CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 luglio 2015
479.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (VIII e X)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 9 luglio 2015. — Presidenza del presidente della X Commissione, Ettore Guglielmo EPIFANI.

  La seduta comincia alle 14.45

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/ CE.
Atto n. 169.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  Le Commissioni proseguono l'esame dello schema in oggetto, rinviato nella seduta del 9 giugno 2015.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S) chiede ai relatori di valutare attentamente, ai fini della predisposizione della proposta di parere, i rilievi e le osservazioni che il gruppo M5S farà pervenire per le vie brevi.

  Giovanna SANNA (PD), relatrice per la VIII Commissione, dichiara la disponibilità dei relatori a valutare i rilievi e le osservazioni che i diversi gruppi faranno pervenire per le vie brevi, ferma restando la necessità di attendere il prescritto parere della Conferenza Unificata ai fini della predisposizione della proposta di parere.

  Ettore Guglielmo EPIFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta che sarà convocata successivamente alla trasmissione del prescritto parere da parte della Conferenza unificata.

  La seduta termina alle 14.55.

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SEDE REFERENTE

  Giovedì 9 luglio 2015. — Presidenza del presidente della X Commissione Ettore Guglielmo EPIFANI. – Interviene la sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico Simona Vicari.

  La seduta comincia alle 14.55.

DL 92/2015: Misure urgenti in materia di rifiuti e di autorizzazione integrata ambientale, nonché per l'esercizio dell'attività d'impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale.
C. 3210 Governo.

(Esame e rinvio).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento in oggetto.

  Lorenzo BASSO (PD), relatore per la X Commissione, anche a nome del relatore per la VIII Commissione, Enrico Borghi, illustra i contenuti del provvedimento in titolo.
  Sottolinea che il provvedimento in esame è stato adottato sulla base di motivi di straordinaria necessità e urgenza connessi all'esigenza di salvaguardare la prosecuzione dell'attività produttiva di importanti siti industriali e conseguentemente l'occupazione di tali realtà, in un quadro di rispetto della normativa ambientale.
  L'articolo 1, comma 1, modifica la disciplina in materia di gestione dei rifiuti, relativamente alle definizioni di «produttore di rifiuti», «raccolta» e «deposito temporaneo» riportate, rispettivamente, nelle lettere f), o) e bb) del comma 1 dell'articolo 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice dell'ambiente). In particolare, la lettera a) integra la definizione di «produttore di rifiuti» allo scopo di includervi anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile la produzione dei rifiuti medesimi. In conseguenza di tale modifica, nella nozione di «produttore» di rifiuti rientrano tutti i soggetti ai quali sia imputabile l'attività materiale e giuridica di produzione dei rifiuti. Si tratta di una modifica che adegua la normativa in materia di rifiuti a un'interpretazione della giurisprudenza riguardante la nozione di «produttore di rifiuti», da ultimo ribadita nella sentenza della Corte di cassazione n. 5916 del 2015, sentenza che viene richiamata nella relazione di accompagnamento del disegno di legge. Tale sentenza ha annullato l'ordinanza del Tribunale di Gorizia dell'11 luglio 2013 con cui era stato rigettato il ricorso del PM del medesimo Tribunale contro il provvedimento che negava il sequestro preventivo di alcune aree e capannoni ubicati all'interno dei cantieri navali di Monfalcone gestiti da Fincantieri, richiesto sulla base della ipotizzata violazione del decreto legislativo n. 152 del 2006 (articolo 256, comma 1, lett. a) e b)), per chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione.
  La lettera b) è volta a ricomprendere nella definizione di «raccolta», oltre alla cernita preliminare, il deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento.
  La lettera c) è volta a modificare la definizione di «deposito temporaneo, per un verso, includendovi il deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento (ricompreso nella definizione di «raccolta» ad opera della lettera b) e, per l'altro, precisando che per luogo ove i rifiuti sono prodotti si deve intendere l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti.
  L'articolo 2 introduce alcune modifiche alla disciplina transitoria riguardante i procedimenti per il rilascio o l'adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), al fine di consentire la prosecuzione dell'esercizio delle installazioni, nelle more della chiusura dei procedimenti autorizzativi da parte delle competenti autorità regionali. In particolare, viene modificato il comma 3 dell'articolo 29 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46, con cui è stata recepita la Pag. 70direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, il quale stabiliva che, nelle more della conclusione dell'istruttoria delle istanze di rilascio o adeguamento, e comunque non oltre il 7 luglio 2015, gli impianti potessero continuare l'esercizio in base alle autorizzazioni previgenti. Il decreto legge al nostro esame, oltre a confermare il termine del 7 luglio 2015 per la conclusione dei procedimenti avviati in esito alle istanze di primo rilascio o di adeguamento dell'AIA da parte dell'autorità competente, consente, nelle more della conclusione dei procedimenti, la prosecuzione dell'esercizio in base alle autorizzazioni previgenti, se del caso opportunamente aggiornate a cura delle autorità che le hanno rilasciate, a condizione che siano pienamente attuati gli adeguamenti proposti nelle istanze secondo le tempistiche ivi definite in quanto necessari a garantire la conformità dell'esercizio dell'installazione con le norme vigenti in materia di AIA.
  L'articolo 3 prevede che l'esercizio dell'attività di impresa degli stabilimenti di interesse strategico nazionale non sia impedito dal sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento, quando la misura cautelare sia stata adottata in relazione ad ipotesi di reato inerenti la sicurezza dei lavoratori e debba garantirsi il necessario bilanciamento tra la continuità dell'attività produttiva, la salvaguardia dell'occupazione, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (comma 1). La disciplina in esame è diretta ad ampliare quanto già previsto dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 207 del 2012 per gli stabilimenti d'interesse strategico nazionale e segnatamente per l'Ilva di Taranto – richiamato dallo stesso comma 1 in esame – per le cui disposizioni la Corte Costituzionale ha già chiarito (con la sentenza n. 85 del 2013) la possibilità di un intervento del legislatore circa la continuità produttiva compatibile con i provvedimenti cautelari. In particolare, la Consulta ha escluso la violazione della riserva di giurisdizione, avuto riguardo alla tesi di fondo del rimettente (il Gip del Tribunale di Taranto), secondo cui il decreto-legge sarebbe stato adottato per vanificare l'efficacia dei provvedimenti cautelari disposti dall'Autorità giudiziaria di Taranto. In sostanza, si è riconosciuta al legislatore la possibilità di modificare le norme cautelari, quanto agli effetti e all'oggetto, anche se vi siano misure cautelari in corso secondo la previgente normativa. Nel contempo, si è attribuito alla legislazione e alla conseguente attività amministrativa il compito di regolare le attività produttive pericolose. Come accennato, la richiamata disciplina del decreto-legge n. 207 del 2012 (Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) ha già permesso la prosecuzione dell'attività d'impresa negli stabilimenti di interesse strategico nazionale pur in presenza di provvedimenti di sequestro sui beni aziendali disposti dall'autorità giudiziaria. Il decreto-legge n. 207 ha previsto che il Ministro dell'ambiente possa autorizzare, in sede di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA), la prosecuzione dell'attività produttiva di uno stabilimento industriale dichiarato «di interesse strategico nazionale» per un periodo massimo di 36 mesi, a condizione che siano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'autorizzazione al fine di assicurare la più adeguata tutela dell'ambiente e della salute secondo le migliori tecniche disponibili. L'esercizio del potere attribuito al Ministro è condizionato dalla presenza dei seguenti presupposti:
   deve trattarsi di uno stabilimento individuato, con apposito DPCM, come «stabilimento di interesse strategico nazionale»;
   presso lo stabilimento devono essere occupati almeno 200 lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, da almeno un anno;
   vi sia una assoluta necessità di salvaguardare l'occupazione e la produzione.

  Ai sensi del comma 4, le disposizioni che consentono allo stabilimento di proseguire Pag. 71l'attività alle condizioni indicate, trovano applicazione anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento. In tal caso, i provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato nell'autorizzazione, l'esercizio dell'attività d'impresa. Le disposizioni che consentono allo stabilimento di proseguire l'attività alle condizioni indicate, trovano applicazione anche quando l'autorità giudiziaria abbia adottato provvedimenti di sequestro sui beni dell'impresa titolare dello stabilimento. In tal caso, i provvedimenti di sequestro non impediscono, nel corso del periodo di tempo indicato nell'autorizzazione, l'esercizio dell'attività d'impresa.
  Ricorda che il sequestro preventivo (articolo 321 c.p.p.) è una misura cautelare reale, finalizzata ad impedire che la libera disponibilità di «una cosa pertinente al reato» possa aggravare o protrarre le conseguenze dell'illecito, ovvero agevolare la commissione di altri reati (comma 1). La funzione dell'istituto è, quindi, quella di inibire possibili attività illecite ponendo un vincolo di indisponibilità sui beni oggetto di sequestro. Nel necessario bilanciamento di interessi, il pericolo di aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato ovvero la possibile agevolazione della commissione di altri illeciti giustifica la compressione di diritti individuali costituzionalmente garantiti come il diritto di proprietà privata e di libera iniziativa economica. Le condizioni per la legittima adozione della misura, richiesta dal pubblico ministero e di competenza del giudice (il giudice del merito o, nella fase delle indagini preliminari, il GIP), consistono nella presenza contemporanea di due elementi: il fumus delicti e il periculum in mora. Oggetto del sequestro preventivo di cui all'articolo 321 del codice di procedura penale può, quindi, essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente, compresa persona estranea al reato – purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti. Tra i beni sequestrabili sono certamente compresi i beni aziendali; secondo Cassazione, sent. 29797 del 2001 è, ad esempio, legittimo il sequestro di un'intera azienda allorché vi siano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali sia, proprio per la sua collocazione strumentale, in qualche modo utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando che l'azienda in questione svolga anche normali attività imprenditoriali.
  Come accennato, l'articolo 3 mette in relazione la prosecuzione dell'attività d'impresa in pendenza del sequestro di beni aziendali alla motivazione della misura ovvero la sussistenza di ipotesi di reato in materia di sicurezza sul lavoro (si tratta sostanzialmente dei numerosi illeciti a carico del datore di lavoro previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, cd. testo unico sulla sicurezza sul lavoro). Si ricorda che, dopo la morte (8 giugno 2015) di un operaio in un incidente all'altoforno 2 dell'Ilva (l'operaio è stato investito da una improvvisa fiammata durante le operazioni di misurazioni della temperatura), lo stesso impianto è stato posto sotto sequestro preventivo dalla Procura di Taranto; il Gip convalidando il sequestro dell'altoforno 2 (con la motivazione che l'impianto non è sicuro e mette a rischio la vita degli operai) ha anche respinto la richiesta di facoltà d'uso presentata dai legali dei commissari dell'Ilva.
  Il decreto-legge in esame prevede che l'attività dello stabilimento possa proseguire per un periodo massimo di 12 mesi dall'adozione del richiamato provvedimento di sequestro subordinatamente alla presentazione – entro 30 giorni – di un piano contenente le misure aggiuntive, anche di natura provvisoria, per la tutela della sicurezza dei lavoratori sull'impianto oggetto del provvedimento di sequestro (commi 2 e 3). Il piano va comunicato all'autorità giudiziaria che ha disposto il sequestro ed è trasmesso al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, agli uffici Pag. 72della ASL e dell'INAIL competenti per territorio per le rispettive attività di vigilanza e controllo (comma 4).
  La descritta disciplina si applica anche ai provvedimenti di sequestro già adottati dalla magistratura al 4 luglio 2015 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame). Sia il termine di 12 mesi per il protrarsi dell'attività s'impresa che quello di 30 giorni per la redazione del piano per la sicurezza decorrono dalla data sopracitata (comma 5).
  L'articolo 4 reca infine l'entrata in vigore del provvedimento il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Massimo Felice DE ROSA (M5S), nel far presente che il provvedimento d'urgenza in discussione rappresenta l'ottavo decreto-legge sull'Ilva, giudica negativamente il testo dello stesso, che, tra l'altro, contrariamente a quanto da più parti auspicato, reca ulteriori modifiche al Codice dell'ambiente, di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006. Evidenzia il fatto che il decreto-legge in esame è volto a individuare soluzioni normative per affrontare casi specifici, configurandosi pertanto al pari dei provvedimenti ad personam denunciati nelle precedenti legislature. Stigmatizza infine la soccombenza dei principi della sicurezza dei lavoratori e della tutela dell'ambiente e della salute rispetto all'interesse economico-produttivo delle aziende, nonché l'indebita interferenza del potere legislativo sul potere giudiziario.

  Lara RICCIATTI (SEL) intende svolgere alcune brevi considerazioni di carattere generale sul provvedimento in esame. Innanzitutto sottolinea come il Governo abbia emanato l'ennesimo decreto-legge sulla questione ILVA, l'ottavo, senza che si sia ancora giunti ad una soluzione accettabile dal punto di vista del la questione del risanamento ambientale dell'area. Osserva, inoltre, che nell'ultimo decreto-legge era previsto, fra l'altro, che l'80 per cento delle prescrizioni previste nell'AIA dovessero essere realizzate entro il 15 luglio 2015, data che evidentemente non sarà rispettata.
  Evidenzia infine notevoli dubbi circa la costituzionalità delle disposizioni recate dall'articolo 3 che prevede il dissequestro nonché la ripresa dell'attività produttiva di un impianto in cui ha recentemente perso la vita un giovane operaio. Si tratta, a suo giudizio, di una questione umana, più che politica che in questa sede dovrebbe essere valutata con attenzione e con responsabilità.

  Gianluca BENAMATI (PD), nel ritenere che sui contenuti del decreto-legge in esame potrà svolgersi un approfondito confronto nelle Commissioni, osserva che in queste circostanze la politica deve assumersi le proprie responsabilità senza infingimenti.
  Ritiene doveroso sottolineare come il Partito democratico abbia a cuore, al pari degli altri gruppi, la sicurezza dei lavoratori e la salute dei cittadini, e intende salvaguardare continuità produttiva di impianti strategici e i livelli occupazionali. Sottolinea che il provvedimento d'urgenza in esame ha posto le condizioni per risolvere una situazione che difficilmente si sarebbe potuta immaginare e, a suo avviso, paradossale. Con riferimento alla questione dell'Ilva ritiene che ognuno debba riconoscere che la fermata dell'altoforno 2 avrebbe comportato il blocco della produzione dell'acciaio in Italia. Si deve pertanto intervenire per tutelare la sicurezza dei lavoratori e la salute dei cittadini, al fine di trovare un contemperamento degli interessi nella salvaguardia del sistema siderurgico italiano.

  Ignazio ABRIGNANI (FI-PdL) giudica semplicistico attribuire il ruolo di soggetto irresponsabile alla magistratura che ha disposto il sequestro degli impianti o al Governo che è intervenuto con il decreto-legge per garantire la ripresa dell'attività produttiva. Probabilmente la verità deve ricercarsi in una posizione mediana, e ritiene che sia necessario assicurare la continuità produttiva di aziende strategiche attraverso soluzioni alternative più ragionate. Invita quindi i relatori e tutti i colleghi, a valutare sia i profili di tutela Pag. 73della sicurezza dei lavoratori e della tutela della salute sia la questione della continuità produttiva di settori strategici della nostra economia industriale.

  Federico MASSA (PD), nel concordare con quanto affermato dal collega Benamati, ritiene che la magistratura e il Parlamento operino su due piani distinti e abbiano responsabilità diverse. Pur considerando perfettibile il provvedimento d'urgenza in esame, con particolare riferimento all'articolo 3, ove andrebbero definite in maniera più puntuale le attività di vigilanza, controllo e monitoraggio, considera doveroso il compito del Parlamento di tutelare gli interessi complessivi che incidono su determinate situazioni, individuando il punto di equilibrio degli interessi in gioco.

  Raffaello VIGNALI (AP) osserva preliminarmente che il provvedimento in esame affronta due situazioni industriali molto diverse tra loro. Giudica paradossale la situazione di Fincantieri. Osserva innanzitutto che non si tratta di rifiuti, ma di materie prime seconde che sono soggette a normative ben diverse. Sottolinea che, in questo caso, la raccolta degli scarti di lavorazione è avvenuta da parte di Fincantieri senza dichiarazione di agire conto terzi. Ritiene pertanto che il sequestro sia stato un provvedimento eccessivo perché, in presenza di una violazione amministrativa senza alcun danno per la salute e la sicurezza del lavoro, si sarebbe dovuto procedere con una sanzione amministrativa. Ritiene che si dovrebbe fare una seria riflessione sulle modalità di recepimento italiano delle direttive europee che hanno indotto il fenomeno del gold plating che, al di fuori di ogni criterio di ragionevolezza, mette in seria difficoltà le aziende italiane rendendole meno competitive rispetto a quelle di altri Paesi europei.

  Ettore Guglielmo EPIFANI, presidente, ritiene opportuno svolgere una più attenta riflessione sulle questioni emerse nel corso del dibattito. La vicenda del sequestro di Fincantieri, resa ancora più complicata dai rapporti con le società appaltatrici, giustifica l'intervento d'urgenza del Governo volto a consentire l'attività di circa 5 mila lavoratori che, in caso di blocco del cantiere, non avrebbero potuto avere nessuna forma di integrazione salariale. La questione dell'Ilva è evidentemente più delicata. Preso atto che in questa sede tutti hanno ugualmente a cuore la sicurezza dei lavoratori e la tutela dell'ambiente, sottolinea che il Paese sta tentando un'impresa ciclopica e complicata per salvare l'Ilva, mettere in sicurezza i lavoratori e salvaguardare l'ambiente. Si tratta infatti di un'azienda che occupa più di 10 mila lavoratori e assicura la produzione dell'acciaio in Italia. Aggiunge infine che l'esperienza italiana dimostra che i siti industriali sono bonificati e risanati solo se l'attività produttiva prosegue, mentre la chiusura degli stabilimenti si è sempre tradotta su tutto il territorio nazionale in una storia di bonifica mancata. L'operazione che si tenta di portare a compimento con questo ennesimo decreto è quella di far produrre l'Ilva garantendo condizioni di sicurezza ai lavoratori e di tutela ambientale.

  Piergiorgio CARRESCIA (PD) esprime preoccupazione per l'ampliamento della definizione di «produttore di rifiuti» introdotta dal decreto-legge, che includerebbe anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile la produzione dei rifiuti medesimi. Manifesta, infine, perplessità anche sulle disposizioni introdotte dall'articolo 1 del decreto-legge, con riferimento all'ampliamento della definizione di deposito temporaneo, che includerebbe anche il deposito preliminare alla raccolta dei rifiuti.

  Ettore Guglielmo EPIFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.