CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 marzo 2015
405.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
Pag. 19

TESTO AGGIORNATO AL 25 MARZO 2015

Variazione nella composizione del Comitato permanente per la politica estera e le relazioni esterne dell'Unione europea.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, comunica che a far data da oggi, giovedì 12 marzo 2015, l'onorevole Guglielmo PICCHI (FI-PdL) assume la presidenza del Comitato permanente per la politica estera e le relazioni esterne dell'Unione europea.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 12 marzo 2015. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova.

DL 7/2015: Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
C. 2893 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite II e IV).
(Esame e rinvio).

  La seduta comincia alle 9.05.

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, ricorda che la Commissione è assegnataria del provvedimento in sede consultiva ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, ai fini dell'espressione di un cosiddetto parere rinforzato.
  Ricorda, altresì, che, a seguito del dibattito svoltosi nella seduta dello scorso 25 febbraio, la Commissione aveva deliberato di elevare questione di competenza per l'assegnazione alle Commissioni riunite II, III e IV del predetto disegno di legge. Nella seduta del 27 febbraio dell'Assemblea, tenuto conto della materia oggetto del disegno di legge, la Presidenza ha disposto la conferma dell'assegnazione alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IV (Difesa), in sede referente, con i pareri in precedenza Pag. 20previsti. Richiama, infine, i contenuti della lettera trasmessa alla Presidenza della Camera da ultimo in data 6 marzo scorso, portata all'attenzione dei componenti dell'Ufficio di Presidenza della Camera, dei componenti della Conferenza dei presidenti di Gruppo, dei presidenti delle Commissioni permanenti, nonché dei componenti di questa Commissione, recante gli elementi di dissenso sul piano procedurale e politico rispetto alla decisione definitiva in merito alla questione di competenza sollevata da questa Commissione ai sensi dell'articolo 72, comma 4, del Regolamento.

  Mario MARAZZITI (PI-CD), relatore, senza entrare nel merito delle questioni che hanno costituito oggetto della questione di competenza sollevata da questa Commissione ai fini dell'assegnazione del provvedimento, sottolinea come la seduta odierna consenta a questa Commissione di svolgere il consueto approfondimento sul contesto geopolitico in cui si colloca l'impegno internazionale dell'Italia, secondo un modello evolutivo che oggi arriva ad includere interventi sul diritto penale e sull'ordinamento interno.
  Come infatti è stato evidenziato anche ad avvio della sede referente, il contesto in cui si colloca il lavoro del legislatore è tutto nel richiamo, operato nel preambolo del decreto-legge e coerente con l'articolo 11 della Costituzione, alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 2178, adottata nel settembre del 2014 ai sensi del Capo VII della Carta delle Nazioni Unite, che tratta delle minacce alla pace e sicurezza internazionali causate da atti di terrorismo. Questa citazione colloca il decreto-legge all'interno di un contesto ben preciso, che è quello della piena partecipazione dell'Italia all'impegno della Comunità internazionale contro la grave minaccia terroristica, rappresentata innanzitutto dal Daesh, ma senza dimenticare il protagonista più tradizionale rappresentato da Al Qaeda, con il suo portato di destabilizzazione del quadro mediorientale ma anche nordafricano e soprattutto libico per quanto concerne gli interessi strategici regionali dell'Italia.
  In una prospettiva analitica più ampia, il tramonto del dopo Guerra Fredda ed il sostanziale fallimento del nuovo ordine internazionale è oggi segnato da una serie di crisi di grande portata: la prima in ordine di tempo è la crisi tra Russia, Ucraina, Europa e Stati Uniti dal cui esito dipenderà la riorganizzazione geopolitica dell'Europa centro-orientale e, in particolare, la collocazione dell'Ucraina tra le sfere d'influenza euro-americana e di quella russa. Iniziata come un conflitto interno all'Ucraina, sebbene con la robusta ingerenza delle potenze esterne interessate, la crisi si è trasformata anche formalmente in una crisi internazionale dapprima con l'ingresso delle truppe russe nell'est dell'Ucraina, successivamente con l'ennesimo spostamento dei confini europei per effetto della secessione della Crimea e, infine, con lo scambio incrociato ma asimmetrico delle sanzioni economiche tra Occidente e Russia.
  Una seconda grande crisi si è aperta negli stessi mesi, anche se in misura diversa, in seguito alla fulminea avanzata jihadista in Siria e Iraq, per effetto della definitiva fusione delle rispettive guerre civili, ma sullo sfondo della competizione per l'egemonia regionale tra Arabia Saudita e Iran.
  Come nel conflitto ucraino, infatti, anche nel caos mediorientale la separazione tra conflitti interni e conflitti internazionali è diventata col tempo imprendibile, col risultato di aumentare in modo esponenziale le variabili da tenere in considerazione in qualunque futuro negoziato, oltre che in qualunque intervento esterno.
  Una terza crisi è esplosa o, per meglio dire, riesplosa nella scorsa estate tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, nel quadro di un deterioramento complessivo della situazione anche in Cisgiordania e a Gerusalemme e con il retroterra del colpo di stato militare in Egitto contro i Fratelli musulmani alleati di Hamas, sebbene accompagnato da forte protesta popolare a conferma. La lunga paralisi dei negoziati Pag. 21di pace e l'indebolimento della leadership americana hanno contribuito, com'era prevedibile, a una progressiva radicalizzazione delle parti, aggravata dalla generale disgregazione dell'ordine regionale mediorientale.
  A tal proposito evidenzia l'opportunità che l'Italia si faccia promotrice di una nuova «Helsinki» sul diritto di intervento: negli anni Settanta la Conferenza di Helsinki fu, infatti, lo strumento politico-diplomatico che seppe sostenere la distensione e allontanò l’«olocausto» nucleare, ma fu anche il grimaldello con cui i temi dei diritti umani non furono più totalmente elusi dal blocco dell'est. Oggi abbiamo un dilemma: che vuole dire usare la forza ? Le ultime guerre offrono esempi scoraggianti, a volte fallimentari. Al tempo stesso la non ingerenza non è però sostenibile quando i massacri avvengono in diretta televisiva e le vittime chiedono aiuto. Qualunque intervento, però, dovrebbe essere accompagnato da una soluzione politica e possedere una forma vera di legittimità internazionale. Occorre una nuova «politica di intervento» che medi tra sovranità e ingerenza umanitaria: una nuova «Helsinki», per l'appunto, un nuovo «Patto di Roma» in senso simbolico e pratico, non più per evitare lo scontro bipolare e l'olocausto nucleare, ma per affrontare il caos politico della globalizzazione e le stragi degli innocenti.
  Per restare alle aree di massimo interesse e vulnerabilità per la politica estera del nostro Paese, si è ulteriormente acuita la crisi interna in Libia, con ovvie e drammatiche ripercussioni sui flussi migratori nel Mediterraneo mentre, in uno scenario geopolitico più ampio, è continuata la diffusione dei movimenti jihadisti in Nigeria ed attorno alla Somalia.
  È ripresa, di pari passo con il ritiro del contingente internazionale, l'offensiva talebana in larghe parti dell'Afghanistan e, verso la fine dell'anno scorso, nella stessa Kabul. Si è rafforzata, sul terreno diplomatico ma anche su quello militare, la spirale d'insicurezza in Asia orientale, in un'equazione strategica sempre più complessa comprendente, oltre alla Cina e agli Stati Uniti, tradizionali attori regionali quali il Giappone e le due Coree ma anche attori fino a pochi anni fa estranei alla regione quali l'India.
  Sebbene ciascuna di queste crisi abbia motivazioni, protagonisti e poste in gioco propri, tutte insieme sono rivelatrici di almeno due mutamenti di grande portata, in relazione non casuale tra loro: l'inceppamento dei meccanismi di prevenzione e controllo immaginati dagli architetti dell'ordine internazionale post-bipolare e il disorientamento dell'egemonia americana che avrebbe dovuto assicurarne il funzionamento.
  Com’è emerso nel dibattito in Aula dei giorni scorsi sugli indirizzi della politica estera, il nostro Paese vive all'interno di questa grande transizione geo-politica, che crea nuovi spazi a disposizione di gruppi terroristi, predicatori dell'orrore e della rivincita dall'umiliazione occidentale, degli strateghi del Califfato e della «paura nera», venduta mediaticamente per moltiplicare paura e reazioni istintive in casa nostra.
  Non va dimenticata – come sottolineano opportunamente le Conclusioni dell'ultima Conferenza interparlamentare per la politica estera e di difesa europea svoltasi a Riga dal 4 a al 6 marzo scorsi – la necessità di una risposta culturale e politica di ampio respiro e tale da recuperare spazi alla necessità di rilanciare il dialogo politico a tutto campo come via ordinaria per la prevenzione e soluzione dei conflitti, come pure come chiave per la ricostruzione di modelli di convivenza e recupero di mondi che, a torto o a ragione, si sentono oggi marginalizzati nell'attuale scenario geo-politico, con rischi di endemica destabilizzazione e di perversa forza attrattiva da parte del Daesh, o dei profeti dello scontro globale di marca jihadista.
  Si connette a questo contesto il nuovo paradigma della sicurezza, fondato sul superamento della distinzione tra sicurezza interna e sicurezza esterna, come peraltro evidenzia la relazione che accompagna il provvedimento. È la conseguenza del fatto che il provvedimento – e da ciò deriva la sua omogeneità e coerenza interna Pag. 22– attua in modo preciso il diritto internazionale rispetto alla richiesta di tutelare la sicurezza mediante misure di carattere nazionale ed internazionale.
  È bene ricordare che la Risoluzione citata – adottata ai sensi del Capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite – reca una serie di prescrizioni rivolte agli Stati e finalizzate a contrastare il fenomeno dei foreign fighters e dei cosiddetti «lupi solitari» attraverso una serie di misure di strategia preventiva e repressiva, relative al trasporto aereo, allo scambio di informazioni operative, come pure al rafforzamento degli ordinamenti nazionali sul piano del diritto penale, al fine di renderli consoni alla serietà della minaccia. In particolare, la questione relative alla gestione dei passaporti costituisce un profilo che entra nella dinamica delle relazioni internazionali e che rappresenta un aspetto assai delicato e cruciale, e anche innovativo, nel quadro della strategia complessiva.
  Al medesimo obiettivo di contrasto al terrorismo internazionale collaborano in questa specifica occasione ancor più le norme in tema di proroga delle missioni internazionali, nella loro dimensione civile-militare, e non soltanto per quelle riferite al tema del Daesh. L'intero sforzo profuso dalle donne e dagli uomini impegnati nelle missioni contribuisce alla stabilità del quadro internazionale e ad arginare il possibile ulteriore deterioramento di un quadro internazionale gravemente compromesso.
  D'altra parte, misure efficaci di contrasto al terrorismo internazionale, unitamente alla convinta conferma della nostra partecipazione alle missioni internazionali, costituiscono il presupposto necessario affinché il nostro Paese possa assumere un'adeguata e tanto auspicata, doverosa centralità nelle relazioni internazionali, in considerazione della nostra proiezione di Paese cerniera tra Europa, Mediterraneo e Medioriente e per il prestigio guadagnato dall'Italia in tanti teatri di crisi, si pensi soprattutto al Libano, e anche sul piano umanitario, secondo un modello italiano efficace ed apprezzato a livello internazionale, in aiuto alle masse di profughi e di vittime della tratta di esseri umani che affrontano il pericolo dell'attraversamento del Mare Mediterraneo.
  Mi preme sottolineare, in questa sede, che è stata proprio l'operazione Mare nostrum, tanto efficace ed esemplare quanto poco sostenibile nel tempo da parte di un Paese solo – e che ha pur avuto un costo inferiore ai mille euro per ogni vita salvata – ad avere comunque mostrato che cosa sarebbe necessario mettere in atto anche a livello europeo per far fronte alla sfida, resa più acuta dai conflitti in atto in Nord Africa e Medio Oriente e dal caos in Libia e, ora, dall'attacco terroristico di Parigi e dalle sue possibili ripercussioni. Essa ha soprattutto preparato il terreno per il lancio di un'operazione di follow-up da parte proprio dell'Unione, sotto la regia dell'agenzia Frontex. Triton è tuttavia una missione più limitata di Mare Nostrum in termini sia di mezzi sia di obiettivi, tanto che la situazione nel canale di Sicilia si è presto aggravata. Ma il nostro Paese ha quantomeno dimostrato con i fatti e con l'esempio che il suo costante richiamo a un'azione europea più incisiva tanto verso la Libia quanto nel Mediterraneo era ed è tuttora dettato da un interesse comune – umanitario, politico, di sicurezza – che richiede uno sforzo comune e solidale. Un richiamo che sembra ora trovare un'attenzione maggiore da parte dei partner e delle istituzioni europee di quanto non avesse avuto uno o due anni fa.
  Questa riflessione rinvia al tema della Libia, con il quale appare opportuno entrare nel merito delle maggiori questioni affrontate dal provvedimento. Il nostro Paese si colloca al centro dello sforzo internazionale finalizzato al raggiungimento di un accordo tra Tripoli e Tobruk, e tra i soggetti rappresentativi delle diverse componenti della società libica.
  È un fatto che questa centralità sia riconosciuta da parte libica grazie ad una credibilità guadagnata dal nostro Paese sul terreno, anche grazie ad un impegno diplomatico straordinario. Occorre almeno proseguire nel sostegno alle Nazioni Unite Pag. 23per il raggiungimento di un accordo tra le fazioni per la formazione di un governo di unità nazionale. Occorre fare in fretta per consentire alla Comunità internazionale di consolidare un accordo prima che le diverse anime jihadiste oggi divise possano compattarsi e rafforzarsi o prendere il sopravvento.
  Quanto all'impegno italiano nel quadro delle missioni, oltre alla conferma di quelle già autorizzate in sede europea, in Libia si intendono realizzare, non appena le condizioni lo consentiranno, iniziative di alta formazione destinate a funzionari della pubblica amministrazione locale, di institution building. Inoltre, stante il rischio che la grave instabilità politica conduca a una più grave crisi umanitaria, una quota delle risorse destinate alle attività di emergenza verrà utilizzata per finanziare programmi di aiuto umanitario nel settore della protezione delle categorie più vulnerabili della popolazione, affidandone l'esecuzione ad agenzie delle Nazioni Unite o al Comitato internazionale della Croce rossa.
  La questione libica si inquadra nella fascia di instabilità che si estende lungo tutto l'arco dei Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, fino all'Iraq, e i cui sviluppi sono al centro dell'attenzione di questa Commissione, che non a caso ha svolto missioni in Paesi chiave per il raggiungimento di una nuova stabilità, come l'Egitto, la Tunisia o il Kurdistan iracheno.
  In questo contesto si colloca un elemento innovativo del provvedimento, relativo alla autorizzazione per la partecipazione di personale militare alle attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica rappresentata dal Daesh.
  Ricorda che la vasta coalizione internazionale per la lotta contro il Daesh si è formata a seguito della Conferenza internazionale per la pace e la sicurezza in Iraq, tenutasi a Parigi il 15 settembre 2014, con l'obiettivo di fermare l'organizzazione terroristica. Nel documento conclusivo della Conferenza internazionale, nell'individuare nel Daesh una minaccia non solo per l'Iraq, ma anche per l'insieme della Comunità internazionale, è stata affermata l'urgente necessità di un'azione determinata per contrastare tale minaccia, in particolare adottando misure per prevenirne la radicalizzazione, coordinando l'azione di tutti i servizi di sicurezza e rafforzando la sorveglianza delle frontiere.
  Sono, quindi, intervenute le risoluzioni nn. 2170 e 2178 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, adottate rispettivamente il 15 agosto 2014 ed il 24 settembre 2014, che hanno riaffermato la necessità di combattere con ogni strumento, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e con l'ordinamento internazionale, le minacce alla pace internazionale e alla sicurezza causate da atti terroristici.
  Come evidenzia la relazione illustrativa allegata al decreto-legge in esame, in attuazione delle risoluzioni n. 7-00456 delle Commissioni riunite III e IV della Camera dei deputati e n. 34 Doc. XXIV delle Commissioni riunite 3a e 4a del Senato del 20 agosto 2014 e in linea con le comunicazioni del Governo sulle misure di contrasto al terrorismo dell'ISIL rese in data 20 agosto, 16 ottobre, 20 novembre e 17 dicembre 2014, il dispositivo nazionale messo a disposizione della coalizione prevede una componente aerea, con connessa cellula di supporto a terra, con compiti di ricognizione sul territorio iracheno, esclusa la partecipazione diretta ai combattimenti, nonché un contingente di personale per le attività di addestramento e di assistenza a favore delle forze locali nella regione del Kurdistan iracheno.
  Com’è noto, e come è ormai riconosciuto anche in sede internazionale e anche in sede di Alleanza Atlantica, il contrasto al terrorismo del Daesh è tanto più efficace quanto più è basato sulla erosione del consenso a livello locale. Questo conferisce centralità agli interventi di natura civile, che offrono alternative al sistema di welfare sostitutivo offerto da Daesh anche grazie alla rete di finanziamento internazionale che lo sostiene.
  Per questo in Iraq, come evidenzia la relazione illustrativa, prosegue l'azione a sostegno della risposta alla crisi umanitaria Pag. 24conseguente al conflitto scatenato da Daesh e all'esodo di sfollati in alcune regioni del Paese, soprattutto nel Kurdistan iracheno, e proseguirà inoltre l'azione di tutela del patrimonio culturale iracheno, imprescindibile fattore identitario di una convivenza multietnica e multi-religiosa, sia attraverso competenze italiane di eccellenza sia in collaborazione con l'UNESCO.
  Al fine di alleviare le conseguenze della grave crisi in corso, sono previste iniziative in ambito umanitario, rivolte prioritariamente alle categorie più vulnerabili della popolazione civile (donne, anziani, bambini, disabili) che hanno trovato rifugio nella Regione autonoma del Kurdistan iracheno o nei territori contigui a seguito della violenta offensiva lanciata dal Daesh l'estate scorsa.
  È un intervento volto ad alleviare le condizioni di vita di minoranze e gruppi religiosi perseguitati, cristiani e yazidi in primo luogo, al fine di contrastare il progetto di pulizia etnica e di definitivo spopolamento dell'area delle millenarie tradizioni religiose che oggi sono a rischio di estinzione.
  La loro attuazione verrà affidata alle numerose ONG italiane operanti nei tre distretti della regione curda, in particolare nell'area di Erbil, in collaborazione con i comitati di soccorso costituiti in loco dalle Chiese e dalle ONG locali. Particolare attenzione verrà riservata alle esigenze umanitarie e di non dispersione della comunità cristiana dell'area di Ninive, sfollata a seguito del conflitto.
  Per quanto riguarda la Siria e i Paesi limitrofi si sosterrà l'azione svolta dagli organismi internazionali, a partire dallo sforzo diplomatico in atto da parte dell'Inviato Speciale De Mistura, nonché da diverse agenzie delle Nazioni Unite, come ad esempio dall'UNDP e anche della Comunità si Sant'Egidio, per interventi complementari e sinergici a quelli promossi nell'ambito della piattaforma tematica «Agricoltura e sicurezza alimentare», di cui l'Italia è capofila, e per iniziative a sostegno della popolazione siriana (principalmente in Siria, Libano e Giordania).
  Si intende inoltre continuare ad assicurare la partecipazione italiana ai Trust Fund regionali per la crisi siriana, sia per quanto riguarda il Syria Recovery Trust Fund (SRTF), fondo già istituito con l'adesione dell'Italia, sia per quanto riguarda il nuovo Trust Fund europeo per la crisi siriana (EUTF). Sul piano bilaterale, si intende continuare a realizzare azioni nei settori sanitario e delle infrastrutture di base, tese a migliorare le condizioni di vita della popolazione all'interno della Siria, in coordinamento anche con la National Coalition of Syrian Revolution and Opposition Force.
  Sia in Siria, sia nei Paesi della regione interessati dal flusso di rifugiati (Libano, Giordania e Iraq), la cooperazione italiana continuerà inoltre a destinare risorse importanti nel settore dell'emergenza per assicurare continuità agli interventi realizzati o in corso a valere sulle risorse dell'impegno straordinario assunto dall'Italia in occasione della Conferenza di Kuwait City del gennaio 2014.
  Un ulteriore profilo di novità del provvedimento è rappresentato dalla nuova missione NATO in Afghanistan denominata Resolute Support Mission, di cui alla Risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2189 del 2014. Ricorda che la Resolute Support Mission (RSM) è missione coerentemente definita «no combat» che subentra dal 2015 alla missione ISAF e prevede lo svolgimento di attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative. Si tratta di un impegno confermato in sede NATO da ultimo al Vertice in Galles del 2014 e che mira ad assicurare il consolidamento dei risultati conseguiti e a scongiurare una regressione della condizione complessiva del Paese, persistendo la minaccia rappresentata dai talebani e dalle tribù ad essi affiliati. Alla missione partecipano circa 12.000 unità provenienti da Paesi NATO e da ventuno Paesi partner. I militari italiani opereranno per larga parte dell'anno 2015 a Herat, nella Regione Ovest, e avranno il compito di continuare ad addestrare le forze armate afghane.Pag. 25
  Quanto agli interventi di natura civile, nel quadro delle norme sul rifinanziamento della legge n. 49 del 1987, novellata dalla legge n. 125 del 2014, si provvede a finanziare la realizzazione di iniziative di cooperazione allo sviluppo in Afghanistan per dar seguito agli impegni di mantenimento del livello di contributi, assunti dall'Italia nelle conferenze internazionali di Bonn, Tokyo e Londra e che rappresentano un elemento decisivo per le prospettive di una stabilizzazione dell'Afghanistan successiva al ritiro dell'ISAF, come richiesto dal nuovo governo del Presidente Ghani.
  L'impegno italiano troverà concreta attuazione anche sul piano bilaterale, mediante contributi al governo afgano per programmi di sviluppo rurale e, ancora, mediante contributi agli organismi internazionali per la salute materno-infantile e la protezione dei diritti delle donne, per il sostegno alla frequenza scolastica femminile, per la governance e lo stato di diritto e per la tutela del patrimonio culturale afghano. La contribuzione a tali programmi dovrebbe coerentemente comportare attenzione e considerazioni per questi popoli quanto giungono sul nostro territorio in veste di immigrati. Permane nel Paese l'esigenza di poter assicurare continuità agli interventi umanitari in corso (il 90 per cento dei quali realizzati nella città di Herat) e di garantire il supporto umanitario alle fasce deboli della popolazione.
  Quanto al contesto africano, permane l'impegno assunto in sede europea nel contesto della missione antipirateria denominata Atalanta, mentre non appare più prorogata la partecipazione di personale militare all'operazione della NATO denominata Ocean Shield. Si tratta di un elemento di novità sicuramente da porre in relazione alla riduzione pressoché totale del numero di attacchi da parte di pirati e alla necessità di valorizzare quella che forse è la missione militare europea di maggiore successo, che è per l'appunto Atalanta.
  Prosegue l'impegno dell'Italia nell'ambito delle missioni militari EUTM Somalia, EUCAP Nestor, e alle ulteriori iniziative dell'Unione europea in Corno d'Africa e nell'Oceano Indiano Occidentale. Anche le missioni ONU in Mali e dell'Unione europea in Sahel e Niger appaiono doverosamente prorogate.
  In questo contesto esprime particolare apprezzamento per il contributo italiano allo sforzo internazionale, che ha finora sortito effetti positivi, nella Repubblica Centrafricana, conformemente al mandato dell'ONU del 2014, cui l'Unione europea partecipa con una missione «ponte» volta a consentire la transizione della missione verso il controllo da parte africana. È uno dei pochi successi conseguiti nell'area.
  Di particolare rilievo appaiono le iniziative assunte sul terreno civile in Africa, a partire della Somalia, dove la cooperazione italiana intende dare seguito agli impegni assunti dall'Italia nella Conferenza internazionale di Bruxelles del settembre 2013 e ribaditi nel High Level Partner Forum (HLPF) tenutosi a Copenaghen il 20 novembre 2014.
  Ulteriori interventi di cooperazione allo sviluppo hanno luogo in Sudan, in linea con le priorità geografiche e settoriali della cooperazione italiana, che prevedono il consolidamento del processo di pace e di sviluppo dell'area orientale del Paese, iniziato dopo l'Accordo di pace del 2006. Per quanto riguarda le attività umanitarie, esse si concentreranno in particolare nelle aree orientali del Paese e nella regione del Darfur.
  In Sud Sudan, l'attenzione dell'Italia si concretizzerà in progetti umanitari che verranno realizzati dalle ONG in continuità con i programmi avviati nel 2014 insieme ad interventi da affidare alle Agenzie delle Nazioni Unite, all'OIM o al Comitato internazionale della Croce rossa nei settori della protezione, della sicurezza alimentare e della tutela dell'infanzia.
  In Mali e nei Paesi della regione del Sahel i progetti di emergenza riguarderanno sia la grave situazione provocata dall'instabilità politica – aggravata dagli attacchi di Boko Haram – sia le gravissime ripercussioni sulla sicurezza alimentare in Pag. 26Niger e in Burkina Faso e saranno finalizzati al rafforzamento delle attività finora realizzate.
  Per quanto riguarda l'Africa Occidentale, una quota significativa delle risorse sarà destinata alle attività di contrasto alla diffusione del virus Ebola nei tre Paesi finora più colpiti (Sierra Leone, Liberia e Guinea Conakry). A tal fine la cooperazione italiana si avvarrà della collaborazione delle ONG italiane presenti in particolare in Sierra Leone e in quei Paesi, dando continuità ai progetti già realizzati.
  Merita, infine, una menzione lo stanziamento destinato al rifinanziamento della legge 7 marzo 2001, n. 58, per interventi di sminamento umanitario in esecuzione di obblighi internazionali per la realizzazione di programmi integrati di sminamento umanitario, e dei nuovi impegni derivanti dalla ratifica della Convenzione di Ottawa sulle mine anti-persona e di quella di Oslo sulle munizioni a grappolo (cluster bombs), nonché del Protocollo V della Convenzione CCW (Convention on Certain Conventional Weapons).
  Tutto ciò premesso ritiene che tutti questi elementi conferiscono sostanza e fondamento alla candidatura dell'Italia ad un seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017 e 2018, cui il provvedimento contribuisce istituendo nello stato di previsione del MAECI un fondo per la campagna di promozione. Preme rilevare che questa candidatura, essenziale per il rafforzamento del nostro ruolo nei maggiori scenari regionali ed internazionali, costituisce un'opportunità per l'intero «Sistema Italia» e ad essa devono pertanto contribuire tutti gli attori nazionali, inclusa una oculata azione della diplomazia parlamentare da cui può derivare una forte spinta in chiave di attrazione e di valorizzazione del nostro Paese.
  Il provvedimento appare muovere in questa direzione nella misura in cui, oltre al doveroso rafforzamento dell'elemento militare nel quadro delle missioni internazionali, porta l'impegno economico sul terreno della cooperazione civile a 69,7 milioni di euro per i primi 9 mesi del 2015 a fronte dei 71,2 milioni di euro per tutto l'anno 2014, evidenziando un complessivo trend di crescita che rafforza l'azione di politica estera dell'Italia. Sarebbe, però, auspicabile conoscere dal Governo le dimensioni complessive, in termini quantitativi, di questa componente che contribuisce in misura assai rilevante a connotare il «modello italiano» di partecipazione alle missioni internazionali.
  In questo virtuoso impegno, finalizzato a rafforzare il nostro ruolo internazionale, non può essere trascurata quella che è leva fondamentale della politica estera nazionale, vale a dire lo strumento diplomatico. Il nostro Paese, che ha avviato da alcuni anni un profondo processo di razionalizzazione della propria rete diplomatico-consolare, permane uno dei Paesi con la più esigua presenza diplomatica all'estero.
  Si pensi che, secondo quanto riportato nell'annuario statistico del MAECI, il nostro Paese può contare su una rete estera con 313 sedi, con 4.103 dipendenti di ruolo, a fronte delle 373 sedi francesi (e 7.891 dipendenti), delle 386 sedi tedesche (e 6.750 dipendenti) e delle 439 sedi britanniche (con 5.657 dipendenti). Quanto alle risorse, il nostro Paese stanzia nel 2014 1.634 milioni di euro, pari allo 0,21 per cento del bilancio complessivo, la Francia 3.226 milioni pari allo 0,27 del bilancio, la Germania 3.846 milioni pari allo 0,29 per cento ed il Regno Unito 2.159 milioni pari allo 0,24 del bilancio statale.
  In tal senso, riflettendo sull'esigenza sempre invocata di una leva diplomatica efficace e capace di operare in modo sinergico con la leadership politica nella prevenzione e soluzione pacifica delle crisi, ritiene che vi siano i presupposti per invocare in questa fase, accanto al potenziamento dello strumento militare e di quello cooperativo, l'impegno per un irrobustimento del nostro strumento diplomatico attraverso misure che incoraggino una formazione di eccellenza dei giovani, ad esempio ricorrendo ai tradizionali percorsi di tirocinio, anche cogliendo l'opportunità della campagna per la candidatura italiana Pag. 27al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in sinergia con il sistema delle accademie.
  Si tratta, soprattutto, di garantire la sicurezza, l'operatività e l'efficienza della rete diplomatica, strumento fondamentale per la sicurezza e la tutela dei cittadini italiani nel mondo, nonché per la promozione degli interessi politici, economici e commerciali del nostro Paese a livello internazionale, permettendo al MAECI di provvedere all'assunzione di personale diplomatico a tempo indeterminato per colmare il gap che caratterizza il nostro Paese rispetto non solo agli altri Paesi europei ma rispetto ai compiti e alle sfide da affrontare, anche tramite lo scorrimento delle graduatorie vigenti, nonché per promuovere l'internazionalizzazione delle imprese e delle relazioni internazionali, con particolare riguardo al Servizio europeo di azione esterna (SEAE) attraverso l'istituto della collocazione fuori ruolo.
  A tal fine è peraltro prevista la sospensione della corresponsione della retribuzione e, nei limiti dei contingenti esistenti, il collocamento fuori ruolo degli interessati. Come noto, il collocamento di diplomatici degli Stati membri presso il SEAE per prestare servizio nelle istituzioni e nelle delegazioni dell'Unione europea nei Paesi terzi o presso organizzazioni internazionali o regionali nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune, è regolato da disposizioni europee, cui l'Italia non può derogare.
  Tali misure sono indispensabili per assicurare l'adeguata copertura delle sedi estere, in particolare nelle aree di crisi, nonché dei settori di attività del MAECI più direttamente connessi alla tutela degli interessi italiani ed alla protezione della sicurezza dei connazionali nelle situazioni di emergenza internazionale, alle quali il decreto-legge in esame intende rispondere.
  Tutto ciò, in generale, in risposta alle crescenti responsabilità del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in materia di sicurezza internazionale, derivanti dall'aggravarsi del quadro internazionale di sicurezza e alla luce delle previste capienze contemplate dalla legge di stabilità 2015.
  Conclude auspicando un'ampia condivisione su un provvedimento con cui l'Italia intende collaborare con gli altri Paesi, occidentali ed europei ma non solo, esposti alla minaccia, alla costruzione di un efficace apparato normativo contro il terrorismo.
  Se sul piano interno le norme del provvedimento permettono di incidere sul fenomeno del reclutamento, sul piano esterno rafforzano tutti gli strumenti di politica estera che occorrono per non rendere vano questo sforzo straordinario.
  È dunque auspicabile muovere tutti in quest'ottica nel segno di un'unità politica contro la sfida orribile rappresentata dal terrorismo.
  Tutto ciò premesso, auspicando convergenza e unitarietà che rafforzi un clima di serenità nel Paese e promuova il superamento di paure a volte non giustificate, si riserva di presentare una proposta di parere che potrà registrare gli ulteriori spunti derivanti dal dibattito di questa mattina.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, esprime apprezzamento al collega Marazziti per l'esaustivo lavoro svolto.

  Il sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA si associa al presidente Cicchitto nella valutazione positiva sull'analisi condotta dal relatore, anche in riferimento alla segnalazione relativa alla candidatura dell'Italia per un seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza dell'ONU. Si tratta di uno sforzo che coinvolge l'intero Sistema-Paese e per il quale è prezioso il contributo che potrà provenire da iniziative mirate di diplomazia parlamentare. Nel fare presente l'impegno del Governo sulla tematica e la presenza di importanti Paesi competitori come la Svezia e l'Olanda, rispetto ai quali l'Italia ritiene di esprimere una rappresentanza regionale più bilanciata, manifesta soddisfazione per il richiamo operato dal relatore al tema degli stanziamenti nella politica estera in rapporto al bilancio complessivo Pag. 28e al gap che sussiste in particolare nell'ambito della cooperazione allo sviluppo. Al riguardo sottolinea che, lungi dal trattarsi di una rivendicazione di tipo corporativo, le risorse destinate alla politica estera sono il sintomo della proiezione internazionale del nostro Paese, che non può basarsi sul solo strumento militare ma, anzi, deve dare centralità alla leva politico-diplomatica, nonché a quella cooperativa. Vi è da considerare anche il tema del sostegno alla nostra economia, con particolare attenzione rivolta ai mercati caratterizzati da ampi margini di espansione.

  Maria Edera SPADONI (M5S) ringrazia il relatore per l'illustrazione svolta, come pure il presidente Cicchitto per l'impegno profuso nei confronti della Presidenza della Camera a tutela di un ruolo che questa Commissione non è comunque nelle condizioni di svolgere a pieno. Sul piano del merito permangono, a suo avviso, criticità innanzitutto sul tema delle missioni antipirateria, attesa la mancata attuazione delle norme del precedente decreto-legge sulle missioni internazionali: non appare infatti motivata la proroga della nostra partecipazione a tali missioni rispetto alle evoluzioni della vicenda dei due marò, di cui non vi è alcuna menzione, a conferma di una noncuranza e di un insuccesso politico registrati dai governi che si sono avvicendati in questi tre anni. Analoga questione si pone rispetto alla norma del sopracitato decreto-legge, relativamente alla missione in Libia. Segnala poi la proroga dell'occupazione militare in Afghanistan, seppur sotto un diverso nome, senza previa autorizzazione da parte del Parlamento e in violazione dei già richiamati obblighi informativi.
  Interviene, quindi, con riferimento all'articolo 5 del provvedimento, dal quale si evince lo storno di risorse per il contrasto del crimine organizzato nell'area della cosiddetta «terra dei fuochi». Ritiene, inoltre, che i 120 milioni di euro stanziati ai sensi dell'articolo 18, comma 1, non sembrano riconducibili ad obiettivi di ricostruzione, laddove sarebbe assai opportuno invece rafforzare l'attività di sminamento.
  Ravvede, peraltro, un'incongruenza nell'espunzione del Libano e della Giordania dall'elenco dei Paesi destinatari di interventi, a fronte dello straordinario flusso di rifugiati che tali Paesi ricevono, secondo i dati riferiti dall'UNHCR. Ritiene, altresì, insufficienti i fondi stanziati per gli interventi in Africa Occidentale, nell'Africa Sub-sahariana e in America Latina, con ciò ulteriormente motivando l'orientamento contrario del suo gruppo rispetto al provvedimento in titolo.

  Andrea MANCIULLI (PD) preannuncia l'orientamento favorevole del gruppo del Partito Democratico sul provvedimento in esame e, intervenendo in merito alle missioni antipirateria, richiamate dalla collega Spadoni, evidenzia il mancato rifinanziamento della missione NATO Ocean Shield. Richiama quindi l'attenzione della Commissione sul tema della lotta al terrorismo, ritenendo che tale obiettivo rischia di perdere centralità nell'ambito dell'esame parlamentare. In particolare, auspica uno sforzo specifico ai fini dell'approvazione del provvedimento al fine di sviluppare una migliore conoscenza della problematica, a partire dalla situazione in Afghanistan. In tale Paese emerge, infatti, una nuova e crescente criticità, che si estende alle relazioni con il Pakistan e allo stesso Daesh. In tale contesto è essenziale acquisire consapevolezza sul nesso tra Daesh e Al Qaeda, organizzazione quest'ultima impegnata sempre di più ad acquisire visibilità in tale quadrante, in una dinamica competitiva con l'altra grande componente della dimensione jihadista. Segnala, inoltre, il ruolo emergente di una certa classe dirigente afghana attiva nelle scuole coraniche pakistane, dove predica i metodi di una nuova occupazione del territorio afghano. Sussiste, infine, il profilo di collaborazione di queste dimensioni con il crimine organizzato impegnato nel traffico internazionale degli stupefacenti, a completamento di un quadro assai preoccupante, che non deve perdere la priorità.

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  Fabrizio CICCHITTO, presidente, richiama l'assenza di simili annotazioni nell'analisi condotta dallo stesso ministro Gentiloni.

  Andrea MANCIULLI (PD) segnala di avere acquisito crescente consapevolezza sul tema richiamato, anche grazie al suo ruolo di relatore sul terrorismo nell'ambito dell'Assemblea parlamentare presso la NATO.

  Khalid CHAOUKI (PD) interviene al fine di segnalare una problematica connessa alle disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge in tema di espulsioni, affinché emerga l'esigenza di preservare gli ottimi rapporti di collaborazione con Paesi impegnati nella lotta contro il terrorismo, come la Tunisia e il Marocco, rispetto a decisioni assunte rispetto a stranieri espulsi per motivi di prevenzione del terrorismo. Appare essenziale collocare tali misure repressive nel corretto contesto culturale e politico, valorizzando al meglio il proficuo rapporto di cooperazione guadagnato nel tempo con tali Paesi.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.10.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 12 marzo 2015. — Presidenza del presidente Fabrizio CICCHITTO. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova.

DL 7/2015: Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
C. 2893 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite II e IV).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  La seduta comincia alle 14.20.

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in titolo, rinviato nella seduta antimeridiana.

  Mario MARAZZITI (PI-CD), relatore, presenta una proposta di parere favorevole con condizioni ad esito del dibattito svoltosi nella precedente seduta e di cui dà lettura (vedi allegato 1).

  Vincenzo AMENDOLA (PD), nel preannunciare il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere testé presentata, ritiene opportuno inserirvi una premessa al fine di richiamare la questione di competenza sollevata dalla Commissione in reazione all'assegnazione del provvedimento in sede referente alle sole Commissioni Giustizia e Difesa.

  Fabrizio CICCHITTO, presidente, condividendo la proposta dell'onorevole Amendola, propone anche a suo nome al relatore l'inserimento all'inizio della premessa del seguente punto: «Ribadite le motivazioni alla base della questione di competenza, sollevata ai sensi dell'articolo 72, comma 4, del Regolamento, ai fini dell'assegnazione del provvedimento in sede referente alle Commissioni Giustizia, Affari esteri e comunitari e Difesa;».

  Mario MARAZZITI (PI-CD), relatore, accoglie la proposta avanzata dal presidente Cicchitto su iniziativa del collega Amendola.

  Maria Edera SPADONI (M5S) esprime sorpresa per l'inserimento, nella proposta di parere su un provvedimento finalizzato alla lotta contro il terrorismo, di condizioni relative all'assunzione a tempo indeterminato di diplomatici, nonché degli idonei mediante lo scorrimento delle graduatorie Pag. 30di concorsi già svolti, e ciò a valere su fondi che sono stati dichiarati intangibili in altre occasioni rispetto a proposte avanzate dal suo gruppo. Ritiene che si tratti di una vera e propria «marchetta» della maggioranza a favore di una categoria privilegiata di dipendenti pubblici.

  Manlio DI STEFANO (M5S) ricorda che il Corpo diplomatico rappresenta l'unica eccezione al blocco delle assunzioni vigente, invece, per il resto della Pubblica Amministrazione e ritiene che la misura invocata dalla condizione apposta al parere esprima la subalternità della maggioranza rispetto ad una casta. Ritiene, peraltro, che non si tratti tanto di una «marchetta» ma di una ben più grave ingiustizia ai danni di tutti gli altri settori dell'Amministrazione dello Stato.

  Andrea MANCIULLI (PD) sottolinea che le norme contenute nel provvedimento, come emerso anche in occasione del conflitto di competenza, evidenziano le diverse Amministrazioni dello Stato coinvolte dall'articolato in esame, tra cui figura anche il MAECI. Sottolineando il contributo assai utile che da questa Commissione deriva ai lavori delle Commissioni assegnatarie in sede primaria, osserva che l'obiettivo del contrasto al terrorismo può apparire slegato rispetto alla questione degli organici. Tuttavia, tale percezione è subito superata se si guarda al ruolo centrale che lo strumento diplomatico è chiamato a svolgere sul piano dei negoziati internazionali a sostegno della risposta complessiva al fenomeno terroristico. Ritiene, inoltre, che una valutazione più ampia del tema potrà essere svolta anche nelle successive fasi di esame del provvedimento, in collaborazione con il Governo, nella consapevolezza di dover comunque rafforzare tutti gli strumenti utili al conseguimento dell'obiettivo primario.

  Lia QUARTAPELLE PROCOPIO (PD) preannuncia il voto favorevole del Partito Democratico sulla proposta di parere presentata dal collega Marazziti, che ringrazia, auspicando una specifica attenzione alla prima condizione apposta al parere, relativa al finanziamento delle misure di cui all'articolo 5. Conferma il voto favorevole del suo gruppo anche in riferimento alle successive due condizioni, che si riferiscono alla titolarità di questa Commissione rispetto alla decisione sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali. Quanto alle ulteriori condizioni, ricorda che questa Commissione si è più volte espressa a favore del rafforzamento delle risorse umane del MAECI.

  Emanuele SCAGLIUSI (M5S) interviene sulla norma relativa alla missione antipirateria denominata Atalanta al fine di segnalare che essa evidenzia come sia ancora irrisolta la questione dei due marò. Quanto al tema dello scorrimento delle graduatorie dei concorsi già svolti, fa presente che tale meccanismo coinvolge notoriamente anche un famigliare dell'allora ministro Calderoli, come già segnalato dagli organi di informazione e come emerso in occasione di atti di indirizzo presentati dal suo gruppo.

  Mario MARAZZITI (PI-CD), relatore, ringrazia i colleghi intervenuti anche per i rilievi critici sollevati, obiettando tuttavia di non avere certo perseguito l'obiettivo di realizzare «marchette» o di svolgere un lavoro qualitativamente mediocre. Rivendica, invece, di aver inteso svolgere un accurato sforzo di analisi e di avere presentato una proposta di parere ricognitiva di tutte le posizioni emerse nel corso del dibattito. Quanto alla questione del potenziamento dello strumento diplomatico, si tratta di una proposta del tutto in linea con quanto questa Commissione ha sempre sostenuto, e coerente con specifiche richieste avanzate dal Movimento 5 Stelle per l'assunzione degli idonei. In generale, se da un lato si condivide il rafforzamento della leva diplomatica per la gestione e la soluzione delle crisi internazionali con preferenza sullo strumento militare, dall'altro lato è coerente avanzare proposte concrete in tale direzione che, nel caso del Pag. 31nostro Paese, appaiono ragionevoli rispetto ai dati relativi alla consistenza del nostro Corpo diplomatico, richiamati nella relazione illustrativa già svolta.

  Il sottosegretario Benedetto DELLA VEDOVA esprime consenso sulla proposta di parere avanzata dal relatore, che appare coerente con l'intento di rafforzare l'approccio politico-diplomatico nel raggiungimento degli obiettivi del provvedimento. Ritiene, in sostanza, che vi sia piena corrispondenza tra le premesse politiche e il dispositivo del parere.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la proposta di parere favorevole con condizioni, come riformulata dal relatore (vedi allegato 2).

  La seduta termina alle 14.55.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.55 alle 15.05.

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