CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 14 dicembre 2015
561.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Lunedì 14 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.10.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/56/UE che modifica la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori per quanto riguarda l'immissione sul mercato di batterie portatili e di accumulatori contenenti cadmio destinati a essere utilizzati negli utensili elettrici senza fili e di pile a bottone con un basso tenore di mercurio, e che abroga la decisione 2009/603/CE.
Atto n. 222.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 25 novembre 2015.

  Marco BERGONZI (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole.

  Florian KRONBICHLER (SI-SEL) rileva che si pone con le pile e gli accumulatori lo stesso problema che si è posto con le lampadine, ovvero si interdice la produzione di alcune tipologie di prodotti ma si consente lo smaltimento delle scorte, che continuano a circolare. Preannuncia quindi il suo voto contrario sul provvedimento.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/63/UE che modifica la direttiva 2001/110/CE concernente il miele.
Atto n. 223.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 25 novembre 2015.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatrice, formula una proposta di parere favorevole.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi.
Atto n. 241.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 3 dicembre 2015.

  Michele BORDO, presidente, rammenta che il relatore ha illustrato i contenuti dell'atto nella seduta dello scorso 3 dicembre.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/947/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive.
Atto n. 231.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

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  Giuseppe GUERINI (PD), relatore, illustra i contenuti dello schema di decreto legislativo in titolo, adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (legge n. 114 del 2015) e finalizzato all'attuazione della decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive.
  La decisione quadro 2008/947/GAI estende il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all'esecuzione delle pene non restrittive della libertà personale e fissa le norme che ogni Stato membro deve seguire per assumere la sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive emesse da un altro Stato membro.
  La nuova disciplina sostituisce le disposizioni corrispondenti della Convenzione del Consiglio d'Europa, firmata a Strasburgo il 30 novembre 1964 e ratificata dall'Italia con la legge 15 novembre 1973, n. 772.
  Nel preambolo della decisione quadro sono puntualmente esplicitati gli obiettivi della disciplina: oltre a favorire il reinserimento sociale del condannato, consentendogli di mantenere i legami familiari, linguistici, sociali e culturali del Paese di origine o di quello di residenza o dimora, anche prevenire nuovi reati e proteggere le vittime.
  Ricorda inoltre che la decisione quadro 2008/947/GAI – il cui termine per l'attuazione era fissato al 6 dicembre 2011 – fa parte di un pacchetto di misure legislative adottate nel 2008 e nel 2009 ai fini dell'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.
  Come infatti sottolineato dalla stessa Commissione, ogni anno decine di migliaia di cittadini sono sottoposti a procedimenti penali per presunti reati o condannati in un altro Stato membro dell'Unione europea. In uno spazio comune europeo di giustizia basato sulla fiducia reciproca, le istituzioni europee sono quindi intervenute per garantire che le persone sottoposte a procedimento penale e non residenti nello Stato del processo non ricevano un trattamento diverso dai residenti, elemento che la Commissione sottolinea essere particolarmente importante alla luce del numero rilevante di cittadini dell'Unione detenuti in altri Stati membri.
  Sul punto il 5 febbraio 2014 la Commissione europea ha pubblicato una Relazione «sull'attuazione da parte degli Stati membri delle decisioni quadro 2008/909/GAI, 2008/947/GAI e 2009/829/GAI relative al reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, delle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative alla detenzione cautelare» (COM(2014) 57), in cui ha fra l'altro richiesto ai Paesi dell'UE che non avessero già adottato le misure necessarie per attuare le decisioni quadro di provvedere al più presto. Lo scopo della relazione era quello di valutare lo stato di attuazione delle decisioni quadro nel contesto del potere della Commissione di avviare procedure d'infrazione a decorrere dal 1o dicembre 2014, e di fornire quindi una valutazione preliminare delle legislazioni di recepimento nazionali comunicate alla Commissione.
  La relazione evidenziava che il livello di attuazione era ancora insoddisfacente e sottolineava che «il recepimento parziale e incompleto ostacola l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento nel settore della giustizia penale, tradendo peraltro le aspettative legittime dei cittadini dell'Unione – soprattutto quelli oggetto di mandato di arresto europeo in fase pre-processuale – che sono privati di uno strumento prezioso per ridurre l'impatto negativo sulla loro vita derivante dal fatto di essere indagati o imputati in un altro Stato membro. Parallelamente, tale situazione preclude la possibilità di conseguire l'obiettivo delle decisioni quadro, ossia garantire la giustizia favorendo nel contempo la riabilitazione sociale delle persone indagate o condannate». Rilevava, infine, che «l'attuazione tardiva è deprecabile Pag. 31in quanto le decisioni quadro potrebbero comportare una riduzione delle pene detentive irrogate dai giudici ai non residenti, il che permetterebbe non soltanto una diminuzione del sovraffollamento carcerario – e quindi un miglioramento delle condizioni di detenzione – ma anche, di conseguenza, un risparmio notevole nei bilanci stanziati dagli Stati membri alle strutture detentive».
  Passando quindi ad illustrare il contenuto dello Schema di decreto, ricorda che il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, nell'ordinamento italiano, ha già ricevuto prime importanti applicazioni con la legge 22 aprile 2005, n. 69, recante Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri e con il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, contenente Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea.
  In generale, nel campo delle norme processuali l'Unione Europea e gli Stati membri tendono ad adottare sempre più frequentemente il principio del reciproco riconoscimento.
  Tuttavia, le suddette norme vigenti, in ragione dei rispettivi campi di applicazione ben definiti, non possono soddisfare adeguatamente le esigenze relative ai casi di pene non detentive irrogate nei confronti di persone aventi residenza legale e abituale al di fuori dello Stato che ha emesso la condanna, nonché di condanne con sospensione condizionale della pena e di liberazione condizionale le quali comportano obblighi di sorveglianza.
  Per avere un'idea delle dimensioni del fenomeno complessivo delle condanne emesse da uno Stato membro dell'Unione europea nei confronti di persone che risiedono in uno residenti in un altro Stato membro, bastino alcuni dati che riguardano direttamente l'Italia: nell'anno 2011, i cittadini residenti in altri Stati membri dell'Unione europea condannati nel nostro Paese sono stati 34.432 (di cui 28.154 uomini e 6.728 donne).
  Introducendo la possibilità di trasferire la sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive tra uno Stato membro e l'altro, si intende da un lato favorire il reinserimento e la riabilitazione sociale del condannato rispettando il suo diritto alla libera circolazione all'interno dell'Unione europea e, d'altro lato, migliorare il controllo del rispetto degli obblighi e delle prescrizioni impartiti.
  Lo schema di decreto legislativo si compone di 4 Capi, 18 articoli e due Allegati.
  Il capo I (articoli da 1 a 4) riguarda le disposizioni generali; il capo II (articoli da 5 a 8) riguarda la trasmissione all'estero. Il capo III (articoli da 9 a 16) riguarda la trasmissione all'estero; il capo IV (articoli 17 e 18) riguarda le disposizioni transitorie e finali).
  L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo (Disposizioni di principio e ambito di applicazione) individua l'oggetto del medesimo decreto, consistente nell'attuazione nell'ordinamento interno della decisione quadro 2008/947/GAI.
  L'articolo 2 riguarda le definizioni, così come l'articolo 2 della decisione quadro 2008/947/GAI.
  Vi sono peraltro alcune differenze.
  Segnala, in particolare, che – laddove si fa riferimento alla «liberazione condizionale» – secondo la decisione quadro si tratta di liberazione anticipata di un condannato dopo che questi abbia scontato parte della pena detentiva o della misura privativa della libertà, mentre nello schema di decreto legislativo è assente il riferimento alla misura privativa della libertà. Inoltre, nella decisione quadro si definiscono misure di sospensione condizionale gli obblighi e prescrizioni nei confronti di una persona fisica in relazione ad una sospensione condizionale della pena, a una liberazione condizionale o a una condanna condizionale; nello schema di decreto Pag. 32manca il riferimento all'ipotesi di condanna condizionale. Occorre valutare infine l'opportunità che lo schema di decreto legislativo individui quali siano le «sanzioni sostitutive», diverse dalla pena detentiva o da una misura restrittiva della libertà personale o dalla pena pecuniaria.
  L'articolo 3 dello schema di decreto legislativo individua le autorità competenti di parte italiana per il perseguimento delle finalità della decisione quadro nonché della norma attuativa nazionale: esse sono il Ministero della Giustizia e l'autorità giudiziaria.
  L'articolo 4, composto da un solo comma, elenca dettagliatamente obblighi e prescrizioni impartiti con la sospensione condizionale della pena, le sanzioni sostitutive o la liberazione condizionale e, nella sostanza, può dirsi coincidente con il testo dell'articolo 4, comma 1, della decisione quadro.
  Gli articoli 5 e 6 dello schema di decreto legislativo, nella Tabella di concordanza che accompagna lo schema di decreto legislativo, sono posti in corrispondenza con l'articolo 5 della decisione quadro 2008/947/GAI sui Criteri per la trasmissione di una sentenza e, se del caso, di una decisione di sospensione condizionale.
  L'articolo 7 dello schema di decreto legislativo regola il procedimento di trasmissione. Esso prevede che il provvedimento con cui è disposta la trasmissione all'estero sia inviato, unitamente alla sentenza o alla decisione di liberazione condizionale e al certificato, al Ministero della Giustizia che, a sua volta, lo inoltra all'autorità competente dello Stato di esecuzione.
  L'articolo 8 dello schema di decreto corrisponde all'articolo 7 della decisione quadro 2008/947/GAI. Concerne i riconoscimenti di sentenze o decisioni italiane da parte di uno Stato membro di esecuzione e stabilisce che, quando l'autorità competente dello Stato di esecuzione informa l'Italia dell'avvenuto riconoscimento della sentenza o decisione di liberazione condizionale, la nostra autorità giudiziaria non è più tenuta ad adottare provvedimenti ai fini della sorveglianza degli obblighi e delle disposizioni impartiti (salvo in un caso: il ritiro del certificato).
  L'articolo 9 dello schema di decreto legislativo, viceversa, riguarda la competenza a livello italiano sulle richieste di riconoscimento e trasferimento della sorveglianza, trasmesse dall'estero. In questi casi, la competenza a decidere sul riconoscimento dei provvedimenti pervenuti e sul trasferimento della sorveglianza è attribuita alla corte d'appello nel cui distretto la persona condannata risiede o dimora.
  L'articolo 12 – il cui contenuto è strettamente connesso con quello dell'articolo 9 – disciplina il procedimento di riconoscimento, stabilendo la competenza della corte d'appello, che si pronuncia sulle richieste di riconoscimento provenienti da altri Stati membri.
  Le condizioni per il riconoscimento della sentenza o della decisione di liberazione condizionale formano l'oggetto dell'articolo 10, che le elenca.
  L'articolo 11 dello schema di decreto legislativo, così come il corrispondente articolo 10 della Decisione quadro 2008/947/GAI, reca una lunga serie di deroghe al principio della doppia punibilità. In base al suddetto principio, ai fini dell'estradizione passiva il fatto deve costituire reato per la legge penale sia dello Stato richiedente, che di quello concedente, indipendentemente dalla diversità dei regimi sanzionatori.
  L'articolo 13 verte sui numerosi casi nei quali la corte d'appello italiana può rifiutare il riconoscimento della sentenza o della decisione di liberazione condizionale che le sono pervenuti.
  L'articolo 14 è dedicato agli effetti del riconoscimento. Il comma 1 afferma che quando è pronunciata sentenza di riconoscimento, la sorveglianza è disciplinata dalla legge italiana. Inoltre si applicano le disposizioni in materia di amnistia, indulto e grazia.
  L'articolo 15 disciplina i casi di cessazione della competenza dell'autorità giudiziaria italiana sull'esecuzione. La competenza sull'esecuzione cessa qualora la Pag. 33persona condannata si sottragga all'osservanza sugli obblighi e sulle prescrizioni o non ha residenza legale e abituale nello Stato italiano.
  Osserva che, in base al comma 1 dell'articolo 15 dello schema di decreto legislativo, se la persona condannata si sottrae all'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni che le sono stati impartiti o non ha la residenza legale e abituale nel territorio italiano, il nostro Stato considera automaticamente cessati i suoi poteri di sorveglianza. Invece, in base al comma 1 dell'articolo 20 della Decisione quadro 2008/947/GAI, la possibilità di ritrasferire allo Stato di emissione la competenza in ordine alla sorveglianza è prevista solo per i casi di inosservanza di obblighi e prescrizioni da parte della persona condannata (non vi sono riferimenti a cambi di residenza e di dimora abituale). Inoltre, anche con riguardo al comma 1 dell'articolo 15 dello schema di decreto legislativo, non sono presenti riferimenti all'Allegato II appositamente predisposto per le segnalazioni di violazione di una misura di sospensione condizionale o di una sanzione sostitutiva nonché di altri elementi conoscitivi.
  Le spese per la sorveglianza sull'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni sul territorio nazionale sono poste dall'articolo 16 dello schema di decreto legislativo a carico dell'Italia. Ciò è in linea con le previsioni dell'articolo 22 della Decisione quadro 2008/947/GAI.
  Sulla questione delle spese, la Relazione tecnica che accompagna lo schema di decreto legislativo segnala la possibilità di ricorrere alle risorse ordinarie disponibili a legislazione vigente iscritte sull'U.d.V. 1.1 Amministrazione penitenziaria – Interventi, con particolare riferimento al capitolo 1761. Il capitolo indicato reca uno stanziamento pari a 88.19 milioni di euro per l'anno 2015, di 86,09 milioni per il 2016 e i 85,82 per il 2017.
  Sempre in materia di spese, l'articolo 17 dello schema di decreto legislativo reca la clausola di invarianza finanziaria.
  L'articolo 18 stabilisce che, per quanto non previsto dallo schema di decreto, si applicano le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili.
  L'Allegato I, menzionato all'articolo 3 e all'articolo 8 dello schema di decreto legislativo, consiste in un certificato da usare per lo scambio delle informazioni salienti relative ad ogni singolo caso. Tale Allegato I, in pratica, è un complesso di voci, campi da riempire e caselle da barrare. L'Allegato II è un modulo per le segnalazioni di violazioni di una misura di sospensione condizionale o di una sanzione sostitutiva nonché di altri elementi conoscitivi.

  Rocco BUTTIGLIONE (AP) chiede chiarimenti al relatore in ordine all'effettivo ambito di applicazione del provvedimento in esame, con particolare riferimento alla portata delle misure recate, anche al fine di comprendere se si applichino o meno a specifiche fattispecie connesse con i fenomeni migratori.
  Esprime quindi soddisfazione per il fatto che le decisioni quadro abbiano ormai assunto un carattere assai più stringente che in passato, potendo la Commissione europea, in caso di mancato recepimento, avviare una procedura di infrazione nei confronti dello Stato inadempiente. Ritiene peraltro, più in generale, opportuna una comunitarizzazione sempre più estesa dell'area della giustizia e della sicurezza, al fine di pervenire ad una maggiore armonizzazione tra legislazioni e ad un controllo più penetrante da parte dell'Unione europea.
  Proprio in tema di armonizzazione, evidenzia quindi, con riferimento all'atto in esame, la difficoltà di conciliare le previsioni della decisione quadro con l'ordinamento interno, con riferimento – ad esempio – alle misure privative della libertà personale, o alle sanzioni sostitutive.
  Richiama infine i contenuti dell'articolo 15, laddove, al comma 1, si prevede che se la persona condannata si sottrae all'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni che le sono stati impartiti o non ha la residenza legale e abituale nel territorio italiano, il nostro Stato considera automaticamente Pag. 34cessati i suoi poteri di sorveglianza. Esprime perplessità in ordine a tale previsione, che configura un eccessivo scarico di responsabilità da parte dello Stato italiano e che appare a suo avviso difficilmente accoglibile in sede europea.

  Michele BORDO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2009/829/GAI sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare.
Atto n. 233.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Francesca BONOMO (PD), relatrice, rileva che lo schema di decreto legislativo in esame – adottato in attuazione della legge di delegazione europea per il 2014 (legge n. 114 del 2015) – è volto all'attuazione della decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare.
  La decisione quadro1 stabilisce le norme per il reciproco riconoscimento delle misure cautelari da parte dei Paesi dell'Unione europea (UE) nel corso di procedimenti penali. L'articolo 1 della decisione specifica che tali norme disciplinano il riconoscimento di una decisione sulle misure cautelari, la sorveglianza delle misure cautelari e la consegna dell'interessato che viola le misure cautelari impostegli.
  Le misure di cui alla decisione quadro mirano a rafforzare la protezione dei cittadini in generale, consentendo a una persona residente in uno Stato membro ma sottoposta a procedimento penale in un secondo Stato membro di essere sorvegliata dalle autorità dello Stato in cui risiede in attesa del processo, di contro al previgente regime, con due sole alternative, la detenzione cautelare o la circolazione non sottoposta a controllo.
  Ricorda inoltre che la decisione quadro 2009/829/GAI – il cui termine per l'attuazione era fissato al 1o dicembre 2012 – fa parte di un pacchetto di misure legislative adottate nel 2008 e nel 2009 ai fini dell'attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.
  Come infatti sottolineato dalla stessa Commissione, ogni anno decine di migliaia di cittadini sono sottoposti a procedimenti penali per presunti reati o condannati in un altro Stato membro dell'Unione europea. In uno spazio comune europeo di giustizia basato sulla fiducia reciproca, le istituzioni europee sono quindi intervenute per garantire che le persone sottoposte a procedimento penale e non residenti nello Stato del processo non ricevano un trattamento diverso dai residenti, elemento che la Commissione sottolinea essere particolarmente importante alla luce del numero rilevante di cittadini dell'Unione detenuti in altri Stati membri.
  Sul punto il 5 febbraio 2014 la Commissione europea ha pubblicato una Relazione «sull'attuazione da parte degli Stati membri delle decisioni quadro 2008/909/GAI, 2008/947/GAI e 2009/829/GAI relative al reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, delle decisioni di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative alla detenzione cautelare» (COM(2014) 57), in cui ha fra l'altro richiesto ai Paesi dell'UE che non avessero già adottato le misure necessarie per attuare le decisioni quadro di provvedere al più presto. Lo scopo della relazione era quello di valutare lo stato di attuazione delle decisioni quadro nel contesto del potere della Commissione di avviare procedure d'infrazione a decorrere dal 1o dicembre 2014, e di fornire quindi una Pag. 35valutazione preliminare delle legislazioni di recepimento nazionali comunicate alla Commissione.
  La relazione evidenziava che il livello di attuazione era ancora insoddisfacente e sottolineava che «il recepimento parziale e incompleto ostacola l'applicazione del principio del reciproco riconoscimento nel settore della giustizia penale, tradendo peraltro le aspettative legittime dei cittadini dell'Unione – soprattutto quelli oggetto di mandato di arresto europeo in fase pre-processuale – che sono privati di uno strumento prezioso per ridurre l'impatto negativo sulla loro vita derivante dal fatto di essere indagati o imputati in un altro Stato membro. Parallelamente, tale situazione preclude la possibilità di conseguire l'obiettivo delle decisioni quadro, ossia garantire la giustizia favorendo nel contempo la riabilitazione sociale delle persone indagate o condannate». Rilevava, infine, che «l'attuazione tardiva è deprecabile in quanto le decisioni quadro potrebbero comportare una riduzione delle pene detentive irrogate dai giudici ai non residenti, il che permetterebbe non soltanto una diminuzione del sovraffollamento carcerario – e quindi un miglioramento delle condizioni di detenzione – ma anche, di conseguenza, un risparmio notevole nei bilanci stanziati dagli Stati membri alle strutture detentive».
  Passando quindi ad illustrare il contenuto dello Schema di decreto, ricorda innanzitutto che nell'ordinamento italiano, il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie ha già ricevuto prime importanti applicazioni con la legge 22 aprile 2005, n. 69, recante Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri e con il decreto legislativo del 7 settembre 2010, n. 161, contenente Disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Inoltre, il suddetto principio di reciproco riconoscimento informa anche lo schema di decreto legislativo attualmente sottoposto al parere parlamentare che reca Disposizioni per conformare il diritto intorno alla decisione quadro 2008/947/GAI relativa al principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive (Atto n. 231, testé illustrato dal collega Guerini), con il quale l'A.G. 233 ha varie analogie.
  Le norme dell'ordinamento italiano appena richiamate e l'A.G. 231, però, disciplinano situazioni processuali penali diverse da quella di chi, essendo residente in uno Stato, sia sottoposto in un altro Stato membro a procedimento penale in relazione al quale vi siano necessità di sorveglianza in attesa della celebrazione del processo.
  Pertanto, la Decisione Quadro 2009/829/GAI e l'Atto del Governo n. 233 che è volto a recepirla nell'ordinamento italiano, costituiscono uno strumento nuovo, ovvero una terza possibilità rispetto alle due sole finora previste per situazioni di questo genere: detenzione cautelare oppure circolazione senza controllo.
  Secondo quanto prefigurato dalla Decisione Quadro 2009/829/GAI e l'A.G. 233, lo Stato membro che ha in corso un procedimento giudiziario contro una persona può trasmettere la decisione sulle misure cautelari, che impone obblighi e prescrizioni, allo Stato membro in cui la persona in parola ha la residenza legale o la dimora abituale, ai fini del relativo riconoscimento e sorveglianza. Con le nuove disposizioni in materia, viene perseguito l'obiettivo di sorvegliare i movimenti di un imputato, di assicurare in tal modo il regolare corso della giustizia, la comparizione dell'interessato in giudizio e di migliorare la Protezione delle vittime e della collettività. Inoltre, si intende rafforzare il diritto alla libertà e la presunzione di innocenza con il ricorso, ove sussistano le condizioni per farlo, a misure non Pag. 36detentive come alternativa alla detenzione cautelare. Le nuove disposizioni, inoltre, sono volte a evitare una disparità di trattamento tra coloro che risiedono nello Stato del processo, giacché attualmente la persona non residente potrebbe per ciò solo ricevere un trattamento peggiore, ovvero essere assoggettata a misure di custodia cautelare che invece sarebbero risparmiate a persona residente.
  L'articolo 1 dello schema di decreto legislativo (Disposizioni di principio e ambito di applicazione) individua l'oggetto dello schema di decreto ovverosia l'attuazione della Decisione Quadro 2009/829/GAI.
  L'articolo 2 consiste in una serie di definizioni. Esso corrisponde perciò al contenuto dell'articolo 4 della Decisione Quadro, con poche differenze di scarso rilievo.
  Ai sensi dell'articolo 3 dello schema di decreto legislativo, le autorità competenti di parte italiana sono il Ministero della Giustizia e l'autorità giudiziaria.
  L'articolo 4 dello schema di decreto, composto da un unico comma, elenca dettagliatamente obblighi e prescrizioni impartiti con la decisione sulle misure cautelari alla persona sotto processo. Tale elenco riproduce l'analogo elenco di cui all'articolo 8, comma 1, della Decisione Quadro.
  Gli articoli 5 e 6 dello schema in esame si occupano della competenza interna per le trasmissioni all'estero delle decisioni sulle misure cautelari e delle condizioni delle trasmissioni stesse.
  L'articolo 7 dello schema di decreto regola il procedimento di trasmissione. Esso prevede che il provvedimento con cui è disposta la trasmissione all'estero sia inviato, unitamente alla decisione sulle misure cautelari e al certificato debitamente compilato di cui all'Allegato I, al Ministero della Giustizia che, a sua volta, lo inoltra all'autorità competente dello Stato di esecuzione.
  L'articolo 8 riguarda gli effetti del riconoscimento (o della cessazione di competenza dopo il riconoscimento) delle decisioni sulle misure cautelari assunte dall'autorità giudiziaria italiana da parte di uno Stato membro.
  Osserva che, che mentre l'articolo 11 della Decisione Quadro 2009/829/GAI prevede al comma 3 che, nei precedenti casi di cessazione di competenza da parte dello Stato di esecuzione, quest'ultimo e lo Stato di missione si consultano al fine di evitare ogni interruzione di sorveglianza delle misure cautelari, lo schema di decreto italiano non fa riferimento espresso a consultazioni del genere. In base alla tabella di concordanza che correda lo schema di decreto legislativo, l'omissione sarebbe volontaria, in quanto è stato ritenuto superfluo tradurre l'indicazione del predetto comma 3 in una disposizione normativa interna, nel presupposto che si tratti «di una procedura di comune applicazione in tale materia».
  L'articolo 9 dello schema di decreto riguarda la competenza a livello nazionale sulle richieste di riconoscimento e di sorveglianza provenienti dall'estero, attribuita alla corte d'appello nel cui distretto la persona interessata ha la propria residenza oppure ha espresso l'intenzione di volersi trasferire in vista dell'esecuzione delle misure domiciliari.
  Sul punto, l'articolo 12 fissa inoltre la competenza della corte d'appello che si pronuncia sulle richieste di riconoscimento provenienti da altri Stati.
  L'articolo 10 dello schema elenca le condizioni per il riconoscimento della decisione sulle misure cautelari. Tali condizioni, che devono ricorrere congiuntamente, sono tre. La prima è che la persona interessata abbia la residenza legale o abituale nello Stato italiano o abbia manifestato la volontà di stabilirvisi in vista dell'esecuzione delle misure cautelari. La seconda è che il fatto per cui è stata emessa la decisione sulle misure cautelari costituisca reato anche secondo l'ordinamento italiano. La terza è che la durata e la natura degli obblighi e prescrizioni impartiti con le misure cautelari siano compatibili con la legislazione italiana.
  L'articolo 11 dello schema di decreto legislativo, così come il corrispondente Pag. 37articolo 14 della Decisione Quadro 2009/829/GAI, reca una lunga serie di deroghe al principio della doppia punibilità. In base al suddetto principio, ai fini dell'estradizione passiva il fatto deve costituire reato per la legge penale sia dello Stato richiedente, che di quello concedente, indipendentemente dalla diversità dei regimi sanzionatori.
  L'articolo 13, comma 1, dello schema indica i casi nei quali la corte d'appello italiana può rifiutare il riconoscimento delle decisioni sulle misure cautelari che le sono pervenute.
  Osserva che, nell'elencazione dei motivi di rifiuto del riconoscimento elencati dall'articolo 13 dello schema, sussiste una differenza rispetto alle disposizioni del corrispondente articolo 14, comma 1, lettera d), della decisione quadro 2009/829/GAI. Quest'ultima disposizione, infatti, prevede che in materia di tasse o di imposte, di dogana e di moneta, l'esecuzione della decisione non può essere rifiutata in base al fatto che la legislazione dello Stato di esecuzione diverge dalla legislazione dello Stato di emissione.
  L'articolo 14 dello schema in esame è dedicato agli effetti del riconoscimento.
  Con l'articolo 15, lo schema di decreto disciplina i casi di cessazione della competenza dell'autorità giudiziaria italiana sull'esecuzione: lo Stato italiano considera cessati i suoi poteri di sorveglianza in una serie di ipotesi. La prima è che l'interessato abbia stabilito la residenza legale e abituale fuori dall'Italia. La seconda riguarda il caso in cui non si trovi più sul territorio italiano. La terza riguarda il caso in cui lo Stato di emissione abbia modificato gli obblighi e le prescrizioni impartiti in modo tale che essi non rientrino più fra quelli previsti dalla nostra legislazione e, di conseguenza, la nostra autorità giudiziaria abbia rifiutato di esercitare i nuovi obblighi e prescrizioni richiesti. La quarta riguarda la scadenza dei termini massimi di sorveglianza delle misure cautelari previsti dalla legislazione italiana. La quinta e ultima riguarda il caso in cui lo Stato di emissione non abbia dato risposta entro termini ragionevoli a comunicazioni di parte italiana circa l'inosservanza da parte della persona interessata di obblighi e prescrizioni, tale da comportare il riesame o la revoca della decisione sulle misure cautelari o quanto meno la modifica degli obblighi e delle prescrizioni impartiti.
  Rammenta che, mentre l'articolo 11, comma 3, della decisione quadro prevede che il ritorno della competenza sulla sorveglianza delle misure cautelari dallo Stato di esecuzione allo Stato di emissione comporta una consultazione tra i due Stati al fine di evitare, per quanto possibile, ogni interruzione della sorveglianza delle misure cautelari, in base allo schema di decreto la cessazione da parte italiana dell'esecuzione della sorveglianza risulta automatica e non si fa riferimento alla suddetta consultazione con le autorità dello Stato di emissione.
  L'articolo 16 dello schema di decreto pone a carico dell'Italia le spese per la sorveglianza sull'osservanza degli obblighi e delle prescrizioni sul territorio nazionale, uniformandosi alla regola dettata dall'articolo 25 della Decisione Quadro 2009/829/GAI. Sulla questione delle spese, la Relazione tecnica di natura economico-finanziaria che accompagna lo schema di decreto segnala la possibilità di ricorrere alle risorse ordinarie disponibili a legislazione vigente iscritte sull'U.d.V. 1.1 Amministrazione penitenziaria – Interventi, con particolare riferimento al capitolo 1761. Il capitolo indicato reca uno stanziamento pari a 88.19 milioni di euro per l'anno 2015, di 86,09 milioni per il 2016 e i 85,82 per il 2017.
  A sua volta, l'articolo 17 dello schema in esame reca la clausola di invarianza finanziaria, ovvero esclude l'insorgenza di nuovi oneri a carico dello Stato.
  L'articolo 18 (Norme applicabili) stabilisce che, per quanto non previsto dal decreto legislativo, si applicano le disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari, in quanto compatibili.
  L'Allegato I, menzionato dagli articoli 3 e 7 dello schema, consiste in un certificato da usare per la comunicazione delle informazioni Pag. 38salienti relative ad ogni singolo caso (l'Allegato I, in sostanza, è un insieme di voci, campi da riempire e caselle da barrare).
  L'Allegato II, citato all'articolo 14 dello schema di decreto legislativo, è un modulo ideato appositamente per le comunicazioni relative alla violazione di obblighi e prescrizioni inerenti alle misure cautelari oppure alla sussistenza di altri elementi conoscitivi tali da comportare l'adozione di ulteriori decisioni.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/53/UE relativa alle unità da diporto ed alle moto d'acqua che abroga la direttiva 94/25/CE.
Atto n. 237.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo all'ordine del giorno.

  Marco BERGONZI (PD), relatore, ricorda che con lo schema di decreto legislativo in oggetto si attua il recepimento nella legislazione nazionale della direttiva 2013/53/UE relativa alle unità da diporto e alle moto d'acqua.
  La delega per il recepimento della direttiva 2013/53/UE è prevista nella legge n. 114 del 2015 (Legge di delegazione europea 2014). Il termine fissato per il recepimento è il 18 gennaio 2016, ma è previsto un regime transitorio fino al 18 gennaio 2017 per consentire la messa sul mercato di prodotti conformi alla vecchia direttiva 94/25/CE.
  Il testo dello schema di decreto in esame è integrato da nuove disposizioni per il rilascio dell'autorizzazione agli organismi incaricati della valutazione della conformità CE, attualmente regolata dal decreto ministeriale 30 aprile 2003, n. 175, da tempo divenuto obsoleto in quanto attuativo delle sole disposizioni contenute nella originaria direttiva 94/25/CE sulla nautica da diporto (superata dalla direttiva 2003/44/CE).
  In tal senso lo schema di decreto legislativo elaborato prevede l'abrogazione del decreto ministeriale n. 175/2003 nonché l'abrogazione o la sostituzione delle precedenti disposizioni di recepimento della direttiva 94/25/CE e successivi emendamenti, che erano state inserite nella legislazione nazionale con il decreto legislativo 8 luglio 2005, n. 171 (Codice della nautica da diporto).
  Ricorda che la originaria direttiva 94/25/CE sul ravvicinamento delle disposizioni riguardanti le imbarcazioni da diporto era stata adottata nel quadro della realizzazione del mercato interno al fine di armonizzare le caratteristiche di sicurezza delle imbarcazioni da diporto in tutti gli Stati membri e di rimuovere gli ostacoli al commercio di tali beni. Successivamente, la direttiva 2003/44/CE, ha modificato la direttiva 94/25/CE, estendendone l'ambito di applicazione alle moto d'acqua, e vi ha integrato requisiti di protezione ambientale.
  Gli sviluppi tecnologici del mercato, tuttavia, hanno sollevato nuovi problemi riguardo ai requisiti ambientali della direttiva 94/25/CE. Per tenere conto di tali sviluppi e chiarire il quadro relativo alla commercializzazione, nonché rivedere e migliorare alcuni aspetti della direttiva 94/25/CE, è stata adottata la direttiva 2013/53/UE in esame, che sostituisce la precedente.
  Per assicurare la coerenza alla normativa che instaura un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti vi sono alcuni aspetti della direttiva (gli obblighi generali degli operatori economici, la presunzione di conformità, le norme sulla marcatura CE, le prescrizioni relative agli organismi di valutazione della conformità e alle procedure di notifica, nonché le disposizioni riguardanti le procedure relative a prodotti che comportano rischi) che vengono adeguati e coordinati con i principi comuni e le disposizioni di riferimento Pag. 39sul quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (di cui alla Decisione 768/2008).
  La direttiva 2013/53/UE fissa infatti i requisiti essenziali dei prodotti, gli obblighi dei fabbricanti per quanto riguarda le procedure di fabbricazione, la documentazione tecnica e le informazioni da fornire al consumatore. Inoltre la direttiva definisce gli obblighi degli importatori, anche privati, e dei distributori.
  Gli operatori economici interessati dall'applicazione della direttiva, redigendo la dichiarazione di conformità alla normativa europea richiesta si assumono la responsabilità della conformità del prodotto. Ai prodotti dichiarati conformi possono essere apposti i contrassegni di marcatura CE che garantiscono che i prodotti siano conformi. La direttiva regola inoltre le procedure di valutazione della conformità applicabili, i requisiti di progettazione e costruzione relativi anche ai dispositivi di controllo dell'inquinamento (scarichi, dispositivi acustici, ecc...) e contiene norme sulla valutazione post-costruzione delle imbarcazioni da diporto e delle moto d'acqua da parte o dei fabbricanti stessi o dei distributori. Ai fini di chiarezza, la direttiva specifica in quali situazioni si può utilizzare la valutazione post-costruzione.
  La direttiva reca infine disposizioni sugli organismi che effettuano la valutazione sulla conformità dei prodotti in tutti gli Stati membri e sulle autorità nazionali di controllo. Gli Stati devono inoltre assicurare, attraverso apposite autorità l'attività di vigilanza del mercato, soprattutto in caso di rischi per la salute, la sicurezza o l'ambiente.
  Gli Stati membri devono fare in modo che gli operatori economici, se necessario, adottino le misure correttive richieste e possono adottare disposizioni per il ritiro dal mercato del prodotto non conforme. La Commissione può verificare se tale misura sia giustificata o meno. Nella direttiva comunque sono indicati i casi di non conformità formale che giustificano il ritiro dal mercato dei prodotti o il divieto della loro importazione.
  Al fine di controllo della adeguatezza dei requisiti ambientali la direttiva prevede che a partire dal 2021 e successivamente ogni cinque anni gli Stati membri forniscano alla Commissione una serie di informazioni sull'applicazione della direttiva e che la Commissione a sua volta presenti una relazione al Parlamento. Gli Stati membri stabiliscono le norme sulle sanzioni, che possono comprendere sanzioni penali per le violazioni gravi, applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'applicazione.
  Per quanto concerne i contenuti dello schema di decreto, elaborato di concerto tra le competenti direzioni generali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dello Sviluppo economico, ricorda che si compone di 48 articoli, che riproducono quasi esattamente l'articolato della direttiva e di 17 allegati tecnici.
  Lo schema traspone le disposizioni della Direttiva stabilendo i requisiti per la progettazione e la fabbricazione delle unità da diporto, le norme sulla loro libera circolazione nel mercato, un sistema di responsabilità a carico di fabbricanti, rappresentanti, importatori e distributori.
  Classificando in maniera chiara tutti coloro che intervengono nel ciclo dell'immissione in commercio delle unità da diporto si individuano tutti i soggetti coinvolti: dal fabbricante agli operatori successivi nella catena di distribuzione, individuandone, in dettaglio, i ruoli e le responsabilità.
  Il provvedimento è finalizzato, altresì, ad ampliare l'ambito di applicazione della normativa di settore estendendola anche per quanto concerne la valutazione di conformità postcostruzione, alle moto d'acqua destinate ad attività sportive e ricreative. Si conferma altresì l'esclusione dall'ambito di applicazione di alcune tipologie di mezzi tra i quali canoe, kajak e mezzi anfibi.
  Con il provvedimento vengono inoltre previsti requisiti stringenti di protezione ambientale, adottando limiti di emissione Pag. 40di gas di scarico e limiti di rumorosità dei motori sia ad accensione spontanea che ad accensione comandata.
  Inoltre viene ribadita l'efficacia del principio di presunzione di conformità dei prodotti immessi in commercio all'interno dell'UE disciplinando i criteri per l'apposizione della marcatura CE e disciplinando il potere di vigilanza sul mercato attribuito alle Autorità nazionali prevedendo norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni.
  Il sistema della marcatura CE per tali unità era già previsto (normativa di recepimento della precedente direttiva) e pertanto il sistema di verifica e dei controlli va solamente adeguato e non costituito ex novo. Obiettivo della normativa CE è quello di assicurare il libero scambio dei prodotti all'interno del mercato europeo in condizioni di sicurezza per i consumatori e di libera concorrenza nel mercato. Assumono particolare rilievo ai fini del rispetto della normativa europea le disposizioni relative agli organismi incaricati della valutazione della conformità. Essi sono sottoposti alle procedure di valutazione e di notifica istituite dal Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Lo stesso Ministero dello Sviluppo economico è l'autorità alla quale deve essere presentata domanda di notifica da parte di un organismo di valutazione della conformità.
  L'intervento normativo prevede inoltre (articolo 31, co. 3) che il Ministero dello Sviluppo economico ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto interministeriale da adottare entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo, stabiliscano le modalità e i criteri per il rilascio dell'autorizzazione nei confronti degli organismi che vogliano essere autorizzati ad espletare le procedure di valutazione di conformità delle imbarcazioni da diporto.
  Le amministrazioni vigilanti, con decreto da adottare entro il medesimo termine di 90 giorni, stabiliscono le modalità e i criteri di svolgimento della vigilanza sul mercato ed il controllo sui prodotti (articolo 39, co. 2).
  Il provvedimento persegue, altresì, l'obiettivo di introdurre semplificazioni, correttivi e strumenti agili di controllo che incentivino positivamente le dinamiche concorrenziali di mercato e al contempo rafforzino la tutela degli interessi di ordine pubblico sia la tutela degli interessi economici di tutti gli operatori del settore.

  Michele BORDO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.55.

SEDE CONSULTIVA

  Lunedì 14 dicembre 2015. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.55.

Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.
Testo unificato C. 259 Fucci e abb.
(Parere alla XII Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 3 dicembre 2015.

  Maria IACONO (PD), relatrice, ricorda che il provvedimento, attualmente all'esame della Commissione Affari sociali, non reca profili problematici in ordine alla compatibilità con il diritto dell'Unione europea. Formula quindi una proposta di parere favorevole.

  Rocco BUTTIGLIONE (AP) chiede chiarimenti in ordine alla fase dell'esame del provvedimento presso la Commissione di merito.

Pag. 41

  Michele BORDO, presidente, rammenta che il provvedimento in discussione è un testo unificato, come modificato dagli emendamenti approvati presso la Commissione Affari sociali.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dalla relatrice.

Norme per il contrasto al terrorismo, nonché ratifica ed esecuzione: a) della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005; b) della Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York il 14 settembre 2005; c) del Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003; d) della Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005.
Nuovo testo C. 3303 Governo.
(Parere alle Commissioni II e III).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Michele BORDO, presidente, intervenendo in sostituzione del relatore, onorevole Guerini, illustra i contenuti del provvedimento. Rammenta che il disegno di legge si compone di 9 articoli e prevede la ratifica, ed esecuzione, delle seguenti convenzioni internazionali:
   Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005;
   Convenzione internazionale per la soppressione di atti di terrorismo nucleare, fatta a New York 14 il settembre 2005;
   Protocollo di Emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, fatto a Strasburgo il 15 maggio 2003;
   Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005;
   Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga il 22 ottobre 2015.

  Per una descrizione analitica dei contenuti delle Convenzioni internazionali, oggetto del disegno di legge, rinvia alla documentazione predisposta dal Servizio Studi della Camera (dossier n. 368 – Schede di lettura).
  Brevemente, ricorda che la Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo (Varsavia – 2005) è finalizzata ad accrescere l'efficacia degli strumenti internazionali esistenti, favorendo gli sforzi degli Stati membri nella prevenzione del terrorismo. Essa indica due modi per raggiungere tale obiettivo: anzitutto, definendo come reati quegli atti che possono portare alla commissione di reati di terrorismo – quali la pubblica istigazione, il reclutamento e l'addestramento e, in secondo luogo, rafforzando la cooperazione in materia di prevenzione sia a livello interno (politiche nazionali di prevenzione), sia internazionale (modifica degli accordi esistenti in materia di estradizione). Segnalo che – ai fini della Convenzione – è reato di terrorismo uno qualsiasi dei reati definiti nei dieci trattati universali delle Nazioni Unite contro il terrorismo (elencati nell'allegato alla Convenzione).
  Quanto al Protocollo di emendamento alla Convenzione europea per la repressione del terrorismo, ricorda che l'urgenza di contrasto al terrorismo internazionale derivante dagli eventi dell'11 settembre 2001 è il retroterra della relativa firma, avvenuta il 15 maggio 2003 a Strasburgo. Al fine di rafforzare la lotta contro il terrorismo nel rispetto dei diritti umani, il Protocollo modifica il testo della Convenzione europea del 1977 per la repressione del terrorismo – in vigore in Italia dal Pag. 421986 (legge n. 719 del 1985) – nel senso di ampliare l'elenco dei reati da «depoliticizzare», sino a ricomprendere tutti i reati descritti nelle Convenzioni e Protocolli pertinenti delle Nazioni Unite contro il terrorismo.
  La Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo (Varsavia – 2005) rappresenta il primo strumento internazionale per la prevenzione e il controllo del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo. Essa provvede all'aggiornamento e all'ampliamento della Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato di Strasburgo del 1990 (ratificata dall'Italia con legge n. 328 del 1993), finalizzato al prendere in considerazione non soltanto il finanziamento del terrorismo attraverso il riciclaggio di denaro, ma anche attraverso attività lecite. Il testo mette in evidenza che il veloce accesso alle informazioni relative ai finanziamenti o alle risorse delle organizzazioni criminali, compresi i gruppi terroristici, è fondamentale per il successo delle misure preventive e repressive e, in ultima analisi, rappresenta il modo migliore per destabilizzare le attività di queste organizzazioni.
  La Convenzione internazionale per la soppressione degli atti di terrorismo nucleare (New York – 2005) è lo strumento attraverso cui la Comunità Internazionale intende darsi regole certe e mezzi adeguati per perseguire i reati connessi ad atti di terrorismo nucleare, inserendosi nell'attività più generale di misure volte all'eliminazione del terrorismo internazionale. Ai sensi della Convenzione le fattispecie considerate reato sono individuate nella detenzione di materie radioattive, nella fabbricazione di ordigni o nel danneggiamento di impianto, precisando altresì che anche la sola minaccia di commettere un reato così definito è considerata un reato, come pure lo è la complicità.
  Infine, il recente Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo, fatto a Riga lo scorso 22 ottobre 2015, ha la finalità di integrare le disposizioni della Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo (Varsavia – 2005) per consentire una coordinata ed efficace attività di prevenzione e repressione delle partenze dei combattenti stranieri, promuovendo un'interpretazione comune dei reati collegati alle attività dei combattenti stranieri e l'elaborazione di una risposta comune agli stessi, facilitando le indagini e il perseguimento degli atti di natura preparatoria che possono portare alla commissione di reati di terrorismo, e agevolando la cooperazione internazionale attraverso un rafforzato scambio di informazioni. A tal fine, il Protocollo qualifica come reato i seguenti atti: partecipazione a un'associazione o a un gruppo a fini terroristici (articolo 2); atto di ricevere un addestramento a fini terroristici (articolo 3); viaggi all'estero a fini terroristici (articolo 4); finanziamento di viaggi all'estero a fini terroristici (articolo 5); organizzazione o agevolazione di viaggi all'estero a fini terroristici (articolo 6).
  Gli articoli 1 e 2 del disegno di legge concernono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e la clausola di esecuzione delle Convenzioni internazionali, di cui si chiede al Parlamento l'autorizzazione alla ratifica.
  L'articolo 3 contiene una serie di definizioni relative ai termini ricorrenti nel testo del disegno di legge, tra cui «materia radioattiva»; «materie nucleari» – più specificamente riguardanti il plutonio e l'uranio (anche nella versione arricchita), «impianto nucleare», che comprende anche i reattori di propulsione per natanti aeromobili, così come qualunque impianto o mezzo di trasporto utilizzato per produrre, immagazzinare, trattare o trasportare materia radioattiva; «ordigno nucleare» che comprende qualunque congegno esplosivo nucleare, ma anche qualunque dispositivo capace di disperdere materia radioattiva o di emettere radiazioni, sì da causare gravi danni alle persone, ai beni e all'ambiente; viene infine menzionato l'ISIN, ovvero l'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la Pag. 43radioprotezione, previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 45 del 2014.
  L'articolo 4 del disegno di legge modifica il codice penale inserendovi – tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato – nuove fattispecie di terrorismo internazionale e – tra i delitti contro la personalità interna dello Stato – la fattispecie di terrorismo nucleare.
  In particolare, la lettera a) dell'articolo 4 inserisce nel codice penale nuove fattispecie penali relative a condotte di fiancheggiamento o sostegno del terrorismo internazionale. Viene istituita una figura autonoma di reato che punisce il finanziamento del terrorismo. Il disegno di legge inserisce infatti nel codice penale l'articolo 270-quinquies.1 (Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo) che punisce con la reclusione da 7 a 15 anni chiunque raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati – in tutto o in parte – al compimento di atti con finalità terroristica. La fattispecie penale trova applicazione al di fuori delle ipotesi di associazione con finalità di terrorismo (articolo 270-bis) e di organizzazione di trasferimenti con finalità di terrorismo (articolo 270-quater.1) e indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi raccolti.
  Segnala che nella formulazione della definizione di finanziamento si è tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 2 della Convenzione delle Nazioni Unite per la repressione del finanziamento del terrorismo del 1999, richiamata dall'articolo 1 della Convenzione del 16 maggio 2005, nonché dall'articolo 1 della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
  Inoltre, si inserisce nel codice penale l'articolo 270-quinquies.2 (Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro) che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro, chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento del terrorismo internazionale.
  La lettera b) dell'articolo 4 inserisce nel codice penale l'articolo 270-septies, con il quale è resa obbligatoria, in caso di condanna o patteggiamento per uno dei delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto. Se la confisca di tali beni non è possibile, la disposizione autorizza la confisca per equivalente, cioè la confisca di altri beni di cui il reo ha disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto o profitto. La confisca non potrà riguardare i beni che appartengono a terzi estranei al reato.
  La lettera c) dell'articolo 4 interviene sul capo del codice penale relativo ai delitti contro la personalità interna dello Stato, per inserire la nuova fattispecie penale di atti di terrorismo nucleare (articolo 280-ter).
  L'articolo 5 del disegno di legge individua nel Ministero della giustizia il punto di contatto ai fini della Convenzione di New York per la soppressione di atti di terrorismo del 2005. Conseguentemente, in relazione ai procedimenti penali per il delitto di atti di terrorismo nucleare, di cui all'articolo 280-ter c.p., dovranno essere effettuate le seguenti comunicazioni al Ministero:
   il PM dovrà comunicare l'esercizio dell'azione penale;
   il PM dovrà comunicare l'esecuzione di una misura di custodia cautelare (in carcere o agli arresti domiciliari), allegando copia dell'ordinanza;
   l'autorità giudiziaria dovrà comunicare l'esito definitivo del procedimento e il luogo dove i beni sequestrati sono custoditi, nonché le modalità di loro conservazione.

  Tutte queste informazioni dovranno essere trasmesse dal Ministro della giustizia agli Stati parte della Convenzione, tramite Pag. 44il Segretario generale delle Nazioni Unite. Dell'ubicazione e conservazione dei beni sequestrati è data comunicazione anche al direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
  L'articolo 6 disciplina la sorte dei materiali radioattivi (come pure degli impianti nucleari o degli ordigni nucleari) sequestrati nell'ambito di un procedimento penale per atti di terrorismo nucleare, prevedendo (comma 1) che l'autorità giudiziaria debba informare del sequestro il prefetto (e il Ministero della giustizia, come previsto dall'articolo 5, comma 4); che il prefetto debba a sua volta informare i Ministri dell'interno, dell'ambiente e della salute, oltre al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio; che il prefetto, su parere dell'ISIN – Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, debba adottare i provvedimenti necessari alla messa in sicurezza dei materiali radioattivi (eventualmente provvedendo autonomamente in caso d'urgenza).
  Ricordo che l'ISIN (Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione) è stato istituito dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 45 del 2014, di attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi) quale autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione.
  I beni sequestrati sono conferiti alla Società gestione impianti nucleari (Sogin S.p.a.), in veste di operatore nazionale individuato dal decreto legislativo n. 52 del 2007, o all'ENEA, in veste di gestore del Servizio integrato previsto dallo stesso decreto legislativo (comma 2). Laddove si tratti di beni mobili da restituire ad altro Stato che sia parte della Convenzione internazionale, provvede il Ministero dello Sviluppo economico, sentiti, oltre che l'ISIN, anche i Ministri dell'interno, della giustizia e dell'ambiente (comma 3).
  L'articolo 7 introduce nel decreto legislativo n. 230 del 1995, di attuazione di una serie di direttive Euratom in materia di sicurezza nucleare, l'articolo 156-bis che demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'interno, dell'ambiente, della salute, delle infrastrutture e previo parere dell'ISIN, l'individuazione di un elenco di sostanze radioattive e delle modalità di loro gestione e impiego, sulla base delle raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia. Il decreto ministeriale dovrà essere emanato entro 180 giorni dall'entrata in vigore della legge.
  L'articolo 8 designa l'UIF – Unità di informazione finanziaria, istituita dal decreto legislativo n. 231 del 2007 sul riciclaggio, come autorità di intelligence finanziaria in base alla Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo (Varsavia – 2005). L'autorità centrale prevista dalla medesima convenzione è individuata invece nel Ministero dell'economia e delle finanze.
  In base al comma 2 – introdotto nel corso dell'esame in sede referente – il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza è individuato quale punto di contatto responsabile della trasmissione e della ricezione delle informazioni, ai sensi del Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la prevenzione del terrorismo (Riga – 2015); l'attività deve essere svolta con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  L'articolo 9 contiene la clausola di invarianza finanziaria. Alla copertura di eventuali spese straordinarie si provvederà mediante appositi provvedimenti legislativi.

  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.