CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 aprile 2015
421.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta delle elezioni
COMUNICATO
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GIUNTA PLENARIA

  Giovedì 9 aprile 2015. — Presidenza del presidente Giuseppe D'AMBROSIO.

  La seduta comincia alle 14.40.

Comunicazioni del Presidente.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, comunica che in data 3 aprile 2015 è pervenuto alla Giunta un ricorso, sottoscritto da Sebastiano Moretto, candidato primo dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it nella circoscrizione Puglia, volto a contestare la proclamazione del deputato Ludovico Vico, effettuata lo scorso 18 marzo a seguito delle dimissioni dal mandato parlamentare del deputato Massimo Bray.
  Nel suo ricorso, di contenuto analogo ad altri ricorsi già agli atti della Giunta, il signor Moretto chiede alla Giunta di correggere i risultati elettorali e di procedere all'accertamento del subentrante al deputato Bray sulla base della normativa elettorale risultante al netto delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014.

Seguito esame dei ricorsi ed esposti preliminare alla verifica dei poteri su base nazionale.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, avverte che la Giunta, nella seduta odierna, prosegue l'esame dei ricorsi ed esposti agli atti della Giunta, preliminare alla fase di verifica dei poteri su base nazionale, che si concluderà con l'esame della relazione nazionale.
  Rammenta che nella seduta del 1o aprile scorso, la Giunta ha avviato l'esame dei ricorsi ed esposti, respingendo due distinte proposte da lui formulate in qualità di relatore nazionale, ai fini dell'apertura di un'istruttoria ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del Regolamento della Giunta delle elezioni. In esito a tali deliberazioni, ha ritenuto di rinunziare all'incarico di relatore nazionale, incarico che ha affidato al collega Lattuca che – in ragione del fatto di essere il più giovane componente della Giunta – ha svolto la funzione di relatore circoscrizionale per la circoscrizione Valle d'Aosta, la sola i cui risultati non rilevano ai fini del riparto dei seggi operato su base nazionale.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, avverte che, come precisato dal presidente D'Ambrosio nella precedente seduta, prima di procedere all'esame della relazione nazionale, la Giunta è chiamata ad esaminare i Pag. 4ricorsi ed esposti agli atti, in quanto la decisione sugli stessi è potenzialmente in grado di influenzare le conclusioni della relazione medesima.
  Ricorda che sono agli atti della Giunta, con riferimento alle operazioni elettorali svoltesi sul territorio nazionale, i seguenti ricorsi ed esposti:
   a) tre esposti, tutti relativi a questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale, da parte di Giovanni Vaccaro, Giuseppe Mariani e Antonio Longo. Questi ricorsi sono accomunati dal fatto di contestare la legittimità costituzionale di alcune norme della legge elettorale, in primo luogo quelle relative al premio di maggioranza. Da tale contestazione discendeva la richiesta alla Giunta di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme richiamate dinanzi alla Corte costituzionale, e di apportare le conseguenti correzioni ai risultati elettorali ed alle proclamazioni che dagli stessi erano scaturite;
   b) un reclamo da parte di Salvatore Gabriele Pasquale Rubbino e Alessandro Murtas volto a contestare l'esclusione del contrassegno del Movimento Nazional Popolare Cattolico Fratelli d'Italia dalle elezioni del 24-25 febbraio 2013 e, conseguentemente, la proclamazione dei deputati eletti nelle liste «Fratelli d'Italia – Centrodestra Nazionale»;
   c) una serie di reclami volti a contestare le modalità di ripartizione ed assegnazione dei seggi in talune Circoscrizioni;
   d) una serie di ricorsi, che fanno seguito a esposti inviati all'Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di Cassazione e da questa trasmessi alla Camera, presentati da Manuela Di Centa, Massimo Donadi, Gavino Manca, Arcangelo Sannicandro e Sonia Pellizzari. Questi ricorsi sono accomunati dal fatto di contestare la proclamazione dei deputati Walter Verini, Roberto Marti, Paolo Vella, Roberto Capelli e Florian Kronbichler per errata interpretazione e conseguente errata applicazione dell'articolo 83, comma 1, numeri 8) e 9) del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, con particolare riferimento all'interpretazione e all'applicazione dei criteri per la compensazione dei seggi fra le coalizioni e le liste eccedentarie nel numero dei seggi assegnati e le coalizioni e le liste deficitarie nel numero dei seggi assegnati. Un ulteriore ricorso, di analogo tenore, era stato presentato da parte di Sabrina De Camillis, che lo ha successivamente ritirato;
   e) quattordici ricorsi, sottoscritti da Emanuele Alcidi, Gennaro Amiranda, Marco Bono, Vincenzo Antonio D'Iglio, Michele Labriola, Filippo Giovanni Marasco, Sebastiano Moretto, Alberto Borelli, Cosmo Bottiglieri, Leonardo Brunetta, Ruggero Fittaioli, Antonio Pizzuti Piccoli, Paolo Ricci e Serena Smerilli, candidati primi dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it, in varie circoscrizioni. I predetti ricorsi, di analogo tenore, contestano le proclamazioni effettuate il 25 giugno 2014, a seguito delle dimissioni dal mandato parlamentare di undici deputati eletti al Parlamento europeo, chiedendo alla Giunta di correggere i risultati elettorali e di procedere all'accertamento dei subentranti ai deputati cessati sulla base della normativa elettorale risultante al netto delle norme dichiarate costituzionalmente illegittime dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014. Sono stati inoltre presentati cinque ulteriori ricorsi, con motivazioni ed argomentazioni analoghe, da parte di Sebastiano Moretto, Antonio Pizzuti Piccoli, Leonardo Brunetta, Cosmo Bottiglieri e Michele Labriola, candidati primi dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it in diverse circoscrizioni, che contestano le proclamazioni effettuate il 9 luglio 2014, a seguito delle dimissioni dal mandato parlamentare di due deputati che hanno optato per la carica di sindaco. Da ultimo, è pervenuto il ricorso, come annunziato dal presidente D'Ambrosio, con cui Sebastiano Moretto, candidato primo dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it nella circoscrizione Puglia, contesta la proclamazione effettuata il 18 marzo scorso di Ludovico Vico in sostituzione del dimissionario Massimo Bray.

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  Passa, quindi, all'esame dei ricorsi ed esposti, a partire da quelli che contestavano la legittimità della legge elettorale a firma, rispettivamente, di Giovanni Vaccaro (cittadino elettore), Giuseppe Mariani (cittadino elettore), e Antonio Longo (in qualità di presidente del Movimento difesa del cittadino e come cittadino elettore), quest'ultimo esposto reiterato dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, in nome del medesimo Antonio Longo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014. Dalla contestazione della legittimità costituzionale di alcune norme della legge elettorale – comune a questi tre esposti – discendeva la richiesta alla Giunta di sollevare questione di legittimità costituzionale delle norme richiamate dinanzi alla Corte costituzionale, e di apportare le conseguenti correzioni ai risultati elettorali ed alle proclamazioni che dagli stessi erano scaturite.
  Nel premettere che la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte non ha più ragione di essere, osserva che le richieste di merito recate da questi esposti devono essere valutate alla luce delle decisioni assunte dalla Corte costituzionale, decisioni sulle quali la Giunta ha svolto – come è noto – uno specifico approfondimento istruttorio.
  Richiama sinteticamente i contenuti della sentenza in oggetto, ritenendo che gli stessi siano ampiamente conosciuti. Con la sentenza n. 1 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge elettorale che prevedevano un premio di maggioranza per la lista o la coalizione di liste che avesse riportato la maggioranza dei voti e di quelle che escludevano la possibilità per gli elettori di esprimere preferenze. Peraltro, nella parte motiva – in particolare nel punto 7 dei «considerato in diritto» – la Corte si è soffermata anche su taluni aspetti degli effetti giuridici della sentenza sulle attività e sulla composizione delle attuali Camere. Osserva, infatti, che la Corte ha espressamente precisato che «la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere. Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. (...) Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti».
  Rileva che l'approfondimento istruttorio svolto dalla Giunta si è, quindi, concentrato principalmente sul rapporto fra il dispositivo della sentenza e le motivazioni richiamate, in particolare con riferimento al concetto di definitività dei rapporti giuridici e ai conseguenti riflessi sulla verifica dei poteri e sulla procedura di convalida dei deputati, nonché sui profili relativi ai subentri. Le audizioni – nel corso delle quali sono emersi orientamenti diversificati e in taluni casi fra loro alternativi – se da un lato hanno confermato la complessità della questioni connesse alla verifica dei poteri a seguito della sentenza della Corte, dall'altro hanno contribuito a evidenziare la assoluta percorribilità di una linea interpretativa che metta in stretta connessione dispositivo e motivazioni della sentenza.
  A suo avviso, la decisione assunta dalla Corte costituzionale, nel dispositivo della sentenza e nelle sue motivazioni, costituisce un sistema organico che consente di affrontare e risolvere positivamente le problematiche connesse alla fase di verifica dei poteri, assicurando sia la legittimità delle attuali Camere, in quanto organi costituzionali – secondo un principio di continuità dello Stato – sia la legittimità di Pag. 6tutti gli atti che le Camere abbiano adottato o adotteranno nel corso della legislatura. In questo senso, la portata della sentenza n. 1 del 2014 non si presta a equivoci, tanto in forza del principio di intangibilità dei rapporti esauriti quanto in ragione del principio di continuità dello Stato. Come precisato nelle sue motivazioni, la sentenza non incide infatti né sugli esiti delle elezioni svolte, né sugli atti adottati dal Parlamento eletto. Ne consegue che le consultazioni elettorali del 2013, ancorché svoltesi nella vigenza di una legge poi dichiarata incostituzionale, costituiscono un fatto concluso. Il fatto che la Corte abbia affermato in modo esplicito che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti sta a significare che la trasformazione dei voti espressi dagli elettori in seggi si è realizzata sulla base del sistema giuridico-normativo vigente al momento delle elezioni e che tale fase costituisce un momento compiuto e non ripetibile. Questo anche perché l'espressione del voto da parte degli elettori non avviene in una realtà asettica e neutra ma è influenzata, tra l'altro, dalle caratteristiche del sistema elettorale vigente al momento delle elezioni. Infatti, la sentenza ha dichiarato l'illegittimità di alcuni articoli delle leggi che regolano le elezioni politiche per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica – quelli concernenti la previsione di un premio di maggioranza eccessivo e senza soglia, e la previsione delle liste bloccate – ma non ha inciso su altre disposizioni della legislazione elettorale vigente. La verifica dei poteri e la procedura di convalida dei deputati non costituiscono pertanto applicazione di norme dichiarate incostituzionali, per cui la sentenza della Corte non può incidere sulla legittimità degli atti della Giunta dal momento che gli stessi non fanno applicazione di norme dichiarate incostituzionali.
  Osserva, infatti, che le attività previste dall'articolo 83, comma 1, n. 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 (disposizione colpita dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale) sono poste in essere dall'Ufficio elettorale centrale nazionale, in quanto allo stesso riservate, nella fase immediatamente successiva alla consultazione elettorale – ben prima, quindi, che intervenisse la sentenza n. 1 del 2014 – e non debbono essere applicate da alcun altro organo, compresa la Camera. Né di tale disposizione viene fatta applicazione in sede di verifica dei poteri ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, perché in quella sede la Camera deve sì vagliare i titoli di ammissione dei suoi componenti – tanto sotto il profilo della regolarità delle operazioni elettorali, quanto avendo riguardo ai requisiti soggettivi e personali – ma alla luce della normativa vigente al momento della loro proclamazione. In altri termini, la verifica dei poteri deve essere inquadrata all'interno di un'attività di controllo successivo, che si esplica quando il procedimento di composizione delle Camere è già divenuto perfetto ed efficace.
  Con riferimento alle altre norme dichiarate incostituzionali, vale a dire l'articolo 4, comma 2, e l'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 361 del 1957, fa presente che si tratta di previsioni normative dichiarate incostituzionali nella parte in cui non prevedevano qualcosa, cioè nella parte in cui non prevedevano la facoltà di esprimere una preferenza. Sotto questo profilo, la sentenza ha carattere additivo, aggiungendo una previsione normativa ad una disposizione previgente. Non sarebbe concettualmente possibile, in sede di verifica dei poteri, il ripristino della legalità costituzionale violata perché in questa sede non sarebbe ovviamente possibile restituire ai cittadini la facoltà di esprimere una preferenza che era stata loro sottratta dalla legge dichiarata incostituzionale. La Camera, nella verifica dei titoli di ammissione dei suoi componenti, valuta l'applicazione delle norme di legge relative all'assegnazione dei seggi, mentre le norme relative alle preferenze saranno applicabili soltanto in un futuro procedimento elettorale, a cui le attuali Camere saranno estranee. Pag. 7
  L'affermare che le elezioni svoltesi con la legge elettorale dichiarata parzialmente incostituzionale costituiscono un fatto compiuto – e che pertanto la Giunta non possa in questa sede applicare la normativa risultante dalla sentenza della Corte costituzionale – non significa annullare o comunque limitare la possibilità di ricorso da parte dei candidati che ritengano lesi i loro diritti nel corso del procedimento elettorale: ciò è dimostrato anche dal fatto che, una volta concluso l'esame degli esposti presentati dai signori Longo – Pellegrino, Mariani e Vaccaro, la Giunta sarà chiamata ad esaminare i ricorsi presentati da alcuni candidati non eletti proprio con riferimento alle modalità con cui l'Ufficio elettorale centrale nazionale ha applicato la normativa elettorale in relazione alla assegnazione dei seggi alle liste. Quello che, invece, la Giunta non può fare, alla luce della interpretazione prevalente dei contenuti e degli effetti della sentenza n. 1 del 2014, è applicare alle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013 una normativa che è entrata a far parte dell'ordinamento solo in una fase successiva. Questa interpretazione – e le conseguenze che da essa discendono – trova del resto una conferma anche nella sentenza con cui la Corte di cassazione ha chiuso la vicenda giudiziaria dalla quale si è originata la questione di legittimità costituzionale che ha portato la Corte costituzionale a esprimersi con la sentenza n. 1 del 2014. Ricorda che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8878/14, ha sancito – con riferimento a coloro i quali avevano presentato lo specifico ricorso in materia – che i cittadini elettori non hanno potuto esercitare secondo le modalità, previste dalla Costituzione, del voto personale, eguale, libero e diretto, il diritto di voto nelle elezioni per la Camera e il Senato svoltesi nel 2006, 2008 e 2013, ossia dopo l'entrata in vigore delle legge n. 270 del 2005 e sino alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014.
  Sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale, la Corte di Cassazione ha infatti riconosciuto che vi è stata una lesione giuridicamente rilevante del diritto di voto per il periodo di vigenza delle disposizioni incostituzionali, poiché i cittadini elettori non hanno potuto esercitare tale diritto secondo i principi costituzionali, per la oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica, a causa del meccanismo di traduzione dei voti in seggi. La Corte di Cassazione ha peraltro richiamato la precisazione, contenuta nella sentenza n. 1 del 2014, secondo cui le elezioni svolte costituiscono un fatto concluso idoneo a giustificare che i rapporti sorti nel vigore della legge annullata rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida in quanto esauriti, e che non sono altresì riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali. La Corte di Cassazione ha infine chiarito che la tutela riconosciuta dall'ordinamento ai ricorrenti elettori consiste, oltre che nell'accertamento della lesione subita e nel rimborso delle spese elettorali, anche in quella, definita «pienamente satisfattoria» dalla medesima Corte di Cassazione, della riparazione in forma specifica del loro diritto a seguito della sentenza della Corte costituzionale che ha ripristinato la legalità costituzionale, potendo gli stessi elettori, a decorrere dal 13 gennaio 2014 ed attualmente, esercitare il diritto di voto secondo i precetti costituzionali (senza alcun riferimento, pertanto, a possibili effetti della sentenza sulle elezioni svoltesi il 24 e 25 febbraio 2013).
  Da quanto detto, appare evidente, a suo giudizio, che l'esito delle elezioni del 2013 costituisce un fatto «compiuto», e deve restare quello sancito nel verbale dell'Ufficio elettorale centrale nazionale e nelle proclamazioni effettuate dagli Uffici centrali circoscrizionale – fatte salve le ulteriori verifiche materiali che troveranno la loro formalizzazione nella relazione nazionale vera e propria – in quanto il compito della Giunta è limitato alla verifica della correttezza, sia giuridica che fattuale, di quanto avvenuto nel febbraio – marzo 2013 in base alla legge allora vigente (e sulla base del principio tempus Pag. 8regit actum), ed essa non è in alcun modo chiamata ad applicare oggi le norme dichiarate incostituzionali.
  Pertanto, con riferimento al merito degli esposti presentati dai signori Longo, Mariani e Vaccaro – e più in generale alla portata ed agli effetti della sentenza n. 1 del 2014 – alla luce e sulla base delle risultanze dell'approfondimento compiuto, propone di ritenere manifestamente infondati i predetti esposti e di deliberare conseguentemente la loro archiviazione.

  Fabiana DADONE (M5S) osserva che la relazione del collega Lattuca si fonda sostanzialmente sulle argomentazioni sviluppate da due dei sette esperti costituzionalisti che la Giunta ha audito nelle scorse settimane. In particolare la relazione fa riferimento al fatto che la sentenza della Corte costituzionale ha affermato che le elezioni svoltesi nel 2013 costituivano un fatto compiuto. Tale argomentazione è stata peraltro oggetto di contestazione da parte della maggioranza dei costituzionalisti ascoltati dalla Giunta. Proprio per queste ragioni nella precedente seduta era stata avanzata la proposta di un ulteriore approfondimento istruttorio che i rappresentanti del gruppo Movimento 5 Stelle avevano fortemente sostenuto, in particolare con riguardo ai deputati eletti grazie al premio di maggioranza.
  È vero che le elezioni hanno fotografato l'orientamento dell'elettorato in quel particolare momento, ma non si può dimenticare che successivamente la Corte costituzionale ha sancito l'illegittimità di alcune delle disposizioni che hanno trasformato quei voti in seggi. Si è quindi determinato un effetto che uno degli esperti auditi ha definito un vero e proprio cul de sac, dal momento che se la sentenza non dovesse produrre effetti in relazione alle elezioni del 2013 verrebbe meno lo stesso potere di verifica che la Costituzione affida alla Giunta.
  Questo risulta ancora più evidente in relazione alla posizione dei subentranti. Infatti, ammesso e non concesso che possa ritenersi accettabile l'interpretazione che il relatore ha dato con riferimento alla attribuzione del premio di maggioranza, alla stessa conclusione non potrebbe comunque pervenire in relazione a subentri che intervengono successivamente alla pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale.
  Sono questi i motivi che avevano indotto a proporre di sollevare un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale: in tal modo si sarebbe consentito a tale organo di dirimere le questioni ancora oggetto di discussione, risolvendo una situazione imbarazzante per la Giunta delle elezioni.
  Conclude esprimendo il proprio orientamento contrario alla proposta di archiviazione formulata dal relatore, ribadendo l'esigenza di un ulteriore approfondimento che consenta alla Giunta di pervenire ad una soluzione serena e meditata.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) esprime il proprio disorientamento rispetto al fatto che si ribadiscano ancora una volta dubbi e perplessità che dovrebbero ormai avere trovato risposta. Richiamando anch'egli le audizioni svolte ricorda in particolare le considerazioni svolte dal professor Sorrentino che, pur molto critico, ha riconosciuto che la sentenza si fondava su principi chiari, principi richiamati nella relazione del collega Lattuca.
  Si può discutere quanto si vuole, ma il dato fondamentale è quello ribadito in più occasioni, da ultimo nella relazione testé svolta, ossia che il ruolo della Giunta è quello di operare una verifica circa ciò che è avvenuto al momento delle elezioni, nonché di valutare i requisiti degli eletti.
  Per quanto riguarda gli effetti della sentenza è l'articolo 136 della Costituzione a fare chiarezza. Su questo la posizione del gruppo Partito Democratico, così come quella della maggioranza degli altri gruppi, è univoca e non è stata revocata in dubbio nemmeno in sede di audizioni istruttorie. Aderisce pertanto alle conclusioni alle quali è pervenuto il relatore e dichiara quindi voto favorevole sulla proposta che egli ha formulato.

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  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, pone in votazione la proposta del relatore di ritenere manifestamente infondati gli esposti presentati dai signori Longo, Mariani e Vaccaro e di deliberare conseguentemente la loro archiviazione.

  La Giunta approva a maggioranza.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, propone di passare immediatamente per logica connessione di materia ed argomenti all'esame dei ricorsi – complessivamente diciannove – presentati dai candidati primi dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it in diverse circoscrizioni, avverso le proclamazioni effettuate il 25 giugno 2014 a seguito delle dimissioni dal mandato parlamentare di undici deputati eletti al Parlamento europeo, e avverso le proclamazioni effettuate il 9 luglio 2014 a seguito delle dimissioni dal mandato parlamentare di due deputati che hanno optato per la carica di sindaco. A questi ricorsi, si è aggiunto nei giorni scorsi il ricorso con cui Sebastiano Moretto, candidato primo dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it nella circoscrizione Puglia, contesta la proclamazione effettuata il 18 marzo scorso di Ludovico Vico in sostituzione del dimissionario Massimo Bray.
  Ricorda che tutti questi ricorsi traggono spunto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, sulla base del presupposto che, essendo stata dichiarata l'illegittimità costituzionale delle disposizioni relative all'attribuzione del premio di maggioranza e all'impossibilità di esprimere una preferenza per i candidati, a norma dell'articolo 136, primo comma, della Costituzione, le suddette norme hanno cessato di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza. In considerazione del fatto che gli effetti «retroattivi» della sentenza di accoglimento trovano applicazione per i «rapporti tuttora pendenti», incontrando quale limite invalicabile i soli rapporti «esauriti», e che nel «rapporto elettorale» devono ritenersi «definite» tutte le proclamazioni una volta che queste si siano «stabilizzate» essendo decorsi inutilmente i termini prescritti per la loro contestazione o essendo stati viceversa già decisi i relativi contenziosi, ad avviso dei ricorrenti non possono ritenersi esauriti e definiti i rapporti concernenti proclamazioni contestate dai soggetti legittimati secondo le forme prescritte, e in particolare le proclamazioni effettuate nella seduta dell'Assemblea della Camera in data 25 giugno 2014 (ovvero in data 9 luglio 2014 e 18 marzo 2015). Conseguentemente, i ricorrenti chiedono che la Giunta, nel decidere i ricorsi, faccia riferimento esclusivamente alle norme elettorali così come risultanti dall'intervenuta sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, in ossequio alla portata erga omnes ed ex tunc delle sentenze di accoglimento della Consulta, essendo state espunte dall'ordinamento le norme dichiarate costituzionalmente illegittime dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza medesima.
  Valuta che, come emerge chiaramente dalla breve sintesi del loro contenuto, anche questi ricorsi sono strettamente collegati alla sentenza n. 1 del 2014, da cui traggono spunto e motivazione. La loro specificità consiste nel fatto che, anziché porre in discussione la complessiva distribuzione dei seggi operata dall'Ufficio elettorale centrale nazionale all'indomani delle elezioni del 24-25 febbraio 2013, ritengono che la Giunta debba applicare con riferimento alle nuove proclamazioni effettuate in corso di legislatura la normativa elettorale risultante per effetto delle pronunzie di illegittimità costituzionale contenute nella sentenza della Corte costituzionale.
  Come ricordato in precedenza, anche questa problematica è stata oggetto di valutazione e analisi nell'ambito dell'approfondimento istruttorio che la Giunta ha compiuto nei mesi scorsi. Non si possono quindi non richiamare le conclusioni che da quell'approfondimento sono scaturite e che sono state esposte in precedenza con riferimento agli esposti presentati dai signori Longo, Mariani e Vaccaro. Peraltro, Pag. 10nel momento in cui si dà per acquisita la distribuzione dei seggi operata dall'Ufficio elettorale centrale nazionale – come fanno i ricorrenti, aderendo in sostanza alla conclusione cui è pervenuta anche la Giunta con la precedente deliberazione – ai fini della valutazione dei ricorsi in questione rilevano soltanto le norme che presiedono all'individuazione dei subentranti ai deputati cessati dal mandato. Tali norme sono contenute nell'articolo 86 del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, in particolare nel comma 1, che dispone che «il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche sopravvenuta, è attribuito, nell'ambito della medesima circoscrizione, al candidato che nella lista segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista». È questa la disposizione in base alla quale la Giunta individua i subentranti, che sono poi proclamati deputati dalla Presidenza della Camera dinanzi all'Assemblea: ma tale disposizione non è stata in nessun modo oggetto di sindacato da parte della Corte costituzionale (che peraltro ha ritenuto accettabile come criterio residuale anche la proclamazione originaria sulla base dell'ordine di lista) né, in vero, era stata segnalata come suscettibile di profili di incostituzionalità da parte degli stessi soggetti che avevano promosso il ricorso da cui è originata la sentenza n. 1 del 2014.
  Sulla base di queste considerazioni, propone di ritenere manifestamente infondati i ricorsi presentati da Emanuele Alcidi, Gennaro Amiranda, Marco Bono, Vincenzo Antonio D'Iglio, Michele Labriola, Filippo Giovanni Marasco, Sebastiano Moretto, Alberto Borelli, Cosmo Bottiglieri, Leonardo Brunetta, Ruggero Fittaioli, Antonio Pizzuti Piccoli, Paolo Ricci e Serena Smerilli, candidati primi dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it in varie circoscrizioni, avverso le proclamazioni effettuate il 25 giugno 2014, nonché gli ulteriori ricorsi, presentati da Sebastiano Moretto, Antonio Pizzuti Piccoli, Leonardo Brunetta, Cosmo Bottiglieri e Michele Labriola, candidati primi dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it in diverse circoscrizioni, avverso le proclamazioni effettuate il 9 luglio 2014, e di deliberare conseguentemente la loro archiviazione. Propone altresì di ritenere manifestamente infondato il ricorso di Sebastiano Moretto, candidato primo dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle – Beppegrillo.it nella circoscrizione Puglia, avverso la proclamazione di Ludovico Vico, effettuata il 18 marzo scorso, e di deliberare conseguentemente la sua archiviazione.

  Fabiana DADONE (M5S), richiamando anch'essa le argomentazioni del professor Sorrentino, ricorda che, secondo lui, l'esistenza del procedimento di verifica dei poteri smentisce la circostanza che le elezioni costituiscono un fatto concluso, e inoltre che la proclamazione dei subentranti implica l'applicazione delle norme dichiarate incostituzionali.
  Ritiene pertanto che non si possa consentire a cuor leggero, e senza gli opportuni approfondimenti, che produca effetti una normativa oggetto di una pronunzia di illegittimità costituzionale: non può quindi condividere la proposta del relatore.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) osserva che opportunamente la collega Dadone ha ricordato il «secondo lui» che ha accompagnato le considerazioni svolte dal professor Sorrentino. Aderisce quindi alle conclusioni formulate dal relatore Lattuca.

  Davide CRIPPA (M5S) rileva che la relazione svolta in precedenza dal collega Lattuca ha in più occasioni richiamato il concetto dei rapporti esauriti: non è chiaro come possano considerarsi esauriti i rapporti che formano oggetto dei ricorsi in esame, dal momento che si tratta di proclamazioni intervenute dopo la sentenza della Corte costituzionale. In questo senso gli pare che emerga una contraddizione con la proposta precedentemente approvata dalla Giunta.
  La Giunta ha il dovere di affrontare le questioni ancora irrisolte: per questo la proposta più corretta era quella di svolgere Pag. 11un ulteriore approfondimento e di sollevare un conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale. Avendo la maggioranza della Giunta respinto tale proposta, vede il rischio che si pervenga ad una decisione non sulla base di valutazioni tecnico-giuridiche, bensì secondo considerazioni ed orientamenti politici.

  Nicola STUMPO (PD) rileva che nel dibattito emergono due questioni principali, da un lato quella del momento in cui debba considerarsi esaurito il procedimento elettorale, dall'altro quali siano i compiti affidati alla Giunta.
  In relazione al primo profilo osserva che l'individuazione di un subentrante non costituisce in sostanza un atto nuovo, dal momento che nella fase della proclamazione originaria dei deputati non si individuano soltanto gli eletti ma si definisce anche l'ordine dei potenziali subentranti che diviene successivamente oggetto di un mero accertamento da parte della Giunta. Quest'ultima nei mesi scorsi ha verificato i dati elettorali delle singole circoscrizioni, che confluiranno a breve nella relazione nazionale, rilevando che non sussistono problematiche tali da implicare modifiche sostanziali rispetto ai dati che hanno portato alle proclamazioni da parte degli uffici centrali circoscrizionali.
  Ricorda inoltre che la Giunta ha sempre accertato, in via preventiva, i possibili subentranti a deputati dimissionari. Ciò è avvenuto non solo nel caso in cui le dimissioni erano dettate da situazioni di incompatibilità, ma anche a fronte di dimissioni su base volontaria, che in qualche caso, sono state respinte dall'Assemblea. La Giunta può anche continuare a discutere della questione connessa ai subentri, ma riterrebbe più produttivo non tornare continuamente su tematiche già affrontate e risolte, anche nei fatti, dalla Giunta medesima.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, ritiene opportuno ribadire che il complesso dei ricorsi in esame deve essere oggetto di archiviazione perché la disposizione in base ai quali si procede ai subentri è pienamente vigente: rammenta che, a fronte di una considerazione svolta al riguardo, anche il professor Sorrentino ha ammesso l'esigenza di una riflessione. Del resto ricorda che anche l'articolo 18 del regolamento della Giunta prevede che, ai fini del subentro, la Giunta accerti quale candidato segue nella graduatoria l'ultimo eletto per la circoscrizione territoriale e la lista interessate.

  Fabiana DADONE (M5S) esprime rammarico per il fatto che si affermi che vengono ripetute argomentazioni già svolte, dal momento che il Parlamento è il luogo per eccellenza in cui si discute e si confrontano le diverse posizioni. Ricordando che alle audizioni svolte presso la Giunta hanno partecipato esperti indicati dai diversi gruppi – e questo ha fatto sì che emergessero posizioni differenziate e in buona parte non coincidenti con l'orientamento della maggioranza – fa presente che uno degli auditi aveva prospettato anche l'ipotesi di non procedere ad ulteriori subentri successivamente alla sentenza della Corte costituzionale. Nel ringraziare il relatore Lattuca per la precisazione fornita, ribadisce di non poter condividere la sua proposta di archiviazione dei ricorsi.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, pone in votazione la proposta del relatore di ritenere manifestamente infondati i ricorsi presentati da Emanuele Alcidi, Gennaro Amiranda, Marco Bono, Vincenzo Antonio D'Iglio, Michele Labriola, Filippo Giovanni Marasco, Sebastiano Moretto, Alberto Borelli, Cosmo Bottiglieri, Leonardo Brunetta, Ruggero Fittaioli, Antonio Pizzuti Piccoli, Paolo Ricci e Serena Smerilli avverso le proclamazioni effettuate il 25 giugno 2014, i ricorsi presentati da Sebastiano Moretto, Antonio Pizzuti Piccoli, Leonardo Brunetta, Cosmo Bottiglieri e Michele Labriola avverso le proclamazioni effettuate il 9 luglio 2014, nonché il ricorso di Sebastiano Moretto avverso la proclamazione di Ludovico Vico effettuata il 18 marzo scorso, e di deliberare conseguentemente l'archiviazione dei predetti ricorsi.

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  La Giunta approva a maggioranza.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, passa a questo punto agli altri ricorsi ed esposti presentati.
  Il reclamo presentato da Salvatore Gabriele Pasquale Rubbino e Alessandro Murtas (in qualità, rispettivamente, di legale rappresentante del Movimento Nazional Popolare Cattolico Fratelli d'Italia e di coordinatore del medesimo Movimento nella regione Lazio) è volto a contestare l'esclusione del contrassegno del Movimento Nazional Popolare Cattolico Fratelli d'Italia dalle elezioni del 24-25 febbraio 2013 e, conseguentemente, la proclamazione dei deputati eletti nelle liste «Fratelli d'Italia – Centrodestra Nazionale». In particolare, il reclamo chiede che la Giunta accerti e dichiari l'illegittimità dell'esclusione del contrassegno della lista elettorale del Movimento Nazional Popolare Cattolico Fratelli d'Italia dalle elezioni del 24-25 febbraio 2013, ed accerti e dichiari il contestuale annullamento dei relativi provvedimenti di ammissione del contrassegno e della lista elettorale «Fratelli d'Italia – Centrodestra nazionale», con conseguente illegittimità dell'elezione, attribuzione dei seggi e proclamazione dei deputati facenti parte di tale ultima lista elettorale.
  Poiché il reclamo dei signori Rubbino e Murtas concerne atti del procedimento elettorale preparatorio, fa presente che ne deve essere preliminarmente valutata l'ammissibilità, senza che in questa fase rilevino gli aspetti di merito che ne costituiscono oggetto.
  Ricorda che la questione della competenza a decidere sul contenzioso relativo agli atti del procedimento elettorale preparatorio – e dunque anche sulle questioni che riguardano il contenzioso sulla presentazione delle liste dei candidati – ha costituito, fin dalla XV legislatura, oggetto di una pluralità di pronunce da parte della Giunta. Sulla base di tali pronunce si è consolidato un orientamento, condiviso anche dalla Giunta del Senato, secondo cui sono da considerare manifestamente inammissibili i ricorsi e i reclami concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio con i quali siano stati ricusati contrassegni di partiti o gruppi politici organizzati o sia stata disposta l'esclusione dalla competizione elettorale di liste o singoli candidati. Ciò, come più volte precisato dalla Giunta, per la ragione che l'oggetto proprio della verifica dei poteri consiste esclusivamente, per esplicita previsione dell'articolo 66 della Costituzione, nella verifica dei titoli di ammissione degli eletti, e non anche in un generalizzato controllo di legittimità posto a garanzia delle posizioni giuridiche soggettive che a vario titolo assumano rilevanza nella fase preparatoria delle elezioni. Se, infatti, per ipotesi la Giunta ritenesse di poter esaminare nel merito un ricorso avverso la ricusazione di una lista, essa dovrebbe ammettere, in via consequenziale, la possibilità di un suo accoglimento. Tuttavia, da ciò non potrebbe in ogni caso derivare alcuna conseguenza pratica sui titoli di ammissione dei deputati proclamati (non essendovi, per mancata partecipazione alle elezioni, candidati proclamabili della lista ricusata) se non quella – palesemente estranea, ed anzi contraria, alle finalità proprie della verifica dei poteri – di rendere necessaria, alla luce della vigente legge elettorale per la Camera, la ripetizione delle elezioni non solo nella circoscrizione interessata ma – tenuto conto del sistema elettorale introdotto dalla legge n. 270 del 2005 – in tutte le circoscrizioni territoriali italiane (ad eccezione della circoscrizione uninominale Valle d'Aosta) al fine di consentire alla lista esclusa di parteciparvi con propri candidati.
  Per completezza, segnala che un ricorso di tenore sostanzialmente analogo era stato presentato da parte dei signori Rubbino e Murtas anche presso la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, che ha convenuto di non entrare nel merito dei rilievi sulla validità degli atti elettorali preparatori contenuti nel predetto ricorso in ragione della costante giurisprudenza in materia di procedimenti elettorali preparatori formatasi presso le Giunte di Camera e Senato. Pag. 13
  Pertanto, per le motivazioni sopra esposte – e pur evidenziando la necessità, già emersa in precedenti legislature, di un complessivo intervento legislativo volto a rafforzare, nella fase antecedente alle elezioni, il sistema di tutele giurisdizionali per il contenzioso relativo agli atti del procedimento elettorale preparatorio, cosa quanto mai opportuna – propone alla Giunta di archiviare per manifesta inammissibilità il ricorso presentato da Salvatore Gabriele Pasquale Rubbino e Alessandro Murtas.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, pone in votazione, la proposta del relatore di archiviare per manifesta inammissibilità il ricorso presentato da Salvatore Gabriele Pasquale Rubbino e Alessandro Murtas.

  La Giunta approva all'unanimità.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, passa, quindi, ad una serie di reclami che sono stati presentati all'Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di Cassazione, e da questa trasmessi alla Camera, volti a contestare le modalità di ripartizione ed assegnazione dei seggi in talune Circoscrizioni. Si tratta in particolare dei reclami presentati da: Ruggero Fittajoli (candidato primo dei non eletti della lista Movimento 5 Stelle nella Circoscrizione Marche), con particolare riferimento a quanto avvenuto nella Circoscrizione Marche; Marco Di Stefano (candidato primo dei non eletti della lista Partito Democratico nella Circoscrizione Lazio 1, peraltro successivamente proclamato deputato in subentro), con particolare riferimento al numero dei seggi spettanti alla coalizione di appartenenza e alle modalità di distribuzione dei seggi fra le liste che la compongono nella circoscrizione Lazio 1; Maurizio Paniz (candidato primo dei non eletti della lista Il Popolo della Libertà nella Circoscrizione Veneto 2), con particolare riferimento alle modalità di distribuzione dei seggi fra le liste che compongono la coalizione di appartenenza nella circoscrizione Veneto 2; Federico Massa, Ludovico Vico, Vincenzo Lavarra e Adalisa Campanelli (candidati, rispettivamente, primo, secondo, terzo e quinto dei non eletti della lista Partito Democratico nella Circoscrizione Puglia; peraltro Federico Massa e Ludovico Vico sono stati successivamente proclamati deputati in subentro), nonché da Adriano Tolomeo (in qualità di rappresentante dell'Unione regionale del Partito Democratico della Puglia), con particolare riferimento al numero dei seggi spettanti alla coalizione di appartenenza e alle modalità di distribuzione dei seggi fra le liste che la compongono nella circoscrizione Puglia; Diego Bottacin (coordinatore della campagna elettorale per Scelta Civica Veneto), volto a contestare le modalità di attribuzione dei seggi nella circoscrizione Veneto 1.
  Fa presente che tutti questi reclami – che sono stati trasmessi alla Giunta e da questa vengono esaminati ai sensi dell'articolo 87 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 – sono sostanzialmente accomunati dal fatto di contestare le attribuzioni dei seggi operate in alcune circoscrizioni, e per diverse liste, sulla base di un mero raffronto fra la percentuale dei voti riportati dalle liste e quella dei seggi alle stesse attribuite. Tali contestazioni, che avevano in genere come riferimento le informazioni ufficiose desumibili dal sito del Ministero dell'interno, sono state presentate all'Ufficio elettorale centrale nazionale prima che questo operasse la formale assegnazione dei seggi alle liste nelle diverse circoscrizioni, e non hanno successivamente formato oggetto di specifico ricorso presso la Camera con riferimento all'effettiva assegnazione dei seggi disposta dall'UCN.
  Tenuto conto delle motivazioni addotte negli esposti e preso atto dell'assenza di una specifica e motivata contestazione delle modalità attraverso cui l'Ufficio elettorale centrale nazionale ha proceduto alla assegnazione dei seggi alle liste nelle diverse circoscrizioni, propone alla Giunta di archiviare per manifesta infondatezza i reclami di Ruggero Fittajoli, Marco Di Stefano, Maurizio Paniz, Federico Massa, Luvico Vico, Vincenzo Lavarra, Adalisa Pag. 14Campanelli, Adriano Tolomeo e Diego Bottacin, prendendo altresì atto che nel frattempo per i deputati Marco Di Stefano, Federico Massa e Ludovico Vico è altresì venuto meno l'interesse sottostante al reclamo.

  Davide CRIPPA (M5S) chiede se i deputati Di Stefano, Massa e Vico abbiano ritirato i loro reclami essendo venuto meno il loro interesse.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, fa presente che i reclami sui quali ha testé riferito il relatore Lattuca non erano stati indirizzati dagli interessati alla Giunta bensì all'Ufficio elettorale centrale nazionale, che li ha successivamente trasmessi alla Camera.
  Pone quindi in votazione la proposta del relatore di archiviare per manifesta infondatezza i predetti reclami.

  La Giunta approva con due astensioni.

  Giuseppe D'AMBROSIO, presidente, in considerazione dell'imminente ripresa dei lavori dell'Assemblea rinvia il seguito dell'esame dei ricorsi ed esposti ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.55.