CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 11 giugno 2015
461.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 11 giugno 2015. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. — Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.40.

Sull'ordine dei lavori.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, propone, concorde la Commissione, di procedere a un'inversione nell'ordine dei lavori della seduta odierna, nel senso di procedere, dapprima, all'esame dello schema di decreto legislativo recante misure per la Pag. 72crescita e l'internazionalizzazione delle imprese (Atto n. 161) e all'esame dello schema di decreto legislativo in materia di trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici (Atto n. 162), quindi all'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, per la parte relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (Atto n. 172) e, da ultimo, all'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente (Atto n. 163).

Schema di decreto legislativo recante misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese.
Atto n. 161.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 13 maggio scorso.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che nella precedente seduta di esame il relatore, Sanga, aveva illustrato il contenuto del provvedimento.

  Giovanni SANGA (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 1).

  Daniele CAPEZZONE, presidente, propone di fissare il termine per la presentazione delle proposte di modifica alla proposta di parere del relatore alle ore 12 di martedì 16 giugno prossimo.

  Giovanni PAGLIA (SEL) chiede di poter disporre di termini più ampi per la predisposizione delle proposte di modifiche, fissando il relativo termine alle ore 12 di mercoledì 17 giugno.

  Marco CAUSI (PD) non ritiene opportuno posticipare eccessivamente il termine per la presentazione delle proposte di modifica alla proposta di parere del relatore, al fine di consentire alla Commissione di esprimere il parere sullo schema di decreto nella prossima settimana.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, alla luce delle risultanze emerse dal dibattito, avverte che il termine per la presentazione delle proposte di modifica alla proposta di parere del relatore è fissato alle ore 18 di martedì 16 giugno e che lo stesso parere sarà votato nella seduta di mercoledì o di giovedì prossimi.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo in materia di trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici.
Atto n. 162.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 12 maggio scorso.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, avverte che nella precedente seduta di esame il relatore, Sanga, aveva illustrato il contenuto del provvedimento.

  Paolo PETRINI (PD), relatore, formula una proposta di parere favorevole con osservazioni (vedi allegato 2).

  Daniele CAPEZZONE, presidente, informa che il termine per la presentazione delle proposte di modifica alla proposta di parere del relatore alle ore 18 di martedì 16 giugno.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/34/UE relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, per la parte relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, nonché in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro, e che abroga e sostituisce il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87.
Atto n. 172.
(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, in sostituzione del relatore, Gitti, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna, rileva come la Commissione sia chiamata a esaminare, ai fini del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/34/UE, relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese dei Paesi membri dell'Unione europea (Atto n. 172), in attuazione della delega in materia prevista dall'articolo 1, comma 1, e dall'allegato B della legge n. 154 del 2014, recante la legge di delegazione europea.
  La predetta legge di delegazione europea rinvia, per quanto riguarda le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, alle disposizioni previste dalla legge n. 234 del 2012, sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  Segnala come il termine per l'espressione del parere sullo schema di decreto scada il 29 giugno 2015.
  Per quanto riguarda il contenuto della direttiva 2013/34/UE, rileva come essa sia volta a migliorare la portata informativa del documento contabile e ad avviare un processo di semplificazione degli oneri amministrativi, e quindi del carico normativo, che regola la redazione e la pubblicazione del bilancio.
  Le innovazioni introdotte mirano a rendere più trasparenti i rapporti commerciali tra imprese residenti in uno Stato UE e soggetti residenti in uno Stato UE diverso, nonché per tutelare i soci terzi. In particolare, tali innovazioni rispondono ai seguenti obiettivi:
   a) ridurre gli oneri amministrativi a carico soprattutto delle piccole e medie imprese e semplificarne la relativa disciplina;
   b) migliorare la comparabilità dell'informativa resa con i bilanci;
   c) tutelare l'interesse degli utilizzatori dei bilanci con una corretta rappresentazione delle informazioni contabili più rilevanti;
   d) migliorare la trasparenza relativa ai pagamenti effettuati ai governi da parte delle grandi imprese e degli enti di interesse pubblico attivi nelle industrie estrattive o che utilizzano aree forestali primarie.

  In particolare, le disposizioni della direttiva 2013/34/UE, secondo quanto indicato nell'articolo 1, paragrafo 1, riguardano in primo luogo le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società in accomandita per azioni, a cui si aggiungono anche le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice. Sono escluse le imprese senza fine di lucro, ovvero le imprese regolamentate da altre normative specifiche al settore di loro appartenenza.
  Ai sensi dell'articolo 2 della direttiva, tra le imprese rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 1 vi sono gli «enti di interesse pubblico», che comprendono, oltre alle società i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro, gli enti creditizi, le imprese di assicurazione e le imprese designate dagli Stati membri quali enti di interesse pubblico, ad esempio le imprese che presentano un interesse pubblico significativo per via della natura della loro attività, delle loro dimensioni o del numero di dipendenti.Pag. 74
  I soggetti destinatari della normativa sono, inoltre, raggruppati sulla base di dati quantitativi riferiti all'attivo dello stato patrimoniale, ai ricavi e al numero medio dei dipendenti, distinguendo tra imprese singole e realtà aziendali facenti parte di un gruppo.
  L'individuazione di questi tipi di imprese ha come principale finalità quella di identificare i fruitori delle semplificazioni degli adempimenti amministrativi in termini di redazione e pubblicazione del bilancio di esercizio.
  A tal proposito, segnala come l'articolo 3 detti i parametri quantitativi per distinguere, nel caso di singole aziende, le microimprese dalle piccole imprese, dalle medie imprese e dalle grandi imprese, mentre, nel caso di gruppi aziendali, vengono separati i piccoli gruppi, dai gruppi di medie dimensioni e dai grandi gruppi.
  Per quanto attiene ai limiti numerici, almeno due su tre, da rispettare alla data di chiusura del bilancio, essi sono i seguenti:

Parametri Micro imprese Piccole imprese Medie imprese Grandi imprese
Stato patrimoniale (euro) ≤ 350.000 ≤ 4.000.000 ≤ 20.000.000 › g 20.000.000
Ricavi netti vendite
e prestazioni (euro)
≤ 700.000 ≤ 8.000.000 ≤ 40.000.000 › g 40.000.000
Numero medio dei
dipendenti (unità)
≤ 10 ≤ 50 ≤ 250 › g 250

  Con riferimento ai gruppi societari, segnala quindi come la direttiva stabilisca che, affinché l'impresa madre e le imprese figlie rientrino a pieno titolo all'interno di un raggruppamento piuttosto che di un altro, necessita che almeno due dei tre limiti, di seguito riportati, vengano rispettati alla data di chiusura dell'esercizio.

Parametri Gruppi piccoli Gruppi medi Gruppi grandi
Stato patrimoniale (euro) ≤ 4.000.000 ≤ 20.000.000 › g 20.000.000
Ricavi netti vendite
e prestazioni (euro)
≤ 8.000.000 ≤ 40.000.000 › g 40.000.000
Numero medio dei
dipendenti (unità)
≤ 50 ≤ 250 › g 250

  La classificazione delle imprese in quattro fasce (le microimprese, le piccole imprese, le medie imprese e le grandi imprese), individuate in base a parametri di natura quantitativa (totale dello Stato patrimoniale, ricavi, numero dei dipendenti) è funzionale a disegnare un regime semplificato per le imprese di minori dimensioni, in ossequio alla Comunicazione della Commissione intitolata «Pensare innanzitutto in piccolo»: gli obblighi in materia di informativa contabile, ivi compresi quelli di pubblicazione dei documenti, sono infatti modulati in base alle dimensioni dell'impresa, potendo questa attività risultare oltremodo onerosa per le microimprese.
  Il termine per il recepimento della direttiva è fissato al 20 luglio 2015, interessando la redazione dei bilanci a partire dal 2016.
  Passando al contenuto dello schema di decreto, ricorda in primo luogo che esso si applica a due distinte categorie di intermediari finanziari:
   confidi minori e operatori di microcredito, che non sono tenuti alla redazione dei bilanci secondo le norme contabili internazionali IFRS, International Financial Pag. 75Reporting Standards (cosiddetti intermediari non IFRS), cui si applica il Capo II, recante la disciplina del bilancio d'impresa e del bilancio consolidato;
   intermediari finanziari e bancari tenuti alla redazione dei bilanci secondo i princìpi IFRS (cosiddetti intermediari IFRS), cui si applica il Capo III, recante esclusivamente norme in materia di bilancio consolidato, in quanto essi sono già obbligati a seguire i principi internazionali: il decreto legislativo n. 38 del 2005, esercitando le opzioni previste dal regolamento (CE) 1606/2002, già prevede infatti, in capo a tali soggetti, l'obbligo di utilizzare i princìpi contabili internazionali.

  Rileva come il provvedimento riprenda numerose disposizioni del decreto legislativo n. 87 del 1992, di cui propone contestualmente l'abrogazione: esso ha recepito la direttiva 86/635/CEE relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari e la direttiva 89/117/CEE relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro.
  Segnala inoltre come contestualmente allo schema di decreto, è in corso di esame da parte delle Commissioni riunite II e VI lo schema di decreto legislativo n. 171, cui è affidata, invece, l'attuazione della medesima direttiva 2013/34/UE, con riferimento alle società di capitali e ad altri soggetti.
  Più in dettaglio, lo schema di decreto si compone di 5 Capi e 49 articoli: oltre ai citati Capi II e III, il Capo I reca le disposizioni generali, il Capo IV riguarda la disciplina dei documenti contabili delle succursali di banche e società finanziarie di altri Paesi, il Capo V disciplina i poteri delle autorità competenti e le sanzioni, mentre il Capo VI contiene le disposizioni finali.
  L'articolo 1 reca le definizioni, distinguendo gli intermediari che adottano i princìpi contabili internazionali IFRS (International Financial Reporting Standards) e gli intermediari non IFRS.
  Ai sensi della lettera c), comma 1, alla nozione di intermediario IFRS sono riconducibili i soggetti elencati nell'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 38 del 2005, cui l'articolo rinvia.
  In particolare la nozione riguarda:
   le banche italiane;
   le società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti dall'apposito albo previsto dall'articolo 64 del testo unico bancario (TUB) (albo dei gruppi bancari);
   le società di intermediazione mobiliare (SIM), definite dall'articolo 1, comma 1, lettera e), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) qualificate come imprese autorizzate a svolgere servizi o attività di investimento, avente sede legale e direzione generale in Italia e diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari;
   le capogruppo dei gruppi di SIM, iscritti nell'albo previsto dall'articolo 11, comma 1-bis, del TUF;
   le società di gestione del risparmio (SGR), definite dall'articolo 1, comma 1, lettera o), del medesimo TUF, quali «società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio»;
   le società finanziarie iscritte nell'apposito albo di cui all'articolo 107 del TUB; al riguardo segnala che la formulazione vigente dell'articolo 107 reca le condizioni di autorizzazione all'esercizio dell'attività degli intermediari e non più un elenco speciale degli stessi;
   gli istituti di moneta elettronica previsti dal titolo V-bis del TUB;
   gli istituti di pagamento previsti dal titolo V-ter del TUB.

  Secondo la lettera d) del comma 1, con intermediari non IFRS devono intendersi gli operatori del microcredito e i confidi minori: si tratta dei soggetti iscritti negli elenchi previsti, rispettivamente, dall'articolo 111 e dall'articolo 112-bis del TUB.Pag. 76
  In merito ricorda che l'articolo 111 del TUB – in deroga a quanto stabilito dall'articolo 106, comma 1, in materia di albo degli intermediari finanziari – prevede uno specifico elenco di soggetti autorizzati a concedere finanziamenti per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa, a condizione che i finanziamenti siano di ammontare non superiore a 25.000 euro e non siano assistiti da garanzie reali; siano finalizzati all'avvio o allo sviluppo di iniziative imprenditoriali o all'inserimento nel mercato del lavoro; siano accompagnati dalla prestazione di servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati.
  L'articolo 112-bis del TUB istituisce l'Organismo per la tenuta dell'elenco dei confidi. Tale elenco è previsto dall'articolo 112, comma 1, del TUB e vi sono iscritti confidi, anche di secondo grado, che esercitano in via esclusiva l'attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi a essa connessi o strumentali. Ricorda che i confidi tenuti all'iscrizione all'Albo degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del TUB non sono tenuti all'iscrizione dell'albo di cui all'articolo 112.
  Segnala quindi come la strutturazione dell'apparato delle definizioni previste dall'articolo derivi anche da quanto disposto dalla riforma dei soggetti operanti nel settore dell'intermediazione finanziaria operata dal decreto legislativo n. 141 del 2010, di attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, che ha determinato sostanzialmente la seguente tripartizione: soggetti autorizzati a erogare finanziamenti nei confronti del pubblico ed iscritti in apposito albo previsto dal TUB all'articolo 106; confidi minori e operatori del microcredito (i soggetti non IFRS); altri soggetti non iscritti ad albo e non sottoposti a vigilanza tenuti a redigere i bilanci secondo le norme del codice civile e del decreto legislativo n. 171 del 1991. Con riferimento ai confidi, infatti, il decreto legislativo n. 141 del 2010 ha previsto l'iscrizione all'Albo generale («Albo unico» per tutti gli intermediari autorizzati ad esercitare attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma nei confronti del pubblico) ex articolo 106 per i confidi che superano determinate soglie patrimoniali. La riforma ha poi previsto l'istituzione di un nuovo elenco, riferibile ai confidi cosiddetti «minori» (di cui all'articolo 112 del TUB) che esercitano in via esclusiva l'attività di garanzia collettiva dei fidi, tenuto da un apposito Organismo di diritto privato disciplinato dall'articolo 112-bis del TUB. Ai fini del Capo II, dedicato agli intermediari non IFRS, le lettere f), g) e h) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto definiscono le seguenti nozioni:
   «controllo», ricorrente nelle ipotesi previste dall'articolo 23 del TUB, ai sensi del quale, il controllo sussiste nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile: in particolare il comma secondo prevede che la società è da considerarsi controllata da altra società quando questa possiede un numero di azioni tale da assicurarle la maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie, o quelle che, in virtù di particolari vincoli contrattuali, sono sotto l'influenza dominante di altra società; il medesimo articolo 23 stabilisce anche che il controllo sussiste in presenza di contratti o di clausole statutarie che abbiano per oggetto o per effetto il potere di esercitare l'attività di direzione e coordinamento; ai fini del Capo III si fa riferimento ai princìpi contabili internazionali adottati dall'Unione europea;
   «impresa collegata», consistente in un'impresa in cui un'altra impresa detiene una partecipazione e sulla cui gestione e politica finanziaria esercita un'influenza notevole;
   «partecipazioni», consistenti in diritti, rappresentati o meno da titoli, nel capitale di altre imprese i quali, in presenza di una situazione di legame durevole con esse, sono destinati a sviluppare l'attività del partecipante.

  In relazione ad altre nozioni (strumento finanziario e strumento finanziario derivato; fair value; parte correlata), il comma 2 dell'articolo 1 dello schema rinvia Pag. 77ai princìpi contabili internazionali adottati dall'Unione europea.
  In particolare, ricorda che i principi contabili internazionali qualificano il fair value (valore corretto, valore coerente o congruo, valore corrente o di mercato) come il corrispettivo al quale un'attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti. Esso include quindi gli elementi fondamentali del consenso e della consapevolezza delle parti, nonché quello della piena libertà della contrattazione, cioè la mancanza di vincoli che obblighino o forzino i soggetti a concludere l'operazione.
  Illustra quindi l'articolo 2, in materia di redazione dei bilanci, il quale si colloca all'interno del Capo II ed è quindi da riferirsi, insieme agli altri articoli che costituiscono il medesimo Capo, agli intermediari non IFRS disciplinati dallo schema di decreto: gli operatori del microcredito e i confidi minori.
  Ai sensi dei commi da 1 a 4 si prevede che gli amministratori degli intermediari non IFRS – o altro organo individuato da norma di legge o dagli statuti – redigano il bilancio dell'impresa e, ove ricorrano determinati presupposti previsti dall'articolo 22 del presente provvedimento, il bilancio consolidato. I bilanci d'esercizio sono costituiti dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa. Quando i bilanci non sono sufficienti a restituire una descrizione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico d'esercizio, la nota integrativa fornisce le ulteriori informazioni necessarie.
  Ai sensi del comma 5, le disposizioni di carattere generale sulla redazione dei bilanci possono essere derogate quando dal rispetto delle stesse derivi una rappresentazione non veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa, nonché del risultato economico dell'esercizio. In tali casi la nota integrativa al bilancio dovrà indicare tali discostamenti dalla disciplina applicabile e le relative motivazioni. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato.
  Le disposizioni dell'articolo sono dettate in analogia a quanto previsto dall'articolo 2423 del codice civile dedicato alla redazione dei bilanci e riprendono quanto previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 87 del 1992 oggetto di abrogazione da parte dello schema di decreto.
  L'articolo 3 stabilisce la redazione di un rendiconto separato relativo a ciascun patrimonio destinato in via esclusiva ad uno specifico affare, come previsto dall'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile. Esso riprende quanto previsto dall'articolo 2-bis del decreto legislativo n. 87 del 1992. Il rendiconto separato deve rispettare le disposizioni previste dallo schema e dalle disposizioni tecniche emanate dalla Banca d'Italia, quale autorità competente ai sensi dell'articolo 43.
  Illustra l'articolo 4, comma 1, il quale, nell'ambito della sezione II dedicata al bilancio dell'impresa, stabilisce che gli intermediari non IFRS sono tenuti a rispettare le disposizioni del decreto legislativo e delle disposizioni tecniche emanate dalla Banca d'Italia. Tali disposizioni possono prevedere la possibilità di considerare totali parziali o nuove voci, ma solo nel caso che il contenuto delle nuove voci non sia riconducibile a quello delle voci già previste.
  Il comma 2 stabilisce che ogni voce debba riportare l'importo della voce corrispondente nell'anno precedente. Nei casi in cui le due voci non siano comparabili possono essere stabilite delle forme di adattamento da parte delle disposizioni della Banca d'Italia. In ogni caso la non comparabilità dovrà essere segnalata nella nota integrativa al bilancio.
  Gli schemi di stato patrimoniale e di conto economico degli intermediari non IFRS, secondo quanto disposto dall'articolo 5, ai commi da 1 a 5, sono redatti secondo quanto stabilito dal presente decreto e dalle successive disposizione tecniche. Il sistema contabile degli schemi deve consentire il raccordo con il conto Pag. 78del bilancio. Viene stabilito inoltre che i criteri per la redazione del bilancio non possono essere modificati da un anno all'altro ed eventuali deroghe a tale principio devono essere indicate nella nota integrativa, insieme all'indicazione dei relativi effetti nella rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Attraverso le disposizioni adottate dalla Banca d'Italia, si possono prevedere le modalità di applicazione del principio generale della prevalenza della sostanza sulla forma, nonché le deroghe, soddisfatte determinate condizioni, del principio del divieto dei compensi di partite (divieto di compensazioni tra valori di bilancio di segno opposto).
  Con riferimento al principio di prevalenza della sostanza, segnala come l'articolo 6, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2013/34/UE stabilisca che la rilevazione e la presentazione delle voci nel conto economico e nello stato patrimoniale tengono conto della sostanza dell'operazione e del contratto in questione derivando tale principio dal sistema IFRS: l'International Accounting Standard Board ha stabilito che il bilancio debba essere redatto in modo da riportare «the substance of contractual rights and contractual obligation». L'articolo 2423-bis, primo comma, numero 1), del codice civile, recependo il principio di prevalenza della sostanza sulla forma, nella sua attuale formulazione afferma che la valutazione delle voci del bilancio deve essere condotta – oltre che in base al principio di prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività – tenendo conto «della funzione economica dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato».
  Rammenta al riguardo che l'articolo 6, comma 3 del citato schema di decreto n. 171, presentato contestualmente al provvedimento in esame, apporta modifiche all'articolo 2423-bis del codice civile. In particolare modifica il richiamato primo comma, numero 1) dell'articolo 2423-bis, eliminando il riferimento alla funzione economica degli elementi rappresentati in bilancio ed inserendo un nuovo numero 1-bis), col quale viene disposto che la valutazione delle voci sia fatta tenendo conto della sostanza dell'operazione o del contratto, come previsto dalla direttiva.
  Il comma 6 dell'articolo 5 afferma che la situazione dei conti alla data di apertura dell'esercizio debba corrispondere a quella confluita nel bilancio approvato nell'esercizio precedente. Il bilancio deve essere scritto in euro, senza cifre decimali, e solo gli atti delle autorità competenti possono stabilire le eccezioni a tale regola, mentre il comma 7 indica che le note integrative possono essere redatte in migliaia di euro.
  Il comma 8 riprende il principio di competenza e il principio di prudenza, il quale ultimo è privilegiato nella misura in cui non vi sia formazione di riserve non esplicite.
  Passa a illustrare l'articolo 6, il quale dispone in ordine alle modalità di contabilizzazione dell'attivo. Il comma 1 prevede che i crediti derivanti da contratti di finanziamento siano contabilizzati per l'importo erogato.
  Ai sensi del comma 2 tutti gli altri elementi sono contabilizzati al costo di acquisto (comprendente qualsiasi corrispettivo, inclusi i costi accessori) ovvero di produzione (comprendente tutti i costi imputabili al prodotto). Il costo di produzione può comprendere anche altri costi ragionevolmente imputabili al prodotto e relativi al periodo di fabbricazione fino al momento in cui il bene può essere utilizzato. Oneri relativi al finanziamento della fabbricazione del prodotto possono essere considerati con apposita segnalazione nella nota integrativa. Restano esclusi i costi di distribuzione.
  Il costo degli elementi fungibili (inclusi i valori mobiliari), secondo il comma 3, può essere considerato in base a valori medi ponderati o rispettando determinati metodi di calcolo. I metodi previsti dall'articolo 6 sono quelli ammessi dal codice civile, all'articolo 2426, primo comma, numero 10): il LIFO (Last In First Out o «Ultimo Entrato Primo Uscito»), il FIFO (First In First Out o «Primo Entrato Primo Uscito») e il costo medio ponderato.Pag. 79
  L'articolo 7, in materia di rettifiche di valori e fondi per rischi e oneri, stabilisce al comma 1 l'obbligo di effettuare direttamente la rettifica in diminuzione in occasione di svalutazione o ammortamento di elementi dell'attivo.
  Il comma 2 enumera i casi in cui possono essere previsti i fondi per rischi e oneri e stabilisce che tali fondi non possono rettificare valori dell'attivo. Essi, inoltre, non possono superare l'importo necessario alla copertura dei rischi a fronte dei quali sono costituiti. La disposizione del comma 2 è da collegare a quanto previsto dal comma 1, in quanto l'obbligo di svalutare in via diretta il valore delle attività comporta che nel passivo dello stato patrimoniale non possano essere iscritti fondi rettificativi di elementi dell'attivo.
  L'articolo 8 reca la disciplina generale sulle immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie. Le immobilizzazioni sono definite in analogia a quanto previsto dall'articolo 10 del decreto legislativo n. 87 del 1992: rispetto a tale disposizione sono eliminati i costi di ricerca dal novero delle immobilizzazioni immateriali (non più previsti dalla direttiva n. 2013/34/UE).
  In tale contesto ricorda che il primo comma dell'articolo 2424-bis del codice civile stabilisce che gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni.
  In base al comma 1 le immobilizzazioni materiali sono costituite da terreni, fabbricati, impianti tecnici, attrezzature di qualsiasi tipo, nonché dagli acconti versati per l'acquisto o la costruzione di tali beni; sono da considerarsi anche le immobilizzazioni in corso di completamento. I terreni e i fabbricati includono tutti i diritti reali di godimento su immobili e i diritti a questi assimilabili ai sensi della legislazione del Paese dove il bene è ubicato. Costituiscono inoltre immobilizzazioni materiali tutti gli altri beni materiali destinati ad essere utilizzati durevolmente dall'impresa.
  Ai sensi dei commi 2 e 3 costituiscono invece immobilizzazioni immateriali (quindi caratterizzate dall'intangibilità) inserite nei conti dell'attivo: a) i costi di impianto e di ampliamento e di sviluppo, quando abbiano utilità pluriennale; b) l'avviamento, se acquisito a titolo oneroso; c) i diritti di brevetto e di utilizzazione delle opere dell'ingegno, le concessioni, le licenze, i marchi, i diritti e i beni simili e i relativi acconti versati; d) tutti gli altri costi pluriennali. Per alcune delle suddette categorie di immobilizzazioni immateriali (in particolare le immobilizzazioni di cui alle citate lettere a), b) e d) l'iscrizione all'attivo è consentita ove autorizzata dall'organo di controllo.
  Secondo il comma 4 sono considerate immobilizzazioni finanziarie le partecipazioni, incluse quelle in imprese del gruppo; i titoli e gli altri valori mobiliari sono considerati immobilizzazioni finanziarie solo se destinati ad essere utilizzati durevolmente dall'impresa.
  L'articolo 9 autorizza l'eventuale costituzione di un fondo per la copertura dei rischi propri delle operazioni finanziarie, prevedendo che i movimenti ascrivibili al fondo sono riportati in apposita voce del consuntivo.
  I ratei e i risconti, secondo quanto stabilito dall'articolo 10, sono indicati in apposite voci di attivo e passivo nello stato patrimoniale. Alle norme tecniche emanate dalla Banca d'Italia è attribuita la definizione dei casi per i quali è ammessa la rettifica.
  L'articolo 11, comma 1, prevede che interessi, proventi, oneri assimilati relativi a titoli, crediti e debiti siano contabilizzati secondo il principio di competenza. Tali proventi e oneri assimilati sono definiti dal comma 2. Vi rientrano, tra l'altro: la differenza tra il costo di acquisto e il valore superiore di rimborso dei titoli di debito che costituiscono immobilizzazioni finanziarie; le riduzioni e gli aumenti di costo rivenienti dalla assunzione di debiti, rispettivamente, sopra o sotto la pari; le commissioni e le provvigioni calcolate in funzione dell'importo o della durata del credito o del debito cui si riferiscono.
  In particolare la lettera e) del comma 2 include nell'elencazione proventi e oneri Pag. 80derivanti da operazioni «fuori bilancio» destinate a coprire attività o passività. In tale categoria possono rientrare operazioni che gli intermediari non IFRS potrebbero porre in essere per trasferire i rischi di mercato cui sono esposti portafogli di attività ovvero passività finanziarie oppure specifiche attività o passività finanziarie.
  In tale contesto rileva come l'articolo 12 rechi le norme per la contabilizzazione dei profitti e delle perdite da operazioni in bilancio e fuori bilancio: si tratta, ai sensi della lettera a), dell'attività di negoziazione su titoli che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, ai sensi della lettera b) delle valute, nonché, ai sensi della lettera c), dei metalli preziosi e altri strumenti finanziari. Con riferimento a tali attività, la norma prevede che l'utile o la perdita debbano rappresentare il saldo complessivo dei profitti e delle perdite delle operazioni finanziarie. Tale previsione è finalizzata ad evidenziare in maniera chiara il risultato dell'attività complessiva di negoziazione dell'intermediario.
  L'articolo 13 reca la disciplina generale delle valutazioni. La disposizioni riprendono, sostanzialmente, quanto previsto dall'articolo 2423-bis del codice civile e sono dettati in continuità con quanto prevede l'articolo 15 del decreto legislativo n. 87 del 1992.
  Segnala come vi si preveda che: la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell'attività; i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro; si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio (salvo deroghe previste dal presente decreto); si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo; vanno considerate, in ogni caso, tutte le rettifiche di valore. È previsto inoltre l'obbligo di valutare in modo coerente le attività e le passività (in bilancio e «fuori bilancio») tra loro collegate.
  Il comma 2 stabilisce che, in casi eccezionali, possono essere previste deroghe da indicare nella nota integrativa, insieme con l'illustrazione degli effetti della deroga.
  Sotto il profilo della formulazione del testo segnala l'opportunità di valutare la modifica della rubrica dell'articolo, al fine di chiarire che i principi generali riguardano la disciplina delle valutazioni.
  In tale ambito rileva come l'articolo 14 rechi disposizioni per la valutazione delle immobilizzazioni immateriali.
  Il comma 1 stabilisce che le immobilizzazioni immateriali devono essere ammortizzate in via sistematica in ogni esercizio. Secondo la relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 127 del 1991, di attuazione delle direttive n. 78/660/CEE e n. 83/349/CEE in materia societaria, relative ai conti annuali e consolidati – citata dalla relazione al presente schema di decreto – l'avverbio «sistematicamente» mira ad evitare che gli ammortamenti vengano accelerati o rallentati nei vari esercizi a seconda della convenienza, anziché essere effettuati in conformità a piani: l'ammortamento deve essere, infatti, operato in conformità di un piano prestabilito.
  Poiché le immobilizzazioni immateriali sono costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo ma lungo un arco temporale di più esercizi, qualora non sia facile stimare in maniera attendibile i tempi di vita utile delle stesse in termini di avviamento e sviluppo, il comma 2 prevede che i relativi costi siano ammortizzati entro dieci anni per l'avviamento e cinque anni per lo sviluppo.
  In base ai commi 3 e 4 i costi pluriennali contemplati dall'articolo 8, comma 2, lettera d), nonché i costi di impianto e ampliamento, devono essere ammortizzati entro cinque anni; con riferimento ai suddetti costi, finché l'ammortamento non è completato si può dar luogo alla distribuzione dei dividendi solo in presenza di riserve necessarie all'ammortamento stesso.
  Ai sensi dei commi 5 e 6 qualora le immobilizzazioni immateriali risultino di valore inferiore alla chiusura dell'esercizio, esse andranno iscritte a tale minor Pag. 81valore, che non può essere mantenuto negli esercizi successivi qualora vengano a mancare i motivi della rettifica effettuata.
  In analogia a quanto previsto dall'articolo 14 in relazione alle immobilizzazioni immateriali, il comma 1 dell'articolo 15 impone l'ammortamento del costo in maniera «sistematica» anche nel caso delle immobilizzazioni materiali.
  Il comma 2 prevede che si applica la stessa disposizione dell'articolo 14 in caso di minor valore risultante.
  Ai sensi dell'articolo 16, comma 1, le immobilizzazioni finanziarie si valutano al costo d'acquisto. Quando alla chiusura del bilancio d'esercizio il loro valore risulta durevolmente inferiore, esse devono essere iscritte a tale minor valore tenendo conto delle quotazioni nei casi in cui le immobilizzazioni siano costituite da titoli ovvero considerando l'andamento del mercato negli altri casi.
  Ai sensi del comma 2 la svalutazione diviene obbligatoria nei casi in cui le immobilizzazioni non siano costituite da partecipazioni, quando la situazione di criticità nella solvibilità dell'emittente risulti essere duratura e quando si verifichi il deterioramento della capacità di rimborso del Paese di residenza dell'emittente medesimo. Anche quando la partecipazione registri una perdita di valore durevole si applica l'obbligo di svalutazione.
  Il comma 3 prevede l'applicazione dei criteri suddetti ai valori mobiliari che rappresentano operazioni «fuori bilancio» diverse da quelle su valute, nei casi si tratti di immobilizzazioni finanziarie, mentre il comma 4 ribadisce, per il caso delle immobilizzazioni finanziarie, la norma secondo cui la svalutazione non può essere mantenuta qualora siano venuti meno i motivi che l'hanno originata.
  Con riferimento all'articolo 17, segnala come esso disponga in ordine alla valutazione delle partecipazioni rilevanti, costituite dalle partecipazioni in imprese controllate o collegate (vale a dire, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera g), dello schema di decreto – corrispondente all'articolo 2, numero 13), della direttiva in recepimento – un'impresa in cui un'altra impresa detiene una partecipazione e sulla cui gestione e politica finanziaria esercita un'influenza notevole. Si presume che un'impresa eserciti un'influenza notevole su un'altra impresa quando detiene il 20 per cento o più dei diritti di voto degli azionisti o soci di tale altra impresa). In tali casi viene stabilito un metodo alternativo di valutazione (cosiddetto metodo del «patrimonio netto»).
  Ai sensi del comma 2 le partecipazioni possono essere valutate «al valore della frazione, corrispondente alla quota di partecipazione, di patrimonio netto della partecipata».
  In base al comma 5 tale valore può essere rettificato in relazione all'andamento del valore del patrimonio netto (ovvero patrimonio netto consolidato se le imprese sono tenute alla redazione del bilancio consolidato) della partecipata, corrispondente alla quota di partecipazione. Sono detratti i dividendi ad essa corrispondenti. Come illustrato dalla relazione di accompagnamento allo schema di decreto legislativo, l'impresa che per la prima volta applica il metodo del patrimonio netto modifica il valore contabile della partecipazione per adeguarlo alla frazione di patrimonio netto della partecipata corrispondente alla quota di interessenza. L'eventuale differenza positiva, per la parte riferibile a beni ammortizzabili e all'avviamento, viene ammortizzata secondo le pertinenti disposizioni del decreto. Se la differenza è di segno negativo, essa è iscritta (per la parte non attribuibile a elementi dell'attivo o del passivo della partecipata) in una riserva non distribuibile ovvero nei fondi per rischi e oneri diversi, qualora il minor costo rispetto al patrimonio netto sconti la previsione di future perdite della partecipata. Il valore della partecipazione così determinato deve essere annualmente aumentato o diminuito, in proporzione alla quota di capitale posseduto, della variazione intervenuta nel patrimonio netto della partecipata. L'eccedenza degli incrementi rispetto ai dividendi percepiti o assegnati va imputata in una riserva non distribuibile. Per l'applicazione del metodo dovranno essere eliminati Pag. 82i profitti e le perdite risultanti da operazioni di negoziazione, secondo le procedure di eliminazione dal bilancio consolidato dettate dall'articolo 31, comma 1, lettera c).
  Ai sensi del comma 6 tale eliminazione può essere omessa se di importo irrilevante (in analogia a quanto stabilito dall'articolo 31, comma 2).
  Illustra quindi l'articolo 18, il quale disciplina la valutazione delle attività diverse dalle immobilizzazioni.
  Il comma 1 prevede che i titoli quotati che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie sono valutati al minor valore tra il costo di acquisto e il valore di mercato oppure al valore di mercato con indicazione delle rivalutazioni nella nota integrativa.
  Ai sensi dei commi 2, 4 e 5 i titoli non quotati sono valutati al costo di acquisto. In questo caso eventuali svalutazioni (mancando la quotazione di mercato) dovranno essere effettuati sulla base della solvibilità del debitore ovvero in relazione alle difficoltà di servizio del debito nel Paese di residenza del debitore stesso, anche tenendo conto di fattore economici negativi. Secondo il comma 3 tali criteri trovano applicazione anche per gli impegni che comportino assunzioni di rischi di credito.
  In base al comma 6 i criteri appena ricordati applicabili ai titoli quotati o non quotati sono applicabili anche ai valori mobiliari (quotati o meno), sempre a condizione che essi non costituiscano immobilizzazioni finanziarie. Essi sono applicati, per quanto possibile, per la valutazione di tutte le attività che non costituiscono immobilizzazioni. Secondo i commi 7 e 8 le svalutazioni non possono essere mantenute quando vengano meno i presupposti che le hanno originate.
  L'articolo 19, al comma 1 stabilisce che le attività e le passività in valuta, diverse da quelle relative a operazioni fuori bilancio, sono valutate al tasso di cambio «a pronti» (quindi per scambi di valuta «on the spot», ovvero nell'immediato che normalmente diventano effettivi dopo due giorni) corrente alla fine dell'esercizio. Soltanto per le immobilizzazioni che non risultano «coperte» da operazioni in valuta di segno opposto è possibile adottare un criterio di valutazione basato sul cambio «storico».
  Con riferimento ad operazioni in valuta fuori bilancio, il comma 2 introduce una distinzione tra le operazioni «a pronti» non ancora regolate finanziariamente e quelle «a termine» (tassi di cambio per scambi di valuta che si verificano ad una data futura, cosiddetti forward). Mentre alle prime è applicato il cambio «a pronti» corrente, per le seconde deve essere adottato, per omogeneità, il cambio «a termine» corrente per scadenze temporali corrispondenti a quelle delle operazioni oggetto di valutazione.
  Il comma 3 stabilisce che la differenza di conversione derivante dal processo di valutazione dell'insieme delle attività e delle passività in valuta, «a pronti» e «a termine», sia iscritta nel conto economico tra i proventi (o tra le perdite) da operazioni finanziarie.
  Ai sensi dell'articolo 20, che reca i criteri generali sulla nota integrativa, gli intermediari non IFRS possono arricchire la nota integrativa – suddivisa in sezioni riferibili a singoli sezioni dell'attività aziendale – con informazioni aggiuntive rispetto ai contenuti necessari fissati dall'articolo 21, da altre disposizioni dello schema di decreto, nonché dalle disposizioni tecniche emanate dalla Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 43.
  Passa a illustrare il contenuto dell'articolo 21, il quale indica una serie di contenuti della nota integrativa. In sintesi essa deve riportare:
   le politiche contabili adottate;
   nome e sede legale di tutte le imprese nelle quali l'intermediario possiede una partecipazione con una serie di ulteriori informazioni ad esso riferite;
   l'ammontare dei compensi che spettano agli amministratori e ai sindaci, compresi crediti erogati e garanzie prestate a loro favore;
   il numero medio dei dipendenti ripartito per categorie;Pag. 83
   i dati (ad esempio numero e valore nominale) relativi ad azioni e quote dell'ente;
   i crediti in sofferenza e per interessi di mora;
   il fair value e altre informazioni circa gli strumenti finanziari derivati;
   l'indicazione, per le immobilizzazioni iscritte ad un valore superiore rispetto alla valutazione ai sensi dell'articolo 16, della valutazione ridotta e dei motivi della mancata riduzione, specificando i motivi in base ai quali si ritiene possibile che il valore possa essere recuperato;
   le operazioni rilevanti con parti correlate e non concluse a normali condizioni di mercato, specificando ogni informazione utile alla comprensione del bilancio, nonché gli effetti di tali operazioni;
   natura e obiettivi commerciali di accordi non rilevati dallo stato patrimoniale con l'indicazione dei loro effetti, nei casi in cui tali accordi siano di rilevo;
   i dati (in particolare nome e sede legale) relativi alla controllante tenuta alla redazione del bilancio consolidato, nonché l'indicazione del luogo ove è possibile reperire copia del bilancio consolidato medesimo.

  Rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo n. 87 del 1992, le informazioni da includere nella nota integrativa sono state integrate tenendo conto di quanto previsto dalla direttiva n. 2013/34/UE includendovi, fra l'altro, la natura e l'effetto finanziario, patrimoniale ed economico dei fatti di rilievo intervenuti dopo la chiusura dell'esercizio e la proposta di destinazione degli utili o di copertura delle perdite.
  Sotto il profilo della formulazione del testo segnala l'opportunità di valutare la modifica della rubrica dell'articolo 20, al fine di chiarire che i criteri generali riguardano la nota integrativa.
  L'articolo 22 disciplina gli obblighi di redazione del bilancio consolidato per gli intermediari non IFRS.
  Ai sensi del comma 1 sono tenuti alla redazione del bilancio consolidato gli intermediari che controllano altre imprese e che non sono controllate da imprese (eventualmente intermediari IFRS) tenute alla redazione del bilancio consolidato. A tale proposito segnala che la nozione di controllo è ricondotta (dall'articolo 1, comma 1, lettera f), alla definizione recata dall'articolo 23 del TUB, sopra illustrata. Ai sensi del comma 2 sono inoltre tenuti alla redazione del bilancio consolidato i soggetti sottoposti alla direzione unitaria disciplinata dall'articolo 23.
  Il comma 3 stabilisce che le imprese controllate, le imprese sottoposte a controllo congiunto (ai sensi dell'articolo 32) e le imprese partecipate (articolo 33) sono tenute a trasmettere tutte le informazioni necessarie all'intermediario tenuto alla redazione del bilancio consolidato.
  Ricorda che il decreto legislativo n. 127 del 1991, all'articolo 25 prevede (in attuazione degli articoli 1 e 4 della direttiva 83/469/CEE) l'obbligo di redazione del bilancio consolidato per le società per azioni, in accomandita per azioni, e a responsabilità limitata, che controllano un'impresa. Lo stesso obbligo hanno gli enti di cui all'articolo 2201 del codice civile (enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale), le società cooperative e le mutue assicuratrici che controllano una società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata. L'articolo 27 del medesimo decreto legislativo n. 127 (in attuazione dell'articolo 6 della direttiva 83/349/CEE) dispone l'esonero dall'obbligo di redazione del bilancio consolidato in base a limiti di grandezza ovvero in base a ricavi oppure attivi delle imprese. In particolare sono esonerate le imprese controllanti che, unitamente alle imprese controllate, non abbiano superato, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
   a) 17.500.000 euro nel totale degli attivi degli stati patrimoniali;
   b) 35.000.000 euro nel totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni;Pag. 84
   c) 250 dipendenti occupati in media durante l'esercizio.

  Segnala inoltre come il richiamato schema di decreto legislativo n. 171, che reca l'attuazione della medesima direttiva oggetto dello schema in esame, ma con riferimento alle società di capitali e ad altri soggetti modifica (all'articolo 7) il citato articolo 27 del citato decreto legislativo n. 127, elevando la misura delle soglie quantitative al superamento delle quali sorge l'obbligo di consolidamento, da 17,5 a 20 milioni di euro per quanto riguarda il totale degli attivi degli stati patrimoniali e da 35 a 40 milioni di euro per il totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni, fermo restando il numero di 250 dipendenti occupati in media durante l'esercizio. Tali nuovo limiti corrispondono a quelli previsti per definire le grandi imprese ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2013/34/UE.
  L'articolo 23, comma 1, pone l'obbligo di redazione del bilancio consolidato quando intermediari non IFRS non siano controllati da altri soggetti tenuti alla redazione dello stesso ma operino secondo direzione unitaria, anche in assenza di legami partecipativi. La direzione unitaria può sussistere «in virtù di un contratto o di una clausola dei rispettivi statuti oppure quando i loro organi di amministrazione siano composti in maggioranza dalle medesime persone».
  Ulteriori ipotesi sono dettate dal comma 2, il quale prevede la redazione del bilancio consolidato nei casi in cui un intermediario sia diretto in maniera unitaria da un soggetto controllante che può essere: impresa o ente diverso da un intermediario (IFRS ovvero non IFRS) costituito in Italia; impresa o ente costituito in altro Paese, salvo non ricorrano le ipotesi di esonero dalla redazione del bilancio consolidato previste dall'articolo 24 per gli intermediari non IFRS e dall'articolo 40 per gli intermediari IFRS; una persona fisica.
  Il comma 3 stabilisce quale degli intermediari non IFRS, che operano in direzione unitaria, sia tenuto alla redazione del bilancio consolidato: tale onere è attribuito all'intermediario che presenta l'ammontare maggiore del totale dell'attivo, considerando anche gli impegni a erogare fondi e garanzie rilasciate.
  Secondo quanto prevede il comma 4, gli intermediari non IFRS per i quali ricorrano le condizioni di obbligo di redazione del bilancio consolidato e che operino in regime di direzione unitaria, sono tenuti alla redazione del bilancio consolidato esclusivamente in virtù del comma 3.
  L'articolo 24 elenca una serie di condizioni di esonero dalla redazione del bilancio consolidato da parte di un intermediario non IFRS controllante costituito in Italia che sia a sua volta controllato da una banca soggetta al diritto di un altro stato membro dell'Unione europea:
   a) l'intermediario non ha emesso titoli quotati in borsa: segnala al riguardo che l'analoga previsione contenuta all'articolo 27, comma 2, del citato decreto legislativo n. 127 del 1991, è oggetto di modifica ad opera dello schema di decreto n. 171, il quale, all'articolo 7, introduce il riferimento agli enti di interesse pubblico in sostituzione del previgente richiamo alle società che emettono titoli quotati in borsa; ai sensi dell'articolo 2 della direttiva, gli «enti di interesse pubblico» comprendono le società i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro, gli enti creditizi, le imprese di assicurazione e le imprese designate dagli Stati membri quali enti di interesse pubblico; per effetto di tale previsione, nel caso in cui la controllante o una delle controllate sia un ente di interesse pubblico sorge l'obbligo di consolidamento a prescindere dalla misura delle soglie quantitative;
   b) la banca estera controllante dispone di almeno il 90 per cento dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria dell'intermediario esentato, purché gli altri azionisti o soci abbiano approvato l'esonero (analogamente a quanto previsto dall'articolo 27, comma 3, del decreto legislativo n. 127 del 1991, che prevede Pag. 85l'esonero quando la controllante sia titolare di oltre il 95 per cento delle azioni o quote dell'impresa controllata);
   c) l'intermediario e tutte le sue imprese sono ricomprese nel bilancio consolidato della banca estera controllante;
   d) il bilancio consolidato e la relazione sulla gestione consolidata sono redatti dalla banca estera controllante e revisionati secondo il diritto dello Stato membro in cui esso è costituito.

  Il comma 2 prevede che la nota integrativa dia indicazione dell'esonero e dei motivi dello stesso.
  Il comma 3 indica un ulteriore motivo di esonero per gli intermediari che controllano imprese irrilevanti ai fini della chiara e corretta rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico di esercizio. Sono inoltre esonerati gli intermediari che controllano solamente imprese che possono essere escluse dal consolidamento in base alla disciplina applicabile.
  L'articolo 25 stabilisce che sono incluse nel consolidamento l'intermediario non IFRS controllante o le imprese che operano secondo una direzione unitaria e le controllate, ovunque costituite.
  Il successivo articolo 26 prevede i casi di esclusione dal consolidamento delle imprese controllate. Ai sensi del comma 1 tali casi si verificano quando: l'inclusione sia irrilevante; l'esercizio effettivo dei diritti dell'intermediario non IFRS tenuto alla redazione del bilancio consolidato sia soggetto a forti e durature restrizioni; non è possibile ottenere tempestivamente le informazioni ovvero è possibile ottenerle a costi troppo alti o sproporzionati; azioni o quote sono detenute solamente in prospettiva della loro alienazione.
  Il comma 2, analogamente ad altre disposizioni dello schema di decreto, stabilisce l'obbligo di indicare in nota integrativa l'esclusione e i motivi.
  L'articolo 27 prevede che per la redazione del bilancio consolidato degli intermediari non IFRS si applichino le norme specifiche dettate dai successivi articoli 28-34, le disposizioni tecniche emanate dalla Banca d'Italia, nonché le disposizioni relative alla redazione dei bilanci degli intermediari non IFRS dettate dagli articoli 4-12 del presente decreto.
  Sono inoltre ribaditi i princìpi già enunciati con riferimento ai bilanci d'esercizio: i criteri di redazione del bilancio consolidato non possono essere modificati da un esercizio all'altro e le eventuali deroghe devono essere illustrate nella nota integrativa. Infine è previsto che il bilancio consolidato possa essere redatto in migliaia di euro; le disposizioni tecniche della Banca d'Italia possono imporlo.
  Sotto il profilo della formulazione del testo segnala l'opportunità di valutare la modifica della rubrica dell'articolo, al fine di chiarire che le regole generali riguardano la redazione del bilancio consolidato.
  Ai sensi dell'articolo 28 il bilancio consolidato deve riprendere integralmente gli elementi dell'attivo e del passivo, le operazioni fuori bilancio, proventi e oneri delle imprese incluse nel consolidamento, salvo quanto previsto dagli articoli 29 e 31, in materia, rispettivamente, di partecipazione e di rapporti reciproci tra imprese.
  L'articolo 29 disciplina il procedimento di calcolo e di attribuzione delle differenze risultanti dalla compensazione tra il valore della partecipazione e la corrispondente quota di patrimonio netto dell'impresa controllata.
  Il comma 1 stabilisce che le partecipazioni delle imprese controllate sono compensate con la corrispondente frazione del patrimonio netto di tali imprese.
  Il comma 2 dispone in ordine a talune modalità per effettuare tale compensazione.
  Il comma 3 prevede che nel caso la compensazione implichi una differenza, questa deve essere imputata, nel bilancio consolidato, agli elementi dell'attivo e del passivo dell'impresa controllata.
  Segnala come, con riferimento al calcolo, i commi da 4 a 6 stabiliscano che: a) la compensazione tra partecipazione e patrimonio netto può essere operata anche sulla base dei valori esistenti alla data di acquisizione della partecipazione; Pag. 86b) l'eventuale differenza deve essere imputata, ove possibile, agli elementi dell'attivo e del passivo della partecipata che l'hanno generata; c) la parte residua della differenza se positiva, va contabilizzata nello stato patrimoniale consolidato nella voce avviamento e trattata secondo le regole previste per l'avviamento, salvo che debba essere imputata tra i componenti negativi di reddito del conto economico consolidato per la parte non recuperabile; se negativa e dovuta alla previsione di un'evoluzione sfavorevole dei futuri esercizi, va accantonata nel «fondo di consolidamento per rischi e oneri futuri»; altrimenti deve essere iscritta in una specifica voce dello stato patrimoniale.
  Il comma 1 dell'articolo 30 stabilisce l'esposizione della voce denominata «patrimonio di pertinenza di terzi» nello stato patrimoniale consolidato cui iscrivere l'ammontare del patrimonio netto consolidato attribuibile ad azioni o quote di terzi.
  Ai sensi del comma 2 nella voce «utile (perdita) di esercizio di pertinenza di terzi» nel conto economico consolidato è iscritto l'ammontare del risultato economico.
  L'articolo 31, comma 1, stabilisce che rapporti reciproci interni al gruppo devono essere eliminati dal bilancio consolidato. Sono in particolare oggetto di eliminazione rapporti attivi e passivi e operazioni fuori bilancio; proventi ed oneri di operazioni infragruppo; negoziazioni cui possono rientrare le compravendite di titoli, di valute e di altri strumenti finanziari.
  Ai sensi del comma 2 tali eliminazioni possono essere omesse in caso di rapporti reciproci irrilevanti.
  L'articolo 32, comma 1, include nel consolidamento le imprese controllate congiuntamente con altre imprese, che si aggiungono quindi alle controllate dal singolo intermediario e alle imprese in direzione unitaria. L'inclusione è operata quando il soggetto tenuto alla redazione del bilancio consolidato e le imprese da questo controllate abbiano una partecipazione corrispondente almeno ad un quinto dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria.
  In base al comma 2 gli elementi ripresi nel bilancio consolidato dell'impresa congiuntamente controllata – elementi dell'attivo e del passivo, operazioni fuori bilancio, proventi e oneri – sono considerati in proporzione con la partecipazione in essa posseduta.
  Il comma 3 prevede l'applicazione delle eventuali esclusioni dettate in particolare dall'articolo 26.
  L'articolo 33, comma 1, prevede l'applicabilità del metodo del «patrimonio netto», previsto dall'articolo 17 per la valutazione delle partecipazioni rilevanti, ai fini della valutazione del valore alle partecipazioni in imprese collegate. È previsto che la frazione dell'utile della partecipata che superi i dividendi può essere iscritta nel conto economico consolidato.
  Secondo quanto disposto dal comma 2, la disposizione si applica alle imprese controllate, anche congiuntamente, che non siano incluse nel consolidamento.
  Il comma 3 prevede l'irrilevanza quale causa di non applicazione della presente disposizione con relativa indicazione in nota integrativa.
  Il comma 1 dell'articolo 34 stabilisce la coincidenza, in via generale, tra la data di riferimento del bilancio d'esercizio e quella del bilancio consolidato. Al fine di favorire la comparabilità tra documenti, è prevista la possibilità di deroga a tale regola, da indicare in nota integrativa, quando la maggior parte delle imprese consolidate abbiano una diversa data di riferimento.
  Secondo quanto stabilito dal comma 2, quando il bilancio di un'impresa inclusa nel consolidamento differisce da quella del bilancio consolidato, il consolidamento di tale impresa è effettuato con riferimento ad un bilancio intermedio riferito alla stessa data del bilancio consolidato.
  Sempre al fine di favorire la comparabilità dei documenti contabili, l'articolo 35, comma 1, prevede che i criteri di valutazione utilizzati per il bilancio consolidato siano gli stessi di quelli utilizzati per il bilancio di esercizio. Per la deroga Pag. 87a tale regola è richiesta apposita evidenziazione nella nota integrativa, ove dovranno essere indicati i motivi della scelta di diversi criteri di valutazione. Qualora imprese incluse nel consolidamento abbiano utilizzato criteri di valutazione differenti da quelli utilizzati nel bilancio consolidato, si dovranno ripetere le valutazioni riferite agli elementi dell'attivo e del passivo e alle operazioni fuori bilancio. Non si procede a tali nuove valutazioni in caso di difformità irrilevanti ovvero in casi eccezionali, debitamente riportati in nota integrativa.
  Riguardo ai contenuti della nota integrativa del bilancio consolidato, sottolinea come l'articolo 36 rimandi alla disciplina sui contenuti del bilancio d'esercizio di cui agli articoli 20 e 21.
  Il comma 1 prevede che siano rispettate ulteriori regole in considerazione di alcune specificità legate al consolidamento: le operazioni fra parti correlate escluse in sede di consolidamento sono conseguentemente escluse; è indicato a parte il numero di dipendenti delle imprese oggetto di consolidamento proporzionale, ai fini dell'indicazione del numero medio di dipendenti durante l'esercizio; sono indicati gli importi concessi dalla controllante e dalle controllate solamente ad amministratori e sindaci dell'intermediario controllante, in relazione a compensi, crediti e garanzie a loro favore.
  In base ai commi 2 e 3 sono inoltre indicati: l'elenco delle imprese incluse con metodo integrale e l'elenco di quelle incluse proporzionalmente; l'elenco delle partecipazioni la cui valutazione è effettuata con il metodo proporzionale ai sensi dell'articolo 33; l'elenco di tutte le altre imprese controllate, collegate o sottoposte a controllo congiunto. In relazione a tali elenchi andranno indicati denominazione e sede dell'impresa, quote possedute direttamente o indirettamente dalla capogruppo e dalle controllate, la percentuale dei voti nell'assemblea ordinaria; inoltre devono comunque risultare le ragioni dell'inclusione negli elenchi.
  Il comma 4 prevede che, qualora si siano determinate variazioni notevoli all'interno di un gruppo, occorre fornire gli elementi necessari a chiarire il confronto tra il bilancio consolidato e il precedente bilancio di esercizio, anche tramite la redazione di documenti contabili adattati riferiti all'anno precedente.
  Il comma 5 prevede la possibilità di non includere nella nota informazioni relative a una o più imprese incluse nel bilancio consolidato quando dall'indicazione possa derivare un pregiudizio grave per le imprese stesse.
  L'articolo 37 dispone in ordine ai contenuti minimi della relazione di gestione redatta dagli amministratori a corredo del bilancio dell'impresa e del bilancio consolidato. Anche in tale ambito è prevista l'applicazione di quanto stabilito dallo schema di decreto e dalle norme tecniche emanate dalla Banca d'Italia.
  Il comma 1 prescrive che la relazione contenga un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente dell'andamento e del risultato di gestione, completo di una descrizione dei principali rischi e delle incertezze; la relazione deve essere coerente, secondo il comma 2, con l'entità e la complessità degli affari e integrata con gli indicatori di risultato, finanziari e non finanziari, nella misura necessaria a meglio comprendere la situazione dell'impresa o del complesso delle imprese incluse nel conto consolidato.
  Il comma 3 enumera i seguenti contenuti specifici della relazione:
   l'indicazione delle attività di ricerca e sviluppo;
   l'evoluzione prevedibile della gestione;
   nel bilancio d'impresa, talune informazioni relative all'uso di strumenti finanziari (quando ciò sia rilevante per al situazione patrimoniale e finanziaria), consistenti nell'indicazione degli obiettivi e delle politiche adottate nella gestione del rischio finanziario nonché l'esposizione al rischio di prezzo, di credito, di liquidità, di variazione dei flussi finanziari; le medesime informazioni sono richieste nella relazione al bilancio consolidato con riferimento Pag. 88alle imprese incluse nel consolidamento;
   nella relazione al bilancio d'impresa, il numero e il valore nominale delle azioni o quote proprie come delle azioni o quote dell'impresa controllante detenute in portafoglio, di quelle acquistate e di quelle alienate nel corso dell'esercizio, le corrispondenti quote di capitale sottoscritto, i motivi degli acquisti e delle alienazioni e i corrispettivi; le medesime informazioni sono richieste nella relazione al bilancio consolidato con riferimento alle imprese incluse nel consolidamento e all'impresa capogruppo;
   nella relazione al bilancio d'impresa, i rapporti reciproci tra le imprese controllate del gruppo, tra le controllanti e le controllate, i rapporti con le collegate.

  In base al comma 4 le disposizioni relative a quote e azioni si applicano anche nei casi in cui le stesse sono acquistate o alienate per interposta persona o per il tramite di società fiduciaria.
  Il comma 5 contempla la possibilità che le relazioni di gestione al bilancio d'impresa e a quello consolidato siano presentate in unico documento. In tal caso, si darà maggior rilievo, se opportuno, alle questioni rilevanti per il complesso delle imprese incluse nel consolidamento.
  L'articolo 38 apre il Capo III dello schema di decreto dedicato alla disciplina degli intermediari IFRS, distinto in due sezioni riguardanti, rispettivamente, il bilancio consolidato (Sezione I) e le relazioni di gestione (Sezione II) a corredo del bilancio dell'impresa e del bilancio consolidato.
  Per quanto riguarda i bilanci di esercizio per gli intermediari IFRS continuano ad applicarsi le disposizioni nazionali anche di recepimento della Quarta direttiva contabile (direttiva 78/660/CEE) contenute nel decreto legislativo n. 127 del 1991, modificato dal già citato schema di decreto n. 171, all'esame delle Commissioni riunite II e VI.
  Osserva al riguardo come il regolamento (CE) n. 1606/2002 relativo ai princìpi contabili internazionali (cosiddetto regolamento IAS) trovi applicazione diretta ai conti consolidati e ponga alcune opzioni relative ai conti annuali. Come chiarito dalle Osservazioni della Commissione europea del novembre 2013 in tema di interazione tra il diritto nazionale e il regolamento IAS, le disposizioni del diritto nazionale che attuano le direttive contabili e disciplinano questioni che esulano dal campo di applicazione del medesimo regolamento continuano comunque ad applicarsi (richiama in particolare il capitolo 3 delle Osservazioni relativo a «Interazione tra il Regolamento IAS e le direttive contabili»). Conseguentemente, la circolare della Banca d'Italia n. 262 del 22 dicembre 2005, concernente il bilancio bancario, prevede che le banche e le società finanziarie capigruppo di gruppi bancari debbano redigere, ove ricorrano i presupposti ai sensi del decreto legislativo n. 87 del 1992, il bilancio consolidato secondo i princìpi contabili internazionali. Lo schema di decreto, quindi, in relazione ai soggetti IFRS, è chiamato a disciplinare il bilancio consolidato ed altri aspetti quali la pubblicità e le relazioni annuali, in seguito all'abrogazione delle direttive contabili (operata dalla direttiva 2013/34/UE) ed in sostituzione del decreto legislativo n. 87 del 1992 di cui si propone l'abrogazione.
  Ricorda inoltre che il decreto legislativo n. 38 del 2005, nel novero delle opzioni proposte dal regolamento (CE) n. 1606/2002, ha esteso l'obbligo di applicazione dei princìpi internazionali a tutti gli enti finanziari sottoposti a vigilanza della Banca d'Italia, oltre che ai gruppi assicurativi vigilati da ISVAP, quotati e non quotati. Tale obbligo riguarda anche le società capogruppo quotate e degli enti finanziari vigilati dalla Banca d'Italia, quotati e non quotati, per il bilancio di esercizio. Il medesimo decreto legislativo dispone la possibilità di adottare i princìpi IFRS nella redazione di bilanci di esercizio e di bilanci consolidati, da parte di società incluse in consolidati IFRS.
  In tale contesto il comma 1 dell'articolo 38 dello schema stabilisce l'obbligo di Pag. 89redazione del bilancio consolidato da parte di intermediari IFRS controllanti che non siano a loro volta controllati da soggetti tenuti a redigerlo; in particolare esso include le seguenti tipologie: intermediari IFRS che controllano un gruppo bancario, un gruppo di SIM o finanziario – ovvero che controllino banche, SIM o società finanziaria non appartenenti a gruppi – che a loro volta non siano controllati da altri intermediari tenuti alla redazione del bilancio consolidato; intermediari IFRS che in generale controllano imprese e che non siano controllati da intermediari tenuti alla redazione del bilancio consolidato.
  Il comma 2 dispone l'obbligo di trasmissione di tutte le informazioni utili alla redazione del bilancio consolidato da parte delle imprese controllate incluse nel consolidamento, di quelle sottoposte a controllo congiunto e delle imprese collegate.
  Illustra l'articolo 39, comma 1, che pone l'obbligo di redazione del bilancio consolidato quando intermediari IFRS non siano controllati da altri intermediari IFRS ma operino secondo direzione unitaria, anche in assenza di legami partecipativi. Tale disposizione – analoga all'articolo 23 sugli intermediari non IFRS – stabilisce che la direzione unitaria può sussistere «in virtù di un contratto o di una clausola dei rispettivi statuti oppure quando i loro organi di amministrazione siano composti in maggioranza dalle medesime persone».
  Ulteriori ipotesi sono dettate dal comma 2, il quale prevede la redazione del bilancio consolidato nei casi in cui un intermediario sia diretto in maniera unitaria da un soggetto controllante che può essere: impresa o ente diverso da un intermediario IFRS costituito in Italia; impresa o ente costituito in altro Paese, salvo non ricorrano le ipotesi di esonero dalla redazione del bilancio consolidato previste dall'articolo 40 per gli intermediari IFRS; una persona fisica.
  Il comma 3 stabilisce quale degli intermediari non IFRS, che operano in direzione unitaria, sia tenuto alla redazione del bilancio consolidato: tale onere è attribuito all'intermediario che presenta l'ammontare maggiore del totale dell'attivo, considerando anche gli impegni a erogare fondi e le garanzie rilasciate.
  Secondo quanto prevede il comma 4, intermediari IFRS per i quali ricorrano le condizioni di obbligo di redazione del bilancio consolidato e che operino in regime di direzione unitaria, sono tenuti alla redazione del bilancio consolidato esclusivamente in virtù del comma 3. Restano comunque salve le disposizioni relative a enti e società che abbiano emesso titoli quotati in borsa.
  L'articolo 40 pone, per gli intermediari IFRS, le medesime condizioni di esonero dalla redazione del bilancio consolidato poste dall'articolo 24 per gli intermediari non IFRS. Esso quindi elenca le condizioni che determinano l'esonero per l'intermediario IFRS controllante, costituito in Italia, che sia a sua volta controllato da una banca soggetta a diritto di altro stato membro dell'Unione europea. È previsto, analogamente all'articolo 24, che la nota integrativa dia indicazione dell'esonero e dei motivi dello stesso.
  L'articolo 41 presenta, per gli intermediari IFRS, disciplina analoga a quanto previsto dall'articolo 37 per gli intermediari non IFRS sul contenuto delle relazioni sulla gestione. Anche nel presente articolo è previsto, tra l'altro, che si applichino gli atti della Banca d'Italia emanati in virtù dell'articolo 43, oltre alle disposizioni qui dettate.
  L'articolo 42, comma 1, prevede che le succursali di banche o società finanziarie costituite in altri Stati membri debbano pubblicare il bilancio di esercizio e, ove previsto, quello consolidato, corredati dalle relazioni di gestione e di controllo, della propria casa madre.
  Ai sensi del comma 2, quando la casa madre sia costituita in Stato extracomunitario, si applica la previsione del comma 1 qualora il bilancio sia redatto con i criteri dettati dalla legislazione comunitaria o in modo equivalente (facendo riferimento in particolare alla direttiva 86/635/CEE) e quando sussistano condizioni Pag. 90di reciprocità. Negli altri casi, le succursali sono tenute alla pubblicazione di un bilancio separato oppure, quando ciò sia previsto dalle disposizioni emanate dalla Banca d'Italia, sono tenute alla pubblicazione del bilancio della casa madre. Le forme tecniche del bilancio separato, le informazioni supplementari, i criteri per la verifica dell'equivalenza dei bilanci sono dettati sempre dalle disposizioni della Banca d'Italia.
  In base al comma 3 gli obblighi di pubblicazione sono assolti da una delle succursali; le altre comunicano il registro delle imprese presso il quale i documenti qui previsti sono stati depositati. Trovano applicazione le norme nazionali in materia di pubblicità del bilancio e delle relazioni: tale disposizione si applica anche in deroga alle esclusioni di taluni enti creditizi e finanziari dall'ambito di applicazione della disciplina in materia di conti annuali e consolidati previste dall'articolo 44 del decreto legislativo n. 127 del 1991.
  Ai sensi del comma 4 i documenti previsti nell'articolo 42 sono tradotti in italiano e la conformità della traduzione all'originale è certificata dal soggetto che rappresenta la succursale.
  L'articolo 43, comma 1, dispone in ordine al potere della Banca d'Italia di emanare specifiche disposizioni concernenti le forme tecniche dei bilanci e le situazioni dei conti destinate al pubblico, nonché modalità e termini di pubblicazione delle medesime situazioni dei conti. Tali disposizioni si applicano agli intermediari IFRS e non IFRS.
  Ai sensi del comma 4, tali disposizioni vengono adottate anche per le modifiche alle forme tecniche previste dal presente decreto ovvero per l'adeguamento alla disciplina comunitaria; il comma 6 prevede la pubblicazione delle suddette disposizioni nella Gazzetta Ufficiale.
  Analogamente a quanto previsto dal comma 1, il comma 2 prevede che la Banca d'Italia può emanare disposizioni relative ai patrimoni destinati di cui all'articolo 3 dello schema di decreto in esame e ai patrimoni destinati di cui all'articolo 8, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 38 del 2005, nonché alle relazioni sulla gestione disciplinate dagli articoli 37 e 41 dello schema di decreto.
  A tale ultimo proposito rammenta che il comma 1 dell'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 38 del 2005 stabilisce che il rendiconto di ciascun patrimonio destinato – costituito ai sensi dell'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile – deve essere redatto in conformità ai princìpi contabili internazionali e allegato al bilancio di esercizio o al bilancio consolidato. Tale obbligo sussiste quando il bilancio di esercizio ovvero quello consolidato sono redatti in conformità con i princìpi contabili internazionali.
  Il comma 3 prevede che le disposizioni relative ad intermediari IFRS devono sempre rispettare i princìpi contabili internazionali. Inoltre, devono sempre rispettare i princìpi contabili internazionali i rendiconti dei patrimoni destinati di cui all'articolo 8, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 38 del 2005. Rileva come si tratti dei patrimoni destinati costituiti ai sensi dell'articolo 114-novies, comma 4, del TUB: tale disposizione disciplina la costituzione di patrimoni destinati per la prestazione dei servizi di pagamento e per le relative attività accessorie e strumentali nei casi in cui la Banca d'Italia abbia autorizzato soggetti che esercitino altre attività imprenditoriali alla prestazione di tali servizi.
  Il comma 5 disciplina i casi in cui le istruzioni sono adottate dalla Banca d'Italia d'intesa con la CONSOB. L'intesa è richiesta quando le istruzioni riguardano intermediari finanziari autorizzati all'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma ed iscritti nel relativo albo (articolo 106 del TUB). L'intesa è altresì richiesta nel caso le istruzioni riguardino:
   società di intermediazione mobiliare (SIM) definite dall'articolo 1, comma 1, lettera e),del TUF quali «impresa, diversa dalle banche e dagli intermediari finanziari [...], autorizzata a svolgere servizi o attività di investimento, avente sede legale e direzione generale in Italia»;Pag. 91
   società di gestione del risparmio (SGR) definite dalla lettera o) del medesimo articolo 1 del TUF quali «società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio».

  Illustra quindi l'articolo 44, che reca le sanzioni amministrative pecuniarie.
  Il comma 1 stabilisce che le violazioni compiute dagli intermediari IFRS comportano l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 6.000 a euro 150.000. Il comma 2 prevede una sanzione da euro 4.000 a euro 12.000 nei confronti di violazioni compiute da soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo per gli intermediari IFRS, nonché al dirigente chiamato a predisporre – ai sensi dell'articolo 154-bis del TUF – le procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.
  Il comma 3 dispone l'applicazione dei capi V e VI del titolo VIII del TUB alla procedura sanzionatoria.
  In merito ricorda che l'Atto del Governo n. 147, recentemente esaminato dalla Commissione Finanze, recante lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2013/36/UE che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto concerne l'accesso all'attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, ha apportato una sostanziale revisione alla disciplina delle sanzioni nei confronti degli intermediari, contenute nell'articolo 144 del TUB. In particolare, recependo l'articolo 65, comma 2, della CRD IV, viene sancito il passaggio ad un sistema volto a sanzionare in primo luogo l'ente e, solo sulla base di presupposti che saranno individuati dal diritto nazionale anche l'esponente aziendale o la persona fisica responsabile della violazione. Il comma 53 dell'articolo 1 del citato schema modifica l'articolo 145 del TUB, al fine di rivedere la procedura sanzionatoria e il regime di pubblicità delle sanzioni. In sintesi, tra le principali modifiche vi è il rafforzamento del contraddittorio col soggetto sanzionato (gli interessati possono, entro trenta giorni dalla contestazione, presentare deduzioni e chiedere un'audizione personale in sede di istruttoria, cui possono partecipare con l'assistenza di un avvocato). Viene chiarito inoltre che il procedimento sanzionatorio è retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie. Viene sostituita la pubblicazione dei provvedimenti su giornali cartacei con quella sul sito web della Banca d'Italia e viene dettata una puntuale disciplina dell'opposizione alla sanzione, con possibilità di ricorrere in corte d'appello. Il comma 54 dell'articolo 1 del predetto schema introduce gli articoli 145-bis (che impone la comunicazione all'ABE dei provvedimenti sanzionatori) e 145-ter (che conferisce alla Banca d'Italia il potere di emanare le relative disposizioni attuative).
  L'articolo 45 prevede che le disposizioni del decreto legislativo, nonché le ulteriori disposizioni emanate dalla Banca d'Italia come previsto dall'articolo 43, trovano applicazione anche alle situazioni di conti infrannuali e ai bilanci consolidati previsti da specifiche disposizioni di legge.
  L'articolo 46 prevede la generale applicabilità delle disposizioni del codice civile in relazione a quanto non diversamente disposto dallo schema di decreto e alle istruzioni emanate dalla Banca d'Italia, anche in deroga all'articolo 44 del citato decreto legislativo n. 127 del 1991 sui conti annuali e consolidati.
  Ricorda che tale ultimo articolo esclude dal campo di applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo n. 127 gli enti creditizi e le imprese che svolgono in via esclusiva o prevalente, anche indirettamente, attività di raccolta e collocamento di pubblico risparmio o attività finanziaria, consistente: nella concessione di finanziamenti sotto ogni forma; nell'assunzione di partecipazioni; nella compravendita, possesso, gestione e collocamento di valori mobiliari.Pag. 92
  Segnala che il citato Atto del Governo n. 171 apporta, all'articolo 6, numerose modifiche alla disciplina del bilancio contenuta nel codice civile, cui rinviano le disposizioni in esame.
  L'articolo 47 fissa l'esercizio di prima applicazione per gli intermediari non IFRS al primo esercizio successivo a quello chiuso o in corso al 31 dicembre 2015. La prima applicazione può derogare alla disposizione, recata dall'articolo 4, comma 2, primo periodo, secondo la quale per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico debba essere riportato anche l'importo dell'esercizio dell'anno precedente.
  L'articolo 48, comma 1, abroga il decreto legislativo n. 87 del 1992. L'abrogazione decorre dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
  Ai sensi del comma 2, tuttavia, le pertinenti disposizioni del decreto legislativo n. 87 del 1992 continuano ad applicarsi agli intermediari non IFRS con riferimento al bilancio d'impresa o il bilancio consolidato relativi all'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2015. Oltre alle disposizioni del decreto n. 87, si applicano altresì le disposizioni emanate dalla Banca d'Italia del medesimo decreto legislativo n. 87 del 1992 e le disposizioni del più volte citato decreto legislativo n. 38 del 2005.
  L'articolo 49 stabilisce che dall'attuazione del decreto legislativo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente.
Atto n. 163.
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento, e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto legislativo, rinviato nella seduta del 12 maggio scorso.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ricorda che il relatore, Pelillo, ha formulato una proposta di parere con condizioni e osservazioni (vedi allegato 3), la quale è già stata trasmessa via e-mail la settimana scorsa a tutti componenti della Commissione. Avverte quindi che sono state presentate 16 proposte di modifica alla proposta di parere del relatore (vedi allegato 4), che il gruppo M5S ha formulato una proposta di parere alternativa a quella del relatore (vedi allegato 5), la quale sarà posta in votazione qualora fosse respinta la proposta di parere del relatore, e che il deputato Paglia ha depositato un documento contenente osservazioni sulla proposta di parere del relatore (vedi allegato 6).

  Michele PELILLO (PD), relatore, ribadisce innanzitutto come l'impostazione data dallo schema di decreto alle tre tematiche da esso affrontate risulti pienamente convincente: in tale prospettiva le condizioni e le osservazioni contenute nella sua proposta di parere non confliggono dunque con la struttura del provvedimento. In tale contesto rileva di aver comunque ritenuto opportuno compiere un approfondimento con il Governo circa la possibilità di chiarire ulteriormente, specificandola meglio, la nuova fattispecie giuridica dell'abuso del diritto individuata dall'articolo 1 dello schema. Sottolinea, infatti, al riguardo, come la dottrina abbia assunto posizioni molto articolate su tale tematica, come del resto è emerso chiaramente nel corso del Seminario istituzionale recentemente svolto in materia dalla Commissione. Da un lato si registra un'impostazione, particolarmente restrittiva, espressa dal professor Visco; dall'altro lato si segnala la posizione, di cui è portavoce in particolare il professor Gallo, Presidente della commissione ministeriale che ha provveduto alla redazione dello schema di decreto e che è stata recepita nel testo del provvedimento, mentre un ulteriore Pag. 93orientamento è espresso da altri studiosi, tra i quali il professor Beghin e il professor Giovanardi, i quali, pur concordando in parte con l'impostazione seguita dalla commissione ministeriale, evidenziano tuttavia alcune perplessità. In questo spirito la sua proposta di parere contiene, alla lettera a) delle osservazioni, un'ipotesi di riformulazione volta a chiarire meglio la fattispecie dell'abuso del diritto, atteso che è di per sé difficile trasfondere le condotte abusive in una fattispecie giuridica compiuta e definitiva. Evidenzia come su tale aspetto si sia svolto un confronto con Governo, il quale ha tuttavia mantenuto l'opinione che la formulazione contenuta nello schema di decreto sia quella che rispetta il numero più elevato di condizioni possibili. Alla luce degli esiti di tale confronto, nonostante alcune perplessità espresse da lui stesso e da altri deputati, non ritiene quindi di opporsi alla formulazione normativa cristallizzata nel testo, considerata l'autorevolezza scientifica del professor Gallo e l'oggettiva complessità della questione, sulla quale non si possono nutrire certezze assolute.
  In tale quadro ritiene quindi opportuno riformulare la sua proposta di parere (vedi allegato 7), espungendo in particolare la predetta lettera a) delle osservazioni, nonché una premessa ad essa connessa. Le ulteriori modifiche riformulazioni apportate alla proposta di parere, in particolare alle condizioni di cui ai numeri 1) e 2) e alle osservazioni di cui alle lettere b), d), e) e f), hanno invece natura quasi esclusivamente lessicale.
  Per quanto riguarda invece i rilievi contenuti nella proposta di parere alternativa formulata dal gruppo M5S nonché nel documento formulato dal deputato Paglia, le quali si appuntano in particolare sulla non rilevanza penale dell'abuso del diritto, ricorda che su tale questione si era già svolto un ampio dibattito in occasione dell'esame del disegno di legge di delega per la riforma del sistema fiscale. Sottolinea, quindi, come la scelta, compiuta dallo schema di decreto, di non attribuire rilevanza penale all'abuso del diritto sia pienamente coerente con l'articolo 5 della legge delega, il quale prevede la netta separazione tra evasione ed elusione fiscale. Tale distinzione, evidenziata anche dalla relazione illustrativa allo schema di decreto, trova ulteriore fondamento nella considerazione secondo cui i reati penali tributari presuppongono la sussistenza del dolo specifico, essendo costruiti come fattispecie nelle quali si registra la volontà di porre in essere talune condotte al fine di evadere il prelievo, mentre tale figura del dolo specifico risulta poco compatibile con la fattispecie dell'abuso del diritto.
  Sottolinea, ulteriormente, come la giurisprudenza abbia assunto al riguardo posizioni quanto meno ondivaghe, indirizzandosi recentemente, con le ultime due sentenze emesse nel 2014 dalla Corte di cassazione in materia, nel senso di affermare la non rilevanza penale dell'abuso, a prescindere dunque dalle nuove previsioni previste dallo schema di decreto. Rileva altresì come nella quasi totalità dei Paesi europei, in particolare in Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, non si preveda la rilevanza penale dell'abuso del diritto.
  Passando quindi alle proposte di modifica presentate alla sua proposta di parere, esprime parere contrario sulle proposte Pesco n. 1 e Sottanelli n. 2 e n. 3. Rileva quindi come la proposta di modifica Carella n. 4, soppressiva della lettera a) delle osservazioni, risulti assorbita dalla riformulazione della sua proposta di parere, mentre esprime parere contrario sulle proposte di modifica Sottanelli n. 5, n. 6 e n. 7. Esprime parere favorevole sulla proposta di modifica Causi n. 8, mentre esprime parere contrario sulle proposte di modifica Capezzone n. 9 e Sottanelli n. 10. Esprime parere favorevole sulla proposta di modifica Capezzone n. 11, a condizione che sia riformulata sostituendo le parole: «la notificazione» con le seguenti: «l'informazione». Rileva quindi come la proposta di modifica Capezzone n. 12 risulterebbe assorbita dall'approvazione della proposta di modifica n. 11, mentre esprime parere contrario sulle proposte di modifica Capezzone Pag. 94n. 13 e n. 14. Esprime quindi parere favorevole sulle proposte di modifica Capezzone n. 15 e n. 16.

  Il Viceministro Luigi CASERO concorda con i pareri espressi dal relatore, evidenziando peraltro, con riferimento alla proposta di modifica Capezzone n. 15, come la complessità dell'interlocuzione tra l'Amministrazione finanziaria e le imprese che possono accedere all'istituto dell'adempimento collaborativo possa rendere difficile, in taluni casi, una tempistica specifica entro la quale dare risposta alle richieste avanzate in tale ambito.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, accoglie la proposta di riformulazione della sua proposta di modifica n. 11.

  Carla RUOCCO (M5S) ritiene lo schema di decreto complessivamente insoddisfacente e inidoneo a risolvere le problematiche connesse alle fattispecie dell'abuso del diritto e dell'elusione fiscale.
  A tale proposito rileva innanzitutto come sia criticabile la scelta del Governo di affrontare tali tematiche intervenendo sullo Statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge n. 212 del 2000 attraverso l'introduzione in tale ambito dell'articolo 10-bis. Ritiene, infatti, che sarebbe stato opportuno intervenire attraverso una modifica dell'attuale articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 600 del 1973, ampliandone la portata applicativa e trasformandola in una norma generale di contrasto all'elusione fiscale, così da contrastare efficacemente i comportamenti elusivi posti in essere dalle grandi imprese.
  Passando all'esame di singole norme contenute nello schema di decreto, con particolare riferimento all'articolo 2, il quale prevede che il raddoppio dei termini di accertamento per le imposte operi solo nei casi di presentazione di denuncia da parte dell'Amministrazione finanziaria entro la scadenza ordinaria dei termini, evidenzia come tale norma, anziché favorire la certezza dei rapporti giudici tra i cittadini e il fisco, avrà soltanto l'effetto di sottrarre all'Amministrazione finanziaria il tempo necessario per l'accertamento di fattispecie particolarmente complesse e articolate, come quelle nelle quali si sostanziano normalmente le operazioni elusive poste in essere dalle grandi imprese.
  In relazione all'irrilevanza penale delle condotte riconducibili all'abuso del diritto, stabilita dal comma 13 del predetto articolo 10-bis, ritiene che essa condurrà i grandi evasori ad adottare strategie fiscali particolarmente aggressive, così da evadere il fisco senza incorrere in sanzioni penali.
  Evidenzia inoltre come la fattispecie dell'abuso del diritto avrebbe dovuto essere definita in modo più stringente, adottando come discrimen tra le diverse condotte le ragioni sottese alle strategie poste in essere dai contribuenti, ed escludendo il verificarsi dell'abuso solo qualora le operazioni poste in essere risultino giustificate da motivi di ordine organizzativo ovvero gestionale dell'impresa o dell'attività professionale.

  Giovanni PAGLIA (SEL) valuta lo schema di decreto in esame complessivamente dannoso per il Paese e ritiene che la proposta di parere del relatore non vi apporti alcun miglioramento, contribuendo anzi a peggiorarlo ulteriormente.
  Critica in particolare l'impostazione del provvedimento laddove esso, depenalizzando l'abuso del diritto e riferendo le fattispecie non alle persone fisiche ma alle persone giuridiche, si indirizza nella direzione di deresponsabilizzazione i comportamenti dei soggetti responsabili delle strategie fiscali aggressive attuate dai grandi soggetti economici. A tale proposito ritiene che la circostanza, richiamata dal relatore, Pelillo, che l'abuso del diritto e l'elusione fiscale non sono penalmente rilevanti in altri Paesi dell'Unione europea non possa essere considerata sintomo della bontà di tale depenalizzazione, ma, casomai, dell'arretratezza su tale aspetto di molti Stati. Reputa inoltre che tali scelte non comporteranno effetti benefici in termini di maggiore certezza del diritto per i contribuenti, poiché la magistratura penale dovrà Pag. 95ridefinire, nell'ambito delle sue decisioni, tali fattispecie, attraverso una diversa configurazione delle diverse fattispecie penali.
  Con riferimento all'articolo 2 dello schema di decreto, in base al quale il raddoppio dei termini di accertamento per le imposte sussiste solo nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria abbia presentato denuncia entro la scadenza ordinaria dei termini, evidenzia come tale norma, come prospettato dal dottor Francesco Greco, Procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Milano nel corso del Seminario istituzionale svolto il 20 maggio scorso, si tradurrà in una sorta di maxi-condono.
  Nel sottolineare quindi come anche le forze di maggioranza abbiano espresso, attraverso il relatore, perplessità su taluni aspetti del provvedimento, ritiene evidente la necessità di approfondire meglio alcune delicate problematiche e comprendere appieno gli effetti complessivi delle norme prima di esprimere il parere sul provvedimento, chiedendo in tal senso di poter acquisire la valutazione scritta in materia da parte dell'Agenzia delle entrate.
  Chiede, in particolare, che sia sottoposto all'Agenzia il quesito relativo alle minori entrate che ritiene possano derivare dalla norma sul raddoppio dei termini per l'accertamento.
  Inoltre, con riferimento al regime dell'adempimento collaborativo istituito dall'articolo 3 dello schema di decreto con la finalità di promuovere forme rafforzate di compliance tra fisco e contribuenti, ritiene si debba chiedere all'Agenzia delle entrate se non ritenga eccessivamente esiguo il termine di 15 giorni entro il quale essa sarà tenuta a rispondere alle istanze di interpello preventivo delle imprese che vorranno accedere a tale regime. A tale riguardo reputa infatti che per l'Agenzia stessa sarà estremamente difficoltoso valutare compiutamente tali piani di strategia fiscale molto articolati e complessi nell'arco di pochi giorni.
  Ritiene quindi prioritario acquisire i rilievi dell'Agenzia delle entrate su tali tematiche, al fine di evitare che l'adozione affrettata delle misure contenute nello schema di decreto possa condurre a gravi effetti condonistici e di sostanziale legalizzazione di strategie fiscali elusive.

  Giulio Cesare SOTTANELLI (SCpI) ringrazia innanzitutto il relatore, Pelillo, per il lavoro di approfondimento e di ascolto svolto ai fini della predisposizione della proposta di parere sullo schema di decreto.
  Ricorda quindi l'ampia condivisione tra le diverse forze politiche che ha caratterizzato l'esame e l'approvazione della legge delega per la riforma del fisco, la quale ha costituito il momento di sintesi delle diverse opinioni politiche espresse in Commissione ed evidenzia come, anche in occasione dell'esame dello schema di decreto in esame, il suo gruppo abbia proposto modifiche del testo volte a migliorarne e specificarne taluni aspetti, a fini di maggior certezza del diritto e, quindi, più in generale, a tutela dei contribuenti.
  Nel rilevare come le sue proposte di modifica alla proposta di parere del relatore non siano tuttavia state accolte, e come la riformulazione della proposta di parere costituisca un passo indietro rispetto alla prima versione della stessa proposta, auspica che il Governo muti il proprio atteggiamento, dimostrando maggiore apertura nei confronti delle osservazioni e dei suggerimenti di merito avanzati da tutte le forze politiche, in particolare da quelle di maggioranza, augurandosi che ciò possa avvenire già in occasione della discussione degli altri schemi di decreto attuativi della delega fiscale di cui la Commissione ha avviato l'esame.
  In considerazione del parere negativo espresso su di esse, ritira le proprie proposte di modifica n. 2, 3, 5, 6, 7 e 10, preannunciando quindi il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore, come riformulata.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) si dichiara in primo luogo deluso dall'atteggiamento della maggioranza di Governo, la quale non ha in alcun modo accolto le Pag. 96proposte formulate dal suo gruppo, nonostante esse fossero ispirate a un intento costruttivo e accogliessero molti spunti e osservazioni emerse nel corso del Seminario istituzionale svolto ai fini dell'esame del provvedimento.
  In particolare richiama le considerazioni espresse dal Procuratore aggiunto presso la Procura della Repubblica di Milano, dottor Greco, il quale ha formulato alcune critiche rispetto alla possibilità che le misure contenute nel provvedimento possano essere censurate dagli organi giurisdizionali dell'UE, nonché sul fatto che le norme stesse non distinguono tra legittime strategie fiscali e strategie fiscali aggressive, poste in essere da grandi soggetti economici esclusivamente a fini di elusione fiscale.
  Sottolinea quindi come sia inaccettabile per i cittadini che, a fronte delle gravi sanzioni penali che colpiscono reati di lievissima entità compiuti da piccoli imprenditori e professionisti, le grandi imprese siano lasciate nelle condizioni di porre in essere strategie fiscali estremamente aggressive, volte a sottrarre redditi molto ingenti all'imposizione fiscale dirottandoli nei cosiddetti «paradisi fiscali». In tale contesto rileva quindi come il Governo, invece di intervenire con misure volte a perseguire tali soggetti, li agevoli attraverso misure che rendono penalmente irrilevanti tali condotte elusive, oltre che attraverso l'adozione di ulteriori provvedimenti normativi che prevedono accordi di ruling internazionale con le grandi imprese.
  Rileva inoltre l'esigenza di specificare maggiormente la fattispecie di abuso del diritto introdotto dall'articolo 1 dello schema di decreto, la quale appare formulata come una sorta di «contenitore giuridico», la cui indeterminatezza rischia di porre in gravi difficoltà i giudici chiamati ad applicare tali previsioni.
  Evidenzia altresì come l'articolo 2 dello schema di decreto, il quale prevede che il raddoppio dei termini di accertamento per le imposte operi solo nei casi di presentazione di denuncia da parte dell'Amministrazione finanziaria entro la scadenza ordinaria dei termini, anziché comportare un beneficio per i contribuenti virtuosi in termini di certezza del diritto, comporti un sostanziale condono, posto che le attività di controllo ad oggi eseguite non sarebbero più utilizzabili qualora fosse decorso il termine ordinario di accertamento.
  Alla luce delle considerazioni svolte invita quindi il Governo a un ripensamento e a una riflessione approfondita sui temi oggetto dello schema di decreto, affinché si eviti di approvare misure potenzialmente molto dannose per il Paese.

  Marco CAUSI (PD) sottolinea innanzitutto come la scelta, compiuta dalla delega per la riforma del sistema fiscale, di operare una separazione netta tra elusione ed evasione fiscale, corrisponda alle raccomandazioni espresse in materia dalla Commissione europea e dall'OCSE, concordando, peraltro con il deputato Paglia, circa il fatto che la fattispecie dell'abuso del diritto introdotta dallo schema di decreto sarà naturalmente sottoposta al vaglio della magistratura in occasione della sua applicazione ai casi concreti.
  In tale contesto riconosce che sarebbe stato preferibile discutere dell'abuso del diritto unitamente alle misure per la revisione del sistema penale tributario, come previsto nell'originario schema di decreto in materia approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri nella riunione del 24 dicembre scorso, il quale successivamente è stato modificato e suddiviso in due distinti schemi di decreto a causa di un problema rispetto alla riformulazione di una norma ivi contenuta, di cui lo stesso Presidente del Consiglio si è fatto carico. Occorre, peraltro, tener presente il fatto che nello schema di decreto sulle sanzioni penali e tributarie, prossimamente all'esame del Consiglio dei ministri è stata mantenuta la previsione di rafforzare le sanzioni penali previste dal decreto legislativo n. 74 del 2000, inasprendo in particolare le pene nelle ipotesi di dichiarazioni fraudolente. Considerando pertanto il combinato disposto delle prossime norme in materia penale e di quelle in Pag. 97materia di abuso del diritto contenute nello schema di decreto in esame, emerge come condotte finora qualificate come elusione fiscale saranno in futuro sanzionate come frode fiscale, applicando quindi pene più rigorose, a esempio nei casi di operazioni simulate soggettivamente o oggettivamente che intendano indurre in errore l'Amministrazione finanziaria al fine di evadere il prelievo.
  Alla luce di tale dato di fatto evidenzia come non si possa in alcun modo sostenere che lo schema di decreto abbia in alcun modo finalità condonistiche o che esso si ponga in contraddizione col sistema penale tributario, dovendosi invece affermare che il provvedimento consente di adeguare l'ordinamento italiano agli standard europei.
  Analoghe considerazioni possono essere svolte anche per quanto riguarda il tema del raddoppio dei termini di accertamento, rispetto al quale le norme dell'articolo 2 dello schema di decreto coincidono perfettamente con i principi e criteri direttivi di delega in materia. A tale proposito rileva inoltre come le condizioni contenute nella proposta di parere del relatore tengano conto di alcuni rilievi espressi in materia dal dottor Greco. A questo riguardo ribadisce come, fin dalla fase di esame del disegno di legge delega, sia sempre stata chiara l'intenzione della maggioranza e del Governo di escludere ogni forma di condono, perseguendo invece l'obiettivo di massimizzare l'efficienza dell'Amministrazione finanziaria, consentendole di svolgere la propria attività ex ante, e comunque entro termini temporali certi, senza peraltro incidere in alcun modo sui termini di indagine dell'autorità giudiziaria.
  Per quanto riguarda la terza parte dello schema di decreto, relativa al regime dell'adempimento collaborativo, sottolinea come tale istituto obbligherà i grandi contribuenti che si avvarranno di tale regime ad essere molto più trasparenti, consentendo in tal modo all'Amministrazione finanziaria di disporre di una quantità di informazioni molto più ampia e di monitorare costantemente le operazioni fiscali delle imprese stesse. A tale proposito, con riferimento al rilievo avanzato dal deputato Paglia in materia, sottolinea come il termine di 15 giorni previsto dalla procedura abbreviata di interpello preventivo di cui all'articolo 6, comma 2, riguardi la verifica circa l'idoneità della domanda di interpello, mentre il termine per la risposta all'interpello medesimo è fissato in 45 giorni.
  Con riferimento invece all'organizzazione dell'esame del provvedimento sottolinea come il gruppo PD ritenga necessario procedere nella seduta odierna alla votazione della proposta di parere, ricordando che la Commissione Finanze del Senato si è già espressa in merito nella giornata di ieri.

  Alessio Mattia VILLAROSA (M5S) considera improprio procedere all'espressione del parere nella seduta odierna, in considerazione delle gravi perplessità e delle richieste di approfondimento avanzate su numerosi aspetti del provvedimento da molti dei deputati intervenuti.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge la proposta di modifica Pesco n. 1, approva la proposta di modifica Causi n. 8, respinge la proposta di modifica Capezzone n. 9, approva la proposta di modifica Capezzone n. 11, come riformulata, risultando pertanto assorbita la proposta di modifica Capezzone n. 12, respinge le proposte di modifica Capezzone n. 13 e n. 14 e approva le proposte di modifica Capezzone n. 15 e n. 16.

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore, come riformulata e come risultante dalle proposte di modifica approvate (vedi allegato 8).

  La seduta termina alle 14.40.

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