «auto-addestramento».
  Nell'osservare ancora come l'approccio più giusto al fenomeno sia, come del resto ricordato dallo stesso presidente Cicchitto, la comprensione della dimensione delle sue radici culturali e il contrasto condotto sul piano ideologico, e non solo militare, pone in rilievo come il Rapporto si soffermi altresì sulla struttura strategica del movimento Daesh, evidenziando, come già accennato, gli errori commessi dall'Occidente, con le precedenti campagne militari in Medio Oriente. Sottolinea infatti il ruolo, molto forte, all'interno della struttura di ISIS di uomini ex appartenenti ai servizi di Saddam Hussein, che ne hanno plasmato alcune strategie.
  Evidenziando, inoltre, la strategia politica esterna di Daesh, che mira ad occupare direttamente tutti i luoghi privi di controllo territoriale, anche, ove necessario, alleandosi con formazioni «sorelle», quali Boko Haram nell'Africa centro-occidentale, rileva la sua espansione nell'area del sud-est asiatico, con il tentativo di penetrazione in seno a formazioni fondamentaliste locali, oltre alla ricerca di sinergie con alcune forme di criminalità organizzata specializzate nel traffico di esseri umani, di sostanze stupefacenti o di armi.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, nel ringraziare l'onorevole Manciulli per l'illustrazione del rapporto in titolo, pone al medesimo la questione se, con riferimento all'Indonesia – ricordando anche l'incontro svolto con parlamentari di tale Paese, nonché la visita del Presidente Mattarella –, e considerando che si tratta di uno Stato dal consolidato pluralismo politico e culturale – che quindi smentisce la tesi generalizzata Islam uguale terrorismo – gli attentati che lo hanno recentemente visto teatro siano ascrivibili alla stessa matrice terrorista di cui si sta trattando o debbano considerarsi piuttosto espressione di un fenomeno autoctono.

  Khalid CHAOUKI (PD), evidenziando, rispetto alla situazione libica in particolare, che i vari attori interessati a condurvi operazioni militari hanno interesse ad enfatizzare la presenza di una componente piuttosto che di un'altra, chiede chiarimenti in merito alla situazione, dal punto di vista della NATO, ed eventualmente quali risposte siano in programma, se la ventilata ipotesi di guerra in tale area divenisse realtà. Domanda inoltre delucidazioni in merito alle fonti di finanziamento per Daesh, in ordine di importanza.

  Francesco MONACO (PD), nell'osservare che rispetto ai tre livelli che emergono Pag. 61dal rapporto, distinti, ma tra loro connessi, della guerra convenzionale, della guerra mediatica e della guerra terroristica, la competenza della NATO sembrerebbe privilegiare quello della guerra convenzionale, pone la questione dell'individuazione dei soggetti interessati al contrasto degli altri due livelli, chiedendosi, in particolare se la stessa NATO li prenda in considerazione.

  Erasmo PALAZZOTTO (SI-SEL) esprime perplessità sulla rappresentazione di un consenso generalizzato da parte della popolazione sottoposta al regime di Daesh. Inoltre, ritiene che la cosiddetta «intifada dei coltelli» rappresenti un fenomeno di cifra diversa e da leggere nel solco della precedente intifada, a meno che quest'ultima non sia da considerare un evento precursore di Daesh.

  Paolo ALLI (AP) esprime compiacimento per il lavoro che il collega Manciulli sta svolgendo presso l'Assemblea parlamentare della Nato, di cui presiede autorevolmente la delegazione italiana. Ricorda di aver preso parte in tale contesto ad una rilevante missione in Arabia Saudita, che ha confermato il ruolo crescente della diplomazia parlamentare in quanto strumento flessibile e adeguato ai contesti più delicati. Richiama quindi la natura prevalentemente intra-islamica della crisi in atto in Siria ed Iraq, frutto del condizionamento delle maggiori potenze di tale regione e pone il quesito sulla adeguatezza dell'Occidente a risolvere una questione di simile portata, come d'altra parte gli interlocutori sauditi hanno rilevato. Inoltre, in riferimento agli errori commessi dalla comunità internazionale in Medio Oriente ed in Libia, ritiene doveroso approfondire la capacità delle iniziative francese e russa a risolvere la crisi evitando di alimentare fenomeni di ulteriore radicalizzazione.

  Carlo SIBILIA (M5S) pone il tema, riemerso in questi giorni sugli organi di informazione, dell'invio di personale militare italiano in Iraq in connessione con il noto appalto assegnato ad una ditta italiana, su cui il suo gruppo ha testé presentato un atto di sindacato ispettivo. Ritiene in questa sede opportuno richiamare la Commissione sulla definizione di una strategia sottesa ad una presenza così massiccia di militari italiani in un contesto così complesso, quale il collega Manciulli ha delineato.

  Andrea MANCIULLI (PD), intervenendo su alcune delle questioni sollevate dai colleghi, osserva che l'Indonesia, in quanto paese a maggioranza islamica più elevata al mondo, è oggetto di contesa da parte di Al Qaeda e Daesh, come dimostra il fatto che i focolai di terrorismo, un tempo concentrati a Bali, si sono spostati anche nella capitale. Ritiene peraltro urgente guardare con attenzione a Paesi con l'India e il Bangladesh. Quanto a quest'ultimo, si tratta di un contesto segnato da conflitti etnici profondi e in cui Daesh già può contare su importanti gruppi di simpatizzanti. Il vero epicentro dello scontro resta comunque il contesto afghano-pakistano, laddove il rischio da scongiurare è la fusione tra i due contendenti, come emerso anche nel preoccupato intervento del Capo di Stato maggiore dell'esercito pakistano in occasione di un convegno svoltosi di recente presso il Senato. Il contesto libico presenta analogie e differenze rispetto al caso siriano, dovendosi comunque considerare un intervento militare non risolutivo senza un previo accordo tra le maggiori realtà istituzionali presenti sul terreno e assai rischioso per la proliferazione dei gruppi di affiliati. In generale, rappresenta la posizione condivisa in sede NATO sull'opportunità che tutti i temi qui evocati siano affrontati nel contesto del Gruppo Speciale per il Mediterraneo, vale a dire in stretta collaborazione con i Paesi arabi. Ribadisce che il nodo fondamentale è che un attacco alla Libia non sarebbe sufficiente ad annientare il cosiddetto «Stato islamico», considerato il conflitto asimmetrico di cui esso è artefice. Non esiste cioè soluzione al problema senza il coinvolgimento dei Paesi della regione. Ritiene che sia questo l'argomento che trattiene gli stessi Stati Uniti Pag. 62rispetto all'intervento, dovendosi riconoscere che la stessa Russia limita allo stato la propria azione al solo rafforzamento di Assad, ma senza mettere i cosiddetti «boots on the ground» in territorio siro-iracheno. Per questo motivo ritiene essenziale il dialogo con la Russia, che deve essere cercato nell'interesse della stabilità della regione di cui l'Italia è parte.
  Quanto alla «intifada dei coltelli», chiarisce che il suo pensiero era diretto non tanto a costruire un parallelismo, inesistente, tra dimensione ideologica di Daesh e della rivolta palestinese, bensì alla diffusione dell'utilizzo di armi improprie come metodologia di attacco nell'uno e nell'altro caso.
  Condivide l'osservazione sulla contestualità tra terrorismo e welfare rispetto a Daesh, così come in tutti i movimenti terroristici presenti in quella regione, a partire da Hamas. Infine, richiamando il tema della presenza dell'Italia in Iraq, ritiene che la difesa della diga di Mosul rappresenti un interesse strategico vitale, costituendo la riserva di acqua per l'intera Baghdad.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara svolte le comunicazioni in titolo.

  La seduta termina alle 15.50.