CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 19 novembre 2015
544.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per il regolamento
COMUNICATO
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  Giovedì 19 novembre 2015. — Presidenza della Presidente Laura BOLDRINI.

  La seduta comincia alle 14.

Seguito dell'esame di una questione relativa alla disciplina dei cosiddetti interventi di fine seduta.

  Laura BOLDRINI, Presidente, dopo aver informato che il deputato Catania ha comunicato di non poter intervenire alla riunione odierna della Giunta a causa di concomitanti impegni istituzionali, ricorda che nella seduta del 7 luglio scorso, il Presidente Pisicchio – incaricato come relatore – ha presentato una relazione sul tema, sollevato dal Vicepresidente Baldelli, di una nuova disciplina dei cosiddetti interventi di fine seduta, sottoponendo una proposta di integrazione del parere della Giunta del 24 ottobre 1996. Nella stessa seduta del 7 luglio si è svolta una prima discussione che ha fatto emergere alcuni spunti di riflessione. In assenza di altri interventi, invita quindi il collega Pisicchio a riferire alla Giunta su quali siano le sue considerazioni sugli aspetti già emersi nel dibattito.

  Pino PISICCHIO, Relatore, come già ricordato dalla Presidente, ricorda che la sua ipotesi di disciplina sperimentale della fase degli interventi di fine seduta è finalizzata ad apportare alcuni correttivi agli inconvenienti registratisi negli ultimi tempi, evidenziati, in particolare, nella lettera del presidente Baldelli che ha dato spunto a questa riflessione. Ne è seguita una approfondita discussione nella quale molti colleghi hanno manifestato apprezzamento sull'ipotesi da lui formulata: alcuni hanno posto alcune interessanti questioni e suggerimenti, ai quali intende in questa sede dare una risposta.
  In particolare, il deputato Catania ha suggerito di inserire una premessa al parere tesa ad evidenziare la natura in sé del tutto eccezionale ed extra ordinem dell'intervento di fine seduta, sul presupposto che nel nostro ordinamento non può giuridicamente configurarsi, a suo avviso, un diritto di ciascun deputato a parlare di qualunque argomento al di fuori dell'ordine del giorno della seduta. Pag. 4
  In termini logici appare certamente comprensibile il punto di vista dal quale muove il collega Catania e cioè che il diritto di parola dei deputati possa essere esercitato – nei limiti stabiliti dal Regolamento – all'interno dei procedimenti previsti per l'esame dei punti all'ordine del giorno. Sotto questo punto di vista rilevano l'articolo 36, che disciplina le iscrizioni a parlare dei deputati che intendono intervenire in una discussione, e l'articolo 43, che pone un principio generale sui limiti al diritto di intervento dello stesso deputato nelle discussioni. Al riguardo, tuttavia, osserva che gli interventi di fine seduta non possono essere considerati propriamente interventi extra ordinem, ma costituiscono, invece, una species degli interventi di cui all'articolo 41 del Regolamento (interventi per l'ordine del giorno o per l'ordine dei lavori, etc...), interventi la cui disciplina si è quindi specificata in via di prassi e per effetto di pronunce della Giunta (il parere del 1996, in particolare). L'obiettivo dell'ipotesi di disciplina proposta, quindi, dà un ordine maggiore ad una tipologia di interventi comunque prevista da una specifica norma regolamentare.
  Per quanto riguarda l'osservazione della collega Lenzi, relativa all'opportunità di escludere dall'ipotizzato contingentamento degli interventi di fine seduta gli interventi per fatto personale, osserva che si tratta di un'osservazione senz'altro pertinente in astratto, perché tiene conto della particolare natura degli interventi per fatto personale (quando sono autenticamente tali). Tuttavia, sul piano pratico, non ha ritenuto opportuno riformulare il parere in tal senso, perché si rischierebbe così di aprire una breccia per la quale gli interventi indiscriminati di fine seduta, usciti dalla porta, rientrerebbero dalla finestra sub specie di interventi per fatto personale (come tali qualificati dai deputati richiedenti la parola per eludere i limiti di tempo stabiliti nel parere).
  Infine, si sofferma sul dubbio avanzato dal Presidente Baldelli circa l'opportunità di specificare a chi spetti la titolarità all'iscrizione a parlare a fine seduta, se cioè al singolo deputato o al Gruppo. In proposito ritiene che tale specificazione non possa essere preventivamente sancita in modo assoluto: fermo restando che gli interventi di fine seduta, per loro stessa natura, sono dei singoli deputati e che quindi in linea teorica e di principio la titolarità al diritto di iscrizione non può che spettare ad essi, potrà accadere nei fatti che i Gruppi esercitino un potere ordinatorio, allo stesso modo in cui avviene ad es. nelle discussioni sulle linee generali di un provvedimento quando i tempi siano contingentati. Per questi motivi non ritiene di apportare una specifica previsione sul punto e rimettere il tutto allo sviluppo della prassi, ferme restando le considerazioni di carattere generale sopra esposte.
  Conclusivamente conferma la proposta di parere nel testo già presentato nella precedente seduta (vedi allegato 1).

  Danilo TONINELLI esprime una posizione di totale contrarietà all'ipotesi di disciplina proposta, a suo avviso riconducibile esclusivamente ad una personale idiosincrasia di uno dei Vicepresidenti della Camera. Considera gli interventi svolti dai deputati a fine seduta una forma di espressione della rappresentanza popolare e, anche laddove sono poste questioni di carattere localistico (circostanza che pure qualche dubbio pone in ordine alla loro ammissibilità), ravvisa in questo tipo di interventi una modalità per riavvicinare l'istituzione parlamentare ai cittadini.

  Laura BOLDRINI, Presidente, pone quindi in votazione la proposta di parere già presentata nella riunione del 7 luglio, che risulta approvata con il voto contrario dei due componenti della Giunta appartenenti al Gruppo MoVimento 5 Stelle.

Esame delle proposte di modifica al Regolamento Doc. II, n. 2 (Articolo 12: previsione del Codice etico della Camera dei deputati), Doc. II, n. 11 (Articoli 1-bis e 12, comma 2-bis: nuove norme in materia di trasparenza e introduzione del Codice di condotta Pag. 5dei deputati) e Doc. II, n. 13 (Articolo 12: previsione del Codice per la trasparenza e la garanzia dell'autonomia dei deputati).

  Laura BOLDRINI, Presidente, nella seduta del 7 luglio scorso si è avviata la discussione delle proposte di modifica al Regolamento concernenti l'introduzione di un codice di condotta dei deputati (Binetti n. 2, Nicoletti n. 11, Melilla n. 13). A queste proposte si aggiunge quella sulla regolamentazione delle attività di lobbying (Sereni n. 12), che riguarda un tema distinto ma connesso al precedente, da valutare se debba essere discussa congiuntamente alle altre.
  All'esito di un primo giro di tavolo, che ha visto confrontarsi posizioni diverse fra loro, al collega Pisicchio è stato conferito una sorta di mandato esplorativo, ossia il compito di procedere ad un lavoro istruttorio preliminare rispetto alla redazione di un testo, al fine di consentire ai Gruppi ed ai membri della Giunta di disporre di un primo materiale su cui esprimersi, auspicando che la Giunta possa definire una proposta il più possibile condivisa.
  Poiché il Presidente Pisicchio ha comunicato di aver effettuato questa prima istruttoria, lo invita a riferirne gli esiti alla Giunta.

  Pino PISICCHIO, come già rammentato dalla Presidente, lo scorso 7 luglio ha ricevuto una sorta di «mandato esplorativo» in vista della possibilità che la Camera si doti di un Codice di condotta per i propri componenti, mandato nell'ambito del quale ha proceduto ad effettuare una prima attività istruttoria avendo a riferimento, in particolare, gli aspetti di diritto comparato. Ha riassunto i risultati della ricognizione di questi profili in alcune schede – relative agli ordinamenti più significativi (e cioè Parlamento europeo, Francia, Germania e paesi anglosassoni) – di cui i colleghi potranno disporre, ove intendano approfondire il tema.
  Sintetizzando, si può dire che la preoccupazione di assicurare trasparenza e moralità dei comportamenti dei parlamentari è un tema consolidato e diffuso nel mondo occidentale: all'interno dei singoli ordinamenti si possono rinvenire soluzioni diversificate, ciascuna delle quali si sposa con le tradizioni e le specificità di ciascun paese. Per questo motivo – e questa è una considerazione di carattere generale valida anche al di là del tema trattato oggi – ritiene che non sia possibile importare sic et simpliciter strumenti stranieri, ma questi, al tempo stesso, costituiscono un indispensabile elemento di conoscenza per individuare quali siano le misure più appropriate nel nostro contesto ordinamentale per soddisfare esigenze che, come detto, sono condivise da tutte le moderne democrazie occidentali.
  Sotto questo punto di vista considera comunque l'esperienza del Parlamento europeo un imprescindibile punto di riferimento, che ci può validamente orientare in questa ricerca.
  Al contempo l'istruttoria si è altresì soffermata sulla normativa italiana per individuare quali siano le norme e gli strumenti già vigenti comunque finalizzati ad assicurare trasparenza, correttezza ed onestà dei comportamenti dei rappresentanti delle Assemblee elettive. Nell'ambito di queste misure sono sicuramente da ricomprendersi tutte le disposizioni normative che recano cause di ineleggibilità, incompatibilità, di decadenza ed incandidabilità. Queste ultime sono state introdotte in attuazione della normativa più recente in materia di contrasto alla corruzione (l. n. 190 del 2012, c.d. legge Severino). Analoga ratio ispira anche le disposizioni che regolano il finanziamento della politica, alcune delle quali si rivolgono specificamente ai singoli parlamentari.
  Gli obblighi dei deputati già previsti, a diversi livelli, dalla normativa italiana (che ho raccolto in apposito fascicolo con alcune notazioni su possibili interventi integrativi) possono essere così raggruppati:
   1) Cariche ed attività professionali: I deputati italiani, attualmente nell'ambito del procedimento di verifica dei titoli e delle elezioni svolto dalla Giunta delle elezioni, sono tenuti a dichiarare tutte le cariche da essi ricoperte in qualunque tipo Pag. 6di ente, pubblico o privato, nonché le attività imprenditoriali o professionali comunque svolte;
   2) Redditi e interessi economici e finanziari: La legge n. 441 del 1982, e i successivi interventi legislativi (v. decreto legge n. 149 del 2013), hanno previsto obblighi di trasparenza pressoché integrali rispetto alle situazioni patrimoniali ed economiche, estesi anche al coniuge e ai parenti più stretti, per i quali tali obblighi valgono se essi vi consentono. L'apparato sanzionatorio per la violazione degli obblighi previsti dalla legge n. 441 si presenta piuttosto ridotto: la legge prevede, infatti, direttamente solo la sanzione della comunicazione della mancata osservanza di questi obblighi all'Assemblea, ma rinvia espressamente alla potestà sanzionatoria regolamentare delle Camere;
   3) Contributi, finanziamenti e spese elettorali: anche su questo aspetto la legislazione italiana contempla plurimi obblighi di trasparenza e un limite generale nelle spese elettorali sostenibili da ciascun candidato. Per quanto riguarda i contributi, anche ricevuti dai deputati a mezzo di comitati costituiti a loro sostegno, devono essere dichiarati e pubblicati su Internet quando siano superiori a 5000 euro l'anno.
  Dalla ricognizione effettuata si possono trarre alcuni utili elementi di valutazione. Innanzitutto è da rilevare che in Italia certamente non siamo all'anno zero in materia di disposizioni normative finalizzate ad assicurare moralità e trasparenza dei comportamenti dei titolari di cariche pubbliche ed elettive e quindi di contrasto alla corruzione. Esistono, infatti, plurimi obblighi che impongono ai parlamentari italiani di esporre il loro statuto economico e finanziario e le posizioni ricoperte in organismi sociali, alla stessa stregua degli obblighi previsti da altri ordinamenti (si pensi alla corrispondenza con l'obbligo di dichiarazione di interessi finanziari previsto dal Parlamento europeo); più sfumato è invece l'apparato sanzionatorio, la cui individuazione è in parte rimessa dalla legge alla fonte regolamentare delle Camere e che non pare particolarmente stringente.
  Si tratta tuttavia di un corpus di norme disorganico e asistematico, disperso in una pluralità di fonti; sembrerebbe quindi emergere l'opportunità di una loro riaggregazione – a fini conoscitivi – che permetterebbe anche di individuare più facilmente gli aspetti meritevoli di ulteriori interventi o specificazioni.
  Un settore nel quale la normativa italiana appare carente è certamente quella della attività di lobbying, non essendo disciplinata in alcuna sede. La materia è in corso di esame da parte della Commissione Affari costituzionali del Senato. In materia si segnalano anche alcune proposte di legge presentate alla Camera (tra cui la proposta di legge Pisicchio n. 188 e la proposta Sereni n. 724).
  Sulla base di questi elementi un primo passo che si potrebbe compiere è quello di elaborare una sorta di «testo unico» allo scopo di ricompattare in un unico documento – a fini di chiarezza e in funzione ricognitiva, senza novazione della fonte giuridica – il complesso delle norme che stabiliscono obblighi di comportamento dei deputati. Questa operazione consentirebbe, infatti, innanzitutto una pronta individuazione degli obblighi di trasparenza che già adesso vincolano i parlamentari e che troverebbero nel documento della Camera una risistemazione organica di particolare importanza.
  A tale funzione potrebbe quindi fare seguito sia l'introduzione di norme generali riassuntive dei principi deontologici al cui rispetto sono tenuti i deputati italiani, sia una puntuale individuazione di quegli aspetti della materia che risultino ancora sprovvisti di disciplina e sui quali la fonte regolamentare sarebbe legittimata ad intervenire, integrando e quindi specificando ulteriori doveri comportamentali nonché individuando, ove necessario, le conseguenze di tipo sanzionatorio-disciplinare, riconducendo sostanzialmente le violazioni degli obblighi di condotta all'articolo 60 del Regolamento ai fini dell'applicazione di sanzioni tipiche ed atipiche, a tal proposito Pag. 7facendo anche leva sulla pubblicità delle informazioni rese ed eventualmente degli obblighi non adempiuti (se la Giunta dovesse convenire, si riserva di formulare una proposta normativa). Sotto questo punto di vista conferma di considerare il codice di condotta del Parlamento un documento normativo particolarmente apprezzabile.
  Inoltre va valutato se prevedere, sempre tramite l'intervento di questo tipo di fonte, una prima forma di disciplina dell'attività di lobbying – considerato che si tratta di un aspetto del tema di particolare importanza e sul quale tuttavia in nessuna sede normativa è stato finora raggiunto un primo step di regolazione – ovvero se rimettere la disciplina di tale aspetto integralmente alla fonte legislativa. La disciplina interna alla Camera potrebbe avere carattere sperimentale e convenzionale, per dotare la Camera di un primo tassello normativo in attesa di una eventuale più compiuta disciplina che il legislatore o la stessa Giunta in futuro vorranno adottare: personalmente si dichiara favorevole a questa opzione, ma si tratta di questione sulla quale la Giunta dovrà decidere.
  Espone dunque, in via sintetica e a titolo esemplificativo, il contenuto delle norme già vigenti da prendere in considerazione (vedi allegato 2), avvertendo di non aver formulato una specifica proposta di disciplina e riservandosi di farlo ove gli fosse conferito un mandato pieno in tal senso.

  Gianni MELILLA dichiara di condividere ed apprezzare le proposte avanzate dal collega Pisicchio. Rammenta che, stante l'intervento di verifica del GRECO, previsto per il 2016, il tempo a disposizione della Giunta per porre ordine alla materia, verificare le lacune ed allinearsi quindi ai più avanzati standard di normazione europea con la predisposizione di un Codice di condotta, non appare eccessivo, evidenziando in particolare, anche alla luce di recenti episodi di cronaca, la necessità di disciplinare l'attività di lobbying condotta da ex parlamentari.

  Danilo TONINELLI, riservandosi ulteriori valutazioni dopo la lettura dei documenti prodotti dal collega Pisicchio, considera fondamentale definire prioritariamente il metodo che si intende adottare per disciplinare il tema in questione, in particolare con riferimento alla questione della disciplina dell'attività di lobbying: un conto è infatti se tale tema risulterà disciplinato da un testo normativo da allegare al Regolamento, come accade al Bundestag, altro se ci si limita a intervenire con delibere dell'Ufficio di Presidenza, cui si delega l'esercizio del potere normativo in materia, con i rischi di un'eccessiva discrezionalità in capo all'organo delegato.
  Per quanto riguarda i contenuti del Codice di condotta, nell'ambito delle proposte di modifica regolamentare presentate quella più convincente gli appare la proposta n. 13 del collega Melilla, della quale apprezza in particolare la previsione di un organo di garanzia, i cui componenti sono esterni al Parlamento.
  Raccomanda comunque una particolare attenzione nella formulazione delle eventuali proposte normative, in quanto la declinazione concreta di principi generali totalmente condivisibili potrebbe portare a risultati tutt'altro che soddisfacenti.

  Laura BOLDRINI, Presidente, osserva che in questa fase della discussione occorre essenzialmente definire il tema sul quale impegnare l'ulteriore attività istruttoria del collega Pisicchio, che dovrà certamente riguardare la riaggregazione organica delle disposizioni vigenti a diversi livelli su questa materia e, quindi, una volta proceduto in tal senso, avere ad oggetto la valutazione se limitare l'intervento alla questione dei canoni deontologici dei deputati o se includere una forma di regolazione anche dell'attività di lobbying.

  Raffaello VIGNALI, espresso apprezzamento per l'approfondito lavoro istruttorio svolto dal collega Pisicchio, ritiene innanzitutto opportuno procedere alla redazione di una sorta di testo unico esclusivamente compilativo degli obblighi già vigenti, Pag. 8riservandosi un'ulteriore valutazione per la fase successiva nella quale comunque si deve privilegiare l'intervento con la fonte autonoma interna della Camera, mentre per quanto riguarda l'attività di lobbying ritiene preferibile mantenere il binario legislativo già intrapreso al Senato.

  Marina SERENI, Vicepresidente della Camera, ritiene che l'intervento odierno del collega Pisicchio abbia evidenziato tre diverse questioni all'attenzione della Giunta. La prima è quella costituita dalla necessità di mettere ordine ad una certa selva di disposizioni vigenti su plurimi livelli e dunque procedere alla redazione di un testo meramente compilativo e ricognitivo dell'esistente.
  La seconda è quella di verificare la possibilità di intervenire, nell'ambito di quello che è consentito all'autonomia normativa della Camera, a colmare le lacune, incluso il piano sanzionatorio, di obblighi già previsti da disposizioni vigenti. In questo senso, metodologicamente si propone di fare riferimento al Codice di condotta del Parlamento europeo, anziché alle specifiche proposte di modifica regolamentare presentate, data la valenza generale che esso dispiega nei confronti di deputati provenienti da tutti i paesi dell'Unione europea e dato che esso contiene anche la previsione di uno specifico organo competente in materia.
  Infine c’è il tema della disciplina dell'attività di lobbying, che non è contenuta nel Codice di condotta del Parlamento europeo, e sul quale si confrontano in Italia opzioni normative diverse, alcune delle quali – ad es. quella proposta dal collega Misiani con la proposta di legge a sua prima firma – presentano carattere generale e sono particolarmente articolate ed analitiche.
  Ferma restando quindi l'adozione tempestiva di un Codice di condotta per i deputati, occorre considerare questo ultimo tema con particolare attenzione, affidando al relatore il compito di valutare se sia possibile ed eventualmente in che misura intervenire su entrambi gli aspetti (codice di condotta e lobbying), ovvero se sia opportuno prevedere due binari distinti, con la previsione di una disciplina delle lobbies di carattere generale a livello legislativo. Personalmente ritiene che gli aspetti della disciplina delle lobbies in chiave parlamentare possano essere presi in considerazione nell'ambito di questa istruttoria che si sta svolgendo in seno alla Giunta per il Regolamento.

  Andrea GIORGIS, dopo aver manifestato un sentito ringraziamento per il lavoro svolto dal collega Pisicchio, dichiara di reputare certamente utile ed opportuno disporre di una sorta di testo unico di carattere esclusivamente compilativo, che riepiloghi in modo organico gli obblighi già vigenti per i parlamentari italiani, con l'indicazione delle relative fonti che li prevedono; analogamente concorda nell'individuazione del Codice di condotta del Parlamento europeo quale documento di riferimento, alla stregua del quale valutare anche le eventuali lacune normative. Conviene altresì sull'esigenza di addivenire ad una regolamentazione della attività di lobbying: si tratta tuttavia di definire con certezza attraverso quale procedimento e con quale strumento normativo sia utile e corretto disporre i diversi interventi e provvedere alle necessarie integrazioni.

  Laura BOLDRINI, Presidente, richiamando quanto osservato dal collega Giorgis, ritiene che la Giunta, senza tralasciare di considerare i contenuti delle proposte di modifica al Regolamento al suo esame, dovrebbe trarre interessanti spunti anche dalla disciplina vigente nel Parlamento europeo. Si riferisce in particolare al divieto, vigente per i deputati europei, di accettare doni o benefici analoghi di valore superiore ad un certo importo, contenuto nel relativo Codice di condotta e non previsto nel nostro ordinamento, che resta così anche sprovvisto delle strutture e dei mezzi tecnici necessari per ottemperarvi, come, ad esempio, un soggetto o un organo competente a stabilire il valore delle donazioni.

  Alfredo D'ATTORRE, nell'apprezzare anch'egli il lavoro svolto dal collega Pisicchio, Pag. 9esprime, a titolo personale, un certo disincanto rispetto alle concrete possibilità che la disciplina ipotizzata realmente avrebbe di contrastare l'attività corruttiva.
  A tal fine, ciò che infatti a suo avviso si renderebbe – sul piano dell'ordinamento generale – indispensabile è una regolamentazione dell'attività di lobbying (sul versante dei requisiti necessari per poterla espletare e delle relative modalità di esercizio) e una regolamentazione dell'esercizio dell'attività libero professionale da parte degli eletti al Parlamento. L'introduzione di eventuali forme di incompatibilità, oltre che tutelare le aspettative degli elettori rispetto al pieno esercizio del mandato parlamentare da parte degli eletti, gioverebbe grandemente alla trasparenza delle attività parlamentari.

  Dopo che Laura BOLDRINI, Presidente, ha precisato che anche quest'ultimo aspetto dovrebbe essere verificato alla luce della disciplina europea, Simone BALDELLI, Vicepresidente della Camera, ritiene che il dibattito in corso sia, a suo avviso, surreale. Richiama in prima battuta le considerazioni testé svolte sull'opportunità che i deputati in carica rinuncino, durante l'esercizio del mandato parlamentare, allo svolgimento dell'attività liberoprofessionale: tale ragionamento non considera il contesto attuale in cui, per mera propaganda politica, da più parti si propongono la riduzione delle indennità di carica e l'abolizione dei vitalizi dei parlamentari. Ritiene inoltre ridicolo che si debbano apprestare mezzi e strumenti per valutare gli importi delle donazioni ricevute dai deputati. Soprattutto, l'odierna discussione tralascia di considerare che i parlamentari italiani sono soggetti alle disposizioni del codice civile, del codice penale, a tutte le disposizioni che diciplinano il finanziamento dell'attività politica e che hanno introdotto obblighi di trasparenza, i quali sono strumenti certamente più efficaci per combattere corruzione e malcostume di quelli qui prefigurati: ne è a suo avviso la riprova il fatto che, per sessantacinque anni, l'esigenza di introdurre un codice etico non sia stata avvertita.
  Il dibattito odierno tralascia poi di considerare che una legislazione elettorale che comprende il voto di preferenza è uno strumento che agevola moltissimo lo sviluppo di fenomeni corruttivi, clientelari e la proliferazione del cosiddetto voto di scambio e che quindi agire su questo versante potrebbe essere molto più efficace. Peraltro, le riforme approvate o in via di definizione nella presente legislatura, che vanno dalla trasformazione del bicameralismo perfetto in un monocameralismo imperfetto all'eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, dalla mancata regolamentazione delle lobbies alla mancata regolamentazione dei finanziamenti dei privati alla politica, che ha messo in crisi le strutture che un tempo erano i partiti, rendono ancora più insensato l'odierno lavoro della Giunta.

  Laura BOLDRINI, Presidente, dopo aver ricordato che il nostro Paese non è affatto sprovvisto di strumenti normativi volti ad assicurare la trasparenza, l'onestà e la correttezza dei rappresentanti delle Assemblee elettive, ritiene tuttavia necessario verificare se questa disciplina sia in linea con gli altri ordinamenti e, nel formulare un corpus organico di tali discipline, verificare se non vi siano delle lacune da colmare. E ciò anche in considerazione del fatto che l'Italia sarà a breve sottoposta alla valutazione ad opera del GRECO, organismo al quale l'Italia ha aderito.

  Gregorio GITTI, replicando al collega Baldelli, fa presente che la nuova disciplina del finanziamento dei partiti e, in particolare, l'abolizione del finanziamento pubblico diretto, si riconnette a misure delle quali il GRECO ha richiesto l'adozione ai Paesi aderenti. In particolare, il GRECO aveva invitato gli Stati a munirsi di normative volte ad assicurare l'adozione, da parte dei partiti politici, di statuti democratici: non si può quindi dimenticare che, in base alla nuova normativa, l'accesso alle forme di contribuzione tutt'ora previste è condizionato, tra l'altro, all'adozione, da parte dei partiti, di statuti recanti necessari elementi procedurali Pag. 10e sostanziali che ne garantiscano la democrazia interna.
  Richiamando poi il dibattito in seno alla Commissione Affari costituzionali in occasione dell'esame dei provvedimenti di riforma del sistema di finanziamento dei partiti politici, ricorda come il gruppo cui appartiene il Presidente Baldelli era restio a distinguere tra gli aspetti privatistici e quelli pubblicistici dell'organizzazione dei partiti, allo scopo di sottoporne interamente la vita alla disciplina codicistica delle associazioni non riconosciute. Evidentemente, quindi, è sulla base di questo approccio che oggi il collega si oppone all'introduzione di una disciplina che regoli il versante istituzionale dell'attività politica dei partiti attraverso l'introduzione di un codice di condotta che salvaguardi le Istituzioni e soprattutto regolamenti i comportamenti e le condotte di rappresentanti della Nazione.

  Danilo TONINELLI, sull'ordine dei lavori, ritiene che, prima che la Giunta proceda al conferimento di un formale incarico ad un relatore, dovrebbe essere individuata la fonte deputata ad introdurre la disciplina in discussione e definita la relativa procedura di adozione. Per tali ragioni, pur concordando sull'opportunità, condivisa dalla Giunta, di affiancare alla redazione di un «testo unico» sugli obblighi di condotta dei deputati anche una disciplina dell'attività di lobbying (nei limiti di competenza della fonte regolamentare), preannunzia un orientamento di astensione del suo gruppo sul conferimento dell'incarico al relatore di redigere una proposta da sottoporre alla Giunta, paventando il rischio che questa possa di fatto introdurre una delega in bianco all'Ufficio di Presidenza.

  Laura BOLDRINI, Presidente, concludendo, osserva che, all'esito del dibattito, è emerso un orientamento prevalente favorevole ad affidare al deputato Pisicchio, in qualità di relatore, la definizione di un testo secondo i criteri da lui indicati, che tenga conto sia degli elementi desumibili dalle proposte di modifica al Regolamento all'esame della Giunta, sia della disciplina vigente presso il Parlamento europeo. Si tratta dunque di completare il percorso istruttorio, comprendendovi anche l'attività di lobbying per gli aspetti che interessano la condotta dei parlamentari, al fine di disporre di un quadro più completo, che consenta alla Giunta di individuare con precisione i temi oggetto di decisione.
  Invita il relatore a procedere in questo senso, riservandosi di riconvocare la Giunta per proseguire la discussione.

  La Giunta concorda.

Esame di questioni relative alle modalità di presentazione delle interpellanze urgenti.

  Laura BOLDRINI, Presidente, ricorda che nella Conferenza dei Capigruppo del 1o ottobre è stata esaminata la questione dei tempi molto ristretti a disposizione per l'istruttoria sui testi delle interpellanze urgenti: infatti il Regolamento prevede che quelle da svolgere nella settimana (per prassi, il giovedì pomeriggio o il venerdì mattina) devono essere presentate entro la seduta del martedì.
  Di fatto, le interpellanze giungono anche nella tarda serata del martedì e spesso si tratta di testi molto lunghi e complessi. Questo rende particolarmente complicato lo svolgimento, in tempi molto brevi, del vaglio di ammissibilità, senza il quale non si può procedere alla pubblicazione delle interpellanze nell'allegato al resoconto della seduta del martedì stesso.
  Nella citata Conferenza dei Capigruppo è emerso un orientamento prevalentemente contrario alla anticipazione del termine di presentazione al pomeriggio del martedì, come proposto dalla Presidenza.
  Il Presidente del Gruppo Forza Italia, Renato Brunetta, ha invece ipotizzato di prevedere, quale requisito di ricevibilità, un limite massimo di caratteri del testo delle interpellanze urgenti, che – a tal fine – dovrebbero essere presentate necessariamente in via informatica, utilizzando la firma digitale (oggi facoltativa). In pratica, Pag. 11ove il testo digitato oltrepassasse il limite di caratteri previsto, il sistema dovrebbe impedirne l'inoltro.
  Alla proposta del Presidente Brunetta si sono dichiarati favorevoli i Capigruppo di SEL Scotto, del PD Rosato e del Misto, Pisicchio. Questi ha anzi proposto di estendere lo stesso modello anche alle interrogazioni. In senso contrario si è espresso invece il Presidente del MoVimento 5 Stelle Sorial, preferendo l'anticipo del termine di presentazione delle interpellanze alle 17 del martedì (come proposto dalla Presidenza in prima battuta).
  Al riguardo, ricorda che un riferimento alla formulazione concisa delle interrogazioni e interpellanze è già presente nel nostro ordinamento: infatti il Regolamento stabilisce che le interrogazioni consistono in una «semplice domanda»; le interpellanze, invece, consistono in una «domanda». Queste espressioni rendono evidente che tali atti dovrebbero essere formulati in modo sintetico e incisivo: e ciò è confermato anche dalla circolare del Presidente della Camera del 21 febbraio 1996, la quale prevede che «eventuali motivazioni o premesse sono ammesse nei limiti in cui siano strettamente funzionali all'identificazione o alla costruzione dei quesiti posti al Governo».
  Un riferimento esplicito alla concisione degli atti di sindacato ispettivo è contenuto anche nello schema di riforma regolamentare adottato come testo-base. Il relatore Melilla ha, tra l'altro, presentato un emendamento per prevedere, di regola, la presentazione degli atti in formato digitale. Fa infine presente che il limite di lunghezza è conosciuto in altre esperienze parlamentari: nel Parlamento europeo, per le interrogazioni a risposta scritta, si richiede che siano presentate in formato elettronico, siano concise, contengano una domanda comprensibile e non superino le 200 parole; riferimenti alla concisione degli atti di sindacato ispettivo sono previsti anche al Bundestag, nella House of Commons, nell'Assemblea nazionale e al Senato francesi.
  Poiché comunque la disciplina ipotizzata in sede di Conferenza dei Capigruppo inciderebbe sulle modalità di presentazione delle interpellanze urgenti (come anche degli altri atti di sindacato ispettivo, se estesa a tutti), la proposta deve essere oggetto di esame da parte della Giunta al fine di pervenire ad una precisazione della disciplina vigente. Si tratta cioè di contemperare il pieno diritto dei deputati e dei Gruppi di presentare e vedere svolti nei termini regolamentari gli atti con l'esigenza di assicurarne – nel rispetto dei principi generali – un adeguato vaglio di ammissibilità e la piena rispondenza della struttura di ciascun atto alla sua funzione.
  In relazione all'introduzione di questa nuova disciplina, il Presidente Brunetta avanzava anche il suggerimento di individuare modalità di pubblicazione del tasso di risposta, distintamente per ciascun Ministero, al fine di stimolare il Governo a dare risposte tempestive. In effetti i dati statistici vedono, in questa legislatura, una netta flessione nelle percentuali di risposta agli atti di sindacato ispettivo diversi da quelli caratterizzati da tempi certi. In particolare, ciò si evidenzia in relazione alla percentuale di risposta alle interrogazioni a risposta scritta (rapporto tra quelle presentate e quelle concluse), che è scesa dal 28,9 per cento al 22,2 per cento del corrispondente periodo della precedente legislatura, e a quella relativa alle interrogazioni a risposta in Commissione, scesa dal 56,2 per cento al 36,4 per cento. Per le interpellanze ordinarie la flessione è più contenuta (dal 27 per cento al 26,3 per cento), mentre per le interrogazioni a risposta in Aula il dato appare sostanzialmente costante (dal 32,2 per cento al 32,6 per cento).
  Ritene, alla luce degli elementi ricordati, di incaricare il collega Ermini di approfondire la questione e di avanzare una specifica proposta da esaminare in una successiva seduta.

  La Giunta concorda.

  La seduta termina alle 15.20.

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