CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 gennaio 2016
571.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 10

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 12 gennaio 2016. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il Sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 14.05.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2005/214/GAI sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie.
Atto n. 230.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Michela ROSTAN (PD), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata a esaminare, nella seduta odierna, lo schema di decreto legislativo recante disposizioni Pag. 11per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2005/214/GAI sul reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie (A. G. 230).
  Fa presente che lo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione fa parte di un pacchetto di provvedimenti di recepimento di decisioni adottate nell'ambito del terzo pilastro, relativo alla cooperazione giudiziaria in materia penale, prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
  Al riguardo, rammenta che, lo schema di decreto legislativo in esame è adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (legge n. 114 del 2015). In particolare, l'articolo 18 della legge delega specificamente il Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega e secondo le procedure di cui all'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, della legge n. 234 del 2012, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l'attuazione di un elenco di decisioni quadro, tra le quali è compresa la decisione quadro 2005/241/GAI. La decisione quadro 2005/214/GAI si pone l'obiettivo di garantire la riscossione, da parte dello Stato di residenza, delle sanzioni pecuniarie inflitte a titolo definitivo ad una persona fisica o giuridica da un altro Stato membro. Essa si applica, dunque, a provvedimenti definitivi, non suscettibili di impugnazione.
  Nel passare all'esame dello schema di decreto legislativo in discussione, segnala che lo stesso si compone di 17 articoli suddivisi in 4 Capi.
  Fa presente che il Capo I (articoli da 1 a 3) contiene le disposizioni generali che definiscono:
   le finalità del provvedimento, e cioè l'attuazione nell'ordinamento interno della decisione quadro 2005/214/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie nell'Unione europea (articolo 1);
   i concetti rilevanti ai fini del mutuo riconoscimento (articolo 2). In particolare, oltre alle definizioni di «Stato della decisione» e di «Stato di esecuzione», lo schema di decreto legislativo stabilisce che la decisione alla quale si dà esecuzione deve essere stata emessa da un'autorità giudiziaria in relazione a un reato o in sede di opposizione all'irrogazione di una sanzione amministrativa ovvero anche da un'autorità diversa dall'autorità giudiziaria in relazione a un fatto costituente reato ovvero a un illecito amministrativo. La sanzione pecuniaria è dunque individuata nella pena pecuniaria («somma di denaro a titolo di pena irrogata a seguito di condanna»); nella somma liquidata dal giudice come risarcimento delle vittime, se le stesse non si sono costituite parte civile; nella somma dovuta a seguito di condanna alle spese nei giudizi penali e amministrativi; nella somma da versare in favore di fondi pubblici o di organizzazioni di assistenza alle vittime;
   le autorità competenti, che vengono individuate nel Ministero della giustizia e nell'autorità giudiziaria (articolo 3).

  Segnala che il Capo II (articoli da 4 a 7) disciplina la procedura da seguire ai fini del mutuo riconoscimento quando la sanzione pecuniaria sia stata decisa in Italia e debba essere eseguita in altro Stato dell'Unione europea. In particolare, l'articolo 4 individua il PM competente a trasmettere la decisione sulla sanzione pecuniaria all'autorità dello Stato membro nel quale la persona condannata risiede, dimora abitualmente, dispone di beni o redditi o, nel caso delle persone giuridiche, ha sede legale. Si tratta del pubblico ministero presso il tribunale che ha emesso la decisione o presso il tribunale nel cui circondario ha sede l'autorità amministrativa che ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria. Quando la decisione sulla sanzione pecuniaria diviene definitiva, il PM trasmette, con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta, alla competente autorità dello Stato di esecuzione (articolo 5):
   la decisione stessa;
   il certificato – il cui modello è allegato allo schema di decreto legislativo – Pag. 12contenente tutte le informazioni rilevanti ai fini dell'esecuzione, debitamente tradotto.

  Se la competenza per l'esecuzione è di più Stati, la decisione può essere trasmessa solo a uno di essi alla volta (articolo 6).
  L'articolo 7 disciplina gli effetti del riconoscimento della decisione sulla sanzione pecuniaria da parte dello Stato estero che ha ricevuto la richiesta del PM italiano. In particolare, a seguito del riconoscimento, l'autorità italiana non può più procedere all'esecuzione della sanzione, avendola rimessa all'autorità estera. Il potere di procedere all'esecuzione torna alle autorità nazionali nelle seguenti ipotesi:
   l'autorità estera comunica la mancata esecuzione o l'esecuzione parziale;
   alla persona condannata è stata concessa l'amnistia o la grazia.

  Rileva che il Capo III (articoli da 8 a 15) disciplina la procedura da seguire quando la decisione sulla sanzione pecuniaria sia stata adottata in altro Stato UE e debba essere eseguita in Italia.
  L'articolo 8 attribuisce la competenza al riconoscimento della decisione alla Corte d'appello nel cui distretto la persona condannata risiede, dimora abitualmente, dispone di beni o di un reddito.
  La Corte d'appello procede al riconoscimento se (articolo 9):
   il fatto per il quale è stata emessa la decisione è riconducibile a un elenco di fattispecie penali per le quali è esclusa la verifica della cosiddetta doppia incriminazione;
   il fatto per il quale è stata emessa la decisione è previsto come reato nell'ordinamento italiano, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla denominazione.

  L'articolo 10 contiene l'elenco dei reati per i quali si prescinde dalla doppia incriminazione; anche in tali ipotesi spetterà comunque alla Corte d'appello accertare la corrispondenza tra la fattispecie oggetto della decisione e l'elenco.
  L'articolo 11 delinea il procedimento da seguire a fronte di una richiesta di riconoscimento di una decisione emessa da uno Stato membro dell'Unione europea e stabilisce:
   che la richiesta – ovvero la decisione e il certificato tradotto in italiano – debba essere indirizzata al Procuratore generale presso la Corte d'appello, che la trasmetterà alla Corte stessa. Se la documentazione è incompleta, attraverso il Ministero della giustizia, l'autorità giudiziaria può chiedere allo Stato di emissione delle integrazioni;
   che la Corte d'appello si pronuncia sul riconoscimento in camera di consiglio, entro 20 venti giorni dalla presentazione della richiesta, prorogabili di ulteriori 30 in presenza di circostanze eccezionali;
   che avverso la decisione della Corte d'appello è proponibile, entro 10 giorni, ricorso in cassazione da parte del Procuratore generale, della persona condannata e del suo difensore. Il ricorso non sospende l'esecutività della decisione;
   che la Cassazione si pronuncia entro 30 giorni dalla richiesta;
   che se il riconoscimento della decisione è negato, sul presupposto che un altro è lo Stato competente, l'autorità italiana deve trasmettere d'ufficio gli atti allo Stato di esecuzione.

  L'articolo 12 – attuando l'articolo 7 della decisione quadro – elenca i motivi di rifiuto del riconoscimento. Si tratta:
   della carenza del requisito della doppia punibilità, ovvero di decisione relativa a reati non previsti nel nostro ordinamento e non riconducibili all'elenco dei gravi reati dell'articolo 10;
   di mancanze nel certificato che accompagna la decisione;
   di una decisione che è già stata eseguita in Italia o in altro Stato;
   di una sanzione pecuniaria prescritta.

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  Rammenta che nel nostro ordinamento la prescrizione della pena è disciplinata dagli articoli 171-174 del codice penale, in base ai quali:
   la morte del reo, avvenuta dopo la condanna, estingue la pena;
   la pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a 30 e non inferiore a 10 anni;
   la pena della multa si estingue nel termine di 10 anni;
   in caso di delitto non si ha prescrizione della pena per i recidivi, i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ovvero se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole (articolo 172);
   le pene dell'arresto e dell'ammenda si estinguono nel termine di cinque anni. Tale termine è raddoppiato se si tratta di recidivi, di delinquenti abituali, professionali o per tendenza (articolo 173);
   l'indulto o la grazia condonano, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commutano in un'altra specie di pena stabilita dalla legge;
   di una causa di immunità riconosciuta dall'ordinamento italiano;
   di una sanzione pecuniaria comminata a colui che, al momento dei fatti, non era imputabile per età;
   di una decisione relativa a fatti compiuti anche in parte nel territorio italiano ovvero comunque fuori dello Stato che ha emesso la decisione;
   di decisione relativa a un soggetto che, per varie ragioni, era impossibilitato a partecipare al relativo giudizio (perché non informato o non comparso per causa a lui non imputabile);
   di una sanzione pecuniaria inferiore a 70 euro.

  Se la Corte d'appello riconosce la decisione che applica una sanzione pecuniaria, l'esecuzione della decisione compete al Procuratore generale presso la Corte d'appello.
  L'articolo 13 specifica che se la sanzione pecuniaria è più elevata rispetto al massimo consentito – in relazione allo specifico illecito – nel nostro ordinamento, la Corte d'appello può ridurre l'importo della sanzione all'indicato importo massimo consentito.
  In caso di impossibilità, anche parziale, di procedere alla riscossione, potranno essere applicate sanzioni alternative solo se espressamente previsto nel certificato che accompagna la decisione. Le somme riscosse spettano allo stato di esecuzione, salvo diverso accordo con l'autorità competente dello Stato della decisione; lo stesso Stato italiano sostiene le spese per l'esecuzione della decisione (articolo 15).
  In base all'articolo 14, l'esecuzione della decisione sulle sanzioni pecuniarie deve cessare se viene meno l'esecutività della decisione stessa.
  Fa presente, in fine, che il Capo IV (articoli 16 e 17) detta le disposizioni transitorie e finali. In particolare, l'articolo 16 contiene la consueta clausola di invarianza finanziaria mentre l'articolo 17 rimanda, per quanto non espressamente previsto dallo schema di decreto legislativo, alle disposizioni compatibili del codice di procedura penale.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della decisione quadro 2009/299/GAI che modifica le decisioni quadro 2002/584/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo.
Atto n. 232.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

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  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, rammenta che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, lo schema di decreto recante «Attuazione della decisione quadro 2009/299/GAI sul reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo» (A.G. 232).
  Al riguardo, segnala che lo schema di decreto in esame è adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (legge n. 114 del 2015), che all'articolo 18, delega specificamente il Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega e secondo le procedure di cui all'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l'attuazione di un elenco di decisioni quadro. Nell'elenco è compresa la decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, che modifica a sua volta una serie di decisioni quadro – 2002/584/GAI, 2005/214/GAI, 2006/783/GAI, 2008/909/GAI e 2008/947/GAI – rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo.
  Fa presente che tale decisione quadro, che è diretta a rafforzare i diritti processuali delle persone e a promuovere l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo, muove dai seguenti presupposti:
   il diritto dell'imputato a comparire personalmente al processo rientra nel diritto a un equo processo previsto dall'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
   le varie decisioni quadro che applicano il principio del reciproco riconoscimento alle decisioni giudiziarie definitive non affrontano in modo uniforme la questione delle decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente. Questa diversità potrebbe complicare il lavoro degli operatori del settore e ostacolare la cooperazione giudiziaria. Le soluzioni offerte da tali decisioni quadro non sono soddisfacenti laddove l'interessato non abbia potuto essere informato dell'esistenza di un procedimento a suo carico;
   è quindi necessario prevedere motivi chiari e comuni per il non riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente.

  L'obiettivo della decisione quadro è dunque quello di precisare la definizione di tali motivi comuni, consentendo all'autorità di esecuzione di eseguire la decisione nonostante l'interessato non sia presente al giudizio, pur rispettando pienamente il diritto alla difesa dell'interessato. La decisione quadro non intende tuttavia disciplinare le forme e i metodi, ivi compresi i requisiti processuali, utilizzati per raggiungere i risultati specificati nella stessa, i quali interessano il diritto interno degli Stati membri.
  Le modifiche investono pertanto le decisioni quadro esistenti, che danno attuazione al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie definitive. Le nuove disposizioni dovrebbero, altresì, fungere da base per i futuri strumenti in materia.
  Nel passare all'esame del contenuto del provvedimento, segnala che l'articolo 1, recante disposizioni di principio e ambito di applicazione, ne individua l'oggetto: dare attuazione alla decisione quadro 2009/299/GAI, nella parte in cui modifica due altre decisioni quadro del 2002 e del 2008, rafforzando i diritti processuali delle persone e promuovendo l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni pronunciate in assenza dell'interessato al processo. Pag. 15
  Ricorda che le decisioni quadro oggetto di modifica sono le seguenti:
   decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri;
   decisione quadro 2008/909/GAI, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.

  Fa presente che l'articolo 2 dello schema di decreto legislativo modifica due articoli (19 e 30) della legge n. 69 del 2005 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri).
  La modifica dell'articolo 19, relativa alle garanzie richieste allo Stato membro di emissione, introduce una serie di condizioni in presenza di una delle quali la corte di appello può comunque dare luogo alla consegna, anche se la pena o la misura di sicurezza sono state comminate a seguito di una pronuncia in assenza dell'interessato, non comparso personalmente nel processo.
  Le condizioni che, alternativamente, legittimano comunque la consegna dell'interessato debbono essere attestate nel certificato che accompagna il mandato di arresto europeo e sono le seguenti:
   1) l'interessato è stato citato tempestivamente e personalmente, essendo informato inequivocabilmente della data e del luogo del processo che ha portato alla decisione pronunciata in absentia e del fatto che una tale decisione avrebbe potuto essere presa anche in absentia;
   2) l'interessato, informato del processo a suo carico, è stato rappresentato nel processo conclusosi con la decisione da un difensore, nominato dallo stesso interessato o d'ufficio;
   3) l'interessato, ricevuta la notifica della decisione e informato del diritto di ottenere un nuovo processo o della facoltà di dare inizio al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione, ha dichiarato espressamente di non opporsi a tale decisione, né ha chiesto la rinnovazione del processo o proposto ritualmente appello;
   4) l'interessato non ha ricevuto personalmente la notifica della decisione, ma la riceverà personalmente e senza indugio dopo la consegna nello Stato membro di emissione e, quindi, sarà espressamente informato dei termini entro i quali potrà esercitare il diritto a un nuovo processo o la facoltà di dare inizio al giudizio di appello, in cui ha il diritto di partecipare e che consente il riesame del merito della causa e l'allegazione di nuove prove che possono condurre alla riforma della decisione oggetto di esecuzione.

  La seconda modifica è relativa all'articolo 30, comma 1, della legge n. 69 del 2005, sul contenuto del mandato d'arresto europeo nella procedura attiva di consegna. È precisato che il modello utilizzato è quello risultante a seguito delle modifiche apportate dalla decisione quadro 2009/299/GAI e viene conseguentemente sostituito il modello stesso, allegato alla richiamata legge n. 69.
  Rileva che l'articolo 3 modifica due articoli (2 e 13) del decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, concernente disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Le modifiche corrispondono a quanto previsto dall'articolo 5 della decisione quadro.
  La prima modifica, all'articolo 2 del citato decreto legislativo n. 161, interessa il certificato da utilizzare per il reciproco riconoscimento: il relativo modulo, allegato Pag. 16al decreto legislativo, viene sostituito dall'allegato allo schema in esame. Viene di conseguenza integrata, per coordinamento, la definizione di «certificato» contenuta nel predetto decreto legislativo n. 161, con il richiamo alle modifiche apportate al certificato dalla decisione quadro 2009/299/GAI.
  La seconda modifica, all'articolo 13, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 161 del 2010, riguarda i casi in cui la corte di appello rifiuta il riconoscimento della sentenza di condanna.
  A seguito delle modifiche introdotte, la corte di appello rifiuta il riconoscimento della sentenza di condanna se l'interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione da eseguire, a meno che il certificato attesti:
   1) che, a tempo debito, è stato citato personalmente e, pertanto, informato della data e del luogo fissati per il processo o che ne è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi, idonei a comprovare inequivocabilmente che ne era al corrente, nonché che è stato informato del fatto che una decisione poteva essere emessa in caso di mancata comparizione in giudizio;
   2) che, essendo al corrente della data fissata per il processo, aveva conferito un mandato ad un difensore, di fiducia o d'ufficio, da cui in effetti è stato assistito in giudizio;
   3) che, dopo aver ricevuto la notifica della decisione ed essere stato espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello con possibilità di parteciparvi per ottenere un riesame nel merito della imputazione, compresa l'assunzione di nuove prove, ha dichiarato espressamente di non opporsi alla decisione o non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro il termine a tal fine stabilito.

  Fa presente, in fine, che l'articolo 4 dello schema di decreto legislativo riguarda la clausola di copertura finanziaria: all'attuazione delle disposizioni del decreto legislativo si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/948/GAI sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali.
Atto n. 234.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Sofia AMODDIO (PD), relatrice, rammenta che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, lo schema di decreto legislativo di attuazione della decisione quadro 2009/948/GAI sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti di giurisdizione nel settore penale (A.G. 234). Il predetto schema di decreto legislativo è adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (legge n. 114 del 2015). In particolare quest'ultima, all'articolo 18, delega specificamente il Governo ad adottare, entro tre mesi dalla data della sua entrata in vigore e secondo le procedure di cui all'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per l'attuazione di un pacchetto di sette decisioni quadro, tra cui è compresa la citata 2009/948/GAI (articolo 18, comma 1, lettera g)).
  Al riguardo, rammenta che la predetta decisione quadro mira al miglioramento della cooperazione giudiziaria nell'Unione Pag. 17europea, in particolare, evitando procedimenti penali paralleli in due Stati membri diversi riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. La decisione quadro 2009/948/GAI, mediante il raggiungimento di un accordo sull'esercizio della giurisdizione tra Paesi membri, intende pertanto prevenire la violazione del principio del «ne bis in idem» stabilito dall'articolo 54 dell'Accordo di Schengen (ratificato dall'Italia con la legge n. 388 del 1993), promuovendo una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri. Secondo il citato articolo 54 «una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un'altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita». Fa presente che, come noto, i contenuti di Schengen costituiscono a pieno titolo diritto dell'Unione a seguito del Protocollo sull'integrazione dell’acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea, allegato al Trattato di Amsterdam, e per via del riconoscimento, attraverso l'articolo 6 del Trattato UE, dei diritti della Carta di Nizza (articolo 50) e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Protocollo n. 7). Schengen non riguarda, tuttavia, la contestualità dei procedimenti penali cioè la soluzione dei procedimenti paralleli in corso. Tale problematica è stata finora considerata da trattati di natura settoriale, sia per essere concentrati su precise fattispecie di reato, sia per essere pattuiti in un ambito internazionale circoscritto. Ne sono esempio le convenzioni ratificate dall'Italia con la legge 29 settembre 2000 n. 300: la Convenzione relativa agli interessi finanziari delle Comunità europee del 1995 (articolo 6); la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione del 1997 (articolo 9); la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali del 1997 (articolo 4). Con la decisione quadro 2009/948/GAI è stata, quindi, dettata una disciplina volta alla risoluzione dei casi di litispendenza penale nell'Unione europea. Tale disciplina non va, tuttavia, oltre la fase delle consultazioni, essendo la concentrazione del procedimento in un unico Stato membro esito possibile ed auspicato ma non obbligatorio. Rimane, quindi, impregiudicata la possibile rivendicazione della competenza sul procedimento da parte del singolo Stato membro. La decisione quadro 2009/948 detta una specifica procedura con cui le autorità nazionali competenti devono mettersi in contatto reciproco e scambiarsi informazioni quando hanno fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento penale parallelo in un altro Paese dell'UE (articolo 2); le consultazioni dirette mirano alla eventuale risoluzione del conflitto di giurisdizione. La decisione quadro avrebbe dovuto trovare attuazione entro il 15 giugno 2012. Nel 2014, la Commissione europea ha pubblicato una relazione (2014/0313) – prevista dalla stessa decisione quadro – sul recepimento della stessa da parte degli Stati membri. Al momento della pubblicazione, solo 15 Paesi dell'UE avevano introdotto leggi che incorporavano la decisione quadro 2009/948/GAI nella loro legislazione nazionale. La Commissione, visto che «il livello di attuazione di questo importante strumento legislativo è tutt'altro che soddisfacente (....) e ostacola l'efficace funzionamento dello spazio europeo di giustizia», esortava tutti i Paesi ad un rapido recepimento della decisione quadro.
  Nel passare all'esame del contenuto dello schema di decreto in discussione, segnala che lo stesso, in attuazione della soprarichiamata decisione quadro, mira ad evitare che vengano avviati, dinanzi alle diverse autorità nazionali europee, più procedimenti penali riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona; in tali ipotesi – mediante una procedura obbligata di consultazione – è promossa una Pag. 18soluzione concordata tra le diverse autorità nazionali per la concentrazione del procedimento in un solo Stato membro. Va preliminarmente ricordato che la decisione quadro riguarda soltanto la procedura di consultazione obbligatoria, lasciando impregiudicata la possibilità che i due Stati membri non rinuncino alla giurisdizione, in accordo con quanto previsto dal considerando 11 («Nessuno Stato membro dovrebbe essere obbligato a rinunciare o a esercitare la competenza giurisdizionale contro la sua volontà»). L'attuazione della decisione quadro costituisce un tassello fondamentale del principio del mutuo riconoscimento nel settore della cooperazione giudiziaria penale e va inquadrata in connessione con l'attuazione dell'ulteriore decisione quadro 2008/909/GAI, relativa al reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Il decreto legislativo n. 161 del 2010, di recepimento di quest'ultima decisione, ha consentito di superare il presupposto di cui all'articolo 737 del codice di procedura penale dell'impossibilità del riconoscimento della sentenza straniera quando risulti un procedimento in corso in Italia per gli stessi fatti contro la stessa persona. Lo schema di decreto in esame intende, appunto, risolvere i casi di litispendenza mediante una soluzione concordata dei procedimenti paralleli.
  Fa presente che lo schema in esame si compone di 12 articoli, suddivisi in due Capi. Il primo Capo contiene norme e principi generali per l'introduzione nel nostro ordinamento delle disposizioni previste dalla decisione quadro (articoli da 1 a 9); il secondo Capo (articoli da 10 a 12) disciplina l'adeguamento dell'ordinamento interno alle nuove previsioni di derivazione europea.
  Osserva che, mentre l'articolo 1 individua l'ambito di applicazione ovvero l'attuazione delle decisione quadro 2009/948/GAI, l'articolo 2 attua le previsioni dell'articolo 3 della decisione ovvero le definizioni di: procedimenti paralleli (quelli in corso – sia nella fase delle indagini preliminari che nelle fasi successive – pendenti in due o più Stati membri sugli stessi fatti nei confronti della stessa persona); autorità competente (l'autorità giudiziaria o altra autorità che è autorizzata ad avviare la consultazione per arrivare alla concentrazione del processo in unico Stato); autorità contattante (l'autorità giudiziaria davanti alla quale è pendente un procedimento penale e che chiede l'esistenza di procedimento penale parallelo) e autorità contattata (l'autorità giudiziaria cui viene chiesto di confermare l'esistenza di procedimento penale parallelo). Per l'ordinamento nazionale, l'articolo 3 individua le autorità competenti (per lo scambio di informazioni e per le consultazioni con le rispettive autorità degli altri Stati membri) nel Ministro della giustizia e nell'autorità giudiziaria (articolo 4 decisione quadro). L'articolo 4 prevede una fase iniziale in capo all'autorità giudiziaria italiana procedente, consistente nell'obbligo di prendere contatto per iscritto con l'autorità competente dello Stato membro per verificare la pendenza sul suo territorio di un procedimento penale parallelo. Se la litispendenza è positivamente verificata, sono avviate consultazioni per concertare la concentrazione del procedimento in uno solo dei due Stati. Conformemente a quanto previsto dalla decisione quadro (articolo 5), in caso di difficoltà nell'individuazione dell'autorità competente, il giudice italiano ricorre ai punti di contatto della rete giudiziaria europea. L'articolo 5 prevede, per l'autorità giudiziaria italiana contattata per la verifica della litispendenza, l'obbligo di rispondere nel termine richiesto dall'autorità estera (e comunque «senza ritardo); la richiesta è trattata in via di urgenza se l'imputato o indagato sia sottoposto a misura cautelare. Nel caso in cui l'ufficio giudiziario destinatario della richiesta non risulti quello interessato, sarà lo stesso ufficio a trasmetterla a quello dove si svolge effettivamente il procedimento penale parallelo, informandone l'autorità estera. L'articolo 6 – conformemente al contenuto Pag. 19dell'articolo 8 della decisione quadro – detta una serie informazioni minime da fornire nella richiesta scritta inviata all'autorità straniera: indicazione dell'autorità competente; generalità dell'imputato o indagato e, eventualmente, delle vittime (persona offesa o danneggiata dal reato); descrizione dei fatti e circostanze del procedimento; la fase, lo stato e grado in cui si trova il procedimento penale; l'eventuale applicazione in corso della custodia cautelare. Le informazioni minime contenute nella risposta dell'autorità italiana contattata dall'autorità di altro Stato membro (articolo 7) riguardano la pendenza (o la definizione) di un procedimento parallelo per gli stessi fatti (anche parziali) per i quali è sottoposto a procedimento all'estero; in caso positivo, la fase, lo stato e il grado del procedimento nonché, se adottata, la decisione e il suo contenuto (articolo 9 della decisione quadro). L'articolo 8 prevede l'obbligo, per gli Stati in cui pendono procedimenti penali paralleli, di procedere a consultazioni dirette per arrivare ad un accordo per la concentrazione dei procedimenti in unico Stato membro (articolo 10 della decisione quadro). La competenza a svolgere le suddette consultazioni appartiene al procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto ha sede l'autorità giudiziaria contattante o contattata, il quale ne dà comunicazione al Ministro della giustizia. Quest'ultimo, entro 10 giorni, può disporre che non si acconsenta alla concentrazione del procedimento pendente in Italia in altro Stato membro qualora valuti che il mancato esercizio della giurisdizione nazionale potrebbe compromettere la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato. L'affidamento al Ministro di una valutazione «politica» sul conflitto di giurisdizione ricalca quanto già previsto dalla legge 237 del 2012, di adeguamento alle disposizioni sullo Statuto penale internazionale (articolo 2).
  In mancanza di un'indicazione precettiva della decisione quadro di criteri oggettivi per la risoluzione dei diversi conflitti di giurisdizione, il legislatore delegato, al comma 4 dell'articolo 8, indica dei criteri per lo svolgimento delle consultazioni dirette che ricalcano quelli del considerando n. 9 della decisione quadro: a) luogo in cui è avvenuta la maggior parte dell'azione, dell'omissione o dell'evento; b) luogo in cui si è verificata la maggior parte delle conseguenze dannose; c) luogo in cui risiede, o è domiciliato l'indagato o l'imputato; d) prognosi maggiormente favorevole di consegna o di estradizione in altre giurisdizioni; e) maggiore tutela delle parti offese e minor sacrificio dei testimoni; f) omogeneità del trattamento sanzionatorio. L'articolo 9 prevede la possibile cooperazione con Eurojust per la risoluzione dell'eventuale conflitto di giurisdizione cioè quando le consultazioni dirette tra le autorità competenti dei diversi Stati membri non abbiano avuto esito positivo (articolo 12 della decisione quadro).
  Le disposizioni del Capo II del provvedimento, di attuazione della decisione quadro nell'ordinamento nazionale, regolano gli effetti della consultazione obbligatoria sul procedimento pendente e quelli della sua eventuale concentrazione in Italia o all'estero.
   L'articolo 10 prevede:
   che le consultazioni tra gli Stati non sospendono il procedimento, ma impediscono al giudice la pronuncia della sentenza;
   che la sospensione del processo che consegue al divieto di pronunciare la sentenza non può essere superiore a 20 giorni.

  L'articolo 11 disciplina gli effetti della concentrazione dei procedimenti. Se viene raggiunto un consenso sulla giurisdizione italiana, il periodo di custodia cautelare eventualmente scontata dall'indagato o imputato nello Stato membro è computato sia:
   ai fini dei termini di durata massima della custodia cautelare (articolo 303, Pag. 20comma 4, del codice di procedura penale), ai fini della sospensione di detti termini (articolo 304 del codice di procedura penale);
   per il calcolo della eventuale pena espiata senza titolo (articolo 657 del codice di procedura penale).

  Gli atti probatori compiuti all'estero mantengono efficacia e sono utilizzabili secondo la legge italiana. Nel caso contrario, ovvero, se il procedimento penale avviato in Italia è concentrato, grazie all'accordo, presso un'autorità giudiziaria di altro Stato membro, il giudice italiano dichiara la sopravvenuta improcedibilità.
  L'articolo 12, in fine, contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  Ciò premesso, nel condividere le finalità del provvedimento in discussione, rileva, tuttavia, la necessità che sia meglio specificato il contenuto degli articoli 6, comma 1, lettera d), e 7, comma 1, lettera c) dello schema di decreto legislativo. In particolare, ritiene che debba essere oggetto di espressa indicazione, con riferimento sia alle richieste di informazioni inviate dall'autorità giudiziaria italiana, sia alle risposte da fornire alle richieste provenienti dall'autorità di altro Stato membro, l'eventuale sussistenza di provvedimenti di archiviazione.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.25.

SEDE REFERENTE

  Martedì 12 gennaio 2016. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il Sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa.

  La seduta comincia alle 14.25.

Delega al Governo recante disposizioni per l'efficienza del processo civile.
C. 2953 Governo e C. 2921 Colletti.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 4 novembre 2015.

  Donatella FERRANTI, presidente, comunica che sono stati presentati circa 350 emendamenti (vedi allegato 1) che sono al vaglio dei relatori e del Governo per l'espressione del parere di competenza. Considerata la complessità del disegno di legge e degli emendamenti presentati, informa che i pareri verranno espressi la prossima settimana, dedicando le sedute di questa settimana agli eventuali interventi volti ad illustrare gli emendamenti presentati.
  Ricordando che il provvedimento in esame è un collegato alla legge di stabilità, avverte, altresì, di riservarsi di dichiarare l'inammissibilità degli emendamenti per materia e per la copertura finanziaria.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.30.

INTERROGAZIONI

  Martedì 12 gennaio 2016. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il Sottosegretario alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 14.30.

5-06991 Cominardi: Sulla posizione dell'Italia in merito al recepimento della direttiva 2004/80/CE.

  Il Sottosegretario Cosimo Maria FERRI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

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  Claudio COMINARDI (M5S), ringraziando il Sottosegretario per la risposta testé resa, si dichiara solo parzialmente soddisfatto della stessa. Si riserva, infatti, di valutare se ed in quali modalità saranno effettivamente estese le misure cui ha fatto riferimento il rappresentante del Governo a tutte le vittime di reati intenzionali violenti, ivi compresi i loro familiari. Nel ricordare che, nel corso dell'esame della legge di stabilità per l'anno 2016, deputati del suo gruppo parlamentare avevano presentato un emendamento, poi respinto, volto ad istituire un fondo per i familiari delle vittime di reati intenzionali violenti, auspica un maggiore sforzo del Governo, al di là dei meri annunci, in favore di quelle che, a suo avviso, possono definirsi vere e proprie «vittime di Stato».

  Donatella FERRANTI, presidente, dichiara concluso lo svolgimento dell'interrogazione all'ordine del giorno.

  La seduta termina alle 14.45.

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