CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 gennaio 2016
571.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 191

AUDIZIONI INFORMALI

  Martedì 12 gennaio 2016.

Nell'ambito dell'esame delle proposte di legge recanti disciplina delle professioni di educatore e di pedagogista (C. 2656 Iori e C. 3247 Binetti), audizione del prof. Andrea Lenzi, presidente del Consiglio Universitario Nazionale (CUN).

  L'audizione informale è stata svolta dalle 13.35 alle 14.05.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 12 gennaio 2016. — Presidenza della presidente Flavia PICCOLI NARDELLI. — Interviene la sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua.

  La seduta comincia alle 14.05.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che istituisce un'associazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'America Centrale, dall'altra, fatto a Tegucigalpa il 29 giugno 2012.
C. 3261 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, poiché non vi sono obiezioni, accoglie la richiesta di attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
  Rivolge poi, a nome della Commissione, un indirizzo di saluto al deputato professor Carlo Galli, entrato a far parte della VII Commissione.

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  Filippo CRIMÌ (PD), relatore, sottolinea che il provvedimento – su cui la VII Commissione è chiamata ad esprimere un parere alla Commissione Affari esteri – è finalizzato all'autorizzazione alla ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione fra l'Unione europea e i sei Stati centro-americani (Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama), considerati complessivamente come un'entità regionale integrata (requisito che l'Unione europea ritiene preferenziale per la stipula di accordi di associazione con l'esterno). Aggiunge che l'integrazione regionale dell'America centrale, avviata nel 1960 con la creazione del Mercato comune centroamericano, si è rafforzata nel 1991 con la nascita del Sistema di integrazione centroamericana, la quale a sua volta ha obiettivi non solo economici, ma anche politici. In questo contesto, nel 2004, i rappresentanti europei e quelli centro-americani decisero, in occasione del vertice tra l'Unione europea e l'America latina-Caraibi, di avviare negoziati per la stipula di un accordo di associazione, contando su una fase positiva sul versante economico e di ritrovata stabilità politico-istituzionale per tale regione, segnata in passato da un'elevata conflittualità interna. L'Accordo in esame non rappresenta, peraltro, un esordio assoluto di relazioni commerciali e istituzionali qualificate dell'Unione europea con la regione centro-americana: è stato, infatti, preceduto dall'Accordo di dialogo politico e di cooperazione stipulato con gli stessi sei paesi il 15 dicembre 2003 (autorizzato alla ratifica in Italia con la legge n. 137 del 2006), e dall'Accordo di partenariato economico con gli Stati del CARIFORUM del 15 ottobre 2008 (la cui ratifica in Italia è stata autorizzata con la legge n. 154 del 2011).
  Precisa quindi che la struttura dell'Accordo presenta notevole ampiezza e i 363 articoli di cui si compone sono raggruppati in cinque parti. Si sofferma sugli aspetti di diretto interesse per la Commissione Cultura, presenti nelle parti terza e quarta dell'Accordo stesso.
  Rileva quindi che la parte terza, dedicata alla cooperazione tra Unione europea e America centrale, mira a innalzare il livello di protezione dei dati personali ai più rigorosi standard internazionali, favorendo tuttavia la libera circolazione di tali dati tra le Parti. Per quanto concerne lo sviluppo e la coesione sociale, in essa si afferma la necessità di promuovere azioni positive nel campo dell'istruzione e della formazione, delle pari opportunità e a favore dei diritti e delle libertà fondamentali dei popoli indigeni. Per quanto riguarda le migrazioni, la cooperazione ivi prevista impegna le Parti in tutti gli aspetti del fenomeno, incluse le misure per prevenire la cosiddetta «fuga di cervelli». La cooperazione economica e commerciale annovera, tra le sue innumerevoli attività, anche l'assistenza tecnica in materia di proprietà intellettuale e trasferimenti di tecnologie. Aggiunge che, nel campo della cooperazione culturale, sono incoraggiati gli scambi di artisti e professionisti tra Europa e America centrale, così come è agevolato il dialogo interculturale, nel quadro delle regole dell'UNESCO, con il principale obiettivo della promozione della diversità culturale. Sono inoltre previste misure nel settore scientifico e tecnologico e in quello normativo/tecnologico al fine di favorire il progressivo superamento del digital divide e un equo accesso alle tecnologie informatiche.
  Osserva poi che la parte quarta è dedicata al commercio e reca l'istituzione di una zona di libero scambio in conformità alle normative dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC); tra gli obiettivi da perseguire è inclusa un'efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale, prevedendo altresì l'istituzione di un sottocomitato in materia. Sottolinea inoltre che la durata dell'Accordo è illimitata, ma ciascuna delle Parti può notificare per iscritto l'intenzione di denunciarlo: il Consiglio di associazione decide le eventuali misure transitorie necessarie, e la denuncia ha effetto trascorsi sei mesi dalla notifica.
  Ricorda quindi che, oltre al preambolo e all'articolato, l'Accordo reca 21 Allegati, Pag. 193varie Dichiarazioni e un Protocollo, che ne costituiscono parte integrante. Tra questi, segnala, in particolare, il Protocollo sulla cooperazione culturale, mirante a: favorire gli scambi di attività, beni e servizi culturali, incluso il settore degli audiovisivi (con riferimento alla Convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione delle espressioni culturali, adottata a Parigi il 20 ottobre 2005, ratificata in Italia dalla legge n. 19 del 2007); potenziare gli scambi culturali e il dialogo Unione europea-America centrale, includendo prassi ottimali in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale; dettare una disciplina riferita agli artisti e agli altri professionisti e operatori della cultura; disciplinare la cooperazione nel settore degli audiovisivi, compreso quello cinematografico; regolare la cooperazione nelle arti dello spettacolo; dettare regole in materia di promozione delle pubblicazioni dell'altra parte e di manifestazioni connesse alle stesse; tutelare i siti e monumenti storici, tenendo conto della missione dell'UNESCO sul patrimonio mondiale. Ricorda, inoltre, gli Allegati XII e XIII, relativi al cosiddetto personale chiave e ai laureati in tirocinio.
  Quanto al contenuto del disegno di legge di ratifica, composto di cinque articoli, rileva che i primi due contengono le clausole di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione dell'Accordo e il quinto ne prevede l'entrata in vigore. L'articolo 3, poi, reca la norma di copertura finanziaria legata all'applicazione dell'Accordo. Precisa che, all'onere derivante, valutato in 20.160 euro annui a decorrere dal 2015 (ove il disegno di legge venga approvato nel 2016, bisogna far riferimento al 2016), si provvede con corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto ai fini del bilancio triennale 2015-2017 (ove il disegno di legge venga approvato nel 2016, bisogna far riferimento al triennio 2016-2018), con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. È prevista, inoltre, la consueta clausola di salvaguardia degli oneri, previo monitoraggio da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, come previsto dalla legge di contabilità generale dello Stato. Aggiunge che l'articolo 4 contiene una clausola di invarianza finanziaria, per la quale dalle disposizioni dell'Accordo (tranne quelle di cui all'articolo 3 del disegno di legge, relative ai paragrafi 3 e 4 dell'articolo 7 e all'articolo 11 dell'Allegato III) non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  In conclusione, reputa positivamente il testo in esame, e propone conseguentemente l'espressione di un parere favorevole da parte della Commissione.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato.
Nuovo testo C. 2039 e abb.

(Parere alle Commissioni riunite VIII e XIII).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Gianna MALISANI (PD), relatrice, rileva preliminarmente che il presente progetto di legge è da lungo tempo atteso, considerata la progressiva cementificazione del territorio del nostro Paese, che sta pregiudicando la qualità del paesaggio – inteso come integrazione tra bellezze naturali e attività dell'uomo – e favorendo il dissesto idrogeologico. Ricorda, riprendendo un passaggio della relazione illustrativa del disegno di legge C. 2039 del Governo, che ogni giorno in Italia si cementificano 100 ettari di superficie libera e che, dal 1956 al 2010, il territorio nazionale edificato e, quindi, sottratto all'agricoltura, è aumentato del 166 per cento. Il testo, elaborato dalle Commissioni riunite Ambiente e Agricoltura, è pertanto degno di apprezzamento sotto diversi profili. Premesso che esso interessa sia la materia di esclusiva pertinenza statale Pag. 194(tutela dell'ambiente e dei beni culturali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione), sia la materia concorrente del governo del territorio (articolo 117, terzo comma della medesima Carta costituzionale), constata che con esso si compie una virata – lato sensu – culturale assai marcata. Il progetto di legge, infatti, è volto a introdurre nella legislazione italiana la riduzione del consumo del suolo, il riuso e a la rigenerazione urbana come obiettivi e princìpi ispiratori del governo del territorio. In questo senso, esso si salda con la necessità di dare piena attuazione agli articoli da 143 a 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004) con riguardo all'adozione dei piani paesaggistici. Si tratta, quindi, di un assunto di base nelle politiche pubbliche che porta un segno riformista molto importante. Il citato atto Camera 2039 si situa nel solco del disegno costituzionale (si pensi agli articoli 9, 32 e 44). A quest'ultimo riguardo, invita i colleghi a prendere visione del denso dibattito svoltosi in Assemblea costituente sul problema del razionale sfruttamento del suolo, sulla necessità di spezzare il latifondo e di ridistribuire e bonificare le terre. Vi si svolsero significativi interventi, tra gli altri, di Amintore Fanfani e Teresa Noce. Ricorda, inoltre, l'elaborazione scientifica italiana che parte dagli anni ’40 del secolo scorso e che risulta vitale ancora oggi, con gli apporti fondamentali dell'opera di studiosi come Emilio Sereni, Antonio Cederna, Italo Insolera, Cesare Brandi, Pierluigi Cervellati e altri.
  Nei primi articoli del testo di legge (si vedano in particolare gli articoli 1, 2, 3 e 4) questi principi sono concretamente declinati e – forse – vi è qualche passaggio procedurale di troppo: ritiene comunque che, nel complesso, in tale testo, sussista il coinvolgimento di tutte le istanze, da quella agricola a quella della tutela paesaggistico-ambientale a quella della pianificazione infrastrutturale e ancora alla partecipazione delle regioni. Viene anzitutto stabilito che, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge, si adotti un decreto che determina la misura della riduzione del consumo di suolo e che con un ulteriore provvedimento della Conferenza Stato-regioni sono stabiliti i criteri e le modalità della riduzione. È pertanto proprio in sede d'impostazione delle politiche di governo del territorio che l'ottica cambia. Precisa che gli strumenti urbanistici non sono più intesi come mezzi per dare un criterio alla trasformazione del paesaggio e, quindi, a regolare l'attività edilizia e infrastrutturale; essi diventano al contrario la guida per la riduzione del consumo e la totale inversione di tendenza volta, progressivamente, all'azzeramento del consumo entro il 2050. Sottolinea che, in questo senso, vengono messi in rilievo tre concetti di primaria importanza: il riuso, la rigenerazione e l'edilizia di qualità, determinandosi una vera e propria rivoluzione copernicana nel concetto di proiezione antropica sul territorio. Precisa dunque che, con il riuso, si intende che si debba sempre tentare ogni sforzo per modificare in meglio l'esistente, non lasciandolo abbandonato, al fine della ricerca di nuove occasioni per costruire opere utili; con la rigenerazione si vuole intendere che l'intervento urbanistico ed edilizio non è mai un fenomeno isolato, ma va considerato sempre in una dimensione sociale e produttiva, sulla quale può avere un impatto di miglioramento o di peggioramento. Si dà atto – in sostanza – che non ci possono essere attività edificatorie senza politiche pubbliche.
  Aggiunge, quanto all'edilizia di qualità (cui fanno riferimento gli articoli 4 e 5, laddove prescrivono, per esempio, interventi di efficienza energetica, accessibilità ciclabile e interventi di architettonici di pregio, attraverso concorso), che la legge mira a un'elevazione del livello urbano e a una migliore compatibilità tra spazi privati e pubblici.
  Rileva, inoltre, che l'articolo 5 concerne gli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate, e prevede che il Governo adotti, entro 9 mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi che semplifichino le procedure per gli interventi di rigenerazione. Questi Pag. 195decreti si dovranno ispirare ai seguenti princìpi: garantire operazioni di recupero delle aree attraverso progetti organici, relativi a edifici e spazi pubblici e privati, basati sul riuso del suolo, sulla demolizione e ricostruzione e sulla sostituzione di edifici esistenti; creazione di aree verdi, aree pedonali, piste ciclabili e inserimento di nuove funzioni. Precisa che queste operazioni hanno lo scopo di migliorare la qualità della vita dei residenti, attraverso l'innalzamento della qualità degli spazi urbani anche utilizzando nuove tecnologie che garantiscano elevati standard, minimi impatti ambientali e risparmi energetici.
  Aggiunge che all'articolo 5 si prevedono anche incentivi al riuso, essendo stabilito che i comuni deliberino di fissare costi di costruzione per i recuperi inferiori a quelli fissati per le nuove costruzioni. Dalle predette disposizioni, sono esclusi i centri storici e le aree e immobili di cui agli articoli 10 e 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, che reca il Codice dei beni culturali e del paesaggio.
  Rileva poi che l'articolo 6 introduce una vera e propria novità nella nomenclatura urbanistica, ossia quella dei «Compendi agricoli neorurali» che comportano una nuova «destinazione urbanistica».
  Precisa che i presupposti di tale nuova destinazione sono il recupero edilizio – anche con la demolizione e ricostruzione – e il recupero del patrimonio agricolo, purché compatibile con il paesaggio a dominanza rurale e con la presenza di adeguata accessibilità. Sono esclusi dalla demolizione e ricostruzione gli edifici di interesse storico-culturale.
  Aggiunge, inoltre, che il disegno di legge prevede che gli interventi edilizi realizzati non comportino maggiore consumo di suolo e che le Regioni e i comuni provvedano a definire le percentuali ricostruibili. Esso prevede inoltre che i nuovi fabbricati siano da realizzarsi con tipologie, morfologie e scelte materiche e architettoniche tali da consentire «un inserimento paesaggistico adeguato e migliorativo rispetto al contesto dell'intervento, secondo i criteri stabiliti dall'ente territoriale competente nel rispetto della normativa e della pianificazione urbanistica, territoriale, paesaggistica e paesistica vigente, del valore storico-culturale o testimoniale dei manufatti, ferme restando le competenze di tutela del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo».
  Rileva inoltre che, all'interno del compendio agricolo neorurale, possono prevedersi le seguenti destinazioni d'uso: attività amministrative, servizi ludico-ricreativi, servizi turistico-ricettivi, servizi dedicati all'istruzione, attività di agricoltura sociale, servizi medici e di cura, servizi sociali, attività di vendita di prodotti agricoli o ambientali locali, artigianato artistico. Sono escluse le attività residenziali e produttive di tipo industriale o artigianale.
  L'articolo 7 prevede il divieto del cambio di destinazione d'uso per le superfici agricole alle quali sono stati erogati fondi dell'Unione europea e stabilisce le eventuali sanzioni e che l'articolo 8 prevede alcune misure di incentivazione per i comuni che adeguano i propri strumenti urbanistici a quanto previsto dalla legge in oggetto. L'articolo 9 stabilisce l'istituzione del Registro degli enti locali ovvero il registro dei comuni che adeguano i propri strumenti urbanistici alla presente legge. L'articolo 10 introduce l'importante principio della destinazione dei proventi dei titoli abilitativi edilizi, dei proventi derivanti dalle sanzioni previste dal testo unico sull'edilizia (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001) e delle sanzioni previste dalla presente legge, alla realizzazione e alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione, al risanamento di complessi edilizi, a interventi di riuso e di rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, alla creazioni di aree verdi, a interventi di riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio e a interventi di mitigazione del rischio idrogeologico e sismico. L'articolo 11 reca le disposizioni transitorie e finali.
  Sottolinea poi che gli articoli 5 e 6 del testo approvato dalle Commissioni congiunte si rivelano invero assai problematici, poiché non risultano in linea con le premesse teoriche ispiratrici della prima Pag. 196parte della proposta di legge, non tenendo conto inoltre della composizione delle diverse fonti normative esistenti e del procedimento di graduale adozione dei piani paesaggistici di cui all'articolo 143 del Codice dei beni culturali.
  Precisa, per quel che riguarda l'articolo 5, che desta preoccupazione l'importanza delle operazioni concesse e la discrezionalità ampia che la legge rimette nelle mani di enti locali non sempre adeguatamente strutturati. Si tratta infatti di una serie di operazioni volte a modificare anche profondamente parti di città, con l'esclusione dei centri storici e dei beni culturali e paesaggistici (articoli 10 e 142 del Codice). Queste operazioni certamente sono necessarie per poter contenere il consumo del suolo, ma debbono essere attentamente condotte, in particolare per ottenere quel miglioramento delle condizioni di vita che la legge si aspetta, connesso anche a un miglioramento architettonico della qualità dello spazio urbano.
  Con riferimento poi all'articolo 6, rileva che esso – nell'istituire la nozione di compendio agricolo neo-rurale – incorre in un'evidente aporia metodologica, giacché il compendio non è un elemento che la legge si incarica di definire in via preliminare, ma è qualificato come oggetto dell'attività e dell'intervento di recupero che la legge sottopone ad autorizzazione. In altri termini, l'attività edilizia che si vorrebbe autorizzare è – per definizione – quella autorizzata, incorrendosi dunque in una chiara tautologia. Aggiunge che l'articolo 6 consentirebbe la trasformazione del cosiddetto compendio neo-rurale verso destinazioni d'uso incompatibili con l'ambiente rurale, per l'evidente aggravio di carico urbanistico (si pensi all'attività medica e di cura o a quella scolastica).
  Esprime quindi le sue preoccupazioni per l'impatto sul panorama agricolo già fortemente compromesso e sulla tutela dell'architettura rurale, che rappresenta l'elemento saliente del paesaggio italiano. Ricorda, infatti, che il disegno di legge fa più volte riferimento alla legislazione paesaggistica ma che, nella pratica, solo tre Regioni hanno un Piano paesaggistico approvato.
  Ricorda, inoltre, che della architettura rurale, per la maggior parte delle Regioni, non esiste una catalogazione, e che pochissimi sono gli edifici rurali vincolati ai sensi dell'articolo 10 del Codice. Tutto dunque resterebbe nelle mani dell'ente territoriale competente per quelle parti di territorio che non siano sottoposte a vincoli paesaggistici, anche con riferimento alla ricostruzione, senza dimenticare che, anche in presenza di vincoli paesaggistici, con la recente legge di riforma sulla Pubblica Amministrazione si è stabilito il principio del silenzio assenso.
  Riporta poi, a questo proposito, quanto pubblicato dall'ISTAT nell'annuale Rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile in Italia), dove si riferisce che la componente più fragile e meno protetta del nostro patrimonio culturale è quella dei paesaggi rurali. Solo di recente, infatti, si è cominciato a pensare all'agricoltura non solo come produttrice di derrate alimentari, ma anche come produttrice di servizi sistemici e a riconoscere il potenziale economico insito nella tutela del paesaggio. Aggiunge che il Rapporto BES sottolinea come i nostri paesaggi agrari siano stati in questi anni oggetto di erosione sia a causa dell'espandersi dell'edilizia urbana, sia a causa dell'abbandono delle terre coltivate che tornano ad inselvatichirsi.
  Le risulta altresì che, sulla presente proposta di legge, si sia espresso l'Osservatorio Nazionale per la Qualità del Paesaggio istituito presso il MIBACT, ricordando che la sua finalità è «in coerenza con gli articoli 9, 44, e 117 della Costituzione e con gli articoli 11 e 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, [quella di dettare] principi fondamentali per la valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole e alle aree sottoposte a tutela paesaggistica, al fine di promuovere e tutelare l'attività agricola, il paesaggio e l'ambiente, nonché di contenere il consumo del suolo quale bene comune e Pag. 197risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici». Ricorda, quindi, che il predetto Osservatorio ne ha riconosciuto il valore e l'importanza politica e ne ha proposto alcuni miglioramenti. Questi sono volti a integrare in maniera proficua il principio del limite del consumo del suolo attraverso lo strumento del riuso e della riqualificazione di aree ed edifici urbani e extraurbani, con una politica concreta di tutela e valorizzazione del paesaggio.
  Con riferimento alle considerazioni espresse dal suddetto Osservatorio, rileva in particolare che, in relazione all'articolo 5, esso sottolinea l'importanza che i decreti legislativi, adottati dal Governo, volti a semplificare le procedure per gli interventi di rigenerazione e recupero delle aree urbanizzate, debbano essere emanati nel rispetto delle norme sulla difesa del suolo e sulla riduzione del rischio idrogeologico, e debbano riguardare anche aree urbanizzate degradate dal punto di vista paesaggistico. L'Osservatorio chiede anche che i decreti legislativi siano adottati su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell'ambiente. Inoltre, sempre in relazione all'articolo 5, si chiede che i progetti di recupero garantiscano non solo elevati standard di qualità, ma anche un minimo impatto ambientale e paesaggistico. Ultima modifica richiesta all'articolo 5 riguarda il comma 4, dove il disegno di legge specifica che la disciplina dell'articolo 5, ovvero quanto stabilito per il riuso delle aree degradate, non riguardi il centro storico né gli immobili di cui agli articoli 10 e 142 del Codice dei beni culturali. Precisa che l'Osservatorio chiede che si sostituisca il richiamo all'articolo 142 con quello all'articolo 134 del Codice.
  Ricorda, quindi, che il predetto Codice, all'articolo 142, specifica le aree tutelate ex lege (Galasso), ovvero solo una parte dei beni paesaggistici che, invece, sono compresi in toto dal citato articolo 134. Rileva che questa appare una delle più importanti modifiche introdotte dal Codice, dando la possibilità al piano paesaggistico di individuare nuovi beni paesaggistici, così come previsto dagli articoli 143 e 156. Ritiene dunque la predetta sostituzione di articoli del Codice importante per tutelare tutti i beni paesaggistici da interventi comprendenti anche le demolizioni e ricostruzioni e la sostituzione di edifici e aree.
  Aggiunge che il citato Osservatorio, in relazione all'articolo 6, evidenzia – in primo luogo – una contraddittorietà tra le finalità del primo comma – «al fine di favorire lo sviluppo economico sostenibile del territori, anche attraverso la riqualificazione degli insediamenti rurali locali e il consolidamento e lo sviluppo dell'attività agroforestale nel territorio rurale» – e gli strumenti per conseguirle, indicati nel comma 3: «Gli interventi edilizi connessi alla proposta di progetto di compendio agricolo neorurale devono avere ad oggetto il riuso o la riqualificazione, anche con la demolizione e la ricostruzione, di fabbricati esistenti qualora non più funzionali all'attività agricola». Precisa che tali interventi sono contrari alla tutela e promozione del paesaggio agrario e alla tutela dell'architettura rurale tradizionale.
  Rileva, inoltre, che l'Osservatorio richiede che dall'articolo 6, commi 1 e 3, sia eliminata, per gli interventi edilizi nei compendi agricoli, la possibilità di operare con demolizione e ricostruzione, e che al comma 4 del medesimo articolo 6 sia previsto che le nuove edificazioni siano costruite in coerenza con l'architettura rurale tradizionale, così come specificata ai sensi della legge n. 378 del 2003, recante «Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale».
  Ritiene, però, che l'aspetto più rilevante delle considerazioni dell'Osservatorio sia la richiesta dell'inserimento nel progetto di legge del comma 8-bis all'articolo 6, che stabilirebbe che le disposizioni previste dal medesimo articolo possano essere applicate Pag. 198solo a seguito dell'approvazione dei Piani paesaggistici regionali, ai sensi degli articoli 135, 143 e 156 del Codice.
  Sottolinea che legare la possibilità della creazione dei compendi agricoli neorurali all'esistenza di un Piano paesaggistico approvato, vuol dire inserire le trasformazioni del paesaggio agrario all'interno di una pianificazione veramente consapevole del carattere del paesaggio in cui si pone e avere maggiore certezza che gli interventi che vengono autorizzati siano realmente compatibili con il paesaggio in cui si inseriscono, poiché il piano è, prima di tutto, uno strumento di conoscenza del paesaggio stesso. Evidenzia che, in mancanza del piano paesaggistico, si rischia la perdita di molti paesaggi agricoli che, sino ad oggi, si è tentato di tutelare con difficoltà. Quanto sopra, permetterebbe di incentivare tutte le Regioni a dotarsi di uno strumento fondamentale per la tutela e la valorizzazione del paesaggio.
  Rileva, in ultimo, che l'Osservatorio propone la modifica dell'articolo 11, con la previsione che siano fatti salvi quei progetti e programmi di trasformazione che, alla data di entrata in vigore della legge, siano stati approvati e non semplicemente adottati.
  Ritiene che quanto sopra proposto sia in linea con l'indirizzo della Commissione, che vede in questa proposta di legge la concreta possibilità di fermare il consumo di suolo nel Paese e di ancorare i processi di recupero edilizio, urbano ed extraurbano, alla tutela e valorizzazione del paesaggio.
  In conclusione, si riserva di proporre un parere favorevole con condizioni sul testo in esame, le quali consisterebbero nel pieno recepimento di tutte le osservazioni testuali, sopra richiamate, dell'Osservatorio costituito presso il MIBACT.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, dà la parola alla sottosegretaria Borletti Dell'Acqua, la quale presiede il citato Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, istituito presso il MIBACT.

  La sottosegretaria Ilaria Carla Anna BORLETTI DELL'ACQUA ringrazia la relatrice per l'accurata relazione svolta, la quale coglie gli aspetti innovativi del progetto di legge, che involge le competenze del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, non sempre riconosciute con riferimento alla tutela del paesaggio. Osserva, poi, come la materia paesaggistica inerisca a diverse tematiche intrecciate, compreso l'aspetto urbanistico. Esprime, a nome del suo dicastero, un vivo apprezzamento per il testo in esame, associandosi però alle preoccupazioni della relatrice e suggerendo di inserire le modifiche indicate dall'Osservatorio. Ricorda, quindi, l'importante funzione svolta dall'Osservatorio per la qualità del paesaggio, la cui azione è destinata ad estendersi da un livello centralizzato a quello delle singole regioni. Rileva, poi, la qualificata composizione del predetto organismo, che vede la presenza sia di dirigenti ministeriali, sia di rappresentanti degli enti territoriali e locali designati dalla Conferenza unificata, sia di quattro rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale, oltre che di un rappresentante del Consiglio nazionale degli Ordini degli architetti e di quattro esperti in materia di paesaggio e di pianificazione paesaggistica. Ritiene, infine, che nel corso del presente anno si possa pervenire all'approvazione di altri piani paesaggistici regionali.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 12 gennaio 2016. — Presidenza della presidente Flavia PICCOLI NARDELLI. — Interviene la sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo, Ilaria Carla Anna Borletti Dell'Acqua.

  La seduta comincia alle 14.55.

Pag. 199

Proposta di nomina del Generale di divisione Luigi Curatoli a Direttore generale di progetto del Grande Progetto Pompei.
Nomina n. 63.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della proposta di nomina all'ordine del giorno.

  Luisa BOSSA (PD), relatrice, osserva che la Commissione è chiamata nuovamente a esprimere un parere sulle nomine previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112. Ci si riferisce, in questo caso, al Grande Progetto Pompei. Ricorda che la Commissione aveva già espresso, a suo tempo, un parere favorevole sulla nomina del generale Giovanni Nistri alla carica di Direttore generale di progetto del Grande Progetto Pompei, realizzandosi ora un cambio al vertice di questa importante struttura: lascia il generale Nistri e il Governo propone per il medesimo incarico un altro generale dei Carabinieri, Luigi Curatoli.
  Ritiene quindi utile, prima di entrare nel merito del profilo del nuovo designato, fare il punto sulla situazione del decreto-legge n. 91 del 2013 e, in maniera ancora più specifica, sul decreto-legge n. 34 del 2011, che ha gettato le basi del Grande Progetto Pompei. Ricorda dunque che il citato decreto-legge n. 91 del 2013 si intitola «Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo», e che lo stesso dedica all'area archeologica di Pompei una sezione specifica e una serie di interventi: l'articolo 1 è riservato proprio alle disposizioni urgenti per la realizzazione del Grande Progetto Pompei. Rileva che, nel dettaglio, si parla di «rigenerazione urbana, riqualificazione ambientale e valorizzazione delle aree interessate dall'itinerario turistico-culturale dell'area pompeiana e stabiese, nonché di valorizzazione di Pompei». Aggiunge che, con il decreto-legge n. 34 del 2011, si era voluto varare, precedentemente, un «Programma straordinario ed urgente di interventi conservativi, di prevenzione, manutenzione e restauro», con riferimento all'Area archeologica di Pompei. Questo obiettivo veniva perseguito attraverso la Decisione comunitaria C (2012) 2154 del 29 marzo 2012, con il relativo finanziamento quale Grande Progetto Comunitario, facendo affidamento sulle risorse del Programma Operativo Interregionale «Attrattori culturali, naturali e turismo» FESR2007-20013 (POIn).
  Osserva, quindi, che il Grande Progetto Pompei nasce come Piano interistituzionale, risultando fondamentale l'intesa siglata il 20 gennaio del 2012 tra la struttura presieduta dal Ministro della coesione territoriale, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero dell'interno, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici per la sicurezza degli appalti. Ricorda che, a seguito della predetta intesa, si arrivò, il 5 aprile del 2012, alla firma di un Protocollo di legalità, e che gli atti conseguenti al citato decreto-legge n. 34 del 2011, e quelli del successivo decreto-legge n. 91 del 2013 hanno determinato l'impalcatura su cui si è poi sviluppato l'intervento.
  Rileva, inoltre, che il Grande Progetto Pompei individua la cifra di 105 milioni di euro (tra Fondi europei e nazionali, a cui si sono aggiunte ulteriori risorse derivanti dalle economie delle gare stesse) da spendere in interventi di riqualificazione del sito archeologico di Pompei. Aggiunge che le linee guida degli interventi facevano, testualmente, riferimento a: riduzione del rischio idrogeologico, con la messa in sicurezza dei terrapieni non scavati; messa in sicurezza delle insulae; consolidamento e restauro delle murature; consolidamento e restauro delle superfici decorate; protezione degli edifici dalle intemperie, con conseguente aumento delle aree visitabili; potenziamento del sistema di videosorveglianza. Si tratta, quindi, di un piano straordinario per rispondere all'allarme che si è creato in tutta la comunità culturale internazionale sui crolli di Pompei Pag. 200e sul rischio di distruggere, con incuria e cattiva conservazione, un pezzo rilevante del patrimonio culturale mondiale, importantissimo per il nostro Paese, il quale fa registrare milioni di visitatori annui, con numeri sempre crescenti. Ricorda quindi che, in base alle statistiche, l'area archeologica di Pompei, con una media appunto di 2/3 milioni di visitatori l'anno, rappresenta il secondo bene culturale per importanza in Italia. Esso è inoltre un punto di riferimento degli appassionati di archeologia di tutto il mondo. Precisa che i resti della Pompei che nell'estate del 79 d.C. fu sommersa da una pioggia di cenere e lapilli, che la coprì con uno strato di oltre tre metri, lasciano tutti stupiti, al punto da spingere l'Unesco, nel 1997, a inserire Pompei nella lista dei beni patrimonio dell'umanità. Evidenzia poi che, negli ultimi anni, decine di episodi di abbandono e degrado hanno portato l'area archeologica di Pompei alla ribalta, purtroppo sul piano negativo: crolli, chiusure improvvise, degrado, aree inaccessibili, furti, hanno richiamato l'attenzione del mondo sullo stato di conservazione del patrimonio di Pompei. Si è così affermata la necessità di una strategia complessiva, con l'obiettivo di recuperare numerose case dell'antica città, alcune chiuse, altre in pericolo, aumentando la sorveglianza e la stabilità degli edifici, e organizzando meglio i servizi.
  Osserva, quindi, che il Grande Progetto Pompei ha messo in campo un metodo innovativo di elaborazione e gestione degli interventi e che i tecnici hanno parlato di «metodologia scientifica di conservazione che privilegia l'approccio sistematico e «manutentivo» per ripristinare le condizioni di conservazione». Gli interventi sono stati delineati «in coerenza con le Linee guida per la conservazione del patrimonio archeologico» del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici, organizzandoli – così come illustrato nel Progetto – in 5 Piani operativi: Piano della conoscenza (rilievo, indagine e diagnosi per tutte le insulae e progettazione degli interventi prioritari); Piano delle Opere a progettualità avanzata (realizzazione dei 39 progetti già redatti); Piano per la fruizione (miglioramento dei servizi e della comunicazione); Piano della sicurezza (videosorveglianza e messa in sicurezza degli impianti); Piano di rafforzamento tecnologico e di capacity building (adeguamento delle dotazioni e delle attrezzature tecnologiche funzionali alle indagini e al monitoraggio del sito).
  Ricorda che, fissate le linee guida con il decreto-legge n. 34 del 2011, al fine di potenziare ulteriormente le funzioni di tutela e l'efficacia delle azioni, il decreto-legge n. 91 del 2013 ha stabilito che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, nominasse con proprio decreto un responsabile unico della realizzazione del Grande Progetto e del programma straordinario, denominato «Direttore generale di progetto». Il Direttore generale, come si legge nel citato decreto-legge n. 91 del 2013, ha i seguenti compiti: a) definire e approvare gli elaborati progettuali degli interventi di messa in sicurezza, restauro, e valorizzazione previsti nel quadro della realizzazione del «Grande Progetto Pompei»; b) assicurare l'efficace e tempestivo svolgimento delle procedure di gara dirette all'affidamento dei lavori e all'appalto dei servizi e delle forniture necessari alla realizzazione del «Grande Progetto Pompei», assumendo le funzioni di stazione appaltante; c) assicurare la più efficace gestione del servizio di pubblica fruizione e di valorizzazione del sito archeologico; d) assumere direttive atte a migliorare l'efficace conduzione del sito; e) provvedere ad assicurare le condizioni di supporto organizzativo e amministrativo alle attività di tutela e di valorizzazione di competenza della Soprintendenza.
  Ricorda che al Direttore generale è affidata una struttura operativa con una serie di compiti e che, al momento, il Grande Progetto Pompei, così come evidenziato nei documenti di trasparenza della struttura operativa, si trova a un determinato livello di attuazione del Piano delle opere: indica quindi sinteticamente i cantieri che sono stati conclusi. Pag. 201
  Osserva, poi, con riferimento più specifico alla proposta di nomina oggi in esame, che il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha riferito al Consiglio dei ministri, nella seduta del 23 dicembre scorso, dell'avvio della procedura per la nomina del nuovo direttore generale del «Grande progetto Pompei» e che la scelta del Governo è caduta sul generale di divisione dell'Arma dei Carabinieri, Luigi Curatoli. Ricorda che la Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ha trasmesso alla Camera dei deputati, per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, la proposta di nomina e il curriculum vitae del generale Luigi Curatoli.
  Ricorda quindi, sinteticamente, che il generale di divisione Curatoli ha frequentato la scuola militare della Nunziatella, l'Accademia militare di Modena e la Scuola di Applicazione Carabinieri di Roma e che egli è laureato in Giurisprudenza, Scienze politiche e Scienze della sicurezza interna ed esterna. Nel corso della sua carriera – come si evince dal curriculum che è stato trasmesso – il generale Curatoli ha avuto esperienze di servizio sul territorio e di operatività, avendo comandato, tra l'altro, i Nuclei operativi dei Carabinieri di Venezia e Catanzaro, essendosi poi occupato di politiche agricole, di sistemi informativi, di analisi criminali e di ruoli direttivi nelle Scuole dell'Arma dei Carabinieri.
  Rileva, quindi, che il profilo del Generale Curatoli, come quello del generale Nistri, unisce a competenze militari anche esperienza e capacità di guida, coordinamento e comando: egli appare, quindi, pur dentro una proposta discrezionale del Governo, in possesso dei requisiti per agire in un ambito complesso, dove si è già scelto di avvalersi di ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, al fine di sottolineare anche i requisiti morali, vigilando sia sulla celerità sia sulla qualità dei lavori e alzando argini rispetto a sempre possibili infiltrazioni della criminalità.
  Ritiene, in conclusione, che il profilo proposto sia sicuramente di alto livello e di indubbia competenza e, per tale motivo, alla luce del curriculum fornito e di quanto esposto nella presente relazione, propone alla Commissione di esprimere parere favorevole sulla proposta di nomina.

  Flavia PICCOLI NARDELLI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.